Dopo Re:Common Stories ecco il nuovo podcast di ReCommon: Omissis. Quello che tanti grandi media non vi vogliono raccontare.
La nostra Daniela Finamore e Paul Schreiber ci spiegano perché la prossima crisi finanziaria potrebbe essere provocata dalla “passione” sconfinata delle banche per i combustibili fossili.
La licenza OPL 245 riguarda è il più grande blocco petrolifero della Nigeria, situato nel Golfo di Guinea, con riserve stimate e mai provate fino a oltre 560 milioni di barili di greggio. La licenza OPL 245 è scaduta ed Eni e Shell, che la detenevano, non la potranno sfruttare. La saga OPL 245 non è ancora finita, in attesa dell'esito dei vari procedimenti giudiziari.
Si scrive capacity payment, si legge sussidi per continuare a investire in centrali a gas. Uno strumento che piace tante all'Enel, mentre i sostenitori di una vera transizione energetica lo rigettano in toto.
Snam è tutto fuorché l'azienda illuminata capace di salvarci della crisi ambientale che ci vorrebbe far credere. Punta forte sul gas e su altre fonti energetiche che poco hanno a che fare con la tanto agognata transizione energetica. Una narrazione tossica che smontiamo nella nuova puntata di Omissis.
Dalle centrali a carbone in Bosnia, all'estrazione del gas nell'Artico russo. Altro che banca sostenibile e che aiuta i territori! Intesa Sanpaolo, il più grande istituto di credito italiano, è nemica del clima, come dimostra il sostegno a progetti così controversi.
La più importante compagnia di assicurazioni italiana non riesce proprio a tagliare il suo malsano legame con il più inquinante dei combustibili fossili, il carbone. Nonostante dei passi nella giusta direzione per la tutela del clima fatti nel 2018, Generali mantiene in essere contratti milionari con società polacche e ceche che vanno ancora a tutto carbone.
Il mondo della finanza foraggia il settore dei combustibili fossili con centinaia di miliardi di euro. Ma grazie alle campagne di pressione qualcosa sta cambiando. Grandi banche e compagnie di assicurazioni stanno iniziando a “mollare il colpo”, ovvero a disinvestire e a smettere di erogare prestiti sporchi. Ma la strada da fare è ancora tanta.
La SACE è un'agenzia statale che maneggia decine di miliardi di euro, ma di cui si parla pochissimo. Eppure si dovrebbe, dal momento che finanzia alcuni dei progetti fossili più inquinanti al mondo.
Che cosa abbiamo imparato dall'affaire OPL245? La vicenda che vede coinvolte Eni e Shell non è solo un caso di corruzione internazionale, ma ci offre uno spaccato inquietante sull'operato delle multinazionali petroliferi in contesti complessi come la Nigeria.
Il rapporto realizzato da Source International e da Re:Common sulla qualità dell'aria della Val d'Agri, a ridosso dell'impianto dell'Eni. Ma anche l'attualità, con la sentenza di condanna all'Eni e ai suoi manager per smaltimento illecito di rifiuti. Benvenuti in Basilicata, la regione italiana più ricca di petrolio, dove però troppo spesso l'oro nero diventa una vera e propria maledizione.
Un protocollo del 2008, finora tenuto segreto, tra l'Eni e il ministero degli Affari Esteri permette alla multinazionale petrolifera italiana di stanziare i propri uomini presso la Farnesina per un periodo illimitato di tempo. Una mossa studiata ad arte per creare un “raccordo” tra l'azione diplomatica italiana e gli interessi dell'azienda che dimostra l'intreccio ormai sempre più indissolubile tra lo Stato e il cane a sei zampe.
La centrale a carbone di Punta Catalina è una cicatrice inferta al paradiso caraibico della Repubblica Dominicana e il simbolo di un sistema corrotto fino al midollo. Non mancano gli interessi italiani e un'inchiesta ancora in corso da parte della nostra magistratura. Ma soprattutto un'intera comunità che scende in piazza per protestare contro un'opera inutile, dannosa e “sporca”.
Le compagnie estrattive ce la descrivono come la panacea di tutti i mali, ma l'idrogeno per ora non ha praticamente nulla di pulito, serve solo a dare nuova linfa a una vecchia conoscenza fossile, il gas. In Europa proprio la lobby del gas, con l'italiana Snam in prima fila, è quella più attiva a promuovere l'idrogeno. Chissà perché.
Chi esce vincitore dalla Pandemia? Di sicuro il comparto dello shipping, in particolare il trasporto via mare, dove spicca l'italo-svizzera MSC. Una potenza mondiale, che in un sistema di oligopolio di fatto nel 2020 ha incrementato in maniera molto sensibile il suo fatturato.
Parliamo di mega-corridoi, parliamo della nuova via della Seta che attraverserà l'Asia e l'Europa e su cui la Cina sta investendo non meno di 800 milioni di dollari. Per la gioia delle cancellerie europee. Il nostro viaggio nella Belt and Road Initiative passa da Trieste, dove il porto sta trovando nuova linfa, ma la destrutturazione del lavoro e gli impatti ambientali insiti nei grandi corridoi rischiano di avere un impatto nefasto.
Le zone economiche speciali sono una benedizione, con opportunità economiche e di sviluppo da cogliere al volo, o un minaccia per l'ambiente e i diritti dei lavoratori? Proviamo a spiegarlo partendo da Taranto, dalle sue mille complessità e da un futuro ancora pieno di incognite. Una di queste è proprio la possibile creazione di una zona economica speciale.
Il 2020 pandemico si chiude - ha stravolto le nostre vite - ma Re:Common è riuscita ad adattarsi alla situazione senza fermare le campagne, le inchieste e le denunce.
Una crisi sanitaria globale, l'attenzione planetaria è concentrata sulla pandemia: il lockdown, i lutti, i decreti per cercare di risollevare l'economia in crisi, gli stanziamenti europei. Il difficile equilibrismo, che lascia fuori gli emarginati, ha dei risvolti che hanno a volte dell'incredibile. L'industria dei combustibili fossili sta sfruttando la pandemia di COVID-19 per consolidare il proprio potere, accaparrarsi il denaro pubblico destinato alla ripresa e promuovere false soluzioni alla crisi climatica, che non fanno altro che aggravarla.
Non potevano mancare i complotti, o presunti tali, nell'infinita vicenda del caso OPL 245. Tra agenti segreti dall'incerta identità e avvocati con qualche scheletro nell'armadio, siamo arrivati alla quarta e ultima puntata della saga del “processo del secolo”.
Dove e soprattutto a chi è andata a finire l'immensa mole di denaro pagata per la licenza petrolifera OPL 245? Si è divisa in mille rivoli, ma di certo non è andata nelle casse di un Paese segnato da mille difficoltà come la Nigeria. Lo raccontiamo nella terza puntata di Omissis, spiegando anche perché si è andati a processo e quali sono le imputazioni per società, manager e intermediari.
Il racconto dell'infinito negoziato per la ricchissima licenza petrolifera OPL 245. Multinazionali da una parte, prima solo Shell, poi anche Eni, governo nigeriano e l'oscura Malabu dall'altra, con in mezzo faccendieri, intermediari ed ex spie. Sullo sfondo aleggia il fantasma della corruzione, su cui verterà il processo tutt'ora in corso presso il tribunale di Milano.
Quella del blocco petrolifero OPL245 è una storia che parte nel 1998 e che ha come protagonisti la Nigeria, la sua povertà e il disastro ambientale causato dall'estrazione di greggio, la corruzione, due multinazionali, agenti segreti, faccendieri. E tre organizzazioni, fra cui le britanniche Corner House, Global Witness e noi di Re:Common, capaci nel 2013 di portare sul banco degli imputati, con i nostri esposti, un ingranaggio internazionale di corruzione.