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È un colpo secco, dal rumore sordo, quello della scure che recide la vita di Giovanni il Battista. È un colpo alla verità, perché, ieri come oggi, fa sempre comodo una verità recisa, parziale, che permetta l'esaltazione di ciò che ci porta vantaggi e il nascondimento di ciò che potrebbe crearci problemi, o che metterebbe in luce ciò che siamo veramente. Questa decapitazione è in disprezzo alla vita umana: tante volte la Bibbia ci ricorda come per i potenti la vita umana valga poco, spesso nulla. Sono trascorsi più di duemila anni, ma non è cambiato molto. Per i potenti di oggi, spesso la vita umana vale poco e la dignità e i diritti delle persone sono per lo più parole vuote, di circostanza, che in fretta vengono relegate nell'elenco delle parole che vanno dette, ma che non danno origine ad alcuna azione, ad alcuna conversione. Giovanni il Battista, esattamente come sarà per il Suo Signore, dice la Verità che viene da Dio e muore da innocente perseguitato proprio come Gesù: ecco perché Egli è il "Precursore", non solo perché annuncia la venuta del Figlio di Dio tra gli uomini, ma perché ne mostra anche, in anticipo, il destino finale. Egli ci ricorda che la verità non è frutto dell'impegno di un periodo, ma della dedizione che dura la vita intera e che, talvolta, può giungere a chiederci di perdere la vita, perché la verità sia detta, integralmente. Oggi, durante l'esame di coscienza, mi domanderò se mi è capitato, negli ultimi tempi, di dire una verità parziale o una bugia; per questo, chiederò perdono al Signore. --- Send in a voice message: https://anchor.fm/vangelo/message
Omelia della S. Messa di 31 luglio 2020, Memoria di Sant'Ignazio di Loyola, sacerdote, tenuta da P. Donato Maria Donadello, FI.
Omelia della S. Messa di 11 maggio 2020, Memoria di Sant'Ignazio da Laconi, religioso, tenuta da P. Francesco Maria Budani.
La scheda descrittiva del territorio ci introduce alla visita del parco di Laconi in compagnia di Francesca Soddu, esperta di scienze naturali. Lasciato il parco con il suo verde lussureggiante e le sue cascate, ci spostiamo nella casa natale di Sant'Ignazio, dove la storia del frate laconese rivive nelle parole di Padre Mario.
I racconti a sfondo religioso sono davvero tanti e spesso divertenti. In questa puntata se ne racconta uno raccolto da Franco Enna a Macomer dalla signora Maddalena Deriu, che ha per titolo "Santu Pedru e su trattaliu". E poi ancora, una storia su Gesù e le famiglie povere e un aneddoto su Sant'Ignazio da Laconi, cappuccino in cerca d'elemosina, a Cagliari. Infine non poteva mancare un omaggio alla cantautrice Rossella Faa e alla sua "Nostra Signora de sa cos'e pappai" protagonista della canzone "Malloreddus cun bagna".
Persino i santi dovevano fare un percorso interiore per potersi avvicinare a Dio e avviare un dialogo. Sant'Ignazio, ad esempio, dedicava un quarto d'ora a questo esercizio. E Santa Teresa D'Avila impiegò vent'anni prima di riuscire a pregare senza distrazioni. Non bisogna avere fretta, ma è di basilare importanza fissare un tempo preciso da dedicare soltanto alla preghiera.
Dentro noi è in corso un combattimento, spirito buono contro spirito cattivo! Sant'Ignazio di Loyola può aiutarci a distinguerli...
IN CIELO SI ENTRA PER AMICIZIA. E CRISTO CON IL SUO SANGUE CI HA FATTO DIVENTARE I SUOI AMICI PIU' INTIMI«Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?»: ripetendo con insistenza queste parole del Signore, Sant'Ignazio di Loyola fece di Francesco Saverio, un giovane studente ambizioso lanciato verso il successo, l'apostolo santo dell'Oriente. Astutamente, il demonio cancella sempre la data di scadenza sulla suadente e illusoria etichetta di «mammona», termine aramaico che designava il «patrimonio» ma anche un idolo cananeo cui andava l’adorazione dei pagani. Ma, attraverso la predicazione di Ignazio, come gocce d'acqua che lentamente riescono a corrodere anche il ferro, la Verità si insinuò nelle maglie fitte della menzogna, ed ebbe la meglio. Francesco non era nato per essere schiavo di un idolo, feticcio di qualunque «ricchezza» terrena che, per quanto si fosse sforzato, non gli sarebbe mai appartenuta. Dio, invece, lo chiamava ad accogliere quella che era «sua» da sempre, il Figlio diletto nel quale era stato amato e creato, e gli «affidava» il Vangelo, l'unica «ricchezza vera». Di certo, all'alba di quella fredda mattina di dicembre, i suoi innumerevoli «amici» erano tutti lì, ad «accoglierlo» sulla soglia delle «tende eterne». Non si era risparmiato, gli aveva dato tutto, perché tutto aveva vissuto in Cristo, senza cercare se stesso nelle relazioni, offrendo ogni suo bene. E ora moriva sulla spiaggia di un'isoletta alle porte della Cina, solo, dopo aver percorso instancabilmente l'Oriente intero per dieci anni. «Fedele nelle cose più piccole», rinnegandosi in ogni suo affetto, pensiero, desiderio, era stato per questo «fedele nella cosa più grande», Cristo e il suo Vangelo. Volti, storie, sofferenze, uomini e donne di ogni razza e condizione, ciascuno fu raggiunto dal fuoco d'amore che ardeva nel cuore di Francesco; in quel missionario avevano incontrato Cristo, la «ricchezza vera». La sua storia è l’esegesi più autentica del vangelo di oggi. In essa è profetizzata anche la nostra. Siamo chiamati come lui a farci tutto a tutti, spendendo la nostra vita per l'annuncio del Vangelo, e «procurarci» così una «lobby» di «amici» che, nell'anticamera del Paradiso, «faccia pressione» perché Dio ci «accolga». Marito, moglie, figli, amici, denaro, nel mondo sono «ricchezze inique», idoli come «mammona», che gli uomini amano divenendone schiavi. Per chi ha conosciuto Cristo tutto è vissuto nel fuoco della Croce, che arde purificando le idolatrie, dove i rapporti e i beni divengono occasioni per donarsi e non accaparrare, facendo così di ogni «ricchezza» un «tesoro celeste». Non importa se l’apparente successo dei farisei li spinge a «beffarsi» di Cristo e dei suoi discepoli; Lui «conosce i cuori»: se saranno colmi del suo amore, quando per il mondo tutto «verrà a mancare» per noi si schiuderanno le porte del Paradiso.
FUERA DE SI PARA ESTAR DENTRO DE TODOS NOSOTROS PECADORESJesús ha sido fuera de si. No vivió por si mismo ni un segundo, la suya fue una vida totalmente entregada. El amor que lo transformò en pan le impidió tomar pan. Jesús se alimentó de una comida que ni sus parientes más estrechos, ni cada uno de nosotros conoce. La comida de la voluntad de Dios que consiste, según las mismas palabras de Jesús, en que ningún hombre vaya perdido, que todos puedan ser salvados. Jesús tuvo dentro de si un fuego, y no vio la hora que fuera encendido. El fuego que inflamará el mundo, la Cruz de la que atraerá todos a si.La carne es incapaz de comprender las razones del corazón y el Espíritu. Más bien, les mueve guerra. Por eso los suyos según la carne, los que vieron a Jesús niño, y luego adolescente, y luego joven en la carpinteria del padre, no pudieron aceptar la locura de un amor que lo empujó bien más allá de los límites de la carne, al punto de darla que comer, de ser tomada, humillada, fustigada, herida, partida, matada. La comida de Jesús fue ofrecerse a si mismo como alimento, y consumirse, consagrarse hasta al final, para saciar, para llenar, para amar. Un lenguaje duro dirán luego a los que lo siguieron sobre las sendas de los milagros que se saciaron el hambre del cuerpo; lenguaje duro e incomprensible a los criterios mundanos y carnales, estrechos entre cálculos y conveniencias, en la espera de cotejos y desquites.Cuántas veces también nosotros quedamos pasmados frente a una amabilidad recibida en respuesta a una ofensa hecha; cuántas veces frente a las atenciones por parte de los hijos, de los amigos y parientes, pensamos enseguida en escondidos dobles fines, y nos cerramos a defendernos en lugar de abrirnos y recibir el regalo. No somos preparados, la carne no sabe dilatarse y acoger la gratuidad. La carne, herida y envenenada del pecado y del engaño del mentiroso, ve el mal en todo sitio, siempre piensa mal, no es simple y límpida. El demonio que la subyuga tuerce todo e intercambia el mal en bien, la libertad por esclavitud, el amor por locura. Y nos hace cerrar en el egoísmo que se soluciona siempre en una angustiada soledad. Quien no sabe amar no ve el amor. Quien està cerrado sólo viviendo por si mismo no puede reconocer la gratuidad. Quien confía en la carne dice la Escritura, es maldecido, es como un temerisco en la estepa, cuando viene el bien no lo ve; es como tierra desierta que no ve nunca el agua. Así es la vida de quien confía en sus propios juicios, que hace un absoluto de sus proprios criterios, que se apoya en el hombre, a lo que ven los ojos de la carne, a las costumbres, a las convenciones, a la rutina de las relaciones, del trabajo, de las diversiones.Pero, en el fondo, quién està de veras fuera y lejos de la verdad son los suyos según la carne, los parientes de Jesús, que, como aparece en el Evangelio, salenpara llevarselo. Mientras Jesús està bien dentro de la voluntad del Padre, el Cielo que planea sobre la tierra, el amor que sacia el vacío y la soledad. Es esta la vida verdadera, a la que todos estamos llamados. Acoger - como los pequeños y los pobres, los pecadores y los quebrados del Evangelio - la única comida que no perece, el alimento que ha superado la muerte y que puede donarnos la vida y el amor sin confines. Acoger sencillamente y humildemente el loco amor de Dios para con Él salir fuera de las prisiones de la carne egoísta, y dilatar el corazón y las horas y cada célula de nuestra existencia en un amor gratuito y sin reservas que, sólo, puede saciarnos de verdad. Es ésto que la carne, cada carne, también la más depravada y corrompida, desea, precisamente a través de el grito de dolor que surge en el toparse con los límites y los fracasos.Perder la vida, ofrecerla en don, completamente, es el único camino para hallarla verdadera y eterna. Hacerse comida para saciarnos, la paradoja divina, el secreto del amor de Dios, encarnado en Jesús y en sus santos. Cómo San Francisco Javier por ejemplo, que escribió en una carta enviada a Sant'Ignazio de Loyola de la tierra de misión: "Cuando desembarqué en estos lugares, bauticé a todos los niños que no estaban bautizados todavía, y por lo tanto un gran número de chicos, que no sabian ni siquiera distinguir la derecha de la izquierda... Me asedió una muchedumbre de jóvenes, tanto que ya no logré encontrar el tiempo para decir el Oficio, ni para comer, ni para dormir; preguntaron insistentemente que les enseñara nuevas oraciones. Empecé a entender que a ellos pertenece el reino de los cielos." Qué Dios nos conceda la humildad para acoger el amor, y que ello transforme nuestra vida en una única, alegre, oblación.
"FUORI DI SE'" PER ESSERE AMORE DENTRO LA CARNE E LA VITA DI TUTTI NOI Gesù era "fuori di sé"; non viveva in se stesso, per se stesso, ma totalmente consegnato agli uomini. L'amore che lo rendeva pane gli impediva di prendere pane. Si nutriva infatti di un cibo che né i suoi parenti più stretti, né ciascuno di noi conosce: il cibo della volontà di Dio che consiste nel suo desiderio che nessun uomo vada perduto. La carne è incapace di comprendere le ragioni del cuore e dello Spirito, anzi, vi muove guerra. Per questo "i suoi" secondo la carne, quelli che lo avevano visto bambino, adolescente, giovane nella bottega del padre, non potevano accettare la follia di un amore che lo sospingeva ben oltre i limiti della carne, al punto da dare la sua da mangiare nei luoghi che tutti evitavano, per le persone che tutti ritenevano ormai spacciate. Gesù era la gratuità totale, qualcosa di sconosciuto, mai visto prima in un uomo. Al punto che penseranno di Gesù cose malvagie, addirittura che fosse il principe stesso dei demoni. L'amore, quell'amore smisurato, abbaglia, ubriaca, scandalizza. I cuori induriti e con le soluzioni e le interpretazioni preconfezionate ne restano tramortiti. L'amore di Dio, non essendo di questo mondo, è un segno di contraddizione per svelare i pensieri del cuore; per questo così spesso viene preso per il suo esatto contrario. Non è possibile che sia reale un amore così, il nostro cuore non lo ha conosciuto. Ci deve essere qualcosa sotto, non si può vivere e amare così. Ma è normale, come potrebbe essere diversamente? Per amare occorre uscire "fuori" da se stessi, e per farlo bisogna essere passati oltre il mare che ci inchioda in Egitto schiavi del faraone. Ama solo chi. ormai libero, vive ogni evento nella Pasqua di Cristo! Come ci si può aprire alla vita che Dio ha pensato di trascrivere eternamente nel Cielo attraverso la nostra carne se questa è rinchiusa nella paura perché l'unica esperienza che ha è la morte? Quella che si nasconde quando provi ad uscire da se stesso e sperimenti che l'altro ti sbrana. Come fai a perdere la tua vita se essa è solo un pugno di giorni amari da difendere con i denti? Cercherai di renderla meno dolorosa, è normale, finendo con il prostrarti al lavoro, al denaro, alle vacanze, alla macchina e alla casa, all'ultimo smartphone e alla messimpiega. Per questo quando appare l'amore di Cristo fatto carne in persone identiche a noi pensiamo che sia follia, esaltazione o fondamentalismo. Non siamo preparati, la carne da sola non sa dilatarsi e accogliere la gratuità. Ma il Vangelo di oggi è una luce per tutti quelli che, come i parenti di Gesù, non sanno cosa fare dinanzi all'amore infinito di Cristo e decidono di "prenderlo", rinchiuderlo in un ghetto come accade da sempre alla Chiesa, per renderlo innocuo e non contraddica le loro convinzioni. E spesso accade che i nemici dei cristiani siano proprio quelli della propria casa, i familiari più stretti, davvero fuori e lontani dalla verità. Mentre Gesù, gettandosi fuori verso i peccatori, è ben dentro la volontà del Padre. Coraggio allora, non importa se sino ad oggi siamo stati anche noi tra i suoi parenti; se nelle nostre parrocchie e comunità, nei nostri gruppi, nel volontariato e nella Caritas, tra le mamme catechiste e al coro abbiamo conosciuto il Signore superficialmente. Non importa neanche se in Chiesa è un secolo che non mettiamo piede, se anzi l'abbiamo contestata e combattuta come San Paolo. Non importa se oggi siamo ancora schiavi del peccato, perché questo non ci impedisce di accogliere il folle amore di Dio capace di trasformare, nella Chiesa, il più grande superbo ed egoista in un agnellino umile che si offre a chi lo conduce al mattatoio. In essa impariamo che l'unica via per salvare la vita è perderla, farsi cibo per saziarci, il segreto dell'amore di Dio che possiamo gustare nei sacramenti. E vivere come San Francesco Saverio, che in una lettera scritta a Sant'Ignazio di Loyola dalla terra di missione scriveva la sua esperienza, identica a quella di Gesù: "Quando sbarcai in questi luoghi, battezzai tutti i fanciulli che ancora non erano stati battezzati, e quindi un gran numero di ragazzi, che non sapevano neppure distinguere la destra dalla sinistra… Mi assediava una folla di giovani, tanto che non riuscivo più a trovare il tempo per dire l’Ufficio, né per mangiare, né per dormire; chiedevano insistentemente che insegnassi loro nuove preghiere. Cominciai a capire che a loro appartiene il regno dei cieli". Che Dio ci conceda l'umiltà per accogliere l'amore, e che esso trasformi la nostra vita in un'unica, gioiosa, oblazione.
IN CIELO SI ENTRA PER AMICIZIA (DI CRISTO...)«Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?»: ripetendo con insistenza queste parole del Signore, Sant'Ignazio di Loyola fece di Francesco Saverio, un giovane studente ambizioso lanciato verso il successo, l'apostolo santo dell'Oriente. Astutamente, il demonio cancella sempre la data di scadenza sulla suadente e illusoria etichetta di «mammona», termine aramaico che designava il «patrimonio» ma anche un idolo cananeo cui andava l’adorazione dei pagani. Ma, attraverso la predicazione di Ignazio, come gocce d'acqua che lentamente riescono a corrodere anche il ferro, la Verità si insinuò nelle maglie fitte della menzogna, ed ebbe la meglio. Francesco non era nato per essere schiavo di un idolo, feticcio di qualunque «ricchezza» terrena che, per quanto si fosse sforzato, non gli sarebbe mai appartenuta. Dio, invece, lo chiamava ad accogliere quella che era «sua» da sempre, il Figlio diletto nel quale era stato amato e creato, e gli «affidava» il Vangelo, l'unica «ricchezza vera». Di certo, all'alba di quella fredda mattina di dicembre, i suoi innumerevoli «amici» erano tutti lì, ad «accoglierlo» sulla soglia delle «tende eterne». Non si era risparmiato, gli aveva dato tutto, perché tutto aveva vissuto in Cristo, senza cercare se stesso nelle relazioni, offrendo ogni suo bene. E ora moriva sulla spiaggia di un'isoletta alle porte della Cina, solo, dopo aver percorso instancabilmente l'Oriente intero per dieci anni. «Fedele nelle cose più piccole», rinnegandosi in ogni suo affetto, pensiero, desiderio, era stato per questo «fedele nella cosa più grande», Cristo e il suo Vangelo. Volti, storie, sofferenze, uomini e donne di ogni razza e condizione, ciascuno fu raggiunto dal fuoco d'amore che ardeva nel cuore di Francesco; in quel missionario avevano incontrato Cristo, la «ricchezza vera». La sua storia è l’esegesi più autentica del vangelo di oggi. In essa è profetizzata anche la nostra. Siamo chiamati come lui a farci tutto a tutti, spendendo la nostra vita per l'annuncio del Vangelo, e «procurarci» così una «lobby» di «amici» che, nell'anticamera del Paradiso, «faccia pressione» perché Dio ci «accolga». Marito, moglie, figli, amici, denaro, nel mondo sono «ricchezze inique», idoli come «mammona», che gli uomini amano divenendone schiavi. Per chi ha conosciuto Cristo tutto è vissuto nel fuoco della Croce, che arde purificando le idolatrie, dove i rapporti e i beni divengono occasioni per donarsi e non accaparrare, facendo così di ogni «ricchezza» un «tesoro celeste». Non importa se l’apparente successo dei farisei li spinge a «beffarsi» di Cristo e dei suoi discepoli; Lui «conosce i cuori»: se saranno colmi del suo amore, quando per il mondo tutto «verrà a mancare» per noi si schiuderanno le porte del Paradiso.