POPULARITY
Categories
Può un algoritmo diventare cosciente? La mente umana è solo un computer biologico? In questo episodio de "La mia vita spaziale" Andrea Brugnoli ci accompagna in un viaggio straordinario attraverso le tesi rivoluzionarie di Federico Faggin nel suo libro "Irriducibile".Chi è Federico FagginNon stiamo parlando di un filosofo da poltrona: Faggin è l'inventore del microprocessore e uno dei pionieri assoluti della Silicon Valley. Quando il padre dell'informatica moderna mette in discussione il riduzionismo computazionale, vale la pena ascoltare.I temi chiave dell'episodio:• Il paradosso quantistico della libertà: "La natura quantistica ci sta già dicendo che il determinismo e il riduzionismo della fisica classica non esistono e che il libero arbitrio è possibile"• L'universo come linguaggio: la materia non precede la coscienza, ma ne è l'espressione• Il corpo come avatar temporaneo: una prospettiva che ribalta il materialismo classico• La visione narrativa del cosmo: "L'universo è fatto di storie, non di atomi"La riflessione del conduttore:"Questo libro mi ha costretto a riconsiderare profondamente il rapporto tra tecnologia e umanità. Faggin smonta quello che era un'illusione dei fisici del passato, l'Homunculus, quel fantomatico pilota che credavamo sedesse nella cabina di comando del nostro cranio."Faggin ci propone una visione in cui "siamo coautori, non spettatori dell'esistenza". Se ha ragione, ogni momento di presenza autentica diventa una finestra su una realtà più vasta di quella che immaginavamo.Timestamp principali:• 01:00:00 - Introduzione: l'universo è fatto di storie• 01:01:06 - Oscar Wilde e i limiti delle definizioni• 01:02:15 - La meccanica quantistica e il libero arbitrio• 01:05:00 - La coscienza che danza con la materia• 01:07:00 - Perché l'IA non sarà mai cosciente• 01:09:17 - Il corpo come avatar cosmico• 01:13:25 - L'universo fatto di storie, non di atomi• 01:16:13 - Conclusioni: coautori dell'esistenzaTi sei mai chiesto se esista qualcosa di irriducibilmente umano che nessuna tecnologia potrà mai replicare? Condividi nei commenti la tua esperienza!
Viver a vida cristã não é uma questão de esforço humano — é o resultado da presença do Espírito Santo habitando em nós. Em Romanos 8:12–15, o apóstolo Paulo revela três maravilhosas verdades que surgem quando o Espírito de Deus preenche a “luva” de nossas vidas: passamos a seguir um novo Guia, pertencemos a uma nova Família e falamos com um novo Pai. Neste episódio, você vai descobrir que o Cristianismo não é viver por conta própria, mas permitir que o Espírito conduza, ensine e transforme você. Somos guiados, adotados e capacitados por Ele. O mesmo Espírito que nos salvou agora nos sustenta em cada passo. Quando você se submete à Sua direção, começa a experimentar o poder, a segurança e a intimidade de um relacionamento real com Deus — o verdadeiro “mão na luva.” Para mais ensinamentos bíblicos, visite nosso site: https://www.wisdomonline.org/?lang=Portuguese
A Piccoli Sorsi - Commento alla Parola del giorno delle Apostole della Vita Interiore
- Premere il tasto PLAY per ascoltare la catechesi del giorno -+ Dal Vangelo secondo Luca +I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.Parola del Signore.
No podcast ‘Notícia No Seu Tempo’, confira em áudio as principais notícias da edição impressa do jornal ‘O Estado de S.Paulo’ desta sexta-feira (27/06/2025): Após 12 sessões, o STF concluiu o julgamento que amplia as obrigações das big techs pelo conteúdo publicado por usuários na internet. Os ministros estabeleceram critérios para punir as plataformas pelo que for considerado falha na moderação de conteúdo e fizeram apelo para que Congresso regulamente as redes sociais. Ficou definido, como regra geral, que as empresas responderão por crimes ou atos ilícitos e por contas falsas se não removerem esses conteúdos. Nos casos de crimes contra a honra (injúria, calúnia e difamação), permanece o sistema atual, de obrigação de remoção apenas por ordem judicial. No entanto, as plataformas terão de impedir a replicação das ofensas em outras publicações. Quando se tratar de anúncios ou impulsionamentos pagos, a responsabilidade das plataformas será presumida. Já os marketplaces respondem de acordo com o Código de Defesa do Consumidor. E mais: Economia: Governo tenta evitar corte maior de gastos após derrota com IOF Política: Lula critica ausência de Tarcísio em evento na capital Internacional: Relatórios indicam que ataque ao Irã destruiu centrífugas, mas não o urânio Metrópole: Cidade Jardim se mobiliza para tentar barrar prédiosSee omnystudio.com/listener for privacy information.
Agora é o major-general Isidro Morais Pereira que está a ponderar concorrer a Presidente da República. Se acontecer, Gouveia e Melo ganha um concorrente militar. É certo: a corrida a Belém promete.See omnystudio.com/listener for privacy information.
In un mercato in cui i contenuti digitali sono per la gran parte disponibili gratuitamente per l’utente finale, la sostenibilità economica dei creator passa dalla pubblicità: l’azienda deve quindi considerarli veri e propri partner media, inserendo questa voce di spesa a bilancio con gli stessi criteri di efficacia e misurabilità riservati a TV o stampa. Torniamo a parlarne in questa seconda puntata con Aurora Cavallo, creatrice del brand Cooker Girl.Le collaborazioni di lungo periodo ricorda Aurora, che vanta accordi pluriennali con brand di cookware rafforzano la credibilità presso il pubblico e consentono di monitorare non solo la reach ma anche la coerenza d’uso del prodotto sul medio periodo, trasformando i post sponsorizzati in proof point continui. Il discrimine tra semplice creator e professionista sta nella puntualità delle consegne, nella disponibilità ai rework e nella capacità di co-progettare la campagna; fattori che riducono il rischio operativo per il brand. Come integriamo oggi questi indicatori nei nostri processi di sourcing? La selezione del partner non può prescindere dall’allineamento etico e di contesto: rifiutare sponsorship fuori categoria o lontane dai valori dichiarati tutela la reputazione di entrambe le parti e limita le frizioni con le community. Nei progetti corporate più strutturati, il brief tende a essere prescrittivo; l’esperienza di Aurora suggerisce di prevenire conflitti con controproposte puntuali, evitando contenuti rigidi che l’utente ignora. L’azienda è pronta a trattare il creator come consulente editoriale e non come semplice esecutore? Errori ricorrenti: ignorare il tone of voice per cui il creator è stato scelto, imporre copy innaturali, lanciare prodotti con nomi impronunciabili, privilegiare il messaggio verbale a scapito della resa visiva e dell’opportunità di agganciare trend audio-visivi che moltiplicherebbero la reach. Quando il contratto si estende su base annuale, il creator assume un ruolo consulenziale, offrendo insight per i contenuti corporate al di fuori dei propri canali: una competenza di storytelling già inclusa nel costo della partnership che conviene capitalizzare con processi interni disposti ad ascoltare.
Quando va tutto a rotoli è il momento giusto per farci le giuste domande sulla nostra vita.Parliamo di nuovo in questo video di mondo esterno e mondo interno.Per approfondire con un vecchio video più lungo:https://youtu.be/RXBjF7L-wUIBuona giornataDiego
Le iscrizioni alla Cogito Academy aperte dal 1 giugno ➤➤➤ https://www.cogitoacademy.it/ Il nostro podcast è sostenuto da NordVPN ➤➤➤ https://nordvpn.com/dufer ⬇⬇⬇SOTTO TROVI INFORMAZIONI IMPORTANTI⬇⬇⬇ Abbonati per live e contenuti esclusivi ➤➤➤ https://bit.ly/memberdufer I prossimi eventi dal vivo ➤➤➤ https://www.dailycogito.com/eventi Scopri la nostra scuola di filosofia ➤➤➤ https://www.cogitoacademy.it/ Racconta storie di successo con RISPIRA ➤➤➤ https://cogitoacademy.it/rispira/ Impara ad argomentare bene ➤➤➤ https://bit.ly/3Pgepqz Prendi in mano la tua vita grazie a PsicoStoici ➤➤➤ https://bit.ly/45JbmxX Il mio ultimo libro "Dio era morto" ➤➤➤ https://amzn.to/3E5JwUh La newsletter gratuita ➤➤➤ http://eepurl.com/c-LKfz Tutti i miei libri ➤➤➤ https://www.dailycogito.com/libri/ Il nostro podcast è sostenuto da NordVPN ➤➤➤ https://nordvpn.com/dufer #rickdufer #filosofia #millennials INSTAGRAM: https://instagram.com/rickdufer INSTAGRAM di Daily Cogito: https://instagram.com/dailycogito TELEGRAM: http://bit.ly/DuFerTelegram FACEBOOK: http://bit.ly/duferfb LINKEDIN: https://www.linkedin.com/pub/riccardo-dal-ferro/31/845/b14 -------------------------------------------------------------------------------------------- Chi sono io: https://www.dailycogito.com/rick-dufer/ -------------------------------------------------------------------------------------------- La musica della sigla è tratta da Epidemic Sound (author: Jules Gaia): https://epidemicsound.com/ - la voce della sigla è di CAROL MAG (https://www.instagram.com/carolmagmusic/) Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Como a burocracia pode sufocar a missão? Neste episódio provocador da série A Ordem, exploramos três fundamentos históricos do Estado moderno — centralização, harmonização e cumulação — e extraímos lições poderosas para a liderança e estrutura da Igreja Adventista do Sétimo Dia em tempos de hipertrofia institucional. Você já se perguntou: Quando a ordem institucional se torna um obstáculo espiritual? Como discernir entre controle e serviço? O que o Leviatã de Hobbes tem a ver com departamentos que decidem sozinhos? Com linguagem acessível, rigor teológico e aplicação prática, este episódio é um chamado urgente aos pastores, administradores e líderes para reencontrarem a missão no meio da máquina. Cristo continua sendo a cabeça. O Espírito ainda distribui dons. A missão precisa ser o filtro de cada decisão. ▶️ Assista, reflita e compartilhe com sua liderança. A ordem só é verdadeira se for movida pela missão
A Piccoli Sorsi - Commento alla Parola del giorno delle Apostole della Vita Interiore
- Premere il tasto PLAY per ascoltare la catechesi del giorno -+ Dal Vangelo secondo Luca +In quel tempo, Gesù disse ai farisei e agli scribi questa parabola:«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta".Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione».Parola del Signore.
Nos 50 anos da independência de Cabo Verde, a RFI publica uma série de reportagens sobre este tema. Neste primeiro episódio, abordamos as raízes da revolta com algumas das pessoas que lutaram pela libertação nacional, como Pedro Pires, Osvaldo Lopes da Silva, Alcides Évora, Maria Ilídia Évora e Marline Barbosa Almeida, mas também com o historiador António Correia e Silva e o jornalista José Vicente Lopes. Foram mais de cinco séculos de dominação colonial, uma história marcada pelo comércio de pessoas escravizadas, ciclos de fome, secas e emigração forçada. A independência foi a 5 de Julho de 1975, mas a resistência começou muito antes, ainda que tenha sido a Geração Cabral a desencadear a luta de libertação e a conduzir Cabo Verde à independência. No século XIX, a elite letrada já manifestava uma atitude contestatária face ao poder colonial. Intelectuais como Eugénio Tavares, Pedro Cardoso, Luís Loff e, mais tarde, os chamados “claridosos” denunciaram os problemas que afectavam a população e exaltaram a singularidade e a identidade do povo cabo-verdiano. Na década de 1940, uma nova geração de intelectuais, inspirados pelos antecessores, passam a reivindicar o direito à independência. O historiador e sociólogo António Correia e Silva sublinha que a Geração Cabral é fruto de lutas anteriores, que o fantasma das fomes foi determinante para desencadear o movimento de libertação e que, nessa altura, a ideia de “independência se torna politicamente credível”. “Gabriel Mariano vai escrever um grande poema sobre a fome que se chama 'Capitão Ambrósio': 'Bandeira negra, negra bandeira da fome…'. Eu costumo dizer aos meus alunos que bandeira, negra e fome é um triângulo virado para o futuro e que a bandeira negra da fome era, na verdade, uma fome de bandeira, uma fome de independência”, descreve António Correia e Silva. “Essa geração de Amílcar Cabral, o grande salto é que, através de uma aliança pan-africana, aproveitando uma conjuntura pós-guerra, a criação das Nações Unidas e a ideia de autodeterminação que surge naquela altura, a ocorrência de algumas independências de países afro-asiáticos, países grandes como a Indonésia, a Índia, o Egipto, etc, tudo isto provoca a passagem, a violação do interdito, a passagem do intransponível limite que era a independência. Isto é, a independência torna-se pensável, mas mais, torna-se politicamente credível”, acrescenta o historiador. As grandes crises de fome em Cabo Verde entre 1941 e 1942 e entre 1947 e 1948 foram de uma violência brutal, com milhares de mortos. Em 1939, a população estava avaliada em 174 mil pessoas e caiu, em 1950, para 139 mil. Os sobreviventes emigravam em massa para as plantações de São Tomé e Príncipe, onde viviam, trabalhavam e muitos morriam em condições semelhantes às da escravatura. Outros conseguiam emigrar clandestinamente para espaços que não o do Império português. Na memória colectiva há um episódio trágico que não se esquece. Foi a 20 de Fevereiro de 1949, na cidade da Praia e ficou conhecido como o Desastre da Assistência. Centenas de pessoas, que aguardavam pela distribuição de refeições quentes, morreram quando caiu o muro do edifício dos Serviços de Assistência. Estima-se que mais de três mil pessoas se reuniam diariamente nesse espaço para receber a única refeição do dia. Dados oficiais apontavam para 232 vítimas, mas teme-se que o número tenha sido muito superior. Muitas vítimas foram enterradas em valas comuns no Cemitério da Várzea, embrulhadas em lençóis, por falta de caixões. Alcides Évora era uma criança nessa altura, mas lembra-se de ter visto as valas comuns. “Eu comecei a ter uma certa revolta interna desde o início da década de 40. Na altura, eu tinha sete ou oito anos e presenciei a fome de 47. Ainda lembro quando houve o desastre da assistência em que foram transportados, feridos e mortos do local para o Hospital da Praia. Havia tantos mortos. Inclusive muitas casas ficaram fechadas porque não houve nenhum sobrevivente da família que pudesse abrir a porta das suas residências. Da mesma forma, assisti ao enterro na Várzea, na vala comum, em que punham um grupo de cadáveres, depois deitavam o cal e depois punham outra camada de mortos e assim sucessivamente. É algo que ficou gravado na memória. Isto também me fez despertar uma certa revolta interna contra o sistema colonial português”, recorda. Gil Querido Varela também testemunhou a fome de 1947 e viu crianças a morrerem. Por isso, a revolta foi inevitável e quando surgiu a oportunidade aderiu à luta clandestina nas fileiras do PAIGC em Cabo Verde. “Quem já tinha visto a fome de 47 - que eu vi - não ficava sem fazer nada. Vi crianças a morrerem de fome, corpos inflamados de fome. Vi mães com crianças mortas nas costas, não as tiravam para poderem achar esmola. Os colonialistas troçavam do povo, da fome do pobre. Quando veio o PAIGC, entrei rápido. Quem viu aquela fome, era impossível para não lutar. Só quem não tem sentimento”, lembra Gil Querido Varela, que nos leva, num outro episódio ao Campo de Concentração do Tarrafal. A fome também ensombra as memórias de Marline Barbosa Almeida. Foi a partir daí que ela decidiu juntar-se à luta, também na clandestidade. Quis ver a sua terra “livre e independente”. “Nós, que nascemos nos anos 40, 50, vimos aquele período de fome, em que morreram muitas pessoas e o culminar foi o Desastre da Assistência, que matou dezenas, para não dizer centenas de pessoas. Daí cresceu em nós uma certa revolta que não estava classificada politicamente, mas era uma revolta contra a situação de Cabo Verde. Mais tarde, eu, como lia muito - eu devorava livros – fui-me apercebendo das desigualdades, da opressão, do que era necessário para que saíssemos do jugo do colonialismo”, conta Marline Barbosa Almeida, em sua casa, na Praia. No livro “Cabo Verde - Um Corpo que se Recusa a Morrer - 70 anos de fome - 1949-2019”, o jornalista José Vicente Lopes fala sobre o Desastre da Assistência, considerando que a luta de libertação do PAIGC teve como um dos motores a fome que assolava desde sempre o arquipélago. “Este livro fala de um acontecimento que houve em Cabo Verde, que foi o Desastre de Assistência de 1949, e cobre a história de Cabo Verde de 1949 a 2019, numa perspectiva da questão alimentar em Cabo Verde, a história das fomes, o impacto que isto foi tendo nos cabo-verdianos até desembocar inclusive na criação do PAIGC. O PAIGC foi uma reacção à calamidade famélica que foi sucedendo em Cabo Verde desde o século XVI ao século XX porque até 1949, quando se dá o Desastre de Assistência, qualquer seca que acontecesse em Cabo Verde matava no mínimo 10.000, 20.000 pessoas”, sublinha o jornalista, acrescentando que “o espectro da fome não desapareceu porque, apesar de todos os investimentos feitos, apesar de tudo o que se conseguiu fazer, mesmo um bom ano agrícola, um bom ano de chuvas em Cabo Verde, Cabo Verde não consegue produzir mais de 20% das suas necessidades alimentares, logo, 80% tem que ser importado”. As violências coloniais eram de toda a ordem. Maria Ilídia Évora tinha cinco anos quando viu o pai a ser espancado por brancos. A imagem nunca mais a deixou, assim como o medo incontrolável sempre que via alguém de pele branca. Mais tarde, ela viria a integrar um grupo de cabo-verdianos que foi treinado em Cuba para desencadear a guerrilha em Cabo Verde e viria ainda a trabalhar em hospitais durante a guerra na Guiné. “Uma pessoa a bater em alguém que não fez nada, a bater daquela maneira como baterem no meu pai, uma criança não entende. Eu não entendi. Nunca entendi. Até conhecer o Amílcar, para mim, o branco era o diabo. Eu considerava o branco uma coisa muito ruim. Bater em alguém que não fez nada, que só estava lá porque quis conviver com um patrício amigo, não tinha sentido. Porque para a gente, amizade é amizade. Ele não foi fazer nada, ele não tinha nada nas mãos, nem nos pés, nem em nenhum lugar, e acharam que era um inimigo a ser abatido. Essa coisa nunca me saiu da cabeça”, conta-nos na sua casa, no Mindelo. Todas estas circunstâncias alimentaram a coragem dos que acreditaram na luta. Muitos deles, depois de terem passado no Liceu Gil Eanes, em São Vicente, depois na Casa dos Estudantes do Império, em Portugal, acabariam por "dar o salto". Em 1961, dezenas de angolanos, mas também moçambicanos e cabo-verdianos nacionalistas fogem clandestinamente de Portugal e protagonizam uma fuga massiva histórica para França nas barbas do salazarismo. Vários acabaram por ser figuras de destaque nas lutas de libertação nacional e, mais tarde, ocuparam também postos de relevo nos novos Estados. Pedro Pires foi um dos que escolheu seguir Amílcar Cabral, o líder da luta de libertação da Guiné e Cabo Verde. Era o momento de deixar tudo para trás e arriscar por uma causa. “Chegou um momento em que era preciso alguém correr riscos. Não quer dizer que todos iam correr riscos, mas tinha chegado o momento em que aqueles que achassem que podiam correr riscos ou aqueles que achassem que estivessem no dever de correr riscos, no dever da solidariedade e no dever de serviço em favor do seu país, do seu povo, decidiu correr o risco. Mas o risco é inerente a qualquer decisão e aí nós optamos ou ficar parados e não fazer nada ou então agir e correr riscos. Eu acho que tem sempre resultados, com maiores ou menores dificuldades. O facto de corrermos risco, podemos mudar muita coisa. Foi o que aconteceu connosco. Nós éramos um grupo que saiu na mesma altura ou no mesmo dia, éramos cerca de 60 jovens que decidiram correr o risco”, resume o antigo comandante. Osvaldo Lopes da Silva, comandante de artilharia mobilizado na Guiné, também correu o risco e esteve nessa fuga. Ele recorda esse pontapé de saída para a luta de libertação. “Atravessámos a fronteira de autocarro. Foram vários grupos, cada um foi à sua maneira. Depois, estivemos concentrados nas cercanias de San Sebastian. Quando íamos atravessar a fronteira, o elemento na fronteira que devia facilitar a nossa saída, tinha desaparecido. De forma que fomos presos. Estivemos dois dias na prisão central de San Sebastian e, às tantas, de repente, aparece o director da prisão com um discurso todo terceiro-mundista que 'o povo, o governo da Espanha estiveram sempre ao lado daqueles que lutam pela liberdade, pela independência, etc, etc'. Para nós, foi uma grande surpresa e fomos postos em liberdade. E a verdade é que, pelos documentos que reuniram, viram que essa gente não são maltrapilhos quaisquer, são gente com qualificação”, lembra. Muitos dos que estiveram nessa fuga, tinham frequentado e cultivado a reafricanização dos espíritos num dos principais berços da contestação ao colonial fascismo português: a Casa dos Estudantes do Império. Foi criada em 1944, em Lisboa, pelo próprio regime ditatorial para apoiar os jovens “ultramarinos” que fossem estudar para a “metrópole”, e encerrada em 1965. Duas décadas em que foi uma escola de consciencialização política do nacionalismo africano, fosse na sede lisboeta ou nas delegações de Coimbra e no Porto, ajudando à criação dos movimentos de libertação das colónias portuguesas em África. Outro centro de pensamento anticolonial foi o Centro de Estudos Africanos, em cujo grupo fundador esteve o futuro pai das independências da Guiné-Bissau e de Cabo Verde. Amílcar Cabral foi também vice-presidente da Casa dos Estudantes do Império em 1951. A sua segunda esposa, Ana Maria Cabral, também por lá passou e recorda a importância do local para a contestação. “Fui levada pelos meus irmãos mais velhos e não havia só bailes, havia encontros, havia reuniões sobre a situação dos nossos países, em especial quando os franceses e os ingleses começaram a dar a independência às suas antigas colónias. Seguimos todo o processo dessas independências. Nós todos éramos Lumumba e Nkrumah. Nós seguíamos a luta dos outros povos, dos povos das colónias e não só das colónias em África”, explica Ana Maria Cabral. Muitos dos que passaram pela Casa dos Estudantes do Império vieram a assumir importantes responsabilidades na luta anticolonial e de libertação dos antigos territórios em África, como Amílcar Cabral, Vasco Cabral, Agostinho Neto, Mário Pinto de Andrade, Eduardo Mondlane, Marcelino dos Santos, Joaquim Chissano e Miguel Trovoada. Pedro Pires também conheceu de perto a Casa dos Estudantes do Império. Aquele que foi comandante e destacado dirigente político-militar do PAIGC na luta de libertação, assim como o principal arquitecto do Acordo de Lisboa para a independência, resume que a luta contra a opressão colonial foi desencadeada pelo próprio colonialismo. “É o próprio sistema colonial, que não dava resposta às necessidades e às dificuldades, enfim, às crises por que passava a Cabo Verde, mas também que não se interessava especialmente em encontrar soluções para esses problemas. O percurso histórico de Cabo Verde é trágico, em certa medida, porque os cabo-verdianos tiveram que enfrentar situações extremamente complicadas e difíceis de fome, secas, fugas, ter que buscar por outras vias as soluções e o próprio sistema que não dava resposta às necessidades e às exigências, para não dizer também aos sonhos daqueles que queriam ver o país numa via diferente. Portanto, o colonialismo era um sistema de bloqueio e era indispensável lutar contra ele, a fim de abrir novas perspectivas ao país para realizar os seus objectivos, os seus sonhos, mas também por uma coisa muito simples: para ter uma vida melhor”, considera Pedro Pires. Foi para buscar essa “vida melhor” que estes homens e mulheres abrem o caminho para a luta de libertação, da qual vamos recordar alguns momentos nos próximos episódios. Pode ouvir aqui as entrevistas integrais feitas aos diferentes convidados.
Nos 50 anos da independência de Cabo Verde, a RFI publica e difunde várias reportagens sobre este tema. Neste segundo episódio, falámos com antigos combatentes que se prepararam para a luta armada em Cabo Verde através de formações político-militares na Argélia, em Cuba e na antiga União Soviética. Foi planeado um desembarque no arquipélago, mas Cabo Verde acabaria por chegar à independência sem guerrilha no seu território e os cabo-verdianos foram lutar para as frentes de combate na Guiné e também na clandestinidade. Participaram, ainda, em batalhas políticas, de saúde, de formação e de informação. Nesta reportagem, ouvimos Pedro Pires, Silvino da Luz, Osvaldo Lopes da Silva, Maria Ilídia Évora, Amâncio Lopes e Alcides Évora. A 5 de Julho de 1975, depois de cinco séculos de dominação portuguesa, às 12h40, era oficialmente proclamada a independência de Cabo Verde por Abílio Duarte, presidente da Assembleia Nacional Popular, no Estádio Municipal da Várzea, na Praia. A luta tinha começado há muito e acabaria por ser o PAIGC, Partido Africano da Independência da Guiné-Bissau e de Cabo Verde, a consolidar os anseios nacionalistas e a conduzir o arquipélago à independência, quase dois anos depois de a Guiné-Bissau se ter autoproclamado independente. O líder da luta e do partido, Amílcar Cabral, nascido em Bissau e filho de cabo-verdianos, não pôde assistir nem a uma nem a outra por ter sido assassinado em Janeiro de 1973. Considerado como o pai das duas independências, Amílcar Cabral defendeu, desde o princípio, o lema da “unidade e luta”: unir esforços para combater o inimigo comum que era o colonialismo português. No programa, ancorado numa concepção pan-africana de unidade política para o continente, estava a luta pela independência da Guiné e de Cabo Verde e a futura união dos dois Estados, separados por mar alto. Mas ao contrário da Guiné, em Cabo Verde a luta nunca chegou a ser armada, ainda que a intenção tenha estado em cima da mesa. Foi em Julho de 1963, na cidade de Dacar, numa reunião de quadros nacionalistas do PAIGC, que Pedro Pires chegou a dizer não ter cabimento “falar em luta de libertação nacional sem falar em luta armada”. O comandante e destacado dirigente político-militar do PAIGC tinha "dado o salto" em 1961 quando integrou o grupo de dezenas de jovens africanos que abandonou, clandestinamente, Portugal, rumo à luta pela independência. Mais de meio século depois, com 91 anos, o comandante da luta de libertação recebe a RFI no Instituto Pedro Pires para a Liderança, na cidade da Praia, e recorda-nos o contexto em que se decidiu que o recurso à luta armada “era obrigatório” e como é que ele esteve ligado à preparação da luta em Cabo Verde. “A questão da luta armada, colocámos a seguinte questão: ‘Será obrigatório?' Chegámos à conclusão que era obrigatório. Tinha que se ir nessa direcção por causa daquilo que já tinha acontecido porque não é uma questão de qualquer coisa por acontecer, mas a violência já tinha acontecido em Angola, no Congo Kinshasa, na Argélia, de modo que estávamos obrigados a pensar nessa via. É assim que nós abraçamos o projecto do PAIGC de prepararmo-nos e organizarmos o recurso à violência armada. As tarefas que me foram conferidas no PAIGC estiveram, até 1968, sempre ligadas a Cabo Verde e à preparação da possibilidade da luta armada em Cabo Verde”, conta Pedro Pires [que se tornaria o primeiro primeiro-ministro de Cabo Verde (1975-1991) e, mais tarde, Presidente do país (2001-2011)]. E era assim que, meses depois do anúncio do início das hostilidades pelo PAIGC contra o exército português no território da Guiné, se desenhava a intenção de desencadear também a luta armada em Cabo Verde. A Pedro Pires foi confiado o recrutamento e a preparação política dos combatentes. A ajudá-lo esteve Silvino da Luz que, meses antes, tinha desertado do exército português e sido preso em Kanu, na Nigéria. Aos 86 anos, Silvino da Luz recebe a RFI em sua casa, na cidade do Mindelo, na ilha de São Vicente e explica-nos por que é que a acção militar em Cabo Verde era necessária. “A grande decisão tomada em 1963, nessa reunião de Dacar, da qual eu saio como um dos responsáveis militares, era a criação de condições para desencadear a luta armada em Cabo Verde porque estávamos absolutamente seguros que os colonialistas, e Salazar em particular, não aceitariam nunca largar as ilhas que já estavam nos radares da NATO que considerava Cabo Verde e Açores como os dois pontos cruciais para a defesa do Ocidente e no Atlântico Médio eram indispensáveis”, explica Silvino da Luz que foi, depois, comandante das Forças Armadas Revolucionarias do Povo (FARP), ministro da Defesa e Segurança (1975-1980) e dos Negócios Estrangeiros (1980-1991) e depois deputado até 1995. Começou a pensar-se num desembarque de elementos do PAIGC no arquipélago e houve preparação de combatentes na Argélia, em Cuba e na antiga União Soviética. O grupo dos militantes nacionalistas, encabeçado por Pedro Pires, preparou-se na clandestinidade total em Cuba, durante dois anos, e é aqui que nascem as Forças Armadas cabo-verdianas, a 15 de Janeiro de 1967, data em que os cabo-verdianos prestam, perante Amílcar Cabral, o juramento de fidelidade à luta de libertação de Cabo Verde. No grupo de Cuba, havia apenas uma mulher, Maria Ilídia Évora, conhecida como Tutu. Aos 89 anos, recebe a RFI em sua casa, no alto de São Nicolau, no Mindelo. À entrada, destacam-se duas fotografias de Amílcar Cabral, mas há ainda muitas fotografias que ela nos mostra dos tempos da formação político-militar em Cuba. Foi em Dacar, onde estava emigrada, que Tutu conheceu Amílcar Cabral e aderiu logo à luta. “Foi ideia de Cabral. Disse que eu tinha de participar. Em Cuba, os treinos eram de tiro, esforço físico, correr, fazer ginástica, fazer marchas, aprender a lidar com a arma, limpar as armas, e escola também. Tinhamos aulas de matemática e várias aulas porque no grupo havia estudantes que tinham fugido da universidade, eles tinham mais conhecimento do que nós e partilhavam os conhecimentos deles com quem tinha menos”, revela, acrescentando que um camarada lhe disse um dia que “muitas vezes os homens queriam desistir, mas tinham vergonha porque tinham uma mulher no grupo”. Também Alcides Évora, conhecido como “Batcha”, esteve no grupo de Cuba. Entrou na luta pela mão do comandante Pedro Pires, depois de ter estado emigrado em França durante pouco mais de um ano. Viajou para a Argélia e, passados uns meses, seguiu para o treino militar em Cuba. É na Fundação Amílcar Cabral, na Praia, que, aos 84 anos, ele recorda essa missão à RFI. “Nós tivemos uma preparação político-militar intensa. Tivemos aulas militares e também havia aulas de política para complementar o nosso curso. A nossa preparação era para desencadear a luta em Cabo Verde, mas não se efectivou o nosso desembarque porque com a morte do Che Guevara na Bolívia, os americanos passaram a controlar todos os barcos que saíam de Cuba. Então, o Fidel mandou chamar o Amílcar e eles depois chegaram à conclusão que realmente não era aconselhável esse desembarque”, afirma Alcides Évora depois de nos fazer a visita guiada às salas da fundação, onde também se vê uma fotografia dele no escritؚório do PAIGC em Conacri. O desembarque estava a ser preparado no maior dos segredos e estava tudo pronto. Amâncio Lopes, hoje com 86 anos, era também um dos membros do grupo. Tinha sido recrutado junto dos emigrantes cabo-verdianos da região francesa de Moselle, onde se encontrava a trabalhar como operário na siderurgia. Amâncio Lopes começou por receber formação em Argel e depois foi para Cuba. “Era um grupo de 31 que foi maioritariamente recrutado na Europa, em Moselle, no seio da emigração. De lá, recebi preparação militar em Argel, depois fomos reunidos em Cuba porque havia dois grupos. Passados os seis meses de instrução, fomos reunidos todos em Cuba. Foram uns dois anos. Era uma preparação inicial e depois recebíamos ajuda para desembarcar em Cabo Verde. Quando já estávamos preparados para desembarcar em Cabo Verde, Cabral fez uma visita e nessa visita fizemos o juramento em 1967”, recorda Amâncio Lopes, quando recebe a RFI na sua casa, na periferia de Mindelo. Ao fim de quase dois anos de treinos e formação político-militar, o grupo de Cuba encontrava-se pronto para a operação de desembarque. Amílcar Cabral desloca-se a Havana para dar instruções e procede-se ao juramento solene da bandeira, a 15 de Janeiro de 1967, mas a morte de Che Guevara na Bolívia, a 8 de Outubro de 1967, é uma das razões que leva à suspensão da operação. Silvino da Luz recorda que estava tudo a postos. “O assunto foi tratado sempre no máximo sigilo, as informações não escapavam. Tínhamos desaparecido do mundo, as pessoas não sabiam, vivíamos em plena clandestinidade em Cuba, lá pelas montanhas interiores da ilha, em acampamentos com bastante segurança. Recebemos preparação militar bastante avançada. Depois, já tínhamos terminado a preparação, Fidel já se tinha despedido de nós, tinha oferecido uma espingarda a cada um de nós, Amílcar já se tinha despedido, mas houve uma série de desastres que aconteceram, como a queda do Che [Guevara] na Bolívia, uma tentativa de infiltração de revolucionários na Venezuela (…) Nós já estávamos no barco à espera da ordem de partida, mas cai o Che, houve essas infelicidades, o cerco à volta de Cuba aumentou, os americanos quase fecharam a ilha e não havia possibilidade de nenhum barco sair sem ser registado. Naturalmente que, para nós, sair era quase que meter a cabeça na boca do lobo”, relembra Silvino da Luz. Também o comandante Pedro Pires admite que “quando se é jovem se pensa em muitas coisas, algumas impossíveis” e o desembarque era uma delas, pelo que se optou por um “adiamento” e por "criar as condições políticas para continuar a luta". “Quando se é jovem, pensa-se em muitas coisas, algumas possíveis e outras impossíveis. Concebemos um projecto, pusemos em marcha a criação das condições para a concretização do projecto, mas verificou-se que era complicado de mais. Uma das características das lutas de libertação e, sobretudo, das guerrilhas, é a problemática da retaguarda estratégica. Em relação a Cabo Verde, em pleno oceano, não há retaguarda estratégica e você vai desenrascar-se por si. É preciso analisar as condições reais de sustentabilidade dessa ideia, se era possível ou não possível. O nosso apoiante mais entusiasta ficava nas Caraíbas, a milhares de quilómetros de distância, não serve de retaguarda, a não ser na preparação, mas o apoio à acção armada ou possivelmente outro apoio pontual era muito difícil. Por outro lado, o que nos fez reflectir bastante sobre isso foi o fracasso do projecto de Che Guevara para a Bolívia”, explica. Adiado o projecto inicial, os cabo-verdianos continuaram a formação e foram para a União Soviética onde receberam formação de artilharia, algo que viria a ser decisivo para a entrada deles na luta armada na Guiné. Amâncio Lopes também foi, mas admite que sentiu “uma certa tristeza” por não ver concretizado o desembarque em Cabo Verde. “Éramos jovens e todos os jovens ao entrarem numa aventura destas querem ver o programa cumprido. Mas o programa tem de ser cumprido sem risco suicida. Em Cuba fizemos preparação política e de guerrilha mas, depois, na União Soviética, já fizemos preparação semi-militar. (…) Os soviéticos foram taxativos: vocês têm um bom grupo, grande grupo, consciente do que quer, mas metê-los em Cabo Verde é suicidar esse grupo. Então, ali avisaram-nos que já não íamos desembarcar em Cabo Verde. Aí ficámos numa certa tristeza porque em Cuba tínhamos a esperança de desembarcar, na União Soviética durante quase um ano também tínhamos essa esperança, mas depois perdemos a esperança de desembarcar em Cabo Verde”, diz Amâncio Lopes. Entretanto, entre 1971 e 1972, houve também um curso de marinha para uma tripulação de cabo-verdianos que deveria vir a constituir a marinha de guerra do PAIGC. O grupo era chefiado por Osvaldo Lopes da Silva que considera que se o projecto tivesse avançado, teria sido decisivo, mas isso não foi possível devido à animosidade que se sentia da parte de alguns militantes guineenses contra os cabo-verdianos. “Da mesma maneira que os cabo-verdianos entraram para a artilharia e modificaram o quadro da guerra, Cabral pensou: ‘Vamos criar uma unidade com cabo-verdianos, aproveitar os cabo-verdianos que havia, concentrá-los na marinha para ter uma marinha de guerra. Eu estive à frente desse grupo. Esse grupo se tivesse entrado em acção seria para interceptar as ligações entre a metrópole e Cabo Verde e a Guiné e as outras colónias. Seria uma arma letal. Da mesma maneira que a entrada dos mísseis anti-aéreos imobilizou completamente a aviação, a entrada dos cabo-verdianos na marinha com as lanchas torpedeiras teria posto em causa a ligação com a metrópole. Podíamos mesmo entrar em combate em território da Guiné e afundar as unidades que os portugueses tinham que não estavam ao nível do armamento que nós tínhamos”, explica. Então porque não se avançou? A resposta de Osvaldo Lopes da Silva é imediata: “As unidades estavam ali, as lanchas torpedeiras, simplesmente não havia pessoal qualificado. Nós é que devíamos trazer essa qualificação. Quando esse meu grupo regressa em 1972, o ambiente na marinha estava completamente degradado. O PAIGC tinha uma marinha e é nessa marinha que foi organizado todo o complô que veio dar lugar à morte de Cabral.” A análise retrospectiva é feita em sua casa, no bairro do Plateau, na Praia, onde nos mostra, aos 88 anos, muitas das fotografias dos tempos da luta, quando também foi comandante das FARP, e imagens de depois da independência, quando foi ministro da Economia e Finanças (1975-1986) e ministro dos Transportes, Comércio e Turismo (1986-1990). Houve, ainda, outras tentativas de aproximação de guerrilheiros a Cabo Verde. O historiador José Augusto Pereira, no livro “O PAIGC perante o dilema cabo-verdiano [1959-1974]”, recorda que a URSS, em 1970, cedeu ao PAIGC um navio de pesca de longo alcance, o 28 de Setembro, que reunia todo o equipamento necessário ao transporte e desembarque de homens e armamento. A luta armada no arquipélago não estava esquecida e no final de 1972 foram enviados a Cuba dois militantes provenientes de Lisboa que deveriam ser preparados para desencadear, em Cabo Verde, ações de guerrilha urbana. Um deles era Érico Veríssimo Ramos, estudante de arquitectura em Lisboa e militante do PAIGC na clandestinidade, que sai de Portugal em Dezembro de 1972 em direcção a Cuba. “Em Dezembro de 1972, saio de Portugal com um passaporte português, vou para Cuba receber preparação para regressar para a luta. Não estava ainda devidamente estruturada essa participação para depois dessa formação. Fui eu e mais um outro colega e mais um elemento que veio da luta da Guiné-Conacri. Quando Amílcar Cabral foi assassinado, nós estávamos em Cuba e, logo a seguir, tivemos de regressar”, conta. De facto, o assassínio de Amílcar Cabral a 20 de Janeiro de 1973 levou à saída da ilha dos activistas por ordem das autoridades de Havana. Entretanto, combatentes cabo-verdianos tinham integrado as estruturas militares da luta armada na Guiné, mas sem abandonarem a ideia de um lançamento futuro da luta armada em Cabo Verde. Porém, isso acabaria por não acontecer. Apesar de a luta armada não se ter concretizado em Cabo Verde, a luta política na clandestinidade continuou nas ilhas e a PIDE apertou bem o cerco aos militantes. Muitos foram parar ao Tarrafal e a outras prisões do “Império”, onde também houve resistência. Os cabo-verdianos destacaram-se na luta armada na Guiné, mas também noutras frentes de batalha como a propaganda, a educação, a saúde, a diplomacia e muito mais. Sobre alguns desses temas falaremos noutros episódios desta série. Pode também ouvir aqui as entrevistas integrais feitas aos nossos convidados.
Quando os Modis vão pra algum casamento é certeza de história boa pra contar. Dessa vez não foi diferente!
No programa de hoje, João, de 50 anos, disse que tinha uma vida sexual muito ativa, mas que a esposa conseguiutirar isso dele. Quando ele a procura, a companheira sempre diz para deixar para depois. Contudo, segundo ele, essa espera demora muito, às vezes, até uma semana. Isso tem afetado negativamente o casamento de João.Eles têm um filho de cinco anos de idade, inclusive, que é o que tem mantido o relacionamento. O aluno pontuou que a esposa é maravilhosa, extremamente responsável e uma excelente mãe, mas que peca no que diz respeito à vida sexual. Ele compartilhou que, em algumas ocasiões, já passaram até um mês sem nenhuma relação. Se ele não toma a iniciativa, a situação permanece assim. Isso tem causado muito estresse em João e influenciado negativamente o relacionamento. Por fim, ele comentou que está difícil suportar essa situação.Não está sendo cuidadaAinda neste episódio, uma aluna relatou que não sabe o que fazer. Segundo ela, o marido é muito frio, a destrata e a maltrata. A aluna comentou ainda que saiu da cidade onde morava para viver em outra, e que as únicas pessoas que tem ao seu redor são o companheiro e as filhas. Ela disse que não tem ninguém com quem conversar ou para se distrair. Em vez de acolhê-la, o marido faz o contrário: não cuida dela.Além disso, tudo o que ela faz ele critica e está sempre reclamando. A aluna pontuou outras questões e relatouque, ao tentar conversar sobre a situação, o marido a xinga. Ela não sabe mais o que fazer.Bem-vindos à Escola do Amor Responde, confrontando os mitos e a desinformação nos relacionamentos. Onde casais e solteiros aprendem o Amor Inteligente. Renato e CristianeCardoso, apresentadores da Escola do Amor, na Record TV, e autores de Casamento Blindado e Namoro Blindado, tiram dúvidas e respondem perguntas dos alunos. Participe pelo site EscoladoAmorResponde.com. Ouça todos os podcasts no iTunes: rna.to/EdARiTunes
Em Romanos 8:2–4, o apóstolo Paulo faz uma apresentação especial: o Espírito Santo — chamado aqui de “o Espírito da vida.” Ele é Aquele que nos libertou da lei do pecado e da morte. Neste episódio, você vai descobrir quem é o Espírito Santo, o que Ele faz, e por que Sua presença muda tudo. O Espírito não é uma força impessoal, mas uma Pessoa divina que habita em cada crente. Ele vivifica, ensina, guia e exalta Cristo em nossa vida diária. Vamos ver como essa verdade se aplica à nossa caminhada cristã e como andar no Espírito é mais do que uma experiência — é um estilo de vida que glorifica Jesus em cada passo. Quando o Espírito opera em você, Ele muda o foco da sua vida, move os holofotes para Cristo, e o ajuda a viver como alguém verdadeiramente livre. Para mais ensinamentos bíblicos, visite nosso site: https://www.wisdomonline.org/?lang=Portuguese
Depois do parto, a intimidade muda: o corpo transforma-se, o cansaço manda, o desejo desaparece. É normal? É definitivo? Falamos sobre sexo no pós-parto e tudo o que fica por dizerSee omnystudio.com/listener for privacy information.
Sete anos depois de ter chegado ao poder, aprovando uma moção de censura contra o governo popular de Mariano Rajoy, envolto em escândalos de corrupção, chegou a vez do governo socialista de Pedro Sánchez estar na corda bamba, também marcado por problemas com a justiça. Neste episódio, conversamos com o editor de Internacional, Pedro Cordeiro.See omnystudio.com/listener for privacy information.
Quando o vemos, demasiado gordo ou demasiado magro, aproximamo-nos do seu permanente abismo, da sua permanente insatisfação. Ricardo Ribeiro é enorme, um pastor de almas
Quando lo dice Harvard, non è un'opinione: è un fatto. Secondo l'ultimo studio pubblicato nel Dataverse dell'università americana, 377.000 palestinesi risultano “scomparsi” a Gaza. Non evacuati, non dispersi: scomparsi. Mancano all'appello. Il dato emerge da un'analisi incrociata tra le mappe dei cosiddetti “centri umanitari” e le stime aggiornate della popolazione. Prima della guerra: 2.227.000. Adesso: 1.850.000. Ne mancano 377.000. Una voragine demografica che non si spiega né con gli sfollati, né con i sopravvissuti. L'autore dello studio è Yaakov Garb, ricercatore israeliano e docente universitario, non un attivista radicale. Ha elaborato il report per identificare la trasformazione dei presunti centri di distribuzione in strumenti di controllo e sorveglianza. Ma nel lavoro, pubblicato da Harvard Dataverse, salta fuori un dato che gela il sangue: quasi un quinto della popolazione non è più registrabile da nessuna parte. Se metà della popolazione di Gaza sono bambini, significa che oltre 150.000 minori sono spariti, probabilmente morti sotto le macerie, senza tomba, senza nome, senza funerale. Questo dato, in qualsiasi altro contesto, basterebbe a far tremare governi, a convocare commissioni d'inchiesta, a bloccare forniture militari. Invece il mondo tace. I media tacciono. Le istituzioni internazionali balbettano. Chi parla viene isolato. Chi scrive viene delegittimato. La fonte? È pubblica, è Harvard. Eppure non basta. L'orrore oggi ha bisogno di autorizzazione per essere definito tale. È la normalizzazione della catastrofe, la banalità tecnica dell'annientamento. #LaSveglia per La NotiziaDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/la-sveglia-di-giulio-cavalli--3269492/support.
Quando la moda dimentica chi la cuceMaggio 2025. Le lavoratrici della Manifattura San Maurizio – sede della produzione Max Mara – scioperano. Denunciano un sistema produttivo che sembra aver dimenticato tutto. Sono chiamate grasse, mucche da mungere, sono obbligate a produrre senza sosta.Proprio lì, nella provincia di Reggio Emilia dove le operaie erano scese in sciopero nel secolo scorso.Oggi come allora nelle fabbriche le lavoratrici chiedono il rispetto dei propri diritti e della propria dignità. Ne parliamo in questo episodio, che puoi anche leggere qui:https://dress-ecode.com/siete-obese-la-fiaba-cupa-delle-lavoratrici-dietro-ai-lustrini-della-moda/Voce: Arianna De Biasi, Annamaria ViscoMusica: Quiet flight, Paul Yudin, Upbeat License code: LITDGBJNGCKWGHWZ; Music by Vitalii Vakulenko from Pixabay Music by WELC0MEИ0 from Pixabay Music by Universfield from Pixabay; Looming, Yeti Music, Upbeat License code: VHIOVQXYRKILMJCSFoto: Freepik
Um rei mandou seu filho estudar no templo de um grande Mestre, com o objetivo de prepará-lo para ser uma grande pessoa. Quando o príncipe chegou ao templo, o Mestre o mandou sozinho para uma floresta. Ele deveria voltar um ano depois, com a tarefa de descrever todos os sons da floresta. Quando o príncipe retornou ao templo, após um ano, o Mestre lhe pediu para descrever todos os sons que conseguira ouvir. Então disse o príncipe:– Mestre, pude ouvir o canto dos pássaros, o barulho das folhas, o alvoroço dos beija-flores, a brisa batendo na grama, o zumbido das abelhas, o barulho do vento cortando os céus…E ao terminar o seu relato, o Mestre pediu que o príncipe retornasse à floresta, para ouvir tudo o mais que fosse possível. Apesar de intrigado, o príncipe obedeceu à ordem do Mestre, pensando:– Não entendo, eu já distingui todos os sons da floresta…Por dias e noites ficou sozinho ouvindo, ouvindo, ouvindo… mas não conseguiu distinguir nada de novo além daquilo que havia dito ao Mestre. Porém, certa manhã, começou a distinguir sons vagos, diferentes de tudo o que ouvira antes. E quanto mais prestava atenção, mais claros os sons se tornavam. Uma sensação de encantamento tomou conta do rapaz. Pensou:– Esses devem ser os sons que o Mestre queria que eu ouvisse…E sem pressa, ficou ali ouvindo e ouvindo, pacientemente. Queria ter certeza de que estava no caminho certo. Quando retornou ao templo, o Mestre lhe perguntou o que mais conseguira ouvir.Paciente e respeitosamente o príncipe disse:– Mestre, quando prestei atenção pude ouvir o inaudível: o som das flores se abrindo, o som do sol nascendo e aquecendo a terra e da grama bebendo o orvalho da noite…O Mestre sorrindo, acenou com a cabeça em sinal de aprovação, e disse:– Ouvir o inaudível é ter a calma necessária para se tornar uma grande pessoa. Apenas quando se aprende a ouvir os corações das pessoas, seus sentimentos mudos, seus medos não confessados e suas queixas silenciosas, uma pessoa pode inspirar confiança ao seu redor; entender o que está errado e atender às reais necessidades de cada um.
Os trinta e dois países-membros da OTAN reunidos em Haia, na Holanda, debatem um acordo que prevê que 5% de seu PIB seja direcionado à defesa: 3,5% à chamada "defesa pura", com armas e tropas, e 1,5% suplementar aos investimentos em cybersegurança e mobilidade militar. O objetivo é um dos temas centrais da Cúpula da Otan, que termina nesta quarta-feira (25). Mais de um terço dos membros da aliança ainda não alcançaram o objetivo atual de dedicar ao menos 2% de seu produto interno bruto à defesa, ainda que as despesas no setor aumentaram desde a invasão russa à Ucrânia há três anos. Com a escalada militar na guerra entre Israel e Irã, após a intervenção dos Estados Unidos no domingo (22), bombardeando três locais nucleares iranianos, as despesas com armamentos passam a ser prioridade para vários governos ocidentais. Além disso, desde sua eleição em novembro de 2024, o presidente norte-americano Donald Trump condicionou sua participação na OTAN ao aumento da contribuição financeira dos aliados. David Baverez, especialista em geopolítica e autor do livro Bienvenu en Économie de Guerre (Bem-vindo à Economia de Guerra, em tradução literal), explicou em entrevista à France 24 (canal de tevê do grupo da RFI), que esta nova organização geopolítica coloca os países ocidentais em direção a uma economia de guerra, que ele diferencia da economia de defesa que visa apenas o aumento das despesas no setor em relação ao PIB. "A economia de guerra não é apenas uma economia de defesa. Quando se está em uma economia em tempos de paz, como vivenciamos por 30 anos, entre 1989 e 2020, a economia é impulsionada pela demanda, pelo consumidor. Em uma economia de guerra, você é impulsionado pela oferta e, mais especificamente, pela produção, ainda mais precisamente, pelos gargalos de produção, porque é muito difícil produzir", explica. "Mas o que os políticos estão tentando dizer é que é apenas um problema de defesa e que, se passarmos de 2% para 3% do PIB para a defesa, o problema estará resolvido e nós, os cidadãos, não sentiremos o impacto. E eu digo que não é bem assim. A economia de guerra afeta a todos porque todos, em nossas atividades, vemos claramente que a dificuldade hoje é produzir." Impacto social O impacto para a população e a incompatibilidade com o sistema de proteção social de um aumento das despesas militares foram os motivos reivindicados pela Espanha para se manter fora do acordo. O primeiro-ministro espanhol Pedro Sánchez escreveu ao secretário-geral da OTAN, Mark Rutte, alegando que o compromisso de gastar 5% do PIB em defesa "não era apenas irracional, mas também contraproducente". No domingo (22), Sánchez afirmou que havia chegado a um acordo com a Aliança que permitiria ao país cumprir seus compromissos sem ter de aumentar o gasto de defesa até o nível exigido pela organização. Mas para Christophe Gomart, vice-presidente da Comissão de Segurança e Defesa do Parlamento Europeu, os investimentos em defesa podem ter um impacto positivo nas economias europeias. "Os países terão, de fato, que gastar muito mais. Gastar mais significa mais contratos. Para as nossas indústrias de defesa, isso significa mais faturamento. Ou seja, é um círculo virtuoso: se gastarmos mais em defesa, faremos os fabricantes trabalharem mais, faremos os empregos funcionarem mais e enriqueceremos”, disse em entrevista à RFI, afirmando que, para que isso aconteça, é necessário manter os investimentos dentro da União Europeia. “Existem todos os tipos de indústrias de defesa na Europa. Somos perfeitamente capazes de atender às necessidades europeias de armas." Mas o aumento dos gastos dos países com armamentos preocupa, como explica Loïc Founil, porta-voz da coalizão de organizações contra a militarização, Guerra à Guerra, que teme que os investimentos em educação e saúde sejam redirecionados para defesa. "Uma economia de guerra significa que não há dinheiro para as escolas, não há dinheiro para os hospitais, mas gastamos milhões para financiar drones, canhões, etc. Sempre houve pessoas que se opuseram às guerras, à produção de armas. Nós, da coalizão Guerra à Guerra, queremos retomar esta tradição antimilitarista", diz.
Um rei mandou seu filho estudar no templo de um grande Mestre, com o objetivo de prepará-lo para ser uma grande pessoa. Quando o príncipe chegou ao templo, o Mestre o mandou sozinho para uma floresta. Ele deveria voltar um ano depois, com a tarefa de descrever todos os sons da floresta. Quando o príncipe retornou ao templo, após um ano, o Mestre lhe pediu para descrever todos os sons que conseguira ouvir. Então disse o príncipe:– Mestre, pude ouvir o canto dos pássaros, o barulho das folhas, o alvoroço dos beija-flores, a brisa batendo na grama, o zumbido das abelhas, o barulho do vento cortando os céus…E ao terminar o seu relato, o Mestre pediu que o príncipe retornasse à floresta, para ouvir tudo o mais que fosse possível. Apesar de intrigado, o príncipe obedeceu à ordem do Mestre, pensando:– Não entendo, eu já distingui todos os sons da floresta…Por dias e noites ficou sozinho ouvindo, ouvindo, ouvindo… mas não conseguiu distinguir nada de novo além daquilo que havia dito ao Mestre. Porém, certa manhã, começou a distinguir sons vagos, diferentes de tudo o que ouvira antes. E quanto mais prestava atenção, mais claros os sons se tornavam. Uma sensação de encantamento tomou conta do rapaz. Pensou:– Esses devem ser os sons que o Mestre queria que eu ouvisse…E sem pressa, ficou ali ouvindo e ouvindo, pacientemente. Queria ter certeza de que estava no caminho certo. Quando retornou ao templo, o Mestre lhe perguntou o que mais conseguira ouvir.Paciente e respeitosamente o príncipe disse:– Mestre, quando prestei atenção pude ouvir o inaudível: o som das flores se abrindo, o som do sol nascendo e aquecendo a terra e da grama bebendo o orvalho da noite…O Mestre sorrindo, acenou com a cabeça em sinal de aprovação, e disse:– Ouvir o inaudível é ter a calma necessária para se tornar uma grande pessoa. Apenas quando se aprende a ouvir os corações das pessoas, seus sentimentos mudos, seus medos não confessados e suas queixas silenciosas, uma pessoa pode inspirar confiança ao seu redor; entender o que está errado e atender às reais necessidades de cada um.
How do you say “Happy birthday” in Italian? Learn the phrases Italians actually use, pronunciation tips, and 2 quite unique birthday traditions. Learn about our Online Italian School and get a free mini lesson every week: https://joyoflanguages.online/italian-school Subscribe to our new YouTube channel: https://www.youtube.com/@joyoflanguages.italian?sub_confirmation=1 Get the bonus materials for this episode: https://italian.joyoflanguages.com/podcast/happy-birthday-in-italian Today's Italian words: Buon compleanno! = Happy birthday Tanti auguri! = Happy birthday (lit. many wishes) Quando festeggiamo? = When are we celebrating?
Dois maquiadores foram contratados como assessores da deputada Erika Hilton (PSOL-SP) na Câmara, segundo o Metrópoles.O site da Câmara aponta que Ronaldo Hass atua como secretário parlamentar de Erika Hilton desde 6 de maio de 2024, com salário de 9.678,22 reais.Índy Montiel, por sua vez, está na equipe de Erika Hiton há menos tempo. Ela ocupa o cargo de secretária parlamentar desde 9 de junho de 2025 e recebe 2.126,59 reais por mês.Em suas redes sociais, Erika Hilton negou ter contratado maquiadores com dinheiro da Câmara. A deputada do PSOL escreveu no X.“Não, meus amores, eu não contrato maquiador com verba de gabinete. Isso é simplesmente uma invenção.O que eu tenho são dois secretários parlamentares que, todos os dias, estão comigo e me assessoram em comissões e audiências, ajudam a fazer relatórios, preparam meus briefings, dialogam diretamente com a população e prestam um serviço incrível me acompanhando nas minhas agendas em São Paulo, em Brasília, nos interiores e no exterior.Tudo completamente comprovado por fotos, vídeos e pelo próprio trabalho cotidiano deles.E sim, conheci eles como maquiadores, identifiquei outros talentos e os chamei para trabalhar comigo. Quando podem, fazem minha maquiagem e eu os credito por isso. Mas se não fizessem,continuariam sendo meus secretários parlamentares.”Felipe Moura Brasil e Wilson Lima comentam:Papo Antagonista é o programa que explica e debate os principais acontecimentos do dia com análises críticas e aprofundadas sobre a política brasileira e seus bastidores. Apresentado por Felipe Moura Brasil, o programa traz contexto e opinião sobre os temas mais quentes da atualidade. Com foco em jornalismo, eleições e debate, é um espaço essencial para quem busca informação de qualidade. Ao vivo de segunda a sexta-feira às 18h. Apoie o jornalismo Vigilante: 10% de desconto para audiência do Papo Antagonista https://bit.ly/papoantagonista Siga O Antagonista no X: https://x.com/o_antagonista Acompanhe O Antagonista no canal do WhatsApp. Boletins diários, conteúdos exclusivos em vídeo e muito mais. https://whatsapp.com/channel/0029Va2SurQHLHQbI5yJN344 Leia mais em www.oantagonista.com.br | www.crusoe.com.br
Delator e réu, o tenente-coronel Mauro Cid e o ex-ministro da Defesa e da Casa Civil general Walter Braga Netto serão confrontados hoje pelo ministro Alexandre de Moraes, do Supremo Tribunal Federal, na ação penal do golpe de Estado. A acareação será realizada porque os dois apresentaram versões diferentes sobre determinado episódio. Também ficarão frente a frente para esclarecer pontos divergentes em seus depoimentos o ex-comandante do Exército general Marco Antônio Freire Gomes, testemunha, e o ex-ministro da Justiça Anderson Torres, que também é réu. "Quando a gente conhece um pouquinho da psicologia da carreira militar, é muito centrada em hierarquia e ordem - um manda e o outro obedece. Nesse caso, isso é a favor do General Braga Netto. Do outro lado, é o tenente-coronel, ainda da ativa, Mauro Cid - que tinha uma carreira brilhante pela frente, chegaria facilmente ao generalato, mas jogou tudo fora ao virar o 'faz-tudo' de Jair Bolsonaro. Ele é o pivô de todas as confusões do ex-presidente na Justiça. Vai ser um general cara a cara com um tenente sob enorme pressão; não é fácil para um militar delatar os outros, mas qualquer um faria para tentar salvar a própria pele", afirma Cantanhêde.See omnystudio.com/listener for privacy information.
La ricerca nel campo delle scienze motorie ha da tempo dimostrato che l'allenamento con i pesi induce miglioramenti significativi nella forza muscolare e nella massa muscolare, con ricadute positive anche su vari aspetti della salute: dalla sensibilità insulinica alla composizione corporea, passando per la funzione immunitaria e la qualità della vita. Ma cosa accade quando ci si ferma per un periodo prolungato? Questa domanda è al centro di uno studio pubblicato sullo Scandinavian Journal of Medicine & Science in Sports.
Delator e réu, o tenente-coronel Mauro Cid e o ex-ministro da Defesa e da Casa Civil general Walter Braga Netto serão confrontados hoje pelo ministro Alexandre de Moraes, do Supremo Tribunal Federal, na ação penal do golpe de Estado. A acareação será realizada porque os dois apresentaram versões diferentes sobre determinado episódio. Também ficarão frente a frente para esclarecer pontos divergentes em seus depoimentos o ex-comandante do Exército general Marco Antônio Freire Gomes, testemunha, e o ex-ministro da Justiça Anderson Torres, que também é réu. "Quando a gente conhece um pouquinho da psicologia da carreira militar, é muito centrada em hierarquia e ordem - um manda e o outro obedece. Nesse caso, isso é a favor do General Braga Netto. Do outro lado, é o tenente-coronel, ainda da ativa, Mauro Cid - que tinha uma carreira brilhante pela frente, chegaria facilmente ao generalato, mas jogou tudo fora ao virar o 'faz-tudo' de Jair Bolsonaro. Ele é o pivô de todas as confusões do ex-presidente na Justiça. Vai ser um general cara a cara com um tenente sob enorme pressão; não é fácil para um militar delatar os outros, mas qualquer um faria para tentar salvar a própria pele", afirma Cantanhêde.See omnystudio.com/listener for privacy information.
Rossella Fanelli, cantante di origine italiana che da anni vive e lavora in Australia, ha ottenuto la residenza permanente grazie al Global Talent Visa, un programma riservato a chi dimostra un contributo eccezionale nel proprio settore.
'Gênesis' es el título del disco con la grabación del concierto en el que João Bosco y la Orquesta de Ouro Preto compartieron clásicos de Bosco como 'Incompatibilidade de gênios', 'O mestre sala dos mares'. 'Jade', 'Quando o amor acontece', 'Sinhã', 'Bala com bala', 'Perfeição', 'Corsário', 'De frente pro crime' y 'Memória da pele'. Escuchar audio
Andrea Romano"Patrioti di sinistra"Quattro storie di donne e uomini e del loro amore (progressista) per l'Italia.Edizioni Piemmewww.edizipiemme.itPassaggi Festival, FanoMercoledì 25 giugno 2025, ore 18:15Andrea Romano "Patrioti di sinistra"con Silvia Sinibaldi, giornalistahttps://www.passaggifestival.it/eventi/patrioti-di-sinistra-con-andrea-romano/«Quando la patria è in buona salute, le idee di patria non sono tutte uguali. Pretendere che lo siano è un sintomo che qualcosa non funziona nella solidità di una democrazia».La patria è una comunità etnica chiusa e isolata, come vorrebbe la destra, o è il risultato di scelte di libertà, diritti, inclusione e condivisione? Un conflitto di idee che ha attraversato la nostra storia e che continua a dividerci, per fortuna. La patria non è morta, come alcuni hanno scritto. E non è affatto patrimonio esclusivo della destra, come vorrebbe raccontarci la propaganda dei "sovranisti". Più semplicemente: anche in Italia le idee di patria sono diverse e in conflitto tra loro, com'è sempre accaduto e com'è giusto che accada. Uno scontro di idee che Andrea Romano racconta guardando al nostro presente, dove la partita principale intorno al senso della patria si gioca nei modi in cui guardiamo alla resistenza ucraina contro l'aggressione di Putin, e ricostruendo la storia del patriottismo di sinistra attraverso quattro figure iconiche di ieri e di oggi. Anita Garibaldi, patriota migrante che abbandona il proprio mondo e sceglie di lottare per l'indipendenza dell'Italia. Sandro Pertini, patriota resistente che si ribella al fascismo quando il regime è più forte e quando opporsi alla dittatura è impresa di pochissimi. Guido Rossa, patriota comunista che difende con la propria vita le istituzioni repubblicane dalla violenza del terrorismo e dal ricatto del silenzio. E Mafalda Garro, organizzatrice di comunità educative per adolescenti che hanno dovuto abbandonare la famiglia, nel cui impegno civile troviamo il senso del futuro: un patriottismo della cittadinanza e dell'accoglienza. Patrioti di sinistra è un libro che allarga lo sguardo oltre la propaganda, ritrovando nella storia il senso di un conflitto su patria e patriottismo che ancora oggi segna nel profondo il nostro tempo.Andrea RomanoÈ professore di Storia contemporanea e Storia della Russia all'Università di Roma Tor Vergata. Dal 2014 al 2022 è stato parlamentare del Partito Democratico. Per Piemme, nel 2023, ha pubblicato Futura umanità. Storia della sinistra raccontata ai miei figli.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.
Não importa o que você esteja passando, Deus está do seu lado! Aprenda como Sua Palavra pode ajudá-lo a permanecer em paz e emocionalmente estável.
Quando se trata da doutrina da Santíssima Trindade, costumeiramente percebemos a dificuldade encontrada de meditar sobre ela. Alguns acreditam que é complexo demais para ser entendida, restrita aos teólogos e filósofos eruditos, ficando à parte da compreensão de um cristão qualquer, quando, na verdade, é um fundamento da fé cristã. No sacramento do batismo, evento pelo qual firmamos nossa fé em Jesus e nos tornamos pertencentes à família de Deus, somos batizados “em nome do Pai, do Filho e do Espírito Santo” (Mt 28:19), professando que cremos no Deus Trino. Muitos dizem acreditar na Trindade, porém a sua prática de fé não evidencia isso. Parecem distinguir o Deus revelado no antigo testamento com o Encarnado no novo. Jesus não é só um profeta ou salvador, é Senhor, é Deus. O Espírito Santo não é só um calor interior, um arrepio ou sensação efêmera, não é menos Deus que Filho, não é menor que Deus Pai. São consubstanciais, têm a mesma natureza divina. A Trindade é desde a eternidade passada, a igreja não a arquiteta, a igreja a confessa. A igreja não determina a doutrina, apenas reconhece. De fato, só conhecemos a Deus quando o conhecemos da forma com a qual se revela. Visite nosso site: http://familiadosquecreem.com Contribua financeiramente: http://familiadosquecreem.com.br/contribuir Ouça nossas músicas: https://open.spotify.com/artist/6aPdiaGuHcyDVGzvZV4LHy Siga-nos no Instagram: http://instagram.com/familiadosquecreem Curta-nos no Facebook: http://facebook.com/familiadosquecreem Siga-nos no Twitter: http://twitter.com/familiadqc
Neste episódio, Ricardo reflete sobre o “Jeitinho Brasileiro”, destacando nossa criatividade em resolver problemas com poucos recursos. Embora essa habilidade seja admirável, ela se torna perigosa quando improvisos viram padrão. Ele conta a história de um instalador de vidro que usou chiclete no lugar de massa para fixar um vidro, e depois passou a adotar isso como prática. Ricardo alerta que, em projetos, essa mentalidade leva à improvisação constante, prazos apressados e falta de estrutura. Flexibilidade é essencial, mas não pode substituir planejamento. A verdadeira maturidade em projetos está em criar processos sustentáveis. Criatividade deve ser canalizada para soluções duradouras, não apenas para “remendos” de última hora. Escute o podcast para saber mais!
Predicazione espositiva del Pastore Jonathan Whitman di Matteo capitolo 6 versetti da 16 a 18. Registrata presso il Centro Evangelico Battista di Perugia il 4 Maggio 2025.Titolo del messaggio: "Perché faccio quello che faccio? Tre imperativi sul digiuno"MATTEO 6 V16-1816 «Quando digiunate, non abbiate un aspetto malinconico come gli ipocriti; poiché essi si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Io vi dico in verità: questo è il premio che ne hanno. 17 Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, 18 affinché non appaia agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa.
Cosa succede nella mente dei giovani quando vivono immersi nei media digitali? La dottoressa Laura Marciano, ricercatrice associata ad Harvard e al Digital Wellness Lab del Boston Children's Hospital, studia da anni il rapporto tra tecnologia e benessere psicologico. Con un approccio che unisce neuroscienze, comunicazione e arte, guida progetti internazionali per capire (e migliorare) l'impatto del digitale sulle nuove generazioni. In questa puntata ci racconta perché la scienza deve parlare alla società, come possiamo educare al digitale in modo più consapevole e perché il benessere passa anche da ciò che scegliamo di guardare, ascoltare e condividere. ▫️ Qui trovi tutti i dettagli sul Digital Detox Festival!
Cosa c'entra il mondo delle multinazionali con la crescita personale? Sebastiano Zanolli, autore, manager ed ex dirigente in aziende come Diesel e Adidas, ha passato una carriera intera a unire marketing, performance e sviluppo umano. In questa puntata ci racconta cosa ha capito su lavoro, leadership e collaborazione dopo anni tra boardroom, libri e palchi. ▫️ Qui trovi tutti i dettagli sul Digital Detox Festival!
Easy Italian: Learn Italian with real conversations | Imparare l'italiano con conversazioni reali
Oggi con Matteo e Raffaele facciamo un po' il giro, non tanto dell'Italia, ma delle notizie. Una di queste potrebbe far arrabbiare molto gli studenti al rientro dalla pausa estiva. Trascrizione interattiva e Vocab Helper Support Easy Italian and get interactive transcripts, live vocabulary and bonus content: easyitalian.fm/membership Come scaricare la trascrizione Apri l'episodio in Transcript Player (https://play.easyitalian.fm/episodes/e7e34c2tz24rx7674cub0) Scarica come HTML (https://www.dropbox.com/scl/fi/e7e34c2tz24rx7674cub0/easyitalianpodcast174_transcript.html?rlkey=jnedhmeocmf9bbhxddar19bjd&st=0vyu2d0o&dl=1) Scarica come PDF (https://www.dropbox.com/scl/fi/ygd5waux20l48e42woccj/easyitalianpodcast174_transcript.pdf?rlkey=m54d4pn3d9ev81m4n74rj78da&st=ct3uqpdi&dl=1) Vocabolario Scarica come text file (https://www.dropbox.com/scl/fi/o2eys39fwx9et526k44dp/easyitalianpodcast174_vocab.txt?rlkey=2af4qp3h4n3o5sosqhbhh6j1m&st=is741sm7&dl=1) Scarica come text file with semicolons (https://www.dropbox.com/scl/fi/brz1xeg8ro058kitfbw3p/easyitalianpodcast174_vocab-semicolon.txt?rlkey=215zpcfpiz8u0areqtxphqu51&st=1jwdqp5g&dl=1) (per app che utilizzano flashcard) Iscriviti usando il tuo feed RSS privatoper vedere la trascrizione e il vocab helper subito sulla tua applicazione per ascoltare i podcast sul tuo cellulare. Note dell'episodio What Italians Really Think About Their Politics - https://www.youtube.com/watch?v=BT7IvwSEUHE&t=7s Oggi si inizia dai banchi di scuola. Ma attenzione! Vietati i cellulari! Cosa ne pensate? Matteo e Raffaele ne parlano, e cercano di capire come funzionera'. Ma abbiamo proprio bisogno di avere sempre con noi il cellulare, e soprattutto, serve agli studenti? Il turista anonimo continua a colpire. Questa volta si sono seduti su una sedia. Quindi? Poveri turisti non possono nemmeno riposarsi un attimo tra un monumento ed un altro? Beh certo, possono riposarsi, ma non su una sedia di... Finiamo tutti a mare! Quest'anno le coste italiane sono apparentemente molto pulite, e c'e' una regione che ha vinto per essere la regione con il mare piu' pulito! Curiosi? Vi possiamo dare un indizio: Confina con Campania e Calabria. Indovinato? Trascrizione Raffaele: [0:23] Buongiorno Matteo. Matteo: [0:25] Buongiorno, come va? Raffaele: [0:28] Settimana scorsa avevo il fiatone perché avevo fatto le scale a piedi, attività fisica. Questa settimana ho il fiatone stando fermo. Matteo: [0:39] No, è arrivato il caldo. Raffaele: [0:42] 31 gradi, sopra il 60 per cento di umidità: si suda da fermi, si soffre maledettamente. Matteo: [0:54] Mannaggia. Speriamo che questa cosa non continui. Raffaele: [0:57] Sei andato via giusto in tempo. Il problema che mi pongo io, Matteo, è che se a giugno, a metà giugno, fa così caldo e si soffre così tanto, cosa succede a luglio e agosto? Cioè dove andiamo a finire? Matteo: [1:16] E dove andiamo a finire? Raffaele: [1:18] E pensa che ci sta ancora chi è sui banchi di scuola a studiare con questo caldo. Matteo: [1:29] La vita in Italia in questo momento è calda. Raffaele: [1:32] È molto molto calda. Tu, Matteo, ricordi quando hai fatto l'esame di maturità? La data. Matteo: [1:41] Era giugno, le prime due settimane di giugno. Raffaele: [1:45] Grosso modo di questi tempi. (Sì sì.) Io invece ebbi la sfortuna... il mio cognome inizia con la T, quando si selezionò la lettera per decidere da dove iniziare per fare gli esami orali, giustamente uscì proprio la A. Estratta a sorte la A, e quindi io ero l'ultimo di tutta la classe a fare l'esame. L'ho fatto, se non ricordo male, il 4 luglio. E sono andato a fare l'esame di maturità, non so se te l'ho mai raccontato, col costumino. Cioè il costume e sopra il pantalone: finito l'esame, la prova orale dell'esame di maturità, siamo andati direttamente al mare a festeggiare. Ma si può studiare con questo caldo? Si può stare sui libri a scuola con questo caldo? Matteo: [2:35] No, sicuramente no. Fortunatamente tutte le scuole, a parte gli esami, sono chiuse e riapriranno a settembre. Raffaele: [2:47] Sì, generalmente chiudono intorno al 10 giugno, ma già molto prima ci sono tanti studenti che, finite le interrogazioni, finiti i test, i compiti in classe, come si chiamano, lasciano la scuola generalmente verso la fine di maggio. E ha senso proprio per questo discorso del caldo, considera che non siamo neanche ancora in estate ma già fa così caldo. Quando rientreranno a scuola gli studenti, probabilmente troveranno una novità. Bello o brutta? Non lo so, bisogna chiederlo a loro. Matteo: [3:26] Ah, e che novità troveranno? Poveri studenti, poveri studenti. Raffaele: [3:31] Poveri. A partire da settembre 2025 il cellulare in classe sarà vietato anche agli studenti delle scuole superiori. Matteo: [3:42] E questa è una cosa interessante, è un approccio molto... non dittatoriale, mi sembra un po'... dittatoriale mi sembra troppo, però non me lo aspettavo. Raffaele: [3:55] È un approccio forte, no? È stato fatto l'esperimento con le scuole inferiori, chiamiamole così, quindi le scuole elementari, le scuole medie, e poi adesso si è deciso di espandere questo divieto alle scuole superiori. Alle scuole elementari è stato facilissimo: forse nessun bambino alle scuole elementari ha il cellulare. Anzi mi correggo: io conosco tanti bambini che hanno il cellulare in quarta o quinta elementare ma non lo portano proprio a scuola. Alle medie già comincia ad essere complicato perché un po' tutti hanno il cellulare. Al liceo, alle scuole superiori sarà complicato far rispettare questo divieto. Matteo: [4:44] È una cosa interessante anche perché sto cercando di pensare, cercando di empatizzare il più possibile con i ragazzi e i genitori, per quanto posso ovviamente, e non trovo un motivo per andare contro questa decisione: è giusto che tu non puoi usare il cellulare in classe. Raffaele: [5:12] Eh, siamo sempre nel discorso del libero arbitrio, no? In teoria gli studenti dovrebbero capire che non è il caso di utilizzare il cellulare durante la lezione. Spieghiamo un attimo bene come funziona a partire da settembre: praticamente all'ingresso in classe ci sarà una cassettina oppure si utilizzerà semplicemente il cassetto della cattedra dell'insegnante. E ogni studente che entra in classe, oppure quando entra il professore, i ragazzi devono consegnare il cellulare, mettere il cellulare in questa cassettina o nel cassetto, in modalità non disturbare, di modo che vibrazioni e suonerie non diano fastidio. E recuperare il cellulare in teoria alla fine della giornata ma in pratica quando il professore uscirà di classe, i ragazzi andranno a controllarsi le notifiche, salvo poi rimettere il cellulare a posto quando entra il professore dell'ora successiva. Ha senso così? Cioè alla fine è solo un togliere il cellulare agli alunni durante la lezione? Matteo: [6:27] Allora la questione è che abbiamo a che fare con ragazzi giovani che per una questione anche fisica hanno dei seri problemi a comportarsi in maniera logica. Perché si stanno ancora sviluppando e quindi hanno bisogno di avere a che fare con delle regole e con dei divieti, secondo me. Cioè non puoi basarti sempre e solo sulla logicità, e il ragionamento che dovrebbero fare gli studenti, che sono giovani. Raffaele: [7:14] Eh lo so, ma dirgli proprio "lasciate il cellulare qua, spegnete il cellulare, consegnatelo"... Potresti anche dire "spegnetelo però tenetelo voi, ci fidiamo." Perché poi alla fine è quello un po' il discorso. Tu dici: " Non mi fido." Matteo: [7:28] No, il discorso è proprio quello, il discorso è: si può arrivare a quello dopo una... è un po' come nelle disintossicazioni forti, tu mi insegni... No anche tu, se tu vuoi prendere meno caffè, sei arrivato in una situazione in cui ne stai prendendo tanto, non è che inizi a prenderne di meno. Vai un po' drastico i primi periodi. Raffaele: [7:55] Eh non lo so, non lo so, ci sono diversi approcci, per questo non è così semplice la questione, perché tu dici: il cellulare in classe è un male, quindi la soluzione è togliamo il cellulare. Matteo: [8:11] Ma in realtà il cellulare in classe è un male. Raffaele: [8:14] Dipende da cosa ci fai. Matteo: [8:16] Ma in questo momento lasciando stare il "vorrei che fosse", però se eliminiamo il "come vorrei che fosse la classe ideale oggi", il cellulare e l'uso del cellulare in classe distrae solamente. Raffaele: [8:40] Allora voglio chiarire un po' la mia posizione: io fondamentalmente sono d'accordo con te, nel senso che sono d'accordo che dire ad un tredicenne "tieni il cellulare acceso sul banco durante la lezione" è un invito a nozze per lui. E invece di sentirsi il professore di storia e filosofia, aprirà TikTok e si guarderà i video silenziosamente facendo finta di seguire. Quindi diciamo che è un modo per togliere questa distrazione. Idealmente non sarebbe necessario. Idealmente la lezione dovrebbe essere coinvolgente, e ti dirò di più, dovrebbe trovare un modo per coinvolgere i ragazzi attivamente. E perché non coinvolgere anche con l'uso del cellulare? Cioè per me la scuola dovrebbe andare verso una digitalizzazione massiccia, forte, soprattutto in Italia dove invece su questo siamo un po' indietro. Non ci sono abbastanza computer per tutti gli allievi, non ci sono i tablet per tutti e consentire l'utilizzo del cellulare, in maniera coordinata con l'insegnante eh, attenzione... può essere invece un modo per sopperire a questa mancanza. Idealmente, eh... Matteo: [10:03] Sono d'accordo con te. Idealmente. Ma poi basta che... ricordo le mie lezioni di informatica, e non so se tu hai mai fatto lezioni in aula computer in cui c'erano questi grandi computer, dietro i quali... erano così grandi che ti potevi nascondere dietro il monitor. E lo studente, il suo primo obiettivo quando... non il suo primo obiettivo nel senso che si sveglia e pensa che vuole fare questo.... Ma il cervello ha costanti, dà costanti impulsi per distrarti, sempre. E al primo momento noi, anche senza cellulari, perché entrambi abbiamo fatto i nostri studi durante un periodo in cui non c'era proprio il cellulare... Raffaele: [10:58] Usciva, ti dico la verità, si mandavano gli sms. Matteo: [11:01] Sì, vabbè, però, insomma, era così, non... oltretutto era vietato, non potevi metterti col cellulare sul banco. Raffaele: [11:15] Però mi ricordo che già all'ultimo anno di liceo noi avevamo quasi tutti il cellulare e ci mandavamo i messaggini, quindi già si presentava il problema. Non potevi, chiaro che non potevi, però nessuno ti sequestrava nulla. Matteo: [11:28] Eh no, però la questione è che adesso non solo puoi mandare messaggini ma per esempio puoi compromettere un compito in classe, certo probabilmente ci saranno delle metodologie per i quali se c'è il compito in classe il cellulare viene tolto o comunque viene spento o non lo so. Però già la maggior parte degli studenti è ignorante... Ma buttiamoli proprio i cellulari... Cioè secondo me il cellulare genericamente dovrebbe essere iniziato ad usare a 20 anni, perché crea una serie di problemi. A meno che non si inizi a scuola a fare educazione digitale, che può essere anche fatta con carta e penna, però ti iniziano ad educare a come usare i social, come comportarsi, cosa fare, cosa non fare, cosa evitare. Raffaele: [12:31] E qui convergiamo, Matteo: hai detto una cosa bellissima, esattamente quello che proporrei di fare io, perché il problema secondo me non è la distrazione del cellulare sul banco. Certo le elimini, non hai più la distrazione. Ma non educhi a gestire il cellulare, e secondo me il problema di tanti ragazzi di oggi è proprio quello. Pensa che la proposta successiva di questo governo è: niente social media sotto i 15 anni. E di questo poi ne riparliamo magari in un'altra puntata. Però è per dire che secondo me anche questo divieto non è per non far distrarre gli studenti, è per evitare che magari anche gli episodi di bullismo in classe vengano ripresi con i cellulari, poi questi video girino nelle chat, sui social media e creino problemi poi giganteschi. Il problema è proprio quello. Il problema è cosa ci fanno i ragazzi col cellulare. E quindi dovrebbero essere educati all'utilizzo consapevole del cellulare. Secondo me a partire dalla scuola, quindi non sequestrando i cellulari, ma insegnando come usare i cellulari in maniera utile e non fare danni con i cellulari. E poi chiaramente c'è l'altra faccia della medaglia, ovvero una volta usciti da scuola non è che "cellulare libero per tutti, tutta la giornata". Perché attualmente è così, no? La scuola dice "vi vieto il cellulare a scuola, a casa decideranno i genitori, fate quello che volete." Il problema è poi che in questa altra metà della giornata, anche i genitori, anche la famiglia deve continuare con questa educazione all'utilizzo della tecnologia. Matteo: [14:19] Sì sì sì sì, purtroppo l'educazione è un grande problema. Raffaele: [14:33] Dove eravamo rimasti? Ma inteso settimana scorsa? A Roma con i turisti che si rubavano le statue e le basi delle colonne: è successo di nuovo? Non dirmi che è successo di nuovo... Matteo: [14:49] È successo, più o meno. Niente monopattini, niente basi di colonne, ma a quanto pare dei turisti hanno fatto un guaio. Raffaele: [14:59] Un guaio bello grosso e bello caro, molto caro. Parliamo ancora di comportamenti sbagliati nei musei. Questa volta siamo a Verona, un museo che si chiama Palazzo Maffei, che ospita delle opere d'arte. In particolare un'opera d'arte di un artista contemporaneo italiano che si chiama Nicola Bolla, che ha riprodotto una sedia ispirata a uno dei quadri più famosi di Van Gogh. E l'ha riprodotta totalmente fatta di cristallo e Swarovski, quindi uno degli oggetti più fragili per definizione. Raffaele: [15:48] Ebbene, durante una visita a questo museo, una coppia quasi anziana, adesso non sappiamo molti dati, vediamo soltanto le immagini dei video di sorveglianza. Questa coppia di signori anziani, aspetta l'uscita della guardia poi si avvicina furtivamente alla sedia, che si chiama proprio "la sedia di Van Gogh". Fin lì tutto bene, puoi avvicinarti, puoi fare le tue foto. Solo che a un certo punto lui si china e si siede, si appoggia sull'opera d'arte. Adesso, secondo te: è fatta di cristallo, come può andare a finire? (Malissimo. In frantumi.) Esatto. La sedia si è immediatamente spaccata. E, tu dirai: i due mortificati avranno informato la guardia che stava poco distante in qualche altra sala. "Guardate, è successo questo, non volevo, l'ho urtata e si è rotta." Invece i furbastri sono scappati via, hanno fatto finta di nulla, hanno lasciato il museo e si sono dileguati. Le guardie del museo si sono accorte del danno troppo tardi, perché sono uscite dal museo per provare a rintracciare i colpevoli ma non li hanno potuti trovare. E quindi il museo ha fatto una denuncia contro ignoti, si dice in questo caso: è una cosa che è possibile fare quando non sai chi ha fatto il danno, il furto, fai una denuncia contro ignoti. E i carabinieri in questo caso si sono attivati, hanno preso la situazione molto seriamente, dal video sono riconoscibili in volto i due, si vede per bene l'abbigliamento, gli oggetti che portano con sé. E quindi per adesso non l'hanno trovati, ma chissà che non li troveranno a breve. Matteo: [17:55] Beh, ci sono spera... speriamo, ma non tanto per una questione di, come dire: "Voglio punirli". Però non vorrei che iniziasse questo nuovo sport di "fa il danno e poi scappa". Raffaele: [18:15] Sì, no, non va bene. Il danno, tra l'altro, la sedia vale tra i 15.000 e i 50.000 euro, quindi non parliamo di milioni di euro, però comunque è un danno non da poco. E hanno contattato l'artista: fortunatamente l'artista, dopo aver constatato i danni ha detto "ok, sì, la possiamo sistemare." Tra l'altro l'artista è stato intervistato dai giornali e l'ha presa sul filosofico, diciamo così. Ha detto "No, non ci sono rimasto male anzi ci ho visto qualcosa di ironico e positivo, mi è sembrata quasi una performance di arte moderna". Matteo: [19:00] Vabbè certo, è stata registrata, l'ha vista forse. Raffaele: [19:04] Eh, si sarà fatto una risata e ha detto "Mi ha dato persino lo spunto per la prossima opera da realizzare". Matteo: [19:11] Ah, incredibile. Raffaele: [19:13] "Sedia spezzata con turista immortalato accovacciato", chissà. Secondo me questo è il calore. Troppo caldo sta dando alla testa. Hai un antidoto per tutto questo caldo? Matteo: [19:26] Eh certo: andate a mare! Raffaele: [19:35] Eh vabbè ma il mare in Italia... Cioè l'Italia è tutta mare, è una penisola, c'è talmente tanto di quel mare che non sai dove andare. Dove andare a mare? Matteo: [19:48] Possiamo chiederlo ai mitici della bandiera blu. Raffaele: [19:55] La bandiera blu è uno degli strumenti che si utilizza in Italia per identificare le condizioni del mare delle spiagge italiane. Dare una bandiera blu ad una spiaggia vuol dire che lì l'acqua è pulita e bella, è l'idea di massima. Quest'anno in Italia, nel 2025, abbiamo 246 bandiere blu, quindi abbiamo almeno 246 posti da scegliere per avere l'acqua eccellente e addirittura recentemente c'è stato uno studio dei laboratori delle agenzie ambientali che hanno fatto una statistica e hanno visto che la regione con l'acqua più pulita, inteso meno inquinata in tutta Italia, è la Puglia. Il 99,7% delle acque è eccellente, ha una qualità eccellente, quindi l'acqua meno inquinata, praticamente 99,7% vuol dire che è perfetta. (Non male.) Più nello specifico, Matteo, tra l'altro le bandiere blu confermano questo trend e anche il maggior numero di bandiere blu in tutta Italia ce l'hanno Liguria, Puglia e Calabria, quindi si conferma la Puglia tra le migliori destinazioni. Tu sei stato in Puglia, sei stato al mare, ricordi qualche spiaggia, ti va di consigliarmi quella che secondo te è la spiaggia più bella d'Italia o la spiaggia più bella in cui sei stato in Italia? Matteo: [21:40] Allora, io sono stato in Puglia sì. Sono stato nel Gargano. Quindi la parte vicino al tallone dello stivale. E poi sono stato al confine con la Puglia, nel Molise, più verso nord. Siamo andati ogni tanto, siamo sconfinati in Puglia, spiagge un po' più sabbiose. Non sono andato ma dicono che un posto meraviglioso sono le isole Tremiti. Raffaele: [22:18] Eh sì. Matteo: [22:20] Che sono di fronte la Puglia e il Molise. Raffaele: [22:23] Esatto, sono un po' bistrattate, vuol dire maltrattate, spesso dimenticate quando si parla di isole italiane perché pensano tutti quanti alle isole della Sicilia. Mentre invece le Tremiti in Puglia sono una destinazione turistica bella, bella, bella. Matteo: [22:45] Sì. Raffaele: [22:46] Io sono stato in Puglia, non sono stato a mare in Puglia, perché sono stato in inverno, anche nei luoghi insomma che poi d'estate sono belli affollati. Però non ho avuto la possibilità di godere della spiaggia quando sono stato in Puglia. Quindi la mia selezione varia un po' tra Lazio e Campania soprattutto. Ed in particolare ti voglio raccomandare in Campania Marina d'Ascea, anche qui Bandiera Blu, una bella spiaggia ampia, mare molto pulito. Ma non solo, ce ne sono tante. C'è Palinuro. C'è un posto adesso non mi ricordo neanche più come... insomma, in quale zona specificamente si trova. Quando eravamo più ragazzini con la famiglia andavamo in un posto che si chiama "lo scoglio della tartaruga". E si trova a Vico Equense, in provincia di Napoli, non troppo lontano da Sorrento. Ed era un posto fantastico perché tu arrivavi, poi dovevi prendere la barchetta e la barchetta ti portava in questa spiaggia. Si chiama scoglio della tartaruga perché ci sono dei sassi poco distante dalla spiaggia che hanno proprio la forma di una tartaruga. E c'era l'abitudine, adesso non penso sia più consentito, di arrampicarsi su questa tartaruga e tuffarsi dalla testa o dal guscio della tartaruga. Non ci sei mai stato? Non ne hai mai sentito parlare? Matteo: [24:27] No, ricordo vagamente. A Vico Equense ci sono stato spesso quando ero piccolo e tutta quella parte lì è fantastica, ci sono delle spiagge e dei panorami e dei profumi bellissimi. Pino, mi ricordo sempre questo profumo di pino, l'albero e il mare che assieme creano un... Guarda, mi sento a mare adesso solo a pensarci. Raffaele: [25:01] Eh, ma io... infatti questo è un esercizio psicologico. Se penso alla spiaggia e al mare, automaticamente mi rinfresco. Nel Lazio ti consiglio una spiaggia che si chiama Serapo. Tecnicamente la zona, la cittadina a cui appartiene si chiama Gaeta, quindi siamo tra Napoli e Roma, non troppo lontano da Terracina che menziono sempre. Ed è insomma una bella bella spiaggia. Occhio al traffico, non facilissima da raggiungere, bisogna parcheggiare, poi fare delle scalinate... però insomma merita. Secondo alcuni la spiaggia più bella in Italia invece è la spiaggia dei conigli a Lampedusa. Matteo: [25:46] Non ci sono mai stato, è molto famosa tant'è vero che ne ho sentito già parlare. Raffaele: [25:52] Eh sì, effettivamente guardare le foto... sembra di guardare i Caraibi o addirittura le Maldive o la Polinesia. Matteo: [26:02] Ce ne sono tantissime che ricordo in Sardegna. Raffaele: [26:06] Esatto, volevo dire questo. Cioè che ognuno può avere la sua preferita, io non sono mai stato in Sardegna, però secondo tanti le spiagge più belle in Italia sono proprio in Sardegna. Secondo posto forse per la Sicilia e poi Puglia ed altre. Però grosso modo l'idea collettiva è questa: le spiagge più belle in Italia sono in Sardegna. Sei mai stato a mare in Sardegna? Matteo: [26:36] Sì, sono stato a mare in Sardegna per un paio d'anni da giovane, liceale, sono andato con gli amici, ed è stato, penso, il mare più bello che abbia mai visto in vita mia: bellissimo. Limpidissimo. Raffaele: [26:59] Facciamo così: me ne parli un poco nel nostro after show, ci spostiamo di là e approfondiamo questo argomento, e anche qua parliamo di qualche altra cosa. Matteo: [27:12] È vero perché ho fatto qualcosa. Raffaele: [27:15] Cosa hai fatto? Matteo: [27:16] Mistero? Raffaele: [27:17] Mistero: se volete sapere cosa ha combinato Matteo dovete seguirci nel nostro after show. Ricordate che è uno dei nostri bonus per i sostenitori, i membri della nostra comunità. Quindi non perdete tempo, cliccate sul link nelle show notes, diventate sostenitori di Easy Italian, riceverete l'after show, la trascrizione integrale interattiva della puntata, la traduzione multilingue, ed il Vocab Helper che mostra a schermo fino a 10 tra le parole più importanti o più difficili minuto per minuto. E che vuoi di più dalla vita? Matteo: [27:55] Una spiaggia e del mare. Raffaele: [27:59] Io stavo per dire un Lucano... Matteo: [28:01] Ciao. Ciao.
Francesca Albanese è relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 2022. Nel suo recente libro racconta dieci incontri chiave per la sua comprensione di quelle terre.
Canciones de Chico Buarque en películas a las que dan título como 'Vai trabalhar vagabundo', 'Linha de montagem', 'Eu te amo' -cantada por Chico y Telma Costa-, 'Bye bye Brasil' y 'A ostra e o vento' -grabada por Chico a dúo con Branca LIma- o como 'Quando o carnaval chegar' ('Partido alto', 'Caçada', 'Quando o carnaval chegar'), 'Dona flor e seus dois maridos' ('O que será' -en la voz de Simone-), 'Para viver um grande amor' ('Samba de um grande amor', 'Tanta saudade' -grabación de Djavan-), 'Perdoa por me traíres' ('Mil perdoes'), 'A ópera do malandro ('Sentimental' -grabada por Zizi Possi-, 'Rio 42' -por Bebel Gilberto-, 'Palavra de mulher' -por Elba Ramalho-). Escuchar audio
Quando o Espinosa escreveu o Tratado da Emenda do Intelecto, tinha um objetivo claro em mente. Ele estava se convertendo a uma nova maneira de viver, e queria comunicar os bem verdadeiros, a alegria suprema e contínua, que encontrava pelo caminho. Ao escrever este livro, ele propôs uma mudança radical na vida dos leitores. No episódio desta sexta-feira, conversamos sobre a potência da filosofia enquanto ruptura no modo de viver.ParticipantesRafael LauroRafael TrindadeLinksTexto lidoGrupo de EstudosOutros LinksFicha TécnicaCapa: Felipe FrancoEdição: Pedro JanczurAss. Produção: Bru AlmeidaTexto: Rafael TrindadeGosta do nosso programa?Contribua para que ele continue existindo, seja um assinante!Support the show
Durante as férias de verão, ela adorava passar horas no mar com seu pai — tanto que sua mãe costumava dizer que ela quase aprendeu a nadar antes de andar. Depois da escola, brincava na rua, pedalava, jogava bola e subia em árvores. Inquieta por natureza, aos sete anos foi levada à piscina para tratar sua bronquite asmática. A água fria não a incomodava, desde que pudesse brincar na piscina após as aulas. Quando passou da escolinha para os treinos com a equipe do clube, o prazer dos momentos na água transformou-se em trauma quando, aos doze anos, duas competições mal-sucedidas a afastaram das piscinas. Foi quando aprendeu que errar era inaceitável. Levada então pelos pais a praticar balé clássico — como forma de corrigir sua postura —, enfrentou uma nova forma de pressão psicológica: “Eu me via no enorme espelho do estúdio, desengonçada, tentando performar uma graça que nunca foi minha.” Ainda assim, frequentou as aulas por cerca de três anos. Ao ingressar no 2º grau, passou a se dedicar exclusivamente aos estudos, e o esporte limitou-se às aulas de educação física. Suas prioridades passaram a ser a faculdade, depois o casamento, o trabalho e os filhos. Até então, sua trajetória fora marcada por renúncias constantes — algumas voluntárias, outras não —, mas sempre com o intuito de atender às expectativas alheias. Essas renúncias geraram inquietações e questionamentos profundos. Aos 32 anos, divorciada e com dores nas costas, ouviu de um médico: volte a nadar. Era 1987. Nas piscinas, redescobriu sensações que julgava esquecidas. A água lhe devolveu algo que nem sabia ter perdido: o direito ao prazer sem perfeição. Um ano depois, enfrentou sua primeira competição. Apreensiva diante de sensações que a remetiam à infância, chegou atrasada, errou na largada, mas, mesmo assim, terminou com uma medalha nos 800m livres. Aquela experiência lhe mostrou que era possível falhar e ainda assim ser reconhecida. Foi o início do rompimento de suas primeiras amarras psicológicas. Ela descobriu que, além de gostar de nadar, também gostava de competir. Continuou participando de campeonatos e de algumas travessias. Em 1990, decidiu entrar em uma prova de triathlon. A sensação ao cruzar a linha de chegada a levou a querer participar da próxima prova. Melhor preparada, adorou a experiência e, dali em diante, nunca mais abandonou o esporte. Pouco a pouco, viu o corpo se fortalecer e a mente se aquietar. A modalidade, a princípio um esforço solitário, revelou-se uma poderosa ferramenta de autoconhecimento, resiliência e prazer. Em 1994, participou do Meio Ironman de Porto Seguro e, no ano seguinte, do seu primeiro Mundial de Ironman, no Havaí. O esporte passou a ser seu norte: um refúgio de ordem, superação e silêncio — o mesmo silêncio que, na infância, já buscava para organizar os sentimentos. Descobriu que o esporte não exigia perfeição, apenas coragem para continuar. No esporte, encontrou um campo fértil para ressignificar diverso conceitos. Conosco aqui, a pedagoga e triatleta que, entre as 12 provas de Ironman que disputou, esteve presente em 5 edições do Mundial do Havaí. Sua trajetória mostra que o esporte não é um capítulo à parte da vida, mas um fio condutor capaz de reorganizar, fortalecer e dar sentido à existência. Autora do livro A vida começa aos 40… ou quando você quiser, a primeira brasileira a participar do Ultraman do Havaí, a curitibana Marise Junqueira Nunes. Inspire-se! Um oferecimento da Meia do Corredor Lupo Sport. Compre com desconto clicando aqui. @luposportoficial A 2 Peaks Bikes é a importadora e distribuidora oficial no Brasil da Factor Bikes, Santa Cruz Bikes e de diversas outras marcas e conta com três lojas: Rio de Janeiro, São Paulo e Los Angeles. Lá, ninguém vende o que não conhece: todo produto é testado por quem realmente pedala. A 2 Peaks Bikes foi pensada e criada para resolver os desafios de quem leva o pedal a sério — seja no asfalto, na terra ou na trilha. Mas também acolhe o ciclista urbano, o iniciante e até a criança que está começando a brincar de pedalar. Para a 2 Peaks, todo ciclista é bem-vindo. Eu convido você a conhecer a 2 Peaks Bikes, distribuidora oficial da Factor e Santa Cruz Bikes no Brasil. @2peaksbikes @2peaksbikesla SIGA e COMPARTILHE o Endörfina através do seu app preferido de podcasts. Contribua também com este projeto através do Apoia.se.
Quando um porquinho apetitoso bate à porta do Sr. Raposo, ele mal consegue acreditar. Não é sempre que o jantar aparece assim, por livre e espontânea vontade, na sua casa. Só pode ser o seu dia de sorte! Ou será que não? Escrito e ilustrado por Keiko Kasza, traduzido por Sheila Louzada e publicado no Brasil pela Editora Sextante. Para acompanhar a história juntamente com as ilustrações do livro, compre o livro aqui: https://amzn.to/4mJeaUN Se vc gostou, compartilhe com seus amigos e me siga nas redes sociais! https://www.instagram.com/bookswelove_livrosqueamamos/ E fiquem ligados, porque toda sexta-feira publico uma nova história. Até mais!
Tra un caffè e qualche foto dal mio album dei ricordi, ti porto indietro nel tempo insieme a me.Scoprirai qualcosa in più su di me e, allo stesso tempo, imparerai nuove parole ed espressioni italiane. Ma ti sei mai chiesto perché le foto sono così importanti per noi? In questo articolo proviamo a scoprirlo… con un po' di nostalgia e tanta lingua italiana! Imparare Italiano con le Foto: 10 Motivi 1. Le Foto Fermano il Tempo per Sempre Il tempo scorre inesorabile, ma le fotografie hanno il potere magico di cristallizzare un momento per l'eternità. Ogni scatto è come premere il pulsante "pausa" sulla vita: MOMENTI CHE LE FOTO PRESERVANO: Il primo sorriso di un bambino L'abbraccio con una persona cara Un tramonto irripetibile Un momento di felicità spontanea Il potere unico delle fotografie: mentre la memoria può sbiadire (diventare meno chiara), una foto mantiene intatti ogni dettaglio, ogni emozione, ogni sfumatura di quel momento prezioso. È come avere una macchina del tempo personale sempre a portata di mano. ESPRESSIONE ITALIANA: "Cogliere l'attimo" = catturare il momento perfetto Ricorda: Ogni foto è un frammento di eternità che possiamo toccare con le mani! 2. Rafforzano i Legami Familiari Attraverso le Generazioni Le fotografie di famiglia sono molto più di semplici immagini: sono il DNA emotivo che lega le generazioni. Quando condividiamo foto con i nostri cari, creiamo connessioni profonde che trascendono (vanno oltre) il tempo. COME LE FOTO UNISCONO LE FAMIGLIE: I nonni raccontano storie attraverso vecchie foto I bambini scoprono la storia della loro famiglia Le tradizioni familiari vengono tramandate visivamente Si creano momenti di condivisione e dialogo Il potere delle foto di famiglia: Sfogliare (guardare pagina per pagina) un album insieme ai propri cari non è solo guardare immagini, ma rivivere insieme momenti speciali e rafforzare i legami che ci uniscono. ESPRESSIONI TIPICHE: "Ti ricordi quando..." = Do you remember when... "Come passa il tempo!" = How time flies! Leggi l'articolo su fare la spesa in Italia e guarda il vlog! 3. Documentano la Nostra Crescita e Trasformazione Le fotografie sono testimoni silenziosi della nostra evoluzione come esseri umani. Ogni foto racconta un capitolo della nostra storia personale, creando un diario visivo della nostra vita. SENZA FOTO: Dimentichiamo com'eravamo da bambini Perdiamo la memoria di eventi importanti CON LE FOTO: Possiamo vedere la nostra crescita nel tempo Riviviamo i momenti più significativi della nostra vita ESPRESSIONE TEMPORALE: "Con il passare del tempo" = mentre il tempo passa È incredibile vedere come le foto possano mostrarci quanto siamo cambiati e quanto siamo rimasti gli stessi. Ogni immagine è una pagina del libro della nostra vita! 4. Sono Medicina per l'Anima nei Momenti Difficili Quando attraversiamo (viviamo) periodi bui, le fotografie diventano fonte di conforto e speranza. Guardare immagini di momenti felici può letteralmente guarire il cuore ferito. Il potere terapeutico delle foto: CONSOLANO = ci ricordano che abbiamo vissuto momenti bellissimi ISPIRANO = ci mostrano la nostra forza e resilienza (capacità di superare le difficoltà) GUARISCONO = riempiono il vuoto lasciato dalle persone care ESPRESSIONI DEL CONFORTO: "Scaldare il cuore" = dare gioia e amore "Trovare conforto" = sentirsi meglio Esempi di momenti in cui le foto ci aiutano: "Quando mi manca mia nonna, guardo le foto delle nostre domeniche insieme" "Nei momenti di stress, le foto delle vacanze mi rilassano" 5. Preservano Persone e Luoghi che Non Ci Sono Più Uno dei doni più preziosi delle fotografie è la loro capacità di mantenere vive le persone che abbiamo perso (che sono morte) e i luoghi che sono cambiati per sempre. PERSONE CARE = Il loro sorriso continua a vivere nelle foto
O Comitê de Política Monetária (Copom) do Banco Central aumentou a taxa básica de juros (Selic) em 0,25 ponto porcentual, de 14,75% para 15% ao ano, em decisão unânime. No comunicado, o Copom antecipou que pode interromper o ciclo de alta de juros na próxima reunião do colegiado, no final de julho, para examinar os impactos do ajuste já realizado. O colegiado frisou, porém, que “não hesitará em prosseguir no ciclo de ajuste caso julgue apropriado”. "A decisão surpreendeu um pouco o Mercado. A alegação são as incertezas nos Estados Unidos - nas políticas comercial e fiscal mas, também, no cenário geopolítico internacional; o País teve crescimento negativo na última apuração. Ambiente não está positivo para países emergentes como o Brasil. O BC, além das questões externas, precisava dar um choque de credibilidade de que vai tomar decisões técnicas mesmo que muito difíceis. Agora, o que se espera é alguma manifestação do presidente Lula. Quando a autarquia aumentava juros na época do Roberto Campos Neto, seu adversário político, ele abria a boca. E agora, quando o Banco Central é presidio por seu amigo, Gabriel Galípolo, que ele nomeou para o cargo? Será que vai elogiar?", questiona Eliane.See omnystudio.com/listener for privacy information.
Nesse papo leve e cheio de nuances, exploramos o país que desperta o imaginário de muita gente — com suas cores, sabores e, claro, o deserto. Mas o episódio vai além dos clichês: conversamos sobre o que se sente ao estar entre dunas, o que se descobre nos mercados, e como o inesperado faz parte do caminho. O episódio é um oferecimento da Explorar Marrocos, agência especializada em transformar desejos em jornadas reais. Prepare o chá de hortelã, que esse episódio vai te levar. E a bancada pra esse papo foi com a Ully Flores, Willy Barros e Guilherme Eisfeld➡️ Site da Agência Explorar Marrocos , e confira os pacotes de viagem!
Sai come si usa la parola PROPRIO? Fai subito il QUIZ: https://bit.ly/3HJoWdzIn questo podcast ti spiego tutti gli usi di "proprio", una parola breve ma davvero fondamentale per parlare italiano in modo naturale e preciso.Imparerai:- Come usare "proprio" come aggettivo possessivo- Quando diventa obbligatorio nelle frasi impersonali o riflessive- Come funziona come avverbio, per enfatizzare o indicare esattezzaCuriosità: "Proprio" è una delle parole più usate dagli italiani... ma anche tra le più fraintese da chi studia la lingua. Capirla bene farà la differenza nel tuo italiano!Capitoli del podcast:0:00 - Introduzione3:15 - PROPRIO come aggettivo possessivo4:43 - PROPRIO con i verbi riflessivi o impersonali5:39 - PROPRIO come avverbio9:46 - Conclusione