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La quinta stagione dei podcast di libridimontagna sarà un viaggio spettacolare in un capitolo affascinante, ricchissimo, estremamente vario e carico di colpi di scena che è l'alpinismo francese dal dopoguerra ad oggi. Padrino d'eccezione per questo nuovo inizio, è Marco Albino Ferrari, noto scrittore e giornalista di montagna che ci introdurrà all'argomento. Buon ascolto e buon inizio di nuova stagione!
La generazione Z è spesso accusata di non aver voglia di lavorare e di seguire uno stile di vita diverso da quello dei loro genitori. Un piccolo libro di Marco Albino Ferrari intitolato “Assalto alle Alpi”, che sarà presentato alla Filanda a Mendrisio, racconta come un romanzo la storia e il presente della catena alpina.
A meno di due anni e mezzo dal 6 febbraio 2026, quando si aprirà la XXV edizione dei Giochi invernali, ancora non si sa dove si disputeranno le gare di bob, slittino e skeleton: la sede doveva essere il gioiello delle Dolomiti, ma i lavori non sono ancora iniziati. Marco Bonet ricapitola perché, tra questioni di soldi e polemiche ambientali. Mentre lo scrittore Marco Albino Ferrari spiega perché questa storia dice molto del nostro rapporto con la montagna.Per altri approfondimenti:Milano-Cortina 2026, perché nessuno vuole costruire la pista da bob?Olimpiade invernale 2026, centinaia di persone alla protesta contro la pista di bobOlimpiade Milano-Cortina ancora senza bob, torna l'ipotesi pista di Cesana Torinese
Gran finale al "Borgo delle storie": Marco Albino Ferrari, Mauro Pescio e la romantica "Io e te"
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7468DON CAMILLO DIFENDE LE CROCI IN CIMA ALLE MONTAGNE di Lorenzo BertocchiDalle finestre del tinello don Camillo aveva un meraviglioso panorama sulle cime, ma quella mattina all'orizzonte mancava qualcosa. Non aveva ancora finito di raccapezzarsi sulla faccenda paesaggistica che arrivò come un fulmine lo Sparalesto, in compagnia del presidente della Pro Loco.In nome dell'ambiente, il gruppo "Spirito libero in libera natura" aveva ottenuto dal comune il permesso di abbattere la Croce di vetta che era lì da duecento anni.Don Camillo fece irruzione nell'ufficio della nota assessora alla cultura e, mani sui fianchi, la guardò come si guarda un abusivo che scaccia di casa il padrone. Ma l'assessora era un osso duro.«Si calmi e non ne faccia una questione integralista», disse, «noi pensiamo che i frequentatori della nostra vetta più alta debbano avere la possibilità di attribuire liberamente alle loro esperienze in montagna i valori che sentono più affini. Senza alcun inquinamento prevaricatore. Lo diciamo anche per una questione di libera lode alla natura, senza preconfezionamenti».Il povero parroco, di fronte a un tale sfoggio di cultura, rimase per un momento al tappeto. E pensò che l'assessora colpiva molto più duro del vecchio Peppone.Uscito dal palazzo comunale don Camillo ebbe un'altra notizia da knock-out, i talebani dell'ambiente libero non si erano limitati a togliere la vecchia Croce di vetta, ma al suo posto avevano posizionato un monumento al libero pensatore che, pensoso, avrebbe atteso lo scalatore per dargli un vago senso di conquista della cima. Il vaso era colmo e al nostro parroco di crinale non rimase che andare dal Crocifisso dell'altar maggiore.«Signore, qui la vogliono sfrattare da casa sua».«Non preoccuparti don Camillo, ci sono abituato, sono salito sulla Croce per questo. Tu continua a salire la tua strada e non perdere di vista la meta».E fu sera, e fu mattina. Il giorno dopo verso mezzogiorno in piazza non si parlava d'altro, tutti a guardare la vetta. Nottetempo qualcuno, di fianco al libero pensatore, aveva piantato tre metri di Croce con su scritto In hoc signo vinces. Qualcuno gridava al miracolo. Quelli dello "spirito libero" erano già pronti a salire in vetta con l'assessora che voleva vedere con i suoi occhi. Don Camillo si rese subito disponibile per accompagnarli.Durante la salita raggiunsero il vecchio Paolino, che ogni anno in quaresima saliva alla Croce di vetta per lasciare un fiore. Era solo da anni, aveva perso in un colpo la moglie e il giovane figliolo, assassinati all'epoca della linea gotica.«Buongiorno reverendo, venite anche voi alla Croce?», domandò Paolino.«Andiamo a vedere chi ha rimesso la Croce in vetta, visto che questi signori l'avevano tolta per far posto ai pensatori».«Ma la Croce è sempre rimasta al suo posto», rispose Paolino, «da casa mia non ho mai smesso di vederla».Tutti conoscevano il vecchio Paolino e a qualcuno la storia del miracolo cominciava a far sudare freddo. A togliere tutti dall'impaccio pensò don Camillo: «Cari liberi pensatori, spesso solo un cammino molto accidentato può condurre a Dio, un cammino che solo nella Croce trova significato. Allora si sale per la strada giusta. Chi nel proprio cammino non vede più la Croce, allora è segno che è fuori strada. Ma si può sempre tornare sulla retta via e vedere così riapparire all'orizzonte il Segno della vera libertà». La comitiva girò i tacchi e scese a valle. Dal tinello di don Camillo il panorama era tornato a posto.Nota di BastaBugie: Ermes Dovico nell'articolo seguente dal titolo "Il Cai, le croci e le montagne (che ci parlano di Dio)" commenta la vicenda del portale il Club Alpino Italiano che prima disapprova l'installazione di nuove croci sulle vette, poi fa un parziale dietrofront, ma la toppa è peggiore del buco. All'origine, il mancato riconoscimento della meta eterna a cui la Croce e le stesse montagne ci richiamano.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il maggio giugno 2023:«Prima che nascessero i monti / e la terra e il mondo fossero generati / da sempre e per sempre tu sei, Dio» (Sal 89,2). Le lodi mattutine di ieri, 26 giugno, ci ricordano che l'intera creazione - dai monti a tutta la realtà di cui noi stessi facciamo parte - è opera dell'Eterno, cioè di Dio. Esse ci parlano dello stesso Dio che si è incarnato nella pienezza dei tempi, condividendo tutto della condizione umana (tranne il peccato) fino a lasciarsi crocifiggere per la nostra salvezza. È quindi curioso, sebbene non originale, che oggi, A. D. 2023, si possa definire «anacronistico» quel simbolo, la croce, che ricorda l'evento centrale nella storia dell'uomo, richiamando evidentemente Colui - Gesù Cristo - che ha voluto amare i suoi figli fino al dono della sua stessa vita.Il caso è già ben noto alle cronache: tutto nasce dalla posizione espressa da esponenti di spicco del Cai, il Club Alpino Italiano, a proposito delle croci innalzate sulle cime delle montagne. Ricostruiamo i fatti.Giovedì 22 giugno, all'Università Cattolica di Milano, si è tenuto un convegno con relatori di diversa estrazione che si sono confrontati sui temi presenti nel libro Croci di vetta in Appennino, di Ines Millesimi. Il convegno era stato annunciato il 13 giugno attraverso un articolo sulla testata online del Cai, Lo Scarpone, in cui Pietro Lacasella, curatore del portale, a proposito delle croci di vetta, scriveva che è sbagliato rimuoverle ma è «anacronistico» innalzarne altre, perché «la croce non rappresenta più una prospettiva comune, bensì una visione parziale», mentre le vette dovrebbero essere considerate «come un territorio neutro».La stessa posizione - né rimuovere le croci esistenti né innalzarne di nuove - veniva espressa al convegno alla Cattolica dal direttore editoriale e responsabile delle attività culturali del Cai, l'ateo dichiarato Marco Albino Ferrari. In un solco simile anche la linea dell'autrice del libro presentato all'evento, Ines Millesimi, secondo cui «la croce non può essere un segno divisivo». Lo Scarpone ritornava quindi sul tema con un articolo - Croci di vetta: qual è la posizione del CAI? - sempre a firma di Lacasella, per ribadire, a sintesi del convegno, il concetto che il Cai rispetta le croci esistenti e si occupa anche della loro manutenzione, ma il presente impone di «disapprovare la collocazione di nuove croci e simboli», per via del «dialogo interculturale» e delle «nuove esigenze paesaggistico-ambientali». Anche questo è un paradossale segno dei tempi: accantonare Dio in nome dell'ambiente e delle religioni (e pazienza che quella rivelata sia una sola).La posizione del Cai ha suscitato malcontento tra diversi soci. E ha portato vari leader di centrodestra a intervenire, forse anche per un malinteso sulla rimozione: malinteso che comunque - stando a quanto riportava il sito del TgCom il 24 giugno - avrebbe coinvolto anche alcune guide di Alagna (provincia di Vercelli) che avevano già cominciato a rimuovere le croci «per ammassarle in un memoriale».A seguito dell'intervento della maggioranza al Governo - incluso il Ministero del Turismo, che vigila per competenza sul Club Alpino Italiano - il presidente dello stesso Cai, Antonio Montani, ha diffuso una nota per dire che non c'è «una posizione ufficiale» sulle croci di vetta e quanto pubblicato in precedenza «è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari […]. Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco ad immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce». La nota, a ben vedere, è solo un parziale dietrofront, perché toglie l'aura di ufficialità alla posizione espressa da Ferrari-Lacasella, ma nulla dice su eventuali nuove installazioni di croci.E questo non è un punto secondario. Le croci di vetta di cui si parla - come riporta il portale del Cai - risalgono per la maggior parte al periodo compreso tra la seconda metà del XIX e la prima metà del XX secolo. Dunque, innanzitutto, oggi non c'è questa presunta "emergenza" di evitare chissà quale proliferazione di nuove croci. D'altra parte, presentare la croce come anacronistica e divisiva pone come minimo un problema di prudenza, perché il discorso investe evidentemente non solo le croci sulle vette - il che è già problematico - ma tutte le croci e i simboli cristiani negli spazi e luoghi pubblici. Le assurdità da politicamente corretto della nostra epoca - quelle sì divisive, nel senso negativo del termine - stanno lì a ricordarcelo. E la storia ci dice che quando serpeggia un clima culturale così, basta nulla perché dalla persecuzione ai simboli si passi a quella alle persone che in quei simboli si riconoscono.
Due brutti incidenti, uno purtroppo mortale, che insolitamente coinvolgono le mucche ci ricordano che è la nostra visione degli animali un po' edulcorata a farci stupire quando non si comportano esattamente come ci aspetteremmo oppure a farci rimuovere l'idea che possano succedere sfortunati quanto tragici imprevisti.I fatti in breve:- Festival dedicato al pane nero di segale - A Tirano appuntamento il 12 novembre con FUTUReALPS- Vincono il Premio Gambrinus "Giuseppe Mazzotti" per la sezione alpinismo Silvia Metzeltin e Linda Cottino con il libro "L'alpinismo è tutto un mondo. Conversazione a carte scoperte"- ...e una notizia arrivata all'ultimo che riguarda Marco Albino Ferrari e il CAISu fattidimontagna.it testi e link per approfondire
Il Sentiero Bove nel Parco Nazionale della Val Grande è la più antica alta via dell'arco alpino. È dedicata all'esploratore piemontese Giacomo Bove, figura centrale delle scoperte geografiche di fine Ottocento, poi caduto vittima di una damnatio memoriae dovuta alla sua “imperdonabile” fine. Seguendo le tracce di Bove, Marco Albino Ferrari ricostruisce una storia dimenticata, accompagnato dalle musiche dal vivo del chitarrista Denis Biason, in uno spettacolo di parole, suoni e immagini in anteprima per il Festival della Mente. Un sorprendente viaggio nel tempo che ci porta attraverso coincidenze e colpi di scena fino alla trappola della notte artica: 35 settimane di attesa immobilizzati tra i ghiacci. Entreranno in scena personaggi inaspettati come Emilio Salgari e il professore svedese Nordenskiöld, tutti rimasti impigliati nella rete del grande esploratore morto suicida nel 1887.
Marco Albino Ferrari racconta il dramma consumatosi lungo il Pilone Centrale del Freney nel luglio 1961, quando..sette tra i più forti alpinisti di quei tempi affrontarono l'ultimo grande "problema" delle Alpi...
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Marco Balzano, autore di Resto qui (Einaudi); Marco Albino Ferrari racconta la Val Grande. (seconda parte)
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Agostino Riitano presenta il progetto Jazzi; Marco Albino Ferrari racconta la storia dell'orso Dino; Sergio Lavia e il Festival internazionale di chitarra di Menaggio. (seconda parte)
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Clorofilla film festival; le Alpi nel corso del Novecento, con Marco Albino Ferrari; festival del noir e del giallo civile VENTIMILARIGHESOTTOIMARI. (seconda parte)
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Racconta il tuo albero, l'iniziativa di Quarto Paesaggio; Marco Albino Ferrari recconta Ettore Castiglioni; Ira Rubini da Edimburgo. (seconda parte)
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HITO, un viaggio di ottocento chilometri alla scoperta dei templi del Giappone; Nicola Vicini e il progetto A passo lento. Fotografia in cammino; Frêney 1961. Tragedia sul Monte Bianco. Il racconto di Marco Albino Ferrari (seconda parte)
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Basso Piemonte: Marco Albino Ferrari, FaustoCoppi, Tortona
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Andrea Pellizzer parla di “My Name is Adil”, film indipendente prodotto in crowdfunding e ispirato all'autobiografia di uno dei tre registi, Adil Azzab, ora in sala al Cinema Palestrina di Milano.- Barbara Sorrentini intervista Elisa Amoroso, regista di “certe straniere”, in anteprima a Milano.- Al CRT Teatro dell'Arte di Milano arriva dll'ERT “L'arte del teatro”, spettacolo firmato da Pascal Rambert, con Paolo Musio.- Marco Albino Ferrari presenta una serata alla Scighera di Milano dedicata alla Val Grande, con un libro e molti ospiti.
Andrea Pellizzer parla di “My Name is Adil”, film indipendente prodotto in crowdfunding e ispirato all’autobiografia di uno dei tre registi, Adil Azzab, ora in sala al Cinema Palestrina di Milano.- Barbara Sorrentini intervista Elisa Amoroso, regista di “certe straniere”, in anteprima a Milano.- Al CRT Teatro dell’Arte di Milano arriva dll’ERT “L’arte del teatro”, spettacolo firmato da Pascal Rambert, con Paolo Musio.- Marco Albino Ferrari presenta una serata alla Scighera di Milano dedicata alla Val Grande, con un libro e molti ospiti.
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La rubrica musicale “Risonanze” a cura di Maurizio Principato..Tiziana Ricci su una nuova rivista d'arte online: “Piano B. Arti e culture visive”.- Marco Albino Ferrari su “La grande avventura delle Alpi”, una serata speciale (con Claudio Agostoni) allo Spazio Oberdan su Walter Bonatti e Lorenzo Longo.- Stefania Rocca è protagonista di “Scandalo” di Arthur Schnitzler, testo del grande drammaturgo mai rappresentato prima d'ora in Italia, all'Elfo Puccini di Milano per la regia di Franco Però.- “Smetto quando voglio Masterclass”: Barbara Sorrentini intervista regista e cast.
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La Lombardia renderà a pagamento gli interventi di soccorso in montagna. Giusto? Sbagliato? Un dibattito a cui prendono parte Renata Viviani, presidente del Cai Lombardia e Marco Albino Ferrari, scrittore e direttore della rivista Meridiani Montagne. Ultima parte della trasmissione nelle scuole milanesi in autogestione: Pascal e Parini.
La Lombardia renderà a pagamento gli interventi di soccorso in montagna. Giusto? Sbagliato? Un dibattito a cui prendono parte Renata Viviani, presidente del Cai Lombardia e Marco Albino Ferrari, scrittore e direttore della rivista Meridiani Montagne. Ultima parte della trasmissione nelle scuole milanesi in autogestione: Pascal e Parini.
La pagina di Marco Albino Ferrari sul sito Feltrinelli: http://www.feltrinellieditore.it/SchedaAutore?id_autore=1001018
La pagina di Marco Albino Ferrari sul sito Feltrinelli: http://www.feltrinellieditore.it/SchedaAutore?id_autore=1001018
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