Bologna, dicono di lei

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Visitare Bologna attraverso le parole dei grandi autori che l’hanno raccontata. Un’antologia di citazioni sulla città felsinea da romanzi, diari, cronache, poesie, lettere e canzoni. Da Dickens, a Hemingway, da Edgar Allan Poe a Lord Byron, da Carducci

Elleboro editore


    • Feb 4, 2020 LATEST EPISODE
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    Le due torri

    Play Episode Listen Later Feb 4, 2020


    Oltre 150 torri svettavano in città tra il Dodicesimo e il Tredicesimo secolo. Ogni famiglia importante aveva la sua e il prestigio del casato corrispondeva alla grandezza e maestosità della costruzione. Anche gli Asinelli e i Garisenda costruirono le loro torri a perenne memoria del loro nome. La prima, la più alta, è famigerata fra gli studenti dell'ateneo perché, dice la leggenda, chi la scala prima di terminare l'Università non si laureerà mai più. La seconda pende, di una gradazione appena superiore alla più famosa torre di Pisa. Da quando ha iniziato a pendere? Beh, almeno dai tempi del Poeta. "Qual pare a riguardar la Garisenda Sotto'l chinato quando un nuvol vada Sovr'essa sì, ched ella incontro penda" Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno. Perché pende da allora? Sentiamo un'ipotesi poco ingegneristica ma, quello sì, altamente letteraria, scritta da Goethe in persona "La torre pendente è uno spettacolo che disgusta, eppure è molto probabile che sia stata costruita a bella posta così. Mi spiego in questo modo una simil stravaganza. Nell'epoca dei torbidi cittadini ogni grande edificio era una fortezza in cui ogni famiglia si costruiva una torre. A poco a poco se ne fece una questione di passatempo e di puntiglio; ognuno voleva primeggiare con la sua torre; e quando le torri diritte cominciarono a diventare comuni vi fu chi se ne costruì una pendente. Architetto e proprietario hanno raggiunto il loro scopo; si passa quasi indifferenti davanti alle molte torri diritte e slanciate per cercare quella pendente". Johann Wolfgang Goethe, viaggio in Italia ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    La casa del Melograno

    Play Episode Listen Later Feb 4, 2020


    Amo Bologna; per i falli, gli errori, gli spropositi della gioventù che qui lietamente commisi e dei quali non so pentirmi. Parole di Giosuè Carducci, il cui nome è legato indissolubilmente a questa città, che lo vide insegnare, vincere il Nobel, morire. E vivere uno degli episodi più angoscianti della sua vita: la perdita prematura del figlio Dante. Per questa ragione, e per la perdita altrettanto dolorosa della madre, Carducci abbandonò questo piccolo appartamento luminoso e sereno in una via della vecchia Bologna abitata in gran parte da un popolo minuto appartamento nel cui orto, oltre alla vite, fioriva e fiorisce ancora un melograno, emblema della poesia che il Carducci dedicò al figlio scomparso. L'albero a cui tendevi La pargoletta mano Il verde melograno Da'bei vermigli in fior Nel muto orto solingo Rinverdì tutto or ora E giugno lo ristora Di luce e di calor Tu fior de la mia pianta Percorssa e inaridita Tu de l'inutil vita Estremo unico fior Sei ne la terra fredda Sei ne la terra negra Né il sol più ti rallegra Né ti risveglia amor ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Rock star!

    Play Episode Listen Later Feb 4, 2020


    "E poi ci troveremo come le star A bere del whisky al Roxy Bar". State già cantando eh? Ma è un'altra la rock star che ha abitato in questa casa nel 1700. Si chiamava Carlo Broschi ed è passato alla storia con il suo nome d'arte: Farinelli, il più famoso cantante lirico castrato di tutti i tempi. Visse tra questa casa e una villa di campagna poco fuori città oggi, purtroppo, abbattuta, che ospitò fra gli altri un giovanissimo Mozart. Fu acclamato e onorato nelle corti di tutto il mondo e ci vorranno altri duecento anni perché idoli come lui, di nome Dalla, Guccini, Vasco, calchino di nuovo le vie e i palchi di questa città… "Farà gran piacere a ogni appassionato di musica l'apprendere che il castrato Farinelli vive ancora e gode di buona salute e di tutte le sue facoltà. Ho avuto il piacere di passare la giornata con Farinelli nella sua casa di campagna, posta un miglio fuori Bologna. Farinelli ha abbandonato il canto da un pezzo ma si diverte ancora sul suo clavicembalo e sulla viola; ha molti clavicembali costruiti in diversi paesi ed egli gli chiama col nome dei più grandi pittori italiani secondo l'importanza che ognuno d'essi occupa nel suo pensiero". Charles Burney, Viaggio musicale in Italia, 1770 ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Sacrario dei Caduti

    Play Episode Listen Later Feb 4, 2020


    "Bologna ha il monumento ai morti più straordinario che esista. Orribile ma perfetto. Si tratta di un muro e ogni nome di un morto è illustrato da una foto fornita dalla sua famiglia. Li vediamo così come li abbiamo amati: il ragazzo grasso coi baffi, sul manubrio della bicicletta, il bel teneboroso con la cravatta scura. Mi vennero le lacrime agli occhi per un'immagine che era stata scelta da una madre, una fotografia di un piccolo biondo in pantaloncini e colletto da marinaio. Voleva ricordarlo e commemorarlo a questa età. Adoro questo monumento ai morti. Questi fantasmi installati sul marciapiede nella parte più frequentata della città come erano nella loro umile vita sono più commoventi di tutti i grandi ordini architettonici. La perfezione distrugge l'umano. Rappresentare i morti in guerra col caschetto e il lauro è tradirli, non amarli. Era questo ragazzo grosso che morì quando morì; era il dipendente della banca, l'impiegato notarile, quell'insegnante stitico che è morto costipato nonostante una baionetta nemica nella pancia. È molto bello che i viaggiatori del tram, le automobili, i passanti del marciapiede non lo dimentichino". Jean Jono, Vojage en Italie ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Ristorante Cesarina

    Play Episode Listen Later Feb 4, 2020


    Sulla Grassa Bologna si sono sparsi fiumi d'inchiostro. La fama di città dove si mangia splendidamente è arrivata fino a noi, merito di una campagna promozionale…letteraria. Edgar Allan Poe, ad esempio, ha inserito la mortadella, totem della gastronomia locale, nel suo romanzo Gordon Pym. Tanti erano e sono i templi in cui si celebra il rito della buona cucina. Fra cui La Cesarina "Santo Stefano, la stupenda Santo Stefano, ha avuto per tanto tempo come dirimpettaio quel tempio potentemente e squisitamente nutritore che era il ristorante della Cesarina. Senza fastidio, senza molestia reciproca. La distanza di un centinaio di metri impediva ogni mescolanza, ogni imbarazzante miscellanea, ogni criticabile contaminazione fra gli incensi delle Messe cantate e il fumo grasso e benevolo dei bolliti di manzo e di cappone. La Cesarina, quasi sempre in piedi e quasi sempre nella posizione di un pugile che aspetta il colpo di gong per incrociare i guantoni con l'avversario, era sempre pronta, se capitava sul discorso, a stendere al suolo tutti gli incauti che avessero dubitato della sua priorità nell'invenzione dei tortellini con la panna: una scoperta non meno importante di quella che fece Galvani con la rana". Dario Zanasi, Bocca cosa vuoi ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Amori tribolati a Palazzo Malvezzi

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    Ancora un amore, ancora una relazione tribolata, ancora una donna bella, potente, regina di salotti. Si chiama Teresa Carniani e fu la coltissima moglie di Francesco Malvezzi, donna di cui Vincenzo Monti scrisse "Bionda la chioma in vaghe trecce avvolta Ed alta fronte ov'è l'ingegno espresso". Fu poetessa,scrittrice e traduttrice tra gli altri del poeta inglese Alexander Pope. E fu colei che fece invaghire a tal punto Giacomo Leopardi da fargli provare delirio e febbre, per averlo prima illuso (a dire del poeta…) e poi abbandonato. "Bologna 30 maggio 1826 lettera al fratello Carlo Sono entrato con una donna maritata in una delle principali famiglie di qui in una relazione che forma ora una gran parte della mia vita. Non è giovane ma è di una grazia e di uno spirito che supplisce alla gioventù e crea un'illusione meravigliosa. Nei primi giorni che la conobbi vissi in una specie di delirio e di febbre. Ama ed intende molto di lettere e filosofia: non ci manca mai materia di discorso e quasi ogni sera io sono con lei dall'avemaria alla mezzanotte passata e mi pare un momento. Ha risuscitato il mio cuore dopo un sonno, anzi una morte completa durata per tanti anni". ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Nera come la morte

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    "Bologna, 3 luglio 1826. Ella non si dia pensiero alcuno circa la mia sicurezza. La frequenza degli omicidi in questi ultimi giorni è stata qui veramente orribile ma io ho preso il partito di non andar mai di notte se non per le strade e i luoghi più frequentati di Bologna, sicché fintanto che non ammazzeranno in mezzo alla gente (nel qual caso il pericolo sarebbe altrettanto di giorno come di notte) non mi potrà succedere sicuramente nulla". Giacomo Leopardi, Lettera al padre Bologna città del brivido e del mistero. Per le sue vie s'aggira una pattuglia di detective immaginari, a caccia di indizi, moventi, assassini. I Marlowe in salsa bolognese si chiamano Sarti Antonio (partorito dalla fantasia di Loriano Macchiavelli) ispettore Coliandro (nato dalla penna di Lucarelli) e poi Gino Mastruzzi, Grazia Negro, Giorgia Cantini. Le radici delle tante trame noir ambientate a Bologna affondano in secoli di cronache, di reati, di omicidi, tradimenti, truffe, di roghi. Fiamme, come quelle che avvolsero Gentile Budrioli, la Strega Enormissima, il 14 luglio 1498 in questa piazza, dopo un processo farsesco nella Basilica di San Domenico, un gioiello medievale che ospita Michelangelo, Guido Reni, Nicolò Dall'Arca ma che allora era sede del Tribunale dell'Inquisizione. ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Le Bois de Bologna: Il parco di Montagnola

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    19 giugno 1796. A Bologna entrano le truppe napoleoniche. La città diventa capitale della Repubblica Cispadana. Nascono salotti filo francesi, circoli libertari, si parla di uguaglianza e diritti delle donne. Quando Napoleone allarga il dipartimento del Nord alla Repubblica Cispadana Bologna viene scalzata da Milano nel ruolo di capitale. I bolognesi si indignano ma restano fedeli all'Imperatore che la onora di una visita in pompa magna, nel 1805. Nell'occasione Napoleone decide di donare ai bolognesi un luogo di ritrovo dal profumo parigino. Un parco, nel cuore della città: la Montagnola. "Vado quasi ogni mattina alla Montagnola: lì si tiene il corso della città. È una passeggiata della grandezza delle Tuileries, con alberi molto belli piantati da Napoleone, alta una trentina di piedi sull'immensa pianura. E a nord la prima collina che viene a interromperla è quella di Vicenza, a ventisei leghe di distanza". Stendhal, Rome, Naples e Florence 1817 Non che servisse la venuta di Napoleone per convincere i bolognesi a ‘farsi una vasca' in centro alla sera, anzi. Città godereccia, pruriginosa, festaiola Bologna lo è sempre stata, lo è e scommettiamo che lo sarà sempre, nelle vie e nelle piazze, tra una chiacchiera e un pettegolezzo… ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Un aperitivo al quadrilatero

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    Via delle Pescherie, via degli Orefici, Via Drapperie, Piazza della Mercanzia. I toponimi non tradiscono, siamo nel quadrilatero, la Bologna originale, il primo storico insediamento cittadino divenuto la culla dello struscio e dell'aperitivo all'aperto, dall'antichissima Osteria del Sole, di Vicolo Ranocchi, dove ancora oggi si porta il cibo da casa, ai moderni bar che servono specialità locali sono due i piatti a farla da padrone: i salumi e sua maestà il tortellino. Firenze è magra, longilinea. Invece a Bologna i portici, gli archi, le cupole, tutto fa pensare a una rotondità carnosa. Certe piccole strade medievali del centro ci riaccostano alla vita reale del Medioevo più che in altre città. Molte bellezze di Bologna, ed anche molti dei suoi negozi migliori, sono, non dirò segreti, bensì avviluppati e nascosti nelle sue pieghe prosperose. Il segreto del ripieno è un piatto succulento. La bellezza a Bologna non si pensa ma si respira, si assorbe, si fa commestibile. Guido Piovene, Viaggio in Italia ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Tamburini, Antica Salsamenteria Bolognese

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    "I bolognesi hanno intitolato Umbelichi Sacri i tortellini, gloria della gastronomia locale, alludendo al bellico di Venere che si dice eccitasse l'estro di un cuoco di Bologna alla vista della Dea nuda, questa divina creatura,non spogliarellista di professione ma conservatasi, per vezzo, nuda sin dalla nascita". Alessandro Cervellati, Op-là lo spogliarello. Non andate via di qui senza averli assaggiati ma vi dovessero mai chiedere se sapete in che città sia nato il tortellino… non rispondete! La diatriba fra Bologna e Modena è antichissima e irrisolvibile. Si narra che nel 1200 circa, in una locanda di Castelfranco Emilia si fermò a passare la notte una marchesina estremamente avvenente e che l'oste, non potendo resistere a tanta bellezza, la spiò dal buco della serratura intravedendone solo l'ombelico e rimanendo folgorato a tal punto da volerlo riproporre…ripieno di carne. Nel 1624 il poeta modenese Tassoni narra nel suo poema ‘La Secchia Rapita' che quella donna non fosse una semplice marchesina ma addirittura Venere discesa sulla terra. Sia come sia, da allora, il tortellino è, e sempre sarà, il rapporto di amorosi sensi fra un fatto gastronomico e l'avvenenza femminile ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Bologna, lo stomaco d'Italia

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    "Una sera cenavo al Pappagallo, vidi una scena che spiega più di mille ricette perché Bologna sia così fiera del suo appellativo di grassa. Accanto a me erano sedute due buongustaie, che cenavano assieme, ignare di tutto all'infuori del cibo che avevano nei piatti. Non ho idea di quale potrebbe essere l'equivalente ornitologico d'un così raro avvistamento, forse una coppia di upupe dal becco rosso – ma ammetto che le due donne mi affascinavano e le guardai con la coda dell'occhio e l'accesa curiosità dell'ornitologo. Come ognuno sa le donne se lasciate da sole vivrebbero di pastine, biscotti e macedonie e c'era, a mio giudizio, qualcosa di fenomenale in quelle due che accettavano gli omaggi del proprietario, del capocameriere e del sommelier come un diritto, quasi fossero regine circondate dalla dovuta adulazione dei cortigiani. Mi chiesi chi fossero. Donne che s'eran date alla stesura di un libro di cucina? Le mogli o le fidanzate di uomini che ammiravano le figure femminili di Rubens, poiché era quello ovviamente il loro destino? Al momento, tuttavia, erano entrambe giovani e, pur essendo in carne, non si poteva definirle grasse, se non forse secondo i criteri d'uno stilista. Mi sarebbe piaciuto assistere alle ultime fasi del loro banchetto ma lo protrassero con tanto amore che quando le lasciai confabulavano ancora, menu alla mano, con proprietario. Porterò con me per molto tempo il ricordo dei loro volti felici e dei loro nasi lucidi". Henry Vollam Mortom, A traveller in Italy ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    La statua di Galvani

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    "Dalla breccia dei bastioni rossi corrosi dalla nebbia si aprono silenziosamente le lunghe vie. Il malvagio vapore della nebbia intristisce tra i palazzi velando la cima delle torri, le lunghe vie silenziose e deserte come dopo il saccheggio". Dino Campana, La giornata di un Nevrastenico, Canti Orfici Occorreva questo sfondo a Galvani per scoprire, operando su una rana, il legame indissolubile tra vita ed elettricità, aprendo la via agli studi sui segnali nervosi. Studi che il nipote, Giovanni Aldini, trasferì agli esseri umani. "Il 17 gennaio 1803 il pubblico di Aldini si riunì. Il corpo di George Fosters fu portato in sala da mister Pass e fu sdraiato su una barella nel mezzo della pila galvanica caricata al massimo. Aldini piazzò gli elettrodi sulle tempie del cadavere e aggiustò la corrente. Le dita del morto si mossero e gli occhi si spalancarono rivelando due pupille immobili. Da vero showman Aldini procedette alla seconda fase del suo esperimento. Un elettrodo fu attaccato alla tempia di Fosters e un altro nel suo ano e l'elettricità fu aumentata. Il corpo fece un balzo, la schiena si inarcò e la faccia si raggrinzì in una smorfia orribile. La scena era spettrale, la sala era illuminata solo da candelabri e lampade ad olio e gli spettatori temettero che la cosa si sarebbe alzata e avrebbe camminato verso di loro. Aldini aumentò ancora la corrente e il petto dell'uomo si gonfiò come se stesse respirando: era il momento cruciale e l'emozione salì alle stelle". Bob Curran, Frankestein and other man-made monsters ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Frankenstein all'Archiginnasio

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    Cosa c'entra Frankenstein con Bologna? Lo scrisse un'autrice britannica, Mary Shelley, a soli 19 anni. Lo ideò a Ginevra, durante una vacanza funestata dalla pioggia. A Bologna non mise mai piede. Eppure Frankenstein “nacque” proprio in questa città. Esattamente qui, nello storico edificio dell'Archiginnasio, dove Galvani fece i celebri esperimenti sulla rana, e nel cui teatro anatomico, ancora visitabile, il nipote Giovanni Aldini ne perfezionò gli studi. Il primo esperimento pubblico su un cadavere da parte dell'Aldini avvenne però in Inghilterra, a Londra, nel 1803. Esperimento di cui Mary Shelley era certo a conoscenza e al termine del quale Gli spettatori temettero che la cosa si sarebbe alzata e avrebbe camminato verso di loro…vi dice nulla? "Fu in una tetra notte di novembre che vidi il compimento delle mie fatiche. Con un'ansia simile all'angoscia radunai gli strumenti con i quali avrei trasmesso la scintilla della vita alla cosa inanimata che giaceva ai miei piedi. Era già l'una del mattino; la pioggia batteva lugubre contro ai vetri, la candela era quasi consumata quando, tra i bagliori della luce morente, la mia creatura aprì gli occhi opachi e giallastri, trasse un respiro faticoso e un moto convulso ne agitò le membra. Come posso descrivere la mia emozione a quella catastrofe, descrivere l'essere miserevole cui avevo dato forma con tanta cura e tanta pena?" Mary Shelley, Frankestein o il moderno Prometeo ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Università di Bologna

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    Qual è il romanzo giallo sui libri per eccellenza? Ovviamente la vicenda di Guglielmo da Baskerville inviato in uno sperduto monastero del Piemonte nell'Anno Domini 1327 per far luce su un tragico e inspiegabile omicidio. Il Nome della Rosa. Chi poteva scriverlo se non un bolognese d'adozione? Umberto Eco arrivò a Bologna nel 1971, qui fondò il suo primo corso di Semiotica, in via Barberia, e racconta, in poche parole e con la sua ironia pungente perché amasse questa città: "Perché mi sono trovato bene in questa giovane Università che ha circa mille e fischia anni? Perché leggendo le tesi dei miei studenti ho trovato sempre citazioni delle tesi che nello stesso tempo stavano facendo altri studenti; il che vuol dire che questi ragazzi giravano sotto i portici di notte, andavano nei baretti, si raccontavano quello che stavano facendo e comunicavano fra loro. È questo uno degli aspetti più belli dell'Università bolognese: le osterie e i portici. Ogni volta che abbiamo creato un bravo dottore di ricerca e questo ha deciso di andare all'estero nel giro di sei mesi ha preso il posto dei colleghi locali". Umberto Eco, Alma Mater Orienta ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    La Sala Borsa

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    ‘A cento a cento salgono dalla tomba gli spiriti della Storia' scriveva Goethe passeggiando sotto ai portici e non c'è resoconto che non citi le antiche biblioteche, come questa, la Sala Borsa, deposito di uno dei beni più supremi della città: la sua conoscenza. “Un monaco dovrebbe certo amare i suoi libri con umiltà, volendo il loro bene e non la gloria della propria curiosità: ma quello che per i laici è la tentazione dell'adulterio e per gli ecclesiastici secolari è la tentazione delle ricchezze per questi monaci è la seduzione della conoscenza. Non mi stupivo che il mistero dei delitti ruotasse intorno alla biblioteca. Per questi uomini votati alla scrittura la biblioteca era al tempo stesso la Gerusalemme celeste e un mondo sotterraneo al confine tra la terra incognita e gli inferi. Essi erano dominati dalla biblioteca, dalle sue promesse e dai suoi interdetti. Vivevano con essa e forse contro di essa, sperando colpevolmente di violarne un giorno tutti i segreti. Perché non avrebbero dovuto rischiare la morte per soddisfare una curiosità della loro mente o uccidere per impedire che qualcuno si appropriasse di un loro segreto così geloso?” Umberto Eco, Il Nome della Rosa ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Portico della Morte

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    “Passavo ore e ore al Portico della Morte, a Bologna, dove si vendevano i libri usati a scegliere, a leggere titoli, a spiare pagine e indici. Avevo quindici anni e fino allora avevo letto solo libri d'avventura. Poi improvvisamente mi è capitato fra le mani L'Idiota di Dostoewskij ed è stata la rivelazione.” Pier Paolo Pasolini, Un sistema per studiare In via de'Musei, laddove il Pavaglione comincia, si interseca un altro portico letterario, il Portico della Morte, che ospite dal 1928 la libreria Nanni, luogo di ritrovo amato dai letterati, Pasolini su tutti che qui ‘incontra' la letteratura "Lì ho comprato I Casi Clinici, al Portico della Morte dove da ragazzo adoravo le edizioni Salani coi poeti più indecifrabili. Sono ripassato domenica, c'era il solito gelo, l'ombra del bel giorno d'autunno (la morte). I reparti gli stessi di quando io facevo il Ginnasio, carichi di libri gialli, oggi, o di divulgazione scientifica o di attualità o di successo. Scomparsi tutti i miei poeti indecifrabili. Fu per questo dolore, certamente, per questo rovesciamento di situazione – in una situazione in realtà immutata – che mi venne voglia di comprare il libro di Freud da leggere in treno al ritorno". Pier Paolo Pasolini in Il Giorno del 6 novembre 1963 ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Al Pavajon. Portico del Pavaglione

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    “Sovente, alle due di notte, rientrando nel mio alloggio, a Bologna, attraverso questi lunghi portici, l'anima esaltata da quei begli occhi che avevo appena visto, passando davanti a quei palazzi di cui, con le sue grandi ombre, la luna disegnava le masse, mi succedeva di fermarmi, oppresso dalla felicità, per dirmi: Com'è bello!” Stendhal, Voyages en Italie Il Portico del Pavaglione è forse il più famoso e frequentato fra i portici della città. Si estende lungo via dell'Archiginnasio, a fianco della Basilica di San Petronio, ed è, a tutt'oggi, uno dei passaggi più eleganti e amati dei bolognesi. Deve il suo nome alla Piazza del Pavaglione, attuale piazza Galvani, un tempo sede del mercato dei bachi da seta e dei padiglioni (in bolognese pavajon) che lo ospitavano. "Sotto il Portico del Pavaglione il negozio Zanichelli è già convegno dei letterati bolognesi: Carducci, Panzacchi, Albicini, Roncaglia, Gozzadini. Il Minghetti è molto impegnato negli affari di stato; Ernesto Masi è giunto da poco a Bologna e Olindo Guerrini, noto solo agli amici, aspetta ancora un anno a svelarsi". Alfredo Testoni, Bologna che scompare ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Il Portico più stretto di Bologna

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    Bologna è da sempre la città dei portici: non esiste al mondo un'altra città che abbia 36 chilometri di arcate (che diventano 53 se si contano i portici fuori porta), candidate a diventare Patrimonio dell'Unesco. Amati e odiati dagli scrittori, perché offrono riparo dalle intemperie ma impediscono il calore del sole, i portici di Bologna sono ‘cosce' materne per Guccini, braccia operaie per Samuele Bersani, incubi per Dino Campana e per certi commercianti sfortunati… "Bologna è l'unica città dove il commercio degli ombrelli vive in uno stato di perpetua crisi, e questo perché uno può girare tutto il centro della città senza uscire mai dal portico. Sidney Clark, All the best in Italy". Tanti portici, tanti primati. Il più largo è quello dei Servi, in Strada Maggiore. Il più lungo, 3976 metri, porta alla basilica di San Luca ed è il più lungo non solo di Bologna ma del mondo. Il più stretto, con i suoi 95 centimetri è proprio questo, di via Senzanome. Perché questa via si chiama (anzi: non si chiama) così? Non si sa con esattezza ma considerato che fino al 1877 si chiamava Via Sozzonome il miglioramento è evidente… ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Palazzo Savioli

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    Palazzo Savioli, luogo di infuocate passioni! Anche Bologna ha avuto le sue celebrità: divi e divine che furono raccontati e riveriti in lettere, diari, romanzi e film. Tra i grandi amori ottocenteschi che hanno infiammato la città si celebra qui quello tormentato di Lord Byron per la giovane contessa ravennate Teresa Gamba Guiccioli. A Palazzo Savioli, i due s'incontrarono per la prima volta “Bologna, 25 agosto 1819 Ho letto questo libro nel tuo giardino: - amore mio eri assente, altrimenti non avrei potuto leggerlo. È un mio libro preferito. Non capirai queste parole inglesi e altri non le capiranno, il che è il motivo per cui non le ho scarabocchiate in italiano. Ma riconoscerai la calligrafia di colui che ti ha amato appassionatamente e divinerai che, su un libro che era tuo, ha potuto solo pensare all'amore. In quella parola, bella in tutte le lingue ma soprattutto nella tua – Amor mio – è compresa la mia esistenza. Sento che esisto qui e che esisterò dopo - a quale scopo deciderai tu; il mio destino è con te e tu sei una donna, diciottenne, e da due anni uscita dal convento, vorrei che tu fossi rimasta lì con tutto il mio cuore o almeno che non ti avessi incontrato già maritata. Ma ormai è troppo tardi. Ti amo e tu mi ami - almeno lo dici e agisci come se lo fossi, il che per me è di grande conforto. Ma io ancor più ti amo e non posso smettere di amarti. Pensa a me, a volte, quando le Alpi o l'oceano ci divideranno ma non lo faranno mai a meno che tu non voglia. Byron” Lord Byron, Lettere alla contessa Teresa Guiccioli ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

    Piazzetta della Pioggia

    Play Episode Listen Later Feb 3, 2020


    Era via Galliera, fino al tardo Ottocento la via più nobile di Bologna, prima che Via dell'Indipendenza venisse costruita. La visione d'insieme della città per chi ci arrivava in diligenza o per chi ci arriva in macchina al giorno d'oggi è la stessa: monocroma. Le tegole, i muri, le tende, il cielo, le piazze. La bellezza di Bologna ha mille sfumature e un solo colore: il rosso. Un bagliore sanguigno che non sbadisce nel tempo perché, ancor più che reale, è letterario. Oltre il fulgore colorato si ritrova, in tanta narrativa e poesia, la meraviglia del primo incontro con la città. “E' rossa, non ho mai visto un rosso come quello di Bologna. Ah se conoscessimo il segreto di quel rosso. È una città dove ritornare, la prossima volta” John Berger, La tenda rossa di Bologna “La creta, la selenite, l'arenaria. Di qui nasce il colore di Bologna. Nei tramonti brucia torre e aria” Roberto Roversi, Il Libro paradiso 1 “L'ombra di un portico di via Galliera, d'una casa che conosco, mi turba soltanto perché ricordo il colore rosso stinto, sotto il sole, dell'intonaco che fu recente ai tempi della dominazione pontificia. Un nobile colore che può trasfigurare anche la piccola storia dell'ottocento papale.” Francesco Arcangeli, Incanto della città. ©Elleboro editore - Lorenzo Notte

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