L'Efficienza come non era mai stata raccontata.
Le tecnologie Coil to Window con applicazioni di tappi in plastica sono ormai tecnologie iper collaudate.Queste macchine iniziano da un coil di alluminio, che viene formato per creare la tapparella e viene riempito dei due componenti del poliuretano, il poliolo e l'isocianato. Dopo i banchi di polimerizzazione, che permettono alla schiuma di maturare, i profili entrano nel sistema di lavorazione delle estremità, composto da due carri mobili di punzonatura e taglio.
Hai mai sentito il rumore di una tapparella in funzione? Se la tapparella è prodotta con una linea Dallan, probabilmente no.Infatti le tapparelle Dallan sono conosciute per il funzionamento silenzioso in avvolgimento e svolgimento, dato dallo speciale design del gancio e dalle verifiche che Dallan effettua su ogni profilo prima della consegna e della messa in produzione.Il funzionamento silenzioso e affidabile delle tapparelle, in ogni condizione di temperatura e tempo, è assicurato anche dopo molti anni dal design tapparelle originale Dallan.
In oltre vent'anni di perfezionamento dai primi sistemi Coil To Window, queste tecnologie si sono evolute in due sistemi dalle caratteristiche uniche.Il primo si chiama Dallan D6T e permette la produzione di tapparelle complete, bloccate lateralmente con l'applicazione di tappi in plastica.Il secondo è il sistema Dallan D6TL, che realizza il prodotto bloccandolo lateralmente con una speciale lavorazione meccanica, senza tappi in plastica.La scelta del sistema dipende dal vostro mercato di riferimento, e i sistemi possono anche essere facilmente combinati tra loro.
Quando nell'introduzione abbiamo visto nel dettaglio le tecnologie "abilitanti" per l'Industria 4.0, avrai notato che tra queste ci sono i sistemi avanzati di produzione, che noi chiamiamo "Sistemi Integrati di Produzione". Questi sistemi partono dalla materia prima e arrivano al prodotto confezionato e, spesso, pronto per la spedizione: sono strettamente legati al prodotto.Andiamo a scoprirli più nel dettaglio...
Nella filosofia Lean sappiamo che è importante adattare la produzione alla richiesta del cliente e che i tempi di cambio attrezzatura di una linea devono essere contenuti in un arco di minuti, non di ore.In profilatura, tradizionalmente, il tempo di setup di una linea era un'operazione molto costosa in termini di tempo dove i rulli venivano cambiati uno a uno su ogni stazione e dovevano essere posizionati accuratamente e regolati singolarmente. Per alcune macchine questa operazione poteva richiedere letteralmente dei giorni e tecnici altamente specializzati. Quale azienda può permettersi questo tipo di stop oggi?
Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito ad un importante aumento del costo delle materie prime, come i coils laminati a caldo che sono aumentati di oltre il 41%.Gli aumenti di questo tipo rendono molto difficile la pianificazione finanziaria, la valutazione del costo del magazzino e così via.Inoltre, se il costo del materiale di base aumenta, i margini si riducono.Sempre più spesso siamo contattati da aziende per studiare modi di realizzare i prodotti in lamiera, risparmiando materiale, mantenendo e molto spesso aumentando la qualità e le performance del prodotto.Imparare a produrre con materiali più sottili, oggi, diventa – non solo una necessità – ma una vera opportunità!
Il dato è molto interessante: in Italia tre aziende su quattro, tra quelle che avevano portato la produzione in paesi esteri, stanno riportando la produzione in patria. Se aggiungiamo a questo il fatto che l'80% delle multinazionali ha già elaborato piani per riportare entro i confini nazionali le produzioni, ci accorgiamoche siamo di fronte a un fenomeno estremamente importante e degno di nota.
Quando ho iniziato a sentir parlare di Industria 4.0, nel 2013 devo ammettere che non ci capivo un granché.Proprio per questo motivo ho iniziato a documentarmi e a fissare i concetti che portano a far evolvere un'azienda dal modello artigianale e padronale, a una vera industria del futuro.
Cosa mai ci sarà ancora da dire di così interessante sul mondo della lavorazione della lamiera?Nulla, penserai. Eppure siamo giunti alla seconda stagione di questo podcast, basata sul libro "Think Thin". Se vuoi completare l'ascolto di questa seconda stagione con la lettura del libro, dove troverai più infomazioni specifiche in merito agli argomenti che tratteremo, richiedicelo scrivendo un'email all'indirizzo eng@dallan.com e scrivi "Think Thin libro podcast" sullì'oggetto, per riceverlo direttamente a casa tua. Buon ascolto!
Mio padre prima di fondare la Dallan lavorava in un'azienda che produceva infissi metallici, la Secco.La Secco era un'azienda leader nella profilatura di telai per porte e finestre.Qui, mio padre mi racconta sempre che la profilatura era un mestiere ancora per artisti, dove i “maghi” della profilatura sapevano quali rulli e passaggi toccare per far uscire bene i profili. Spesso si usavano pezzi di legno e accrocchi temporanei per ottenere il profilo corretto.Un processo tutt'altro che industriale, nonostante le dimensioni e dell'azienda!Studiava all'università mentre lavorava e aveva quasi finito la sua tesi di laurea su un idrogetto, quando decise di cambiare completamente progetto. Scrisse una tesi sulla profilatura dei profili leggeri – una pietra miliare della storia della nostra azienda.I materiali sottili erano già nel focus di mio padre già nel 1973.
La difficoltà di reperire personale produttivo, specialmente in Europa e Nord America, sta diventando un problema sempre più diffuso. Questo si accompagna con la volontà di contenere il più possibile i costi di produzione, sostituendo il personale addetto a operazioni semplici o ripetitive con automazioni. Il sogno proibito degli imprenditori e delle aziende è arrivare a produrre con pochissimo o zero personale.
Appresi i vantaggi del sistema Combi per le serie di rulli, abbiamo applicato lo stesso concetto anche ai gruppi di stampi che si installano prima o dopo le profilatrici. Quando un profilo è stato formato a volte necessita per completare la lavorazione anche di unità idrauliche e stampi speciali per imbutiture o aperture particolari – quelle che non possono essere eseguite prima della profilatura.
Uno strumento della Lean Production è la tecnica SMED. Questa tecnica è rivolta alla velocità di riattrezzaggio delle linee produttive e significa Single Minute Exchange Die. L'obiettivo è tendere al riattrezzaggio della linea in meno di dieci minuti. Chiaramente, questo strumento si rivolge al problema della Flessibilità, ma sempre in chiave di Efficienza e Produttività.
Bito Lagertechnik Bittmann GmbH è uno dei leader europei nei sistemi di magazzinaggio. Lavoriamo ogni anno circa 70.000 tonnellate di lamiere d'acciaio. La nostra volontà era di migliorare la nostra capacità di produrre piccoli lotti, pezzi speciali, prototipi, campioni, di soddisfare grande richiesta di flessibilità, di produrre pezzi speciali su richieste specifiche dei clienti. L'esigenza di nuovi prodotti o di prodotti appositamente adattati alle esigenze dei clienti richiedeva la flessibilità della nostra produzione. Volevamo combinare però l'elevata flessibilità con una buona produttività. Quindi nacque ancora e ancora una domanda importante durante la pianificazione dell'investimento: produzione da foglio o da coils?
A volte sembrava che le aziende che volevano risolvere un problema come la produttività o l'efficienza, dovessero per forza mettere da parte la flessibilità.L'introduzione del laser risolse questo dilemma nelle punzonatrici da coil, introducendo grandissima flessibilità in un processo già molto efficiente e aumentando la produttività del sistema rispetto alla sola punzonatura da coil, ancora di più rispetto alla punzonatura da foglio.Aziende che lavoravano la lamiera partendo da foglio, quando avevano volumi importanti, si rivolgevano alle linee di stampaggio e profilatura per aumentare la produttività, ma lamentavano di dover fare i conti con una perdita di flessibilità per il tempo necessario a cambiare le serie di rulli.Altre volte aziende che producevano staffe e accessori in lamiera lasciavano il foglio per passare alle linee di stampaggio da coil, molto produttive, ma che richiedevano uno stampo diverso per ogni prodotto.
Il 1984 fu uno degli anni più importanti della storia della nostra azienda. In quel periodo, infatti, mio padre fece anche un viaggio negli Stati Uniti. Ha sempre amato leggere libri sul management e strategia (è sempre stato un autodidatta) e al tempo portò con sé un libro di Michel M. Robert sulla strategia aziendale. Mi racconta sempre che fu colpito da un semplice concetto. Il libro spiegava che un'azienda dovrebbe principalmente concentrarsi sul vendere ciò che sa fare bene e per capire cosa sa fare bene deve analizzare la redditività di ogni prodotto che vende. Mio padre aveva con sé i dati dei costi delle macchine vendute nei periodi precedenti, così li analizzò e capì che le sole macchine dove riusciva a guadagnare erano quelle per spessori sotto i due millimetri, mentre sulle altre il lavoro era quasi sempre in perdita. Detto fatto. Durante il viaggio di ritorno scrisse la prima strategia aziendale definendo Dallan come azienda specializzata nei sistemi di profilatura, semplici da usare, per lamiere sottili. E la cosa più difficile, per un'azienda che ancora aveva poco lavoro, fu di iniziare a dire dei “no” ai clienti che chiedevano macchine per profili oltre due millimetri di spessore. “Quindi, non lo sapete fare?” – lo provocavano. E mio padre iniziò a rispondere che la richiesta semplicemente “non rientra nel nostro programma di produzione”. L'effetto di questa scelta di focalizzazione fu che l'azienda cominciò ad andare sempre meglio e che il nostro mercato – una nicchia ora più ristretta – iniziò a espandersi a livello internazionale.
Una volta ammortizzato l'acquisto dell'impianto, il costo orario scende, naturalmente, ma nell'attribuire il costo orario all'impianto consiglio sempre di continuare a utilizzare il valore inizialmente calcolato. E questo, fondamentalmente per due motivi. Il primo è di tipo conservativo: l'impianto si è ripagato, quindi calcolando il costo con il valore iniziale, otteniamo sempre un valore più alto che ci permette di avere un fattore di sicurezza nei calcoli del costo pezzo. Il secondo motivo è legato al mantenimento del valore dell'investimento fatto.
Nel settore della produzione di profili, molte delle aziende che ci contattavano realizzavano i profili a partire da foglio, preparavano le bandelle punzonate e li piegavano in presso piegatrice. Moltissime aziende lavorano ancora così e può essere un sistema adeguato quando la variabilità dei pezzi, materiali e forme è altissima.Ma questo sistema di lavorazione genera moltissime inefficienze. A partire dallo scarto del materiale, continuando con la manodopera necessaria alle movimentazioni e alla logistica e per finire con il tempo necessario ad eseguire la piegatura. Ma quando ci sono prodotti ripetitivi, come pannellature, profili di ventilazione, profili per costruzioni, illuminazione, controsoffitti, protezione solare, finitura di interni e in generale quando un'azienda ha un proprio prodotto OEM, è indispensabile pensare la produzione in modo diverso. La profilatura, infatti, esegue tutte le piegature del profilo simultaneamente e con velocità oltre cento metri al minuto.
Ma che senso aveva produrre rapidamente un pezzo se i tempi di carico e scarico della macchina, di cambio produzione, movimentazione e imballaggio erano molto più alti?Iniziai a capire quali erano le domande giuste da fare, partendo dalle dimensioni dei lotti, dalla gestione della produzione prima e dopo la macchina, e dal numero di cambi produzione.La produttività si scontrava spesso, se non quasi sempre, con la flessibilità richiesta al processo.Nel settore della lavorazione della lamiera erano contemplati principalmente due sistemi di produzione: a partire da foglio con punzonatrici a controllo numerico (per basse produzioni e alta flessibilità) e a partire da coil con pressa e stampi a passo (per alte produzioni, ma con bassa flessibilità).L'introduzione dei sistemi di punzonatura parametrici da coil fornì grandissimi vantaggi in termini di risparmio di materia prima e grandissimo aumento di produttività e flessibilità!
La Lean Production nasce in Giappone, nelle fabbriche della Toyota. Il suo padre fondatore fu l'ingegnere Taiichi Ohno (1912-1990), che la descrisse nel libro Toyota Production System.Il Giappone in quel periodo era un paese provato dalla sconfitta nella seconda guerra mondiale; era una terra con poche risorse e geograficamente poco estesa.La Lean Production analizza il flusso della produzione e delle informazioni attraverso l'azienda, dall'ordine del cliente fino alla consegna e cerca di identificare quali sono le operazioni che per il cliente aggiungono valore e tutte le operazioni che non aggiungono valore.
Risolvere il problema dell'Efficienza dei processi, ha un duplice effetto positivo.Per prima cosa, introdurre la lavorazione dal coil nel processo – come abbiamo visto – introduce risparmi di materia prima anche superiori al venti percento, per realizzare la stessa quantità di prodotto e questo significa margine e flusso di cassa positivo immediatamente disponibile per l'azienda.Un altro problema, nel bilancio energetico di una macchina, la presenza di attuatori idraulici.L'idraulica ha una funzione ancora molto importante nelle macchine: infatti non esistono ancora attuatori servoelettrici che riescano a generare tanta forza in così poco spazio.
CaptiveAire un nostro cliente americano, che produce cappe aspiranti per cucine industriali.Queste macchine di aspirazione hanno una struttura in acciaio inox e i pannelli che le compongono possono essere lunghi anche cinque metri.Il principale problema che aveva Captive Aire era il grande spreco di materiale. Infatti, i pannelli avevano dimensioni e lunghezze continuamente diverse: questo rendeva necessario produrre a partire da un sistema laser.Il problema? Lavorando da foglio avrebbero avuto uno scarto di materiale altissimo.
Oltre al lavoro su punzonatrici e laser, dal 2008 portavo avanti – insieme a mio padre – anche la vendita e le consulenze per i sistemi di profilatura.La Dallan era riconosciuta come lo specialista dei sistemi per la profilatura di lamiere sottili e questa focalizzazione fece sì che ci specializzassimo ulteriormente nei settori della finitura di interni e protezione solare.Questi profili hanno caratteristiche particolari: sono spesso in materiale preverniciato e richiedono tolleranze ristrette, oltre all'estetica impeccabile.In questo settore mio padre lavorava per sviluppare al meglio le relazioni che creava con i propri clienti, quindi partecipavamo spesso a fiere di settore; fiere dove potevamo incontrare i nostri clienti e ascoltare i loro problemi.Nel corso del tempo, potei catalogare i problemi principali che affrontavano in quattro categorie strettamente interconnesse, legate ai principi di Efficienza, Produttività, Flessibilità e Automazione.In pratica, queste sono quattro dimensioni su cui valutare l'investimento e non è sufficiente la produttività come singolo parametro di valutazione!
Una corretta raccolta e gestione dei dati è fondamentale per poter rendere l'azienda e la produzione stessa sempre più efficienti, a maggior ragione nell'ambito dell'Industria 4.0.Ne parlo in modo più approfondito in questa "chiacchierata" con Fabio Boiocchi del gruppo Tecniche Nuove.
Avrei potuto cominciare questo podcast parlandoti di complicate formule matematiche e di noiosi tecnicismi.Invece, ho deciso di parlarti della mia storia, della storia di mio padre e della sua azienda, perché ti farà capire come siamo giunti a soluzioni e a innovazioni in grado di aiutare le aziende produttrici di tutto il mondo.Ma non ti preoccupare, ci sarà spazio anche per le informazioni tecniche. Anzi, ti prometto che scoprirai un sacco di novità e di dati di importanza vitale per la tua attività.Quindi… perché sono diventato ingegnere?Che tu ci creda o meno, la mia storia da ingegnere è cominciata molto, molto presto: quando andavo alle elementari.Credo fosse scritto nel mio DNA. Mio papà era ingegnere – anzi in azienda lo chiamavano sempre l'Ingegnere – e io ho deciso di seguire la sua stessa strada. Ma non è stata una di quelle scelte obbligate per cui io volevo fare il rockettaro capellone che si ribella alla propria figura genitoriale, mentre lui voleva impormi la sua professione.No, io sognavo di fare l'ingegnere.Chiamala vocazione o come ti pare, sta di fatto che sentivo questo fuoco ardermi dentro e beh, il contesto familiare ha fatto il resto.Ma continuiamo con la mia storia, perché ti permetterà di venire a conoscenza di informazioni fondamentali per la tua azienda.Erano la fine degli anni ‘70. Io ero ancora un bambino e mio padre si era messo in proprio da poco; aveva aperto l'azienda con il nome “Dallan Ing. Sergio”.Lui, spesso era via per lavoro e ricordo che guidava per più di centomila chilometri ogni anno, con auto che cambiava ogni due anni. La Fiat Ritmo, poi la Regata con i primi condizionatori, poi –qualche anno dopo – la Lancia Thema.In pratica, non era quasi mai a casa e questo a me pesava molto.Avevo poco più di sei anni e ricordo ancora il momento in cui “progettai” per lui la prima macchina profilatrice.In realtà, da bambino volevo aiutarlo in modo che avesse più tempo da passare con me e mi piaceva ascoltarlo mentre mi raccontava e mi spiegava quello che progettava: macchine che utilizzano i rulli per piegare la lamiera.La mia famiglia aveva l'abitudine di riunirsi ogni sabato a pranzo, a casa di mia nonna. Uno di quei sabati mi sono messo in un angolo a disegnare e ho progettato (per quello che un bambino era in grado di progettare) una macchina nuova per mio padre.Avevo aggiunto all'aspo e ai rulli, anche tre “trapani” e una grossa sega. In pratica, il mio primo “centro di profilatura”. Poi andai da lui, gliela mostrai e dissi: “Con questa macchina, i tuoi clienti potranno piegare ed anche bucare e tagliare i profili!”I clienti erano in pratica i miei “concorrenti” per il tempo che mi toglievano per stare con lui!Mio padre prese il disegno e lo guardò.Per me lui era – come per molti bambini – un idolo assoluto. In quel momento, con il foglio in mano e con un'espressione concentrata, mi ha detto: “Questa macchina integra tante lavorazioni… la chiameremo Integrata!”.Io ero al settimo cielo. Mio padre aveva dato un nome alla mia creazione. Mi sentivo già un inventore.Quello è stato il preciso momento in cui ho deciso che sarei stato anch'io un ingegnere. Anch'io volevo inventare le macchine!L'anno dopo mio padre mi portò in azienda con lui. Mia madre non poteva tenermi quel pomeriggio e lui per tenermi occupato mi diede un lavoro da fare.Una grande cassa di viti da separare per dimensioni in scatole più piccole. Un lavoro – a parte difficile per un bambino di sette anni – ma anche molto noioso!Mi pagava, però, 500 lire all'ora e ricordo che ero così annoiato che ogni mezz'ora andavo a chiedergli le mie 250 lire (lui me ne dava sempre 500, però).Mia madre non fu molto d'accordo su quel tipo di “avviamento al lavoro” :) e passò diverso tempo prima che tornassi di nuovo in fabbrica.Nel frattempo, in un'estate di seconda liceo iniziai a lavorare nello studio di mio zio Luigi, nello scantinato della casa di mia nonna.In realtà, più che progettare, copiavo degli assiemi meccanici a china sul tecnigrafo. Erano gli anni dei primi software di disegno, del GBG, che non mi facevano utilizzare perché “a progettare si impara prima sul tecnigrafo”.Ricordo gli schermi costosissimi e profondissimi che c'erano al tempo – mio padre me ne aveva mostrato uno anche in azienda – ed era così costoso che solo Fabrizio, il suo capo progettista, ci lavorava.In quel periodo mi affascinava il funzionamento e la complessità della meccanica dei plotter a china, con la torretta dei pennini che si cambiavano automaticamente e che andavano puliti e ricaricati ogni volta.Questo plotter che disegnava cerchi e linee sempre perfetti, mentre io dovevo imparare sul tecnigrafo e correggere i lucidi con la lametta!Qualche anno dopo mi iscrissi finalmente alla facoltà diIngegneria Meccanica a Padova. Avevo appena iniziato l'università e un'estate tornai a lavorare in azienda – anzi, in un'azienda del gruppo.Mio padre aveva fondato da poco la Simeoni, un'azienda che al tempo produceva principalmente i rulli per le nostre profilatrici. Quell'estate lavorai alla programmazione dei torni a controllo numerico.Il periodo dell'università era un periodo di studio molto intenso.Però le estati le avevo sempre libere da esami e in quelle successive venivo in azienda a lavorare al montaggio delle macchine.Probabilmente non sono il miglior montatore; ma i miei supervisori erano pazienti e severi. Non avendo mai lavorato prima al montaggio, non sapevo cosa volesse dire il lavoro fisico, meno che meno stare in piedi a lavorare tutta una giornata.Il mio primo incarico fu di aiutare il montaggio delle testate di profilatura, con Dario.Ricordo che la prima sera avevo così male alle braccia, che ho avuto anche la febbre.Di carattere, sono molto determinato e completai lavorando quell'estate – e anche quelle successive – montando testate, punzonatrici per tapparelle e altri sottogruppi delle nostre macchine.Durante gli inverni del periodo dell'università, iniziai a liberarmi del tempo per seguire mio padre alle fiere di settore a cui partecipava.Ne facevamo sempre molte e iniziai, così, ad avere i primi contatti con i clienti e ad assistere alle prime consulenze e trattative.Lì mi resi conto dell'importanza di conoscere le lingue straniere. Ero piuttosto bravo con l'inglese e scoprii di essere portato anche per le altre lingue. Quindi, iniziai a fare corsi, prima di tedesco, poi di spagnolo e francese – soprattutto facendo delle vacanze studio all'estero.Quello è stato un periodo in cui mi son divertito moltissimo.Nel febbraio del 2000 mi sono laureato in una giornata freddissima, con un altrettanto fredda tesi sulla formabilità delle lamiere.Prima di entrare a lavorare in Dallan, iniziai uno stage in un'azienda tedesca, la Reko che faceva parte del gruppo Warema.Lavoravo in ufficio tecnico con il signor Kuntscher e facevo principalmente delle traduzioni tecniche dall'Italiano all'Inglese, dato che il mio tedesco non era ancora… perfetto.Nel giugno del 2000 entrai finalmente in azienda...
Hai mai sentito parlare della regola di Pareto?Se non lo conosci, Pareto era un matematico, un economista e sociologo italiano vissuto tra il 1848 e il 1923.Studiando la distribuzione della ricchezza osservò che in Italia, all'epoca, meno del 20% della popolazione possedeva l'80% delle terre.Da questa osservazione scaturì il famoso principio o regola di Pareto.In breve questo principio dice: “Quando osserviamo un fenomeno, la maggior parte degli effetti è dovuta a un numero ristretto di cause.”È anche conosciuta come regola 80/20, è di natura statistica ed empirica ed è verificabile in ogni ambito, anche aziendale.Ad esempio:• Meno del venti percento dei prodotti produce più dell'ottanta percento di fatturato• Meno del venti percento dei clienti produce più dell'ottanta percento di fatturato, o margini• Meno del venti percento dei paesi attrae più dell'ottanta percento delle vendite di un'azienda.Come vedremo, Produttività, Automazione e Flessibilità sono strettamente correlate tra loro, quindi risolvendo il problema sotto uno di questi aspetti si ottengono sempre benefici anche nelle altre aree e quindi in generale in termini di Efficienza e risultati aziendali.
Intervento a cura del business coach Anthony Smith in merito al libro "La Rivoluzione dell'Efficienza", anima di questo podcast e primo libro di Andrea Dallan.