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Strumenti StonatiSulla riva di un ruscello, dove nuotava una gran quantità di pesciolini di tutti i colori, abitava una famigliola: mamma, babbo e sette figlioli — quattro maschietti e tre femminucce.La loro casa era un po' distante dal paese di Strumentopoli, ma vicini al ruscello e accanto al Grande Bosco ci si stava proprio bene.La mamma coltivava con cura le verdure nell'orto. Il babbo, invece, era un artigiano del legno e creava strumenti musicali con i tronchi migliori, scelti tra gli alberi più solidi e profumati del bosco.I ragazzi andavano a scuola in paese. In inverno ci arrivavano con gli sci, mentre in primavera e autunno viaggiavano su un carretto trainato da due cerbiatti — uno bianco e uno nero, come le note del pianoforte. Prima della partenza, il babbo li contava uno per uno per assicurarsi che nessuno mancasse. Poi, come ogni giorno, si raccomandava“Comportatevi bene, non marinate la scuola e ricordatevi la favola di Pinocchio e del suo naso!”A quelle parole si salutavano tutti con un sorriso.Il babbo tornava poi al suo lavoro. I suoi strumenti erano costruiti con cura e ottimo materiale, ma c'era un problema: erano stonati. Da buon liutaio, però, non si scoraggiava e la sua passione per la musica era così grande che insegnare ai figli a suonare era stato un divertimento. Aveva perfino scelto per loro nomi speciali: Chitarra, Violino, Oboe, Liuto, Arpa, Bongo e Ukulele.La mamma non fece obiezione. D'altronde, chiamarli con i nomi delle verdure sarebbe stato simpatico, ma forse i loro amici del paese li avrebbero presi in giro.I bambini erano bravi a scuola, e quando tornavano a casa, si davano da fare nell'orto, aiutando la mamma. Un giorno, però, scambiarono delle piantine di ortica per lattuga: che pizzicore! E allora via tutti di corsa, un tuffo nel ruscello per rinfrescarsi e calmare il bruciore. I pesciolini si sbellicavano dalle risate:“Ma siete proprio sciocchi! Ah ah ah!”La mamma li aiutò a uscire dall'acqua e, rivolta ai pesci, disse:“Stasera, al tramonto, ci sarà un concerto nel cortile di casa. Si esibiranno i miei figli con i loro strumenti. Siete tutti invitati!”I pesci risposero con entusiasmo:“Bene, grazie per l'invito! Arriveremo fin lì, tanto pioverà e sguazzare si potrà. Splich, sploch, splach!”Quella sera fu una vera festa. Al concerto di musica un po' strana e strampalata, tutti si divertirono da matti: i musicisti, gli animali arrivati dal bosco, e pure i pesci — che la mamma provvedeva a spruzzare con l'acqua.Dopo quella serata allegra, la vita riprese tranquilla, tra scuola, orto e anche il bosco. Infatti, nel tempo libero, a volte ci andavano ad aiutare il babbo a scegliere e tagliare il legno per costruire i suoi strumenti. Il Grande Bosco era ormai un luogo familiare per loro. Così, un giorno, mentre ci giocavano arrampicandosi sugli alberi, i ragazzini videro un gruppo di gnomi che complottavano irrequieti. Si nascosero dietro a dei cespugli, ad osservare e ascoltare i loro discorsi.La riunione, convocata in gran fretta, era per prendere una decisione su un pericolo imminente. C'era una pericolosa tempesta in arrivo. Si parlava di un vento d'uragano che non si era mai visto né sentito da cent'anni — o forse più — e che stava per raggiungere il bosco.“Bisogna fermarlo, con ogni mezzo,” dicevano gli gnomi.Così, decisero di chiedere aiuto a un vecchio alleato: il Grande Guerriero Della Montagna, armato di spada e poteri magici. Colui che in passato aveva già sconfitto draghi e perfino extraterrestri che volevano conquistare la Terra.I sette bambini, allarmati dalla notizia e decisi ad aiutare nella battaglia, corsero velocemente verso casa, anche per avvisare gli abitanti del villaggio del pericolo incombente. Intanto il vento si avvicinava. Si sentiva da lontano: era selvaggio e ululante. Al suo passaggio, gli alberi si piegavano fino a sfiorare il suolo. Alcuni ondeggiavano, altri si spezzavano o venivano sradicati.Gli abitanti di Strumentopoli, che cominciavano a sentire il vento per le strade del paese e videro il Grande Guerriero scendere dalla montagna, si allarmarono, ma non si fecero prendere dal panico. Ognuno prese il loro strumento e tutti si misero a correre verso la casa sul ruscello per aiutare la famiglia che ci viveva e insieme a loro provare a salvare il Grande Bosco.Allo stesso tempo anche i pesciolini colorati arrivarono, uniti e determinati, e così fecero anche gli altri animali del bosco e del ruscello:“Tutti insieme possiamo formare una barriera e bloccare il vento!” Dissero all'unisono.A quel punto, anche i ragazzini della famiglia, rientrati affannati dalla corsa, si fecero avanti e dissero:“Anche noi abbiamo gli strumenti musicali del babbo; sono strani, un po' stonati… ma se li suoniamo tutti insieme, forse riusciremo a fermare la bufera.” E così dicendo entrarono in casa e tornarono in un battibaleno.Gli gnomi, conoscendo bene i limiti di quegli strumenti, con un incantesimo misero in atto una magia musicale molto potente.Quando i ragazzini iniziarono a suonare, accadde qualcosa di speciale. La musica, per la prima volta, fu melodiosa, armonica e coinvolgente. Ad uno ad uno anche tutti gli abitanti di Strumentopoli si aggregarono ed ognuno con il proprio strumento contribuì come se tutti fossero parte di una grande orchestra. Il vento d'uragano, che era impegnato in un combattimento furioso con il Grande Guerriero Della Montagna, la sentì da lontano e immediatamente cominciò a calmarsi. Il suo ululare iniziò a moderare di potenza e quando arrivò vicino al bosco era una fresca tramontana che, infine, si trasformò in una dolce brezza di valle. Il vento ora era divenuto parte di quella meravigliosa orchestra — la battaglia era stata vinta per merito di tutti. Ognuno aveva offerto la propria musica e aveva contribuito al successo. L'unione fa la forza. Dissero tutti insieme, soddisfatti.Il babbo liutaio continuò a costruire strumenti con i legni più pregiati offerti dal bosco. Erano talmente belli e suonavano così bene che si diceva fossero i più melodiosi mai ascoltati.I figli — Chitarra, Violino, Oboe, Liuto, Arpa, Bongo e Ukulele — entrarono a far parte della banda del paese. Ad ogni festa, suonavano con successo, tra applausi e sorrisi. Anche gli gnomi e il Grande Guerriero ascoltavano la loro musica… dal bosco e dalla montagna. I pesciolini colorati nuotavano e danzavano felici nel ruscello e quando qualcuno passava di lì, lo salutavano con allegri schizzi: “Splish! Splosh! Splash!”La famiglia continuò a vivere vicino al grande bosco e nelle sere d'estate, quando finalmente tutto diventava silenzioso, si sdraiavano lungo la riva del ruscello e guardavano le stelle in cielo. I loro cuori raccontavano… e la notte scriveva il lieto fine delle favole.-- Scritta da Lucia & Marco Ciappelli Each story is currently written and narrated in both Italian and English.The translation from Italian (the original language) to English and the reading of the stories are performed using Generative Artificial Intelligence — which perhaps has a touch of magic... We hope it has done a good job!If you like it, make sure to tell your friends, family, and teachers, and subscribe to this podcast to stay updated. You'll be able to read or listen to new stories as soon as they become available. Visit us On The Official Website https://www.storiesottolestelle.com/
Comportatevi con saggezza verso quelli di fuori, approfittando delle opportunità.Colossesi 4:5
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8024OMELIA EPIFANIA DEL SIGNORE - ANNO C (Mt 2,1-12) La solennità di oggi è un prolungamento della celebrazione del Natale del Signore. Più specificamente, ha lo scopo di celebrare il mistero della manifestazione della gloria infinita del Figlio unigenito del Padre al mondo intero. Già san Girolamo così spiegava ai suoi ascoltatori nell'Omelia sul giorno dell'Epifania: «Per designare questo giorno si usa il termine greco epifania. Ciò che noi, latini, indichiamo col termine apparizione oppure manifestazione, i greci lo chiamano epifania. A questo giorno si è dato questo nome proprio perché il nostro Signore e salvatore si è manifestato al pubblico». Per questo oggi ciascuno di noi è in festa ed è pieno di gioia, perché è sicuro di non essere escluso dalla salvezza che Gesù è venuto a portare a tutti.Le Letture di oggi mostrano molto bene questo grande mistero. La salvezza non è più offerta soltanto ai giudei, ma anche i pagani sono chiamati ad entrare nel Regno di Dio. È interessante notare come san Matteo, all'inizio del suo Vangelo, riferisca questo accenno alla misericordia di Dio rivolta a tutti i popoli, e concluda il suo Vangelo con la frase di Gesù: «Andate e fate discepoli tutti i popoli [...] io sono con voi [...]» (28,19s). Gesù vuole aprirsi a tutti gli uomini. A tutti vuole portare più pace, più amore, più gioia. Vuole diffondere ovunque il Suo lieto annuncio, la Buona Novella. Nessuno può più restare nelle tenebre. E per questo oggi vuole servirsi di noi.Nella prima Lettura vediamo la processione dei popoli verso la luce di Gerusalemme: «Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano» (Is 60,3s). In passato, solo la città di Gerusalemme, cioè il popolo eletto, aveva la gioia di conoscere Dio. Ora, Dio in Cristo si è donato interamente all'umanità, per la salvezza di tutti. La Chiesa, istituita da Cristo, ha il compito di annunciare questa Buona Novella a tutti i popoli della terra.La salvezza è offerta a tutti, ma per averla in dono bisogna aderire a Cristo e fare la sua Volontà. Dopo aver conosciuto Cristo, non è possibile continuare a vivere come prima. Questo vale anche per noi cristiani. Se non ci convertiamo e non cambiamo stile di vita, finiremo anche noi per seguire il tragico cammino del popolo eletto, il quale non seppe riconoscere il suo giorno e la sua luce. Non riconobbe il suo Re e il suo Salvatore nel Bambino di Betlemme.L'episodio evangelico della visita dei Magi a Gesù Bambino è la manifestazione di questa grande verità: oggi viene rivelato quel mistero – come lo chiama san Paolo – che era rimasto nascosto precedentemente sia agli Ebrei che agli altri popoli, cioè che Cristo è l'unico Salvatore di tutti gli uomini, e non solo del popolo ebraico. È vero che Gesù è «il re dei Giudei», il Messia, discendente di Davide, nato a Betlemme. Però, Egli è pure destinato ad essere la «salvezza preparata da Dio davanti a tutti i popoli» (Lc 2,30s), e la «luce per illuminare le genti» (2,32).L'Epifania è perciò per eccellenza la festa missionaria, la festa in cui tutti i popoli sono chiamati alla fede. E poiché anche noi eravamo tra quei popoli pagani, oggi è anche la festa della nostra chiamata alla fede. Pure noi siamo stati chiamati ad entrare in quel disegno di salvezza, che Dio ha voluto per tutti gli uomini. Questo grande dono non possiamo però tenerlo per noi. Anche noi dobbiamo essere luce e salvezza per gli altri con la testimonianza delle nostre opere buone, scaturite dalla nostra fede, secondo quanto scriveva san Paolo agli Efesini, e secondo quanto la Liturgia ora rivolge a noi: «Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate ciò che è gradito al Signore, e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente» (Ef 5,8-11). Gli altri vedendo le buone opere nostre glorificheranno il Padre e si sentiranno attirati al Vangelo di Gesù, che dona la salvezza.La preghiera di Colletta della Santa Messa ci fa chiedere con fiducia: «O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio, conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la grandezza della tua gloria» (dal Messale Romano). Rivolgiamoci con fiducia alla Madonna: come ha presentato Gesù Bambino all'adorazione dei pastori nella Notte di Natale, come lo ha presentato all'adorazione dei Magi, così lo presenti ogni giorno anche a noi, come nostro Salvatore.
Comportatevi come figli di luce.Efesini 5:8
Comportatevi con saggezza verso quelli di fuori, ricuperando il tempo.Colossesi 4:5
Meditazione dal Calendario Parole di Vita 2021.Comportatevi con saggezza ... ricuperando il tempo.(Colossesi 4:5)
Dare tutta la tua anima a Dio significa mettere a disposizione il tuo corpo, la tua vita e la tua anima come cittadino dei Cieli, straniero ai quei desideri malvagi del mondo che vorrebbero controllare la tua vita. --- CLICCA SUL TITOLO PER ASCOLTARE IL MESSAGGIO Tempo di lettura: 9 minuti Tempo di ascolto audio/visione video: 30 minuti La scorsa settimana abbiamo iniziato parlando delle puntata “all in”, quella dove mi gioco tutto quello che ho. Gesù ci dice che quello è il primo e più grande comandamento, se voglio obbedire al Padre; mettere sul piatto tutto per Dio. Abbiamo visto come Dio chieda di puntare “tutto il cuore”, nel senso ebraico del termine, ovvero tutta l'intelligenza, il ragionamento, i pensieri, la logica, e di metterle a disposizione di Dio attraverso delle azioni che lo dimostrino. Oggi vediamo la seconda “puntata all in” che ci chiede di fare Gesù. «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua...» (Luca 10:27). La seconda cosa che Gesù mi chiede di mettere sul piatto è la mia anima. Vi siete mai chiesti cosa intenda dire Gesù? Perché è una affermazione un po' strana: io devo mettere a disposizione di Dio la parte immortale di me, l'anima, quando in Ezechiele lui stesso afferma che... “Ecco, tutte le anime sono mie; tanto l'anima del padre come l'anima del figlio sono mie.” (Ezechiele 18:4a) Come posso dargli qualcosa che Dio afferma essere già sua? La parola “anima” nel vangelo di Luca, che è scritto in greco, è ψυχή – psychē. Ma ovviamente Gesù non parlava in greco, ma in aramaico. Non stupitevi che non parlasse in ebraico; quella era la lingua parlata dai sacerdoti, ma parlava la lingua che tutto il popolo usava all'epoca. Anche stavolta dobbiamo vedere la differenza tra la cultura greca, dalla quale deriva la nostra cultura occidentale, e quella ebraica. Lo farò aiutandomi con dei bicchieri colorati. Luca usa la parola psychē.; nelle nostre copie del Nuovo Testamento psychē viene tradotto sia con “anima” sia con “vita”. Nella cultura greca gli esseri umani erano composti da due diverse entità una dentro l'altra (tipo matriosca). Una era σῶμα – sōma, (bicchiere rosso) ovvero la parte fisica, il corpo l'altra ψυχή – psychē, (bicchiere azzurro) ovvero la parte metafisica (che va oltre il fisico), lo spirito vitale, l'anima. Per i greci sōma, la parte fisica, il corpo, era la parte ignobile, quella che non valeva niente perché sottoposta agli eventi del mondo alla fame, alla sete, al caldo, al freddo, all'invecchiamento, alla morte, ed era da disprezzare. Psychē invece, la parte metafisica, lo spirito vitale, l'anima, era la parte importante, quella nobile, (bicchiere azzurro) quella che valeva tutto perché era fuori dal tempo ed era immortale. La questione si complica ulteriormente con la cultura tardo latina (quella da cui proveniamo noi). Per i latini gli esseri umani erano composti da “corpŭs”, il corpo (bicchiere rosso) “vīta”, l'energia vitale, (bicchiere verde)... e molti si fermavano qua; già all'epoca c'era chi non credeva più agli dei, e “ănĭma”, l'anima (bicchiere azzurro). La parte importante per il latini era il corpo, (bicchiere rosso) per cui l'importante nella vita era godere, l'anima non era così importante (e forse nemmeno c'era per molti). Lunga premessa per capire a cosa si stia riferendo Gesù. Visto che non parlava in greco, ma in aramaico; che parola avrà usato? La parola che quasi sicuramente ha usato Gesù in aramaico è רוחא- nepesh (pronuncia "now-sha") che è identica alla parola ebraica נֶפֶשׁ - nep̱eš .(pronuncia “nefesh”). Perché è importante tutto questo? Perché in ebraico la parola “anima/ psychē si traduce con nep̱eš e la parola corpo/ sōma si traduce con nep̱eš. Per gli ebrei corpo, vita ed anima erano un tutt'uno indivisibile, (bicchiere giallo) il corpo senza vita ed anima non poteva esistere, e l'anima senza corpo e vita non potevano sussistere. Per cui nep̱eš racchiudeva sia il corpo, sia la vita, sia l'anima. Erano parti inscindibili, non divisibili di ogni essere umano. Tu potresti però dirmi: “Beh, Marco, aspetta un attimo, il corpo è mortale, mentre l'anima è immortale: come possono essere una sola cosa? Prima o poi una delle due si separerà dall'altra!” Spero di non “scandalizzarvi”; ma nell'Antico Testamento non si parla mai di immortalità dell'anima. Infatti, se leggiamo tutto il versetto di Ezechiele 18, non solo la prima parte, Dio dice: “Ecco, tutte le anime sono mie; tanto l'anima del padre come l'anima del figlio sono mie. L'anima (nep̱eš) che pecca morirà.” (Ezechiele 18:4) Gesù stesso dirà: “E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima (psychē); temete piuttosto colui che può far perire l’anima (psychē) e il corpo nella geenna.” (Matteo 10:28) Ma nell'Antico Testamento si parla di resurrezione; Daniele parla di resurrezione del corpo: “Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno, gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e per un’eterna infamia.” (Daniele 12:2) e Davide parla di resurrezione dell'anima: “Ma Dio riscatterà l’anima mia (nep̱eš) dal potere del soggiorno dei morti, perché mi prenderà con sé.” (Salmo 49:15) Poiché corpo ed anima erano indivisibili, per gli ebrei il corpo moriva e con esso moriva anche l'anima. Il concetto di morte per gli ebrei, e per Dio è differente da quello che abbiamo noi occidentali: la morte non è la fine di tutto; il corpo tornava ad essere polvere come era stato all'inizio in Genesi 2, e l'anima finiva in un posto chiamato (lo dice Davide) שְׁאוֹל , Shoel, (Ades in greco) “soggiorno dei morti” in attesa della risurrezione (dice Daniele) di vita eterna per chi avrà creduto nel Figlio di eterna vergogna per chi non avrà creduto in lui. Vi faccio un esempio banale: è come spengere la tv con il telecomando: la tv sembra spenta, ma è in attesa che ci sia un nuovo segnale per riaccendersi. Non dobbiamo comperare una nuova TV per vedere i programmi, basta riattivare i circuiti di quella che abbiamo spento. Ritorniamo al nostro quesito da risolvere: cosa intende dire Gesù quando afferma che devo mettere sul piatto tutta la mia anima? Da quello che abbiamo visto, non posso “staccare” l'anima dal mio corpo e dalla mia vita per darla a Dio; devo dargli l'intero pacchetto, ovvero: “Ama il Signore Dio tuo ... con tutto il tuo corpo, con tutta la tua vita, con tutta l’anima tua...” (Parafrasi) Come faccio? La domanda è: come? Come faccio a mettere sul piatto corpo, vita e anima? Pietro ci da un suggerimento: “Fratelli miei, qui siete soltanto forestieri. Dato che la vostra vera casa è in cielo, vi prego di non aver nulla a che fare con i desideri malvagi di questo mondo, che sono sempre in lotta contro la vostra anima (psychē).” (1 Pietro 2:11 BDG) L'obiettivo principale del mondo è fare guerra per avere la tua anima, far si che il tuo corpo e la tua vita obbediscano a tutt'altro che Dio. Il mondo vuole essere l'autorità ultima che fornisce le fondamenta alla totalità del tuo essere. Questo è ciò che noi dobbiamo affrontare tutti i giorni. Cosa suggerisce Pietro, allora? Di non aver nulla a che fare con il mondo? Isolarsi in un monastero, e aspettare che passi la vita? Assolutamente no! Pietro ci chiede di non aver nulla a che fare coi i DESIDERI MALVAGI del mondo! E Pietro ce ne fornisce anche una lista: v. 12 “Comportatevi bene fra i non credenti...” (1 Pietro 2:12 PV) Il desiderio di “essere buoni” solo con quelli che credono in Cristo... Agli altri, giù mazzate! v. 13 “Per amore del Signore, siate sottomessi ad ogni autorità umana... (1 Pietro 2:13 PV) v. 17 … e onorate chi vi governa...” (1 Pietro 2:17 PV) Il desiderio di “farsi le proprie leggi”: passo col rosso, viaggio senza biglietto, lavoro a nero, evado le tasse. v. 18 “Voi servi rispettate i vostri padroni...” (1 Pietro 2:18 PV) Il desiderio di restare a casa e far timbrare il cartellino a qualcun altro, il desiderio di stare in ufficio davanti al pc e navigare su Amazon per fare compere. v. 22 “Egli (Gesù) non peccò mai, né disse mai la minima bugia...” (1 Pietro 2:22 PV) Il desiderio di crearsi una verità “parallela” diversa da quella vera. v. 23 “Quando (Gesù) fu insultato, non rispose mai per le rime, e mentre soffriva non minacciava... (1 Pietro 2:23 PV) Il desiderio di ferire l'altro insultandolo, il desiderio di farla pagare a chi ci fa del male... Sono questi quelli che Pietro chiama “desideri malvagi di questo mondo”, con i quali non dobbiamo aver nulla a che fare. Si, ma come? Pietro ci dice che qui, in questo mondo, siamo “soltanto forestieri”, stranieri, immigrati. Come si comporta uno straniero che sa che prima o poi tornerà a casa? 1. Conserva la lingua La prima cosa che accade ad uno straniero è che pian piano perde la sua lingua madre; smette di pensare nella sua lingua, smette di conoscere le parole nuove della sua lingua perde l'accento della sua lingua. Quando mia moglie si è trasferita in Italia non esisteva la possibilità di vedere le TV o ascoltare le radio britanniche attraverso il web. Per non perdere la sua lingua avevamo comperato una radio ad onde corte tramite cui poteva ascoltare tutti i giorni una emittente che si chiama BBC World Service. Era l'unico modo per non far morire il suo inglese. Allo stesso modo, dobbiamo come figli e figlie di Dio continuare ad ascoltare la nostra lingua madre, quella con cui siamo nati di nuovo; questo significa, semplicemente, leggere la Bibbia ogni giorno. 2. Conserva le tradizioni L'altra cosa che, venendo in Italia, Janet rischiava di perdere, erano quelle tradizioni tipiche della sua vera patria. Ad esempio, in Inghilterra la sera di Martedì Grasso, si mangiano i pankakes... e si mangiano anche a casa nostra. E' importante mantenere le tradizioni, perché ci ricordano che nella nostra vera patria si fanno cose differenti da quelle che si fanno dove viviamo. Allo stesso modo, dobbiamo come figli e figlie di Dio mantenere le tradizioni che Dio ci ha indicato: questo significa, semplicemente, venire in chiesa la domenica FISICAMENTE: le dirette in streaming sono una ottima cosa per chi è impossibilitato a venire, ma sono quello che si chiama un “succedaneo” qualcosa che assomiglia costa di meno, ma non c'è paragone con l'originale. 3. Chiama a casa Quando Janet si è trasferita in Italia, ventotto anni fa, non esisteva Whatsapp, e l'unica maniera di essere in contatto, era telefonare... e le telefonate costavano una enormità. Ma le faceva lo stesso, perché in questo modo poteva ascoltare la voce dei suoi genitori, raccontargli quello che era accaduto qua in Italia, e magari chiedere consiglio su qualcosa. Dio ha da sempre avuto un Whatsapp, una linea completamente gratuita con la quale lo puoi chiamare ad ogni ora del giorno e della notte... tanto per lui fa lo stesso. Si chiama “preghiera”, quella chiamata ad un Padre che è sempre disponibile che è desideroso di sapere come stai, cosa ti accade, ed è pronto a parlarti per darti i suoi suggerimenti. Conclusione Per adempiere al Gran comandamento la seconda parte della mia puntata “all in” è amare Dio con tutto me stesso: corpo, vita, anima, perché sono un tutt'uno, capire che la mia patria non è questa, ma la mia cittadinanza è nei Cieli, e comportarmi come uno straniero, vivendo dove sono, ma obbedendo alle leggi del Padre. Preghiamo.GUARDA LE DIAPOSITIVE DEL MESSAGGIO GUARDA IL VIDEO DEL MESSAGGIO IN BASSA RISOLUZIONE SU FACEBOOK GUARDA IL VIDEO DEL MESSAGGIO IN BASSA RISOLUZIONE SU INSTAGRAM --- GUARDA IL VIDEO DEL MESSAGGIO IN HD (Visita il nostro sito per ascoltare la registrazione audio del messaggio, per scaricare gli appunti e per vedere le diapositive del messaggio)
Tu sei un "impiegato, una impiegata di Dio, un suo o una sua rappresentante, e la gentilezza è un ponte che tu costruisci con chi ti sta attorno affinché il messaggio di Cristo arrivi nel giorni in cui Lui li visiterà . Sii gentile verso il tuo prossimo! --- CLICCA SUL TITOLO PER ASCOLTARE IL MESSAGGIO Tempo di lettura: 7 minuti Tempo di ascolto audio/visione video: 24 min.Stiamo parlando da qualche settimana di come costruire la nostra felicità. Abbiamo visto che Paolo ci suggerisce per vivere felici di coltivare alcune “buone abitudini”, che in ambito cristiano vengono chiamate “virtù cristiane”. L'ultima di cui abbiamo parlato qualche settimana fa è la “misericordia”. Avevamo definito la misericordia come “amore in azione”: 1. La misericordia è essere paziente con le persone 2. La misericordia è perdonare coloro che sbagliano 3. La misericordia è aiutare chi soffre 4. La misericordia è fare del bene ai miei nemiciLa Misericordia è “amore in azione” Sapete, tutte queste elencate qua (specialmente da 2. a 4.) sono azioni in qualche modo “estreme”, in qualche modo eroiche, che non mi capita tutti i giorni di praticare. Non tutti sbagliano contro di me ogni giorno non incontro tutti i giorni persone che soffrono, non ho ogni giorno nemici a cui fare del bene... Allora, come posso ogni giorno praticare la virtù della misericordia? Guardate il punto numero 1: “essere paziente con le persone”. Essere pazienti è un atteggiamento “passivo”: c'è qualcuno che è difficile e io devo essere paziente. Come posso invece far si che la misericordia diventi una azione, diventi “attiva” diventi “amore in azione” su base giornaliera e non solo in casi estremi? Vorrei vedere con voi un paio di minuti di un video che avevamo fatto qualche anno fa. Cosa è che avete visto? Azioni “gentili”? Si, di certo. Erano fatte da credenti verso altri credenti? Non lo sappiamo ma direi che, per la gran parte, no. Erano azioni semplici da fare, che interrompevano la quotidianità di chi le faceva per pochi secondi, ma che dimostravano interesse verso l'altro, in maniera disinteressata. Vorrei che rifletteste su una cosa: se persone che vanno in auto, possono comportarsi con gentilezza verso persone che non conoscono, per nessun motivo in particolare, come dovremmo comportarci noi credenti che siamo chiamati ad avere “amore in azione” per via dell'amore con cui il Padre ci ha amato perché ha misericordia di noi? La Parola di Dio ci chiama non solo ad amare, anche ad essere “gentili”. “La persona che ama è gentile, non fa niente d'indecoroso, non cerca il proprio interesse,” (1 Corinzi 13: 5a PV) La parola che usa Paolo per “gentile” è χρηστευομαι chrēsteuomai, che viene da χρηστός chrēstos e significa, semplicemente, “ essere utile, essere utilizzato, essere impiegato”. Paolo ci dice che, se siamo persone che amano, la mattina quando ci alziamo, dobbiamo ricordarci che il nostro lavoro è quello di “essere utili”. Siamo “impiegati”, poiché siamo (o dovremmo essere) rappresentanti di un datore di lavoro che vuole da noi che vendiamo ogni giorno il suo prodotto principale, l'amore. Vi ricordate che avevamo detto che la misericordia è come un boomerang: torna sempre indietro... se lo sai lanciare bene! Anche la gentilezza è come un boomerang: se voglio che gli altri siano gentili con me, e che ascoltino ciò che dico loro, io devo essere gentile per primo. Quali sono i vostri sentimenti quando siete allo sportello di un ufficio pubblico? Tutto dipende da come vi accoglie l'impiegato allo sportello! E giudicherete l'efficienza di quell'ufficio anche per quel primo impatto. Avete presente che negli uffici pubblici, all'uscita ormai c'è spesso questo pannello? Se l'impiegato è burbero e vi tratta male, anche se otterrete quello che volete, darete una valutazione bassa. Per noi credenti vale lo stesso concetto. La gentilezza è la prima faccia che gli altri vedono di me, e influenza l'opinione che gli altri avranno del Gesù che voglio testimoniare loro. Prima vedono se sono gentile, poi giudicano quello che dico e che faccio e solo alla fine sono disposti ad ascoltare le mie parole e la mia testimonianza di Cristo e del suo amore per tutti. Quale “faccina” schiacciano le persone dopo avermi incontrato? Se dispenso gentilezza, probabilmente la faccina verde... Se dispenso “acido”... probabilmente la rossa. Quando dovrei essere gentile? Però, tu potresti dirmi: “Marco, ma mica si può essere sempre gentili! Ci sono volte dove è giusto “impuntarsi! Mica dobbiamo sempre essere il sacco dei cazzotti!” Nella Bibbia fortunatamente c'è un elenco delle situazioni quando devo essere gentile e un elenco delle persone con cui devo essere gentile. Si trova in Efesini 4:32 e in 1 Tessalonicesi 5:15) “Siate, invece sempre gentili gli uni verso gli altri” (Efesini 4:32a PV) L'elenco delle situazioni dove devo essere gentile, è : “Sempre!” L'elenco delle persone con le quali devo essere gentile, è : “Gli altri!” Tu potresti dirmi: “OK, Marco, ho capito: devo essere gentile verso quello che ho intorno, ovvero: la mia famiglia, i miei amici, i miei fratelli e sorelle in Cristo, ma con gli altri posso fare un po' come mi viene, vero?” Sbagliato... perché Paolo aggiunge: “Badate che nessuno ripaghi il male col male, ma cercate sempre di fare del bene, sia fra voi che a tutti gli altri.” (1 Tessalonicesi 5:15 PV) Non puoi limitare la gentilezza esclusivamente alle persone che ruotano nella cerchia più stretta della tua vita, “fra voi” ma va estesa e condivisa ben oltre quella ristretta cerchia, “tutti gli altri”. Questo non significa che dovrai essere SEMPRE lo zerbino degli altri: puoi essere gentile, ma fermo, affermando i tuoi diritti, senza necessariamente essere “acido”. E' facile? Assolutamente no! E' per questo che la Bibbia ci indica un modo infallibile per essere gentili e fermi: prenditi il tuo tempo, non rispondere sull'impulso dell'emozione: “ Sappiate questo, fratelli miei carissimi: che ogni uomo sia pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira... (Giacomo 1:19)” Perché dovrei essere gentile? Quale benefici traggo dall'essere gentile? Sono io che ci guadagno, essendo più “amabile” e amato, oppure c'è dell'altro? Certo, non posso negare che personalmente sarò più ben accetto se non mando a quel paese tutti al primo impatto. Ma devo soprattutto riflettere su quale vantaggio il mio modo di comportarmi porterà a Cristo attraverso la mia testimonianza. Il vero motivo dell'essere gentile per un credente ce la spiega Pietro: “Comportatevi bene fra i non credenti, così... vedranno quanto bene fate e dovranno lodare Dio nel giorno in cui egli si avvicinerà. (1 Pietro 2:12 PV) Pietro ci dice tre cose: 1. Se mi comporto bene (sono gentile) chi non crede VEDRA' il bene che faccio. Di conseguenza, se mi comporto male, il bene che faccio passerà in secondo, terzo, quarto ordine... e alla fine non verrà neppure notato. 2. Se vedranno il bene, la conseguenza sarà che la gloria non andrà a me, ma a Dio. 3. Ci sarà un giorno in cui ogni non credente sarà “avvicinato da Dio”... e il mio comportamento farà la differenza su quanto facilmente Dio entrerà nel suo cuore. Tu, ed io, siamo ambasciatori di Cristo nel mondo “Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa; voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia.” (1 Pietro 2:9) Tu ed io, che abbiamo ottenuto misericordia, la misericordia di Dio dobbiamo bramare che gli altri, i non credenti, ottengano quella stessa misericordia che ti è piovuta dall'alto. Noi siamo come ponte tramite cui quella misericordia può arrivare all'altro. Tu ed io siamo “il giorno in cui egli si avvicinerà” e nostre azioni gentili e disinteressate sono i pilastri che sorreggono quel ponte. Che faccina vuoi che schiaccino le persone che incontri, sapendo che Cristo ti chiama ad essere suo rappresentante, sua rappresentante nel modo? Preghiamo.GUARDA LE DIAPOSITIVE DEL MESSAGGIOGUARDA IL VIDEO IN BASSA RISOLUZIONE SU FACEBOOK --- GUARDA IL VIDEO IN HD (Visita il nostro sito per ascoltare la registrazione audio del messaggio, per scaricare gli appunti e per vedere le diapositive del messaggio)
6 Nessuno vi seduca con vani ragionamenti; infatti è per queste cose che l'ira di Dio viene sugli uomini ribelli. 7 Non siate dunque loro compagni; 8 perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce 9 - poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità - 10 esaminando che cosa sia gradito al Signore. 11 Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele; 12 perché è vergognoso perfino il parlare delle cose che costoro fanno di nascosto. 13 Ma tutte le cose, quando sono denunciate dalla luce, diventano manifeste; 14 poiché tutto ciò che è manifesto, è luce. Per questo è detto:«Risvègliati, o tu che dormi,e risorgi dai morti,e Cristo ti inonderà di luce»
6 Nessuno vi seduca con vani ragionamenti; infatti è per queste cose che l'ira di Dio viene sugli uomini ribelli. 7 Non siate dunque loro compagni; 8 perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce 9 - poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità - 10 esaminando che cosa sia gradito al Signore. 11 Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele; 12 perché è vergognoso perfino il parlare delle cose che costoro fanno di nascosto. 13 Ma tutte le cose, quando sono denunciate dalla luce, diventano manifeste; 14 poiché tutto ciò che è manifesto, è luce. Per questo è detto:«Risvègliati, o tu che dormi,e risorgi dai morti,e Cristo ti inonderà di luce»
Perseverate nella preghiera, vegliando in essa con rendimento di grazie. Pregate nello stesso tempo anche per noi, affinché Dio ci apra una porta per la parola, perché possiamo annunciare il mistero di Cristo, a motivo del quale mi trovo prigioniero, e che io lo faccia conoscere, parlandone come devo. Comportatevi con saggezza verso quelli di fuori, ricuperando il tempo. Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito con sale, per sapere come dovete rispondere a ciascuno. Tutto ciò che mi riguarda ve lo farà sapere Tichico, il caro fratello e fedele servitore, mio compagno di servizio nel Signore. Ve l'ho mandato appunto perché conosciate la nostra situazione ed egli consoli i vostri cuori; e con lui ho mandato il fedele e caro fratello Onesimo, che è dei vostri. Essi vi faranno sapere tutto ciò che accade qui. (Colossesi 4:2-9 - La Bibbia) Indice della serie sulla Lettera ai Colossesi È importante pregare ma è altrettanto importante ammettere che anche noi abbiamo bisogno delle preghiere degli altri. L'apostolo Paolo ha iniziato questa lettera affermando che ringraziava sempre il Signore per i Colossesi, pregando sempre per loro (Co 1:3), infatti egli era entusiasta della loro fede e del loro amore. Ora, avviandosi verso la conclusione della lettera, egli esorta i Colossesi a perseverare anche loro nella preghiera. Essi dovevano vegliare in essa, ovvero restare svegli, restare concentrati su di essa, mantenendo un continuo atteggiamento di riconoscenza. L'apostolo Paolo non si limita ad esortarli alla preghiera ma fornisce loro anche un importante soggetto di preghiera che lo riguarda, invitandoli a pregare affinché egli potesse continuare ad annunciare il mistero di Cristo, ovvero a parlare della realtà dell'incarnazione, della pienezza di Dio che abita corporalmente in un corpo umano (Co 2:9), del miracolo della nuova nascita con cui Cristo viene ad abitare per mezzo dello Spirito Santo negli esseri umani (Co 1:24-29). Paolo era in carcere proprio perché predicava il vangelo ma non aveva alcuna intenzione di smettere, perché quello era il compito che Dio gli aveva dato ed egli voleva portarlo avanti fino alla fine. Ma per farlo, egli aveva bisogno anche della preghiera dei Colossesi. Affinché essi fossero accuratamente informati della situazione, egli aveva quindi incaricato due compagni di servizio, Tichico ed Onesimo, di portare loro sue notizie. Nel chiedere preghiere per sè stesso, Paolo ricordò ai Colossesi che anche loro non dovevano mai dimenticarsi del compito che Gesù aveva lasciato a tutti i suoi discepoli, quello di essere araldi di Cristo in un mondo senza speranza. Essi dovevano essere saggi e non sprecare le occasioni che avevano per recare buona testimonianza a "quelli di fuori", ovvero a coloro che ancora non credevano in Gesù. Essi dovevano utilizzare un linguaggio pieno di grazia, condito con sale, ovvero non dovevano perdere tempo con discorsi vani, futili, ma dovevano lasciarsi guidare dal Signore ed utilizzare tutte le opportunità per parlare delle cose veramente utili ai loro interlocutori, quelle cose che avrebbero potuto dare una svolta alla vita di chi li ascoltava. Paolo nel chiudere la lettera sta quindi facendo capire ai Colossesi che anche lui aveva bisogno di loro così come loro avevano bisogno di lui e, tutti insieme, dovevano rivolgersi a Dio affinché li guidasse nel portare avanti il compito che Gesù aveva affidato a tutti loro. Quanto sono belli questi versetti che ci mostrano gli aspetti pratici della comunione fraterna, la necessità di essere uniti nella preghiera, la necessità di essere vicini gli uni agli altri condividendo il medesimo mandato. La preghiera è fondamentale nella vita cristiana perché da essa dipende tutto il nostro rapporto con Dio, infatti attraverso di essa esprimiamo il nostro bisogno di relazionarci con Dio e la nostra dipendenza da Lui. Soprattutto quando siamo giovani nella fede, le nostre preghiere sono molto incentrate su n...
2 Perseverate nella preghiera, vegliando in essa con rendimento di grazie. 3 Pregate nello stesso tempo anche per noi, affinché Dio ci apra una porta per la parola, perché possiamo annunciare il mistero di Cristo, a motivo del quale mi trovo prigioniero, 4 e che io lo faccia conoscere, parlandone come devo.5 Comportatevi con saggezza verso quelli di fuori, ricuperando il tempo. 6 Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito con sale, per sapere come dovete rispondere a ciascuno.
2 Perseverate nella preghiera, vegliando in essa con rendimento di grazie. 3 Pregate nello stesso tempo anche per noi, affinché Dio ci apra una porta per la parola, perché possiamo annunciare il mistero di Cristo, a motivo del quale mi trovo prigioniero, 4 e che io lo faccia conoscere, parlandone come devo.5 Comportatevi con saggezza verso quelli di fuori, ricuperando il tempo. 6 Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito con sale, per sapere come dovete rispondere a ciascuno.
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Efesini 5, V.V. 8-148 perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce 9 - poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità - 10 esaminando che cosa sia gradito al Signore. 11 Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele; 12 perché è vergognoso perfino il parlare delle cose che costoro fanno di nascosto. 13 Ma tutte le cose, quando sono denunciate dalla luce, diventano manifeste; 14 poiché tutto ciò che è manifesto, è luce. Per questo è detto:«Risvègliati, o tu che dormi,e risorgi dai morti,e Cristo ti inonderà di luce».
Efesini 5, V.V. 8-148 perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce 9 - poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità - 10 esaminando che cosa sia gradito al Signore. 11 Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele; 12 perché è vergognoso perfino il parlare delle cose che costoro fanno di nascosto. 13 Ma tutte le cose, quando sono denunciate dalla luce, diventano manifeste; 14 poiché tutto ciò che è manifesto, è luce. Per questo è detto:«Risvègliati, o tu che dormi,e risorgi dai morti,e Cristo ti inonderà di luce».