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Ciuchino, l'asinello preferito (molto più di quello di Betlemme) che ci mostra cosa possa significare avere un disturbo dipendente della personalità. Lui è ironico, sensibile, molto, molto ansioso e ci accompagna nel trattare questo argomento che ovviamente non si può esaurire in venti minuti ma ci permette di iniziare a parlarne. Meglio fuori che dentro, no? Per lasciarci un messaggio o per richieste di collaborazione:
Francesco Colizzi"Il massacro dell'innocenza"Manni Editoriwww.mannieditori.itL'incubo ricorrente di un eccidio di bambini amareggia le notti del giovane Gesù, fino a quando scopre della strage degli innocenti ordinata da Erode.In Gesù, il sopravvissuto, l'incubo trapassa in un immenso sogno: annunciare il Regno della nuova innocenza.La sua predicazione però esige che egli stesso venga ucciso. Il sacrificio di Cristo sulla croce basterà a porre termine ai massacri e agli abusi dell'infanzia?Un dramma in tre atti che partendo dalla storia dei Vangeli ci parla dell'oggi."La strage degli innocenti su ordine di Erode il Grande, raccontata solo in uno dei Vangeli canonici, quello di Matteo, probabilmente non è mai avvenuta.Ma sono invece innumerevoli gli eccidi, le uccisioni, i maltrattamenti, gli abusi, le violenze di ogni tipo sui bambini in tutto il mondo. Per questo la storia della strage di Betlemme è insediata potentemente nell'immaginario collettivo. Essa ha sempre esercitato una potente suggestione su artisti di ogni tempo e su vasti strati della popolazione.Ed è indubbia l'altissima attenzione del Gesù storico per i bambini, la cui rinnovata innocenza egli propose agli adulti di recuperare per ottenere la salvezza."Francesco Colizzi, nato e vive ad Ostuni, in Puglia.Psichiatra e psicoterapeuta, è stato direttore del Centro di Salute Mentale di Brindisi. Impegnato nel volontariato internazionale, è stato per sei anni presidente nazionale dell'Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau.Ha pubblicato libri creativi e di saggistica: Inseguendo le cose (Schena 1996), Danzatori e orchestrali (Barbieri 1998), Un potere più grande (La Meridiana 2010), Eutopia (La Meridiana 2012).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itQuesto show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/1487855/advertisement
Vorrei parlavi in particolare sull'Eucaristia, perché Essa contiene la presenza reale del Figlio di Dio nato a Betlemme.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7217CHI ERANO E DOVE SONO FINITI I RE MAGIMelchiorre rappresentava la razza di Sem, Gaspare la razza di Cam, Baldassarre quella di Jafet (i tre figli di Noè saliti sull'arca con lui e le proprie mogli)di Roberto De MatteiNella festa dell'Epifania e nei giorni successivi, la liturgia della Chiesa ci ricorda la presenza dei Re Magi nella Grotta di Betlemme. I Re Magi non erano "Maghi", ma principi che vivevano in Oriente, dove studiavano i moti celesti per comprendere, attraverso i loro movimenti, le divine profezie. Questi re furono docili alla voce della grazia, che mormorava loro: "Orietur stella", si leverà una stella. Per seguire la stella che apparve loro, lasciarono la loro patria, le loro ricchezze, il loro riposo. Dio, che li aveva chiamati da terre diverse, li riunì in uno stesso viaggio come in una stessa fede. Malgrado le difficoltà materiali e morali di un viaggio di cui ignoravano la fine, non persero mai la fiducia nella stella che li guidava. I Magi, dice il padre Faber, seguivano la stella come si segue una vocazione, senza sapere chiaramente di seguire un impulso divino. Giunsero finalmente a Gerusalemme. "Ed ecco la stella, che avevano veduta in Oriente, andar loro innanzi, finché venne a fermarsi sopra il luogo dove era il bambino" (Mt, 2, 9).Entrarono nella misera Grotta di Betlemme e videro un bambino su una mangiatoia, vegliato da una giovane madre e da un uomo un poco più anziano, ma altrettanto attento e premuroso. Non ebbero un attimo di dubbio. Compresero immediatamente di trovarsi di fronte al Messia promesso, il Re dei Re, il Salvatore dell'umanità. Il carattere distintivo dei Magi fu la fede che li animava. Dopo la fede di san Pietro e di Abramo, secondo il padre Faber, mai vi fu al mondo una fede come quella dei Magi. "La fede è quella che risaltò in essi a ogni istante; è una fede che fu eroica fin dai primordi".IL PRIMO ATTO DI CULTO SOLENNE E UFFICIALE AL BAMBINO DIVINOAdorarono l'Uomo-Dio.e si prostrarono davanti alla Madre Divina. Ebbero la grazia di essere i primi, dopo Maria e Giuseppe, ad offrire sulla terra un atto di adorazione esterna al Bambino di Betlemme. Il Corpo Mistico della Chiesa, è rappresentato in questo momento dalla Sacra Famiglia, dai Magi e dai Pastori. È i Magi offrono il primo atto di culto solenne e ufficiale al Bambino Divino, che è il Capo di questo Corpo Mistico. Betlemme, dice dom Guéranger, non è soltanto il luogo della nascita del Redentore, ma è anche la culla della Chiesa. Betlemme, aggiungiamo, è anche l'atto di nascita della Civiltà cristiana, rappresentata da questi Re che rappresentano il potere secolare che si sottomette a Cristo, riconoscendolo come Signore del Cielo e della terra. Il principio della Regalità sociale di Cristo, ha la sua origine nell'adorazione dei Re Magi a Betlemme.I nomi dei Magi, secondo la tradizione della Chiesa, erano Gaspare, Baldassarre e Melchiorre. Melchiorre rappresentava la razza di Sem, Gaspare la razza di Cam, Baldassarre quella di Jafet. Sono i tre rami della famiglia umana discendente da Noè. Le nazioni, scrive Ernest Hello, sono presentate nella persona dei loro rappresentanti: tutte sono chiamate dalla medesima stella. "La stessa attrazione, in ugual modo celeste e maestosa, le riunisce e le inchina nella stessa adorazione".I Magi offrirono all'Uomo-Dio l'oro, l'incenso e la mirra, che simboleggiano, secondo i Padri della Chiesa, la regalità, la divinità e l'umanità del Salvatore. A Lui erano dovuti, con l'oro, gli onori di Re; con l'incenso, il culto divino; con la mirra, la fede nella sua umanità. La lunga attesa del Messia si dissolve in quest'istante, che ha in sé tutta la fecondità dei secoli futuri.IL RITORNO A CASARitornati a casa, i Magi conservarono fedelmente la memoria di Betlemme. Vivevano ancora quando l'apostolo san Tommaso arrivò nei loro paesi. San Tommaso aveva visto Gesù risuscitato, i Magi lo avevano visto bambino nella capanna di Betlemme. Il loro incontro fu certo emozionante. I Magi dedicarono tutto il resto della loro vita alla predicazione del Vangelo. Poi tornarono a Gerusalemme per contemplare i luoghi della Passione, morte e Resurrezione di Gesù Cristo e qui morirono. Sant'Elena fece trasferire le loro spoglie a Costantinopoli, nella basilica di Santa Sofia. In seguito l'imperatore ne fece dono al vescovo Eustorgio che le portò a Milano, dove fece erigere una basilica in loro onore. Quando Federico Barbarossa prese e saccheggiò questa città, i loro resti, nel 1164, furono trasferiti a Colonia, in Germania. Reinoldo, arcivescovo di Colonia, fece fabbricare per loro il reliquiario più prezioso dell'intero mondo cristiano e su di esso fu elevato un reliquiario ancora più grande: il Duomo di Colonia. Con Gerusalemme la "Città Santa", con Roma la "Città Eterna", con Santiago di Compostela in Spagna, Colonia, grazie ai Magi, è divenuta nel corso dei secoli uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti dell'Occidente cristiano. Lo ha ricordato Benedetto XVI nel 2005, quando, visitò la cattedrale di Colonia, e si raccolse in preghiera davanti al reliquiario che raccoglie i resti dei Magi. Benedetto, che parlava spesso dei Re Magi disse: "I Magi provenienti dall'Oriente sono soltanto i primi di una lunga processione di uomini e donne che nella loro vita hanno costantemente cercato con lo sguardo la stella di Dio, che hanno cercato quel Dio che a noi, esseri umani, è vicino e ci indica la strada. È la grande schiera dei santi - noti o sconosciuti - mediante i quali il Signore, lungo la storia, ha aperto davanti a noi il Vangelo e ne ha sfogliato le pagine; questo, Egli sta facendo tuttora." (Discorso del 20 agosto 2005).Ai quei Re Magi, che venivano da Oriente, affidiamo oggi le sorti dell'Occidente, affidiamo le sorti della Cristianità, affidiamo in particolare le sorti della chiesa di Germania che sembra voler propagare un incendio alla Chiesa intera. E che Maria stella matutina, Maris stella, guidi la nostra strada, come la stella di Betlemme guidò la loro.
Seconda delle due puntate che non vogliono rinunciare all'aggancio con la ricorrenza religiosa per ripercorrere le vie dei pellegrini verso la terra santa. Ci incamminiamo dunque verso questa meta vestendo i panni del viaggiatore medievale, sia esso pellegrino, crociato, messaggero, studente, mendicante, mercante, re o papa. Tutti verso il luogo che la tradizione identifica come quello della nascita di quel Gesù il cui messaggio cambierà radicalmente i destini del mondo. Un viaggio che Quilisma percorrerà attraverso la musica natalizia medievale di Germania, Inghilterra, Macedonia, Croazia, Bulgaria, Spagna, Turchia e Siria.
Nella festa dell'Epifania e nei giorni successivi, la liturgia della Chiesa ci ricorda la presenza dei Re Magi nella Grotta di Betlemme. I Re Magi non erano “Maghi”, ma principi che vivevano in Oriente, dove studiavano i moti celesti per comprendere, attraverso i loro movimenti, le divine profezie. Questi re furono docili alla voce della grazia, che mormorava loro: “Orietur stella”, si leverà una stella. Per seguire la stella che apparve loro, lasciarono la loro patria, le loro ricchezze, il loro riposo. Dio, che li aveva chiamati da terre diverse, li riunì in uno stesso viaggio come in una stessa fede. Malgrado le difficoltà materiali e morali di un viaggio di cui ignoravano la fine, non persero mai la fiducia nella stella che li guidava. I Magi, dice il padre Faber, seguivano la stella come si segue una vocazione, senza sapere chiaramente di seguire un impulso divino. Giunsero finalmente a Gerusalemme. “Ed ecco la stella, che avevano veduta in Oriente, andar loro innanzi, finché venne a fermarsi sopra il luogo dove era il bambino” (Mt, 2, 9). Entrarono nella misera Grotta di Betlemme e videro un bambino su una mangiatoia, vegliato da una giovane madre e da un uomo un poco più anziano, ma altrettanto attento e premuroso. Non ebbero un attimo di dubbio. Compresero immediatamente di trovarsi di fronte al Messia promesso, il Re dei Re, il Salvatore dell'umanità. Il carattere distintivo dei Magi fu la fede che li animava. Dopo la fede di san Pietro e di Abramo, secondo il padre Faber, mai vi fu al mondo una fede come quella dei Magi. “La fede è quella che risaltò in essi a ogni istante; è una fede che fu eroica fin dai primordi”. Adorarono l'Uomo-Dio.e si prostrarono davanti alla Madre Divina. Ebbero la grazia di essere i primi, dopo Maria e Giuseppe, ad offrire sulla terra un atto di adorazione esterna al Bambino di Betlemme. Il Corpo Mistico della Chiesa, è rappresentato in questo momento dalla Sacra Famiglia, dai Magi e dai Pastori. E' i Magi offrono il primo atto di culto solenne e ufficiale al Bambino Divino, che è il Capo di questo Corpo Mistico. Betlemme, dice dom Guéranger, non è soltanto il luogo della nascita del Redentore, ma è anche la culla della Chiesa. Betlemme, aggiungiamo, è anche l'atto di nascita della Civiltà cristiana, rappresentata da questi Re che rappresentano il potere secolare che si sottomette a Cristo, riconoscendolo come Signore del Cielo e della terra. Il principio della Regalità sociale di Cristo, ha la sua origine nell'adorazione dei Re Magi a Betlemme. I nomi dei Magi, secondo la tradizione della Chiesa, erano Gaspare, Baldassarre e Melchiorre. Melchiorre rappresentava la razza di Sem, Gaspare la razza di Cam, Baldassarre quella di Jafet. Sono i tre rami della famiglia umana discendente da Noè. Le nazioni, scrive Ernest Hello, sono presentate nella persona dei loro rappresentanti: tutte sono chiamate dalla medesima stella. “La stessa attrazione, in ugual modo celeste e maestosa, le riunisce e le inchina nella stessa adorazione”. I Magi offrirono all'Uomo-Dio l'oro, l'incenso e la mirra, che simboleggiano, secondo i Padri della Chiesa, la regalità, la divinità e l'umanità del Salvatore. A Lui erano dovuti, con l'oro, gli onori di Re; con l'incenso, il culto divino; con la mirra, la fede nella sua umanità. La lunga attesa del Messia si dissolve in quest'istante, che ha in sé tutta la fecondità dei secoli futuri. Ritornati a casa, i Magi conservarono fedelmente la memoria di Betlemme. Vivevano ancora quando l'apostolo san Tommaso arrivò nei loro paesi. San Tommaso aveva visto Gesù risuscitato, i Magi lo avevano visto bambino nella capanna di Betlemme. Il loro incontro fu certo emozionante. I Magi dedicarono tutto il resto della loro vita alla predicazione del Vangelo. Poi tornarono a Gerusalemme per contemplare i luoghi della Passione, morte e Resurrezione di Gesù Cristo e qui morirono. Sant'Elena fece trasferire le loro spoglie a Costantinopoli, nella basilica di Santa Sofia. In seguito l'imperatore ne fece dono al vescovo Eustorgio che le portò a Milano, dove fece erigere una basilica in loro onore. Quando Federico Barbarossa prese e saccheggiò questa città, i loro resti, nel 1164, furono trasferiti a Colonia, in Germania. Reinoldo, arcivescovo di Colonia, fece fabbricare per loro il reliquiario più prezioso dell'intero mondo cristiano e su di esso fu elevato un reliquiario ancora più grande: il Duomo di Colonia. Con Gerusalemme la "Città Santa", con Roma la "Città Eterna", con Santiago di Compostella in Spagna, Colonia, grazie ai Magi, è divenuta nel corso dei secoli uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti dell'Occidente cristiano. Lo ha ricordato Benedetto XVI nel 2005, quando, visitò la cattedrale di Colonia, e si raccolse in preghiera davanti al reliquiario che raccoglie i resti dei Magi. Benedetto, che parlava spesso dei Re Magi disse: “I Magi provenienti dall'Oriente sono soltanto i primi di una lunga processione di uomini e donne che nella loro vita hanno costantemente cercato con lo sguardo la stella di Dio, che hanno cercato quel Dio che a noi, esseri umani, è vicino e ci indica la strada. È la grande schiera dei santi - noti o sconosciuti - mediante i quali il Signore, lungo la storia, ha aperto davanti a noi il Vangelo e ne ha sfogliato le pagine; questo, Egli sta facendo tuttora.” (Discorso del 20 agosto 2005). Ai quei Re Magi, che venivano da Oriente, affidiamo oggi le sorti dell'Occidente, affidiamo le sorti della Cristianità, affidiamo in particolare le sorti della chiesa di Germania che sembra voler propagare un incendio alla Chiesa intera. E che Maria stella matutina, Maris stella, guidi la nostra strada, coome la stella di Betlemme guidò la loro. (Roberto de Mattei)
Dal Vangelo secondo Matteo 2,1-12 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele"». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese. --- Send in a voice message: https://anchor.fm/vangelo/message
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7264NATALE: GIORNO DI GIOIA, DI LOTTA E DI VITTORIA di Roberto de MatteiDom Prosper Guéranger, il grande abate di Solesmes e autore del celebre Anno Liturgico è l'autore a cui attingiamo per meditare nei giorni del Santo Natale. E dom Guéranger ci invita a cercare in questi giorni con il nostro pensiero soprattutto tre luoghi.Il primo è Betlemme, la grotta della Natività, l'umile asilo che il figlio dell'Eterno, disceso dal Cielo, ha scelto per la sua prima residenza. Tuttavia cercheremmo invano oggi a Betlemme la beata mangiatoia che accolse il Bambino Gesù. Da tredici secoli essa ha lasciato quei luoghi ed ha trovato accoglienza nel centro della Cattolicità, a Roma. La città sacra di Roma è dunque il secondo luogo del mondo che il nostro cuore deve cercare, e in questa città, il luogo che in questi giorni chiede tutta la nostra venerazione e tutto il nostro amore è la basilica di Santa Maria Maggiore che ospita la mangiatoia del Divino Infante, una delle più preziose reliquie della Cristianità.IL NOSTRO CUOREMa c'è un terzo luogo, un terzo santuario, che a Natale deve ospitare il divino figlio di Maria. Questo terzo santuario è in noi: è il nostro cuore. E questa la Betlemme che Gesù vuole visitare, nella quale vuole nascere e stabilirsi. Noi veneriamo Gesù nel santo presepio, ma egli viene a noi in quella mangiatoia che deve diventare il nostro cuore. Però, avverte dom Guéranger, "O soldato di Cristo, impara che bisogna combattere per meritare di avvicinarsi al divino bambino: combattere per conservare in sé la sua presenza piena di amore; combattere per arrivare al giorno beato che ti farà tutt'uno con lui nell'eternità".Combattere significa ricordare, anche nel giorno di Natale e in quelli successivi, che la vita cristiana è milizia sulla terra e che non c'è gioia, neppure quella sublime del Santo Natale, che sia inseparabile dalla sofferenza. Per questo Maria, che fu inondata di gioia nel dare alla luce il Redentore, fu anche inondata dal dolore, conoscendo le sofferenze che avrebbero accompagnato il suo Divin Figlio da Betlemme al Calvario, come prezzo da pagare per la salvezza degli uomini.I MARTIRI DI NICOMEDIAÈ per questo che ogni cristiano deve essere pronto a dare la vita per Nostro Signore, come fecero quei cristiani di Nicomedia che il giorno di Natale dell'anno 303, sotto l'Imperatore Diocleziano, subirono il martirio ed ascesero al Cielo, mentre Gesù scendeva sulla terra.Diocleziano e i suoi colleghi nell'impero avevano appena pubblicato il famoso editto di persecuzione che dichiarava alla Chiesa la più sanguinosa guerra che essa abbia mai subita. L'editto affisso a Nicomedia, residenza dell'imperatore, era stato strappato da un cristiano che pagò tale atto di santa audacia con un glorioso martirio. I fedeli pronti alla lotta osarono sfidare la potenza imperiale, continuando a frequentare la loro chiesa condannata alla demolizione. Si era giunti al giorno di Natale. Essi si raccolsero in numero di parecchie migliaia nel sacro tempio per celebrarvi un'ultima volta la Nascita del Redentore. A quella notizia, Diocleziano inviò uno dei suoi ufficiali con l'ordine di chiudere le porte della chiesa, e di appiccare ai quattro angoli dell'edificio il fuoco che doveva distruggerla. Quando tutto fu disposto, squilli di tromba si udirono sotto le finestre della basilica, e i fedeli intesero la voce del banditore che annunciava, da parte dell'imperatore, che quelli i quali volevano aver salva la vita potevano uscire, a condizione di offrire l'incenso sull'altare di Giove eretto davanti alla porta della chiesa; diversamente, sarebbero stati tutti preda delle fiamme.Un cristiano rispose a nome della pia assemblea: "Siamo tutti cristiani; onoriamo Cristo come unico Dio e unico Re, e siamo pronti a sacrificargli la nostra vita in questo giorno". A tale risposta i soldati ricevettero l'ordine di appiccare il fuoco. In pochi istanti la chiesa fu un immenso rogo, le cui fiamme salivano verso il cielo, inviando in olocausto al Figlio di Dio, che si era degnato in quel giorno di iniziare una vita umana, l'offerta generosa di quelle migliaia di vite che rendevano testimonianza alla sua venuta in questo mondo.Dom Guéranger conclude: "Così fu glorificato, nell'anno 303, a Nicomedia, l'Emmanuele disceso dal cielo per abitare fra gli uomini. Uniamo, con la santa Chiesa l'omaggio dei nostri voti a quello di questi coraggiosi cristiani la cui memoria si conserverà, attraverso la sacra Liturgia, sino alla fine dei secoli".Facciamo nostre le parole di dom Guéranger, aggiungendo alla memoria che ci trasmette un'altra da conservare nel nostro cuore. Erano passati 10 anni esatti dalla terribile persecuzione di Diocleziano, che sembrava dover estirpare il Cristianesimo dalla faccia della terra, quando, nell'anno 313 dopo Cristo, l'Imperatore d'Occidente Costantino da Milano e quello di Oriente Licinio da Nicomedia proclamavano l'Editto che concedeva ai Cristiani la piena libertà di professare la loro religione. Una nuova Civiltà, la Civiltà cristiana nasceva.Di questa Civiltà siamo eredi e nel giorno di Natale alziamo le sue bandiere, pronti alla lotta.Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Roberto de Mattei, nell'articolo seguente dal titolo "La nostra preghiera nella notte di San Silvestro" parla si san Silvestro I che fu papa al tempo della conversione di Costantino.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il giugno luglio 2022:Il 31 dicembre la Chiesa iscrive nella sua liturgia il nome di un santo che non è un martire, ma un Confessore, il primo confessore della Chiesa: san Silvestro I, Papa per 22 anni dal 314 al 336.Il suo regno iniziò all'indomani della grande vittoria di Costantino a Saxa Rubra e dell'Editto di Milano del 313, con cui il nuovo sovrano, dopo aver pacificato l'Impero, concedeva libertà alla Chiesa. Scrive Louis Veuillot: "La storia dei successori di Pietro, per duecentocinquant'anni, è terminata sempre con le stesse parole: "Coronato dal martirio". Dove si arriva così? A Costantino. San Marcello da poco era morto, schiavo, condannato ad bestias; le acclamazioni del circo avevano da poco salutato Massenzio; la croce appare nel cielo, Costantino la pianta sul Laterano: ab aevo vinces!. Cesare battezzato affida il governo di Roma al Papa Silvestro e ai suoi successori, non ritenendo che l'imperatore della terra debba serbare il potere, là dove l'Imperatore del cielo ha posto il principato del sacerdozio e la capitale della religione"Ma il pontificato di Silvestro conobbe una tempesta più terribile delle persecuzioni di Diocleziano: la nascita e la diffusione, ad opera del prete Ario, di un'eresia che negava la divinità di Gesù Cristo. Papa Silvestro, d'accordo con l'imperatore Costantino, nella primavera dell'anno 325 convocò un Concilio a Nicea. In questo Concilio, il primo Concilio ecumenico della Chiesa, l'eresia ariana fu condannata e fu formulato il famoso simbolo niceno, che trasmise ai secoli la prima grande formula di fede cattolica i canoni del Concilio. Le sue reliquie riposano nella Chiesa di San Silvestro, detta in Capite, perché conserva anche il capo di san Giovanni Battista.A Roma, accanto alla Basilica di san Giovanni in Laterano, si conserva un mosaico, detto del Triclinio Leoniano, in cui a sinistra è raffigurato Gesù Cristo che consegna le chiavi pontificie a papa san Silvestro e il vessillo della Chiesa all'imperatore Costantino; a destra san Pietro che conferisce il pallio a papa Leone III e il vessillo a Carlo Magno. Il vessillo di Costantino e di Carlo Magno è quello che sventolò sui campi delle crociate e nelle acque di Lepanto. È la bandiera della Chiesa, mai ammainata. [...]Nella notte di San Silvestro un anno scompare nel vortice del passato e un altro anno si apre in un abisso di incertezza. Ma per noi quello che conta è solo il tempo presente, l'unico momento in cui incontriamo l'eternità. E in questo momento, chiediamo a Dio che sia fatta, ora e sempre, in noi la Sua volontà.
La stella di Betlemme è quel fenomeno astronomico che, secondo il racconto del Vangelo secondo Matteo, guidò i Magi a far visita a Gesù appena nato. La dicitura comunemente più diffusa per indicare la stella di Betlemme è la stella cometa.Questa che vi racconto è una delle infinite scintille di quella famosa storia o leggenda che fin dalla notte dei tempi ha viaggiato da oriente a occidente portando con se fascino e mistero #fiabeincarrozza #stellacometa #fiabe #magi #betlemme #leggende
Dal Vangelo di Matteo 2,13-18 I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall'Egitto ho chiamato mio figlio». Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa: «Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più». --- Send in a voice message: https://anchor.fm/vangelo/message
Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:«Dall'Egitto ho chiamato mio figlio».Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa:«Un grido è stato udito in Rama,un pianto e un lamento grande:Rachele piange i suoi figlie non vuole essere consolata,perché non sono più».
Gesù è venuto, ma non solamente per coloro che già credevano in Dio, non solamente per coloro che già operavano il bene, ma per tutti. E' un Dio “misericordioso, lento all'ira e di gran bontà", quello che è realmente disceso. E noi siamo chiamati ad essere suoi testimoni.---CLICCA SUL TITOLO PER ASCOLTARE IL MESSAGGIOTempo di lettura: 10 minuti Tempo di ascolto audio/visione video: 27 minutiQuesto è il giorno in cui accendiamo l'ultima delle candele della nostra Corona dell'Avvento, quella centrale, che ci rammenta che il Salvatore è venuto. Giovanni ha scritto:“La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l'ha conosciuto. È venuto in casa sua, e i suoi non l'hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome, i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma sono nati da Dio E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre.” (Giovanni 1:9-14)La misericordia di un Dio “compassionevole, lento all'ira e di gran bontà” era stata promessa dai profeti:«Ma da te, o Betlemme, Efrata, piccola per essere tra le migliaia di Giuda, da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele, le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni. Perciò egli li darà in mano ai loro nemici, fino al tempo in cui colei che deve partorire partorirà; e il resto dei suoi fratelli tornerà a raggiungere i figli d'Israele». Egli starà là e pascolerà il suo gregge con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. E quelli abiteranno in pace, perché allora egli sarà grande fino all'estremità della terra. Sarà lui che porterà la pace. (Michea 5:1-4)“Perciò il Signore stesso vi darà un segno: ecco, la giovane concepirà, partorirà un figlio, e lo chiamerà Emmanuele.” (Isaia 7:14)Queste parole venivano scritte da Michea e da Isaia attorno al 736 avanti Cristo, circa trenta anni dopo che Giona era stato a Ninive: Dio prometteva misericordia a tutto il popolo. Ed era una misericordia inaspettata; piuttosto che punire la nostra ribellione, Dio decideva di venire in soccorso... esattamente come aveva fatto a Ninive.Giona era stato chiamato a salvare un'intera città e, forse, l'intera nazione di cui Ninive era capitale, a dimostrare una misericordia che Dio avrebbe poi esteso a “tutto il popolo” Questo fece di Giona un "estensore della misericordia".Come ci si comporta, o come ci si dovrebbe comportare dinanzi a un Dio che elargisce gratuitamente il suo perdono? Che manda nelle nostre vite speranza, fede, gioia, pace? Leggiamo Giona 4:5-11 "Poi Giona uscì dalla città e si mise seduto a oriente della città; là si fece una capanna e si riparò alla sua ombra, per poter vedere quello che sarebbe successo alla città. Dio, il Signore, per calmarlo della sua irritazione, fece crescere un ricino che salì al di sopra di Giona per fare ombra sul suo capo. Giona provò una grandissima gioia a causa di quel ricino. L'indomani, allo spuntar dell'alba, Dio mandò un verme a rosicchiare il ricino e questo seccò. Dopo che il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un soffocante vento orientale e il sole picchiò sul capo di Giona così forte da farlo venir meno. Allora egli chiese di morire, dicendo: «È meglio per me morire che vivere». Dio disse a Giona: «Fai bene a irritarti così a causa del ricino?» Egli rispose: «Sì, faccio bene a irritarmi così, fino a desiderare la morte». Il Signore disse: «Tu hai pietà del ricino per il quale non ti sei affaticato, che tu non hai fatto crescere, che è nato in una notte e in una notte è perito; e io non avrei pietà di Ninive, la gran città, nella quale si trovano più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, e tanta quantità di bestiame?»” (Giona 4:5-11)Non c'è speranza, né fede, né gioia, né pace in Giona; invece di essere in città a festeggiare con i Niniviti, Giona se ne va in preda alla frustrazione.Il versetto 5 dice che “Giona uscì dalla città e si mise seduto a oriente della città... per poter vedere quello che sarebbe successo alla città”. Giona voleva vedere la punizione, e invece vede il perdono. Giona voleva vedere il fuoco dal cielo, e invece vede la benedizione che scende dal cielo. Giona era stato mandato per essere un “estensore di grazia”. Anche se riluttante, Giona aveva comunque adempiuto ai piani di salvezza di Dio.Esattamente come aveva anticipato attraverso Isaia e Michea, Dio diceva avrebbe mandato un Salvatore. Il piano di Dio, da sempre, non è stato quello di giudicare, ma di salvare: Giovanni dirà:“Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.” (Giovanni 3:17)Notate l'ultima parte del versetto: “perché il mondo sia salvato”: gli angeli avevano parlato di una “grande gioia per tutto il popolo”. Il mondo, il popolo; Natale è il compimento dell'opera di un Dio “lento all'ira e di gran bontà” verso tutti, offerta per coloro che avrebbero riconosciuto in quel bimbo, nato da una giovane donna, il Salvatore.E' facile per noi giudicare Giona: dire “Hai sbagliato!” Dovevi subito obbedire al tuo Signore! Non dovevi essere così riluttante!”. Facile, perché abbiamo il Natale, perché abbiamo visto la misericordia, inaspettata ma promessa, di Dio scendere e farsi uomo. Giona conosceva per “sentito dire” le caratteristiche di Dio, noi le abbiamo viste. Dio ha mandato ben più di Giona a recare la “... buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà” (Luca 2:10)” E noi? Quale è il nostro compito a Natale? Noi che abbiamo visto la misericordia in azione? Essere il popolo che riceve, oppure essere un Giona migliore che annuncia? Paolo ha detto:“Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno. (Romani 8:28)Paolo dice che che tutte le cose cooperano al bene, ed è come dire che “Dio coopera al bene"; Dio non può e non vuole operare da solo per la salvezza del mondo e del popolo. Dio da sempre ha voluto coinvolgere “quelli che amano Dio” nella sua opera di salvezza per il popolo. Coloro che amano Dio non stanno fermi attendendo che il bene gli piova addosso, ma si muovono verso il bene, lo trasmettono agli altri, sono testimoni, non riluttanti come Giona; è solo allora che Dio aggiunge la sua benedizione.Non limitiamoci a festeggiare il Natale “tra di noi”, tra “quelli che amano Dio” , ma testimoniamolo e operiamo sapendo che la salvezza è davvero discesa sulla Terra. Perché quando non lo facciamo, possiamo diventare un po' come Giona; testimoni riluttanti della misericordia di Dio.E cosa ne sarà di quel missionario riluttante di Giona? Dio punirà il suo atteggiamento di riprovazione perché si dimostra nei fatti “lento all'ira e di gran bontà” con i Niniviti? Incredibilmente Dio, non punisce, ma insegna qualcosa a Giona attraverso una semplice pianta.Una piccola parentesi: nell'originale in ebraico non dice che pianta fosse, e non so perché in Italia i traduttori abbiano deciso per un ricino, che è un albero si, ma che ci mette un bel pò a diventare adulto da dare ombra e che non fa tanta ombra. Era dunque una pianta che aveva foglie larghe da dare molta ombra.Dio fa nascere una pianta per dare ristoro a Giona; lui ne prova piacere e pensa “Dio mi sta benedicendo”. Poi Dio gli toglie la pianta, e Giona è così avvilito che chiede di morire: “ Lo sapevo ; hai fatto quello che non volevo, salvare i Niniviti che odio, ora mi togli anche la pianta e l'ombra. Sei contro di me!” Capita anche a noi, di avere periodi in cui vediamo i frutti della nostra testimonianza, e vediamo che la nostra vita “va bene”: la famiglia, il lavoro, il mondo che ci ruota attorno... tutto vè in sintonia: Ed associamo la benedizione al nostro testimoniare; il che, può essere.Ma poi, quando la situazione si mette male, ed in famiglia, al lavoro, nella nostra vita sorgono problemi, pensiamo “Dio non si cura più di me! Dio è contro di me! Dio mi ha abbandonato!”.Il pericolo, per chi ha creduto in quel primo Natale, è che il nostro impegno a testimoniare agli altri della Luce discesa in terra sia definito dalle circostanze della nostra vita, non dalla nostra relazione con l'Onnipotente.Dio sta aiutando Giona ad acquisire una prospettiva differente, più alta; a smettere di pensare solo a se stesso, a smettere di pensare solo al momento. Ad avere una prospettiva più ampia, una visione per “tutto il popolo”, non solo per una parte del popolo.Gesù è venuto, ma non solamente per coloro che già credevano in Dio, non solamente per coloro che già operano il bene, ma per tutti. Paolo afferma:“Come dicono le Scritture: «Non cʼè nessuno che sia giusto, nemmeno uno....Tutti, senza, distinzione, sono dei peccatori senza la gloria di Dio, ma possono essere resi giusti gratuitamente, per dono di Dio, mediante la redenzione, che troviamo soltanto in Gesù Cristo.” (Romani 3:10, 23-24 PV)Nessun giusto; tutti hanno bisogno del Dio che scende in terra e nasce a Natale.Il Libro di Giona si conclude in modo “anomalo” per un libro della Bibbia: con una domanda che Dio fa a Giona... e a ciascuno di noi:“Dio disse a Giona: «Fai bene a irritarti così a causa del ricino?»... «Tu hai pietà del ricino per il quale non ti sei affaticato, che tu non hai fatto crescere, che è nato in una notte e in una notte è perito; e io non avrei pietà di Ninive, la gran città, nella quale si trovano più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, e tanta quantità di bestiame?»” (Giona 5:9-11)Nel turbine della nostra vita, possiamo tendere a dimenticare il Natale; a dimenticare che Dio è sceso in terra ed è venuto a saldare il conto per l'intera umanità, non solo per coloro che sono “del suo partito”. La salvezza doveva essere accessibile a tutti, non ad una sola casta, ad un solo popolo, ma a “tutto il popolo”. Questa è la natura di un Dio “misericordioso, lento all'ira e di gran bontà”. Questa è la natura del Natale.Non dobbiamo mai dimenticare che siamo tenuti a testimoniare di questa misericordia in qualsiasi modo e in qualsiasi momento della nostra vita, lieto o doloroso. Quando ci sposiamo, promettiamo all'altro di amarlo e essergli a fianco e di supporto “nella buona e nella cattiva sorte, in ricchezza o povertà, in salute o malattia”. Se promettiamo questo ad un altro essere umano, come figli e figlie di Dio, siamo tenuti a una promessa ben più solenne; essere testimoni della nascita di Gesù, indipendentemente da chi siamo, cosa facciamo, come viviamo. Fare quello che fecero i primi testimoni di quella nascita miracolosa:“Quando gli angeli se ne furono andati verso il cielo, i pastori dicevano tra di loro: «Andiamo fino a Betlemme e vediamo ciò che è avvenuto e che il Signore ci ha fatto sapere». Andarono in fretta e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia; e, vedutolo, divulgarono quello che era stato loro detto di quel bambino. E tutti quelli che li udirono si meravigliarono delle cose dette loro dai pastori. (Luca 2:15-18)La domanda di Dio a Giona è ancora valida ai giorni nostri: e merita una risposta. Se la risposta è “Si, sappiamo che sei un Dio “lento all'ira e di gran bontà” che hai misericordia di tutto il popolo”, allora quale deve essere il nostro atteggiamento verso i mondo?Il Natale non è solo la gioia di vedere la misericordia inaspettata ma promessa di Dio all'opera, ma anche una sfida per ciascuno che vede, crede, accetta e segue quel bimbo che diverrà un uomo e salirà il Golgota al posto nostro.Nel mezzo di tutte le emozioni che stiamo vivendo, usciti da una pandemia, con una guerra tremenda alle porte di casa, una crisi energetica ed economica che affligge ciascuno di noi, potremmo sentire frustrazione e rabbia; la domanda per Giona vale anche per noi: «Fai bene a irritarti così?».Il Dio “misericordioso, lento all'ira e di gran bontà”, che non vuole che nessuno perisca, ma che tutti giungano al pentimento, è realmente disceso: anche se non il 25 dicembre, ma è disceso. E noi siamo chiamati ad essere suoi testimoni.Buon Natale.GUARDA LE DIAPOSITIVE DEL MESSAGGIOGUARDA IL MESSAGGIO IN BASSA RISOLUZIONE SU FACEBOOKGUARDA IL MESSAGGIO IN BASSA RISOLUZIONE SU INSTAGRAM--- GUARDA IL VIDEO DEL MESSAGGIO IN HD
Dal Vangelo di Luca 2,1-14 In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio. C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». --- Send in a voice message: https://anchor.fm/vangelo/message
Dom Prosper Guéranger, il grande abate di Solesmes e autore del celebre Anno Liturgico è l'autore a cui attingiamo per meditare nei giorni del Santo Natale. E dom Guéranger ci invita a cercare in questi giorni con il nostro pensiero soprattutto tre luoghi:Il primo è Betlemme, la grotta della Natività, l'umile asilo che il figlio dell'Eterno, disceso dal Cielo, ha scelto per la sua prima residenza. Tuttavia cercheremmo invano oggi a Betlemme la beata mangiatoia che accolse il Bambino Gesù. Da tredici secoli essa ha lasciato quei luoghi ed ha trovato accoglienza nel centro della Cattolicità, a Roma. La città sacra di Roma è dunque il secondo luogo del mondo che il nostro cuore deve cercare, e in questa città, il luogo che in questi giorni chiede tutta la nostra venerazione e tutto il nostro amore è la basilica di Santa Maria Maggiore che ospita la mangiatoia del Divino Infante, una delle più preziose reliquie della Cristianità.
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva:«Gloria a Dio nel più alto dei cielie sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
"Il conflitto israelo-palestinese dura ormai da 74 anni e non sembra destinato a terminare a breve. Secondo molti nessuno vuole realmente la pace perché nessuno è pronto a pagarne il prezzo. Ma qual è questo prezzo? Ori Givati di Breaking The Silence, Ayala Shalev di Combatants For Peace e Robi Damelin di The Parents Circle ci raccontano cosa significa combattere per la pace a Tel Aviv, un contesto dove gli attivisti sono spesso un facile bersaglio. C'è chi li chiama traditori, chi li giudica un chiaro esempio di washing israeliano e chi invece li definisce estremisti. Loro invece sostengono di voler solo giustizia, riconciliazione e pace".
Meditazioni anchor.fm/giulio-maspero
Chiara Gatti"Sotto una buona stella"Interlinea Edizionihttps:// interlinea.comLa stella cometa è uno dei simboli dell'attesa del Natale fino all'Epifania. Il primo a rappresentarla fu Giotto, che vide di persona la cometa di Halley nel 1301, immaginandosi sotto il cielo di Betlemme quando nacque Gesù. Altri artisti furono suggestionati da stelle e comete «lucenti come il sole», da Dürer a Turner, da Van Gogh, con la sua celebre Notte stellata, fino ad arrivare più vicino a noi, con la guerra e il foro di una granata su un muro della Palestina di oggi reinterpretato da Banksy: una stella ferita che scuote le coscienze.Con tavole d'arte a colori e con la collaborazione di Serena ColomboChiara Gatti è storica e critica dell'arte. Scrive per le pagine di “Repubblica”, compresi “il Venerdì” e “Robinson”. È direttrice del Museo MAN di Nuoro. Ha curato tre volumi dedicati all'opera di Leone Lodi (Officina Libraria 2015-2017). Con Lea Vergine ha scritto L'arte non è faccenda di persone perbene (Rizzoli 2016). Ha curato la selezione dei saggi di Giorgio Mascherpa raccolti in L'emozione e l'incanto dell'arte. Da Lotto a Fontana (Ceribelli 2019). Con Interlinea ha pubblicato Insolite natività (2012), Chagall. Sogno di una notte di Natale (2018) e Nevicate d'arte (2021).La vista del cielo stellato in una notte chiarissima dà rapimento che soltanto anime nobili possono provare.IL POSTO DELLE PAROLEAscoltare fa Pensarehttps://ilpostodelleparole.it
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7180OMELIA DELLA NOTTE E DEL GIORNO DI NATALE - ANNO A di Giacomo Biffi1) MESSA DELLA NOTTELa celebrazione natalizia - prima di tutto con questa Eucaristia notturna e poi con i vari riti di questi giorni, ma anche con le molte manifestazioni festose e luminose che l'accompagnano in ogni angolo della cristianità - è un grande inno di riconoscenza e di lode a Dio, che ha rischiarato la nostra notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo.UNA LUCE RIFULGE NELLA NOTTECome aveva detto il profeta, su coloro che abitavano in terra tenebrosa, una grande luce rifulse (Is 9,1). Davvero tenebrosa è la nostra terra e noi ce ne accorgiamo sempre più, anche perché si sono spenti o stanno spegnendosi tutti i bagliori ingannevoli. La nostra epoca ha visto via via esaltati i miti più falsi e più ossessivi: il mito del nazionalismo, della inevitabile lotta di classe, del razzismo, dello scientismo senza saggezza e senza amore, del permissivismo senza buon senso, dell'edonismo sfrenato. Agli inizi le ideologie sembrano sempre luccicanti e fascinose; poi, quando si impongono e si assolutizzano, si rivelano tutte soffocanti e crudeli.Stregato e illuso da questi dogmi infondati e senza verità, il nostro secolo - il secolo dell'affermazione spavalda della ragione rattrappita in se stessa e dell'umanesimo senza Dio - ci ha regalato stragi e catastrofi sociali che non trovano paragoni nella storia: le guerre totali, gli eccidi di popolazioni innocenti reclamati dalle utopie del momento, i genocidi, la soppressione legalizzata e ufficialmente propagandata di vite incolpevoli, il dissenso ecologico, il dissesto morale. Immersa in questa notte, di cui solo adesso si può cominciare a misurare interamente l'orrore, l'umanità ha però conservato un filo di luce e un piccolo germoglio di speranza: ha sempre continuato, anche nei momenti più ottusi e più tetri, a celebrare il Natale.E proprio dal Natale la fiducia può rifiorire; proprio grazie all'annuncio di gioia e di salvezza dato ai poveri e agli umili si supera ogni avvilimento. Da Betlemme ci giunge ogni buon auspicio possibile, se però ci riconosciamo - noi, uomini tutti - poveri di bene vero e di sapienza; se ci vogliono collocare tra i semplici, che non dalle voci e dalle infatuazioni mondane attendono di essere illuminati; se prendiamo posto non tra i personaggi potenti e famosi, ma tra i pastori che con cuore limpido vegliano nella notte e aspettano senza scoraggiarsi l'alba di Dio.La gloria del Signore li avvolse di luce (Lc 2,9) - abbiamo ascoltato - perché non avevano una loro gloria da difendere e da vantare.IL NATALE CI È OFFERTO PER CONSENTIRCI DI CONTINUARE A SPERARECome disperare dell'uomo, quando Dio ha voluto farsi uno di noi?Come si può temere che non ci sia più un futuro per questa famiglia di creature fragili e spavalde, dotte e dissennate, calcolatrice e prodighe, che però quasi d'istinto ogni anno bene o male si pone in ascolto del canto degli angeli che annuncia pace e salvezza?Il Natale ci è dato proprio per consentirci di proseguire a sperare. Ed è la cosa che oggi, forse più che ogni altra, avvertiamo il bisogno.È vero, la vicenda in cui siamo immersi è troppo spesso deludente e ingrata; e lo è anche per colpa nostra, cioè di ciascuno di noi: il cristiano sa che la prima critica è sempre verso se stesso. Ma non possiamo abbandonarci al pessimismo, se - come ci ha esortato san Paolo e come l'odierna festa ci incoraggia - aspettiamo sul serio, nei pensieri e nelle opere, la manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo (Tt 2,13).Quel neonato bambino, che oggi contempliamo nell'incredibile indigenza di una mangiatoia, ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo che gli appartenga (Tt 2,14): questo bambino è dunque il principio di un'umanità nuova, cui dobbiamo sempre tentare e ritentare di dare spazio, a cominciare dalla nostra coscienza e dalla nostra vita.UN TRAGICO PARADOSSOL'odierna festa ci ripresenta ogni volta un tragico paradosso: da una parte i figli di Adamo, che sembra si compiacciono di degradarsi sempre più, di allontanare da sé e censurare ogni prospettiva che li salvi dalla disperazione e dell'assurdo, di scalzare dalla propria cultura ogni persuasione che dia qualche adeguata motivazione all'agire secondo dignità e secondo giustizia; e dall'altra parte Dio che non si arrende davanti a tanta stoltezza, e tenacemente li insegue col suo amore: li insegue magari anche solo con l'incanto innegabile del Natale e la nostalgia della innocenza perduta.Un grande scrittore antico, gloria e vanto della nostra regione, quasi sbigottito di fronte all'enigma del volontario scadimento umano, così esclamava in una sua omelia natalizia: "O uomo, perché così ti avvilisci, tu che agli occhi di Dio sei tanto prezioso? Perché tu, così onorato da Dio, a questo modo ti disonori? Perché indaghi scientificamente sulla tua origine, e non ti domandi mai quale sia il senso e lo scopo della tua venuta nel mondo?" (Pietro Crisologo, Sermone, 148,2).Le interrogazioni appassionate di San Pietro Crisologo, dopo quindici secoli, centrano ancora il nostro vero problema, e ancora ci possono aiutare a vivere nell'autenticità questi giorni privilegiati.La poesia del Natale - per chi la sa cogliere - è un grande dono e può, almeno inizialmente, consolarci dello sconforto e dell'amarezza dei tempi che stiamo vivendo. Ma un dono incomparabilmente più grande è passare dall'emozione effimera alla verità eterna, dal godimento spensierato alla percezione del mistero sostanziale dell'incarnazione del Figlio di Dio, dal gioco superficiale dei sentimenti al coinvolgimento profondo della vita.E questo dono appunto vogliamo oggi per noi e per tutti implorare dal Signore.2) MESSA DEL GIORNODi questi tempi non sono molte le buone notizie. La lettura dei giornali è quasi ogni giorno deprimente; dalla radio alla televisione ci sono offerti spesso motivi di profondo sconforto. Qualche volta si ha l'impressione di vivere in un mondo che si stia sgretolando e non trovi punti di riferimento affidabili per avviare una qualche ripresa.PROROMPETE INSIEME CON CANTI DI GIOIA, ROVINE DI GERUSALEMMESi è allora tentati di usare, per descrivere la situazione, la parola "rovina", che abbiamo ascoltato nella prima lettura, della profezia di Isaia: le "rovine di Gerusalemme" possono ben rappresentare la società in cui viviamo, soprattutto in rapporto agli ideali e ai valori.Il secolo ventesimo però non era cominciato così: aveva anzi fatto balenare la prospettiva allettante di un'umanità illuminata da una scienza rigorosamente autonoma e fiera di sé; aveva sventolato il vessillo di una libertà senza vincoli; aveva promesso una giustizia terrena senza il timore di un giudizio trascendente e un umanitarismo senza la virtù cristiana della carità. E molto di valido e di apprezzabile è stato anche attuato. Ma del grande progetto ideologico oggi ci restano soprattutto vistose e deludenti macerie. Ci limitiamo a richiamare qualche esempio.Prima di tutto "le rovine della ragione"; che sono molte, ma ne indichiamo una sola: gli uomini che, in omaggio alla razionalità (o meglio al razionalismo), hanno estromesso dalla loro attenzione tutta la realtà invisibile ed eterna, oggi sono comicamente arrivati a una fede quasi universale nell'oroscopo e nei responsi dei maghi e dei cartomanti.Poi le "rovine della libertà". Molti, specialmente giovani, ai quali è stata predicata l'emancipazione da ogni autorità e da ogni principio, si sono trovati sottoposti alle più tragiche schiavitù, come quelle della droga e delle varie aberrazioni morali.Infine le "rovine della serenità di spirito". Censurato il pensiero di Dio e del rendiconto finale da dare a lui, le paure non sono scomparse, sono anzi dilagate fino a diventare ossessive: paura dell'aria inquinata che respiriamo, dei cibi sofisticati, delle malattie e dei contagi senza rimedio, degli infarti improvvisi, delle crisi economiche ricorrenti, degli stranieri che ci invadono, della violenza e della disonestà che non si riesce più a frenare.Dove si estingue la fiducia in un Padre che ci ha creato e ci ama, nasce fatalmente un mondo atterrito.Una riflessione a parte meritano le "rovine della famiglia", che stanno all'origine di molti nostri guai.I bambini dell'inizio del secolo avevano a disposizione una padre, una madre e una mezza dozzina tra fratelli e sorelle. I bambini di oggi non hanno più né fratelli né sorelle; in compenso qualche volta hanno una mezza dozzina tra padri, madri, succedanei e facenti funzioni. Che meraviglia, se poi sono sempre più numerosi i nevrotici, i disadattati, i ribelli?PERCHÉ L'UOMO RINASCAA questo punto qualcuno potrebbe chiedere: ma che cosa centra tutto questo col Natale? C'entra, perché, in mezzo a questo squallore il Natale è l'unica "buona notizia".La parola di Dio, che ci ha parlato di "rovine", ci ha detto che anche queste "rovine" possono ricominciare a sperare: Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo (Is 52,9).Dal momento che il verbo di Dio - cioè la parola, il pens
Predicazione espositiva del Pastore Daniel Ransom di Matteo capitolo 2 versetti da 1 a 12. Registrata presso il Centro Evangelico Battista di Perugia il 18 Dicembre 2022.Titolo del messaggio: "Tre scopi centrali del Vangelo di Dio".MATTEO 1 V1-121 Gesù era nato in Betlemme di Giudea, all'epoca del re Erode. Dei magi d'Oriente arrivarono a Gerusalemme, dicendo: 2 «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Poiché noi abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo». 3 Udito questo, il re Erode fu turbato, e tutta Gerusalemme con lui. 4 Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informò da loro dove il Cristo doveva nascere. 5 Essi gli dissero: «In Betlemme di Giudea; poiché così è stato scritto per mezzo del profeta: 6 "E tu, Betlemme, terra di Giuda,non sei affatto la minima fra le città principali di Giuda;perché da te uscirà un principe, che pascerà il mio popolo Israele"». 7 Allora Erode, chiamati di nascosto i magi, s'informò esattamente da loro del tempo in cui la stella era apparsa; 8 e, mandandoli a Betlemme, disse loro: «Andate e chiedete informazioni precise sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, affinché anch'io vada ad adorarlo». 9 Essi dunque, udito il re, partirono; e la stella, che avevano vista in Oriente, andava davanti a loro finché, giunta al luogo dov'era il bambino, vi si fermò sopra. 10 Quando videro la stella, si rallegrarono di grandissima gioia. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria, sua madre; prostratisi, lo adorarono; e, aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra. 12 Poi, avvertiti in sogno di non ripassare da Erode, tornarono al loro paese per un'altra via.
Il tempo di Avvento, con cui inizia l'anno liturgico, ha molte analogie con il tempo della Quaresima. L'Avvento è, come la Quaresima, un tempo di penitenza, ma la penitenza quaresimale è più stretta, perché la Santa Pasqua è preceduta dalla Passione di Nostro Signore, mentre l'Avvento ci prepara e ci introduce direttamente alla gioia del Santo Natale. Per questo, come nota il padre Faber, c'è una differenza tra la Notte di Betlemme e quella del Calvario. Sul Calvario avvenne un terremoto, invece nella fredda Notte di Betlemme tutto è tranquillo e silenzioso, mentre il mondo intorno è confuso e agitato.
Le interviste di Onelia Onorati in occasione della distribuzione della Luce della Pace a Roma, il 17 Dicembre 2022, dalla piazza michelangiolesca del Campidoglio: con Sabrina Alfonsi (Assessore del Comune di Roma), Massimiliano Costa (Presidente Nazionale Masci) ed Alberto Cuccuru (Segretario Regionale Masci Lazio)Qui, https://bityl.co/GFFs, il servizio del Tg3 Lazio RAI.
Re Erode rappresenta tante persone che hanno una mentalità chiusa, per il semplice motivo che esisto solo “io”. I social media hanno scatenato questo disturbo in modo esponenziale, a tal punto che il comportamento narcisistico sembra essere la "normalità". Non c'è spazio per due Re. Come molti di noi, Erode non voleva fare spazio a 2 Re! L'idea che i pastori stessero cercando un altro RE, fece infuriare Erode. Troppo spesso abbiamo un atteggiamento da “indiscusso re del castello”. Non vogliamo che un altro re a cui sottometterci. Va bene avere un Gesù intorno, va bene avere un Gesù bambino che si presenta una volta all'anno, ma certo non c'è spazio per averlo intorno tutto l'anno... non c'è spazio per un Signore Re “Io” – il Re disilluso Uno dei modi in cui puoi perderti Cristo questo Natale è che non c'è spazio per lui nel tuo "cosiddetto" regno. Sei l'unico Re sovrano del tuo Universo. Il che è l'opposto del messaggio natalizio. Un Re che si è spogliato e si è umiliato per venire a portarci l'eterna speranza. Gesù è più grande delle tue paure I pastori vissero momenti di grande paura, ma anche nella paura e nel disorientamento questi uomini vedevano "la gloria del Signore". Quando vivi una vita di preoccupazioni e paure, concentrati su Cristo. Il segno I pastori hanno riconosciuto l'unicità del Salvatore e hanno risposto di conseguenza. Questo Natale cogli l'occasione per non essere egocentrico, alza gli occhi e vedi i "segni" di Cristo Salvatore ovunque ti giri. Non essere come il re Erode, che esisteva solo per se stesso vivendo una vita miserabile ma, come i pastori, decidi di prendere la strada che porta a Betlemme! Il Cristo!
Che cosa è diventato il Natale? Cosa significa per le persone? Proprio come nella storia della natività, ci sono state persone che non hanno riconosciuto Cristo. Diamo uno sguardo alle persone che non lo hanno riconosciuto e soprattutto al PERCHÉ hanno lasciato che Cristo "scappasse via". Il locandiere non riuscì a vedere e riconoscere chi fosse Gesù. Se avesse saputo chi stava rifiutando, di certo non lo avrebbe trattato in quel modo. Il locandiere rappresenta quelle persone così impegnate a cercare di "raggiungere" obiettivi, soddisfare desideri e perseguire la narrativa de”l vissero felici e contenti”, che poi perdono l'essenziale della vita. Gli affari andavano bene a Betlemme, tutto era prenotato (per via del censimento), i ristoranti erano pieni, l'economia locale era fiorente, ma anche nell'abbondanza/benedizione si può rischiare di perdere di vista Gesù, colui che elargisce tutte le benedizioni. Il Locandiere apparentemente aveva tutto ma in realtà si era perso il meglio. Come non perdere lo scopo di Dio nella tua vita? - Prova a guardare attraverso gli occhi di Gesù - Adotta uno spirito di generosità - Circondati di persone che contribuiscano alla tua CRESCITA - Accogli e sii attento allo Spirito Santo nella tua vita. Se Dio l'ha detto, non necessariamente dobbiamo sempre capirlo o interpretarlo! Fai spazio a Cristo ed entra nel nuovo anno con un miracolo nella tua vita.
Le prime pagine dei principali quotidiani nazionali commentate in rassegna stampa da Davide Giacalone. Ucraina e la liberazione di Kherson, la crisi Roma-Parigi e i bonus. L'attualità. Tanti i temi sul tavolo. Il commento di Stefano Piazza, giornalista di Panorama. Chi era davvero Gesù di Nàzaret? In questo volume, Andrea Tornielli accoglie la sfida di raccontare la sua storia, la sua vita terrena, dalla nascita a Betlemme, con una mangiatoia come prima culla, fino alla morte sulla croce, nell'estremo sacrificio, e alla resurrezione. "Vita di Gesù" è il nuovo libro di Andrea Tornielli, giornalista e scrittore, oltre che direttore editoriale dei media vaticani. Tornano sabato 12 novembre i cioccolatini della ricerca di fondazione Airc (Associazione italiana ricerca sul cancro) e dal 6 al 16 novembre si rinnova l'appuntamento con I Giorni della Ricerca, dieci giorni per informare e sensibilizzare il pubblico sul tema cancro. Per parlarne ci ha raggiunto in diretta Carlo Conti, testimonial dell'Airc e amico di RTL 102.5. Una puntata speciale quella di oggi di Non Stop News. In studio con noi c'è Max Biaggi, inviato speciale di RTL 102.5 per la MotoGP. Da martedì fino a domani è di scena alla fiera di Rho, a Milano, Eicma, l'esposizione internazionale ciclo motociclo e accessori, il più importante evento fieristico per l'intero settore delle due ruote a livello mondiale. Ne parliamo con Davide Zanolini, direttore marketing e comunicazione del gruppo Piaggio. Una leggenda del motociclismo nostro ospite per parlare della stagione della Motogp e di altro: Giacomo Agostini, 15 volte campione del mondo. Il pilota della Ducati Motogp Fabio di Giannantonio nostro ospite insieme a Max Biaggi per parlarci del mondiale appena concluso. All'interno di Non Stop News, con Barbara Sala, Luigi Santarelli e Antonio Sica.
Un muro dimenticato e quasi un'opera d'arte a nascondere una guerra dimenticata. A Betlemme, oltre il muro, c'è la vita dei profughi di un conflitto scomparso dalle prime pagine dei giornali. Ma non dalla vita di chi abita nel campo di Aida. Martedì 1 novembre in Israele si tornerà a votare per la quarta volta in cinque anni. Dopo l'aumento negli ultimi mesi degli attacchi in Cisgiordania, il tema della sicurezza è diventato centrale nella campagna elettorale, assieme alla tanto agognata pax marittima con il Libano. Una questione che invece sembra non avere spazio nel dibattito pubblico israeliano è il tema dei profughi palestinesi. A Betlemme entriamo nel campo profughi di Aida per raccontare la vita oltre il muro.
paypal: sunfly61@hotmail.es La prima Betlemme. Origine della bella tradizione di porre la rappresentazione della nascita di Gesù bambino nelle case, nelle chiese e nei luoghi pubblici.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7115COSA FARE SE NON SI TROVA LA PARROCCHIA ADATTA di Miria CiucciOrmai da diversi anni ci definiamo cattolici erranti, come pecore senza pastore in cerca di scampoli di Chiesa viva e vera. E dobbiamo essere grati al Signore che, in questa landa spesso desolata, non ci ha lasciati mai troppo tempo senza incontrare qualche luce e qualche piccola oasi che rinfranchi il cuore. Occorre tener desto il desiderio e investire tempo e spesso macinare parecchi chilometri. E così quattro anni fa, si direbbe quasi per caso, ma piuttosto direi per una di quelle che una nostra amica monaca chiama "Dio-incidenze", siamo approdati a un corso di esercizi spirituali guidati da un sacerdote mai sentito nominare. Ma il tema degli esercizi, "I Novissimi", ormai completamente sparito da omelie, catechesi e meditazioni, faceva sperare di poter trovare un pastore ancora degno di tale nome. Nello spazio di condivisione finale mio marito disse: "Faccio volentieri trecento chilometri per incontrare un prete normale". Già, un prete normale, ed è lui stesso a dire, a chi lo definisce speciale, che non fa altro che proporre quello che la Chiesa ha sempre indicato, ma che purtroppo non propone più, se non in qualche oasi sperduta, come appunto Staggia Senese. Mai sentita nominare prima di questa circostanza questa località che non è neanche un comune, ma una frazione di poco più di duemila abitanti. Ma questo è il metodo del Signore, che sceglie sempre ciò che non è degno di nota, anche in luoghi come Betlemme e Nazaret, per manifestare la Sua gloria.E cosa è mai accaduto in questo luogo? È arrivato un sacerdote che, iniziando col riunire un gruppo di quattro giovani, si ritrova oggi a guidare una comunità viva dove sono presenti anche giovani famiglie che non hanno paura di mettere al mondo dei figli e, udite udite, nascono anche vocazioni alla vita consacrata. Il segreto di tutto questo non sembra essere qualche sbalorditiva trovata pastorale, ma sano nutrimento con la Parola di Dio ed il Catechismo della Chiesa cattolica, con conferenze per conoscere le nostri radici cristiane e mettere in guardia dalle derive che oggi infestano la nostra realtà, con una scuola parentale per proteggere i più piccoli dall'azione di indottrinamento che ormai è lo scopo principale della scuola di Stato. Aria da respirare a pieni polmoni, per cui da tutta Italia molti partecipano agli esercizi spirituali proposti e accompagnano i loro figli al campo-scuola estivo.UN SACERDOTE CHE CREDE VERAMENTEFinalmente quest'anno siamo riusciti anche noi a far partecipare nostra figlia al campo-scuola guidato da don Stefano, anche forzando un po' la mano perché a tredici anni ormai le proposte dei genitori si accolgono con reticenza, per non parlare della fede che si cerca di trasmettere e che a quell'età viene messa in discussione. Ormai da tempo la nostra piccola, che a cinque-sei anni, con entusiasmo, partecipava al rosario in parrocchia, guidando anche la recita di una posta, andava a messa malvolentieri e rifiutava la proposta di approfondire il catechismo con me per supplire a quello piuttosto banale proposto dalla parrocchia, incentrato sui temi più disparati come amicizia, adolescenza, solidarietà e molto poco su Gesù Cristo e la Sua Chiesa, e ci giudicava strani, quando non pazzi e comunque sempre esagerati. L'abbiamo accompagnata in questo luogo meraviglioso in mezzo al bosco, lasciandola, imbronciata e diffidente, tra una quarantina di ragazzini e ragazzine che non conosceva, con la promessa che se non le fosse piaciuto non ci sarebbe tornata più. In una chiesa di un paesino poco distante ho acceso una candela davanti alla statua della Madonna affidando a Lei questa esperienza. Da una parte eravamo certi che il suo cuore potesse essere raggiunto, ma dall'altra la sua resistenza sembrava così forte da non lasciare spazio a troppe certezze sull'esito.L'esito, devo dire, è stato migliore di ogni più rosea aspettativa. D'altronde come in tutte le cose che fa il Signore. Se all'andata non vedeva l'ora di venir via, quando è arrivato il momento di ripartire non è stato facile convincerla a salutare e andare. Come non ricordare le parole del salmo 125? "Nell'andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni". Se le opere si giudicano dai frutti, come giustamente ci indica Gesù, questa è inequivocabilmente opera Sua. Don Stefano è uno strumento, come tutti gli animatori ed aiutanti che mettono a disposizione il loro tempo per supportarlo. L'impressione che ho avuto riprendendo mia figlia e sentendola raccontare questa esperienza è quella di uno sconvolgimento, un mutamento soprattutto di giudizio, dato dall'incontro con qualcosa di nuovo e affascinante che non aveva messo in conto. Il sentimento più evidente che ha manifestato è la meraviglia. "Mamma, tutta un'altra cosa". Che cosa? "Praticamente tutto". "Don Stefano è un sacerdote che crede veramente": evidentemente quelli incontrati sulla sua strada finora non le avevano trasmesso questa certezza della fede. "Quanto è bello stare tra cristiani": evidentemente non aveva fatto mai esperienza di comunità cristiana. E a noi genitori, prima scartati come pazzi, si è aperta la possibilità di una revisione del giudizio, perché forse l'esperienza che più l'ha toccata è stata quella di sentirsi a casa, di non sentirsi strana.DOVE FIORISCE LA CHIESA SI INCONTRA GESÙLa nostra società ormai è talmente scristianizzata che chi prova a proporre davvero la fede si sente un extraterrestre. Normale, visto che Gesù stesso ci ha detto "Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia" (Gv 15,18-19). Il problema è che questo accade anche dentro le realtà ecclesiali, spesso pervase e corrotte dal pensiero del mondo, in nome dell'inclusione e della misericordia che si traduce nel non distinguere più il bene dal male per non offendere la sensibilità di qualcuno. È la Chiesa liquida, figlia della società liquida dalla quale non vuole sentirsi odiata. Questo processo però mi fa ricordare un passo della Scrittura: "Come pecore sono avviate agli Inferi, sarà loro pastore la morte" (Salmo 49). Se non si distingue il bene dal male, l'uomo, naturalmente inclinato al male, si farà trascinare inevitabilmente verso il basso.Il campo-scuola, una full immersion di soli cinque giorni, ma evidentemente intensi, ha aiutato nostra figlia a maturare un giudizio sulla sostanza delle cose, o meglio, a distinguere ciò che ha sostanza da ciò che non ne ha, ciò che ha sapore da ciò che non ne ha. Inaspettatamente al ritorno è stata disponibile a riprendere l'approfondimento del catechismo, non come un peso, come gli appariva le poche volte che ero riuscita a proporglielo, ma con interesse e partecipazione. E non è stata l'esperienza giocosa che molti possono immaginare ad entusiasmarla. Ci ha raccontato la giornata: due ore di gruppo studio la mattina e due ore il pomeriggio. Ragazzini dagli undici ai tredici anni. Se quanto proposto non fosse stato ricco di sostanza sarebbero fuggiti a gambe levate. E poi mi ha colpito un'altra cosa del suo racconto: "Nel tempo libero Don Stefano era spesso presente e potevamo fargli delle domande o parlare", per cui anche il tempo libero che poteva essere dedicato al gioco veniva magari impiegato ad approfondire qualcosa. E, meraviglia delle meraviglie, il momento più bello? Quello del silenzio. Mezz'ora di silenzio per la riflessione personale ogni giorno. Ce li vedete i ragazzini undici-tredici anni? No, perché nessuno li prende sul serio e nessuno gli propone qualcosa di interessante. È il segno della vittoria sul mondo della nostra fede.Allora io ho un suggerimento per le alte cariche della Chiesa: smettete di inventare strategie pastorali (ho visto addirittura che sono proposti dei master di pastorale!) e di rincorrere il mondo per allargare le fila dei fedeli che puntualmente invece si riducono. Dice sempre mio marito che qualunque azienda con un minimo di spirito di sopravvivenza di fronte agli evidenti risultati fallimentari di questo metodo avrebbe cambiato strategia. Guardate dove crescono i frutti e proponete Gesù, la Sua Parola e la dottrina di sempre della Sua Chiesa e la vedrete fiorire come a Staggia, dove non è stato seminato altro che questo, e da tutta Italia ce ne andiamo a nutrire. E dove fiorisce la Chiesa si incontra Gesù e il nostro cuore e quello di ogni uomo della terra, che ricerca Lui, in Lui trova pace.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7028FINALMENTE BEATO IL SACERDOTE UCCISO DAI PARTIGIANI di Paolo RissoLa notte del 21 luglio 1945 - la guerra era finita da tre mesi - alle ore 2, si ode una scampanellata alla porta della canonica di Crocette (Pavullo - Modena). La buona "perpetua", Angiolina F., affacciatasi alla finestra, vede un uomo che le dice di voler il parroco per l'assistenza a un infermo assai grave.Angiolina conosce l'uomo e si affretta a chiamare il parroco, don Luigi Lenzini, 64 anni di età, che dovrebbe riposare, ma carico di preoccupazioni, veglia e prega. Don Luigi, intuito il diabolico tranello, rifiuta l'invito, dicendo che ha già visitato il malato il giorno prima e che sarebbe tornato al mattino, alla luce del sole. La perpetua dalla finestra lo dice all'uomo rimasto ad attendere.Segue un lungo silenzio nella calda notte d'estate. Quindi si sentono strani rumori lungo i muri della casa. Gli uomini presenti, partigiani comunisti, (sono almeno in quattro) servendosi di una scala a pioli, riescono a entrare in canonica attraverso la finestra del ballatoio, rimasta aperta, all'altezza di 7 metri da terra.Sono mascherati e, appena entrati, terrorizzano la perpetua, la quale fugge in una casa vicina, dopo aver riconosciuto uno di quei figuri. Frattanto risuonano nella notte lenti rintocchi della campana a martello, come un gemito, un grido di aiuto.Don Luigi, compreso il pericolo, è sceso al piano terra ed è risalito subito sul pianerottolo del campanile e ha dato di piglio alla corda della campana. A quel suono, si scatena sul piazzale della chiesa una sparatoria infernale a scopo intimidatorio: guai a chi fosse sopraggiunto!I briganti, introdottisi in canonica, sono assai pratici dei luoghi e, scendendo la scala interna, si portano in chiesa e sparano diversi colpi, quindi salgono sul pianerottolo del campanile, dove trovano don Luigi. Lo afferrano - quattro contro uno, buon affare, vero? - e lo strappano via dal luogo santo con brutale sacrilega violenza.Nel tragitto dalla chiesa verso la morte ormai sicura, don Luigi vive il suo calvario. Gli assassini infieriscono su di lui con sevizie ed efferata crudeltà. Vogliono costringerlo a bestemmiare il suo Dio, quel Dio che lo ha elevato alla dignità più alta sulla terra: "alter Christus".Giunto nella vigna a mezzo chilometro dalla chiesa, con il corpo orribilmente straziato, il parroco viene finito con un colpo alla nuca, quindi viene "semisepolto" sotto poca terra, intrisa del suo sangue. I senza-Dio, peggiori di Attila, fuggono "a capolavoro compiuto".L'odio a Cristo e alla sua Chiesa, li ha condotti a un delitto, contro uno dei suoi Ministri. È notte fonda, notte nera, sulla campagna di Crocette e ancor più in quei fanatici chiusi alla luce.Il povero corpo di don Luigi è ritrovato da alcuni contadini una settimana dopo, il 27 luglio 1945, nella vigna, lungo la scorciatoia che conduce a Pavullo. I suoi funerali, in mezzo al rimpianto e alle lacrime degli onesti, vengono celebrati nella sua chiesa di Crocette dal Vicario foraneo di Pavullo, don Giuseppe Passini.La tomba del martire - perché di un martire vero si tratta - nel cimitero parrocchiale, è subito meta di pellegrinaggi e luogo di preghiera: indimenticabile buon pastore che ha dato la vita per Gesù e per le anime a lui affidate.APOSTOLO DI GESÙLuigi Lenzini era nato a Fiumalbo il 28 maggio 1881, figlio del dottor Angelo e di Silvia Lenzini, in via Bassa Costa, N. 74. Cresce in famiglia agiata e soprattutto profondamente cristiana. Fin dall'infanzia, Gesù è il suo primo Amico. Una fanciullezza segnata dalla devozione a Gesù Eucaristico e alla Madonna. Sente presto che Gesù lo chiama a farsi sacerdote.Compie gli studi ginnasiali nel Seminario di Fiumalbo (Modena). Nel 1898, 17enne, a Natale veste l'abito talare, come chierico della diocesi di Modena. È molto contento della scelta compiuta e intraprende con slancio e profitto gli studi di filosofia e teologia. Si radica nella Verità della santa Dottrina Cattolica, alla luce del Magistero di Leone XIII che all'inizio del secolo XX, indica con autorità Gesù Cristo come Via, Verità e Vita per l'umanità (enciclica Tametsi futura), e del santo Pontefice Pio X, che inaugurando il suo pontificato, nell'agosto 1903, si propone di "ricapitolare tutte le cose in Cristo" ("instaurare omnia in Christo").A 23 anni, ricco del vero spirito religioso e sacerdotale che vuole stabilire davvero tutto in Gesù Cristo e che non può sopportare che qualcosa o qualcuno sia fuori di Lui, Luigi Lenzini viene ordinato sacerdote il 19 marzo 1904, festa di S. Giuseppe, dall'Arcivescovo di Modena, Mons. Natale Bruni.Celebrata la prima S. Messa a Fiumalbo tra la gioia dei suoi cari e dei concittadini, viene mandato vice-parroco prima a Casinalbo, quindi a Finale Emilia, dove resterà sei anni. È un giovane prete colmo di amore a Dio che lo spinge ogni giorno di più a essere apostolo del Redentore in mezzo, ai fratelli. In Italia, in particolare in Emilia, in questi anni, dilaga il socialismo, ateo e materialista, che si propone di sradicare la Fede cattolica e, a parole, di promuovere i ceti più umili: ecco dove sta l'inganno.A Finale, una delibera del consiglio comunale del 1882 aveva abolito il Crocifisso e l'insegnamento della Religione dalle scuole, che però era stato subito ripristinato da un decreto del prefetto. All'inizio del secolo, il socialista Gregorio Agnini organizza a Finale e dintorni la penetrazione del socialismo, recandosi a ‘predicare' anche sulla piazza della chiesa. Don Luigi, appena 30enne, scende in piazza con competenza e coraggio a controbattere baldanzosamente il "compagno" Agnini, con la Luce della Verità del Vangelo di Cristo.Prima e dopo, prega davanti a Gesù Eucaristico, acquistando per suo dono una parola franca e luminosa che confuta gli errori e custodisce molte anime nella Fede.Dal 1912 al 1921, è rettore della parrocchia di Roncoscaglia, quindi viene nominato parroco di Montecuccolo, dove rimarrà fino al 1937. Sente in profondità come un assillo pungente la responsabilità di essere parroco e di portare le anime che gli sono affidate a Gesù, in questa vita nella fuga dal peccato e nella Grazia santificante, quindi nell'al-di-là in Paradiso. Vuole giungere a ogni anima, nessuno escluso.Nella piccola biografia che abbiamo tra mano, leggiamo di lui: "Mattiniero e puntuale all'orario della Messa, si preoccupava dell'istruzione religiosa (e non solo) dei suoi parrocchiani: con il catechismo ai ragazzi, agli aspiranti dell'Azione Cattolica, riuniti nel circolo dei "Lorenzini" (dal loro protettore S. Lorenzo, diacono e martire), alle madri di famiglia, ai giovani, ai capifamiglia, raggruppati in confraternite. Aveva istituito una piccola biblioteca circolante con libri di formazione, vite di santi, romanzi buoni. Era sempre disponibile al confessionale e alla direzione spirituale" (da: G. Lenzini, Don Luigi Lenzini, martire di un atroce odio anti-clericale, pro manuscripto, Modena, 2009).In una parola, è attento a tutte le necessità della parrocchia dove è amato come il buon pastore a immagine di Gesù, come l'apostolo di Gesù, che vive per Gesù solo e per donargli tutte le anime. Il suo più grande amore è il Santo Sacrificio della Messa, Gesù Eucaristico. Ogni domenica guida i suoi parrocchiani in un'ora di adorazione eucaristica.SEMPRE VICINO AL TABERNACOLOTra i suoi scritti, questa elevazione ardente a Gesù-Ostia esposto sull'altare: "So di essere alla tua presenza, o Gesù mio, e benché con gli occhi non ti veda, pure la Fede mi dice che Tu sei lì in quell'Ostia, vivo e vero, come lo fosti un dì sulla terra. Sì, lo credo, o Gesù, più che se ti vedessi con gli occhi, e sapendo di essere alla tua reale presenza, il mio primo dovere è di adorarti. Ti adoro con lo spirito di adorazione con cui ti adorò tua Madre, quando ti vide nato nella grotta di Betlemme. Voglio la Fede e la carità del tuo padre putativo S. Giuseppe per adorarti come meriti. Ti adoro con le adorazioni dei tuoi Apostoli e soprattutto con quella del tuo diletto Pietro, quando ti disse: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Fa', o Gesù, che la mia adorazione non si limiti a questo giorno, ma che il mio pensiero sia sempre vicino al tuo santo Tabernacolo".Alla fine del 1937, don Luigi si sente chiamato a farsi religioso redentorista a Roma. Lascia Montecuccolo, ma a Roma non resiste a causa dell'età non più giovanile: così nel 1939 ritorna in diocesi a Modena. Per due anni è cappellano nella casa di cura di Gaiato, servendo Gesù nei malati con la delicatezza di un padre. Intanto ha la gioia, di vedere due giovani già suoi parrocchiani, da lui guidati, salire l'altare come sacerdoti di Gesù.Il 26 gennaio 1941, a 60 anni, è nominato parroco di Crocette, 700 abitanti, nel comune di Pavullo (Modena). Un'altra volta, è tutto dedito al suo ministero: sacerdote della Verità che annuncia e fa amare Gesù, uomo di sconfinata carità che soccorre e consola i suoi nelle difficoltà enormi della guerra. È subito benvoluto e stimato da molti, quelli che amano la Verità.Nessuno può accusarlo di simpatie fasciste, anzi aiuta anche i partigiani che rispettano la dignità dell'uomo e nasconde in canonica alcuni ricercati. La sua preoccupazione è "salvare" chiunque abbia bisogno. Non usa il pulpito per fare propaganda politica per qualche partito, ma esprime con chiarezza, in chiesa e fuori, il suo timore per il diffondersi di ideologie avverse al Cristianesimo: "Se il comunismo ateo avesse a prevalere - afferma con coraggio nelle sue omelie - un giorno sarà anche impedito alle famiglie di battezzare i loro bambini".Bastano parole come queste a renderlo inviso, a trasformarlo in bersaglio da colpire e da eliminare. A una riunione a metà giugno 1945, interviene un propagandista comunista per chiedere in tono minaccioso "dove si trovi il parroco a cui intende insegnare come deve parlare in chiesa".
Gesù spiega che la sua opera sulla terra non era limitata alla sola redenzione ma al ripristino dell'Eden. Parla dei suoi "Eden" sulla terra: da Betlemme fino al Calvario. Esempi oltremodo edificanti e significativi per tutti noi. Libro di Cielo, Volume 27, 29 Dicembre 1929, Mercoledì 13 Aprile 2022
all'udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: “Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo”?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!». Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua.
Dal Vangelo secondo Giovanni 7,40-53 In quel tempo, all'udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: "Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo"?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!». Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua. --- Send in a voice message: https://anchor.fm/vangelo/message
La cena solidale per Betlemme, il 9 marzo a Travacò quattro chef e Padre Francesco!
Tanti credono in molte cose, ma purtroppo pochi hanno una fede basata sulla Parola di Dio. Questo catechismo ti aiuterà ad avere una fede solida. Quest' è domanda e risposta n. 25 della serie di domande e risposte brevi dal catechismo battista del 1693 - versione di Charles Spurgeon.In che modo Cristo esplica la propria funzione di re?Cristo esplica la propria funzione di re sottomettendoci a sé, governandoci e difendendoci, dominando e sconfiggendo tutti i suoi ed i nostri nemici.Versetti da Leggere:Salmi 110:3 - Il tuo popolo si offre volenteroso quando raduni il tuo esercito. Parata di santità, dal seno dell'alba la tua gioventù viene a te come rugiada.Matteo 2:6 - E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei affatto la minima fra le città principali di Giuda; perché da te uscirà un principe, che pascerà il mio popolo Israele*"».1 Cor. 15:25 - Poiché bisogna che egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi.Link:Ebook - Fede RiformataConfessione di Fede BattistaVerità & Vita PodcastLibretto gratis - Mi ConnettoLibretto gratis - Riforma 500Speakpipe - Lasciaci una domanda o commento Catechismo PlaylistSe ti piace il podcast, lasciaci una recensione da 5 stelle e così facendo aiuterai altre persone a trovarci. Grazie!
Dopo aver vissuto il tempo di Natale, queste parole del Vangelo di Matteo sono d'ispirazione per noi che oggi celebriamo la preghiera per la pace. Questa preghiera oggi si colloca nella giornata dedicata al dialogo tra ebrei e cristiani, che vuole sottolineare non solo la necessità del dialogo, ma la fraternità tra ebrei e cristiani. Nel Vangelo si trovano scritte storie di violenza e di clima guerresco, perché si ritrovavano allora nella vita di tanti paesi, ma anche oggi è così ed è per questo che ora stiamo pregando. Anche oggi ci sono violenza e guerra in tante parti del mondo e mentre seguiamo queste dolorose vicende nelle cronache, nelle notizie di ogni giorno, proviamo ad allargare il nostro cuore alla partecipazione e alla compassione verso coloro che, lontano da noi, soffrono, ma anche verso coloro, che vengono vicino a noi da paesi afflitti dalla guerra. Loro sono quasi ambasciatori del dolore e del pianto. Nel Vangelo viene citata, come testimone di tanto dolore, la madre di Giuseppe e di Beniamino, Rachele, la cui tomba era localizzata vicino a Betlemme. Questa madre, Rachele, rappresenta in un certo senso tutte le madri che piangono sui figli del popolo, che vengono uccisi; anche oggi i bambini sono uccisi in guerra, sono uccisi nei viaggi, in fuga di notte o di giorno, abbandonati, magari come quel piccolo di 3 anni che vagava solo nelle foreste respinto tra Bielorussia e Polonia: i bambini di Etiopia, che hanno fame, i bambini profughi dal nord del Mozambico che cercano accoglienza e i figli della Terra inaridita del sud Sudan. Rachele fino alle lacrime implora che adottiamo le loro lacrime, per farle nostre in una preghiera insistente e perché no, se possibile, nell'azione. La preghiera per la pace sono le lacrime di Rachele che cominciano a scorrere dai nostri occhi e ci fanno dimenticare i nostri dolori, che pure possono avere un motivo. E oggi, giorno del dialogo tra ebrei e cattolici, ricordiamo il dramma che ha segnato il popolo ebraico durante la Seconda Guerra Mondiale, un dramma enorme, unico, la Shoah.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6877I CINQUE MOTIVI PER CUI LA STELLA COMETA NON ERA UN ASTRO COMUNE di Corrado GnerreSpesso si sente questa obiezione: è possibile credere alla Stella Cometa? Forse non fu altro che una delle tante comete che ciclicamente si rendevano e si rendono visibili.In realtà un'obiezione di questo tipo non regge se si parte da un dato di fede. Infatti, se Dio si è fatto uomo, perché non potrebbe essere stato possibile una stella straordinaria? È più straordinario una Stella che accompagnava prodigiosamente chi si recava a Betlemme oppure un Dio che diventa veramente uomo?Inoltre chiediamoci: Dio è Dio o no? Se Dio è Dio, allora Dio ha potenza su tutto, anche sul firmamento. San Tommaso d'Aquino lo afferma chiaramente nella Summa (I, questione XXV).Sempre san Tommaso afferma che la nascita di Gesù era conveniente che si manifestasse con prodigi (Summa, I, questione XXXVI). Il Prodigio di tutti i prodigi, infatti, doveva essere accompagnato da altri fenomeni prodigiosi. Certo, non è una certezza, ma è una "convenienza" teologica, ovvero un qualcosa che trova fondamento nella logica e nella coerenza del dato rivelato.Sempre san Tommaso nella Summa (III, q.XXXVI a.7), dopo aver esposto le opinioni positive e le obiezioni, conclude affermando l'eccezionalità della natura dell'Astro e la sua non classificabilità tra le stelle create.Scrive: "Rispondo: che quella stella, secondo l'autorità del Crisostomo, non fosse un astro del firmamento, è chiaro per diversi motivi.Primo, perché nessun'altra stella segue quella stessa direzione. Quella infatti andava da nord a sud: è questa la posizione della Giudea nei confronti della Persia, da cui provenivano i Magi.Secondo, ciò è evidente dal tempo dell'apparizione. Poiché non appariva soltanto di notte, ma in pieno giorno. Il che non succede alle stelle, e neppure alla luna.Terzo, perché a momenti spariva. Quando infatti i Magi entrarono a Gerusalemme la stella sparì; e riapparve quando essi si allontanarono da Erode.Quarto, perché non aveva un movimento continuo, ma si muoveva quando i Magi dovevano camminare e quando invece dovevano fermarsi, si fermava; proprio come avveniva della colonna di nubi nel deserto.Quinto, perché indicò il parto della Vergine, non stando in alto, ma scendendo in basso. Infatti nel Vangelo si legge che "la stella vista da essi in oriente, li precedeva, finché giunta sul luogo dove era il fanciullo, si fermò." Da ciò risulta che le parole dei Magi 'Vedemmo la sua stella in oriente' non vanno intese nel senso che dall'oriente avessero visto la stella che si trovava in Giudea; ma che la videro in oriente e che li accompagnò fino alla Giudea."Sant'Agostino d'Ippona scrive nel suo Contra Faustum (lib.II, cap.5) a proposito della Stella: "Non era una di quelle stelle che dall'inizio della creazione seguono il loro corso secondo la legge del Creatore, ma con il nuovo parto della Vergine apparve una nuova stella."
La straordinarietà dell'Incarnazione rende tutto possibile. Anche che una stella misteriosa accompagnasse i magi a Betlemme.
Dal Vangelo secondo Matteo 2,1-12 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo". All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele"". Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: "Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo". Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese. --- Send in a voice message: https://anchor.fm/vangelo/message
Cosa è realmente essenziale, e non solo a Natale? Gesù è l'essenziale per la nostra vita, la luce che viene a dimostraci l'amore così grande di Dio per noi. --- CLICCA SUL TITOLO PER ASCOLTARE IL MESSAGGIO Tempo di lettura: 10 minuti Tempo di ascolto audio/visione video: XX minuti Il Natale è ormai alle spalle ci siamo scambiati gli auguri, abbiamo mangiato, bevuto, gioito... ma è questo che è davvero essenziale a Natale? Nella serie di messaggi di Avvento abbiamo riflettuto su cosa fosse essenziale a Natale attraverso o personaggi della natività. Avevamo visto che l'adorazione è essenziale, il focalizzarsi su Dio, su chi è Lui, su cosa a fatto per noi, e in virtù di questo, rispondere con una azione, così come hanno fatto i Sapienti. Avevamo visto che la testimonianza è essenziale il raccontare ciò che abbiamo visto e udito, non essere solo solo testimoni passivi, ma anche testimoni attivi, fare da testimoni a Gesù, così come avevano fatto i pastori. Abbiamo parlato di Maria e di Giuseppe, e dell'opera che Dio aveva fatto in loro ed attraverso di loro. L'opera di Dio è essenziale, ciò che Lui ha fatto, fa e farà Ed è essenziale che tu gli permetta di operare in te ed attraverso di te per ricevere la vera gioia a Natale. Ma di tutte queste cose, quale è veramente essenziale? Quale è quella di cui non possiamo fare a meno, senza la quale adorazione, testimonianza ed opera sono assolutamente inutili? Gesù è essenziale Per il secondo anno consecutivo ci siamo trovati a celebrare un Natale in emergenza. L'emergenza Covid ha causato e continua a causare molti problemi, e comprendo che alcuni di noi, sia qui che tra quelli che mi ascoltano online o mi leggono, siano arrivati a Natale con un cuore pesante dovuto ad una perdita tra le persone care. Qualsiasi fosse il tuo stato d'animo, sappi che il Natale è stato creato per portarti gioia. Quando l'angelo mandato da Dio giunse dai pastori gli disse: «Non temete!» disse. «Io vi porto la più bella notizia che sia stata mai annunciata; questa notizia darà grande gioia a tutti! Il Salvatore, proprio il Messia, il Signore, è nato stanotte a Betlemme! Come potete riconoscerlo? Troverete un bambino avvolto in una coperta, che giace in una mangiatoia». (Luca 2:10-12 PV) I pastori non erano ricchi, erano spesso schiavi, erano mal pagati erano rifiutati da tutti... ma l'angelo dice che la gioia sta arrivando anche per loro, nel luogo esatto dove sono ora nello stato di vita che stavano attraversando. E il Signore è questo che ripete, e non solo a Natale: qualsiasi cosa tu stia attraversando, non temere: ti ho mandato mio Figlio perché tu possa avere gioia. Se avete fatto la vostra lista delle cose che rendono il Natale divertente, speciale e significativo per voi, quante “stelle” avete messo per indicare quelle che sono realmente “essenziali”? Nella mia lista c'erano tredici motivi. ma solo tre avevano una stella a fianco. Quello che nelle ultime cinque settimane abbiamo provato di fare è di concentrarci sulle cose realmente essenziali a Natale. Ma ora che il Natale è trascorso su cosa dobbiamo concentrarci? E' proprio Gesù che ce lo indica che ci da il messaggio essenziale del Natale, il perché è venuto quella prima volta e perché ha cambiato la vita di tutti coloro che lo accettano come lo spartiacque tra un mondo perduto e un mondo salvato. E perché è essenziale, ma non solo a Natale. Quel messaggio in origine è stato dato ad una grande persona, che attendeva il Messia, e che aveva visto le opere di Gesù, ma che aveva ancora dubbi se lui fosse davvero il Salvatore. Quell'uomo si chiamava Nicodemo. Il messaggio che Gesù ci affida tramite le parole dette a Nicodemo sono essenziali come il cibo, l'acqua, il sole e l'aria per noi: “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.” (Giovanni 3:16-17) Questo versetto, tanto usato ed abusato, forse non lo sapete, o non ci avete mai pensato, parla proprio del Natale; parla di un Dio che “ha dato”, ha mandato, ha fatto nascere a Natale un uomo che sarebbe stato l'Emmanuele, il Dio con noi. Questo è tutt'ora il messaggio essenziale che porta il Natale., e che serve anche oltre al Natale. Se Dio volesse usare un WhatsApp per comunicare con te so di sicuro cosa ti scriverebbe: “Io ti amo tanto”. La parola che è tradotta con “tanto” nelle nostre Bibbie, è in greco οὕτως houtōs, e significa sia “tanto” che “in questa maniera”. Dio ama tanto, ama in una maniera che è solo la sua ama in questa maniera. Houtōs in grammatica è un “avverbio intensificatore”, ovvero qualcosa che aumenta, rende più intenso il termine che gli sta a fianco. Ma perché Gesù decide di usare un avverbio intensificatore? In fondo, avrebbe potuto solo dire: “Perché Dio ha amato il mondo”... e nessuno si sarebbe stupito. Dio è amore, un amore perfetto. Pietro afferma che “Dio non ha riguardi personali” (Atti 10:34 b) ama tutti allo stesso modo; Dio quando ama, ama sempre tanto. E invece Gesù ha voluto dire a Nicodemo, a te e a me, che Dio non ci ama soltanto, ma che ci ama in questa maniera, in questa maniera così enorme che ha persino dato suo figlio a Natale, (in qualsiasi data fosse) lo ha realmente “inviato” sulla terra proprio per me e per te... E' per quello che puoi avere gioia anche nella disperazione! Lascia che mi fermi un attimo: quale è la persona che ami “tanto”? Un familiare, un amico, una sposa, uno sposo, un figlio, una figlia? Natale è trascorso, dove tutti sono più buoni, e pare quasi un dovere amare tutti. Gesù è venuto per darti un esempio che non termini a Natale; non far trascorrere questo anno che inizia, senza dire a colui o colei che ami tanto di quanto lo ami! Gesù, parlando a Nicodemo, voleva fargli sapere che quell'amore che Nicodemo immaginava era davvero reale, ed era grande. Sentirsi amati è una gran cura a tutto! E ricorda che quell'amore che tu dai a loro è possibile solo perché tu sei stata, tu sei stato amato per primo. Giovanni dice: “In questo si è manifestato per noi l'amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo affinché, per mezzo di lui, vivessimo. In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati.” (1 Giovanni 4:9-10) Torniamo al messaggio di Dio per noi oggi e a quel WhatsApp che potrebbe mandarti. Posso dirti che Dio non invierebbe un messaggio attraverso un “gruppo”, una lista (infinita) di persone, ma lo scriverebbe proprio a te. Come posso affermarlo? Perché già lo ha fatto in passato; è quella la sua maniera di parlare alle sue creature. Guarda il versetto di Giovanni: Gesù avrebbe potuto dire “affinché tutti quelli che credono in lui non periscano”, ma non a detto “tutti”, ha detto “chiunque”. E' una differenza stilistica piccola, ma è una differenza che fa una enorme differenza per me e per te! Io e te non siamo dispersi in un gruppo, nel “tutti”; “chiunque” è la fusione di due parole latine: “qui”, ovvero “colui che” ed “unquam", ovvero “sempre”: Se lo leggo in questo modo, la frase di Gesù suona: "affinché colui che sempre crede in lui non perisca”. Giovanni scriveva in greco, e la parola che usa per chiunque è πᾶς pas; significa qualcosa di simile a “colui che sempre”. Dio è interessato a quel chiunque tra i tutti: tu non sei un numero disperso in una massa, tu sei una colei, un colui, tu singolarmente VALI un amore TANTO GRANDE, un amore in questa maniera. Tu hai un nome, un volto, una storia che Dio conosce, hai aspirazioni, sogni e lotte che affronti ogni giorno e Dio vuole TE; vuole essere coinvolto con te. Per questo Gesù è sceso per starti vicino, e non solo a Natale. L'angelo disse ai pastori: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo, il Signore.” (Luca 2:11) Il Salvatore è nato non perché voleva prendersi una vacanza quaggiù, né per un caso fortuito, ma è nato “per voi” per quel “tanto”, per quel “in questa maniera” di cui parlava Gesù a Nicodemo. Come avverrà che quel “chiunque”, avrà la vita eterna? Gesù dice che che quel chiunque, che siamo tu ed io la otterrà se “crede”, e la parola usata da Giovanni in greco è πιστεύω pisteuō, che significa più esattamente “avere fede”. Tu potresti dirmi. “Eh beh... dove sta la differenza? Credere e avere fede sono sinonimi.” Non vorrei scioccarvi, ma c'è differenza tra credere ed avere fede. Io posso credere in molte cose: posso credere che votando quel politico o quell'altro le cose andranno meglio. Posso credere che la mia squadra vincerà il campionato perché il presidente ha comperato i migliori giocatori. A tutte queste cose posso credere... ma quanto?, Spesso con una percentuale: credo che quel politico, al 30% manterrà le promesse, che la mia squadra al 50% vincerà il campionato. Ma quando sto per buttarmi col paracadute fuori da un aereo non mi basta credere che si aprirà: devo avere fiducia, fede che lo farà, la mia logica deve andare oltre al calcolo percentuale altrimenti non mi muovo da dentro l'aereo. Devo “affidarmi” avere fede che quel pezzo di stoffa si gonfierà al punto giusto per portarmi a terra sano e salvo. Io ho creduto in Gesù quando avevo otto anni, ma c'è voluto molto tempo prima di avere fede in lui, prima di capire che lui era la sola risposta al mio vuoto. Per quasi quindici anni ho vissuto credendo in lui ma non avendo realmente fede in lui. Mia madre Maria, ha creduto in Gesù da bambina, ma ha atteso di avere settantotto anni prima di avere fede in Gesù. Un mio parente malato terminale, ha saputo di Gesù nella sua vita, ma ha atteso pochi istanti prima di morire per avere fede... Gesù venendo a Natale ti chiede non solo di credere, ma soprattutto di avere fede, di affidarti a lui. Il Covid ha portato e porta ancora molte perdite, ma non è il male assoluto. L'influenza spagnola agli inizi del 900 fu peggiore, uccidendo un terzo dell'intera popolazione mondiale. Nel 1600 la peste bubbonica uccise il 45% della popolazione in Europa. Ma non erano queste il male assoluto. Gesù sapeva che il 100% dell'umanità era affetta dal un male mortale, che lo avrebbe condotto a vivere l'eternità lontana da un Padre che ha tanto amato. E' per quello che è sceso a Natale, affinché chi a fede e si affida a lui, abbia la vita eterna. C'è da capire che Gesù non ci sta offrendo solo una “quantità di vita”: non ci sta offrendo interminabili giorni, ma vissuti così come li viviamo adesso. Ma ci sta offrendo una qualità di vita perfetta, senza più lacrime, paure, dolori, rancori, invidie... Infatti lui stesso ha detto: “...io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.” (Giovanni 10: 10 b) Gesù sapeva che quando avremmo creduto in lui e quando avremmo avuto fede in lui quello avrebbe avuto un impatto sulle nostre vite. É per quello che è stato mandato, affinché un mondo malato fosse salvato per mezzo di lui, attraverso il Natale... ma non solo a Natale. Conclusione Tra qualche giorno il mondo cristiano festeggerà l'Epifania, una parola greca che significa “rivelazione”. In oriente il Natale si festeggia non il 25 dicembre ma proprio a ridosso dell'Epifania, per sottolineare che Dio non solo è disceso nel mondo, ma si è anche rivelato al mondo per esserne il Salvatore. Cosa è essenziale a Natale? «La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele», che tradotto vuol dire: «Dio con noi». (Matteo 1:23) L'essenziale a Natale è un Dio con Noi, che ci ama in questa maniera tanto grande. Che scende per cercare individualmente ciascuno di noi, affinché colui che sempre crede ed ha fede in lui a lui si affidi ed abbia vita eterna. Gesù è l'essenziale. Ma non solo a Natale. Gesù è essenziale nella tua vita: lo sarà in questo 2022, e negli anni a venire affinché tu che hai fede in lui, se hai fede in lui, quando avrai fede in lui. possa avere la vita eterna. Preghiamo.GUARDA LE DIAPOSITIVE DEL MESSAGGIOGUARDA IL VIDEO DEL MESSAGGIO IN BASSA RISOLUZIONE SU FACEBOOKVIDEO DEL MESSAGGIO SU INSTAGRAM A BREVE---VIDEO DEL MESSAGGIO IN HD A BREVE (Visita il nostro sito per ascoltare la registrazione audio, vedere il video del messaggio, per scaricare gli appunti e per vedere le diapositive del messaggio)