Il podcast settimanale de “Il Rosso e il Neroâ€, la rubrica di strategia d’investimento a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist di Kairos. Per non perdere tutti gli aggiornamenti di Kairos, iscriviti alla sezione Approfondimenti del sito www.kairospartners.com
Il dollaro punta sulle stable coins. L'euro sul ritorno dei capitali dall'America. Il renminbi sulla convertibilità con l'oro. Il regno del dollaro non è finito, ma la competizione sarà più accesa.
Il dollaro non lascerà eredi e nemmeno l'euro potrà prenderne il posto. La notizia della fine del dollaro è comunque prematura.
È finito solo il Blitz, la prima parte della guerra dei dazi. L'offensiva continua contro la Cina. I mercati, provati, rimarranno cauti, anche se l'economia globale, per ora, rimane in salute.
I dazi colpiscono duramente i paesi deboli. Europa e Cina scelgono gli stimoli fiscali. Il mondo si avvia su un impegnativo percorso di riequilibrio.
Molto nervosismo su geopolitica e mercati. In realtà il mondo si muove verso nuovi assetti, probabilmente irreversibili.
Tre anni fa la Cina fu dichiarata ininvestibile. Oggi tutti la vogliono. Ora tocca all'America.
Rallentamento, non recessione in America. La correzione sarà però terminata quando avrà scontato i dazi di reciprocità che verranno introdotti in aprile.
La risposta fiscale europea e cinese al protezionismo americano è così forte che l'effetto netto globale sulla crescita è positivo. Prudenza sull'obbligazionario lungo europeo, meglio il breve.
L'America vuole spendere meno e vuole che gli altri spendano di più. Comincia il riaggiustamento invocato da decenni dai mercati. Quali sono gli effetti sul dollaro, sui bond e sulle borse?
Come Trump legge il mondo con le lenti del conflitto politico interno all'Occidente. L'evoluzione verso un nuovo cesarismo globale. L'effetto netto dei nuovi equilibri sarà positivo per la crescita.
Storicamente il dopoguerra è disinflazionistico e vede una riduzione del debito pubblico. Questa volta sarà diverso. Ritornano interessanti le materie prime.
I due aspetti della politica di Trump sui dazi, strumento di negoziato e strumento di reindustrializzazione. Con Canada e Messico abbiamo visto il primo, com la Cina vedremo il secondo. Nel frattempo la vera sorpresa, il taglio della spesa pubblica.
La fase due dell'Intelligenza artificiale vedrà l'emergere di nuovi soggetti. Nel frattempo le trasformazioni interne all'AI si propagano sui mercati globali. Perché Cina e America scuotono l'albero, mentre l'Europa, nonostante la crescita modesta, raccoglie i frutti in borsa.
Quanto durerà il primato tecnologico dei Magnifici Sette? Se un giorno l'AI costerà meno, i più avvantaggiati saranno gli utilizzatori, non i produttori. Ecco un'altra ragione per diversificare dal Tech e dall'America verso l'Europa e, ancora di più, la Cina.
I rischi futuri per i Treasuries lunghi non verranno dall'inflazione o dalla crescita, ma dal riequilibrio (se ci sarà) delle partite correnti americane. Ecco perché ai partner commerciali l'America chiederà, in cambio di dazi meno pesanti, l'impegno all'acquisto di Treasuries a lunghissimo termine.
Vietate le recessioni nell'età del conflitto tra America e Cina e dello scontro tra mainstream ed eterodossia. La nuova normalità è la crescita a tutti i costi.
Dopo il Trump della crescita il mercato guarda ora al Trump dell'inflazione. A differenza che nel 2021 la Fed, questa volta, non la accetterà. Le analogie con il 2018.
Sono già iniziate, ufficiosamente, le grandi trattative per un nuovo ordine politico ed economico globale. Nessun ritorno alla globalizzazione e separazione ancora più netta tra i blocchi, ma meno rischi che i conflitti sfuggano di mano, almeno finché si tratta.Quale sarà il possibile impatto sui mercati?
I mercati ruotano dalla crescita al valore. La Francia contiene valore, ma la sua crisi politica rallenterà ancora per qualche tempo un recupero delle quotazioni. Intanto le criptovalute superano la capitalizzazione della borsa di Parigi.
La cautela dei mercati dopo il voto americano si spiega in parte con l'avere raggiunto un equilibrio ma è soprattutto dovuta alle incertezze sulle politiche della nuova amministrazione, che si sta tenendo aperti tutti gli spazi. Intanto la crescita in rallentamento frena la ripresa dell'inflazione.
La via facile alla crescita, fatta di espansione fiscale e monetaria, non è più percorribile. Rimane la via difficile, fatta di efficienza e produttività. Finisce l'espansione dei multipli azionari, continua quella degli utili.
La reindustrializzazione dell'America richiede un dollaro debole, ma i dazi lo rafforzeranno. Sarà allora necessario un accordo globale per fare scendere i dollaro, come negli anni Ottanta?
Trump non avrà molto spazio per spendere e, se vorrà crescita, dovrà agire sulla produttività. I dazi, spingendo il resto del mondo a svalutare e a tagliare i tassi aggressivamente, finiranno con l'essere a somma globale positiva.
È il momento delle verifiche concrete. I dubbi dei bond sulla crescita del debito, chiunque prevalga il 5 novembre. I dubbi sulla tecnologia, che rallenta la sua crescita. Inizia una fase di consolidamento. Sullo sfondo economie che vanno bene e tassi di policy in discesa.
È vero che Trump riporterebbe in alto l'inflazione? I dazi più alti e la minore immigrazione potrebbero essere compensati dalla deregulation e dalla spending review? Nel dubbio i bond soffrono e la volatilità cresce.
Nel 2016 e nel 2020 le reazioni immediate dopo l'Election Day si rivelarono sbagliate. Dollaro, borsa, bond, oro e petrolio al centro dell'attenzione nelle ore successive al voto.
La battuta di arresto nella discesa dell'inflazione non sembra impensierire le borse. Conferma però i bond lunghi nel loro malumore. Dopo le elezioni americane le tendenze di fondo non cambieranno, ma la volatilità, fin qui repressa, tornerà a crescere.
Stiamo assistendo al tentativo di passare da un ciclo maturo (ma ancora forte) a un nuovo ciclo, senza passare per la casella del rallentamento o della recessione. Finché l'inflazione lo permetterà, sarà positivo per le borse.
Cina, America ed Europa a confronto su politiche fiscali e questione energetica. Auto tedesca e petrolio britannico, il rischio di deindustrializzazione dell'Europa. Gli effetti nel breve degli stimoli monetari e fiscali su azioni e bond.
La Fed adotta il principio di precauzione e taglia aggressivamente anche in presenza di una crescita forte. Per l'azionario è il migliore di mondi possibili, per i bond lunghi e per il dollaro è il momento dei dubbi. Il nirvana azionario durerà fino al voto americano, poi si aprirà una fase nuova.
Con la crescita americana ancora molto buona e l'inflazione stabilizzata (ma sopra il 2 per cento) le Banche Centrali taglieranno comunque (per prevenire problemi e per aiutare il debito pubblico). Lo faranno però con i tempi opportuni e non necessariamente con la fretta che manifestano i mercati.
Continua, su inflazione, mercato del lavoro e tassi, il riavvicinamento al mondo pre-Covid. La rottura rimane però su geopolitica e politiche fiscali. I mercati tornano a festeggiare i segnali di forza e a preoccuparsi per quelli di debolezza. Anche questa è normalizzazione.
L'economia globale non mostra molta voglia di atterrare e la Fed offre comunque una polizza antirecessione sotto forma di impegno a tagliare i tassi tanto quanto sarà necessario. È una put per le borse e una call per il dollaro. È positiva per i bond, che però già scontano molto del prossimo ciclo di ribassi dei tassi.
Ci pare legittimo mantenere un'inclinazione positiva per le borse per i prossimi due tre mesi, ma non sembra prudente spendere tutto subito. I mercati hanno bisogno di una fase di convalescenza per permettere ai venditori di volatilità di tornare a ripresentarsi sui mercati. Meglio dunque sperare, più che in un rally esplosivo, in una guarigione graduale.
Lo scenario di base, ce lo conferma Powell, rimane di buona crescita e inflazione moderata. Aumentano però i rischi di coda e le incertezze geopolitiche, mentre in borsa non si concede più carta bianca ai giganti della tecnologia. Non c'è da ritornare al cash, ma da diversificare i portafogli per prepararsi ai vari scenari possibili
Ai fattori stagionali, si aggiungono questa volta la chiusura delle posizioni giapponesi finanziate in yen, i discorsi sul rallentamento americano e i dubbi sulla redditività dell'AI. Il rallentamento US è però ancora da dimostrare e dai Magnifici Sette si può ruotare in molti altri settori interessanti senza uscire dal mercato.
Il filo conduttore delle proposte di Trump è quello di un bagno di realismo. Un'America che fa sempre più fatica a esercitare la sua egemonia globale viene a patti con i suoi avversari (e rinegozia i rapporti con gli alleati) cercando in cambio di far loro pagare il prezzo più alto possibile e, nel frattempo, di reindustrializzarsi.
Il quadro di fondo è positivo, ma la narrazione ufficiale è compiaciuta. I bond sono forti perché pensano a un'economia più debole, la borsa pensa invece a un'esplosione degli utili. La giustifica con la produttività e l'IA. Ma è davvero così?
Una grande parte dei timori che turbano in questi giorni i mercati sono poco fondati. I rischi reali geopolitici sono invece seri, talvolta molto seri, ma se andiamo a calcolare le probabilità che si risolvano male vediamo che sono basse. Non è detto che saranno basse per sempre, attenzione, ma per adesso lo sono e chi naviga a vista, come ormai siamo tutti costretti a fare, non può non tenerne conto.
Il quadro macro continua a essere favorevole agli asset finanziari. Il rallentamento della crescita è quasi inavvertibile e benvenuto, se raffredderà l'inflazione. Le incognite geopolitiche vanno però moltiplicandosi. Per ora sono ancora circoscritte, ma nei prossimi mesi andranno tenute in crescente considerazione.
Francia e America hanno un disavanzo pubblico simile, un debito simile e la prospettiva comune di ampi disavanzi nel lungo periodo. I mercati tuttavia sono tranquilli sull'America e preoccupati sulla Francia. La differenza è nel diverso ruolo della banca centrale.
Nella Fed qualcuno prevede una raffica di tagli e qualcuno non ne prevede nessuno. Le divergenze inducono Powell alla prudenza, ma una cosa è certa. La crescita dell'economia non è in pericolo. La Francia verso una maggiore instabilità, ma nessun rischio per la stabilità dell'euro.
Rallentano i dati di sentiment americani, ma i dati duri si mantengono forti. Nel dubbio il mercato compra tutto, perché è convinto che la Fed sosterrà a tutti i costi l'economia, tagliando i tassi aggressivamente se ce ne sarà bisogno.
La Fed afferma di essere restrittiva, ma l'economia continua a crescere. La ragione è che la stretta monetaria, a differenza che in passato, non ha esercitato i suoi effetti sul settore privato e sulle banche, mentre hanno continuato a crescere gli investimenti pubblici e quelli sull'AI. In questo quadro i tagli dei tassi di policy rischiano di non trasmettersi alla parte lunga della curva.
Non è forse da comprare una duration elevata quando le Banche Centrali stanno per iniziare per davvero a tagliare i tassi? Può essere, ma ci sono modi meno rischiosi e più efficienti per trarre beneficio dai tagli.
Puntare sui giganti della tecnologia è stato fin qui comodo e facile, ma ora le opportunità sono nel resto della borsa americana (incluso l'immobiliare commerciale), ma soprattutto in Europa e in Cina. Si formano intanto due partiti sui bond. Il rialzo dei rendimenti è un'anomalia degli ultimi anni o è la nuova normalità?
È possibile festeggiare per un anno i tagli che verranno (mentre i tassi ancora salgono) e poi, quando arrivano, festeggiarli di nuovo? Tutto è sempre possibile, naturalmente, ma è legittimo pensare che i festeggiamenti successivi ai tagli saranno più sobri, proprio perché già ampiamente anticipati.
Il tetto sui tassi proclamato da Powell diventa, nella traduzione dei mercati, un pavimento per gli asset finanziari. La recessione, che i mercati hanno incorporato come possibilità nelle loro attese per il 2022 e per il 2023 e che non si è mai realizzata, viene ora esclusa negli anni a venire. Esce di scena anche Goldilocks, entra in scena il boom inflazionistico accompagnato dalla put della Fed.
Cina. Molti pensano che sta comprando oro perché sta per svalutare il renminbi. Altri ritengono che l'oro sia funzionale a un rafforzamento strutturale del renminbi e a una sua rivalutazione. Che cosa c'è di vero in queste due ipotesi? Tassi. I tassi alti sono espansivi o restrittivi? I loro effetti aumentano o diminuiscono col passare del tempo? Intanto l'America rallenta e l'Europa accelera.
Non vogliamo trasmettere un messaggio di pessimismo, ma solo di cautela e di pazienza. Se infatti si vuole raffreddare l'inflazione e l'esuberanza dei consumatori americani, è bene che i rendimenti rimangano su questi livelli almeno qualche settimana. Anche per le borse il recupero non sarà dovuto e automatico, ma dovrà avere conferme dai tassi e dal buon andamento degli utili.
La riscoperta dell'inflazione da parte dei mercati non è dovuta al fatto che il mondo è improvvisamente diventato più brutto, ma all'insostenibilità di una narrazione a tinte rosa che raccontava un mondo che non c'era. L'inflazione, in particolare quella salariale, resta comunque sotto controllo. Aiuta a sgonfiare il debito pubblico e a gonfiare i ricavi e gli utili nominali delle società.