Un commento ad alcuni versetti scelti del vangelo della liturgia del giorno
Dal Vangelo secondo MatteoMt 7,6.12-14 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».Nel brano odierno Gesù mette in guardia da alcuni pericolosi atteggiamenti. Allo stesso momento incoraggia i suoi discepoli alla carità, all'amore, alla perseveranza e direi alla speranza. Si tratta infatti di non profanare le cose sante il che è in fondo un invito ad usare sempre più prudenza e discernimento nel nostro agire. Interviene dunque il passaggio per la porta stretta. Se quella porta è lo stesso Gesù che dichiarò essere la via che conduce al Padre, non dovremmo temere che non sia larga e spaziosa per offrire a tutti la possibilità di entrare. Ovviamente l'evangelista vuole piuttosto richiamare la responsabilità dell'uomo. Ecco allora che la porta stretta richiama la piccolezza dell'uomo tentato di agire secondo le categorie del mondo. Essa chiede all'uomo di rinunciare alle abituali presunzioni che impediscono di fare cose grandi quotidianamente. Oggi accoglieremo questo invito di Gesù, non con sconforto e scoraggiamento, ma con tutta la speranza che c'è dietro. Se infatti la porta è stretta, abbiamo la certezza che essa è stata già aperta e attraversata da Gesù stesso.Con affetto. Buongiorno!D. Arthur
Dal Vangelo secondo LucaLc 1,57-66.80Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All'istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio…Il brano del Vangelo di oggi sottolinea l'aspetto prodigioso della nascita di Giovanni Battista, dono di Dio non solo agli anziani Elisabetta e Zaccaria, ma anche a tutto il popolo d'Israele e, in esso, a tutta l'umanità in attesa del Messia. Infatti, il significato etimologico del nome Giovanni è Yahwé è misericordioso. Perciò Giovanni simboleggia questo dono e segno della misericordia del Padre verso l'umanità, che, nel popolo di Israele, da secoli attendeva un redentore. Ecco perché quel nome gli era strano e sconosciuto nella parentela. Era invece una novità per indicare la presenza viva e amorosa di Dio in mezzo al suo popolo. Celebrare la nascita di quest'uomo singolare, significa, perciò, richiamare l'attenzione sul mistero della vocazione specifica di ogni uomo o donna, sul quale Dio ha un suo progetto, in vista della salvezza. celebrare la nascita di Giovanni Battista, significa anche ripensare alla necessità che, ogni tempo, anche il nostro, abbia i suoi profeti, e quel profeta puoi esserlo tu. Oggi preghiamo perché tutti i genitori sappiano riconoscere, rispettare e favorire le parole performative che Dio scrive nel cuore dei loro figli.Con affetto. Buona settimana!d. Arthur
Dal Vangelo secondo MatteoMt 6,7-15 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà,come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».La preghiera è un dialogo tra l'uomo e Dio, un momento intimo nel quale il Creatore vuole toccare e parlare al cuore della sua creatura. È atteggiamento che fa spazio all'azione di Dio e rende l'orante disponibile alla conversione. Oggi infatti, Gesù vuole insegnare ai suoi discepoli come pregare, descrivendo allo stesso momento in che cosa consiste l'essere cristiano. In effetti, è Dio Padre che dispone i cuori dei suoi figli alla preghiera. Perciò nel “Padre nostro” noi ci rendiamo orgogliosamente conto di essere figli amati e compresi. Ecco perché Gesù dice prima di tutto di chiamare Dio Padre perché ama, protegge e perdona. La consapevolezza di questo rapporto Padre-Figlio, oltre a rivelare l'originalità della fede cristiana ci proibisce anche di pensare di dovere convincere Dio con tante parole. Sapere quindi che Dio è nostro Padre porta noi figli alla fiducia in Lui, all'ottimismo, al senso della provvidenza e all'amore degli altri figli dello stesso Padre che sono nostri fratelli e sorelle peccatori come noi. Disponi i nostri cuori all'incontro quotidiano con te Signore nella preghiera. Dall'assiduità nell'ascolto di ciò che tu ci dici in segreto potremo convertirci e perdonarci a vicenda a tua imitazione. Con affetto. Buongiorno!d. Arthur
Dal Vangelo secondo MatteoMt 5,43-48 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo, e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».Nel Vangelo di questo giorno, Gesù critica, supera e completa il modo antico di osservare il comandamento in discussione. Indica un cammino nuovo per raggiungere l'obiettivo ultimo della legge che è la pratica dell'amore di Dio e del prossimo al di sopra di ogni altra cosa. In effetti, non c'era niente di più normale che una persona odiasse il suo nemico. Direi che lo è tutt'ora per chi non ha conosciuto la legge rigenerante di Cristo. Ecco perché rispondere all'odio con l'odio è un atteggiamento pagano mentre il cammino verso la perfezione passa per il sacrificio del nostro ego a volte smisurato.Chi aderisce all'insegnamento di Gesù deve essere capace di amare i nemici, cioè quelli che si comportano verso di noi come avversari e tentano di farci cadere. Gesù dalla croce, non ha voluto male a nessuno. Rendici Signore misericordiosi come Te. Con affetto. Buongiorno!d. Arthur
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,20-26In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono… La questione della vera giustizia era permanente nell'ambito religioso giudaico. Il modo di capirla era del tutto sbagliato e frainteso dalle autorità religiose. Ciò spiega l'atteggiamento di Gesù dinanzi alla legge, un atteggiamento di rottura e di continuità allo stesso tempo. Infatti, il Maestro rompe con le interpretazioni diffuse del suo tempo e mantiene fermo l'obiettivo secondo cui l'osservanza della legge deve raggiungere una maggiore giustizia, un'amore vero, la riconciliazione e la comunione fraterna. Se per i farisei la persona compie la giustizia davanti a Dio quando osserva tutte le prescrizioni della legge senza trascurare nulla, per Gesù invece la giustizia non viene da ciò che facciamo per Dio osservando la legge, bensì da ciò che Dio fa per noi quando ci lasciamo accogliere da lui come figli e figlie. Per cui saremo giusti davanti a Dio quando cercheremo di accogliere e perdonare le persone come Dio lo fa con noi, perdonandoci malgrado i nostri difetti e i nostri limiti. Aiutaci Signore a sradicare dal di dentro di noi tutto ciò che può condurre all'assassinio, la rabbia, l'odio, il desiderio di vendetta, l'insulto, lo sfruttamento e disponi i nostri cuori alla riconciliazione e alla pace. Con affetto! Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,17-19In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».La grandezza del discepolo di Cristo consiste nell'osservanza della legge, quella legge di cui Gesù è il compimento. Se Gesù è il compimento della legge antica e nuova, tutto quello che Egli ha fatto ed insegnato è semplicemente il cammino che Dio ci concede per essere beati. L'esempio dell'adempimento della Legge, visibile nella vita di Gesù, ci da allora la grazia di potere vivere da uomini nuovi. Gli uomini nuovi infatti sanno finalmente osservare la legge dell'amore di Dio e del prossimo, poiché chi ama sinceramente compie tutta la legge. Solo che amare comporta pure delle regole per cui un amore senza canoni è destinato a svanire, come una fede senza osservanza responsabile dei comandamenti può deludere. Chiediamo la grazia di fare tesoro dell'insegnamento di Gesù senza pensare di esserne diventati schiavi. Questo è il vero compimento della legge. Con affetto! Buongiorno.Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 10,7-13 In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi».Il vangelo di oggi presenta la seconda parte dell'invio dei discepoli con una attenzione particolare alle istruzioni concrete per svolgere autenticamente la missione. Si tratta infatti di essere annunciatori del Regno di Dio mediante i segni della presenza di quel Regno. Per concretizzare l'impegno missionario occorrono innanzitutto gesti concreti compiuti gratuitamente: “Guarire gli infermi, risuscitare i morti, sanare i lebbrosi, scacciare i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. In effetti, mandandoli senza niente, Gesù vuole che gli apostoli siano privi di beni materiali, spesso ingombranti, per testimoniare che si fidano pienamente di Dio. Ecco il senso della loro povertà. Sono poveri perché hanno fiducia in Dio. Sono pronti ad andare e camminare senza garanzie, perché sanno chi li manda. Sono più che certi di poter sempre contare sulla presenza amorevole di Dio. Assumersi l'impegno missionario non è dunque dire belle parole sagge come sappiamo fare, ma vuol dire testimoniare con la propria vita. Chiediamo la grazia di essere annunciatori credibili del Vangelo con la nostra testimonianza quotidiana. Con affetto! Buona settimana.Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,1-12aIn quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli… Le Beatitudini, otto per essere precisi, aprono solennemente il famoso “Discorso della Montagna”. In effetti, Gesù rivela chi può essere considerato beato ovvero, chi può sperare entrare nel Regno dei cieli. Si tratta di otto categorie di persone, otto modi per varcare le porte della visione beatifica di Dio così come Egli è. Infatti, sembra proprio che il Signore ci dica che non ci sono altre entrate! Non è possibile barare. Chi vuole entrare nel Regno dei cieli deve - senz'alcun altro modo - identificarsi almeno con una di queste otto categorie di salvati. Per i nostri criteri di giudizio tutto si scombussola poiché nella società in cui viviamo, il perseguitato per la giustizia è considerato un infelice alla pari del povero, perciò la loro vita non può essere altro che pianto. Il beato per i nostri gusti è colui che ha denaro e può avere tutto quello chi gli serve come vuole. Beato è pure colui che ha fama, potere e quindi domina. Il Vangelo odierno invece ci fa andare oltre con quei punti del ritratto fedele della via della santità cristiana. Ci torna facile concludere che la vera beatitudine e la vera felicità consistono nel sapere fin d'ora che Dio è con noi in ogni situazione che sarebbe considerata svantaggiosa agli occhi del mondo. Anche tu, puoi essere felice nella tua condizione attuale. Quello che ti resta da fare è scegliere di stare dalla parte di Dio. Non delude mai. Con affetto! Buona settimana. Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni, Gv 19,31-37Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto»…La festa del Sacro Cuore è un invito ad alzare lo sguardo verso il Crocifisso. Nel Vangelo di oggi infatti, Giovanni motiva la richiesta delle autorità giudaiche di togliere i corpi crocifissi, con il fatto che quel giorno coincideva con il giorno della Parasceve ovvero il venerdì vigilia della Pasqua. Per portare via i corpi dei condannati era necessario che fossero morti. Ecco perché i Giudei chiesero che fosse loro inflitto una pena supplementare - che non era sempre applicata - per velocizzare la loro morte, ma non sarà questo il caso con Gesù. Il corpo del Signore morto è quello prossimo alla resurrezione, quello del Signore vivente che dona lo Spirito e invita l'uomo ad amare. Chi desidera imparare ad amare con il Cuore di Dio, deve far comunione con il Figlio di Dio morto e risorto. Infatti, solo chi rimane a stretto contatto con Dio, a quel Dio che ha fatto della Croce il suo scettro, impara ad amare con il cuore di Dio. Chiediamo la grazia di manifestare e comunicare la tenerezza di Dio. Preghiamo specialmente per coloro che sono a stretto contatto con la sofferenza e per quelli che sono chiamati a curare le piaghe del corpo o quelle dell'anima. Con affetto! Buon fine settimana. Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 12,28b-34In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c'è altro comandamento più grande di questi»…Gli insegnamenti di Gesù e le sue risposte istruttive erano divenuti famosi. Dopo il dialogo con i sadducei che volevano sminuire la fede nella risurrezione, il dottore della Legge invece approfitta per sapere come si può ottimizzare l'adempimento della Legge. Ecco perché chiede qual'è il primo dei comandamenti cioè quello che si dovrebbe osservare di più. A differenza di quel conoscitore della Legge ma rimanendo nello stesso contesto, tanti di noi ci chiediamo a cosa dare più importanza nella vita di fede. Alcuni dicono che basta essere battezzati. Altri pensano che è importante andare a Messa o partecipare alla Messa dominicale. Altri ancora ipotizzano che oltre al battesimo, bisogna amare il prossimo e lottare per un mondo sempre più giusto. Un'altra categoria si preoccupa unicamente delle apparenze e degli incarichi nella Chiesa. Per aiutarci dunque, il Maestro raccomanda l'Amore di Dio e del prossimo. Chi ama Dio lo cerca e ascolta la sua Parola participando alla vita ecclesiale parrocchiale. Chi ama il prossimo agisce bene perché il bene va fatto e il male è da evitare al massimo. Se vogliamo aggiungere un nuovo criterio a quell'amore, direi che ci è stato dato dal Signore stesso in continuità con l'Antico testamento: bisogna amare l'altro come Egli stesso ci ha amati. Da questo sapranno che siamo battezzati e che siamo tutti amici suoi. Con affetto!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 12,18-27In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c'è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C'erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo ugualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie».Continua il confronto tra Gesù e le autorità religiose. Dopo gli Erodiani, oggi tocca ai sadducei, i quali fanno una domanda sulla risurrezione. Essi infatti non accettavano la fede nella risurrezione, fede che invece cominciava ad essere considerata dai farisei e dalla pietà popolare. Piombano da Gesù per criticare e ridicolizzare la fede nella risurrezione dei morti. Ecco perché raccontano il caso fittizio della donna che si sposò sette volte ed alla fine morì senza avere figli. Si tratta della cosiddetta legge del levirato, che obbligava la vedova senza figli a sposarsi con il fratello del defunto marito e così via. Alla loro domanda dunque, Gesù spiega e rivela che la condizione delle persone dopo la morte sarà totalmente diversa dalla condizione attuale. Dopo la morte infatti, non ci sarà più il matrimonio come lo imaginiamo noi, ma tutti saranno diversi proprio come angeli in cielo perché Dio sarà tutto in tutti. La debolezza del ragionamento dei sadducei è che immaginavano la vita dopo la morte come la vita qui sulla terra. E noi, proprio come loro, la pensiamo spesso così sicché uno non la prendre abbastanza sul serio. Quello che ci resta da capire in quel dialogo è che Dio è la vita che non ha fine. Chi nega la resurrezione nega Dio stesso e la vita eterna che Egli dà. Infatti, l'alleanza con Dio non può essere confinata solo nei sentieri di questa vita fugace. Quella alleanza va al di là del visibile e dell'immaginabile. Vivi pienamente in Dio questa vita. Con affetto!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 12,1-12In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]: «Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero…La ‘parabola dei vignaioli omicidi' - riportata nel Vangelo odierno di Marco - esprime il culmine di tante altre discussioni precedenti tra Gesù e i capi dei sacerdoti. Infatti, l'insegnamento del Maestro circa il piano della storia della salvezza progettato da Dio è legato in modo inscindibile al suo proprio destino. A partire dal linguaggio simbolico della parabola raccontata, si può dire che la ‘vigna' è il regno di Dio, i servi sono i profeti, il Padrone-Signore è Dio, i vignaioli sono Israele e i suoi capi e i frutti sono la fedeltà all'Alleanza. Per finire, abbiamo anche l'icona del Figlio-Amato in cui spicca chiaramente il ruolo unico e storico di Gesù, l'ultimo inviato, l'erede oltraggiato e ucciso da coloro che pretendevano di gestire in proprio la ‘vigna'. Proprio in questo contesto, ci è dato di imparare che l'amore di Dio non si misura con la logica umana e non può essere compreso dall'umana ragione. Se tutto questo è per noi un'immagine fin troppo eloquente e sconcertante della misericordia divina, siamo ancora in tempo per chiederci se ce lo meritiamo quotidianamente. Dio che non ti rassegni davanti alla nostra infedeltà e non ti stanchi di cercarci anche quando ci nascondiamo dietro il muro del nostro orgoglio, dacci lo stesso amore, la stessa misericordia e lo stesso zelo nel servizio dei nostri fratelli e sorelle che sentiamo lontani da Te.Con affetto. Buona settimana!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,39-56 In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva…»Beata la credente. È il titolo con il quale Maria viene chiamata da Elisabetta. Tramite il sì della Madre di Dio, possiamo capire cosa significa credere. Vuol semplicemente dire aderire a Dio con tutto il nostro essere e con l'intima certezza che è Lui la vita e la salvezza nostra. Il credente infatti, non si dovrebbe fermare solo alla mera accoglienza di una dottrina spesso accolta con leggerezza. Egli sarà consapevole che senza il Signore non può portare frutto proprio come canta gioiosamente Maria. Per cui chi crede riconosce e annuncia che in Gesù Cristo risplende la verità piena che illumina ogni cosa. Chi crede non custodisce per sé la gioia di avere incontrato Gesù, ma si mette in moto come Maria diventando missionario. Chi crede invoca ed accoglie lo Spirito Santo come il soffio di vita che in ogni tempo genera un mondo nuovo. Chi crede si fida di Dio senza cercare a tutti i costi garanzie e sicurezze per impegnarsi. Signore, sappiamo quant'è difficile fare della nostra poca fede la nostra veste quotidiana. Sulle orme della Beata Vergine Maria però, vogliamo camminare affidandoci alla sua materna intercessione. Con affetto!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 10,46-52In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.La fama di Gesù non era più contenibile. Tanti accorrevano a Lui, soprattutto i deboli, i poveri, i lebbrosi, i malati. Tutti volevano avvicinarlo e parlargli. Anche Bartimèo che aveva perso la vista, desiderava la pace, la salute e felicità. Ma senza sperare più di tanto, mendicava alla porta di Gerico. In effetti, è quello che erano ridotti a fare tutti ciechi, oltre alla dipendenza totale dagli altri. Quel giorno però fu diverso per uno che aveva per unico compagno il buio totale. In quella oscurità della sua cecità, il figlio di Timèo, avendo saputo che era Gesù che passava, gridò a squarciagola professando la sua fede nel Figlio dell'uomo. Mentre lo faceva, pregava ed implorava la misericordia del Figlio di Davide. È l'immagine della preghiera dei piccoli, dei poveri che giorno e notte, senza sosta, perché continuo è il loro bisogno, si rivolgono al Signore perché ripongono in Lui la loro speranza. Infatti, Gesù non è sordo al grido di tutti quelli che sperano in Lui. Come Bartimeo che ha riconosciuto la luce pur senza averla vista, vogliamo accorrere da Gesù per ricuperare la fede che piano piano perdiamo. Con la vista riavuto nell'incontro con il Figlio di Davide, potremo di nuovo seguirlo da veri discepoli. Con affetto!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 10,32-45 In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo e Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà». Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Il Vangelo di oggi narra il terzo annuncio della passione e, di nuovo, come nelle volte precedenti, ci mostra l'incoerenza dei discepoli. Quei seguaci di Gesù non solo non capiscono quello che vuole dire loro annunciando la sua morte, ma continuano con le loro ambizioni personali. Sono piuttosto preoccupati solo dei propri interessi. In quel contesto caratterizzato dall'esercizio repressivo ed abusivo del potere come il nostro, Gesù ha un'altra proposta. Egli insiste nel servizio e nel dono della propria vita. Insegna contro i privilegi e le rivalità che ci distruggono nel quotidiano. Ecco allora che il dovere del buon cristiano sarà di dovere rovesciare il sistema dominante e distruttore del nostro tempo ed insistere nel servizio, quale rimedio contro l'ambizione personale al profitto del bene comune. Come discepoli di Cristo, accogliamo dunque questo Vangelo come richiamo alla conversione, per testimoniare con coraggio e generosità una Chiesa che si china ai piedi degli ultimi, per servirli con amore e semplicità. Possa la Vergine Maria, colei che aderì pienamente e umilmente alla volontà di Dio, aiutarci a seguire con gioia Gesù sulla via del servizio, quale via maestra che porta al Cielo. Con affetto. Buongiorno.D. Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 10,1-12 In quel tempo, Gesù, partito da Cafàrnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto».La tematica odierna - che possiamo assimilare alla possibile rottura del matrimonio - coinvolge Gesù e i farisei. Alla domanda di sapere se è lecito ripudiare la propria moglie, il Maestro fa prima di tutto ritornare alla volontà del Creatore e allo stesso tempo, Egli offre chiaramente una nuova interpretazione della parola di Mosè. Se le separazioni e i divorzi si moltiplicano oggigiorno - illudendo le coppie che siano le uniche opzioni - Gesù invece presenta la comunione coniugale come un ideale da preservare. Infatti, sposarsi per un cristiano non è semplicemente un mettersi insieme. È un'alleanza, un patto, un sacramento. Per cui, il matrimonio cristiano non può essere sottomesso alla legge vincitrice degli umori e delle fragilità che sono sempre in agguato.L'insegnamento di Gesù apre degli orizzonti nuovi e assolutamente imprevedibili perché chiama gli sposi a lottare per vincere ogni tentazione di separazione. Infatti, unirsi sacramentalmente significa essere disposti a perdonare, a accettare che l'altro è diverso da me, a vivere nella complementarietà e a mettere Dio al centro di tutto. È la consapevolezza che si può vincere tutto con Lui che rende capaci di crescere nell'unità tra i coniugi e la prole. Oggi preghiamo perché gli sposi sappiano fare del loro amore il segno visibile della fedeltà di Dio verso l'umanità.Con affetto. Buon fine settimana. D. Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 9,41-50In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:« Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile ». Il vangelo di oggi ha strane affermazioni che, se prese letteralmente, causano perplessità nella gente che le ascolta. Prima di tutto, Gesù ci porta l'esempio di chi offre da bere un bicchiere d'acqua a un altro. Mette avanti la carità che dovrebbe caratterizzare ordinariamente ogni cristiano. Non agire secondo quella logica sarebbe dunque un motivo di scandalo. Letteralmente tradotta come una pietra lungo il cammino o nella scarpa, lo scandalo per noi è ogni azione che allontana una persona dal buon cammino e gli impedisce d'incontrare Cristo. Scandalizzare i piccoli è essere la ragione per cui quei piccoli si allontanano dal buon cammino e perdono la fede in Dio. Ecco allora che ci viene ribadita l'importanza della fermezza nelle scelta. Tagliare e gettare via sono azioni che significano che il fedele di Cristo deve essere radicale nella sua scelta di Dio e del vangelo, confidando sempre nel suo sostegno nei momenti di debolezza. È così che potremo essere il sale che porta pure la pace dove manca. Buongiorno. D. Arthur.
Dal Vangelo secondo MarcoMc 9,38-40In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva».Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi».Nell'episodio dell'esorcista estraneo al gruppo ristretto dei discepoli, il vangelo odierno ci dà un chiarimento importante. In effetti, i discepoli e molti cristiani di allora avevano creduto di avere il monopolio di Gesù come tutt'ora. Per cui nessuno poteva e doveva agire nel nome del Maestro se non avesse ricevuto autorità da lui in quanto suo discepolo. Questa idea era condivisa tra i dodici che, non avendo agito per impedire l'esorcismo nel nome di Gesù, chiedono a quest'ultimo di fare luce sulla questione. Ecco che ci viene dato di capire che il primo dovere di coloro che hanno autorità nella fede è quello di non proibire di fare il bene. Agire con benevolenza non è monopolio di chi ha il potere o dei cristiani rispetto agli altri. Infatti, la rimostranza di Giovanni traduce con chiarezza l'egoismo dei nostri gruppi, la paura della concorrenza che spesso si maschera dello zelo della fede, mentre ne è in realtà una delle più radicali smentite. Oggi, vogliamo uscire dall'egoismo, l'invidia e l'orgoglio personale o collettivo per costruire delle comunità che vivono nella tolleranza e nella magnanimità accogliendo chi agisce nel nome del Signore. Buongiorno. D. Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 9,30-37In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti».Il vangelo di oggi parla del secondo annuncio della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. Infatti, i discepoli sono spaventati ed hanno paura come avvenne nel primo annuncio; per questo non domande. Non capiscono il valore della croce perché non sono capaci di accettare un Messia che si fa servo di tutti i suoi fratelli. continuano invece a sognare un Messia glorioso e mostrano, oltre a ciò, un'enorme incoerenza discutendo su chi è il più grande. Ecco allora che il Maestro aspetta il momento opportuno per insegnare loro che il potere e l'autorità devono essere usati non per salire e dominare sugli altri, ma per scendere abbassandosi ai fini di servire. In effetti, una persona che solo ambisce a dominare, non presterebbe mai tanta attenzione ai deboli, agli emarginati, ai piccoli e ai bambini di cui Gesù raccommoda l'umiltà e la semplicità. Chi accoglie i piccoli in nome di Gesù, accoglie Dio stesso!Signore, la sofferenza del prossimo ci ferisce, l'incapacità di risolvere i nostri problemi ci fa soffrire e la fatica di corrispondere alle necessità dei fratelli ci affligge. Fa che accettiamo queste croci e che ci affidiamo a Te come bambini per servire nell'umiltà. Buona giornata.D. Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 19,25-34 In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé. Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.Siamo ai piedi della croce e l'evangelista non si sofferma più di tanto sulla cronaca del dolore ormai consumato da Gesù. Giovanni riporta le parole dell'amore crocifisso, quelle parole luminose che Gesù consegna a sua Madre e al discepolo amato. Se la croce e la morte appaiono evidentemente come la triste conclusione di un'esperienza affascinante che è quella di Gesù, le stesse parole del Maestro sono invece piene di vita e di speranza. Infatti, la croce dall'albero mortifero che era diventa così l'albero della vita dal quale nasce la Chiesa. Qui viene sigillato un nuovo patto d'amore tra il discepolo amato, Maria e la Chiesa nascente. Quella nuova maternità di Maria scaturita all'ombra della croce, ricorda che ogni maternità è intimamente segnata dalla disponibilità interiore a soffrire per amore dei figli. In effetti, a Maria addolorata, Gesù chiede di allargare la tenda della maternità fino ad abbracciare tutti noi. Al discepolo amato invece, quindi a tutta la Chiesa, chiede di riconoscere ed accogliere Maria come Madre. Ti vogliamo accogliere Maria nelle nostre famiglie in quanto Madre tenerissima. Intercede per le mamme che soffrono per i propri figli e per le donne che stanno per diventare madri proprio come te. Maria Madre della Chiesa, prega per noi. Buona settimana.Don Arth.
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 21,15-19 In quel tempo, quando [si fu manifestato ai discepoli ed] essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse "Mi vuoi bene?", e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. « Pasci i miei agnelli, pascola le mie pecore, pasci le mie pecore ». In questi tre imperativi, si trova la nuova missione di Pietro che dopo avere negato Gesù durante la sua passione, viene riabilitato come pastore del gregge del Signore. Assistiamo qui ad una strana confessione non del peccato, ma dell'amore pur imperfetto di Pietro nei confronti di Gesù: Gli vuole bene. In effetti, il Risorto non chiede al discepolo di rievocare la notte del rinnegamento. Gli interessa soltanto riportare Pietro all'alba della sua nuova chiamata a seguirlo. In fondo il pentirsi dai propri peccati non consiste solo nel riconoscere il peccato commesso. Esso dovrebbe manifestare soprattutto l'ardente desiderio di vivere in piena comunione con il Signore amandolo malgrado le debolezze quotidiane. Ecco perché nel dialogo tra Pietro e Gesù si vede come l'uomo non è capace di capire il senso vero e totale dell'amare rivelatoci sulla croce. Signore, riconosciamo di non essere capaci di amare come Te. Fa che impariamo almeno a lasciarci amare da Te aprendoti i nostri cuori. Buon fine settimana.Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 17,20-26 In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:] «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.La preghiera di Gesù si estende anche su quelli che crederanno ovvero noi e quelli dopo di noi. Siamo chiamati all'unità proprio come il Padre e il Figlio. La troveremo se saremo prima di tutto uniti al Padre per mezzo del Figlio. Ecco allora che ci torna in mente che la vita sacramentale precede ogni impegno morale. Quanto più siamo immersi in Dio tanto più possiamo accogliere e vivere i suoi comandamenti. Ricercando sempre l'unità, il cristiano rende la sua fede sempre più visibile perché il Maestro pregò proprio perché siamo uno. Una comunità in cui emergono continuamente conflitti, non risolti dalla riconciliazione, nasconde il volto di Dio al mondo. Una comunità che tollera la qualsiasi divisione congela la fede. Perché l'unità ecclesiale è dono e segno della presenza divina, ci impegniamo a cercarla prima di tutto nelle nostre famiglie in quanto Chiese domestiche.Buongiorno.Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 17 vv 11b-19In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:] «Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand'ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. (Gv 17,11b-19) L'unità è un valore che stava a cuore Gesù, tanto è vero che oggi prega affinché il Padre custodisca i suoi nell'unità. Questa unità tanta desiderata era già minacciata mentre Gesù era ancora tra i suoi discepoli. Infatti, il gruppo degli amici del Maestro non era perfetto proprio come sono le nostre famiglie, le nostre città, i nostri gruppi d'amici, i nostri luoghi di lavoro. Ci viene spontaneo esclamare: quanto ci manca quest'unione dei cuori! Quanto fanno male i malintesi perpetuatisi di generazione in generazione! Quanto soffrono le nostre famiglie e il mondo intero per questa mancata unità! Il Signore, però, sà che possiamo reggere soltanto se il Padre ci mette la mano e ci sostiene. La sua Parola di vita, se vissuta bene, porta alla gioia che rinsalda i legami d'unione tra gli uomini. Ecco perché Gesù ha insistito tanto sull'unità nel nome del Padre, facendoci intendere che il nostro annuncio e la nostra testimonianza nel mondo saranno tanto più credibili, quanto più saremo noi per primi capaci di vivere in comunione e di volerci bene nell'unità autentica. Oggi consegniamo tutti e ciascuno alla bontà misericordiosa del Padre, affinché ci costudisca nell'unità nel suo amore. Buona giornata. Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 15,9-17 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.Il comandamento dell'amore fonda la vita cristiana. S'inspira della relazione d'amore che già esiste tra il Padre e il Figlio. In effetti, se vogliamo rimanere nell'amore di Gesù come Egli stesso comanda ai suoi discepoli, dobbiamo tenere conto della via maestra che sono i comandamenti. Essi ci portano ad avere come modello d'amore il sacrificio stesso di Gesù. Non c'è davvero un amore più grande di una vita donata per i propri amici. L'amore all'immagine di Gesù diventa così la regola del nostro amore quotidiano. Amare non significa dunque dare qualcosa a qualcuno, ma essere disposti a dare se stessi a tutti. Potremmo essere tentati di dire che l'insegnamento evangelico odierno presenta un ideale bello e impossibile da raggiungere umanamente. Ma a guadarci da vicino, il Signore ci indica la strada per camminare nell'amore. Per cui se entriamo veramente in comunione con Lui, da Lui riceveremo la capacità di vivere e di amare fino a porter dare la vita consumandoci per il prossimo.Buongiorno.Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 16,20-23a In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla».La sofferenza e la tristezza che annuncia Gesù sono passeggere. I discepoli dovevano essere consapevoli di quello che sarebbe successo, anzi le persecuzioni sorte subito dopo questi annunci del Maestro hanno confermato le sue parole. Come le donne sopportano il dolore del parto per la grande gioia di dare alla luce una nuova vita, così bisogna camminare tra le insicurezze della fede per incontrare l'autore della vera gioia. Si potrebbe pure dire: come la sofferenza del parto prelude alla gioia, così la passione precede e prepara la risurrezione di Cristo. Oggi siamo invitati a porre uno sguardo diverso sulla sofferenza e il dolore. Non si può certamente andare in cerca dei malori, ma quando arrivano possono pure darci una nuova vita e trasformarci in persone migliori. Se tu accogli con amore e vivi per amore i molteplici dolori presenti e incomprensibili della tua vita, allora potrai rinascere e camminare verso la gioia interiore che nessun'altra cosa ti toglierà. Buon fine settimana.
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 16,16-20 In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos'è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos'è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».L'assenza di Gesù era inevitabile. È per questo motivo che il Maestro preparava i suoi discepoli all'accadere futuro della sua mancata presenza. In effetti, c'è una differenza fondamentale tra il mondo in generale e l'uomo che ha veramente conosciuto Gesù. Solo chi sperimenta come ci si sente stando con il Signore può soffrire tristemente della sua assenza. Tutto parte però dalla qualità del rapporto che uno ha con Cristo. Per cui la tristezza vera e profonda si accentua quando ci allontaniamo deliberatamente da Cristo a causa del peccato e della nostra poca fede. Infatti, dovremmo essere tristi anche quando ci rendiamo conto che non abbiamo risposto pienamente alla chiamata di Dio, o tutte le volte che ci risparmiamo le fatiche. La vera gioia, invece, nasce dalla coscienza di vivere in compagnia del Risorto e di sperimentare la sua presenza. Quella gioia, che è dono dello Spirito, non si riduce alla spensierata allegria di chi cerca di fuggire i problemi della vita. Essa si traduce piuttosto in una speranza operosa, dona la grazia di vivere nell'orizzonte del Regno con la certezza che Dio opera in ogni tempo.Dacci Signore la gioia di affrontare le sorprese belle o brutte di questo giorno. Buon giornata
Dal Vangelo secondo GiovanniGv 16,5-11 In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:«Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».Gesù annuncia la sua partenza; ma la sua prossima assenza crea tristezza tra i discepoli. Si tratta infatti di un'assenza significativa che però è necessaria perché possa arrivare il Consolatore. È quello che il Maestro tenta di spiegare ai suoi amici. Quando se ne andrà verrà lo Spirito di verità. Con Lui si perpetuerà la presenza del Signore; e sarà la forza dello Spirito Santo a “convincere” il mondo “quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio che verrà. In effetti, il Paràclito ci insegna ogni giorno che il peccato è il tradimento dell'Amore ineffabile di Dio; che la vera giustizia è assumere un atteggiamento di obbedienza e docilità ai suggerimenti dello Spirito; e che il giudizio consisterà nel rinnovamento del mondo, quando sarà definitivamente sconfitto il male in ogni uomo e nel mondo.Vieni Santo Spirito e riempi i nostri cuori!Buongiorno
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 15,26-16,4a n quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l'ho detto».Senza l'aiuto dello Spirito Santo, non è possibile credere nell'amore che vince ogni cosa. Ecco perché oggi Gesù annuncia e promette la venuta della Spirito Santo. In effetti, è piacevole pensare che il primo compito del “Paraclito”, che significa "Consolatore", è quello di mostrare e portare a compimento tutta la Verità che Gesù ha testimoniato quando era ancora con i suoi discepoli. Sarà lo Spirito Santo a spronarci perché diamo anche noi testimonianza di avere conosciuto il Dio d'amore. Ma la nostra testimonianza sarà una provocazione credibile se apparirà nelle nostre opere perché testimoniare, oltre ad annuncia qualcosa di vero, significa soprattutto essere disposto a vivere in prima persona ciò uno annuncia. Ecco il valore della persecuzione per il cristiano che annuncia ad un mondo incredulo che è possibile imitare Gesù facendo il bene. Buona settimana!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni , capitolo 14 vv 6-14In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il Padre"? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. Gesù ci porta dal Padre che dà la vita. Il percorso per raggiungere quello scopo inizia senza dubbio con la conoscenza profonda del Maestro in quanto unica via che rivela la piena verità nel Padre. Anzi chi ha conosciuto il Figlio conosce già il Padre e può compiere grandi cose in comunione con il Padre e il Figlio. Ecco perché festeggiando oggi i santi Filippo e Giacomo, Gesù ricorda agli apostoli, quindi pure a noi, che spetta a loro continuare l'opera della redenzione mediante l'annuncio della vera fede che rende partecipi del legame d'amore tra il Padre e il Figlio. Senza la via, non si può andare. Senza la verità rischiamo di sbagliare nelle scelte. Senza vita che non finisce, c'è solo morte! Gesù è dunque la nostra via, perché nessuno va al Padre se non per mezzo di Lui. Gesù è la verità, perché guardando lui, stiamo vedendo l'immagine misericordiosa del Padre. Gesù è la vita, perché camminando come Gesù staremo uniti al Padre ed avremo vita eterna. Chiediamo la grazia di sapere pregare nel nome di Gesù ovvero in comunione con Lui, affinché ogni nostro desiderio possa coincidere con la sua volontà per noi. Buon fine settimana! don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 15,9-11 In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». Nella pagina evangelica odierna, Gesù lascia in eredità ai suoi discepoli di ogni tempo, e quindi anche a ciascuno di noi, una parola che è l'amore. È un' amore ad immagine e somiglianza di quello vissuto tra Gesù e il Padre che siamo invitati a ricercare. Il Maestro stesso ce l'ha insegnato amandoci fino alla croce. Solo che per rimanere in quell'amore bisogna amare e osservare i suoi comandamenti, quale via che ci porta alla relazione intima con la fonte inesauribile d'amore: Gesù. Questo amore viene da lontano: non solamente da Gesù, di cui conosciamo il volto e la voce, ma, attraverso Gesù, dal Padre. Ecco quale amore abbiamo ricevuto in dono: l'amore stesso di Dio, che è vita eterna. Infatti, mentre per il mondo la gioia viene cercata nell'evasione e nel divertimento, il Vangelo la connette con i comandamenti di Gesù. Per cui la sequela di Cristo, per quanto difficile possa essere, non può ignorare la dimensione della gioia piena. I grandi testimoni della carità hanno trovato in Dio la forza di amare senza misura. Anche noi oggi, chiederemo la grazia di ritornare umilmente a questa sorgente inesauribile per ritrovare la gioia di donare e perdonare. Don Arthur
Dal Vangelo secondo Giovanni, Gv 14,27-31aIn quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».Oggi si tratta di accogliere e di ricevere la pace che dà il Signore a noi suoi discepoli. Abbiamo bisogno della vera pace come solo la può dare il principe della pace Gesù Cristo. Per cui non si deve turbare il nostro cuore e non deve temere nessuna tempesta perché Cristo è la nostra pace. Mentre stiamo camminando verso la Pentecoste, il Signore ci mette nelle condizioni di attendere il Paràclito che viene. Promette che tornerà nella sua Chiesa ed è consolante sapere che il Signore non ci abbandona a noi stessi. In qualche passaggio doloroso della nostra vita possiamo perderlo di vista ma non dobbiamo mai disperare di trovarlo. Non dobbiamo neppure dubitare della sua presenza rassicurante quando siamo in alto mare. Dunque niente ci turbi, anzi non lasciamoci turbare dal male e dalla paura. È La certezza di essere nelle mani di Dio che metterà in ogni cuore una pace invincibile che sconfigge qualsiasi timore. Buona giornata nella pace di Dio!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,25-30)In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» Gesù prega e ringrazia il Padre per la sua benevolenza infinita verso i piccoli, ovvero verso quelli che il mondo non considera. A loro infatti, Dio si rende presente perché non è un Dio che si compiace della vana gloria dei potenti e dei presunti sapienti. In effetti, la preghiera di ringraziamento di Gesù c'insegna prima di tutto che Lui e il Padre si conoscono e sono una sola cosa. In un secondo momento, è un'orazione che suona come un appello ad avere fiducia nel Padre come il Figlio si fida di Lui. Ci accorgiamo senza dubbio che le nostre preghiere contrastano con la sua. Nella preghiera di Gesù infatti, non c'è spazio per quell'amarezza che spesso condisce i nostri discorsi né ci sono parole accusatorie nei confronti del prossimo. Quello che ci viene chiesto è di andare da Lui con fiducia cosicché possiamo attraversare le vicissitudini della vita con Il Signore ed uscirne rinvigoriti e più leggeri. Buona settimana. Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni, Gv 12,44-50In quel tempo, Gesù esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».Con una molteplicità di segni Gesù ha manifestato la sua divinità, ma i giudei si rifiutano di credere. Per cui questo brano rappresenta una sorta di sintesi e allo tempo, è un ultimo appello per chi tarda a leggere i segni dei tempi. Infatti, noi che cerchiamo certezze e garanzie o siamo ancora diffidenti e dubbiosi, dovremmo sentirci richiamati dal più profondo di noi stessi. Il cammino comincia proprio dall'ascolto e dalla messa in pratica della Parola del Messia. Stando dunque a queste parole e alle sue opere, la fede non consiste nel fare qualcosa in nome di Dio o per conto suo, ma nel riconoscere Gesù come Colui che viene in nome di Dio e consegna al mondo parole che vengono dal Padre. Chiediamoci cosa ci blocca e ci impedisce di crescere nella conoscenza di Gesù e quindi di Dio Padre che Egli rivela.Don Arth.
Dal Vangelo secondo Giovanni, Gv 10,22-30Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell'incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.Gesù suscita curiosità nei giudei, i quali lo circondano nel tempio per chiedergli una cosa: che sveli apertamente la sua identità messianica. Quel assedio vero e proprio è motivato da una preoccupazione: quelli che lo interrogano chiedono certezze e pretendono garanzie da parte del Maestro prima di credergli. Ma in tutto questo viene fuori la loro incredulità tanto è vero che nessuna garanzia viene data a nessuno. Infatti, la ricerca dell'esperienza dell'incontro con il Signore non si dovrebbe costruire su delle riposte chiare che cerchiamo prima di credere. Per cui quando non vogliamo metterci in gioco, troviamo sempre la scusa che le risposte della Chiesa e la testimonianza di diversi cristiani sono radicalmente insufficienti. Di fatto, ci escludiamo noi stessi in questa missione d'annuncio del Vangelo mediante la nostra testimonianza. L'invito oggi è dunque di sapere accogliere la testimonianza di Gesù conoscendolo da discepoli ovvero da pecore del suo gregge. La bellezza di quella sequela sta nel fatto che Gesù continua a dare la sua vita per noi. Se dunque ci abbandoniamo a Lui, nessuno ci strapperà dalla sua mano. Buongiorno!Don Arth.
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 10,1-10In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.C'è una relazione intima di conoscenza reciproca tra il buon pastore e le pecore. Grazie a questo rapporto di fiducia, il pastore riesce ad entrare nel recinto per la porta e far pascolare il gregge camminando davanti. Le pecore sono libere di seguirlo o no. E quando lo seguono volentieri è perché sanno che lui, il pastore, può dare la propria vita per loro essendo il primo baluardo e l'apripista. Anzi è proprio Buon Pastore perché condivide già la sua vita con le sue pecore. Sono una parte di lui. Così la vita che ha ognuno di noi viene dal Buon Pastore ed è custodita da Lui. È una vita che ci è stata condivisa e vale molto perché anche noi la possiamo dare agli altri e per gli altri nel nostro quotidiano. Solo così saremo diversi dai ladri e briganti, non cercando di togliere la vita recando piuttosto il male al nostro prossimo. Si tratta infatti di non essere neutrali o indifferenti davanti ai mercenari che sfruttano i deboli perché non agendo e non denunciando, siamo semplicemente tutti complici quindi colpevoli. Da pecore che ascoltano le voce del Pastore che si dichiara, chiediamo la grazia di collaborare più attivamente all'opera di Dio, seminando gocce di vita dove e come possiamo, sempre con amore.Buona settimana!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,44-51)In quel tempo, disse Gesù alla folla: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. L'opera del Padre precede sempre quella del Figlio che Egli ha inviato. È Dio Padre che prende l'iniziativa e ci attira a Lui. L'uomo deve soltanto rispondere favorevolmente e imparare ascoltando il Padre mediante il Figlio. Infatti, per riconoscere l'inviato di Dio bisogna stare dalla parte di Dio e dargli credito. Solo una maggiore confidenza con Dio permette di comprendere le sue vie. Solo chi si pone davvero in ascolto, lasciandosi istruire nell'intimo dallo Spirito, può conoscere la volontà di Dio fidandosi del Figlio che solo ha visto il Padre. Chi si fida del Figlio ne dà una vera testimonianza e custodisce quella intimità con Lui condividendo il Pane della vita nella messa quotidiana. Quest'oggi, Gesù ci invita a stare continuamente in ascolto perché Dio ha tante cose da dire e da insegnare. È questa la condizione per riconoscere l'Eucaristia come segno reale di quel Dio che accompagna la storia e ci attira a Lui col fascino del suo insegnamento. Buongiorno.Don Arthur.
Dal Vangelo secondo GiovanniGv 6,35-40 In quel tempo, disse Gesù alla folla:«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno».I discorsi del Signore sul pane di vita di richiamano sempre il credere. Una fede che vuol dire camminare con il Signore e affidarsi confidando nell'efficacia delle sue parole. Infatti, chi incontra Gesù e lo accoglie come Maestro e Signore, non smette di desiderare il Pane che da la vita saziando il nostro cuore. È Lui quel Pane che ci apre all'eternità e crea il legame con il Padre. Ci viene donato gratuitamente tutti i giorni nell'Eucaristia. Ecco allora che riconoscere Gesù come inviato del Padre e Pane del cielo è riconoscerci tutti figli di Dio, bisognosi di quel nutrimento spirituale che ci rinvigorisce nel pellegrinaggio terreno. Siamo chiamati oggi e per tutta la nostra vita, a favorire la realizzazione della volontà del Padre per noi ovvero che non andiamo perduti ma salvati. Per riuscirci, ci serve restare sempre attaccati a Gesù Eucaristia mediante la Chiesa sacramento salvezza. Buona giornata. Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 6,30-35In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: "Diede loro da mangiare un pane dal cielo"». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».Credere significa camminare e affidarsi. Ma non tutti sono disposti a farlo. Tanti di noi sono come questa folla anonima del Vangelo che, pur avendo assistito personalmente al miracolo dei pani, domanda a Gesù un'altro segno per credere. Infatti, non credere all'evidenza dell' onnipotenza di Dio è il peccato più grave! È questo il peccato non perdonabile ovvero, la mancanza di rettitudine e di docilità allo Spirito Santo che ci predispone a seguire la luce di Cristo quando appare.In effetti, chi desidera la luce la sa riconoscere e la segue. Per chi invece non vuole credere, la luce dei segni di Dio nella sua vita non sarà mai abbastanza. Per aiutare il nostro cammino di fede, abbiamo la fortuna e l'opportunità di condividere quotidianamente quel pane che da la vita nell'Eucaristia sacramento che ci rigenera e ci guarisce. È un dono e farmaco gratuito che diversi si rifiutano di ricevere, ma Cristo non smetterà mai di offrisi a chi vuole intrattenere l'intimità con Lui. La grazia che chiediamo oggi, è di restare sempre attaccati a Gesù Eucaristia per non sciupare nulla e participare pienamente, alla luce trasformante che ci viene dall'alto, mediante la Chiesa segno visibile della nostra salvezza. Buongiorno!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo GiovanniGv 6,22-29Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».Si tratta del giorno dopo la moltiplicazione dei pani, segno miracoloso che non aveva soltanto lo scopo di saziare la fame della folla, ma di accendere il desiderio di altri beni più importanti e decisivi per la nostra felicità. Solo che l'illusoria ricerca di Gesù da parte della gente, rivela piuttosto che la folla era rimasta sul superficiale. Le persone hanno visto l'opera di Dio ma non l'hanno compreso; si sono fermati alla materialità del gesto senza capire che si trattava solo di un segno, cioè una realtà che rimanda ad altro. Noi come loro, vediamo solo quello che ci interessa senza andare mai oltre. Infatti Gesù rimprovera questa gente di cercarlo solo perché hanno mangiato e non perché trovano nelle sue parole il nutrimento spirituale. La tentazione di strumentalizzare il Signore riguarda tutti noi oggi. Chiediamo la grazia di riconoscere, amare e servire il Signore nei nostri fratelli e sorelle. Ciò è l'opera di Dio che sazia la nostra anima e traduce il nostro credere in Dio. Don Arth.
Dal Vangelo secondo GiovanniGv 6,16-21Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l'altra riva del mare in direzione di Cafàrnao.Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!».Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.Gesù cammina sulle acque per raggiungere i suoi discepoli. È un fatto che sfugge ad ogni spiegazione e suscita paura nei discepoli. Infatti, l'incontro con Gesù - immagine di Dio vivente - non avviene quasi mai sul terreno della razionalità, in cui ci sentiamo a nostro agio e teniamo tutto sotto controllo. Avviene invece nell'ambito della fede, dove l'unico protagonista è Dio che ci viene incontro proprio come Gesù oggi mettendoci in crisi. Come nei discepoli sulla barca, lo stare in presenza di Dio e del sacro dovrebbe ispirarci un santo timore, che in questo caso supera la semplice paura e si traduce in un' amorosa devozione. Chi ha fede non ha paura e non rinuncia a lottare e rialzarsi quando cade. Chi teme Dio lascia che Egli trasformi la sua paura in affidamento totale. Non si sente mai tanto bravo e forte, ma si fida di Dio che lo porta sempre alla riva della felicità.“Non avere paura perché Cristo è con te in ogni situazione che vivi”. Buongiorno!Don Arth.
Dal Vangelo secondo GiovanniGv 6,1-15Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.Gesù mette la comunità degli apostoli alla prova chiedendo loro l'impossibile secondo l'uomo è non secondo Dio, ovvero dare da mangiare a circa cinquemila uomini. In realtà Egli vuole educarli - e noi compresi - a non essere semplici spettatori ma protagonisti sul campo. Pur essendo consapevole di quello che sta per compiere, il Maestro chiede anche ai discepoli di intervenire. Non vuole sapere se abbiamo i soldi necessari e sufficienti. Ciò che conta è sapere se siamo disposti ad entrare in gioco, se vogliamo condividere attivamente l'operato di Dio. Nell'impegnarsi a trovare delle soluzioni, ci si rende conto, attraverso un censimento delle risorse, che la richiesta del Signore è irrealizzabile. Ci sono soltanto cinque pani e due pesci ma quello basta per il Gesù. Il Signore ha bisogno del nostro poco, a condizione che sia davvero tutto. Lui sa bene che c'è sempre uno scarto tra l'ideale e il reale, tra ciò che dovremmo fare e ciò che possiamo o sappiamo fare. E tuttavia ci chiede di fare la nostra parte e di mettere a sua disposizione tutto quello che abbiamo. Ci penserà Lui a moltiplicare le nostre energie. Aiutaci Signore a migrare dalla rassegnata indifferenza e superficialità, alla convinta partecipazione e piena condivisione con gli altri. Tante volte ci siamo tirati indietro, oggi ti offriamo il poco che abbiamo perché diventi uno segno della tua carità. Don Arth.
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 3,7-15 In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito». Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? I Padri chiamavano il tempo che va dalla festa della Resurrezione a quella di Pentecoste, uno spazio di felicità nel quale i neo-battezzati erano chiamati a scoprire l'ebbrezza della Vita nuova in Cristo. La figura di Nicodemo ci prende per mano in questi giorni, per ridestare in noi lo stupore di fronte alla possibilità e anche alla necessità di entrare in una vita completamente nuova, grazie all'intervento della misericordia di Dio. Nascere dallo Spirito significa vivere a partire dall'intima convinzione che l'amore di Dio è una fedeltà a noi così forte e così fedele che nemmeno il peccato e la morte possono distruggere. Quando questa fiducia dimora in noi stabilmente si possono fare delle scelte nuove non più fondate sulla paura di perdere e di sbagliare, ma sul desiderio di donare e di spendersi per gli altri. Per questo Gesù paragona i redenti al vento, questa invincibile e invisibile potenza di cui ignoriamo l'origine e la destinazione proprio come la vita nuova nello Spirito. Essere rigenerati dall'alto e imparare dal vento significa entrare in una fiducia tale nella realtà e nella Storia, che il desiderio di provvedere ai bisogni degli altri diventa naturale così come quello di manifestare i propri nella gioia e nella libertà dello Spirito. Buona giornata sotto il vento dello Spirito. Don Arth.
Dal Vangelo secondo LucaLc 1,26-38 Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».Nella solennità dell'Annunciazione, contempliamo il mistero dell'incarnazione del Signore e il privilegio che ebbe Maria nella storia della salvezza. Il brano lucano di oggi presenta anzitutto il saluto dall'Angelo Gabriele a Maria, che viene chiamata: “piena di grazia” ovvero, favorita di Dio perché il Signore si è chinato su di Lei. Questo gesto di misericordia contiene un annuncio di salvezza che riguarda l'umanità tutta intera. Maria è la nostra porta di salvezza e allo stesso momento è turbata dal dialogo con l'Angelo. Ella, Maria è stata preservata dal male fin dal primo istante, ma umanamente teme gli eventi che Le vengono annunciati. È la prima pietra di una storia nuova, che ci riconduce a Colui che ha creato per amore ogni cosa. Però si chiede com'è possibile che tutto quello che dice l'Angelo avvenga per Lei. Invece di gloriarsi delle cose che si sono dette su di lei e su Colui che deve nascere, Maria usa per sé il titolo di Serva - impiegata del Signore - per collocarsi nella storia della salvezza. Anche noi, come Maria vogliamo dire sì al Signore nella nostra vita e nelle nostre famiglie. Possiamo pure permettere a Gesù, con le nostre azioni, di rinascere per chi non ha più speranza. Per cui, pregando con fiducia oggi, affidiamo alla Vergine Immacolata tutti i bambini che ancora devono nascere e per quelli malati. Supplichiamo pure il Signore per tutti i genitori che seguono con preoccupazione il cammino tumultuoso dei figli. Infine, contemplando nella fede l'eccomi di Maria e chiediamo la grazia di accogliere con gioia la volontà di Dio, soprattutto quando non corrisponde alle nostre attese e ai nostri desideri.“Eccoci Signore, avvenga per noi secondo la tua volontà”Don Arth.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 16,9-15 Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero. Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch'essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro. Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura». Il Vangelo di Marco descrive l'atteggiamento dei discepoli di Gesù dopo la sua risurrezione. Il loro non credere alle testimonianze delle donne e dei discepoli di Èmmaus, traduce pure la fragilità che accompagna la storia della comunità ecclesiale tutt'ora. Facciamo fatica ad aprire le nostre porte al Cristo risorto, perché possa cambiare le nostre vite. Infatti, se Cristo è davvero risorto per noi, non c'è più spazio per piangerci addosso, o per perdere la fiducia in Lui nei momenti bui della vita. La nostra incredulità si manifesta spesso in quel fatalismo che ci fa credere che ormai tutto è finito, e che non c'è più nessuna speranza. Ecco allora che il rimprovero fatto dal Risorto ai suoi discepoli vale anche per noi increduli di questo tempo. Diverse volte infatti, per tiepidezza o paura, non abbiamo dissolto i nostri dubbi per accettare la sfida di un vero cammino di fede. Quante volte ci siamo ritirati in buon ordine davanti alle sfide, pretestando di non essere capaci? Quante volte ci siamo arresi prima ancora di combattere? Se ci siamo comportati così è perché non abbiamo avuto abbastanza fede in Dio. Non abbiamo creduto che il Risorto dona la vita in abbondanza e ci rende capaci di fare quello che non potremmo mai realizzare con le nostre scarse forze. Nonostante ciò, il Risorto ci rinnova la sua fiducia e ci invia nel mondo ad essere suoi testimoni. “Seguiamo Cristo, il Risorto alleluia alleluia!” Don Arth.
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 21,1-14 In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». I discepoli di Gesù sembrano essere tornati alla vita normale di prima, almeno quelli chiamati dall'attività peschereccia. Pur avendo già saputo che il Maestro fosse risorto, Pietro, il pescatore professionale, prende l'iniziativa della pesca quasi invitando gli altri sei a venire con lui. Malgrado il fatto che siano ancora attoniti e disorientati dai fatti recenti, pescano tutta la notte come di consueto, ma la pesca è totalmente infruttuosa. Ecco allora che il buio dell'insuccesso da soli, cede lo spazio alla luce del trionfo all'alba con il Risorto. In effetti, non è ancora riconosciuto dai suoi discepoli, che quest'ultimi obbediscono comunque ad uno sconosciuto, che gli parla dalla foschia del mattino. L'obbedienza semplice, umile e silenziosa di questi pescatori, dispone i loro occhi a riconoscere il Risorto in quella pesca miracolosa. Giovanni, il discepolo amato vede il Segno e crede aiutando la fede dei suoi compagni. Il Risorto invece, ci riconduce sempre alla sua Pasqua di risurrezione condividendo pane e pesce con i suoi discepoli. Infatti, l'Eucaristia qui simboleggiata in quei gesti, è fonte e culmine della nostra vita cristiana. In essa si celebra la morte e la risurrezione del Signore. Anche noi siamo invitati oggi a dire di sì Cristo, nella luce radiosa di questo mattino vivendo la comunione fraterna. “Seguiamo Cristo, il Risorto alleluia alleluia!” Don Arth.
Dal Vangelo secondo LucaLc 24,35-48In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.Dopo avere saputo che Gesù era risorto dai morti, si trattava per i suoi seguaci, di sperimentare che Egli fosse veramente vivo mediante le sue apparizioni. Se fosse rimasta soltanto una notizia, il dubbio sarebbe persistito. Infatti, alcuni discepoli avevano già assistito ad altre apparizioni del Risorto eppure, le sue manifestazioni procuravano sempre delle emozioni: stupore, spavento, grande gioia, dubbi. Anche gli stessi discepoli fanno tanta fatica a credere che Gesù è veramente vivo; pensano di vedere un fantasma. Quei sentimenti emozionali ci dicono prima di tutto che la risurrezione non è una idea. Rivelano inseguito che la nostra fatica di credere oggigiorno, raggiunge pure l'idea secondo cui la fede non è una sicurezza acquisita per sempre. È una ricerca continua, un cammino fatto di insicurezze che si dissolvono con i segni del Risorto nella nostra vita. Noi, come i discepoli di Cristo Risorto, non possiamo vivere la nostra fede in Lui, se non a partire da questa esperienza di relazione con una persona viva, oggettiva, concreta. La risurrezione in effetti, non è un fatto soggettivo e non è nemmeno un evento passato senza impatto nell'oggi. Ogni celebrazione della Pasqua come ogni Eucaristia, attualizza per chi crede in Cristo risorto, questa opera di salvezza. Perché la risurrezione di Gesù è un evento concreto e non una teoria o soltanto un insegnamento, siamo chiamati ad esserne testimoni nella nostra vita quotidiana. Questo evento salvifico deve cambiare la nostra vita oggi e adesso. “Seguiamo Cristo, il Risorto alleluia alleluia!”Don Arth.
Dal Vangelo secondo Luca Lc 24,13-35Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». “L'ignoranza della Scrittura è l'ignoranza di Cristo”, diceva San Girolamo. Il vangelo di oggi ci parla in effetti, dell'episodio molto conosciuto dell'apparizione di Gesù ai discepoli di Emmaus sul cammino di ritorno da Gerusalemme. Essi sono tristi, scoraggiati, senza speranza e soprattutto delusi dell'esito della storia di colui che consideravano il Messia. Pur avendo camminato con Lui, si erano dimenticati di quello che gli aveva insegnato il Maestro: tutta la Scrittura parla di Lui. Infatti, Luca vuole insegnare alle comunità, quindi anche a noi, come interpretare la Scrittura per poter riscoprire la presenza di Gesù nella nostra vita. Gesù cammina al nostro fianco come lo fece con quei discepoli di Emmaus. Alla sua scuola dunque, il cristiano è chiamato ad avvicinarsi alle persone, ascoltare le loro realtà, sentire i loro problemi; essere capace di fare domande che aiutino le persone a guardare la vita con speranza. Poiché la Scrittura che si compie in Gesù forma le comunità e le nutre, quelle comunità non vivono soltanto della condivisione del Pane che dà la vita, ma si consolidano pure partecipando delle gioie e dei dolori dei suoi membri. Attorno alla tavola eucaristica in cui viene spezzato il pane, il Signore apre i nostri occhi a riconoscere Lui il Risorto. Come i discepoli di Emmaus che si mettono di nuovo in cammino, vogliamo vincere ogni paura. Il nostro seguire Cristo si trasformi in un ritorno a Gerusalemme e non in una perpetua fuga; in una fede operante e non di facciata; in una forte speranza e non in una disperazione cronica; in una vera ricerca di libertà nel Risorto e non in un abbandono alle forze della morte e del peccato. Invece della brutta notizia della morte di Gesù, gridiamo la Buona Novella della sua Risurrezione. “Seguiamo Cristo, il Risorto alleluia alleluia!” Don Arth.
Dal Vangelo secondo GiovanniGv 20,11-18In quel tempo, Maria stava all'esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l'hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù.Maria Maddalena piange, piange un amico morto e sepolto; colui che la morte ha apparentemente rapito alla vita. Nel suo pianto però, non smette di cercare Gesù sicché da un'occhiata disperata al sepolcro che sapeva fosse vuoto. Non pensa alla risurrezione, ma al fatto che qualcuno abbia spostato il corpo di Gesù come emerge nei diversi dialoghi. Nessuna parola era riuscita a tranquillizzarla finché il Maestro - che non aveva riconosciuto in precedenza dialogando - la chiamasse per nome: Maria. Allora Gesù, confermando la sua vittoria sulla morte, invita Maria a condividere la gioia della risurrezione con i suoi discepoli, e a lasciarlo salire al Padre. Sì, a volte bisogna lasciare andare quelli che amiamo. Anzi l'amore vero lascia l'altro libero di fare le scelte, e non trattiene una persona ad ogni costo o per amore egoistico. In effetti, Maria Maddalena deve imparare a vivere in assenza fisica del Maestro che ormai si fa presente in un'altra modalità. In lei sono raffigurati tutti i cercatori di Cristo risorto ovvero noi. Quel nostro Maestro è risorto e ci sprona prima ad riconoscerlo, e poi ad annunciarlo ai fratelli bramosi della testimonianza dei tanti cristiani. Infatti, da un cuore che ama come Maria, si apre un possibile incontro vero con Dio nel suo Figlio risorto.“Seguiamo Cristo, il Risorto alleluia, alleluia!”D. Arth.
Dal Vangelo secondo GiovanniGv 20,1-9Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!».Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.La scoperta della tomba vuota il mattino di Pasqua, genera una frenesia per la quale la pagina evangelica di Giovanni ci testimonia il correre di tutti coloro che sono coinvolti: inizia Maria Maddalena che si precipita dai discepoli i quali, a loro volta, sfrecciano a velocità diverse in direzione del sepolcro. Potrebbe essere bello e suggestivo pensare che sia la fede nella Risurrezione a generare questo insolito dinamismo, purtroppo dobbiamo riconoscere che non è così: Maria Maddalena è semplicemente preoccupata di recuperare il prima possibile il cadavere di Gesù che qualcuno sembra aver rimosso dalla tomba e gli altri due discepoli sono probabilmente mossi nella corsa dalla stessa preoccupazione. Ma nella reazione apparentemente simile che rende tutti "accelerati" si innesta un elemento fondamentale di diversità che è il fermarsi del discepolo amato davanti alla tomba vuota quasi in atteggiamento meditativo e contemplativo, opposto al fare di Simon Pietro che invece si precipita nel sepolcro senza fermarsi e pensare: la conclusione evidenzia la diversità tra i due per cui quest'ultimo semplicemente vede mentre il primo vede e crede. La stessa realtà rimane insignificante per Simon Pietro e diventa motivo di fede per il discepolo amato che aveva saputo quando fermarsi e riflettere: sono gli atteggiamenti che allora come oggi fanno la differenza per poter decifrare le trame della vita e della fede. Il semplice correre può essere segno di dinamismo e buona volontà ma nel contempo esprimere un rapporto troppo veloce con la realtà che invece ha bisogno anche del sapersi prendere delle pause, di uno sguardo meditativo, di un atteggiamento pensante. Questo diventa anche il mio AUGURIO per una Pasqua non solo buona ma soprattutto santa! d. A.
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni Gv 18,1–19,42 In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c'era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». La meditazione della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo continua ad essere fonte di santità cristiana e cammino di conversione profonda per gli uomini. Nella suggestiva ed austera liturgia del Venerdì Santo, la nostra anima si prostra — proprio come faranno i ministri all'inizio della cerimonia — ritirandosi per pregare e per adorare Cristo in croce, principio della nostra salvezza. Oggi ci soffermeremo tutti, per stare con Cristo sul Calvario, e per cercare di comprendere questo amore smisurato di Dio per noi peccatori. Infatti, la Passione del Signore secondo Giovanni ci presenta soprattutto il valore salvifico dell'esaltazione di Cristo sulla croce. Sulla croce, Cristo regna, Cristo è esaltato, Cristo trionfa sul peccato e sulla morte. Per queste ragioni, oggi non è semplicemente un giorno di lutto e di tristezza; ma è un giorno in cui si celebra la vittoria dell'amore di Cristo per l'uomo, un amore che arriva alla sua più alta espressione: dare la vita per i propri amici che siamo. Oggi facciamo silenzio dentro di noi e attorno a noi, per scorgere la voce di Dio che ci istruisce attraverso la meditazione della passione di Gesù. Don Arthur.
Dal Vangelo secondo GiovanniGv 13,1-15Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. « Amare è servire ». Con la celebrazione dell'ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli, noi entriamo nel Triduo Pasquale. L'Eucaristia, fonte e culmine della liturgia cristiana condensa in un sol atto tutto il Triduo pasquale. In essa, già da oggi, è annunciata la morte di Gesù e proclamata la sua Risurrezione. Infatti, Il Vangelo di Giovanni mette insieme il mistero sacrificale del Signore nella Cena e la lavanda dei piedi che richiama al servizio per amore. In quella circostanza, vengono istituiti Sacerdozio ministeriale e Eucaristia in vista del servizio divino all'uomo bisognoso di Dio. Ecco perché oggi in ogni assemblea liturgica, si vive il rito della lavanda dei piedi all'interno dell'Eucaristia, affinché noi cristiani possiamo imparare a lavarci i piedi gli uni gli altri. Quasi come per dirci che non potremo mai vivere pienamente il mistero dell'Eucaristia, se non sapremo lavarci i piedi a vicenda a casa, al lavoro, nei gruppi, per strada e nella comunità. Chi serve è umile, ma chi si lascia servire lo è ancora di più, proprio come viene chiesto a Pietro da Gesù. Tante volte Signore, per nostalgia del passato, non vogliamo più servire o ci sentiamo addirittura indegni di servire Te e il nostro prossimo. Fa che prendiamo parte all'Eucaristia per donarci agli altri. D. Arth.