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Briciole di Vangelo
Sabato 22 febbraio

Briciole di Vangelo

Play Episode Listen Later Feb 22, 2025 3:24


Nel Vangelo di oggi (Matteo 16,13-19), Gesù chiede ai discepoli chi sia per loro. Pietro risponde: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Gesù lo benedice e gli affida la guida della Chiesa, dicendo: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa».

Briciole di Vangelo
Venerdì 21 febbraio

Briciole di Vangelo

Play Episode Listen Later Feb 21, 2025 3:37


Nel Vangelo di oggi, Gesù invita chi desidera seguirlo a rinnegare se stesso, prendere la propria croce e seguirlo. Egli insegna che chi vuole salvare la propria vita la perderà, ma chi la perderà per causa sua e del Vangelo la salverà. Gesù sottolinea l'importanza di non vergognarsi di Lui e delle sue parole davanti agli altri.

Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
[Sab 15] Commento: Sento compassione per questa folla...

Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno

Play Episode Listen Later Feb 14, 2025 1:38


Gesù ci mostra un sentimento nobile, profondamente umano, che si traduce in prontezza a servire e donarsi. È la volontà di guardare l’altro come se stessi, rinunciando alla superiorità, per mettersi al servizio. Nel Vangelo di oggi, Gesù manifesta questa umanità con un gesto che lo rende vicino ai nostri dolori e alle nostre sofferenze. È umano nel senso più profondo: riconosce chi ha davanti come un soggetto d’amore, non un oggetto da sfruttare. È umano perché crea un nuovo legame di solidarietà tra gli uomini. Ma è anche divino. Divino perché questo sentimento viene da Dio. Divino perché Gesù rende grazie sui sette pani e pochi pesci, opera il miracolo della moltiplicazione e ci invita a contemplare più profondamente il Mistero di Cristo. La compassione di Gesù è il preludio della sua Passione. Dio sente le nostre sofferenze e ci dona la sua Passione. La compassione di Cristo ha un duplice movimento: da Dio all’uomo, assumendo tutte le passioni umane, e dall’uomo a Dio, per partecipare alla sua Passione. È qui, nella compassione umana e divina, che troviamo il senso delle nostre celebrazioni eucaristiche. L’Eucaristia è l’incontro tra Dio e l’uomo: un incontro di amore, salvezza e redenzione. Offriamo sull’altare la nostra vita. Affidiamola a Gesù, perché la benedica e la inserisca nel suo progetto d’amore.

Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
[Ven 15] Commento: “Nel giorno in cui il Figlio dell'uomo si rivelerà”.

Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno

Play Episode Listen Later Nov 14, 2024 2:00


Continuando il tema iniziato ieri, Gesù parla del “giorno del Figlio dell'uomo” ossia della sua ultima venuta. Il testo evangelico di oggi ne sottolinea il giudizio, la cui caratteristica è la sorpresa delle cose inaspettate. Il mistero del male sarà all'opera anche in quel giorno. Nonostante l'opera dello Spirito, il pensiero di molti uomini continuerà ad essere rivolto senza posa al male come ai tempi di Noè, e sarà preda delle voglie della carne come ai tempi di Lot: “mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano”. “Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell'uomo si rivelerà”. Ciò che serve rilevare nel discorso di Gesù è l'evidente contrasto tra la sua signorìa e la vita degli uomini, completamente sganciata dalla sua. Allora la venuta del Signore sarà un'amara sorpresa, perché ci si accorgerà che una vita così, non ci aveva preparati all'incontro con lui. Seguono esortazioni a non guardarsi indietro, verso i beni terreni che i cristiani dovrebbero aver lasciati, ma a essere pronti a lasciar tutto. Dietro di sé il cristiano nulla ha che lo deve trattenere, egli fissa lo sguardo al Signore che viene, nel quale ha posta tutta la sua speranza. Il giudizio finale è anticipato nel presente quotidiano, in cui si mangia e si beve. La trama di ogni giorno è il luogo della salvezza di Dio. Basta viverla con il lievito del Regno. Nel Vangelo di ieri i farisei domandano: “quando”, in quello di oggi, i discepoli chiedono: “dove” è il Regno. E Gesù risponde ai primi: “ora, ma in modo nascosto”; ai secondi: “ovunque, e in modo manifesto”. Il regno del Signore avviene dove e quando l'uomo orienta la propria vita secondo il giudizio di Dio.

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia XXVI Domenica T. Ord. - Anno B (Mc 9,38-43.45)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Sep 24, 2024 6:56


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7915OMELIA XXVI DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Marco 9,38-43.45.47-48)Se la tua mano ti è motivo di scandalo, taglialadi Giacomo BiffiIl brano evangelico che ci viene oggi proposto non è di quelli che ci presentano un fatto circostanziato o una parabola ben definita. Potrebbe essere detta una pagina "compilatoria", che raccoglie cioè diverse frasi di Gesù, slegate tra loro e verosimilmente da lui pronunciate in momenti e situazioni diversi. Sono parole forti e taglienti, che meritano tutte di essere ben considerate, perché ci aiutano a entrare nella mentalità del Signore e ci richiamano alcune idee importanti per la vita cristiana. In esse Gesù ci appare, come sempre, originale e imprevedibile: più largo e comprensivo di quel che la nostra grettezza di mente si aspetterebbe, più rigido ed esigente di quello che la nostra faciloneria ci indurrebbe a pensare. Tre insegnamenti.LA CHIESA DI CRISTO NON HA CONFINI GEOGRAFICIA Giovanni, l'apostolo impetuoso che viene a confessare la sua intolleranza: Abbiamo visto uno che scaccia i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri, Gesù risponde: Non glielo proibite... Chi non è contro di noi, è per noi. È interessante notare che, in un'altra occasione, aveva detto invece: Chi non è con me, è contro di me. Ma, a ben guardare, le due affermazioni non si contraddicono. Quando si tratta del rapporto personale con Cristo e col suo Vangelo - cioè quando si tratta delle intime disposizioni di ciascuno e degli orientamenti esistenziali profondi - la neutralità non è ammessa: o si appartiene a lui, perché ci si è messi decisamente alla ricerca della verità e al servizio della giustizia, o si è contro di lui. Qui bisogna scegliere. Quando si tratta invece dell'atteggiamento esterno e dell'appartenenza formale a un'organizzazione, il Signore tiene conto più della sostanza di un comportamento che non della etichetta e della denominazione. Viene qui disapprovata quell'angustia di spirito che c'è talvolta tra noi, per cui se uno non è del nostro gruppo o della nostra aggregazione, finisce col non essere né apprezzato né cordialmente accolto. Più profondamente Gesù vuole insegnarci che la forza dello Spirito Santo non è coartata da nessun confine, neppure dai confini visibili della Chiesa. Lo Spirito opera dove vuole e per mezzo di chi vuole: c'è gente che lavora efficacemente per il Regno di Dio senza che noi ce ne avvediamo, e forse senza che se ne avvedano loro stessi. Il bene può essere dappertutto e non è monopolizzato da nessuno. I confini veri della Chiesa non sono geografici, ma passano attraverso il segreto dei cuori.IL VALORE DI OGNI NOSTRO ATTO È NELL'AMORE E NELLA FEDE CHE ESPRIMELa seconda frase di Gesù ci dice che anche il gesto più semplice e apparentemente senza valore diventa preziosissimo se è compiuto con un'alta finalità e come espressione sincera di un giusto amore. Che c'è di più piccolo e insignificante di un bicchier d'acqua? Ma se la cortesia di dare un bicchier d'acqua è compiuta nel mio nome - dice il Signore - diventa meritevole di una grande ricompensa. Se un favore esiguo e senza importanza è reso a voi - continua il Signore - perché siete di Cristo, allora acquista il pregio di un atto d'amore verso il Re dell'universo e il Salvatore degli uomini. Come si vede, non è l'entità di un'opera a determina re la rilevanza in faccia a Dio, ma la fede e l'affetto che con essa si intendono esprimere. Questo principio evangelico ci ricorda anche che un cristiano non può accontentarsi di ricercare ciò che è buono e giusto, come la fraternità, la solidarietà tra gli uomini, la pura filantropia; deve anche preoccuparsi che tutte queste cose in lui nascano da un vero e personale amore per Cristo. Dobbiamo diffidare di noi stessi, se un nostro impegno esterno, sociale, umanitario non è quotidiana mente ispirato e sorretto da una intensa intimità e dall'abitudine a un prolungato colloquio col Signore Gesù, che è il centro e il senso della nostra vita.RIGORE E FERMEZZA PER NON COMPROMETTERE LA PROPRIA FEDESe la tua mano ti scandalizza, tagliala. Questa frase, evidentemente paradossale, non va presa alla lettera; però va presa sul serio. Essa ci dice quanto grande sia il rigore dei principi e la fermezza del comportamento, che Gesù ci richiede. Nel Vangelo di Matteo questa parola aspra e precisa si trova anche nel Discorso della montagna, là dove il Signore dà la sua norma di vita a proposito del matrimonio e della castità. Dobbiamo riconoscere che questa espressione evangelica scende come una sferzata sulle concezioni della morale corrente, tutte improntate al lasciar correre, al "tutto è lecito, basta non recar danno agli altri". Che il mondo - che rifiuta il messaggio di Cristo - arrivi in questo campo alle aberrazioni più grandi e più imprevedibili, non ci meraviglia. L'aveva già notato san Paolo nel primo capitolo della Lettera ai Romani. Ciò che meraviglia - ed è inaccettabile - è che ci siano quelli che nella loro vita vogliono mettere insieme la professione cristiana e la morale permissiva, l'adesione a Cristo e la giustificazione di tutte le trasgressioni. Anche qui siamo chiamati a operare le nostre scelte. Che se pur non riusciamo a vivere in perfetta conformità con gli insegnamenti del Vangelo, almeno dobbiamo stare attenti a non mortificarne gli ideali. Domandiamo come dono al Padre dei cieli, dopo questa riflessione, di riprodurre in noi il più perfetta mente possibile sia lo spirito di comprensione verso tutti, sia la più ferma risposta alle esigenze di novità di vita, indicateci dal Signore.

Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
[Gio 20] Commento: "Voi dunque pregate così".

Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno

Play Episode Listen Later Jun 19, 2024 1:52


Nel Vangelo odierno Gesù ci dice che non c'è bisogno di importunare Dio con lunghe preghiere, "perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate". Ad una preghiera fatta di tante parole, Gesù oppone una preghiera breve, semplice, ricca di familiarità. E' proprio infatti di ogni rapporto familiare esprimere cose profonde, che vanno al cuore di chi viene invocato e di chi per fiducia ha colto nel proprio cuore tale invocazione. E' questo il segreto della brevità e dell'intimità del "Padre Nostro". In esso si sprigionano le grandi richieste, che tengono in sinergia i due contraenti in un amichevole dialogo. Si proclama che venga il suo regno, che sia conosciuto il suo nome, che sia fatta la sua volontà. Si fa poi filiale e doverosa richiesta del pane quotidiano, cioè del sostentamento della vita, della remissione dei propri peccati, con la promessa sincera di condonarli anche agli altri, e di essere liberati dal male. Ci sono ancora due aspetti da considerare nel "Padre nostro". La paternità universale di Dio "agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti, ma è anche al di sopra di tutti". Nessuno può appropriarsi di lui per i propri progetti. Da qui nasce una fondamentale fraternità che è qualcosa di molto di più di una seria amicizia. La preghiera del "Padre nostro" non dovrebbe mai sparire dalle nostre labbra di figli. Oltre tutto ci è stata comandata da Gesù stesso, Figlio unigenito del Padre, consegnata personalmente nel giorno in cui la Chiesa ci generava come figli nel Figlio. Diciamola, anzi, preghiamola oggi con più fervore spirituale.

Dal Vangelo di oggi
Dal Vangelo di oggi - 18 Giu 2024

Dal Vangelo di oggi

Play Episode Listen Later Jun 18, 2024 2:30


Dal Vangelo secondo MatteoMt 5,43-48 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo, e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».Nel Vangelo di questo giorno, Gesù critica, supera e completa il modo antico di osservare il comandamento in discussione. Indica un cammino nuovo per raggiungere l'obiettivo ultimo della legge che è la pratica dell'amore di Dio e del prossimo al di sopra di ogni altra cosa. In effetti, non c'era niente di più normale che una persona odiasse il suo nemico. Direi che lo è tutt'ora per chi non ha conosciuto la legge rigenerante di Cristo. Ecco perché rispondere all'odio con l'odio è un atteggiamento pagano mentre il cammino verso la perfezione passa per il sacrificio del nostro ego a volte smisurato.Chi aderisce all'insegnamento di Gesù deve essere capace di amare i nemici, cioè quelli che si comportano verso di noi come avversari e tentano di farci cadere. Gesù dalla croce, non ha voluto male a nessuno. Rendici Signore misericordiosi come Te. Con affetto. Buongiorno!d. Arthur

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia XI Domenica T. Ord. - Anno B (Mc 4, 26-34)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Jun 12, 2024 7:32


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7768OMELIA XI DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Mc 4,26-34) di Giacomo BiffiGesù aveva l'arte dei paragoni: sapeva calare la verità più alta nella concretezza di un'immagine vicina all'esperienza dei suoi ascoltatori. Questi paragoni - queste "parabole", per usare la parola evangelica - in qualche caso potevano apparire un po' enigmatiche nel loro significato profondo, ma una volta spiegate si iscrivevano nelle coscienze e non si dimenticavano più.Tra gli "esempi" cari a Gesù c'è quello del "seme", una delle realtà più consuete a chi conduce una vita legata alla terra, ai suoi ritmi, alla sua fecondità. Nel Vangelo abbiamo quattro parabole centrate sull'idea di "seme": quella del diverso rendimento del terreno, quella del grano e della zizzania, e le due che oggi sono state richiamate, il seme di grano che cresce spontaneamente e il seme di senapa che, pur piccolo, diventa un arbusto di notevoli proporzioni.L'argomento su cui le due parabole di oggi ci invitano a riflettere è il "regno di Dio": a che cosa possiamo paragonare il regno di Dio? Attenzione, però: non si tratta del "regno di Dio" come sarà alla fine, un regno nel quale speriamo di entrare dopo la nostra morte quando la nostra vicenda terrena si sarà conclusa, bensì del "regno di Dio" che secondo la parola di Cristo è già "in mezzo a noi" (cf. Lc 17,21), vale a dire della Chiesa, che già ci offre nella fede la conoscenza della verità che dà salvezza e nella carità già ci rende partecipi della stessa vita divina che impreziosisce l'anima dei beati del cielo.Siamo dunque chiamati a meditare sulla condizione ecclesiale storica. La Chiesa, difatti, come ci insegna il Concilio Vaticano II, è appunto "il regno di Dio già presente mistericamente", cioè sotto il velo dei segni efficaci. La Chiesa è il regno di Dio nella sua forma iniziale, imperfetta, nascosta, ma autentica e sostanziale; è il regno di Dio che già possiede in sé la ricchezza definitiva, ma è ancora esposto alle intemperie della storia.LA GRANDEZZA E LO SPLENDORE NASCOSTO DELLA CHIESA DI CRISTOIl regno di Dio come oggi ci è dato, ci insegna il Signore, ha le connotazioni di un seme. Che cosa è il seme? Il seme è il futuro reso presente, è la garanzia di ciò che potremo avere alla fine, è speranza e al tempo stesso anticipazione della messe futura. Nel seme di un albero, tutto l'albero è già contenuto con la sua precisa identità, con il suo potenziale vigore, con la sua capacità di sviluppo; ma è contenuto in un piccolo spazio, in una condizione di fragilità, in una apparenza dimessa e senza splendore.Così è la Chiesa. Non ha potere nel mondo, non sempre raccoglie la maggioranza degli uomini di un territorio, non ha grandi possibilità di farsi valere di fronte ai signori della politica, dell'economia, della cultura, della comunicazione. Anche la comunità cristiana, cui apparteniamo, si presenta esigua. E neppure siamo molto buoni: siamo anche noi pieni di egoismo, soggetti a mille debolezze. Magari non riusciamo sempre a dar vita a cose di rilievo né a provocare vistosi cambiamenti. Eppure abbiamo già il Signore con noi, abbiamo già il tesoro della sua grazia, abbiamo la forza inesauribile del suo amore. Possiamo già nella fede contemplare il disegno di Dio nella sua verità; già ci è data con la virtù della speranza la consapevolezza del nostro destino di gioia. In una parola, siamo già il "regno di Dio". Perciò deve essere sempre viva e coltivata in noi la consolante consapevolezza della "appartenenza"; cioè la letizia, la fierezza, la gratitudine di essere parte della grande e stupenda realtà che è la Chiesa di Cristo, anche se adesso essa si presenta sotto vesti povere e difettose.LA VITALITA' SEGRETA E LA FORZA INTRINSECA DEL REGNO DI DIOPoi Gesù ci dà un secondo insegnamento importante: il regno di Dio, che è già tra noi, è un seme che germoglia e cresce da se stesso, per l'energia che ha dentro di sé. La storia del regno di Dio sulla terra non può essere valutata dai nostri insuccessi. La vita divina, che nella vita ecclesiale è già donata alla terra, si sviluppa per suo conto.Molte volte noi ci affanniamo con le nostre iniziative, con le nostre organizzazioni, eppure sembra che nel campo pastorale non spunti niente. Ma nelle coscienze segrete degli uomini e nelle stesse vicende della comunità cristiana, c'è sempre il momento in cui arriva un supplemento di luce, c'è sempre il momento in cui il Regno si dilata nella storia e nei cuori. Ci sono ore in cui le ostilità verso la Chiesa, che sembravano invincibili ed eterne, improvvisamente crollano; ci sono ore in cui i terreni più aridi si mettono a dare frutti di dedizione generosa alla causa di Dio; ci sono ore in cui i cuori più induriti si convertono. Il seme - ci ha detto Gesù - cresce spontaneamente: neppure noi sappiamo il come e il perché (cf. Mc 4,27).L'OPERARE DIVINO NON ESCLUDE LA NOSTRA RESPONSABILITÀDorma o vegli (Mc 4,27), precisa il Signore. Nella Chiesa c'è chi dorme sempre, e non si decide mai a fare qualcosa di positivo e di efficace al servizio del Vangelo; e c'è anche chi non ha pace nella sua attività. Quando arriverà il momento del giudizio finale, ci verrà chiesto conto delle nostre sonnolenze, se non sono state un po' troppe; e ci verrà chiesto conto anche delle nostre veglie, se sono state tutte e solo per il vero bene dei fratelli e per l'autentica vitalità della comunità ecclesiale. Perché, come ci ha ricordato san Paolo nella seconda lettura, tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male (2 Cor 5,10). Ma una cosa deve essere ben chiara: né le nostre inerzie né le nostre pigrizie riusciranno a ostacolare il cammino del Regno, né il nostro frenetico agitarci lo dilaterà, se non sarà accompagnato dall'energia della grazia divina che lavora nascostamente negli animi.L'ATTESA FIDUCIOSA E PAZIENTE DELLA VITTORIA FINALEL'attesa fiduciosa e paziente della vittoria finale Se poi qualche volta possiamo essere scoraggiati per la scarsità e la debolezza della comunità cristiana, che vive in mezzo alle grandi prepotenze che dominano la scena del mondo, ricordiamoci della parabola del granello di senapa. Anche se ora siamo piccoli e poveri, siamo destinati a diventare il grande Regno di Dio che nell'eternità radunerà in una sola gioiosa famiglia le schiere senza numero degli angeli e dei santi. In fondo, questa riflessione ci ha detto che la santa Chiesa Cattolica deve essere oggetto prima di tutto della nostra fede, in modo che se ne possa percepire la forza e la bellezza di là dalle sue disadorne apparenze; poi è l'argomento della nostra speranza, perché proprio la Chiesa ci garantisce che, di là dalle sconfitte terrestri, ci è riservata la vittoria finale della vita senza tramonto; ma soprattutto deve essere la destinataria del nostro amore, perché essa custodisce entro la sua umanità il grande dono divino fatto agli uomini, cioè la realtà meravigliosa del Regno.

Dal Vangelo di oggi
Dal Vangelo di oggi - 7 Giu 2024

Dal Vangelo di oggi

Play Episode Listen Later Jun 7, 2024 2:59


Dal Vangelo secondo Giovanni, Gv 19,31-37Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto»…La festa del Sacro Cuore è un invito ad alzare lo sguardo verso il Crocifisso. Nel Vangelo di oggi infatti, Giovanni motiva la richiesta delle autorità giudaiche di togliere i corpi crocifissi, con il fatto che quel giorno coincideva con il giorno della Parasceve ovvero il venerdì vigilia della Pasqua. Per portare via i corpi dei condannati era necessario che fossero morti. Ecco perché i Giudei chiesero che fosse loro inflitto una pena supplementare - che non era sempre applicata - per velocizzare la loro morte, ma non sarà questo il caso con Gesù. Il corpo del Signore morto è quello prossimo alla resurrezione, quello del Signore vivente che dona lo Spirito e invita l'uomo ad amare. Chi desidera imparare ad amare con il Cuore di Dio, deve far comunione con il Figlio di Dio morto e risorto. Infatti, solo chi rimane a stretto contatto con Dio, a quel Dio che ha fatto della Croce il suo scettro, impara ad amare con il cuore di Dio. Chiediamo la grazia di manifestare e comunicare la tenerezza di Dio. Preghiamo specialmente per coloro che sono a stretto contatto con la sofferenza e per quelli che sono chiamati a curare le piaghe del corpo o quelle dell'anima. Con affetto! Buon fine settimana. Don Arthur.

Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
[Sab 6] Commento: Le apparizioni nel Vangelo di San Marco.

Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno

Play Episode Listen Later Apr 5, 2024 1:21


San Marco si contraddistingue sempre per la brevità narrativa che è una sintesi profonda e coinvolgente, per arrivare in modo più diretto a ciò che è essenziale. Abbiamo l'incontro con Maria di Màgdala, con i discepoli di Emmaus e quindi con i discepoli riuniti a tavola. Una costante è presente la troviamo nella difficoltà dei discepoli a credere. Gesù stesso li rimprovera per la durezza dei loro cuori. Un primo momento di tentennamento della comunità è testimoniato da tutti gli evangelisti. È un atteggiamento che è facilmente spiegabile; chi non avrebbe avuto questo primo momento che è soprattutto stupore? A questo momento, però è subentrata immediatamente una espansione clamorosa del messaggio del Cristo Risorto; e questa è storia ben documentata. Una diffusione così rapida, spiegabile solo come opera dello Spirito Santo, che ha alla origine un mandato preciso di Gesù stesso: quanto è testimoniato proprio anche dal Vangelo di San Marco! Leggiamolo allora alla luce della storia, inseriamolo nella storia di salvezza che è l'annuncio pasquale che gli apostoli hanno trasmesso. È la crescita della Chiesa: è la nostra storia!

Radio HM
Ventunesima domenica del Tempo ordinario -Ciclo A

Radio HM

Play Episode Listen Later Aug 27, 2023 11:00


Il Papa, fondamento perpetuo dell'unità Nel Vangelo di oggi Gesù promette a Pietro che sarà la roccia sulla quale Egli edificherà la Sua Chiesa. Don Francisco Fernández Carvajal ci ricorda quindi che dobbiamo amare il Papa e pregare per lui.

Esercizi Spirituali
Luigi Maria Epicoco - Comunicare e relazionarsi nel Vangelo

Esercizi Spirituali

Play Episode Listen Later Jun 18, 2023 61:36


Intervento di don Luigi Maria Epicoco per la scuola di formazione della Milizia dell'Immacolata

Esercizi Spirituali
Luigi Maria Epicoco - I racconti della Passione nel Vangelo di Matteo

Esercizi Spirituali

Play Episode Listen Later Apr 2, 2023 58:31


Catechesi di don Luigi Maria Epicoco tenuta presso la parrocchia Beata Anna Maria Taigi di Vico Alto (Siena), per la VII Giornata Biblica dell'Arcidiocesi di Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino. Domenica 29 gennaio 2023.

BASTA BUGIE - Cinema
We were soldiers*** (2002) - L'inutile carneficina della guerra del Vietnam

BASTA BUGIE - Cinema

Play Episode Listen Later Jan 11, 2023 10:31


VIDEO: We Were Soldiers (2002) - HD Trailer ➜ https://www.youtube.com/watch?v=HnLHmGzByPA&list=PLolpIV2TSebXA9xYikH3yOYlHE6Ls-eQC&index=73&t=16sTESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7268WE WERE SOLDIERS: L'INUTILE CARNEFICINA DELLA GUERRA DEL VIETNAM di Pietro GuidiWe were soldiers racconta la storia del colonnello Hal Moore, interpretato da Mel Gibson, che viene mandato dal generale dell'esercito americano a comandare il settimo battaglione in quella carneficina inutile che è stata la guerra del Vietnam, nella vallata Ia-Drang, ribattezzata valle della morte. Il fatto che questa guerra sia stata un inutile massacro viene fatto capire bene in tutto l'arco del film quando fa vedere scene dove i soldati, di entrambi le fazioni, pensano alle proprie famiglie, magari guardando le loro fotografie. Nessuno dei due eserciti vorrebbe combattere quella battaglia, ma sono lì per ordini superiori, costretti ad ammazzarsi a vicenda. Questo film infatti mostra il dramma della guerra visto anche dalla parte di chi resta a casa, delle mogli e dei figli che temono ogni momento la lettera che gli riferisca che il loro capofamiglia è morto.Inoltre il film fa riflettere su come in ogni contesto di grave difficoltà, come in una guerra, viene fuori chi sono realmente le persone. Le difficoltà infatti non cambiano le persone, così come i soldi e il successo non hanno il potere di farlo, nonostante si senta dire spesso il contrario. Queste cose mostrano soltanto chi sei davvero.Nel mezzo dei drammi di questa guerra il film ci mostra l'eroismo di un capo che non abbandona mai i suoi sottoposti. Il colonnello Moore era un vero uomo nella vita e lo è stato anche nella guerra. In lui possiamo vedere le caratteristiche della figura del leader.Innanzitutto bisogna dire che l'autorità di Hal Moore è indiscussa. Nessuno mette mai in dubbio i suoi ordini. Noi ormai ci siamo abituati ad una società dove l'autorità è stata abbattuta, al grido sessantottino di "niente padri né padroni". Per noi è diventato normale mettere in discussione l'autorità. Ma per i soldati non è così. Fra i militari c'è una rigida gerarchia e nessuno può disobbedire agli ordini dei superiori. L'ambiente militare è forse rimasto l'unico ai giorni nostri dove l'autorità sia presa ancora seriamente. Non si può giocare allo stupido gioco della democrazia lì dove è in ballo la vita delle persone!L'AUTORITÀ VA RISPETTATA, A MENO CHE NON VADA CONTRO LE LEGGI DI DIOSe in ambito militare non ci fosse questo tipo di obbedienza non sarebbe possibile mantenere l'ordine all'interno di una guerra, dove le emozioni e la paura prendono il sopravvento sui singoli e si verrebbe inevitabilmente sconfitti. Per mantenere questo ordine nei codici penali militari sono previste le pene più severe, compresa quella di morte (che è stata abolita nel 1994 in Italia). Se disertare da una guerra dove c'è un alto rischio di morire fosse punito solo con il carcere molti preferirebbero quello alla guerra. Invece la pena di morte è un ottimo deterrente per evitare che qualcuno disobbedisca.Nel Vangelo stesso sono confermati questi principi. Una volta un centurione che aveva un servo malato chiede a Gesù di guarirlo e nel farlo fa una professione di fede un po' strana: "Anch'io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: «Va'!», ed egli va; e a un altro: «Vieni!», ed egli viene; e al mio servo: «Fa' questo!», ed egli lo fa". Gli stava dicendo che, come lui è signore dei soldati che ha sotto di lui e loro obbediscono ai suoi comandi, così Gesù è Signore del mondo e ha il potere di ordinare alla malattia di andarsene dal suo servo e questa gli avrebbe obbedito. Gesù, sentite queste parole, non gli dice di mettere dei fiori nei suoi cannoni o di essere più democratico con i suoi sudditi, ma esclama: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!". Un altro episodio molto significativo avviene poco prima della crocifissione. Infatti quando Gesù viene processato, Pilato, il procuratore romano, vedendo che non rispondeva alle accuse si arrabbia con lui dicendogli: "Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?". Gesù gli risponde: "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto". Il potere quindi deriva dall'alto, cioè da Dio e chi lo esercita fa le sue veci su questa terra. È per questo che l'autorità va rispettata, a meno che non vada contro alle leggi di Dio. Ed è per questo che comandare è un compito di grandissima responsabilità.Se quindi l'autorità va ubbidita, chi esercita il potere non deve spadroneggiare sui sottoposti, anzi, al contrario, deve servire tutti. Poco prima della partenza il colonnello Moore fa un discorso davanti ai suoi soldati e alle loro mogli dove giura che lui sarà il primo a scendere sul campo di battaglia e l'ultimo ad andarsene. E così farà con eroismo durante tutto il corso della battaglia al punto che un suo soldato gli dirà di ripararsi un po' perché se lui che è il capo fosse morto il battaglione intero sarebbe spacciato.L'AUTORITÀ VA RISPETTATA (SE NON VA CONTRO LE LEGGI DI DIO)Il colonnello continuerà a guidarli, anche quando la situazione sembra perduta a causa dell'inferiorità numerica, sempre stando in prima linea fino all'ultimo assalto, con le munizioni quasi finite e le baionette già montate. Al contrario il generale dei vietnamiti se ne sta al sicuro nel bunker sotterraneo mentre manda i suoi uomini a centinaia al massacro. Quanto sono diverse queste due concezioni di potere! Entrambi, sia il generale vietnamita che Moore, credono nell'autorità, ma soltanto uno dei due la vede come un servizio e non come un tornaconto personale. Anzi lui è quello che ha il dovere di impegnarsi più di tutti, di essere padrone di sé anche quando la paura invade i cuori degli altri. È davvero il primo a scendere sul campo di battaglia e l'ultimo ad andarsene, come aveva detto.Questa era la concezione di potere che avevano i medievali, quando erano i nobili a fare le guerre e non ci si stupiva di vedere il re di Francia, Luigi IX, combattere e morire nella crociata per liberare la Terra Santa dall'invasore musulmano. È la concezione di potere che ha Gesù. Nessuno infatti dubitava della sua autorità fra gli apostoli, tanto che dirà: "Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono", tuttavia laverà i piedi ai dodici apostoli per insegnargli che lui non esercita questo potere per il suo vantaggio, ma per servirli. E non lo dirà solo a parole, ma lo dimostrerà con i fatti quando verranno le guardie a catturarlo e si farà avanti dicendo: "Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano", proteggendo così i suoi apostoli.Autorità e servizio non sono dunque in opposizione, ma sono due aspetti complementari che deve avere il superiore per essere giusto. Senza autorità non c'è più ordine, ma caos perché ognuno fa ciò che gli pare e non ci si può dirigere tutti verso un unico fine. Ma se il potere non è inteso come servizio diventa lo strumento per dominare sulle altre persone e quindi non fa il loro bene. La storia del colonnello Hal Moore ci fa vedere la figura di un vero uomo e di un vero capo che si spende totalmente per i suoi sottoposti tanto da arrivare a dire con commozione alla fine della battaglia: "Non me lo perdonerò mai... Che i miei uomini sono morti e io no".

Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
[Mar 20] Commento: “E’ nella sua volontà è la nostra pace”.

Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno

Play Episode Listen Later Dec 19, 2022 2:25


Partendo dalla prima lettura, il passo di Isaia, alla luce della figura del re Acaz, pone un grave problema di teologia della storia. Infatti il re Acaz non vuole chiedere un segno dal Signore per non metterlo alla prova. Quindi deve il cristiano pretendere che sia la fede a dettargli le risposte a problemi di tipo socio-politico o non deve piuttosto in questi casi far funzionare esclusivamente la ragione? Dio non vuole certo che l’uomo abdichi alla sua ragione, ma ci sono circostanze in cui Dio dà degli orientamenti precisi che l’uomo è tenuto a seguire e che spesso risultano, alla resa dei conti, i più adeguati, anche alla luce di strategie puramente umane. Dice il salmista nel salmo 23: “Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti”. Quindi Dio è la risposta ultima al perché vivere, o meglio è lui che dà senso alla nostra esistenza. Cercare il suo volto è cercare risposte alle domande antropologiche di fondo, a cui nessuno è in grado di rispondere. Troppa gente nel contesto attuale sembra rifiutare di porsi domande e si arrende allo scetticismo. Mai dimenticare che siamo una domanda vivente: val la pena vivere? Gesù, il Dio-con-noi, è il luogo in cui trovare la risposta. La pagina dell’annunciazione rimane come un capolavoro che non si smette di ammirare. La venuta di Gesù nel grembo di Maria è il coronamento di un lungo itinerario di preparazione che ha attraversato l’intero primo testamento. Nel Vangelo di oggi ci sono tanti dettagli su cui riflettere però a me colpisce la piena e totale disponibilità di Maria. Infatti Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». L’ eccomi di Maria è davvero un “sia fatta la tua volontà” che recitiamo nel padre nostro e che si rinnova nella vita di ogni credente. Penso che ogni volta che si dica di sì a Dio, qualcosa cambia in noi, ma sempre in meglio. Ma anche il miglior uso che possiamo fare della nostra libertà è quello di metterla a disposizione della volontà di Dio. Scrisse il grande Dante: “E ’n la sua volontate è nostra pace”. Amen!

Cardinale Angelo Comastri
Omelia sul Vangelo di Gesù e la Samaritana

Cardinale Angelo Comastri

Play Episode Listen Later Jul 23, 2022 5:31


Omelia pronunciata all'interno della Santa Messa in San Pietro il giorno 15 marzo 2020, III domenica di Quaresima, anno A. Nel Vangelo è descritto l'incontro al pozzo di Sicar fra Gesù e una donna samaritana (Gv 4,5-42)

Chiesa Cristiana Evangelica  della Vera Vite
Perle, maiali e feste: le parabole di Gesù - Parte 3: Il Regno di Dio

Chiesa Cristiana Evangelica della Vera Vite

Play Episode Listen Later Jul 10, 2022


Gesù parla spesso di come è il Regno del Padre suo, scoprendo piuttosto quelli che ci saranno, e non quelli che non ci saranno. E, incredibilmente per i molti, il Regno sarà pieno non solo delle persone che compongono la chiesa, ma di quelle persone che non ti aspetti: disonesti, bugiardi, perduti, falliti...---Predicatrice: Jean GuestCLICCA SUL TITOLO PER ASCOLTARE IL MESSAGGIOTempo di lettura: 9 minutiTempo di ascolto audio/visione video: 33 minutiNel corso della nostra vita la mappa dell'Europa continentale è cambiata sensibilmente. Oggi ci sono 37 Paesi indipendenti rispetto ai 22 del 1960, quando molti facevano parte dell'URSS. Nel corso della storia dell'umanità, la questione del confine è stata fonte di guerre e di risoluzioni nei trattati di pace. Lo vediamo oggi con la Russia che rivendica l'appartenenza delle regioni orientali dell'Ucraina, cercando ancora una volta di stabilire il suo vecchio impero. Che si tratti di una vecchia rivendicazione o di una nuova rivendicazione, non è solo l'abitare la terra a segnare una nazione o un regno. Nell'Antico Testamento sono citati sette regni, Ziklag, Edom, Zoboh, Moab, Galaad, Filistia e Ghesur, che gli storici e gli archeologi faticano a localizzare su una mappa, poiché ne abbiamo solo riferimenti fugaci come questo:“Absalom fuggì e andò da Talmai, figlio di Ammiur, re di Ghesur. Davide faceva cordoglio per suo figlio ogni giorno. Absalom rimase tre anni a Ghesur, dove era andato dopo essersi dato alla fuga.” (2 Samuele 13:37-38)I regni vanno e vengono, a volte lasciando il loro segno nel paesaggio, a volte scomparendo nell'oblio. Il Regno di Dio era un'idea molto importante per il popolo di Israele al tempo di Gesù. Come nazione e popolo, da secoli erano stati soggetti alle aggressioni del Vicino Oriente. Erano stati schiavi ed esiliati, i loro templi e le loro città erano stati distrutti, i loro tesori sacri e nazionali rubati, ma ciò a cui si aggrappavano era la promessa che un giorno sarebbero stati i vincitori.“In quel giorno avverrà che io farò di Gerusalemme una pietra pesante per tutti i popoli; tutti quelli che se la caricheranno addosso ne saranno malamente feriti, e tutte le nazioni della terra si aduneranno contro di lei. In quel giorno», dice il Signore, «io colpirò di smarrimento tutti i cavalli, e di delirio quelli che li cavalcano; io aprirò i miei occhi sulla casa di Giuda, ma colpirò di cecità tutti i cavalli dei popoli. I capi di Giuda diranno in cuor loro: “Gli abitanti di Gerusalemme sono la nostra forza nel Signore degli eserciti, loro Dio”. In quel giorno io renderò i capi di Giuda come un braciere ardente in mezzo alla legna, come una torcia accesa in mezzo ai covoni; essi divoreranno a destra e a sinistra tutti i popoli circostanti. Gerusalemme sarà ancora abitata nel suo proprio luogo, a Gerusalemme. Il Signore salverà prima le tende di Giuda, perché la gloria della casa di Davide e la gloria degli abitanti di Gerusalemme non s'innalzi al di sopra di Giuda. In quel giorno il Signore proteggerà gli abitanti di Gerusalemme; colui che fra loro vacilla sarà, in quel giorno, come Davide; la casa di Davide sarà come Dio, come l'angelo del Signore davanti a loro  In quel giorno io avrò cura di distruggere tutte le nazioni che verranno contro Gerusalemme.” (Zaccaria 12:3-9)Un giorno, forse molto presto, stava per arrivare un grande giorno, in cui Israele avrebbe trionfato e il Regno di Dio sarebbe stato stabilito. Immaginate quindi cosa si provava a sentir dire questo dal nuovo rabbino stravagante di cui tutti parlavano:“Il regno dei cieli è anche simile a una rete che, gettata in mare, ha raccolto ogni genere di pesci...”  (Matteo 13:47)Ora, noi siamo dall'altra parte della storia e della risurrezione e sappiamo che il Regno e il Messia si sono rivelati completamente diversi da ciò che si aspettavano, quindi l'impatto scioccante di questa immagine ci sfugge. Ma i suoi ascoltatori devono essere rimasti inorriditi: ogni pesce di ogni specie? No, noi ebrei siamo gli eletti di Dio. Sicuramente avrebbe dovuto dire: "Nel Regno di Dio troverete, ci saranno...". Sospetto che a volte anche noi siamo rimasti a grattarci la testa per la vaghezza di ciò che Gesù ha detto sul Regno. Dato che è qualcosa di così centrale per la fede, sembra che egli parli in modo obliquo e non diretto. Ma questo ci riporta a ciò che ho detto la settimana scorsa a proposito delle parabole e di tutta la Scrittura: dobbiamo essere pronti a confrontarci con essa e a giungere a una comprensione. Quindi che cos'è il Regno di Dio o il Paradiso? Che aspetto ha e che significato ha per noi oggi? Il capitolo 13 del Vangelo di Matteo contiene sette parabole in cui Gesù spiega cosa sia. Non preoccupatevi, non esamineremo tutte le sette parabole: alcune le abbiamo già citate e abbiamo parlato delle loro conseguenze per noi credenti.Cominciamo con questa.“[Di nuovo,] il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo averlo trovato, nasconde; e, per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo.” (Matteo 13:44)Vi è mai venuto in mente che quell'uomo è disonesto? Non è il suo campo, quindi non è il suo tesoro.Seppellire il tesoro sotto terra era il modo in cui molte persone tenevano al sicuro il loro tesoro, se non potevano permettersi casseforti e servi forti per custodirlo. Un esempio è la parabola dei talenti (Matteo 25), dove il terzo servo prese il denaro e lo seppellì sotto terra fino al ritorno del padrone. Il motivo per cui il padrone era così arrabbiato con il servo che aveva seppellito il tesoro era, presumibilmente, perché qualcuno avrebbe potuto trovarlo, come è successo in questa parabola. In altre parole, la persona che trovò il tesoro sepolto in un campo fu disonesta, comprò il campo fingendo di non avervi trovato il tesoro - tanto grande era il suo desiderio  di avere il tesoro.Questo vi sconvolge? Gesù non fa alcun commento sulla disonestà o sul fatto che il Regno non dovrebbe essere per persone come lui. Il Regno di Dio è per i disonesti, i bugiardi, i perduti, gli abbattuti, e la scoperta del Regno porta loro gioia.  Mi piace questo richiamo alla chiesa di  Rachel Held Evans:Gli apostoli ricordavano ciò che molti cristiani moderni tendono a dimenticare: che ciò che rende il Vangelo offensivo non è chi tiene fuori dal Regno, ma chi fa entrare. “Egli propose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli può essere paragonato ad un uomo che aveva seminato buon seme nel suo campo. Ma, mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando l'erba germogliò ed ebbe fatto frutto, allora apparve anche la zizzania.  E i servi del padrone di casa vennero a dirgli: “Signore, non avevi seminato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c'è della zizzania?”  Egli disse loro: “Un nemico ha fatto questo”. I servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a coglierla?”  Ma egli rispose: “No, affinché, cogliendo la zizzania, non sradichiate insieme ad essa anche il grano.  Lasciate che tutti e due crescano insieme fino alla mietitura; e, al tempo della mietitura, dirò ai mietitori: ‘Cogliete prima la zizzania, e legatela in fasci per bruciarla; ma il grano, raccoglietelo nel mio granaio»” (Matteo 13:24-29) Seminare erbacce nel campo del nemico era una tattica standard tra le nazioni in guerra e, in questo caso, tra i vicini: se non possono nutrire il loro popolo, si indeboliscono e forse muoiono di fame. Così il Regno di Dio ha un nemico che, con determinazione e intenzione, semina erbacce tra il buon raccolto. Ma se il Regno di Dio è per i disonesti, i bugiardi, i perduti e i falliti, come facciamo a capire la differenza? Ecco il punto: il Regno di Dio non è la chiesa, la chiesa ne fa parte, ma non è la sua somma. Nel Vangelo di Matteo Gesù menziona due volte la chiesa e 55 volte il Regno di Dio. Naturalmente la chiesa non era ancora stata istituita, ma questa quantità sproporzionata di insegnamenti dovrebbe farci riflettere: noi, la chiesa, non siamo i guardiani del Regno, e nemmeno i suoi custodi, siamo i suoi cittadini.La Bibbia dice che apparteniamo a tre modi: quando seguiamo Gesù siamo discepoli; quando apparteniamo a una chiesa, allora siamo una famiglia; ma viviamo come cittadini del Regno portando i suoi segni di giustizia, misericordia, perdono, accettazione, inclusione e amore. Ci ricorda qualcosa?“O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il Signore, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?” (Michea 6:8)Gesù non può essere più chiaro: nel Regno non sono gli operai a fare le erbacce e a sradicare. Noi siamo ingaggiati come parte del progetto più grande di Dio, degli scopi futuri di Dio, viviamo nella fase “qui, ma non ancora”, del Regno, un giorno l'intera creazione sarà rinnovata, così che (come dissero i profeti) la terra sarà piena della conoscenza e della gloria del Signore, come le acque coprono il mare.E ancora una cosa su cui riflettere come Chiesa. In questa parabola l'agricoltore ha già gettato il seme, il regno è già stato piantato da Dio prima che noi operai arrivassimo sulla scena. Il teologo Rowan Williams ha detto che il lavoro della Chiesa nel promuovere il Regno è "vedere ciò che Dio sta facendo e unirsi a lui".Ma come facciamo? Williams continua così:A coloro che ancora si chiedono dove sia Cristo, rispondo "in tutti". A chi ancora fatica a vedere la missione di Dio, rispondo "è ovunque". Invece di aspettare di vedere dove Dio ci chiama, perché non presumere che Dio ci chiama ovunque. Allora ogni incontro, ogni viaggio, ogni giorno diventa un'opportunità per vedere ciò che Dio sta facendo... e di unirsi a lui. (Rowan William)“Disse loro un'altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta sia tutta lievitata».” (Matteo 13:33)Le persone che si occupano di questo genere di cose hanno stimato che tre misure di farina sono sufficienti per fare il pane per cento persone. Non stava solo preparando il suo pane quotidiano, stava organizzando una festa! Ma la donna e il pane non sono il fulcro di questa parabola, bensì il lievito. Il lievito è così piccolo da essere quasi invisibile, eppure ha un impatto sproporzionato rispetto alle sue dimensioni. Che cosa possiamo dire del Regno di Dio secondo questa parabola? Inizia in piccolo. È sempre in crescita. La sua crescita è segnata dal mistero e anche se oggi comprendiamo la scienza che sta dietro al funzionamento del lievito, questa rimane una verità spirituale.Inoltre, esercita la sua influenza dall'interno, non dall'esterno, proprio come il lievito fa lievitare la pasta dall'interno. Trovare questo regno significa essere dove c'è: sia all'interno della Chiesa che al di fuori di essa, nella cultura circostante. Gesù ha lasciato il suo posto in cielo ed è venuto nel mondo. Dobbiamo rappresentare/(imitare) Gesù e, come lui, fondere il "sacro" e il "secolare" e farci trovare nel mondo". E proprio come la donna, dovremmo organizzare una festa per i nuovi arrivati."Dio vi invita a partecipare alla causa più grande, più vasta, più varia e più significativa della storia: il suo regno". Rick Warren (La vita con uno scopo)Che privilegio! Amen. GUARDA LE DIAPOSITIVE DEL MESSAGGIOGUARDA IL MESSAGGIO IN BASSA RISOLUZIONE SU FACEBOOKGUARDA IL MESSAGGIO IN BASSA RISOLUZIONE SU INSTAGRAM---GUARDA IL VIDEO DEL MESSAGGIO IN HD

Pregare con Sant'Egidio
04/07 Preghiera per i malati. Meditazione di Marco Impagliazzo sul Vangelo di Matteo (Mt 8,16-17)

Pregare con Sant'Egidio

Play Episode Listen Later Jul 7, 2022 10:31


Quella sera gli portarono molti malati, malati nella mente, che il Signore guarisce con la parola, ci dice il Vangelo, l'evangelista Matteo, e poi aggiunge guarì tutti i malati nel corpo. Nel Vangelo, in tanti brani, in tanti passi del Vangelo, dove passa Gesù c'è sempre un importante presenza di persone malate, di poveri, di bisognosi. E sarebbe troppo riduttivo vedere in questa presenza solo una relazione, diremmo così di tipo taumaturgico; c'è forse una verità più profonda davanti alle tante narrazioni, come quella che abbiamo ascoltato stasera, di questi incontri che sono tanto diffuse nel Vangelo. Ovunque c'è una situazione di bisogno, legata alla malattia, legata ad altri tipi di bisogni e bisogni spirituali, lì c'è anche una forte attrazione per Gesù; cioè Gesù è in grado di attrarre tutti coloro che sentono un bisogno, che hanno un bisogno concreto nella loro vita, perché è proprio quando manca qualcosa che ci si accorge di non bastare a noi stessi, di non riuscire da soli a darci ciò che conta, di non trovare da soli la risposta alla domanda che ci stiamo ponendo. Nel Vangelo infatti i sazi, i presunti sani, i saccenti, i superbi, quelli che vogliono mettere alla prova Gesù, non riescono quasi mai a incontrarlo veramente, o certamente non riescono a capirlo fino in fondo, perché non sentono il bisogno, quel bisogno che li spinge ad incontrare veramente Gesù, perché vivono nell'illusione di non avere bisogno. https://www.santegidio.org/

Bella, prof!
Il Risorto nel Vangelo di Giovanni - LIVE col prof

Bella, prof!

Play Episode Listen Later Apr 23, 2022 85:52


Prima diretta dopo le brevi vacanze di Pasqua. Ci aspettano due pagine del Vangelo di Giovanni: Gv 20, 19-31 (l'incredulità di Tommaso) e Gv 21, 1-19 ("Simone, mi ami tu?"). Dopo la lettura e un breve commento ci sarà il solito spazio per le domande e le risposte. Per seguire le dirette iscrivetevi al canale YouTube!!

ARTICOLI di Antonio Socci
Sia l'Ucraina che la Russia hanno fatto clamorosi errori di valutazione

ARTICOLI di Antonio Socci

Play Episode Listen Later Apr 12, 2022 12:19


VIDEO IRONICO: Una guerra promessa ➜ https://www.youtube.com/watch?v=Lwl_sZZ2q6w&list=PLolpIV2TSebVSarVSJS-Gy5hJo3_40bhITESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6973SIA L'UCRAINA CHE LA RUSSIA HANNO FATTO CLAMOROSI ERRORI DI VALUTAZIONE di Antonio SocciDavanti all'atroce spettacolo quotidiano di morti e distruzioni, tutti - a cominciare dal presidente ucraino Zelensky - dovremmo chiederci: era evitabile questa catastrofe?L'interesse supremo dell'Ucraina era quello di scongiurare in tutti i modi una guerra sul suo territorio con una superpotenza nucleare come la Russia. Il fatto che il regime di Putin sia regredito a un brutale dispotismo aggressivo doveva indurre Zelensky a considerare l'invasione come il male peggiore. Doveva far di tutto per evitarla, avendo una grande inferiorità militare.Nel Vangelo c'è un insegnamento di grande realismo per chi governa: "quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace" (Lc 14, 31-32).Zelenskij poteva evitare così questa tragedia al suo Paese? Forse sì. Sappiamo infatti, dal Wall Street journal, che il 19 febbraio scorso (quando già le truppe russe erano ammassate ai confini), il cancelliere tedesco Scholz ha proposto a Zelensky la possibilità di una de-escalation: la condizione era "rinunciare all'adesione alla Nato" e "dichiarare la neutralità come parte di un più ampio accordo europeo di sicurezza tra l'Occidente e la Russia".In pratica un'Ucraina neutrale come l'Austria. L'accordo proposto da Scholz "sarebbe stato siglato da Putin e Biden che insieme avrebbero garantito la sicurezza dell'Ucraina". Ebbene, Zelensky ha risposto no. Pur avendo ai confini l'esercito russo.Dopo che è iniziata l'invasione, col suo corteo di morte, il presidente ucraino ha dichiarato (il 15 marzo) che era tramontata l'adesione alla Nato e (il 27 marzo) che si poteva ragionare sulla neutralità e pure sul Donbass. Ma ormai era tardi.Probabilmente quando la trattativa vera inizierà l'Ucraina dovrà concedere molto più di quanto sarebbe bastato il 19 febbraio. E sarà un Paese devastato, con migliaia di morti. Mi pare un fallimento immane. La vittoria era scongiurare la guerra.Oltretutto Zelensky era stato eletto per cercare un accordo con la Russia. Questo volevano gli ucraini.Per esempio, la guerriglia in Donbass da anni provocava tanti morti. Perché Zelensky non ha pacificato quella regione imitando ciò che l'Italia ha fatto con l'Alto Adige? Eppure sapeva che da lì poteva partire l'incendio.Il presidente ucraino deve chiedersi se le sue scelte sono state buone per il suo Paese o disastrose. Secondo Jean Paul Sartre "si è sempre responsabili di quello che non si è saputo evitare".Ieri Moni Ovadia, intervistato dalla "Stampa", ha detto: "Zelensky non ha reso un buon servizio agli ucraini. Se hai vicino a te un colosso ringhioso, non fargli i dispetti. A meno che lui sia asservito agli Usa, cosa di cui sono convinto".Oggi Biden punta sulla prosecuzione del conflitto per abbattere Putin. Come ha detto l'ex ambasciatore Usa Chas Freeman, gli Stati Uniti "hanno scelto di combattere fino all'ultimo ucraino".Non credo che gli ucraini possano gioirne. Ma anche nell'establishment Usa importanti personalità si oppongono a questa strategia di Biden che rischia di creare un asse fra Russia, Cina e India. È disastrosa anche per gli Usa.Nel frattempo il conflitto devasta l'economia degli stati europei e può diventare una guerra mondiale con il rischio dell'apocalisse atomica.Da Washington ora si illude Zelensky col miraggio di una vittoria. Ma Sun Tzu, grande stratega militare, diceva: "nell'operazione militare vittoriosa, prima ci si assicura la vittoria e poi si dà battaglia. Nell'operazione militare destinata alla sconfitta, prima si dà battaglia e poi si cerca la vittoria".Tentare l'azzardo di una vittoria pressoché impossibile rischia di far annientare l'Ucraina e di portarci tutti nel baratro.Zelensky in queste settimane ha mostrato un coraggio fisico eroico, gli va riconosciuto. Ma forse oggi deve trovare il coraggio di sottrarre se stesso alle pressioni e sottrarre il suo popolo alla guerra delle due grandi potenze.Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Cosa c'è dietro la pessima performance militare dei russi in Ucraina" spiega perché in Italia si fa fatica a parlare degli insuccessi militari russi e a riconoscerne le cause.Ecco l'articolo completo pubblicato su Atlantico il 1° aprile 2022:C'è una differenza fondamentale fra le analisi della guerra in Ucraina formulate dagli esperti italiani e quelle che vengono pubblicate nel resto del mondo occidentale, negli Usa e nel Regno Unito in particolare.Le relazioni dell'intelligence statunitense o gli studi dell'autorevole Rusi di Londra (il centro studi fondato da Wellington), pur con grande prudenza e con un differente grado di ottimismo, constatano che l'esercito russo non sia all'altezza delle aspettative. Nella difficoltà a rifornire le truppe, così come nell'incapacità di proteggere i propri generali (ben sette uccisi dall'inizio della guerra) e nell'insufficienza dell'aviazione che non è ancora riuscita a conquistare il pieno dominio dell'aria, gli analisti occidentali notano che vi siano delle carenze strutturali nell'Armata, non solo degli errori commessi in questa campagna. Il generale David Petraeus, che vinse l'ultima fase della guerra di contro-insurrezione in Iraq, pur con mille prudenze, parla addirittura della possibilità che il Davide ucraino possa battere sul campo il Golia russo. Prima di lui lo aveva detto il generale McMaster, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump.Quando si torna alla lingua italiana, invece, si entra di nuovo in un altro mondo. Un mondo in cui l'Armata russa è un lento rullo compressore che schiaccia quel che vuole. E se non schiaccia qualcosa, è solo perché non ha voglia di farlo. Putin non ha sbagliato nulla, insomma, non ha mai fallito il blitz iniziale per decapitare il governo ucraino perché non era mai stata sua intenzione. Le difficoltà logistiche, evidenti sin dalle prime fasi? Sciocchezze, siamo noi che non abbiamo capito come i russi combattono. E allora perché la guerra sta andando così male?... I russi stanno già prendendo tutto quel che volevano. A produrre queste analisi, oltre a docenti che a stento riescono a nascondere la loro simpatia per Vladimir Putin, sono anche generali, esperti, tecnici super-partes.Eppure nessuno di loro riesce a spiegare perché un esercito che si presenta come il secondo del mondo, con il più grande parco di carri armati e automezzi, che vanta di essere all'avanguardia della guerra corazzata, si trovi a combattere in un terreno pianeggiante (l'ideale per ogni comandante di divisioni corazzate), con la piena superiorità aerea, una netta superiorità di uomini e mezzi, contro una nazione che è fra le due più povere d'Europa... e in più di un mese non riesce nemmeno a sfondare le linee. Si sente ripetere che, presto o tardi, l'Armata sfonderà e dilagherà. Non ne dubitiamo, vista la disparità di forze in campo. Ma la guerra, così come il mondo intero l'ha vista finora, è già una macchia indelebile sulla reputazione dell'Armata. Sulla carta, la Russia doveva essere in grado di reggere il confronto con la Nato in uno scontro in Europa centrale. Nella realtà, è impantanata da un mese abbondante a causa della resistenza di un esercito a cui la Nato sta solo dando armi leggere e informazioni di intelligence.Resta da capire come mai in Italia vi sia così tanta difficoltà a prendere atto della figuraccia militare russa. A che pro? La risposta non deve seguire il solito semplicistico e marxisteggiante argomento "follow the money". Qui i soldi non c'entrano nulla. Il problema vero è culturale. In battaglia si svela in modo inequivocabile se un sistema politico, in questo caso addirittura un'intera cultura, è sana o malata. Come scriveva lo storico miliare Victor Davis Hanson in "Massacri e cultura":"La storia militare non deve mai prescindere dal suo tragico evento clou, l'uccisione di esseri umani, che trova la sua piena realizzazione solo nella battaglia. A determinare se dopo l'ora fatale del combattimento migliaia di giovani, in gran parte innocenti, saranno vivi o a brandelli, è la cultura entro la quale si muovono gli eserciti".In che cultura si muove un esercito che manda colonne di carri armati, manovrati da ragazzi di leva, a finire nelle imboscate della fanteria ucraina? Che cultura ispira piloti che sganciano bombe su coordinate dettate dal comando, senza neppure sapere cosa stanno colpendo (scoperta fatta grazie a piloti abbattuti e fatti prigionieri)? Che cultura ispira comandanti di unità corazzate che eseguono ordini rigidi scritti su carta? Che cultura è quella di un corpo ufficiali che non svela ai propri soldati la natura della missione, così che quando vengono catturati o uccisi in Ucraina non sapevano di essere in guerra? E in casa loro non sanno neppure dove siano finiti, considerando che è persino proibito parlare di "guerra"?La cultura che sta producendo questa vergognosa performance è il prodotto di un regime autoritario che non si fida dei propri sudditi e che si nutre di menzogne, oltre a diffonderle a piene mani. Nessuno può esprimere dubbi a Putin, perché tutti sono terrorizzati: basti vedere come è stato trattato il direttore dei servizi segreti esteri, in una video pubblicato online, poco prima della guerra. E chissà cosa succede, a tutti i livelli, lontano dalle telecamere. Nessuno può mettere in discussione gli ordini.

Dal Vangelo di oggi
Dal Vangelo di oggi - 28 Marzo 2022

Dal Vangelo di oggi

Play Episode Listen Later Mar 28, 2022 3:12


Dal Vangelo di oggi : « Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire»         (Gv 4: 43-46)È una nuova settimana e il Vangelo questa mattina ci porta direttamente a Cana.  Nel Vangelo di San Giovanni questo luogo è significativo. Cana è il luogo del primo miracolo. È il miracolo della gioia salvata in extremis grazie proprio ad un intervento di Gesù. Ancora una volta in questo luogo c'è una situazione estrema: un uomo ha un figlio in fin di vita, non c'è più tempo, e Gesù è l'unico che può fare qualcosa. La preghiera di questo padre viene esaudita ma la professione di fede che Gesù domanda a quest'uomo è davvero unica nel suo genere: “Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va', tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino”. La risposta di quest'uomo è unica: crede a Gesù non inseguito al miracolo, ma crede a Gesù senza ancora aver visto il miracolo della guarigione del figlio. Sembra che il vangelo voglia suggerirci che l'atteggiamento vero della fede non è vedere un segno per poi credere, ma credere in assenza di segni fino al punto in cui quella fiducia rende visibile anche il segno: “Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia”. Il risultato è una sovrabbondanza di conversione. Se infatti all'inizio è solo lui capace di una fede senza segni, alla fine del miracolo tutta la sua famiglia si converte. È bello pensare che l'atto singolo di fede di uno di noi alla fine diventa l'inizio della conversione degli altri. Ti auguro di aver una fede ricca e fruttuosa per chi ti incontrerà ! Buondì Con stima dL

Meditazioni di don Giulio Maspero
La vocazione della donna nel Vangelo

Meditazioni di don Giulio Maspero

Play Episode Listen Later Mar 8, 2022 29:29


Meditazioni anchor.fm/giulio-maspero

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia IV Domenica T. Ord. - ANNO C (Lc 4,21-30)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Jan 25, 2022 7:21


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6827OMELIA IV DOMENICA T.ORD. - ANNO C (Lc 4,21-30)La predicazione del Vangelo ha sempre trovato ostacoli. I missionari, sull'esempio di Gesù, sono sempre stati più o meno perseguitati dai nemici della Fede. Vediamo già nella prima lettura che il profeta Geremia si spaventa di fronte al mandato di Dio che lo stabilisce profeta delle Nazioni. Egli sa benissimo che ciò comporta sofferenze e incomprensioni, ma Dio lo rassicura dicendo di non temere: «Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti» (Ger 1,19). Nel Vangelo abbiamo letto come Gesù stesso ha trovato l'opposizione dei suoi compaesani. Il testo del Vangelo dice che «all'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù» (Lc 4,28-29).Così è per tutti quelli che diffondono il Vangelo di Gesù Cristo, l'unica Verità che rischiara le tenebre di questo mondo. Che cosa spinge tanti missionari ad affrontare tanti pericoli, ad esporsi a mille persecuzioni, a rischiare la loro stessa vita e spesso a perderla nei più crudeli martìri? La carità, unicamente la carità, che, come scrive san Paolo nella seconda lettura, «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,7).Il pensiero che ci sono tanti fratelli da salvare, che ancora non conoscono Gesù, ha spinto numerose schiere di missionari a versare il loro sangue in sublime testimonianza di amore. Gesù è morto in Croce anche per quei fratelli lontani e così pure noi dobbiamo dare la vita per la loro salvezza.San Francesco d'Assisi ebbe sempre una grande ansia missionaria. Egli stesso voleva recarsi tra i saraceni per annunziare il Vangelo; ma, non potendovi andare, nel 1219 egli inviò sei frati, i santi Berardo e compagni, missionari in Spagna e in Marocco. Arrivati a Siviglia i frati iniziarono a predicare Cristo ai saraceni, ma come risposta ebbero battiture e incarcerazione. I soldati di Cristo non si scoraggiarono, continuarono per la loro missione e raggiunsero il Marocco, sempre animati da questo grande amore per la salvezza delle anime. E qui trovarono la palma del martirio. Il sultano li rinchiuse in prigione e con torture e lusinghe cercò di far loro rinnegare Gesù Cristo. Ma essi non facevano che testimoniare con sempre maggior coraggio la verità del Vangelo, cosicché il sultano, preso da furore, spaccò loro di propria mano la testa a colpi di sciabola. San Francesco quando seppe dell'accaduto esclamò: «Ora io so di avere cinque veri frati!». Il sacrificio di questi martiri entusiasmò per l'Ordine Francescano un giovane portoghese, che più tardi divenne celebre in tutto il mondo: sant'Antonio di Padova.Anche se non avremo la grazia di affrontare il martirio, tante volte troveremo molte difficoltà a compiere il bene. Non scoraggiamoci per questi ostacoli. Dio vede ogni nostro sacrificio, nulla è inutile ai suoi occhi. Anche le nostre sconfitte si cambieranno nelle più esaltanti vittorie, se opereremo sempre per amore di Dio e dei fratelli.La seconda lettura ci parla della carità, la regina delle virtù. Il cristiano si dovrebbe riconoscere per tale proprio dalla carità. Ma si sa quanto sia facile parlarne e, invece, quanto sia difficile metterla in pratica. Bisogna essere caritatevoli nel pensare sempre bene di tutti, nel cogliere il lato positivo che vi è in tutti, nel giudicare bene. Si racconta come un giorno a san Francesco di Assisi portarono un sacerdote, che, al dire della gente, dava scandalo con la sua vita dissoluta. La gente sperava che san Francesco lo riprendesse aspramente. Al contrario, il Santo non diede retta alle chiacchiere, si mise in ginocchio davanti al sacerdote e disse: «Non so se quello che dicono sia vero, una cosa sola so: dalle mani del sacerdote io ricevo il perdono di Dio».Se non siamo sicuri di una cosa non dobbiamo assolutamente dare dei giudizi avventati. Se invece abbiamo la certezza che qualcuno si sia comportato male pensiamo che certamente noi avremmo fatto molto peggio. Facciamo dunque come san Filippo Neri, il quale, quando si accorgeva che un fratello sbagliava in qualche cosa, si umiliava profondamente e diceva: «Se Dio non mi tenesse le mani in testa, io farei molto peggio». Dobbiamo evitare assolutamente le chiacchiere, che tanto offendono la carità fraterna. Si racconta che un giorno san Filippo Neri, a una donna che si era confessata di aver sparlato del prossimo, diede come penitenza di spennare una gallina, di gettare le piume al vento e poi di raccoglierle. La donna rispose che era impossibile raccogliere poi quelle piume disperse dal vento e il Santo soggiunse: «E così è impossibile rimediare a tutto il male che fai con le tue chiacchiere».Dobbiamo essere caritatevoli nelle opere: fare il bene a tutti e farlo bene. Non sono tanto le parole a convertire i peccatori, ma è la carità ad attirare i cuori a Dio.C'era una donna anziana molto malata e purtroppo senza fede, che continuava a lamentarsi e a bestemmiare. Tutti quelli che cercavano di curarla non ricevevano che insulti e parolacce e dopo poco tempo ci rinunciavano e la lasciavano sola. Alla fine solo una suora trovò il coraggio e la forza di assisterla ogni giorno e di non dare retta ai mille insulti con i quali era ripagata. Passavano le settimane e la malata iniziava a cambiare, a diventare più paziente, più buona, finché un giorno disse: «Ora so che Dio esiste, altrimenti chi ti ricompenserebbe per tutto il bene che mi stai facendo?». Ella giunse alla fede per la carità che vide nella suora.Più saremo buoni e tanto più saremo un riflesso di Dio e così tanti nostri fratelli crederanno in Lui.

Pregare con Sant'Egidio
Preghiera per la pace. Meditazione di Andrea Riccardi sul Vangelo di Matteo (Mt 2, 13-18)

Pregare con Sant'Egidio

Play Episode Listen Later Jan 18, 2022 12:14


Dopo aver vissuto il tempo di Natale, queste parole del Vangelo di Matteo sono d'ispirazione per noi che oggi celebriamo la preghiera per la pace. Questa preghiera oggi si colloca nella giornata dedicata al dialogo tra ebrei e cristiani, che vuole sottolineare non solo la necessità del dialogo, ma la fraternità tra ebrei e cristiani. Nel Vangelo si trovano scritte storie di violenza e di clima guerresco, perché si ritrovavano allora nella vita di tanti paesi, ma anche oggi è così ed è per questo che ora stiamo pregando. Anche oggi ci sono violenza e guerra in tante parti del mondo e mentre seguiamo queste dolorose vicende nelle cronache, nelle notizie di ogni giorno, proviamo ad allargare il nostro cuore alla partecipazione e alla compassione verso coloro che, lontano da noi, soffrono, ma anche verso coloro, che vengono vicino a noi da paesi afflitti dalla guerra. Loro sono quasi ambasciatori del dolore e del pianto. Nel Vangelo viene citata, come testimone di tanto dolore, la madre di Giuseppe e di Beniamino, Rachele, la cui tomba era localizzata vicino a Betlemme. Questa madre, Rachele, rappresenta in un certo senso tutte le madri che piangono sui figli del popolo, che vengono uccisi; anche oggi i bambini sono uccisi in guerra, sono uccisi nei viaggi, in fuga di notte o di giorno, abbandonati, magari come quel piccolo di 3 anni che vagava solo nelle foreste respinto tra Bielorussia e Polonia: i bambini di Etiopia, che hanno fame, i bambini profughi dal nord del Mozambico che cercano accoglienza e i figli della Terra inaridita del sud Sudan. Rachele fino alle lacrime implora che adottiamo le loro lacrime, per farle nostre in una preghiera insistente e perché no, se possibile, nell'azione. La preghiera per la pace sono le lacrime di Rachele che cominciano a scorrere dai nostri occhi e ci fanno dimenticare i nostri dolori, che pure possono avere un motivo. E oggi, giorno del dialogo tra ebrei e cattolici, ricordiamo il dramma che ha segnato il popolo ebraico durante la Seconda Guerra Mondiale, un dramma enorme, unico, la Shoah.

Podcast di Giacinto Butindaro
Cosa accade a chi crede nel Vangelo di Dio

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Jan 11, 2022 66:17


Cosa accade a chi crede nel Vangelo di Dio

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia XXXI domenica T.O. - Anno B (Mc 12, 28-34)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Oct 26, 2021 6:21


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6707OMELIA XXXI DOMENICA T.O. - ANNO B (Mc 12, 28-34)Il Vangelo di oggi fa parte della serie delle dispute di Gesù con i principali responsabili religiosi del suo tempo. Nel Vangelo secondo Matteo l'episodio non dà adito ad alcun dubbio: si tratta proprio di una disputa. L'Evangelista infatti inizia annotando che «un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova» (Mt 22,35). Nel Vangelo di san Marco, invece, lo scriba che interroga Gesù, anche se, forse, inizialmente era prevenuto nei confronti del Maestro, in seguito rimane positivamente impressionato dalla sua risposta, tanto da lodarlo: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità». è uno dei rari casi in cui Gesù riceve un riconoscimento da parte dei capi religiosi dei giudei.La domanda che lo scriba rivolge a Gesù: «Qual è il primo dei comandamenti?», era una nota questione, che riceveva diverse risposte dalle varie scuole rabbiniche del tempo. è risaputo che «i rabbini giudei – come ci informa padre Marco Sales – dividevano i 613 comandamenti della legge (248 precetti e 365 proibizioni) in due classi: gravi e leggeri. Non si accordavano però tra loro nel determinare quali appartenessero all'una o all'altra classe, e meno ancora nel fissare le condizioni perché un precetto potesse dirsi grave. Per questo vi era chi diceva più grande il precetto dell'osservanza del Sabato, perché più antico; chi diceva più grande la circoncisione, ecc. La domanda fatta a Gesù si prestava quindi a mille cavilli e mirava a trascinarlo nelle dispute che dividevano le varie scuole».Gesù risponde con due citazioni della legge mosaica. La prima è una parte della preghiera o professione di fede più comune dei giudei, detta "Shemà", dalla prima parola con cui inizia: «Ascolta, Israele...» (cf la Prima Lettura di oggi). Essa è costituita da tre sezioni bibliche (Dt 6,4-9; 11,13-21; Nm 15,37-41), precedute e seguite dalla recita di alcune benedizioni. Gli ebrei recitano questa preghiera, con profonda riverenza due volte al giorno, la mattina e la sera e, privatamente, prima di coricarsi. I rabbini insegnano, tra l'altro, che le parole dello Shemà sono 245. Ripetendone l'ultima espressione diventano 248, tante quante sono, per tradizione, le membra del corpo umano, come per dire che bisogna aderire alle parole dello Shemà con tutta la propria persona.Con questa prima citazione Gesù riafferma anzitutto l'unità di Dio, poi, attraverso espressioni sinonime, ricorda l'impegno ad amarlo «sopra tutte le cose – continua il Sales –, in modo che a lui siano indirizzati tutti i pensieri della mente, tutti gli affetti del cuore e tutte le operazioni. La misura di amar Dio è amarlo senza misura». Questo è, dice Gesù, il «più grande e il primo dei comandamenti» (Mt 22,38). Però ne aggiunge subito un secondo, che, dice ancora il Maestro, è simile al primo: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». Accanto al precetto dell'amore di Dio va messo sempre quello dell'amore del prossimo.è vero che il precetto della carità verso il prossimo letteralmente era già contenuto nell'Antico Testamento, esattamente in Lv 19,18. Non è dunque una novità assoluta introdotta da Gesù. Tuttavia, alla luce di tutto l'insegnamento evangelico e, soprattutto, alla luce della testimonianza stessa di Gesù, che ha offerto la sua vita per l'umanità, si può affermare che esso acquista un significato molto più profondo e allo stesso tempo molto più impegnativo. Infatti, mentre prima il concetto di "prossimo" era molto limitato, relativamente ristretto, per Gesù il prossimo è ogni persona bisognosa di aiuto che si incontra. Non solo, ma prossimo è anche chi fa del male, il nemico, che va perdonato e persino amato.Nel Discorso della montagna Gesù, perfezionando la legge antica, afferma: «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori» (Mt 5,43s). In un'altra occasione Gesù aggiungerà: «Fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica» (Lc 6,27-29).Gesù, con questa duplice risposta, indica il principio unificatore di tutta la Legge e i Profeti, ossia di tutta la Sacra Scrittura. La novità e la grandezza di queste parole consiste nell'aver unito insieme i due precetti, in modo che formino quasi un'unico Comandamento, che abbraccia e comprende tutti gli altri. Anzi, tutti i Comandamenti ricevono il loro vero senso dal precetto più grande, quello dell'amore di Dio e del prossimo.I due Comandamenti vanno sempre insieme, tuttavia non sono sullo stesso piano. Gesù dice chiaramente che l'amore del prossimo è il "secondo" Comandamento. Non si può dunque appiattire o ridurre il Comandamento dell'amore di Dio a quello dell'amore verso il prossimo. L'amore di Dio è il fondamento dell'amore verso i fratelli. Solo se ci sarà una profonda fede in Dio e un attento ascolto della sua Parola, l'amore del prossimo potrà raggiungere la perfezione ed essere praticato in tutta la sua radicalità. L'amore di Dio modellerà il nostro amore verso il prossimo. è vero però anche il contrario. Senza amore verso il prossimo, non ci può essere vero amore e vera conoscenza di Dio, come dirà esplicitamente san Giovanni: «Se uno dicesse: "Io amo Dio", e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello» (1Gv 4,20s).

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia della XXIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno B (Mc 8,27-35)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Sep 7, 2021 6:02


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6620OMELIA XXIV DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Mc 8,27-35)Nel Vangelo di oggi Gesù annuncia ai suoi Discepoli le sofferenze che dovrà sopportare per la salvezza del mondo, e fa loro comprendere che il dolore è la strada obbligatoria per tutti coloro che vogliono essere suoi discepoli. Lungo il cammino, Gesù domanda loro: «La gente, chi dice che io sia?» (Mc 8,27). I Discepoli rispondono che le folle pensano che Egli sia Giovanni Battista, Elia o un altro profeta. Infine, Gesù domanda: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29). Allora Pietro, a nome di tutti, dice: «Tu sei il Cristo» (ivi), ovvero il Messia. La risposta è certamente giusta, si tratta solo di vedere in che senso i Discepoli intendono questo Messia. A quei tempi, in Israele, tutti attendevano il Messia, ma molti pensavano che il Messia promesso dovesse essere un uomo valoroso e vittorioso, un trionfatore che liberasse Israele dall'odiato dominio straniero. Forse nessuno si attendeva un Messia mite e pacifico che salva gli uomini dal peccato attraverso lo scandalo della sofferenza. Anche gli Apostoli non avevano ancora un'idea precisa. Per questo motivo, Gesù iniziò ad ammaestrarli e a dire «che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere» (Mc 8,31).Questo discorso risultò piuttosto ostico ai Discepoli, al punto che Pietro, preso in disparte Gesù, si mise a rimproverarlo, sembrandogli impossibile che il Messia dovesse soffrire così tanto. Pietro, che in precedenza fu così illuminato da dare la giusta risposta e da meritarsi l'elogio da parte del Signore stesso, ora riceve un aspro rimprovero: «Va' dietro a me - ovvero vattene -, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33).Anche noi tante volte ragioniamo secondo la sapienza di questo mondo e non sappiamo vedere nella croce l'espressione dell'amore di Dio. Anche noi vorremo entrare nel Regno dei Cieli senza passare attraverso il mistero della sofferenza redentrice.Anche a noi Gesù insegna che chi vuole essere suo discepolo deve seguire le orme del Maestro fino al Calvario: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuol salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,34-35).L'amore alla croce diventa una esigenza per tutti coloro che amano davvero Gesù. Se, infatti, si ama una persona, si vuole condividere tutto di questa persona, soprattutto le sue sofferenze. Se, talvolta, si può rimanere indifferenti di fronte alle gioie della persona amata, non si rimane mai insensibili di fronte ai suoi dolori. Per questo motivo i Santi, a volte, hanno domandato di essere resi partecipi, per quello che era possibile, del mistero della croce. Così fece san Francesco d'Assisi, il quale, salito sul monte della Verna per una quaresima di preghiera e penitenza, si sentì ispirato a domandare al Signore una grazia molto grande: quella di sentire nel suo cuore e nel suo corpo tutto l'amore e tutto il dolore che Lui ebbe quando pendeva dalla Croce. Il Signore accolse questa generosa preghiera e san Francesco, primo tra i Santi che si conoscono, ebbe il prezioso dono delle stigmate.Un altro Santo che ebbe le stigmate fu San Pio da Pietrelcina, il quale accolse con riconoscenza questo dono, domandando solo una cosa: che fossero tolti i segni esterni che la gente vedeva, che per lui erano motivo di molta confusione, ma che non gli fosse tolto il dolore che gli era molto caro in quanto lo rendeva ancora più simile a Gesù.Noi non siamo così generosi come san Francesco o come San Pio, tuttavia, anche se non abbiamo la forza di domandare simili grazie, cerchiamo sempre di accogliere il dolore nella nostra vita con sguardo di fede, scorgendo in esso il segno della misericordia di Dio che, in questo modo, ci dona la possibilità di scontare i nostri peccati, di offrire qualche cosa per la salvezza delle anime, e di essere maggiormente simili a Gesù.Nella nostra vita, il Signore non viene per toglierci la croce, ma per aiutarci a portarla generosamente dietro di Lui. Una croce rifiutata ci schiaccerà, una croce accolta diventerà più leggera. Infine, il segreto per portare generosamente le inevitabili croci della vita è quello di nutrire una tenera e costante devozione alla Madonna. Sulla via del Calvario, Gesù incontrò la Madre sua: sia così anche per noi. Sarà la Madonna a rendere dolci queste croci in modo che le possiamo portare sino alla fine, per amore di Dio e per una grande nostra gloria in Paradiso.

OH MY GOD!
APRITI!

OH MY GOD!

Play Episode Listen Later Sep 5, 2021 21:15


Omelia della XXIII domenica del Tempo Ordinario BLe Paraolimpiadi di Tokyo si sono chiuse quasi nell'indifferenza generale.Perché la disabilità ci fa così paura?Forse perché ci obbliga a chiederci chi è il vero disabile!Nel Vangelo i protagonisti sono sempre dei disabili, perché a loro è rivolto il Vangelo… E se non prendiamo coscienza di essere anche noi “disabili“, non riusciremo mai ad aprirci davvero alla potenza della Parola che stravolge la vita!Ascolta e apriti!

Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
[Ven 30] Commento: E non fece molti miracoli...

Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno

Play Episode Listen Later Jul 29, 2021 1:11


Nel Vangelo di oggi abbiamo una reazione all'insegnamento di Gesù. L'evangelista Matteo precisa dove nasce questa contestazione. Non nelle strade, non tra il popolo dove Gesù ha operato, guarito, consolato e perdonato i peccatori. Nasce nella sinagoga, dove Gesù ha la pretesa di insegnare. La classe colta, che non comprende l'insegnamento di Gesù, è quella che si dimostra più restia ad accettare il suo messaggio di salvezza. Gesù non viene attaccato sul contenuto del suo insegnamento ma disprezzato per le sue umili origini; Egli non proviene dalla classe sacerdotale e vuol pretendere di insegnare la sua dottrina nella sinagoga?! Può capitare anche a noi di non voler accettare un consiglio o un insegnamento. Può, allora succedere che siamo tentati a colpire quelli che riteniamo i nostri avversari sul piano personale. Gesù invece ci insegna a non disprezzare ciò che ci sembra umile. E' l'invito a non giudicare dalle apparenze e nel saper accettare tutti senza nessun pregiudizio.

Pregare con Sant'Egidio
Meditazione di Don Marco Gnavi sul libro dell'Apocalisse (Ap 4,1-11)

Pregare con Sant'Egidio

Play Episode Listen Later Jun 11, 2021 11:48


Fino al capitolo 4 del libro dell'Apocalisse, l'Evangelista Giovanni descrive la situazione concreta, problematica delle sette Chiese dell'Asia Minore, ma c'è un momento in cui, dice egli stesso, "Ora mi si è aperta una porta nel cielo". E la porta nel cielo fa intravedere il trono di Dio. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù stesso dice: "Io sono la porta". Spesso cerchiamo su di noi uno sguardo particolare, per capire le contraddizioni della vita personale, delle comunità, della Chiesa, del mondo, ma Giovanni avverte che, per comprendere e per vedere oltre ciò che noi vediamo, bisogna guardare, attraverso Gesù, verso l'alto e scoprire la forza e la signoria di Dio. www.santegidio.org

il posto delle parole
Giancarlo Bruni "In compagnia di Giovanni"

il posto delle parole

Play Episode Listen Later Jun 8, 2021 34:37


Giancarlo Bruni"In compagnia di Giovanni"Meditazioni sul quarto vangeloEdizioni QiqajonComunità di Bosehttps://www.monasterodibose.it/“Tu, chi sei?”, è la domanda che gli interlocutori pongono a Gesù. “Io sono”, è la risposta che Gesù declina nel corso di tutta la sua vita. Nel Vangelo secondo Giovanni “Gesù non è un mediatore della vicinanza di Dio, ma la presenza stessa di Dio, il suo volto; non è un paradigma alto dell'umano, ma l'uomo in verità”. Dal “Tu, chi sei?” prende così forma e si svela la domanda da sempre presente nelle nostre profondità: io chi sono? Noi chi siamo? L'autore ripercorre il quarto vangelo per accompagnarci di fronte a quell'“Io sono” che può illuminare l'essere umano, mendicante di luce."C'è sempre una mancanza che accompagna l'uomo, l'assenza di un calice di vino amico, rosso come l'amore che opera convivialità e dà allegrezza. C'è sempre una vicinanza che accompagna l'uomo, la presenza di un calice di vino amico che trasforma il suo isolamento in compagnia e il suo lamento in danza. È bello sostare davanti a un calice di rosso raffinato e coglierne inediti significati, ad esempio il leggerci come un calice di vino, allegrezza per l'altro, e il leggere Gesù come calice di vino offerto alle seti profonde dell'uomo. Questo il punto di partenza per capire qualcosa del primo dei segni operato da Gesù: quel vino sta a significare lui e la sua parola e lo rivela per quello che è, buono, e buona la sua parola. Quel vino, a chi lo beve, è fontedi conoscenza di Dio e dell'uomo; è fioritura di amore, creature rese capaci di amare come amate: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (15,12); è sete di eterno colmata: “Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (5,24)."Giancarlo Bruni (1938), frate dei servi di Maria e monaco della comunità di Bose, docente emerito presso la Pontificia facoltà teologica Marianum di Roma, è impegnato in un assiduo ministero di predicazione in Italia e all'estero. Esperto di ecumenismo, presso le nostre edizioni ha già pubblicato Servizio di comunione (1997) e Pellegrini in cerca di senso (2014).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/

La Gioia del Vangelo
Martedì della VI settimana di Pasqua

La Gioia del Vangelo

Play Episode Listen Later May 10, 2021 3:30


Di recente, nel confronto con amici e conoscenti, mi è capitato più volte di sentirmi dire frasi come “tornerò in Chiesa quando Gesù mi comparirà davanti”, o “perché Gesù non si mostra a noi con segni più chiari come in passato?”, o ancora “proprio non riesco ad avere una fede cieca in Dio, in Gesù, nei miracoli”. Frasi pronunciate non con rabbia o risentimento, ma con quella semplice schiettezza che sembra far emergere una domanda nascosta nel profondo del cuore dell'uomo e che spesso anche io rivolgo a Gesù: perché non sei rimasto tra noi anche dopo la resurrezione? Non sarebbe stato tutto più semplice? Nel Vangelo di oggi troviamo la risposta chiara e provocante di Gesù: “è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore.” È così dunque: Gesù non ci ha abbandonati, ma ha mandato il suo Spirito d'Amore per compiere una missione che un uomo in carne e ossa non avrebbe mai potuto compiere: portare a tutti gli uomini, di ogni tempo e di ogni luogo, la sua Parola e la sua Grazia, viva ed efficace. Dio si è abbassato facendosi uomo in Cristo, per poterci poi innalzare e rendere partecipi dell'eterno amore trinitario nello Spirito. Lo stesso Spirito capace di aprire i nostri occhi alla realtà del peccato, alla giustizia e alla verità; lo stesso Spirito capace di alimentare in noi la fede, la speranza e la carità.  Oggi prego lo Spirito, chiedendogli di alimentare in me la virtù teologale di cui ho più bisogno: fede, speranza o carità.  --- Send in a voice message: https://anchor.fm/vangelo/message

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia Seconda Domenica di Pasqua - Anno B (Gv 20,19-31)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Apr 7, 2021 5:03


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6477OMELIA II DOMENICA PASQUA - ANNO B (Gv 20,19-31)La seconda domenica di Pasqua è la cosiddetta "Domenica della Divina Misericordia". È chiamata così in seguito alle richieste che Gesù rivolse a santa Faustina, di celebrare la domenica successiva a quella di Pasqua in onore dell'infinita misericordia con cui Egli ci ha amati e redenti.Il Vangelo di oggi si armonizza molto bene con il tema della Misericordia. Il brano dell'evangelista Giovanni riporta infatti l'apparizione di Gesù agli Apostoli avvenuta «la sera di quel giorno» (Gv 20,19), il giorno della Risurrezione. In quell'apparizione, Gesù istituì il sacramento della Riconciliazione.Apparendo agli Apostoli, Gesù, dopo aver alitato su di loro, disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23). Con queste parole, Gesù ha dato alla Chiesa il potere di rimettere i peccati.A santa Faustina, Gesù fece una meravigliosa promessa. Egli volle che in questa domenica si parlasse della Divina Misericordia e disse: «Chi si accosterà alla sorgente della vita – ovvero alla Confessione e alla Comunione – questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene». Poi continuò dicendo: «L'umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla Mia Misericordia. Oh quanto mi ferisce la diffidenza di un'anima! Tale anima riconosce che sono santo e giusto, e non crede che Io sono misericordioso, non ha fiducia nella Mia bontà».In questa domenica siamo chiamati anche noi a glorificare l'infinita misericordia di Dio. Accostiamoci con fiducia al Sacramento del suo perdono, fondando il nostro proposito di non peccare più non sulle nostre forze, che sono molto piccole, ma sul suo santo aiuto, come recitiamo nell'"Atto di dolore".Per fare una buona Confessione c'è bisogno di cinque cose: un buon esame di coscienza dall'ultima Confessione ben fatta; un'accusa sincera dei peccati, senza tacere volutamente nulla; un vivo dolore per le colpe commesse; un fermo proposito di non commetterle più; l'adempimento della penitenza imposta dal sacerdote. Chiediamo la grazia di pentirci con tutto il nostro cuore e di confessarci sempre bene. È questa la grazia più grande che è come la base per un cammino spirituale che ci porterà molto in alto.Nella vita della beata Angela da Foligno si racconta un particolare molto importante. La Beata, quando era giovane, ebbe la sventura di confessarsi male per diversi anni, tacendo volutamente per vergogna alcuni peccati. A distanza di tempo, ella trovò la forza di "vuotare il sacco" e di dire tutto al sacerdote. Fu quello il tempo di un "nuovo inizio" che la portò ai vertici dell'esperienza mistica. Tutto iniziò con una Confessione ben fatta. Glorifichiamo anche noi l'infinita misericordia di Dio confessandoci sempre bene e sinceramente.Nel Vangelo di oggi c'è un altro particolare che è di grande insegnamento: l'atto di fede dell'apostolo san Tommaso. Inizialmente, egli non volle credere alla testimonianza dei Discepoli che avevano incontrato Gesù Risorto; ma, in seguito, vide l'umanità gloriosa di Cristo Risorto e credette nella sua divinità, esclamando: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28).Un atto di fede simile lo facciamo anche noi ogni volta che partecipiamo all'Eucaristia. Ogni volta che vediamo l'Ostia consacrata, noi non vediamo l'umanità di Gesù e neppure la sua divinità, eppure noi riconosciamo in quell'Ostia Gesù, vero Dio e vero uomo. Quando, durante la Messa, il sacerdote eleva l'Ostia Santa, e quando preghiamo davanti al Tabernacolo, è una cosa molto bella ripetere l'atto di fede di Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Ripetiamolo spesso e crediamo senza esitare che quello che vediamo non è pane e vino, ma è Gesù vivo e vero.A san Tommaso apostolo ravveduto, Gesù poi disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20,29). Tommaso vide l'umanità di Gesù e credette alla sua divinità; noi non vediamo nulla e, perciò, siamo beati, come ha affermato il Signore.Volendo ora sintetizzare il contenuto del Vangelo di oggi, possiamo adoperare due parole: Confessione e Comunione. Esse costituiscono la «fonte della vita» di cui parlava Gesù a santa Faustina. Accostiamoci con fiducia a questa fonte per attingervi la vita in abbondanza. La Madonna, Madre dell'Eucaristia, ci ispiri sempre una grande fiducia nell'infinita misericordia di Dio.

La Gioia del Vangelo
Giovedì della IV settimana di Quaresima

La Gioia del Vangelo

Play Episode Listen Later Mar 18, 2021 4:56


Nel Vangelo di oggi vengono ripetute più volte le parole "testimonianza” e “credere". Cosa significano per me la vita e la testimonianza di Gesù? In cosa credo? Di chi mi fido? A chi mi affido? Gesù dà testimonianza dell'amore e del bene: Lui testimonia il legame con Dio che è Amore. Noi uomini cerchiamo il legame con Dio perché cerchiamo in Lui quell'amore e quel bene, anche senza esserne consapevoli. Siamo contenti quando stiamo bene con gli altri e se abbiamo dei momenti difficili li vogliamo attraversare con qualcuno che ci dia sicurezza, fiducia, calore, luce e speranza.  Gesù e il Padre sono quel bene, quella luce e quella speranza... Noi possiamo crederlo! Anche al tempo di Gesù c'era chi gli rendeva testimonianza (Giovanni, gli scritti di Mosè, il Padre e le opere compiute nel Suo nome), ma non tutti gli hanno creduto. Noi abbiamo a disposizione una storia millenaria di uomini e donne che hanno creduto in Lui e lo hanno testimoniato con la vita stessa e l'amore verso gli altri. Uomini e donne che sono stati luce e che hanno compiuto cose incredibili. Ora tocca a me avere fiducia! Tocca a me credere che affidarmi a Dio possa davvero incidere nella mia vita e che io stesso possa essere portatore di luce e di speranza dove la mia vita accade: a scuola, a casa, in famiglia, sul lavoro, con gli amici. Ne sono consapevole? Oggi penso in particolare a un testimone dell'amore di Dio che conosco e ringrazio Dio per averlo incontrato.  --- Send in a voice message: https://anchor.fm/vangelo/message

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia IV Domenica di Quaresima - Anno B (Gv 3,14-21)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Mar 11, 2021 6:03


TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6465OMELIA IV DOM. DI QUARESIMA - ANNO B (Gv 3,14-21)Chi crede in Lui non è condannatoda Il settimanale di Padre PioLe letture di questa quarta domenica di Quaresima ci fanno riflettere sull'infinito amore di Dio per l'uomo. Una volta, la beata Giuliana da Norwich chiese al Signore una grazia particolare: quella di comprendere tutta la grandezza dell'amore di Dio per l'umanità. Fu accontentata, ma la Beata dovette subito interrompere quella contemplazione perché si avvide che stava letteralmente per impazzire alla vista dell'infinito amore di Dio.Il Vangelo di oggi dice che «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Il Padre ha tanto amato l'umanità da mandare il Figlio suo su questa terra. Egli, il Figlio unigenito, si è fatto uomo, ha condiviso la nostra condizione in tutto fuorché nel peccato. Già questo ci deve far comprendere la grandezza del suo amore. Ma, non contento di questo, il Padre ha voluto che il Figlio morisse per noi sul legno della croce, per la nostra salvezza. Gesù ha fatto sua questa Volontà del Padre e ha dato la sua vita per noi con infinito amore. E, non pago di tanto amore, Egli ha voluto rimanere con noi tutti i giorni della nostra vita, sino alla fine del mondo, nel sacramento dell'Eucaristia, per essere il nostro sostegno e il nostro nutrimento.L'amore si misura con il dolore. Quanto più si ama, tanto più si è disposti a soffrire per la persona amata. Il dolore diventa come la prova inconfutabile del vero amore. Diversamente ci si illude di amare, ma, in realtà, si cerca solo il nostro tornaconto.Nel Vangelo di oggi si parla della Croce. Non poteva mancare questo riferimento proprio ora che siamo nel cuore della Quaresima e ci prepariamo a celebrare la Passione e la Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Nicodemo, dottore della legge mosaica, si reca di notte da Gesù per ascoltare il suo insegnamento. Gesù porta il discorso sul tema centrale: il mistero della Croce. Per far questo, Gesù prende spunto da un episodio dell'Antico Testamento. Egli dice: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3,15).Durante l'esodo attraverso il deserto, gli Ebrei si resero infedeli a Dio, e allora essi furono puniti con l'invasione di serpenti velenosi i quali penetrarono nell'accampamento e un gran numero di israeliti morì. Il popolo supplicò Mosè di intercedere. Allora, Mosè innalzò un serpente di bronzo su di un palo e tutti quelli che venivano morsi dai serpenti, se guardavano al serpente di bronzo, avevano salva la vita.Questo episodio nasconde un significato molto profondo. Il serpente, che con il suo morso uccide il corpo, simboleggia il peccato che dà morte all'anima. E il serpente di bronzo innalzato sull'asta, in modo misterioso, simboleggia Gesù, il quale per nostro amore si è addossato tutti i nostri peccati ed è stato appeso al legno della croce, fino a versare tutto il suo Sangue per la nostra salvezza. Chiunque guarda a Gesù, ovvero chi crede in Lui, sarà salvato e avrà la Vita eterna.Il Vangelo di oggi ci parla inoltre del Giudizio. Verremo giudicati e il nostro Giudice sarà Gesù stesso. Il testo dice: «Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio» (Gv 3,18). Non si tratta certamente di una fede astratta e sterile, ma di una piena adesione a quanto Dio ci ha rivelato. Dunque, per conseguire la salvezza, noi dobbiamo mettere in pratica quanto abbiamo conosciuto per mezzo della fede.Concretamente, dobbiamo rinnegare le opere delle tenebre, ovvero il peccato, e operare secondo quanto Gesù ci ha insegnato nel suo Vangelo. Egli dice: «Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque fa il male odia la luce» (Gv 3,20).Se opereremo sempre il bene, non avremo nulla da temere nel giorno del nostro Giudizio. Abbiamo inoltre a nostra disposizione il sacramento della Confessione: per suo mezzo renderemo luminose le nostre anime, allontanando le tenebre del peccato.All'insegnamento del Vangelo fa eco la seconda lettura di oggi. San Paolo, scrivendo agli Efesini, così esclama: «Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo nelle colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati» (Ef 2,4-5).E sarà proprio per mezzo del sacramento della Confessione che noi sperimenteremo tutta la ricchezza della Misericordia divina, e l'anima, umile e pentita, ritroverà la luce della vita.DOSSIER "QUARESIMA"Per vedere tutti gli articoli, clicca qui! Fonte: Il settimanale di Padre PioPubblicato su BastaBugie n. 707

Meditazioni di don Giulio Maspero
La festa della donna nel Vangelo

Meditazioni di don Giulio Maspero

Play Episode Listen Later Mar 10, 2021 31:09


BASTA BUGIE - Omelie
Omelia Maria Madre di Dio - Anno B - (Lc 2,16-21)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Dec 29, 2020 6:21


TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6365OMELIA MARIA MADRE DI DIO - ANNO B - (Lc 2,16-21)Maria, da parte sua, custodiva tutte queste coseda Il settimanale di Padre PioÈ iniziato un nuovo anno ed è iniziato nel Nome di Maria. Con questa celebrazione vogliamo affidare questo nuovo anno a Colei che è Madre di Dio e Madre nostra tenerissima. L'"Ottava del Natale", ovvero gli otto giorni di festeggiamenti natalizi, si conclude con questa bella solennità che ci ricorda una verità fondamentale della nostra fede: la Maternità Divina di Maria. La Madonna è Madre di Dio! Nei primi secoli del Cristianesimo si discusse a lungo sull'opportunità di usare questo titolo, che ad alcuni sembrava alquanto esagerato. Come può una creatura, per quanto santa possa essere, diventare Madre di Dio? Dio è infinito, senza origine nel tempo; come può avere una Madre terrena? Questi quesiti furono motivo di grandi dibattiti; ma, alla fine, si comprese una cosa molto importante: se neghiamo la Maternità Divina di Maria miniamo alle radici la nostra fede cristiana. Noi possiamo dire in tutta verità che la Madonna è vera Madre di Dio per il fatto che Gesù è il Figlio di Dio, la seconda Persona della Santissima Trinità, e per il fatto che Egli si è fatto uomo nel grembo della Vergine Maria, prendendo una vera natura umana. Dunque, se Gesù è Persona divina, in due nature, quella umana e quella divina, la Madonna è Madre di Dio. L'essere Madre di Dio esalta grandemente l'Onnipotenza e la Bontà del Figlio di Dio, il quale volle nascere da una umile fanciulla e donarle la più grande dignità alla quale possa arrivare una creatura.Divenendo Madre di Dio, Maria è divenuta anche Madre nostra. Dando alla luce il Capo del Corpo mistico, Gesù, Ella ha dato alla luce anche le membra di questo Corpo, che siamo noi. Come abbiamo avuto bisogno di una madre per nascere a questo mondo, così abbiamo avuto bisogno della Madre Celeste per rinascere alla vita di grazia.Da questa verità deriva tutta l'importanza della devozione alla Madonna. Insegnava il papa Paolo VI che non possiamo essere cristiani senza essere mariani. La devozione alla Madonna è qualcosa di essenziale al Cristianesimo, per il fatto che Dio ha scelto Maria per venire in questo mondo, e ha scelto Lei quale nostra Madre Celeste.Il cristiano deve assomigliare in tutto a Gesù e deve assomigliargli anche nell'aspetto più caro al suo Cuore di Figlio: l'amore alla Madre sua. La nostra devozione alla Madonna deve essere come un prolungamento dell'amore che Gesù porta e continuerà a portare nei confronti della Madre sua. Si capisce allora come non potremo mai eguagliare in intensità l'amore di Gesù per Maria; non riusciremo mai ad amarla abbastanza.Il cristiano sentirà pertanto il desiderio di soffermarsi con gioia davanti alle immagini sacre raffiguranti la Madonna; sentirà il desiderio di invocare questa creatura che è stata posta da Dio come Mediatrice tra noi e Gesù; e sentirà soprattutto una grande fiducia nella sua potente intercessione.È celebre una visione avuta da frate Leone, uno dei primi compagni di san Francesco d'Assisi. Egli vide una scala alla cui cima vi erano Gesù e san Francesco: tutti quelli che cercavano di salire su per quella scala cadevano, chi prima chi dopo; allora san Francesco indicò a tutti un'altra scala, una scala bianca, alla cui sommità vi era la Vergine Santa. Tutti quelli che salivano su per quella scala riuscivano a raggiungere la cima e, quindi, a salire in Cielo. Il significato di questa visione è molto chiaro: come Gesù è venuto a noi per Maria, così anche noi dobbiamo andare a Dio per mezzo di Lei.Se veramente amiamo la Madonna, se veramente vogliamo essere suoi devoti, dobbiamo cercare di imitarla fedelmente. Nel Vangelo di oggi c'è un versetto che ci fa comprendere un aspetto molto bello della vita di Maria. I pastori, dopo aver reso omaggio al Bambino Gesù, si misero a riferire ciò che del bambino era stato detto loro. Allora, «Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,9). Ecco in che cosa dobbiamo particolarmente imitarla: nella sua assidua meditazione interiore. Anche noi, sul suo esempio, proponiamoci di meditare frequentemente sulla vita e sugli insegnamenti di Gesù. In questo modo diventeremo sempre più simili a Lei, e la nostra devozione mariana diventerà sempre più perfetta.All'inizio di questo nuovo anno chiediamo una grazia alla Madre di Dio: la grazia di trascorrere questo tempo che il Signore ci offre nel modo migliore possibile. Chiediamo a Lei che in questo nuovo anno avvenga una vera e profonda conversione. Chiediamo la grazia che questo nuovo anno sia un anno di pace, pensando a una cosa molto importante: la pace, quella vera, è un dono di Dio e regna solo dove non regna il peccato.Domandiamo questa pace, per il nostro cuore e per il mondo intero. Fonte: Il settimanale di Padre PioPubblicato su BastaBugie n. 697

La Gioia del Vangelo
Martedì della IV settimana di Avvento

La Gioia del Vangelo

Play Episode Listen Later Dec 22, 2020 3:19


Nel Vangelo di oggi ci viene proposta una preghiera nella quale ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, si è imbattuto: Il Magnificat. Maria, donna semplice e umile, di un villaggio della Galilea, si trova ad affrontare una situazione nettamente più grande di lei: portare nel suo grembo il Figlio di Dio. Avrebbe potuto tranquillamente rifiutare, nulla le era stato promesso in cambio. Nessuno ci dice che la decisione di intraprendere questo grande passo non le sia costato fatica, ma grazie alla sua immensa umiltà non si ritira dalla responsabilità a lei consegnata, bensì la accoglie, non cercando di essere una persona diversa da ciò che era prima oppure vantandosi del meraviglioso gesto di Dio nei suoi confronti. La sua grandezza sta appunto nel fatto che rimane la donna semplice che è sempre stata, pur sapendo il valore di chi aveva nel grembo, ma essendo altresì cosciente che colui che avrebbe partorito non sarebbe mai stato suo. Essa accetta con gioia e spontaneità la chiamata, il servizio che il Padre le ha richiesto, portandolo fino alla fine. Quante volte nella nostra vita per paura non abbiamo accettato ciò che il Signore ci ha proposto? O non lo abbiamo portato a termine? Oggi mi prendo questo impegno: essere aperto alla volontà di Dio accogliendola nelle situazioni quotidiane e secondo le mie possibilità portandola a compimento. --- Send in a voice message: https://anchor.fm/vangelo/message

La Gioia del Vangelo
Martedì della III settimana di Avvento

La Gioia del Vangelo

Play Episode Listen Later Dec 15, 2020 3:28


Nel Vangelo di oggi Gesù paragona pubblicani e prostitute alla figura del primo fratello. Entrambe le figure si comportano inizialmente male per poi redimersi e cambiare strada. Sacerdoti e anziani, all'apparenza più saggi e fedeli a Dio, agiscono invece come il secondo fratello: si mostrano apparentemente virtuosi, ma in realtà il loro atteggiamento è in contrasto con le loro parole. Nella vita di tutti i giorni corriamo anche noi spesso il rischio di comportarci come i sacerdoti e gli anziani, sentendoci superiori agli altri o buoni cristiani semplicemente per i ruoli che ricopriamo all'interno della comunità o perché obbediamo ad alcuni precetti. Se ripensiamo però alle azioni che compiamo quotidianamente, ci accorgiamo invece che spesso ci capita di giudicare, offendere, deridere, di pensare solo a noi stessi e di non perdonare gli altri, allontanandoci così dalla volontà del Padre. Nonostante questo, la possibilità della salvezza non ci è preclusa: Gesù ci dice chiaramente che se ci pentiamo dei nostri peccati possiamo entrare nel Regno di Dio. Gesù è pronto a perdonarci nuovamente dopo ogni errore, sta a noi trovare il coraggio di aprirGli il nostro cuore. Quando è stata l'ultima volta che ho chiesto perdono a Dio o ad un fratello per un mio sbaglio? Alla fine della giornata ripenso alle mie azioni e ne individuo una per cui chiedere perdono al Signore, recitando una preghiera di richiesta di perdono. --- Send in a voice message: https://anchor.fm/vangelo/message

BASTA BUGIE - Cristianesimo
Sopra la croce di Gesù la scritta in ebraico rivela che egli è Dio

BASTA BUGIE - Cristianesimo

Play Episode Listen Later Dec 9, 2020 6:07


TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6392SOPRA LA CROCE DI GESU' LA SCRITTA IN EBRAICO RIVELA CHE EGLI E' DIO di Daniele Di LucianoIn Esodo 20,2 Dio rivela il suo nome a Mosè: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto". La parola tradotta con "il Signore" è il famoso Tetragramma che gli ebrei non possono neanche pronunciare: "YHWH", vocalizzato in diversi modi tra i quali "Yahweh". Le quattro lettere ebraiche che lo compongono sono queste: "יהוה", yod-he-waw-he. Ricordiamo che l'ebraico si legge da destra verso sinistra.Nel Vangelo di Giovanni, capitolo 19 versetti 16-22, leggiamo:"Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: «Il re dei Giudei», ma: «Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei»». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto»."IL TITULUS CRUCISNonostante il brano in questione sia famosissimo, la scena che si è svolta davanti a Gesù crocifisso dev'essere stata un po' diversa da come ce la siamo sempre immaginata. Giovanni, forse, ha provato a sottolinearlo, ma il lettore, non conoscendo la lingua ebraica, è impossibilitato a comprendere.L'iscrizione di cui parla Giovanni è la famosa sigla "INRI", raffigurata ancora oggi sopra Gesù crocifisso. L'acronimo, che sta per il latino "Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum", significa appunto "Gesù il Nazareno, il re dei Giudei".Ma Giovanni specifica che l'iscrizione era anche in ebraico. Non solo: in un momento così importante l'evangelista sembra soffermarsi su dei particolari apparentemente di poco conto:1) il fatto che molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città2) i capi dei sacerdoti che si rivolgono a Pilato per far modificare l'iscrizione3) Pilato che si rifiuta di cambiarla.Ponzio Pilato, che era romano, probabilmente non capiva che, senza volerlo, aveva creato un po' d'imbarazzo - se vogliamo definirlo così - agli ebrei che osservavano Gesù crocifisso con quell'iscrizione sopra la testa.LA CLAMOROSA SCOPERTAHenri Tisot, esperto di ebraico, si è rivolto a diversi rabbini per chiedere quale fosse l'esatta traduzione ebraica dell'iscrizione fatta compilare da Pilato. Ne parla nel suo libro "Eva, la donna" nelle pagine da 216 a 220.Ha scoperto che è grammaticalmente obbligatorio, in ebraico, scrivere "Gesù il Nazareno e re dei Giudei". Con le lettere ebraiche otteniamo "ישוע הנוצרי ומלך היהודים". Ricordiamo la lettura da destra verso sinistra.Queste lettere equivalgono alle nostre "Yshu Hnotsri Wmlk Hyhudim" vocalizzate "Yeshua Hanotsri Wemelek Hayehudim".Quindi, come per il latino si ottiene l'acronimo "INRI", per l'ebraico si ottiene "יהוה", "YHWH".Ecco spiegata l'attenzione che Giovanni riserva per la situazione che si svolge sotto Gesù crocifisso. In quel momento gli ebrei vedevano l'uomo che avevano messo a morte, che aveva affermato di essere il Figlio di Dio, con il nome di Dio, il Tetragramma impronunciabile, inciso sopra la testa.Non poteva andar bene che YHWH fosse scritto lì, visibile a tutti, e provarono a convincere Pilato a cambiare l'incisione. Ecco che la frase del procuratore romano "Quel che ho scritto, ho scritto" acquista un senso molto più profondo.Sembra incredibile? Pensate che Gesù aveva profetizzato esattamente questo momento. In Giovanni 8,28 troviamo scritto: "Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono"Per "innalzare" Gesù intende la crocifissione. "Io Sono" allude proprio al nome che Dio ha rivelato a Mosè in Esodo 3,14:"Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: «Io-Sono mi ha mandato a voi»"

La Gioia del Vangelo
Venerdì della I settimana di Avvento

La Gioia del Vangelo

Play Episode Listen Later Dec 4, 2020 2:32


Oggi il Signore Gesù ci chiede di avere fede in Lui. Di fidarci di Lui. Nel Vangelo i due ciechi credono che Gesù li possa sanare, per questo quando sentono che Egli sta passando, colgono al volo l'occasione di essere guariti e quindi gridano: "Figlio di Davide abbi pietà di noi!". Non sempre noi abbiamo il coraggio di gridare a Lui e di chiedere il suo aiuto. A volte perché pensiamo di non meritarlo. A volte perché non ci crediamo fino in fondo. Ma Gesù passa nella nostra vita quotidianamente, anche se spesso siamo ciechi di fronte alla sua presenza. Anche ora Egli si presenta alla nostra vita e chiede a noi, come ha chiesto a loro: "Credete che io possa fare questo?", vale a dire: credete che io possa rendere migliore la vostra vita?  Mi chiedo: credo nella potenza guaritrice della preghiera a Dio?    In questa giornata cercherò di pregare per la mia cecità e concretamente di aprire gli occhi alle necessità del mio prossimo.  --- Send in a voice message: https://anchor.fm/vangelo/message

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia dell'Immacolata - Anno B (Lc 1.26-39)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Dec 1, 2020 7:17


TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6384OMELIA DELL'IMMACOLATA - ANNO B (Lc 1,26-38)Colui che nascerà sarà santoda Il settimanale di Padre PioOggi celebriamo una festa molto bella, quella dell'Immacolata Concezione di Maria. Dire che la Vergine Santissima è l'Immacolata significa dire che Ella è la Piena di Grazia fin dal primo istante della sua esistenza, quando fu concepita dai suoi genitori, i santi Gioacchino ed Anna. Tutti noi, quando abbiamo cominciato ad esistere nel grembo delle nostre madri eravamo privi della Grazia di Dio. Questo dono ci è stato dato con il sacramento del Battesimo. Vi è un'unica eccezione: l'Immacolata. Ella doveva essere la Piena di Grazia, fin dal suo concepimento, perché Ella doveva diventare la Madre di Dio. Dunque non era conveniente che la Madre di Dio fosse stata, anche solo per un istante, sotto il dominio del peccato originale.La Madonna ha ricevuto questa grazia, la prima e la più grande, in vista dei meriti di Gesù in Croce. Anche Lei è stata redenta da Gesù, ma nel modo più perfetto: Ella non è stata liberata dal peccato, ma è stata preservata dal peccato. Il peccato non l'ha nemmeno sfiorata. Pertanto, l'Immacolata è la creatura più perfetta, il Capolavoro uscito dalle mani e dal Cuore di Dio.Il mistero dell'Immacolata è prefigurato già nelle prime pagine della Sacra Scrittura, precisamente nella prima lettura della Messa di oggi. In seguito al peccato di Adamo e di Eva, Dio disse al serpente tentatore: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,15). Questa donna di cui parla il testo della Genesi è l'Immacolata. Ella è la nemica del demonio; e, affinché questa inimicizia potesse essere piena, era necessario che la Madonna fosse stata la "Piena di Grazia" fin dall'inizio. Se, per assurdo, Ella fosse stata, anche per poco tempo, con il peccato d'origine, non poteva chiamarsi a pieno titolo la nemica del demonio.Gesù è il Redentore del genere umano. Egli è la "stirpe" di cui parla la lettura della Genesi, il Figlio della donna che schiaccia la testa al serpente infernale. Ma, unita a Gesù, vi è pure la Vergine Immacolata, la Corredentrice. Insieme a Gesù, anche Lei schiaccia la testa al serpente, collaborando alla Redenzione dell'umanità, alla salvezza di tutti i figli a Lei affidati da Gesù dall'alto della Croce e rappresentati dal fedele discepolo Giovanni. Per questo motivo, tante volte la Madonna è raffigurata nell'atteggiamento di schiacciare la testa al serpente, in base alle apparizioni mariane avute da santa Caterina Labouré. Questa donna, l'Immacolata, è la vera «Madre di tutti i viventi» (Gen 3,20), di cui Eva era solo un abbozzo iniziale.Nel Vangelo, la Madonna è salutata dall'Arcangelo Gabriele con queste parole: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Queste parole indicano il nome proprio di Maria: Ella è la "Piena di Grazia", Ella è l'Immacolata. Con la preghiera dell'"Ave Maria" noi ripetiamo continuamente questo saluto, arrecando al Cuore materno di Maria una gioia indicibile. Scriveva san Luigi di Montfort che, come la salvezza del mondo iniziò con un'"Ave Maria", ovvero con il saluto dell'Arcangelo Gabriele, allorquando avvenne l'Incarnazione del Verbo ed ebbe inizio la Redenzione; così la salvezza di ogni anima in particolare inizia con la recita devota di questa bella preghiera. Pregando la Madonna, Ella ci colmerà della grazia di Dio di cui è ripiena; e, prima di tutto, Ella vorrà donarci la grazia più importante, quella della Salvezza, grazia ottenuta da Gesù in Croce e custodita nel suo Cuore materno. Pregando con assiduità la Madonna, riceveremo certamente questa grazia.Se la Madre è Immacolata, anche i figli devono essere immacolati, ovvero devono assomigliare quanto più è possibile alla Madonna. Tutto questo lo possiamo comprendere dalla seconda lettura di oggi. San Paolo, rivolgendosi agli Efesini, afferma che, in Cristo, il Padre «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4). La Volontà del Padre Celeste è proprio questa: che noi diveniamo santi e immacolati nella carità, che diveniamo anche noi, per quanto è possibile, "pieni di grazia", che, in poche parole, diveniamo simili all'Immacolata. Esaminiamo dunque la nostra vita, e vediamo se concretamente tendiamo a questo ideale, o se ci facciamo vincere dalle nostre passioni disordinate.Se veramente vogliamo bene alla Madonna, sforziamoci di piacere sempre di più al Signore. Non possiamo dire di amare la Madonna se poi, a Lei e al Signore, preferiamo il peccato. Essere devoti dell'Immacolata significherà lavorare instancabilmente dentro di noi. Un giorno incontrai un pellegrino che veniva da molto lontano, forse non era nemmeno cattolico. Comunque gli feci questa domanda: «Tu credi che la Madonna è Immacolata?». Mi diede una bellissima risposta che dimostrava quanto egli era molto più avanti di me. Mi disse infatti: «Non solo ci credo, ma lo vivo!». Fu una vera e propria lezione di teologia. In poche parole aveva detto tutto, mi aveva fatto comprendere che è vero teologo non colui che sa molte cose, ma colui che mette in pratica ciò che apprende con la mente.Se amiamo l'Immacolata cercheremo di uniformare la nostra vita sempre di più a questo sublime modello. Sia questo anche il nostro proposito. Fonte: Il settimanale di Padre PioPubblicato su BastaBugie n. 693

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia II Domenica di Avvento - Anno B (Mc 1,1-8)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Dec 1, 2020 6:16


TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6360OMELIA II DOMENICA DI AVVENTO - ANNO B (Mc 1,1-8)Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentierida Il settimanale di Padre PioIn questa seconda domenica d'Avvento siamo invitati a preparare le vie per il Signore che deve venire. Il profeta Isaia grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati» (Is 40,3-4). Queste parole erano dirette al popolo d'Israele e preannunziavano il suo ritorno dall'esilio. Inoltre, queste parole sono rivolte anche a noi e si riferiscono alla liberazione dalla schiavitù del peccato. È Lui, il nostro Salvatore, «che fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul seno, e conduce dolcemente le pecore madri» (Is 40,11). Gesù è questo Buon Pastore che ama le sue pecorelle fino a dare la vita per loro.Il Profeta Isaia invita a diffondere il lieto annunzio della salvezza con queste ispirate parole: «Consolate, consolate il mio popolo [...] parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta» (Is 40,1). Con la venuta del Messia su questa terra è finita la schiavitù del peccato e noi siamo finalmente liberi. Questa realtà è motivo di grande consolazione. Da parte nostra, tuttavia, dobbiamo accogliere questo dono della salvezza, preparando le vie al Signore. L'amore ci deve spingere a migliorare la nostra vita, a diventare più buoni. Se davvero ameremo il Signore, sentiremo il desiderio di vivere secondo i suoi insegnamenti, evitando il male e compiendo sempre il bene.Questo proposito, per quanto forte, non potrà mai essere messo in pratica con le sole nostre forze. Da parte nostra sentiremo la necessità di evitare il peccato, ma avvertiremo anche tutta la nostra fragilità e incostanza. Dovremo pertanto invocare l'aiuto di Dio, senza il quale non riusciremo di certo a riordinare la nostra vita. Il profeta Isaia dice: «Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati» (Is 40,4). Siamo noi quel terreno accidentato, di cui parla il Profeta, che si deve trasformare in pianura (cf Is 40,4).Nel Vangelo di oggi il grido di Isaia è ripetuto da Giovanni Battista. Egli rivolge a noi questo appello: «Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Mc 1,3). Le folle rimanevano incantate dal Precursore di Gesù, e facevano penitenza. San Giovanni Battista «proclamava un battesimo di conversione» (Mc 1,4), «accorrevano da tutta la regione» (Mc 1,5), «e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati» (ivi).Il Battesimo amministrato da san Giovanni Battista non era come quello istituito da Gesù Cristo, era un invito alla conversione, una esortazione a riconoscere i propri peccati, un incitamento a cambiare radicalmente vita. Questo invito vale anche per noi. In questo tempo d'Avvento dobbiamo trovare la forza di rivedere la nostra vita e di conformarla al Vangelo. La base di questo cambiamento è un atto d'umiltà: il riconoscimento del nostro peccato. Ecco perché, in questo periodo, sarà una cosa molto bella ricorrere al sacramento della Confessione, in modo da purificarci interiormente.San Giovanni Battista viveva in prima persona ciò che predicava agli altri. Innanzitutto conduceva una vita penitente, nel deserto; il suo vestito era fatto di peli di cammello, e il suo cibo era costituito da «cavallette e miele selvatico» (Mc 1,6). La sua condotta di vita confermava molto bene le infuocate parole che rivolgeva alle folle. San Giovanni Battista ci dà soprattutto un esempio di umiltà. Egli poteva approfittare facilmente della notorietà raggiunta, lasciando pensare alla gente che era lui il Messia atteso. Al contrario, egli proclama: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi e slegare i lacci dei suoi sandali» (Mc 1,7).Se vogliamo avvicinarci a Gesù, dobbiamo abbassarci con l'umiltà. Insegnava san Bonaventura che, come l'acqua tende al basso e confluisce alle valli, così la grazia divina si riversa sulle anime umili che si fanno piccole. Come san Giovanni Battista anche noi dobbiamo "diminuire", affinché "cresca" sempre di più in noi Gesù.Il tempo di Avvento è tempo di preparazione e di attesa. In questa attesa dobbiamo essere vigilanti, perché, come dice san Pietro nella seconda lettura, «il giorno del Signore verrà come un ladro» (2Pt 3,10). Il Principe degli Apostoli ci invita a vivere in santità, assidui nella preghiera; solo così, in quel giorno, saremo trovati preparati.L'Avvento è tempo anche di penitenza. San Francesco insegnava ai suoi frati di prepararsi al Natale con una speciale Quaresima che va dalla festa di Tutti i Santi fino alla Natività del Signore. Il Santo di Assisi trascorreva questa Quaresima nel digiuno e nella preghiera. San Francesco prese alla lettera l'invito di san Giovanni Battista e scrisse nel suo Testamento: «Il Signore concesse a me, frate Francesco, d'incominciare così a fare penitenza [...] e ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo» (FF 110). Tutto cominciò per lui con la penitenza e, grazie ad essa, tutto quello che prima era per lui causa di disgusto, come l'incontro con i lebbrosi, divenne poi amabile.La penitenza è come una medicina per l'anima. Impegniamoci anche noi, cerchiamo di essere generosi, offrendo qualche sacrificio, soprattutto se unito ad un'opera di carità. Così ci prepareremo nel modo migliore a celebrare il Natale ormai vicino. Fonte: Il settimanale di Padre PioPubblicato su BastaBugie n. 693

ScuolaNonScuola Podcast- incontri con Pier Giorgio Caselli

Meditare il Vangelo: Pier Giorgio spiega come il Vangelo contenga episodi che parlano del Karma, e forniscono indicazioni su come trascenderlo.

Podcast di Giacinto Butindaro
Ravvedetevi e credete nel Vangelo di Dio

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Sep 26, 2020 13:48


Ravvedetevi e credete nel Vangelo di Dio

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia XVI domenica Tempo Ordinario - Anno A (Mt 13, 24-43)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Jul 14, 2020 7:14


TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6163OMELIA XVI DOM. TEMPO ORD. - ANNO A (Mt 13,24-43)Nel Vangelo di oggi, per descrivere il Regno dei Cieli, Gesù adopera tre parabole ricche di significato. La prima, quella del buon grano e della zizzania, ci fa comprendere il motivo della presenza del male accanto al bene. Il campo di cui parla il Vangelo è il mondo, e il buon grano seminato da Dio è il bene. Dio vuole solo il bene, e allora come spiegare la presenza del male? Gesù allora ricorre al paragone della zizzania seminata dal nemico di notte.La zizzania è una pianta che somiglia moltissimo a quella del grano, con la quale si confonde facilmente. Solo al momento della mietitura, quando ormai le spighe sono germogliate, si riesce a coglierne la differenza. Se viene raccolta con il grano e macinata, la zizzania contamina il pane che diventa nocivo. Nell'antichità, seminare zizzania in mezzo al grano era un caso frequente di vendetta personale. La legge romana puniva severamente una tale cattiveria.La parabola adoperata da Gesù è ricca di insegnamenti. Prima di tutto, il racconto dice che la zizzania è seminata di notte, mentre tutti dormivano. Questo particolare ci fa comprendere come, se compare la zizzania, ciò è dovuto al fatto che i buoni si sono addormentati, e il nemico, il diavolo, ha potuto agire indisturbato.Dove semina Dio, semina anche satana, ed è importante che ogni cristiano sappia che la lotta contro il male è continua, e che ovunque il nemico cercherà di seminare il male. Dobbiamo dunque vigilare, rimanere desti, e non lasciarci sorprendere dal sonno della nostra indolenza.Questa parabola ci insegna inoltre che, tante volte, è difficile distinguere il bene dal male. La zizzania è infatti molto simile al grano e solo al momento della mietitura si riesce a distinguere. Ciò indica che molte volte le tentazioni del maligno sono molto sottili e appaiono a noi come idee luminose. Ci vuole la grazia del discernimento per accorgersi degli inganni del maligno. Questa grazia del discernimento è data da Dio alla "guida spirituale" che ci conduce: obbedendo a lui certamente cammineremo per la strada giusta. Al contrario, se riterremo di non aver bisogno di questa "direzione spirituale", inevitabilmente cadremo in questi inganni.La parabola della zizzania e del buon grano ci insegna inoltre che il male continuerà ad operare nel mondo sino alla fine dei tempi, e ciò non deve essere per noi un motivo di scandalo. L'estirpazione totale della zizzania avverrà non su questa terra, ma dopo la morte, con il Giudizio. La mietitura di cui parla Gesù simboleggia proprio il Giudizio, per mezzo del quale ci sarà la netta distinzione: i buoni andranno in Paradiso, i malvagi all'inferno.Bisogna aspettare questa fine, perché, fino all'ultimo momento, il malvagio si può convertire. Il Signore, nella sua bontà, gli concede tempo e attende il suo ravvedimento; ma, con la morte, non vi sarà più altro tempo, e ciascuno avrà la giusta retribuzione.Gesù passa poi ad un'altra parabola, quella del granello di senape. Questo granello è il più piccolo di tutti i semi, ma una volta cresciuto, diventa un albero. Il granello di senape simboleggia la diffusione della Chiesa: da inizi estremamente modesti si diffonde in tutto il mondo e accoglie tra i suoi rami genti di tutte le condizioni. Questo è lo stile di Dio: Egli si serve sempre di inizi umili e silenziosi. Il Figlio di Dio si è fatto uomo e ha voluto nascere nel nascondimento di Betlemme per insegnare a noi questa logica dell'umiltà. Le vie di Dio sono sempre contrassegnate dalla semplicità e dalla croce. Così è il bene che si diffonde nel mondo: esso non fa rumore, ma, giorno dopo giorno, cresce e si sviluppa. Come fa più rumore un albero che cade piuttosto che una foresta che cresce; così fa più notizia il malvagio che opera il male, piuttosto che tante anime buone che, giorno dopo giorno, si santificano nel silenzio.Infine, Gesù propone un'altra parabola, desunta dall'esperienza della vita domestica, quella del lievito che fa fermentare l'impasto. Pensiamo a quante volte Gesù avrà visto la Madre sua impastare il pane e cuocerlo al forno. Un'azione normalissima, di ogni giorno, che racchiude in sé un insegnamento molto profondo. Il Vangelo è pieno di questi paragoni semplici tratti dalla vita di ogni giorno e alla portata di tutti, affinché tutti possano comprendere la sapienza del Vangelo. Possiamo ben dire che Gesù abbia preparato la predicazione del Vangelo nei trent'anni di vita nascosta condotti da Lui a Nazareth, sottomesso a Maria e a Giuseppe. Se non si comprende il valore di questa vita nascosta, non si riuscirà nemmeno a comprendere la profondità del suo insegnamento.Ma torniamo alla parabola di Gesù: come il lievito fermenta e pervade a poco a poco tutta la massa, allo stesso modo la Chiesa è chiamata a convertire tutti i popoli. Il lievito simboleggia anche ogni cristiano. Vivendo il mezzo al mondo, senza perdere la sua identità, il cristiano è chiamato a fermentare con il suo esempio la società che lo circonda e a trasformarla. Il motivo della lontananza da Dio del mondo d'oggi è da ricercarsi nel fatto che noi cristiani non siamo stati "lievito", non siamo riusciti a condurre il mondo a Gesù Cristo e, forse, ci siamo mondanizzati. Saremo lievito se saremo autentici cristiani, se saremo fedeli al Vangelo e agli insegnamenti della Chiesa.Gesù si è servito di questo piccolo paragone del lievito per farci comprendere che basta un piccolo gruppo di cristiani ferventi per estendere il Regno dei Cieli nel mondo intero. Così fu degli Apostoli, di dodici semplici pescatori, senza istruzione, animati solo da un grande amore per Gesù e per i fratelli da salvare. Così sarà anche di noi, se nel nostro cuore arderà il fuoco dell'amor di Dio. Fonte: Il settimanale di Padre PioPubblicato su BastaBugie n. 673

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia Corpus Domini - Anno A (Gv 6,51-58)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Jun 9, 2020 6:56


TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id= 6094OMELIA CORPUS DOMINI - ANNO A (Gv 6,51-58)Questa domenica celebriamo uno dei più grandi Misteri della fede, quello dell'Eucaristia, ovvero il Mistero del Corpo e Sangue di Cristo donati a noi come cibo e bevanda spirituali. Dell'Eucaristia trattano le letture che abbiamo appena ascoltato. La prima lettura parla della "manna", con la quale Dio nutrì il popolo d'Israele nel suo esodo attraverso il deserto. La manna era un pane disceso dal cielo che prefigurava l'Eucaristia. Il popolo d'Israele era in cammino verso la terra promessa; noi, in questo pellegrinaggio terreno, siamo protesi verso la Patria Celeste e siamo nutriti ogni giorno da questo Pane Celeste che è la Santa Comunione. Il cammino attraverso il deserto, da parte del popolo d'Israele, non fu privo di insidie, ma chi si mantenne fedele, nutrito da questa «manna sconosciuta» (Dt 8,16), giunse alla meta tanto desiderata. Anche il nostro cammino è difficoltoso, il deserto di questo mondo spesso ci tende delle insidie, ma, nutriti di questo celeste alimento che è l'Eucaristia, troveremo il vigore per procedere sicuri, nonostante il demonio, il mondo e la carne continuino a ostacolarci.Nel Vangelo, Gesù dice chiaramente: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51). Queste parole sono tra le più belle e consolanti di tutto il Vangelo. Il pensiero che Gesù vuole essere il nostro cibo che ci sostiene deve colmarci di gratitudine e di gioia. Con questa affermazione, Gesù dice apertamente che la manna che nutrì gli Israeliti nel deserto era solo un'ombra rispetto alla realtà. Il vero pane è Lui, è il Signore, e solo cibandoci di Lui avremo la Vita eterna. Poco dopo infatti afferma: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo [ovvero di Gesù] e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda» (Gv 6,53-55).Giustamente, l'Eucaristia è stata definita come il Sacramento dell'amore. Gesù non poteva darci prova più grande del suo amore che donandosi a noi sotto le sembianze di un po' di pane e di un po' di vino. L'Eucaristia è Gesù vivo e vero, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Tale mutazione di sostanza avviene durante la Santa Messa, quando il sacerdote, dopo aver invocato la discesa dello Spirito Santo sul pane e sul vino, pronuncia le parole della Consacrazione, dicendo: «Questo è il mio Corpo... questo è il mio Sangue». In quel momento avviene il miracolo più grande che si possa immaginare: il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo. E Gesù, tutto intero, è presente in ogni frammento del Pane e in ogni goccia del Vino consacrato.Più di mille anni fa, un sacerdote stava celebrando la Santa Messa e, proprio al momento della consacrazione, fu colto dal dubbio se veramente il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue del Signore. Proprio allora, Dio volle dimostrare con un miracolo evidentissimo la verità di tale dottrina, trasformando anche visibilmente il pane in carne e il vino in sangue. La cosa più strabiliante è che, a distanza di oltre mille anni, si possono ancora vedere questa carne e questo sangue che hanno le caratteristiche di una persona viva. Questo Miracolo Eucaristico è custodito a Lanciano, in Abruzzo, ed è sempre meta di numerosi pellegrinaggi.L'Eucaristia ci rende una sola cosa con Gesù. Al momento della Comunione, Gesù viene nel nostro cuore e quello è il momento più bello e prezioso della nostra giornata. In quel momento, come insegnava san Giovanni Maria Vianney, noi e Gesù siamo come due candele che si fondono insieme e alimentano un'unica fiamma. In quel momento, la nostra preghiera si unisce a quella che Gesù rivolge incessantemente al Padre a nostro favore, e così possiamo ottenere le grazie più grandi.Inoltre, l'Eucaristia ci rende una cosa sola anche tra di noi. Questo aspetto è messo in luce dalla seconda lettura di oggi, quando san Paolo afferma: «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane» (1Cor 10,17). Se io sono unito a Gesù e anche tu lo sei, ne consegue che, nel Signore, siamo una cosa sola. Per questo motivo, i cristiani di santa vita, anche se si vedono per la prima volta, si sentono uniti da un vincolo di carità ed è come se si fossero da sempre conosciuti. L'Eucaristia annulla le distanze: uniti a Gesù, saremo un cuore e un'anima sola.Quanto triste è invece lo spettacolo di tanti cristiani che tra di loro non si sopportano e parlano male l'uno dell'altro! In questo modo, nella pratica, rinnegano la loro fede. In questa solennità siamo chiamati a fare un serio esame di coscienza su quella che è la nostra carità. Se amiamo l'Eucaristia, che è il Corpo di Cristo, non possiamo non amare i nostri fratelli, che formano il Corpo mistico di Cristo. Ogni volta che riceviamo Gesù, ogni volta che ci avviciniamo a Lui, presente nel Tabernacolo, noi ci rendiamo vicini a tutti fratelli, in modo particolare a quelli più cari al nostro cuore e a quelli più cari al Cuore di Gesù.Da questa solennità, inoltre, deve scaturire il vivo desiderio di ricevere spesso la Comunione, in grazia di Dio, premettendo la Confessione se sulla coscienza abbiamo qualche grave peccato. La Comunione frequente è la grazia più bella con cui abbellire la nostra anima ed è la gioia più grande che possiamo dare al Cuore di Gesù.

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia IV Domenica Pasqua - Anno A (Gv 10,1-10)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Apr 28, 2020 7:46


TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5983OMELIA IV DOMENICA PASQUA - ANNO A (Gv 10,1-10)Nelle ultime domeniche abbiamo meditato sulla bontà di Gesù, sulla sua immensa misericordia che ci ha dimostrato donandoci la salvezza. Oggi la Chiesa ci presenta la figura del Buon Pastore. Questa immagine ci fa comprendere bene la cura e la sollecitudine che Gesù prodiga per il suo gregge che siamo noi. Dove c'è il pastore, il gregge pascola al sicuro e vi regna sicurezza e abbondanza. Il Salmo di oggi diceva: «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l'anima mia» (Sal 22,1-3). Il Signore ci conduce ai pascoli della Vita eterna, ci «guida per il giusto cammino» (v. 3) e ci difende da ogni pericolo. Spetta a noi ascoltare la sua voce e seguirlo docilmente.Gesù è il Pastore e la Chiesa è l'ovile dove le pecore sono al sicuro. Nella Terra Santa, ai tempi di Gesù, l'ovile era uno spazio a cielo aperto, cinto da muri di pietre, con un'unica porta che di notte veniva chiusa. Alla sera, i pastori conducevano le pecore all'ovile che era custodito da un guardiano. Quando si faceva giorno, i pastori tornavano, entravano nell'ovile, e chiamavano le pecore ad alta voce. Le pecore, riconoscendo la voce del loro pastore, si riunivano attorno a lui e, quando il gregge era al completo, il pastore, al suono del flauto, conduceva le pecore al pascolo.I pericoli non mancavano. Vi erano animali feroci che tentavano di assalire il gregge, vi erano anche ladri che cercavano di rubare le pecore. Non sempre il pastore riusciva a salvare il suo gregge e, spesso, per mettere al sicuro la sua incolumità fuggiva di fronte ai briganti. Al contrario, Gesù, il Buon Pastore, non ha esitato a dare la sua vita per noi, morendo sul legno della croce. Nel Salmo di oggi abbiamo ascoltato: «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza» (Sal 22,4). Finché siamo con Gesù non avremo nulla da temere.Per i pastori della Terra Santa la sorveglianza doveva essere continua. A volte capitava che i ladri entravano di notte nell'ovile, scavalcando il muro. Ecco Gesù che dice allora: «Chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce» (Gv 10,1-3). Solo il legittimo pastore entra per la porta, e solo la sua voce è riconosciuta dalle pecore. Gli altri sono solo dei briganti.Nel Vangelo di oggi, Gesù dice chiaramente: «Io sono la porta delle pecore [...] se uno entra attraverso me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,7.9). Con questa similitudine, Gesù ci vuole far comprendere che solo in Lui noi possiamo trovare la salvezza. Gesù è il Pastore e Gesù è anche la porta dell'ovile. Nessuno entra nell'ovile di Cristo, che è la Chiesa, senza credere in Lui e senza ricevere il Battesimo che ci schiude questa porta della vita.Per questo motivo, san Pietro, nella prima lettura, disse a tutti quelli che gli domandavano cosa dovessero fare per ottenere la salvezza: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei peccati» (At 2,38). Quel giorno, era il giorno della Pentecoste, furono battezzate circa tremila persone (cf v. 41). Inoltre, nella seconda lettura, san Pietro aggiunge che prima di ottenere la salvezza noi eravamo come pecore erranti, ma ora siamo stati ricondotti al pastore e custode delle nostre anime (cf 1Pt 2,25).Gesù è il Pastore che non solo ci salva dal nemico, ma che anche ci dona la sua vita. Egli dice: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Gesù ci dona la sua vita in abbondanza. Ce la dona in modo particolare con l'Eucaristia che è il suo Corpo e il suo Sangue. Nutriamoci spesso di questo celeste alimento, il più spesso possibile. Gesù vuole donarci questo Cibo ogni giorno, non perdiamo per pigrizia un dono così grande, e badiamo bene che il non potere non sia il non volere.Ascendendo al Cielo, Gesù ha affidato agli Apostoli il compito e la responsabilità di pascere il gregge dei fedeli. A loro volta, gli Apostoli hanno scelto i loro collaboratori e successori, fino ad arrivare ad oggi e fino ad arrivare alla fine dei tempi. I Vescovi sono i successori degli Apostoli e il Papa è il successore di Pietro, il primo degli Apostoli. Gesù vuole che noi ascoltiamo docilmente la voce dei Pastori della Chiesa, consapevoli che chi ascolta loro, ascolta Lui. Sono loro, il Papa e i Vescovi in comunione con il Papa, ad essere i maestri della fede.Nel corso della storia della Chiesa falsi pastori hanno sempre cercato di penetrare all'interno della Chiesa con i loro insegnamenti sbagliati. Sotto la veste di pastori non mancano neppure ai giorni d'oggi dei predoni che turbano la Chiesa con le loro false teorie. Abbiamo un criterio infallibile per riconoscerli e per rifiutarli: se ciò che insegnano va contro il Magistero della Chiesa non dobbiamo ascoltarli! Ascoltiamo invece la voce del Papa. Egli è l'unico Pastore infallibile per tutto quello che riguarda la fede e la morale.Infine, non dobbiamo mai dimenticare la preghiera per le vocazioni. Vogliamo elevare anche la nostra supplica, affinché il Signore, il Buon Pastore, non privi mai la sua Chiesa del dono di vocazioni sacerdotali e religiose. I sacerdoti ci donano Gesù, con la celebrazione della Messa, e i religiosi, con la loro preghiera e testimonianza, sono un segno luminoso della vita futura che ci attende. L'esperienza insegna che dove mancano vocazioni, la vita cristiana illanguidisce. Preghiamo con fervore che il Signore, oggi stesso, faccia sentire la sua voce a tanti giovani generosi e faccia loro comprendere la bellezza di una vita tutta spesa per la gloria di Dio e per il bene dei fratelli.

Podcast di Giacinto Butindaro
Perché ve ne andrete nelle fiamme dell’inferno se non vi ravvedete e non credete nel Vangelo

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Apr 24, 2020 18:43


Perché ve ne andrete nelle fiamme dell’inferno se non vi ravvedete e non credete nel Vangelo

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia II Dom. di Pasqua - A (Gv 20,19-31)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Apr 14, 2020 7:19


TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5981OMELIA II DOM. DI PASQUA ANNO A - (GV 20,19-31)La seconda domenica di Pasqua è la cosiddetta "Domenica della Divina Misericordia". È chiamata così in seguito alle richieste che Gesù rivolse a santa Faustina, di celebrare la domenica successiva a quella di Pasqua in onore dell'infinita misericordia con cui Egli ci ha amati e redenti.Il Vangelo di oggi si armonizza molto bene con il tema della Misericordia. Il brano dell'evangelista Giovanni riporta infatti l'apparizione di Gesù agli Apostoli avvenuta «la sera di quel giorno» (Gv 20,19), il giorno della Risurrezione. In quella apparizione Gesù istituì il sacramento della Riconciliazione.Gesù mostra agli Apostoli le piaghe alle mani e al costato. Questo particolare è molto importante per dimostrare la verità della Risurrezione. È proprio Lui che appare loro; Lui che è morto in croce. I segni della Passione ora risplendono come emblemi di gloria e come simboli di vittoria.Apparendo agli Apostoli, Gesù affida a loro la stessa missione che Egli ha ricevuto dal Padre: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). La missione è quella di portare la salvezza fino agli estremi confini della terra. Gli Apostoli devono predicare il Vangelo ed essere ministri del perdono di Dio. Per questo motivo, Gesù, dopo aver alitato su di loro, disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23). Con queste parole, Gesù ha dato alla Chiesa il potere di rimettere i peccati.A Santa Faustina, Gesù fece una meravigliosa promessa. Egli volle che in questa domenica si parlasse della Divina Misericordia e disse: «Chi si accosterà alla sorgente della vita - ovvero alla Confessione e alla Comunione - questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene». Poi continuò dicendo: «L'umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla Mia Misericordia. Oh quanto mi ferisce la diffidenza di un'anima! Tale anima riconosce che sono santo e giusto, e non crede che Io sono misericordioso, non ha fiducia nella Mia bontà».In questa domenica siamo chiamati anche noi a glorificare l'infinita Misericordia di Dio. Accostiamoci con fiducia al Sacramento del suo perdono, fondando il nostro proposito di non peccare più non sulle nostre forze, che sono molto piccole, ma sul suo santo aiuto, come recitiamo nell'"Atto di dolore".Per fare una buona Confessione c'è bisogno di cinque cose: un buon esame di coscienza dall'ultima Confessione ben fatta; un'accusa sincera dei peccati, senza tacere volutamente nulla; un vivo dolore per le colpe commesse; un fermo proposito di non commetterle più; l'adempimento della penitenza imposta dal sacerdote. Chiediamo la grazia di pentirci con tutto il nostro cuore e di confessarci sempre bene. È questa la grazia più grande che è come la base per un cammino spirituale che ci porterà molto in alto.Nella vita della beata Angela da Foligno si racconta un particolare molto importante. La Beata, quando era giovane, ebbe la sventura di confessarsi male per diversi anni, tacendo volutamente per vergogna alcuni peccati. A distanza di tempo, ella trovò la forza di "vuotare il sacco" e di dire tutto al sacerdote. Fu quello il tempo di un "nuovo inizio" che la portò ai vertici dell'esperienza mistica. Tutto iniziò con una Confessione ben fatta. Glorifichiamo anche noi l'infinita Misericordia di Dio confessandoci sempre bene e sinceramente.Nel Vangelo di oggi c'è un altro particolare che è di grande insegnamento. Tommaso, uno dei Dodici, «non era con loro quando venne Gesù» (Gv 20,24). Egli non volle credere alla testimonianza degli altri Apostoli riguardo alla Risurrezione del Signore, e disse: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo» (Gv 20,25). Otto giorni dopo, Gesù apparve di nuovo, e c'era anche Tommaso. Gesù entrò a porte chiuse e disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo ma credente!» (Gv 20,27). A quella vista, Tommaso fece uno stupendo atto di fede: vide l'umanità gloriosa di Cristo Risorto e credette nella sua divinità, esclamando: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28).Un atto di fede simile lo facciamo anche noi ogni volta che partecipiamo all'Eucaristia. Ogni volta che vediamo l'Ostia consacrata, noi non vediamo l'umanità di Gesù e neppure la sua divinità, eppure noi riconosciamo in quell'Ostia Gesù, vero Dio e vero uomo. Quando, durante la Messa, il sacerdote eleva l'Ostia Santa, e quando preghiamo davanti al Tabernacolo, è una cosa molto bella ripetere l'atto di fede di Tommaso: «Mio Signore e mio Dio». Ripetiamolo spesso e crediamo senza esitare che quello che vediamo non è pane e vino, ma è Gesù vivo e vero.A san Tommaso Apostolo ravveduto, Gesù poi disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20,29). Tommaso vide l'umanità di Gesù e credette alla sua divinità; noi non vediamo nulla e, perciò, siamo beati, come ha affermato il Signore.Volendo ora sintetizzare il contenuto del Vangelo di oggi, possiamo adoperare due parole: Confessione e Comunione. Esse costituiscono la "fonte della vita" di cui parlava Gesù a santa Faustina. Accostiamoci con fiducia a questa fonte per attingervi la vita in abbondanza. La Madonna, Madre dell'Eucaristia, ci ispiri sempre una grande fiducia nell'infinita Misericordia di Dio.

Omelie di don Leonardo Maria Pompei, 2020
L’eloquente silenzio di Cristo crocifisso

Omelie di don Leonardo Maria Pompei, 2020

Play Episode Listen Later Apr 5, 2020 11:24


Nel Vangelo di Matteo - il più lungo e quello dove Gesù parla - al momento della Passione e Crocifissione Gesù lascia spazio a un quasi assoluto silenzio, perché possiamo imparare ad ascoltare la voce di Dio che ci parla attraverso la Croce nel silenzio. Omelia Domenica di Passione 2020, 5 Aprile, anno A

Podcast di Giacinto Butindaro
La giustizia di Dio rivelata nel Vangelo

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Dec 20, 2019 10:32


La giustizia di Dio rivelata nel Vangelo

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia XXV domenica tempo ordinario - Anno C (Lc 16,1-13)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Sep 18, 2019 4:37


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5757OMELIA XXV DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C (Lc 16,1-13)L'evangelista Luca, di cui è la pagina del Vangelo di oggi, ha tra i suoi argomenti preferiti il pregio della povertà e il pericolo della ricchezza, al punto che il suo Vangelo potrebbe essere definito il Vangelo dei poveri. Come spiegare allora la parabola di oggi, che effettivamente, è tra le più difficili di tutto il Nuovo Testamento? Apparentemente, sembra che Gesù lodi la disonestà di quell'amministratore che si era procurato amici imbrogliando. Nella parabola si legge che «il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza» (Lc 16,8).Gesù non loda la disonestà, bensì la scaltrezza. In poche parole, noi dobbiamo imitare quella scaltrezza, non certo per essere disonesti, ma per fare il bene. Purtroppo, tante volte, «i figli di questo mondo [...] sono più scaltri dei figli della luce» (ivi) e ci mettono più impegno nel fare il male di quello che ci mettono i figli della luce a compiere il bene. L'espressione «figli di questo mondo» indica coloro per i quali gli orizzonti della vita si chiudono sugli interessi terreni; mentre l'espressione «figli della luce» designa quelli che vivono in funzione della Vita eterna. L'insegnamento della parabola risulta ora chiaro, esso ci esorta a procurarci il nostro autentico bene, quello spirituale.Secondo l'insegnamento della Bibbia, i beni della terra sono proprietà di Dio dati in amministrazione agli uomini, i quali devono servirsi di essi non per alimentare il loro egoismo, ma per fare il bene. Nel Vangelo di oggi, Gesù chiama "disonesta" la ricchezza ed è realmente disonesta quando viene sfruttata per il solo tornaconto personale. Un mezzo per utilizzare bene la ricchezza è quello di farne parte ai poveri, in modo che, «quando questa verrà a mancare, essi [i poveri] vi accolgano nelle dimore eterne» (Lc 16,9).Il discorso di Gesù continua con una frase abbastanza difficile da comprendere. Egli dice: «Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti. E chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti» (Lc 16,10). Cosa intendeva Gesù per «cose di poco conto» e per «cose importanti»? Le cose di poco conto sono i beni materiali; le cose importanti sono invece i beni spirituali, la grazia di Dio. Davanti a Dio, per quello che riguarda i beni spirituali, nessuno è povero: tutti hanno ricevuto, in misura più che abbondante, delle grazie, dei talenti, che dovranno amministrare con fedeltà e avvedutezza. Dobbiamo "corrispondere" alla grazia di Dio, ovvero farla fruttificare.Gesù, però, ci mette in guardia e ci dice che l'attaccamento smodato ai beni di questo mondo è pericoloso e non si possono servire due padroni: o si utilizzano le ricchezze terrene per il bene autentico, oppure se ne diventa schiavi. Con parole molto precise, Gesù afferma: «Non potete servire Dio e la ricchezza» (Lc 16,13). Guardiamo l'esempio dei Santi: alcuni di essi sono stati favoriti di grandi ricchezze, come santa Elisabetta d'Ungheria, ma tutto veniva utilizzato per la Gloria di Dio e il bene dei fratelli. Per non farci però dominare dalle ricchezze, bisogna amare Dio con tutto il cuore: quanto più lo ameremo, tanto più ci distaccheremo dalle ricchezze terrene e riusciremo a fare molto del bene.Si può ricavare un altro insegnamento dalle parole che prima abbiamo ascoltato: «Chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti» (Lc 16,10). L'insegnamento è molto importante ed è questo: chi si abitua alle piccole infedeltà, prima o poi cadrà anche nelle grandi infedeltà. Dobbiamo dunque prestare attenzione anche ai peccati che a noi sembrano piccoli e insignificanti e dobbiamo combatterli prontamente, per non cadere prima o poi nei più grandi peccati.

BASTA BUGIE - Omelie
Omelia XVII domenica tempo ordinario - Anno C (Lc 11,1-13)

BASTA BUGIE - Omelie

Play Episode Listen Later Jul 24, 2019 6:05


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5704OMELIA XVII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C (Lc 11,1-13)«Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1). Anche noi, come i Discepoli del Vangelo, dobbiamo imparare a pregare e le letture di questa domenica ci danno dei preziosi insegnamenti. La prima lettura ci riporta l'episodio di Abramo che intercede per le città di Sodoma e Gomorra. In queste due città dilagava il vizio contro natura. Dio disse ad Abramo: «Il grido di Sodoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave» (Gen 18,20). Dio voleva distruggere quelle città per i peccati dei loro abitanti, ma per le insistenti preghiere di Abramo, se avesse trovato anche solo dieci giusti tra i loro abitanti, Egli non le avrebbe annientate.Questo episodio ci insegna quanto è importante la preghiera delle anime buone. Essa trattiene i giusti castighi che ci meritiamo. Per questo motivo un tempo, quando vi era una fede più viva, le nostre città facevano a gara per avere dei monasteri ove ci fosse chi, notte e giorno, pregasse per tutti gli abitanti. Avere questi monasteri era per loro la migliore protezione contro i mille pericoli che incombevano, pericoli di nemici, pericoli di cataclismi, pericoli di pestilenze, pericoli di ogni genere. La presenza di quelle anime oranti era molto importante soprattutto per ottenere la grazia più grande, la grazia della salvezza eterna.Tante volte capita che qualcuno si raccomandi alle preghiere di qualche anima consacrata. Questa consuetudine è molto bella e riflette la consapevolezza che la nostra preghiera è debole e che abbiamo bisogno di qualcuno che preghi per noi. Vogliamo soprattutto ricorrere alla preghiera della Beata Vergine Maria. Ella tutto ottiene ai suoi figli, soprattutto a quelli che a Lei ricorrono. In un Santuario mariano mi è capitato di vedere che l'icona raffigurante la Madonna presentava qualcosa di particolare. Il pittore aveva raffigurato la Vergine con le mani giunte, in atteggiamento orante, e le mani erano grandi, leggermente sproporzionate rispetto al volto. In un primo momento pensai che quella sproporzione fosse frutto della mancanza di abilità del pittore. Solo in un secondo momento mi spiegarono che quello non era uno sbaglio ma era proprio nell'intenzione del pittore, il quale, con quelle mani grandi, voleva significare la potenza dell'intercessione di Maria. Affidiamoci anche noi alla sua preghiera e troveremo sempre aiuto e protezione.Nel Vangelo troviamo altri preziosi insegnamenti. Prima di tutto, Gesù insegna ai Discepoli la preghiera del Padre nostro. Questa è la preghiera per eccellenza. Ogni altra preghiera deve riflettere nei contenuti questa meravigliosa orazione uscita dal Cuore e dalle labbra del Salvatore. Essa ci insegna a ricercare al di sopra di tutto la gloria di Dio, l'adempimento della sua Volontà, ben sapendo che Dio, Padre buono, si prenderà cura della nostra vita. Essa ci insegna a riconoscere le nostre colpe, a domandare umilmente perdono, con il dovere però di perdonare anche noi il nostro prossimo. Sarà una cosa molto bella meditare lentamente questa preghiera, assaporandola parola per parola.Nel proseguo del Vangelo, Gesù ci insegna ad essere insistenti nella nostra preghiera. Dobbiamo imitare quell'uomo che andò a bussare a mezzanotte per chiedere del pane. Se non venne esaudito per amicizia, venne comunque esaudito per la sua insistenza. Ci sono delle parole che devono animarci a pregare con grande fiducia. Gesù ci dice: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» (Lc 11,9). Con la preghiera noi bussiamo al Cuore di Gesù e troveremo tutto ciò di cui abbiamo veramente bisogno. Una cosa, soprattutto, ferisce il Cuore del nostro Salvatore: la nostra diffidenza. Proponiamoci di non dare più questo dispiacere a Gesù, ben sapendo che, se non otteniamo ciò per cui preghiamo, otterremo qualcosa di ancora più grande. Forse ora non siamo in grado di accorgercene, solo un giorno lo comprenderemo.Infine, Gesù ci insegna la Bontà di Dio Padre: «Se voi che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!» (Lc 11,13). Dio ascolterà le nostre preghiere, non perché noi siamo buoni, ma perché Egli è buono e desidera aiutarci. Ogni nostra preghiera sarà sempre ascoltata da Lui, nella misura della nostra umiltà, fiducia e perseveranza.

In cammino verso Canaan: lezioni e conferenze di esegesi biblica

41° Corso di aggiornamento biblico-teologico Gerusalemme 29 marzo – 1 aprile 2016 Il Pentateuco (Torah) fra ebraismo e cristianesimo Giovedì 31 marzo - Il Pentateuco nel Vangelo di Matteo (M. Munari).

Voce delle Chiese
"Francesco e Lutero, la rivoluzione nel vangelo"

Voce delle Chiese

Play Episode Listen Later Nov 2, 2017 5:35


La rivoluzione di due grandi personaggi della chiesa: San Francesco d'Assisi e Martin Lutero. Questo il tema della mostra, visitabile fino al 5 novembre, "Francesco e Lutero, la rivoluzione del Vangelo". La doppia esposizione è inserita nel programma di Lucca Comics 2017, e presenterà delle illustrazioni e dei fumetti dedicati ai due personaggi storici.Nel tempio valdese sarà protagonista San Francesco d'Assisi, con un antologia dei disegni di grandi autori dedicati, a cura di Cartoon Club. Nella chiesa cattolica di San Cristoforo invece Martin Lutero sarà raccontato con le tavole di Filippo Cenni, per l'albo “Lutero” pubblicato in Italia da Mondadori.Ne parliamo con Roberto Davide Papini.

Voce delle Chiese
"Francesco e Lutero, la rivoluzione nel vangelo"

Voce delle Chiese

Play Episode Listen Later Nov 2, 2017 5:35


La rivoluzione di due grandi personaggi della chiesa: San Francesco d'Assisi e Martin Lutero. Questo il tema della mostra, visitabile fino al 5 novembre, "Francesco e Lutero, la rivoluzione del Vangelo". La doppia esposizione è inserita nel programma di Lucca Comics 2017, e presenterà delle illustrazioni e dei fumetti dedicati ai due personaggi storici.Nel tempio valdese sarà protagonista San Francesco d'Assisi, con un antologia dei disegni di grandi autori dedicati, a cura di Cartoon Club. Nella chiesa cattolica di San Cristoforo invece Martin Lutero sarà raccontato con le tavole di Filippo Cenni, per l'albo “Lutero” pubblicato in Italia da Mondadori.Ne parliamo con Roberto Davide Papini.

Podcast di Giacinto Butindaro
Se non credi nel Vangelo di Cristo sarai condannato

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Sep 23, 2016 7:12


Se non credi nel Vangelo di Cristo sarai condannato

I podcast dei commenti al Vangelo di don Antonello Iapicca
Mercoledì della XXV settimana del Tempo Ordinario

I podcast dei commenti al Vangelo di don Antonello Iapicca

Play Episode Listen Later Sep 22, 2015 26:45


"Convocati dal Cielo per portare il Cielo in ogni casa" Il Regno dei Cieli è vicino, gli Apostoli ne sono gli ambasciatori. Un giapponese in Italia, ovunque vada, faccia quel che faccia, manifesta chiaramente la propria origine. È disegnata nei suoi occhi, l'annunciano le sue parole, la si intuisce dall’approccio alle cose della vita. Così è per gli Apostoli del Regno, ovunque giungano appare il Cielo. È impresso nelle loro vite, così diverse, così scandalose. Vite trasformate nella Chiesa, la comunità cristiana dove ciascuno di loro è stato "convocato". Il termine Chiesa, deriva infatti dalla radice ebraica «qăhăl», l'assemblea di popolo convocata da Dio. Come sottolineava l'allora Cardinal Ratzinger, "tali assemblee, esistevano tanto nel mondo greco quanto in quello semitico. La «qăhăl» ebraica si differenzia però dall’assemblea plenaria greca, costituita da cittadini con diritto di voto, in un duplice senso: alla «qăhăl» partecipavano anche le donne e i bambini, che in Grecia non potevano essere soggetti attivi della vita politica; erano infatti gli uomini che con le loro decisioni a stabilire quello che si doveva fare, mentre l’assemblea d’Israele si riuniva per ascoltare l’annuncio di Dio e darvi il proprio assenso, come accadde alle falde del Sinai. Cristo morto e risorto è il Sinai vivente; quelli che si accostano a lui formano l’assemblea eletta e definitiva del popolo di Dio, che stipula la Nuova ed Eterna Alleanza nel suo Mistero Pasquale. Con il battesimo gli apostoli sono stati inseriti in Cristo, non più molti, uno accanto all’altro, ma uno solo in Cristo Gesù". Per questo la Chiesa diviene il luogo della Nuova ed Eterna Alleanza tra Dio e gli uomini, tra il Cielo e la terra. Come Israele (gli apostoli sono dodici come le tribù del Popolo eletto) durante la teofania del Sinai, così gli apostoli convocati nella comunità che ascolta la Parola e celebra il culto, vedono Dio e non muoiono. Quello che era stato profetizzato nel deserto si compie nella Chiesa: Dio ha riaperto la porta del Paradiso, l'uomo esule e ramingo nel deserto di morte come il figlio prodigo, può tornare a casa dove il Padre lo attende per accoglierlo nella sua intimità. Gli apostoli sono i profeti che, convocati da Gesù, hanno camminato nella Chiesa sulla via del ritorno, della teshuwà (conversione); hanno sperimentato la propria debolezza e l'amore di Dio che li ha guariti dalla loro incapacità di restare in piedi e donarsi strappandoli alla menzogna del demonio. La Chiesa, infatti, è l'unico luogo dove l'uomo non è dio, e proprio per questo può testimoniare e annunciare il Paradiso dove è vivo e ci ama il Dio unico e vero. Nel Vangelo di oggi dunque, appare la Chiesa, e, quindi, la sua missione. Ciò che gli apostoli sono inviati a fare è quello che Gesù ha fatto e fa per loro nella comunità. Come loro, nessuno di noi è passato per un ipotetico ufficio risorse umane della Chiesa. Siamo stati convocati, così come siamo, perché in noi risplendessero la forza dell'amore e il potere sui peccati di Cristo. Uniti a Lui nel grembo della Chiesa, siamo inviati ogni giorno nella volontà del Padre che è la salvezza di ogni uomo. Per questo ogni nostra parola e ogni nostro gesto saranno l'incarnazione delle parole e dei gesti di Gesù. Come portare con noi bastone (segno di comando e potere umano), denaro, pane, bisacce per il viaggio? Sono i segni dell'uomo vecchio che si fa dio, apostoli di se stessi che nessun peccatore potrà accogliere. Invece ogni missione, cioè ogni relazione è un vero e proprio "viaggio" da se stessi all'altro: ogni nuova giornata di lavoro, ogni mattina e serata in famiglia, ovunque siamo in cammino, senza radici e installazioni. Non abbiamo schemi per parlare ai figli. Come non abbiamo manuali per vivere le relazioni con i capi e i colleghi di lavoro. Abbiamo "solo" la Parola da annunciare, garanzia della libertà assoluta. Niente vincoli, nessuna catena, perché ogni giorno è nuovo e ogni relazione va costruita istante dopo istante, disposti a camminare e a viaggiare sino a dove si trova l'altro, nella libertà di rinunciare a tutto pur di salvarlo. Per entrare nella casa delle persone, nella loro intimità e familiarità, occorre portare una sola tunica, quella della nostra debolezza resa candida nel sangue dell'Agnello, identica a quella che indossa il prossimo a cui siamo inviati perché diventi per lui un segno di speranza. Non servono vestiti con cui cambiare a seconda delle situazioni, ma l'amore di Cristo che si è fatto peccato per noi, lasciandosi spogliare per raggiungerci nella nostra vergognosa nudità, e riportarci con Lui nella nudità innocente del figlio di Dio che vive abbandonato al suo Papà celeste. Coraggio, il Signore oggi ci convoca nella sua Casa dove ci sazia e trasforma nel suo amore, ci dona la sua forza e il suo potere, per entrare nelle case che ci accolgono a guarire e a scacciare il demonio, per fare di esse il luogo nel quale Gesù possa rimanere. E, per amore, scuotere dai sandali la polvere pagana della terra di chi ci rifiuterà, perché si accorgano della terra del Cielo giunta sino alle soglie della loro vita.

Anthony Zaccaria Podcast
Correte Come Matti - Inno a Sant'Antonio Maria Zaccaria

Anthony Zaccaria Podcast

Play Episode Listen Later Sep 28, 2013 3:47


Correte Come Matti (M. Brusati, M. Labellarte, M. Versaci) Voce Massimo Versaci Era giovane era ricco sai, Ma questo non bastavaAlla sua vita.Nel Vangelo che leggeva luiIl senso ritrovavaAlla sua vita.E poi un giorno con sua madreLui parlòCon lei compreseChe esser perfettoe stare dietro Gesù Cristo fin lassùSulla sua croceDietro una voceLa sua voce.A Cremona e a Milano poi A tutti raccontavaIl Suo vangeloE ogni cuore tiepido con luiDi fuoco diventavaLa fede cresceva.E poi un giorno lui san PaoloIncontròCosi compreseChe esser perfettoè diventare un solo Spirito conDio Con la sua croceQui nel cuore mio.SI CORRETE COME MATTIE ANDATE VERSO DIOE VERSO GLI ALTRICOME MEE SIATE VERI E GRANDI SANTI ANDANDO VERSO DIOVERSO GLI ALTRISIATE SANTIINSIEME A MESono giovane e anche ricco saiMa questo non mi bastaPer la mia vita.E nel Vangelo che leggeva luiVoglio ritrovareSenso alla vitaCosi un giorno con gli amiciProveròAnche a capireChe essere perfettoè diventare un solo Spirito con Dio Con la sua croceQui nel cuore mio. 

Podcast di Giacinto Butindaro
Nel Vangelo è rivelata la giustizia di Dio

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Apr 6, 2012 12:30


Nel Vangelo è rivelata la giustizia di Dio

Podcast di Giacinto Butindaro
Nel Vangelo è rivelata la giustizia di Dio basata sulla fede

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Apr 23, 2010 14:54


Nel Vangelo è rivelata la giustizia di Dio basata sulla fede

Podcast di Giacinto Butindaro
Le dottrine del Giudaismo che impediscono ai Giudei di credere nel Vangelo - L’elezione di Israele

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Jan 18, 2010 90:32


Le dottrine del Giudaismo che impediscono ai Giudei di credere nel Vangelo - L’elezione di Israele

Podcast di Giacinto Butindaro
Le dottrine del Giudaismo che impediscono ai Giudei di credere nel Vangelo - 5ta parte

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Jan 11, 2010 89:49


Le dottrine del Giudaismo che impediscono ai Giudei di credere nel Vangelo - 5ta parte

Podcast di Giacinto Butindaro
Le dottrine del Giudaismo che impediscono ai Giudei di credere nel Vangelo - 4ta parte

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Jan 4, 2010 78:31


Le dottrine del Giudaismo che impediscono ai Giudei di credere nel Vangelo - 4ta parte

Podcast di Giacinto Butindaro
Le dottrine del Giudaismo che impediscono ai Giudei di credere nel Vangelo - 3za parte

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Dec 14, 2009 94:11


Le dottrine del Giudaismo che impediscono ai Giudei di credere nel Vangelo - 3za parte

Podcast di Giacinto Butindaro
Le dottrine del Giudaismo che impediscono ai Giudei di credere nel Vangelo - 2da parte

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Dec 7, 2009 88:51


Le dottrine del Giudaismo che impediscono ai Giudei di credere nel Vangelo - 2da parte

Podcast di Giacinto Butindaro
Le dottrine del Giudaismo che impediscono ai Giudei di credere nel Vangelo - 1ma parte

Podcast di Giacinto Butindaro

Play Episode Listen Later Nov 30, 2009 108:43


Le dottrine del Giudaismo che impediscono ai Giudei di credere nel Vangelo - 1ma parte