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Ai primi di marzo del 2022, due settimane dopo l'invasione russa dell'Ucraina, il giornalista Vittorio Feltri, concluse un suo articolo sul quotidiano “Libero” con queste parole: «Vorremmo suggerire a Zelensky di non fare il bullo, lasci perdere. Meglio sconfitti che morti». Qualche giorno dopo abbiamo commentato le parole di Feltri su RadioRomaLibera (https://www.radioromalibera.org/meglio-russi-che-morti/). La situazione di Zelenski, in quel momento sembrava molto più pericolosa, di quella di oggi. I russi avanzavano e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov evocava il rischio di una terza guerra mondiale «nucleare e devastante». Gli ucraini però hanno resistito per tre anni infliggendo alla Russia e all'Occidente una sconfitta non militare, ma morale, su cui vale la pena ritornare.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7997IL DOGMA DEL PATRIARCATO di Roberto de Mattei Il "fantasma del patriarcato" è il tema di un editoriale del quotidiano "Il Messaggero" pubblicato il 24 novembre a firma del sociologo Luca Ricolfi. Scrive Ricolfi: "Chiunque neghi l'esistenza del patriarcato viene guardato con stupefatto rimprovero, come se avesse osato negare la Shoah. La ragione è semplice: siamo stati talmente martellati dalla tesi che la violenza sulle donne dipende dalla sopravvivenza del patriarcato che, per molti, negare il patriarcato suona come negare la violenza sulle donne. Eppure, se lasciamo per un attimo gli ardori ideologici dei credenti nel patriarcato, e ci concediamo il minimo sindacale di lucidità, non possiamo non vedere le ottime ragioni dei negazionisti. Che sono tante e solidissime. La più importante è che, a parte alcune specifiche enclave (...) nelle società occidentali sono scomparsi quasi interamente i tratti distintivi delle società patriarcali: il potere dispotico del capofamiglia, il matrimonio combinato, la sottomissione dei figli (anche dei figli maschi) all'autorità genitoriale, più in generale il primato dei doveri sui diritti in quasi ogni campo della vita sociale (lavoro, famiglia, guerra). Il processo è durato secoli, ma ha avuto due impulsi fondamentali: l'ascesa del matrimonio d'amore fra Settecento e Ottocento, in epoca romantica, e le rivoluzioni libertarie e anti-autoritarie degli studenti e delle donne negli anni '60 e '70 del Novecento. Un aspetto fondamentale di questi processi è l'evaporazione della figura del padre, e più in generale di ogni autorità, tempestivamente annunciata da Alexander Mitscherlich con il suo libro Verso una società senza padre (Feltrinelli 1972), uscito in lingua tedesca fin dal 1963. Su questo, fra i sociologi, gli psicologi sociali e gli psicoanalisti sussistono ben pochi dubbi".LA FIGURA DEL PADRE È SCOMPARSAA questo punto il prof. Ricolfi pone un'ovvia domanda: come si fa a parlare di società patriarcale, quando la figura del padre è scomparsa non solo nella famiglia, ma più in generale nella società?La risposta è questa: "l'ipotesi che dovremmo prendere seriamente in considerazione è che la violenza di cui le donne sono vittime sia semmai il risultato - controintuitivo e paradossale - della sconfitta del patriarcato. Sono sempre più numerose le voci che attirano l'attenzione sul fatto che potrebbero essere proprio le grandi conquiste di libertà e di autonomia delle donne negli ultimi 50 anni, combinate con il crescente individualismo, consumismo, ipertrofia dei diritti - tutti tratti tipici del nostro tempo - ad avere reso gli esautorati maschi sempre più aggressivi, insicuri, fragili, possessivi, e in definitiva incapaci di reggere la minima sconfitta, o di accettare un semplice rifiuto. Insomma: l'odierno maschilismo sarebbe anche una sorta di contraccolpo a conquiste delle donne per cui i maschi non erano pronti, né disposti a farsi da parte. La violenza maschile non sarebbe il segno della sopravvivenza del patriarcato, ma semmai della sua agonia, e del disordine che da quest'ultima deriva". Non c'è da stupirsi dunque di quello che Ricolfi chiama il "paradosso nordico", ovvero "il fatto - a prima vista sorprendente - che la violenza sulle donne, dagli stupri ai femminicidi, sia maggiore nei paesi più civilizzati (come quelli scandinavi) e che un paese come l'Italia, in cui il gender gap è ancora relativamente ampio, sia fra i meno insicuri del continente europeo".LA CULTURA ANTI-PATRIARCALE E ANTI-MASCHIOÈ esattamente la conferma, proveniente da un sociologo, di quanto scrivevamo su RadioRomaLibera, un anno fa, il 2 dicembre 2023, commentando la profonda crisi di identità, che si è avuta in seguito alla distruzione del modello sociale del patriarcato: "Il cosiddetto femminicidio non è frutto della vecchia cultura patriarcale, ma della nuova cultura anti-patriarcale, che confonde le idee, fragilizza i sentimenti, destabilizza la psiche, privata di quel sostegno naturale che, fin dalla nascita, offriva la famiglia, con suoi punti di sicurezza, paterni e materni. L'uomo è solo con i suoi incubi, le sue paure, le sue angosce, sull'orlo di un abisso: l'abisso del vuoto in cui si precipita quando si rinuncia ad essere ciò che si è, quando si abbandona la propria natura immutabile e permanente di uomo, di donna, di padre, di madre, di figlio"."E se tutti parlano di femminicidio, - aggiungevamo - nessuno parla di un crimine ben più esteso e diffuso: quello di infanticidio, commesso ogni in giorno in Italia, in Europa e nel mondo, da padri e madri che esercitano la massima delle violenze contro il proprio figlio innocente, prima ancora che egli veda la luce".L'articolo di Ricolfi ha preso spunto dalla "Giornata internazionale contro la violenza sulle donne", celebrata il 25 novembre di ogni anno. A Roma il giorno prima si è tenuta una manifestazione nazionale contro la violenza delle donne nel corso della quale sono stati scanditi slogan femministi, tra i quali "Disarmiamo il patriarcato", ed è stata bruciata una immagine del ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Valditara, colpevole di aver affermato, in un videomessaggio alla presentazione alla Camera dei deputati della Fondazione dedicata a Giulia Cecchettin, che il patriarcato non esiste più in Italia e "l'incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale".Invitato a commentare queste dichiarazioni alla trasmissione Piazzapulita, sul canale La7, il prof. Ricolfi ha ribadito che il patriarcato, scomparso dalla società occidentale, oggi esiste solo nelle famiglie di immigrati: Noi aggiungiamo: come grottesca e violenta caricatura islamica del modello di patriarcato cristiano e occidentale. Più che di patriarcato bisognerebbe parlare in questo caso di forme di maschilismo islamico altrettanto selvaggio del femminismo occidentale. Ringraziamo il ministro Valditara e il prof. Ricolfi, per avere rotto il silenzio del politicamente corretto, ricordando una verità che è sotto gli occhi di chiunque la voglia vedere.
Chi ha mai sentito nominare Ausonio Franchi? Probabilmente pochi. Eppure fu un uomo celebre e acclamato al suo tempo. La sua vita merita di essere raccontata. Il suo vero nome era Cristoforo Bonavino. Nacque a Pegli in Liguria il 27 febbraio 1821, da una famiglia numerosa e profondamente cristiana. A sedici anni fu accolto in seminario dove si distinse per il fervore dei suoi studi e specialmente per la devozione alla Madonna. Nel novembre del 1840 entrò nella Congregazione degli Oblati di S. Alfonso per la riforma del clero, da poco fondata dal vescovo di Bobbio Antonio Maria Giannelli (1879-1846), una grande figura dell'episcopato cattolico dell'Ottocento, proclamato santo da Pio XII nel 1951.
La scorsa settimana ho parlato su RadioRomaLibera dell'arte di utilizzare le proprie colpe secondo l'insegnamento di san Francesco di Sales (https://www.radioromalibera.org/larte-di-utilizzare-le-proprie-colpe/). Ma quest'arte, questo atteggiamento spirituale che ci aiuta a vincere lo scoraggiamento dopo le nostre cadute, presuppone la pratica di un sacramento oggi molto trascurato: quello della penitenza. Oggi nelle chiese si formano lunghe file al momento della comunione, ma non ci sono file ai confessionali. La confessione è accantonata perché si è perduto non solo il senso del peccato, ma anche il sentimento di un Dio che giudica le nostre colpe. La comunione è vista come un atto collettivo, che ci mette in sintonia con la comunità cristiana, mentre la confessione sembra essere un sacramento privo della dimensione comunitaria, perché è intesa, riduttivamente, come l'incontro con un singolo uomo, il sacerdote, in cui si fatica a riconoscere il rappresentante di Dio. Il fatto che i sacerdoti spesso ricevano i penitenti fuori dal confessionale, in maniera amichevole e colloquiale, favorisce questa interpretazione umana, più che divina, del sacramento.
Il nostro cristianesimo, se vuole essere vissuto, deve alimentarsi anche alle letture spirituali. Tra le tante letture possibili vorrei consigliarne una. E' un libro, pubblicato dalle Edizioni Fiducia, del padre Giuseppe Tissot, dal titolo: L'arte di utilizzare le proprie colpe (https://www.edizionifiducia.it/products/larte-di-utilizzare-le-proprie-colpe). L'autore è un sacerdote francese della congregazione dei missionari di san Francesco di Sales, vissuto tra il 1840 e il 1894. La scuola spirituale a cui appartiene è quella di san Francesco di Sales, il grande vescovo savoiardo di Ginevra, dottore della Chiesa, celebre per opere come la Filotea e il Trattato sull'amore di Dio. Nell'epoca confusa in cui viviamo, in cui una delle tentazioni più forti è quella dello scoraggiamento, l'opera del padre Tissot offre un prezioso aiuto alle anime sia di coloro che sono appena convertiti o in via di conversione, sia di coloro che già praticano la fede con fervore e cercano la perfezione,
Abbiamo dedicato ai Re Magi l'audio di RadioRomaLibera del 2023 e vogliamo dedicare ad essi anche quello del 2024, questa volta prendendo spunto da alcune belle pagine dello scrittore francese Ernest Hello (1828-1885). Le pagine che Hello dedica ai Re Magi si aprono con un versetto del profeta Isaia. “Surge. Illuminare Jerusalem; quia venit lumen tuum”: “Alzati, rivestiti di luce, Gerusalemme, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Isaia, 60, 1).I secoli erano passati sulle fiamme di Isaia senza spegnerle, scrive Hello. “L'eco delle sue grida risuonava ancora, almeno nel cuore della Vergine. La vaga e sorda attesa del genere umano si precisò e localizzò nei tre sovrani d'Oriente. I Magi erano i maggiori personaggi d'Oriente; non dobbiamo lasciarci ingannare dai loro nomi e prenderli per maghi. Erano invece sapienti ed erano re; perché in Oriente i sapienti erano re. La grande scienza dell'antichità, quale l'Oriente la concepiva, portava scettro e corona”.
Dell'autore, colpito da una fatwa per essersi convertito al cristianesimo dall'Islam, non conosciamo il vero nome. Sulla sua strada, come per san Paolo a Damasco, l'incontro con la fede cristiana diviene un ostacolo drammatico e insormontabile, che lo consegna a una vita concitata, di uomo in fuga con la sua famiglia, per salvare la propria vita e dare un senso alla nuova fede. La storia comincia a Bassora, in Iraq, nel 1987. Mohammed Moussaoui, questo il suo pseudonimo, narra in prima persona il suo avvicinarsi alla religione cristiana e la conversione. Braccato, aggredito dai suoi stessi fratelli, che giungono a minacciarlo di morte con una pistola puntata alla fronte, decide di fuggire e si rifugia in Francia, dove vive ancora oggi, nascosto.
Alla notizia che il cugino Hans verrà a Vienna dal Tirolo per vivere in casa sua, il sedicenne Fritz non è per niente felice: lo considera un rozzo montanaro un po' bigotto, che gli rovinerà senz'altro la reputazione di fronte ai compagni di scuola. E il comportamento di Hans non fa che confermare i suoi peggiori sospetti: il cugino sembra infatti interessato solo a seguire in tutto gli insegnamenti di Cristo per divenire un giovane forte ed eroico, capace di portare avanti le sue convinzioni religiose a ogni costo e mantenersi puro senza cedere alle tentazioni dell'adolescenza. Così facendo, non solo Hans resiste alle terribili insidie architettate dai malvagi compagni di classe, ma fornisce una testimonianza fondamentale per ricondurre Fritz alla fede. "Luce delle montagne" è un romanzo di formazione e di fede che riesce a parlare agli adolescenti nella loro realtà concreta, in famiglia e a scuola, con stupefacente attualità e senza scendere a compromessi con il mondo.
La circostanza che fossero l'uno e l'altro della stessa "nazione germanica" e che entrambi denunciassero la mondanizzazione della Chiesa avrebbe potuto forse favorire un avvicinamento tra Wittenberg, patria della Riforma luterana, e Roma, capitale della cristianità? Quali sono state le ragioni per cui Lutero e Adriano VI non hanno nemmeno tentato di instaurare un confronto dialogico e costruttivo? Il volume cerca di dare risposta a questa e altre simili domande, partendo dal presupposto che una possibile via di avvicinamento alla verità la offrono le vicende e i documenti della dieta imperiale di Norimberga (1522-1523), alla quale parteciparono alcuni protagonisti chiave dello scontro allora in atto tra la Riforma luterana e il Cattolicesimo romano. Per ricostruirne storicamente gli eventi, gli autori pubblicano, in traduzione italiana, alcuni documenti redatti proprio in occasione della dieta, tra i quali uno dei testi più audaci di tutti i tempi: la celebre istruzione in cui Adriano VI riconosce responsabili della corruzione della Chiesa i pontefici e la curia romana.
Due polittici restaurati di recente ed esposti per breve tempo presso i Musei Vaticani, raccontano la bellissima vicenda di santa Chiara da Montefalco e del vescovo Jean d’Amiel, che mai si incontrarono ma che indissolubilmente sono legati dall’arte.
Sovranismo e antisovranismo sono due tendenze del dibattito politico contemporaneo. Il prof. Roberto de Mattei, in questo volume, sulla base di una profonda conoscenza del pensiero classico e della letteratura contemporanea, dimostra che lo Stato e la sovranità non sono idee effimere e convenzionali destinate ad essere superate dal corso della storia, ma una caratteristica naturale e necessaria della società umana. L’abolizione della sovranità implicherebbe la morte e la decomposizione della società che, privata del suo principio vitale e del suo centro unificatore, finirebbe col cadere in preda del disordine e dell'anarchia, come oggi sta accadendo. La riconquista concettuale del principio di sovranità è una condizione necessaria per far fronte al caos che minaccia l’umanità nell’era della globalizzazione.
Tra Fatima e Berlino vi è un filo conduttore che nel crollo del Muro ha avuto uno dei suoi momenti più evocativi.
Questo lavoro costituisce un compendio, il più completo possibile, di una storia liturgica di cui la linearità generale prelude a stupefacenti nuovi sviluppi.
Nell’anno in cui cadde il Muro di Berlino, morì una donna d’eccezione, Katharina Hasslinger Tangari, sempre al fianco dei sacerdoti perseguitati dal comunismo dell’Est: era il primo dicembre 1989.
La Croazia venne definita scutum saldissimum et antemurale Christianitatis, scudo saldissimo e baluardo della cristianità da papa Leone X nel 1514. Ciò, grazie alla strenua ed efficace resistenza opposta da questo popolo, profondamente e fieramente cattolico, contro l’islam turco, messo in fuga a Belgrado. In realtà, la Croazia è stata in molti modi protagonista della vita d’Europa nel corso della storia.
Sono passati duecento anni dalla nascita di Charles Darwin (1809-1882). Si rende necessario un bilancio critico non solo del darwinismo, ma più in generale dell'evoluzionismo, un insieme composto da una teoria scientifica e da una teoria filosofica che si sorreggono a vicenda.
Al secondo piano della Galleria Borghese, piano in cui si concentra la vera e propria pinacoteca, una sala accoglie, tra gli altri dipinti cinquecenteschi di produzione lombardo-veneta, l’opera Tobiolo e l’angelo del bresciano Giovanni Girolamo Savoldo, «uno degli esemplari più importanti» dell’artista per molti motivi; innanzi tutto per la magistrale tecnica compositiva e pittorica, tutta giocata su una luce fredda che porta alla massima esaltazione la definizione di ogni singolo dettaglio.
Le prime comunità cristiane furono presenti in Slovenia già intorno al III secolo d.C. sotto la guida del santo vescovo Vittorino di Ptuj (Petovio), che subì il martirio sotto l’imperatore Diocleziano. Da allora il Vangelo è stato recepito a tappe dalle popolazioni slave, sino a quando i santi Cirillo e Metodio riuscirono a creare per la prima volta un ponte tra cultura latina e bizantina.
Ragusa è rimasta nei secoli cattolica. Non solo: ha combattuto per la propria fede, per la propria libertà, per la propria autonomia, per la propria identità. Lo ha fatto contro i musulmani turchi, ma seppe resistere anche al comunismo di Tito e, recentemente, alle guerre, che scossero la ex-Jugoslavia o quanto ne restasse.
Il 1968 ha investito anche la Chiesa Cattolica. Rimane aperta la questione se il '68 sia stato subito dalla Chiesa o se invece non sia stato da essa favorito.
La Basilica Superiore dedicata a san Francesco, ad Assisi, conserva uno dei cicli pittorici più importanti della storia dell’arte italiana, perché rappresenta una nuova concezione nell’arte: le storie dell’Antico e Nuovo testamento e gli episodi della vita di Francesco, realizzati sul finire del XIII secolo.
C’è un borgo, nascosto tra i boschi umbri, che è come uno scrigno, dove il filo della Storia s’intreccia con una natura incontaminata e con un passato laborioso. Mulini, filande, sorgenti, arte e fede sono gli elementi che, integrandosi, delineano il profilo di un paese: ecco Rasiglia.
Il paziente lavoro dei monaci cistercensi e certosini permise nel Medioevo al Cristianesimo di attecchire nei cuori del popolo sloveno. La fede, qui, ebbe due grandi nemici: il protestantesimo prima ed il comunismo poi. Ma il lavoro silenzioso compiuto dagli Ordini religiosi, nonché figure luminose quali il vescovo di Lubiana, Tomaž Hren, ed il beato Artur Martin Slomšek contro gli emuli di Lutero, nonché l’arcivescovo di Lubiana, Anton Vovk, col martirio proprio e di tanti altri presbiteri, impedirono provvidenzialmente ai nemici della fede di avere la meglio.
Danilo Quinto descrive lo scontro in atto nella Chiesa e nella società: Dio o il Demonio. È uno scontro apparentemente mondano, in realtà escatologico, perché riguarda direttamente il tema della salvezza.
San Basilio di Cesarea, con le parole e gli scritti, esortò i monaci ad avanzare nella perfezione. Oltre alle grandi opere di carità assistenziale, come la costruzione di ospedali, si preoccupò di dare un importante impulso alla preghiera, diffondendo specialmente i Salmi tra i fedeli, i quali per merito suo li pregavano anche di notte. Si oppose agli eretici, fu un grande apostolo e fedele servitore della Chiesa. Per questo, specialmente per i gravi errori diffusi nella Chiesa di oggi e per la crisi delle vocazioni alla vita consacrata, dovremmo pregare e chiedere la sua intercessione.
Anticamente stretto tra il Lago Gerundo e la Selva Maggiore, Soncino nel Medioevo conobbe il proprio fulgore, tanto che ancora oggi strade, palazzi, disposizioni urbanistiche hanno mantenuto l’impianto dell’epoca. Conteso da Cremonesi, Milanesi, Bresciani, Bergamaschi, Veneziani e Francesi, ha conosciuto alterne vicende. Ma la sua posizione strategica lo ha sempre posto al centro di qualsiasi seria politica territoriale. Da qui sono passati molti regnanti e principi: tra questi, la regina di Spagna Anna Maria d’Austria col fratello Ferdinando Francesco, re d’Ungheria, il duca Vittorio Amedeo di Savoia, Napoleone Bonaparte ed altri ancora.
San Giuda è considerato il Santo dei disperati e degli afflitti, delle cause senza soluzione e dei casi impossibili. Nel Santuario Reale Madonna delle Grazie di Racconigi – in provincia di Cuneo ed Arcidiocesi di Torino – viene custodita un’antica statua lignea di san Giuda Taddeo, che richiama moltissimi devoti da tutto il mondo. E moltissime sono le testimonianze di grazie ricevute per Sua intercessione.
Abbiamo perso la forma, cioè quel principio che determina l’essenza di una cosa e che la specifica distinguendola da tutte le altre. La soluzione è, come sempre, Maria Vergine. La sua perpetua verginità è la forma originaria, che ha plasmato Cristo.
Giotto, nell’Incontro tra i santi Anna e Gioacchino presso la Porta d’Oro, sito presso la Cappella degli Scrovegni, a Padova, propone più livelli di lettura: oltre a quello narrativo, molti altri guidano l’osservatore verso un significato più profondo, verso il mistero.
Il monastero cistercense di Stična e l’abbazia certosina di Ziče sono due luoghi-simbolo della profonda fede presente per secoli in Slovenia, nonché dell’importante presenza religiosa, custode anche della cultura e della memoria del passato.
Alle ore 15.50 del 28 giugno 1919 nella Sala degli Specchi, a Versailles, tra gli spari a salve dei cannoni, le note dell’orchestra e la folla festante nei giardini del Palazzo, fu siglato il Trattato, che pose fine alla guerra fra le potenze dell’Intesa e la Germania. Almeno nell’immediato. In realtà, quella firma fu il frutto di un compromesso non riuscito, di una contraddizione insanabile, le cui conseguenze amare sarebbero maturate solo negli anni a venire.
Se Dio, sommo Bene, ha creato ogni cosa, perché tanta malvagità? La risposta risiede nel peccato di Satana, che di sua libera iniziativa si ribellò a Dio sovvertendo l’ordine della creazione e diffondendo il caos nell’universo. Ma esiste davvero Satana e chi è esattamente? Qual è la sua natura e quali i suoi poteri? Il demonologo mons. Renzo Lavatori risponde a queste e ad altre domande.
Für Gott, Fürst und Vaterland: è questo il motto del Principato del Liechtenstein, piccolo Stato con una grande storia. Valido ieri come oggi. Parte del Sacro Romano Impero, quando questo venne soppresso, sotto Napoleone, acquisì un’indipendenza, che ha sempre cercato di mantenere tramite un’accorta diplomazia e politiche di equilibrio con le nazioni vicine.
Ripa Alta: la scoscesa altura, su cui sorge imponente il magnifico castello della casata dei Landi, dà il nome alla piccola frazione nel Piacentino, frazione che racchiude, fra le acque del Trebbia e i boschi incontaminati di aceri e querce, un passato, le cui molteplici trame si intrecciano con i complessi fili della Storia italiana ed europea.
La caduta dei tre Imperi asburgico, tedesco e russo ed il vuoto di potere derivatone non avvicinò l’unità del Continente. Sul piano spirituale, culturale, dell’omogeneità dei regimi costituzionali, era molto più unita l’Europa di prima della guerra, nella quale qualcosa ancora viveva dell’eredità di Metternich, rispetto a quella post-bellica, che, priva di equilibrio e di valori comuni, dopo soli vent’anni sarebbe precipitata in una nuova guerra.
Thibon cattura il lettore con le sue folgoranti intuizioni e con le sue infiammate provocazioni; ne sprona così l'intelligenza a elaborare una risposta personale. La brevità e la pregnanza di significato tipiche degli aforismi di Thibon non impediscono, certo, di individuare un filo conduttore nel suo pensiero che, seppur procedendo a tratti per sorprendenti paradossi, risulta semplice, chiaro, logico e fortemente ancorato alla realtà.
In un primo pomeriggio di un giorno mite, le piogge insistenti cessano e lasciano sospesa nell’aria una fresca e salubre umidità. Appollaiate in cima a un alto abete di Douglas, due aquile, come fossero sentinelle, scrutano il mare e l’orizzonte, contro cui si stagliano grattacieli. Nelle vicinanze, sotto un lungo ponte sospeso, la prua di una nave mercantile solca le acque cupe, all’entrata stretta e profonda del fiordo. Salito da poco a bordo, un pilota marittimo assiste il capitano nella navigazione di questo tratto di mare soggetto a forti correnti e alte maree. Più avanti, rimorchiatori appostati presso la banchina attendono l’avanzata silenziosa di questa imbarcazione proveniente dall’estremo Oriente. Si tratta di uno scenario ricorrente alla soglia del porto di Vancouver, città ubicata nel Far West del Canada, Paese con la seconda superficie terrestre più vasta al mondo.
È una stradina bianca, quasi un sentiero, costeggiata da siepi di bossi e, più in là, da campi e declivi che diventano monti. A salirla in silenzio si sente soltanto la ghiaia che cede ad ogni passo, il vento che muove appena le piante, il fresco dell’ombra, dell’acqua, dei fossi. È solo alla fine, dietro l’ultima curva, che si scopre il Santuario della Madonna delle Grazie di Rasiglia con la grande parete d’avorio, le smerlature, le finestre bifore, il campanile a vela oltre le tegole e il cielo.
Ecco come l’Armata Rossa di Stalin sterminò l’intero corpo ufficiali dell’esercito polacco – più di ventimila uomini –, addossando oltre tutto la responsabilità del crimine alla Wehrmacht di Hitler.
Il termine “omosessualità” è stato utilizzato, a partire dalla fine del XIX secolo, per “normalizzare” quelli che fino ad allora erano identificati come “atti contro natura” o, secondo la terminologia biblica, “sodomitici”
Una breve storia del pensiero da Socrate a Ratzinger.
Due antichissimi documenti attestano come a Boccadirio, il 16 luglio 1480, festa del Carmine, sia apparsa la Madonna con in braccio il Bambino Gesù a due fanciulli: Donato Nutini e Cornelia Vangelisti, lì giunti per far pascolare il gregge. Un evento, che cambiò non solo la vita personale dei “due putti”, ma quello dell’intera località e della sua popolazione.
Unione Sovietica, Ucraina, Polonia, Albania, Romania… L’elenco potrebbe continuare. Quanti martiri nei campi dell’orrore allestiti in quei Paesi… Terribile è che ora rischino di essere dimenticati: della maggioranza di loro non esiste neppure un volto, un nome… Sono state fatte perdere le tracce della memoria, perché nulla è maggiormente temuto dai rivoluzionari del ricordo.
L’elemosiniere – o “scatola di Dio” – era una sorta di cassaforte, utilizzata per secoli per raccogliere le offerte destinate ai bisognosi ed alle necessità della Chiesa. L’imperatore bizantino Romano Lecapeno le espose per soccorrere gli infermi durante un rigido inverno, Innocenzo III invece per sostenere la nuova Crociata; i Cavalieri Templari vi raccolsero le decime, gli Ordini mendicanti la questua per le esigenze del convento.
L’incanto delle dolci valli, protette da monti imponenti, non ha impedito nel XVI secolo di trasformare la Valtellina in luogo di feroce scontro tra le violenze degli eretici protestanti e la tenace fede cattolica, pronta al martirio pur di poter restituire queste terre alla Restaurazione cattolica, anziché alla cosiddetta “riforma”.
I primi missionari giunsero nel XVII secolo, a Québec, nell’allora “Nuova Francia”, per portare la Buona Novella tra le tribù autoctone. Erano otto in tutto, sei presbiteri e due religiosi professi della Compagnia di Gesù. Erano consci dei pericoli che correvano, la crudeltà degli indiani irochesi era nota. Ma affrontarono il martirio con coraggio e pace del cuore, la pace di Cristo, tra lo stupore dei loro aguzzini. E questo permise alla loro opera di non svanire, anzi di riprendere in poco tempo vita e vigore. Un esempio anche per la Cristianità di oggi.
Pio XII amico di Hitler e dei nazisti, come lasciava intendere una pubblicazione di qualche anno fa? Pier Luigi Guiducci ha interrogato al riguardo i documenti del Terzo Reich, molti dei quali si trovavano in precedenza in Unione Sovietica e nella Germania Orientale. Dalla ricerca risulta esattamente il contrario: i gerarchi nazisti, specie nei messaggi coperti da segreto, espressero valutazioni ostili e denigratorie nei confronti di Pacelli fin dagli anni precedenti la sua elezione. Divenuto papa, egli continuò a tenere aperti i canali diplomatici per non privarsi della possibilità di intervenire a favore dei diritti umanitari. Non esitò, tuttavia, a opporsi alla violenza del Terzo Reich e a sostenere quanti si battevano a favore dei perseguitati.
La tradizione narra del transito dell’apostolo Pietro ad Otranto, mentre era in viaggio verso Roma. Oggi sul posto c’è una chiesa bizantina, a lui intitolata. Ma anche il Castello aragonese è un luogo da visitare per chi si trova ad Otranto.
Abbracciata dalle Alpi, bagnata dall’Adda, la Valtellina annovera lungo le rive alcune fra le più rinomate località montane, incastonate come pietre preziose nel lembo estremo della nostra Penisola ancora italiano, benché già proteso verso la Mitteleuropa, ad un passo dalla Svizzera.
Prima massacrati, poi fatti a pezzi, sfigurati, occultati: i membri della Famiglia imperiale russa morirono da martiri nel 1918, sterminati senza processo, nemmeno un processo farsa. Un decreto del Comitato esecutivo del Soviet degli Urali e dell’Armata rossa comunicò a tutti l’esecuzione, solo a cose fatte. I corpi vennero individuati nel 1979 dallo storico Aleksandr Avdonin e vennero fatti riesumare nel 1991. Nel 1998 gli esami sul DNA confermarono trattarsi dei resti della Famiglia imperiale, che ora vive ancora nei cuori del popolo russo.