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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8126LA STORIA DELL'UOMO RISPARMIATO AD AUSCHWITZ GRAZIE A PADRE KOLBE di Paola Belletti Franciszek Gajowniczek, prigioniero numero 5659, è morto quasi centenario 30 anni fa. Un nome, il suo, che immediatamente ai più forse non dice nulla, come il numero con il quale i destinati alla soluzione finale venivano umiliati privandoli della loro identità e del loro rango di persone. Non era così agli occhi di un sacerdote - e per molti, moltissimi altri che hanno illuminato come diamanti le tenebre e l'orrore dei campi di concentramento nazisti. Per padre Massimilano Kolbe quell'uomo era tanto prezioso e meritevole di amore anche in quella condizione di sofferenza e crudeltà estreme che per lui offrì in sacrificio la propria vita e, miracolo, la sua offerta fu accolta.Ne ripercorre la storia il National Catholic Register: «Il 29 luglio 1941, nel piazzale dell'appello di Auschwitz, un grido straziante squarciò la gola di Franciszek Gajowniczek: "Ho pietà di mia moglie e dei miei figli!"». L'uomo era stato scelto insieme ad altri nove, senza criterio di giustizia alcuna, per essere lasciato morire di fame: la loro sorte era nella logica del campo di sterminio una perversa riparazione per il tentativo di fuga di un altro prigioniero. «Pochi istanti dopo, accadde un evento straordinario. Dalle fila dei prigionieri uscì il francescano conventuale Padre Massimiliano Kolbe: "Sono un prete; voglio morire per lui!" La sua offerta fu accettata. Gajowniczek sopravvisse alla guerra, ma la sua vita fu segnata dal dolore e dalla sofferenza.»IL GIOVANE FRANCESCANO E IL SOLDATOIl sacerdote, proclamato santo il 10 ottobre del 1982 da Giovanni Paolo II, morì pronunciando come ultime parole le prime della preghiera mariana per eccellenza: "Ave Maria". La sua vita era stata tutta tesa a diffondere il Vangelo e la devozione all'Immacolata, una missione realizzata con ingegno e creatività e in nome della stessa fede che lo ha portato a compiere il sacrificio estremo come naturale compimento del suo cammino. La sua storia ha come svelato l'intreccio invisibile ma reale che lega l'uomo al suo fratello, una trama che l'Incarnazione di Cristo ha riparato ed elevato al Cielo, fino a farsi carico della tutela del bene così prezioso della vita altrui, in vista del bene ultimo della vita eterna.«Gajowniczek proveniva da una povera famiglia polacca. Nacque il 15 novembre 1901 a Strachomin, un villaggio a circa 62 miglia a est di Varsavia. Attratto dall'esercito, prestò servizio nel 36° reggimento di fanteria della Legione accademica a Varsavia e fu persino ferito nel 1926 durante un colpo di stato politico in Polonia. A quel tempo, l'esercito era tutta la sua vita. Padre Maximilian Kolbe, di qualche anno più grande di Gajowniczek, nacque l'8 gennaio 1894 nella città industriale di Zduńska Wola. Iniziò il noviziato nel 1910, prendendo il nome di Maximilian. Quando si presentò l'opportunità per la Polonia di riconquistare l'indipendenza, intendeva lasciare l'ordine per combattere per una patria libera, ma la Provvidenza decise diversamente».DUE STORIE DESTINATE A INTRECCIARSIQuando incontrò e si innamorò di Helena il giovane Franciszek trovò nel matrimonio la forma decisiva della sua vita: ebbero due figli e godettero della dolcezza della vita familiare. Nel frattempo il giovane Kolbe stampava e distribuiva quasi un milione di copie del Cavaliere dell'Immacolata pubblicazione della Milizia Mariana, da lui fondata quando studiava a Roma. Allo scoppio del conflitto mondiale Gajowniczek era sergente e si impegnò nella difesa della prima città polacca attaccata dai tedeschi dimostrando un coraggio eccezionale.«Dopo che la sua unità fu distrutta, cadde prigioniero dei tedeschi ma fuggì per unirsi alla resistenza clandestina. La Gestapo lo catturò mentre tentava di raggiungere l'Ungheria. Prima di arrivare ad Auschwitz, sopportò sette mesi di brutali interrogatori, entrando nel campo nel settembre 1940». La moglie non sapeva nulla di lui se non che era stato deportato in un campo. Sorte che toccò anche il giovane e battagliero sacerdote: la sua opera di soccorso e aiuto ai numerosi ebrei espulsi rifugiatisi nel monastero di Niepokalanów attirò le nefaste attenzioni naziste e venne arrestato. «Nel febbraio 1941, fu mandato nella prigione di Pawiak e in seguito ad Auschwitz».LA PRIGIONIA AD AUSCHWITZ E IL SACRIFICIO DI SAN MASSIMILIANO KOLBEIn quell'inferno che fu il campo di concentramento di Auschwitz i destini dei due uomini si incontrarono. Durante l'appello durato meno di un minuto per destinare 10 prigionieri al bunker della fame san Massimiliano Kolbe levò la voce con quell'insolita offerta che lasciò nello stupore gli altri prigionieri e soprattutto ottenne il consenso dei militari impegnati nell'esecuzione. La salvezza che Kolbe ottenne per Gajowniczek lo preservò in una vita però piena di prove, pericoli mortali dai quali lui e gli altri vollero strapparlo a tutti i costi perché, dirà lo stesso Franciszek non voleva rendere vano il suo sacrificio. «La volontà di vivere di Gajowniczek era straordinaria. Sopravvisse ad Auschwitz e a Sachsenhausen, un altro campo di concentramento nazista. Sopravvisse a una marcia della morte due settimane prima della fine della guerra: 12 giorni senza cibo né acqua, sopravvivendo con erba secca e ortiche. Non sapeva ancora che una tragica notizia lo attendeva a casa».Una volta tornato in Polonia si ricongiunse con la moglie e seppe della morte dei due figli. La moglie si era assentata per spedire un pacco al marito mentre i ragazzi perirono in un bombardamento dell'Armata Rossa, a guerra quasi finita. Una beffa del destino che amareggiò profondamente l'uomo che addirittura rimpianse di essere stato salvato perché se lui fosse morto sua moglie non avrebbe avuto nessuno a cui spedire provviste. Si arrese però alla imperscrutabile volontà di Dio che invece aveva disposto diversamente.LA TESTIMONIANZA DI GAJOWNICZEKFino a che lo stesso Gajowniczek non mandò la sua testimonianza alla rivista della Milizia Mariana del padre di famiglia per cui Padre Kolbe si era sacrificato non si sapeva nulla: «Come il Cavaliere dell'Immacolata sia arrivato nelle mani di Gajowniczek resta un mistero. Ciò che è certo è che, nel maggio del 1946, pubblicò la sua testimonianza, "La voce del sopravvissuto". Il suo passaggio finale spicca: "Sono cresciuto in un clima religioso; ho mantenuto la mia fede nei momenti più difficili; la religione era il mio unico sostentamento e la mia unica speranza in quel momento. Il sacrificio di Padre Massimiliano Kolbe ha ulteriormente intensificato la mia religiosità e devozione alla Chiesa cattolica, che dà vita a tali eroi"». Rimasto vedovo nel 1982, morì il 13 marzo del 1995 all'età di 94 anni con a fianco la seconda moglie Janina. «Al funerale, il vescovo disse: "Era una reliquia vivente rimasta dopo Padre Massimiliano"».
Nacque e morí a Condé-sur-l'Escaut, nell'attuale Belgio, ma la sua vita la trascorse per la maggior parte tra la Francia e l'Italia al servizio degli Sforza e del Papa. Stiamo parlado di Josquin Desprez del quale sono da poco trascorsi i 500 anni dalla morte. Uno dei più straordinari compositori del Rinascimento, un autentico rinnovatore della poetica e dell'arte musicale: tutte le ricchezze contrappuntistiche della seconda scuola fiamminga sono da lui conservate e sfruttate, ma - dalla prima fase della sua carriera di compositore fino all'ultima - sono sempre maggiormente rivalutate ai fini d'un intenso, imperioso lirismo, proprio di un'arte eminentemente soggettiva e drammatica.Ce lo conferma al microfono di Giovanni Conti il maestro Walter Testolin (nella foto) che, alla testa del suo Ensemble De Labyrintho, da sempre ha approfondito la musica di Josquin e pubblicato per la casa discografica Baryton uno straordinario CD del titolo In Principio.undefined
Nacque e morí a Condé-sur-l'Escaut, nell'attuale Belgio, ma la sua vita la trascorse per la maggior parte tra la Francia e l'Italia al servizio degli Sforza e del Papa. Stiamo parlando di Josquin Desprez del quale sono da poco trascorsi i 500 anni dalla morte. Uno dei più straordinari compositori del Rinascimento, un autentico rinnovatore della poetica e dell'arte musicale: tutte le ricchezze contrappuntistiche della seconda scuola fiamminga sono da lui conservate e sfruttate, ma - dalla prima fase della sua carriera di compositore fino all'ultima - sono sempre maggiormente rivalutate ai fini d'un intenso, imperioso lirismo, proprio di un'arte eminentemente soggettiva e drammatica.Ce lo conferma al microfono di Giovanni Conti il maestro Walter Testolin che, alla testa del suo Ensemble De Labyrintho, da sempre ha approfondito la musica di Josquin e pubblicato per la casa discografica Baryton uno straordinario CD del titolo In Principio.undefined
Benvenuti ai 4 Vangeli-letture in 1 anno 5 gg a settimanaOggi: Chi crede nel figlio ha vita eterna25 Nacque dunque una discussione sulla purificazione, tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo. 26 E andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te di là dal Giordano, e al quale rendesti testimonianza, eccolo che battezza, e tutti vanno da lui». 27 Giovanni rispose: «L'uomo non può ricevere nulla se non gli è dato dal cielo. 28 Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: “Io non sono il Cristo, ma sono stato mandato davanti a lui”. 29 Colui che ha la sposa è lo sposo, ma l'amico dello sposo, che è presente e lo ascolta, si rallegra vivamente alla voce dello sposo; questa gioia, che è la mia, è ora completa. 30 Bisogna che egli cresca e che io diminuisca. 31 Colui che viene dall'alto è sopra tutti; colui che viene dalla terra è della terra e parla come uno che è della terra; colui che viene dal cielo è sopra tutti. 32 Egli rende testimonianza di quello che ha visto e udito, ma nessuno riceve la sua testimonianza. 33 Chi ha ricevuto la sua testimonianza ha confermato che Dio è veritiero. 34 Perché colui che Dio ha mandato dice le parole di Dio; [Dio] infatti non dà lo Spirito con misura. 35 Il Padre ama il Figlio e gli ha dato ogni cosa in mano. 36 Chi crede nel Figlio ha vita eterna; chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui».lascia un commentoSupport the show
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Chi ha mai sentito nominare Ausonio Franchi? Probabilmente pochi. Eppure fu un uomo celebre e acclamato al suo tempo. La sua vita merita di essere raccontata. Il suo vero nome era Cristoforo Bonavino. Nacque a Pegli in Liguria il 27 febbraio 1821, da una famiglia numerosa e profondamente cristiana. A sedici anni fu accolto in seminario dove si distinse per il fervore dei suoi studi e specialmente per la devozione alla Madonna. Nel novembre del 1840 entrò nella Congregazione degli Oblati di S. Alfonso per la riforma del clero, da poco fondata dal vescovo di Bobbio Antonio Maria Giannelli (1879-1846), una grande figura dell'episcopato cattolico dell'Ottocento, proclamato santo da Pio XII nel 1951.
Nacque in una città che si chiamava Pella, che in dialetto dorico significa “luogo dove prendere decisioni”. Un ottimo inizio, direi! Il 21 luglio del 356 avanti Cristo nasceva.... Alessandro Magno! Scopri di più e scarica ora l'app di Podcastory! Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7828BEATIFICATO DON STREICH, MARTIRE UCCISO DAI COMUNISTI di Wlodzimierz RedziochDurante l'udienza concessa il 23 maggio al card. Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, Papa Francesco ha autorizzato il medesimo Dicastero a promulgare una serie di decreti, tra cui quello riguardante il martirio del Servo di Dio Stanislao Kostka Streich, sacerdote diocesano; nato il 27 agosto 1902 a Bydgoszcz (Polonia) e ucciso in odio alla fede il 27 febbraio 1938 a Luboń (Polonia). Un'altra vittima del comunismo in Polonia sarà proclamata beata, ma a differenza dei sacerdoti martiri nel periodo comunista, don Streich fu ucciso nella Polonia democratica, prima della Seconda guerra mondiale da un militante comunista. La sua storia assomiglia a tante storie dei sacerdoti dell'Emilia Romagna martirizzati dai comunisti negli anni Quaranta.Un anno prima dell'assassinio di don Streich Pio XI pubblicava l'Enciclica Divini Redemptoris sul «'comunismo bolscevico' ed ateo che mira a capovolgere l'ordinamento sociale e a scalzare gli stessi fondamenti della civiltà cristiana». Nella sua Enciclica il Papa, tra le altre cose, spiegava le cause della violenza esercitata dai comunisti. «Insistendo sull'aspetto dialettico del loro materialismo, i comunisti pretendono che il conflitto, che porta il mondo verso la sintesi finale, può essere accelerato dagli uomini. Quindi si sforzano di rendere più acuti gli antagonismi che sorgono fra le diverse classi della società; e la lotta di classe, con i suoi odi e le sue distruzioni, prende l'aspetto d'una crociata per il progresso dell'umanità. Invece, tutte le forze, quali che esse siano, che resistono a quelle violenze sistematiche, debbono essere annientate come nemiche del genere umano» - scriveva Pio XI. Il martiro di don Streich è la prova della correttezza dell'analisi del Papa che, purtroppo, è sempre attuale.DON STANISŁAW KOSTKA STREICHMa chi era don Stanisław Kostka Streich? Nacque il 27 agosto 1902 a Bydgoszcz che nel periodo delle spartizioni della Polonia ad opera delle potenze confinanti (1795-1918) apparteneva alla Prussia. I suoi genitori erano: Franciszek Streich, impiegato di una Compagnia di Assicurazioni, e Władysława Birzyńska. Nel 1912, dopo aver compiuto i tre anni della scuola dell'obbligo, frequentò per otto anni il ginnasio di Scienze umane fino al 1920. Lo stesso anno, inoltrò una domanda di ammissione al Seminario di Poznań e fu ammesso. Poi studiò a Gniezno e fu ordinato sacerdote il 6 giugno 1925. Dopo l'ordinazione, negli anni 1925-1928 studiò filosofia classica all'Università di Poznań. Negli anni successivi lavorava come vicario presso varie parrocchie e insegnava religione al seminario.Nel 1933 assunse la funzione di parroco nella località Zabikowo nel territorio del comune di Lubon dove, purtroppo, mancava una vera chiesa: da chiesa fungeva la cappella presso il convento delle Ancelle dell'Immacolata. Don Streich organizzò un comitato per la costruzione della chiesa: nel 1935 fu presa la decisione di avvio della costruzione della chiesa a Luboń e fu istituita la nuova parrocchia di San Giovanni Bosco organizzata attorno alla chiesa in costruzione. Durante i 3 anni del suo lavoro pastorale, prima di essere assassinato, il sacerdote organizzò quasi dal nulla la vita parrocchiale e la vita della comunità. Il suo atteggiamento pieno di premura e disponibilità, la promozione della vita eucaristica nella parrocchia e le attività introdotte conferirono alla parrocchia di San Giovanni Bosco di Lubon una qualità particolare. Don Streich organizzò una serie di organizzazioni cattoliche che poi crebbero in modo meraviglioso. Ma le sue intense attività nel campo sociale, di particolare importanza per Lubon, città abitata prevalentemente da operai, furono malviste dai comunisti locali che volevano instaurare il comunismo.MINACCE DI MORTEPer tutto l'anno 1937 il sacerdote riceveva lettere anonime in cui, con linguaggio ingiurioso e offensivo, si prediceva la sua morte imminente. Ad aprile, qualcuno si introdusse di nascosto nella chiesa, manomise il tabernacolo, forzò le cassette delle offerte e sparpagliò gli abiti di rito. Ad agosto, fu aggredito il guardiano della chiesa. In ottobre, aggressori ignoti lanciarono pietre contro il prete. È proprio in quel mese che scrisse il suo testamento. L'11 febbraio 1938, scrisse la sua ultima lettera alla madre. La domenica del 20 febbraio, nella chiesa successe un fatto strano: fu probabilmente quel giorno che, durante una finta confessione il suo futuro assassino gli comunicò la sua intenzione di ammazzarlo. Dopo quel fatto il sacerdote sembrava cambiato.Il 27 febbraio 1938 alle ore 9.30, don Streich entrò nel confessionale come al solito per sentire le confessioni dei fedeli. Alle 10.00 cominciò a celebrare la Messa. Dopo che si fu allontanato dall'altare, si tolse la casula e si diresse verso il pulpito per leggere il Vangelo e pronunciare la predica. Con la mano sinistra stringeva contro il petto l'evangeliario, con la destra toccava le testine dei bambini. All'improvviso, dalla folla saltò fuori un uomo con la mano alzata e sparò due volte a don Streich mirando alla faccia. Il primo colpo fu mortale: il proiettile entrò sotto l'occhio destro, ruppe l'osso cranico e si fermò nel cervello. La seconda pallottola attraversò l'Evangeliario. Il prete cadde all'indietro sul fianco destro e l'attentatore gli sparò altri due colpi alla schiena. L'atto di decesso precisava il momento della morte: le ore 10.30.I tentativi volti ad avviare l'inchiesta diocesana della causa di beatificazione di don Streich iniziarono subito dopo la sua morte. Sfortunatamente, l'anno successivo scoppiò la Seconda guerra mondiale, successivamente, nel 1945, in Polonia fu istaurato il regime comunista che ovviamente non permetteva d'instaurare un processo di beatificazione di una vittima di un comunista. Solo con la caduta del comunismo nel 1989 si ripresentò la possibilità d'avviare la causa, essendo sempre viva fama di martirio e di santità di don Streich tra i fedeli. Il 26 gennaio 2017, la Congregazione Vaticana per le cause dei santi rilasciò il "nulla osta" per l'istruzione della causa che cominciò nell'arcidiocesi di Poznan. Finita la fase diocesana, il 26 aprile 2019 gli atti furono consegnati alla Congregazione per le Cause dei Santi. L'odierna promulgazione del decreto sul martirio di don Streich apre la strada alla sua già prossima beatificazione.«Quando i cristiani sono veramente lievito, luce e sale della terra, diventano anche loro, come avvenne per Gesù, oggetto di persecuzioni. Come Lui sono 'segno di contraddizione' (...) Quanto utile è allora guardare alla luminosa testimonianza di chi ci ha preceduto nel segno di una fedeltà eroica sino al martirio!» - scriveva Benedetto XVI.Il messaggio del martirio di don Streich rimane sempre attuale nel mondo che continua a combattere la Chiesa di Cristo e perseguita i suoi sacerdoti. Ed è particolarmente attuale anche nella Polonia di oggi dove è iniziata una nuova persecuzione della Chiesa, simile a quella dei tempi del comunismo. I politici, ma prima di tutto i media, fomentano l'odio verso fede cattolica e l'anticlericalismo. E i preoccupanti risultati si vedono: profanazione dei luoghi di culto e dei simboli religiosi, spettacoli blasfemi, attacchi anche fisici ai sacerdoti, ondate di discorsi d'odio conto la Chiesa e i valori cristiani nei social media. Allora il martirio di don Streich dovrebbe essere anche un monito contro chi alimenta l'anticattolicesimo.Nota di BastaBugie: Wlodzimierz Redzioch, nell'articolo seguente dal titolo "Sacerdote arrestato nella nuova Polonia anticlericale" intervista l'avvocato del sacerdote in carcere dal 26 marzo. Si sospetta il movente politico dietro l'arresto, per appropriarsi del suo centro di aiuto alle persone in difficoltà e "regalarlo" a fondazioni di sinistra.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 11 aprile 2024:Quest'anno la Settimana Santa per la Chiesa in Polonia è stata particolare: martedì 26 marzo è stato fermato dalla polizia un sacerdote, padre Michal Olszewski: fermato e subito condannato dal tribunale distrettuale di Varsavia-Mokotów a tre mesi di arresto temporaneo in relazione al caso del Fondo Giustizia. Il difensore di padre Olszewski, l'avvocato Krzysztof Wąsowski ha comunicato che non c'erano motivi per l'arresto e che le accuse rivolte alla Fondazione Profeto diretta dal sacerdote sono infondate. Perciò ha fatto ricorso contro la detenzione del sacerdote. La faccenda riguarda la costruzione del centro "Arcipelago - Isole libere da violenza" destinata ad aiutare le persone in situazioni economiche difficili, socialmente escluse e vittime di violenza e crimini, che viene finanziato principalmente dal Fondo Giustizia gestito dal Ministero della Giustizia.Nemmeno i confratelli di padre Olszewski, i padri del Sacro Cuore di Gesù, potevano contattarlo nel giorno dell'arresto. Lo stesso giorno, gli agenti dell'Agenzia per la Sicurezza Interna (ABW) sono entrati in tre case appartenenti alla congregazione. P. Płatek, portavoce della congregazione, ha dichiarato che il giorno dell'arresto «gli ufficiali dell'ABW sono venuti e hanno fatto delle perquisizioni nelle loro case a Varsavia, Stopnica e Stadniki: erano luoghi dove la Fondazione Profeto svolgeva temporaneamente le proprie attività».L'arresto di p. Olszewski è stato preceduto ed accompagnato dall'odiosa campagna mediatica di denigrazione del sacerdote che l'avvocato ha
Ci siamo lasciati alle spalle le celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Josquin Desprez, uno dei più straordinari compositori del Rinascimento . Nacque e morí a Condé-sur-l'Escaut, nell'attuale Belgio, ma la sua vita la trascorse per la maggior parte tra la Francia e l'Italia al servizio degli Sforza e del Papa. Josquin, come viene comunemente chiamato, fu un autentico rinnovatore della poetica e dell'arte musicale: tutte le ricchezze contrappuntistiche della seconda scuola fiamminga sono da lui conservate e sfruttate, ma - dalla prima fase della sua carriera di compositore fino all'ultima - sono sempre maggiormente rivalutate ai fini d'un intenso, imperioso lirismo, proprio di un'arte eminentemente soggettiva e drammatica.Ce lo conferma al microfono di Giovanni Conti il maestro Walter Testolin che, alla testa del suo Ensemble De Labyrintho, da sempre ha approfondito la musica di Josquin e recentemente pubblicato per la casa discografica Baryton uno straordinario CD del titolo In Principio.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7826LO SPIRITO ROMANO DELLA CHIESA CATTOLICA di Roberto de MatteiLo spirito romano è quello che si respira solo a Roma, la città sacra per eccellenza, centro del Cristianesimo, patria eterna di ogni cattolico, che può ripetere «civis romanus sum» (Cicerone, In Verrem, II, V, 162), rivendicando una cittadinanza spirituale che ha come confini geografici quelli non di una città, ma di un Impero: non l'Impero dei Cesari, ma quello della Chiesa cattolica, apostolica e romana.Un tempo i vescovi delle diocesi più lontane mandavano i loro seminaristi e sacerdoti a Roma, non solo per studiare nelle migliori facoltà teologiche, ma per acquisire questa romanitas spirituale. Per questo Pio XI, rivolgendosi ai professori e agli studenti della Gregoriana, così si esprimeva: «La vostra presenza Ci dice che la vostra suprema aspirazione, come quella dei vostri Pastori che qui vi inviarono, è la vostra formazione romana. Che questa romanità che siete venuti a cercare in quella Roma eterna della quale il grande Poeta - non solo italiano, ma di tutto il mondo, perché poeta della filosofia e teologia cristiana (Dante, n.d.r.) - proclamava Cristo Romano, si faccia signora del vostro cuore, così come Cristo ne è Signore. Che questa romanità vi possieda, voi e l'opera vostra, così che tornando nei vostri paesi ne possiate essere maestri ed apostoli» (Discorso del 21 novembre 1922).Lo "spirito romano" non si studia sui libri, ma si respira in quell'atmosfera impalpabile che il grande polemista cattolico Louis Veuillot (1813-1883) chiamava «le parfum de Rome»: un profumo naturale e soprannaturale che emana da ogni pietra e memoria raccolta nel lembo di terra in cui la Provvidenza ha posto la Cattedra di Pietro. Roma è allo stesso tempo uno spazio sacro e una sacra memoria, una "patria dell'anima" come la definiva un contemporaneo di Veuillot, lo scrittore ucraino Nikolaj Gogol, che visse a Roma, a via Sistina, tra il 1837 e il 1846.LA CITTÀ CHE OSPITA LE TOMBE DEI SANTI DI DUE MILLENNIRoma è la città che ospita le tombe degli apostoli Pietro e Paolo, è la necropoli sotterranea che nelle sue viscere contiene migliaia di cristiani. Roma è il Colosseo, dove i martiri affrontarono le belve feroci; è San Giovanni in Laterano, ecclesiarum mater et caput, dove si venera il solo osso di sant'Ignazio risparmiato dai leoni. Roma è il Campidoglio, dove Augusto fece innalzare un altare al vero Dio che stava per nascere da una Vergine e dove fu elevata la basilica dell'Aracoeli, in cui riposa il corpo di sant'Elena, l'imperatrice che ritrovò le reliquie della Passione oggi custodite nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Roma sono le vie, le piazze, le case e i palazzi, dove vissero e morirono santa Caterina da Siena e santa Francesca Romana, sant'Ignazio e san Filippo Neri, san Paolo della Croce e san Leonardo da Porto Maurizio, san Gaspare del Bufalo e san Vincenzo Pallotti, san Pio V e san Pio X. A Roma puoi visitare le stanze di santa Brigida di Svezia a piazza Farnese, di san Giuseppe Benedetto Labre a via dei Serpenti, di san Stanislao Kotska a S. Andrea al Quirinale. Qui puoi venerare la culla di Gesù bambino a santa Maria Maggiore, il braccio di san Francesco Saverio nella Chiesa del Gesù, il piede di santa Maria Maddalena nella chiesa di san Giovanni dei Fiorentini.Roma ha subito flagelli di ogni ordine nella sua lunga storia: fu messa a sacco dai Goti nel 410, dai Vandali nel 455, dagli Ostrogoti nel 546, dai Saraceni nell'846, dai Lanzichenecchi nel 1527. La invasero i giacobini nel 1799 e i piemontesi nel 1870, fu occupata dai nazisti nel 1943. Roma porta nel suo corpo le cicatrici di queste profonde ferite, e di altre ancora, come la Peste Antonina (180), la Peste Nera (1348), l'epidemia di colera del 1837 e l'influenza spagnola del 1917. Secondo lo storico americano Kyle Harper (Il destino di Roma, Einaudi, Torino 2019), il crollo dell'Impero romano non fu causato solo dalle invasioni barbariche ma anche dalle epidemie e dagli sconvolgimenti climatici che caratterizzarono il periodo che va dal secondo al sesto secolo dopo Cristo. Queste guerre ed epidemie, anche nei secoli successivi, furono sempre interpretate come castighi divini. Così Ludwig von Pastor scrive che universalmente, presso gli eretici e presso i cattolici, «si vide nel terribile Sacco di Roma un giusto castigo del Cielo sulla capitale della cristianità sprofondata nei vizi» (Storia dei Papi, Desclée, Roma 1942, vol. IV, 2, p. 582). Ma Roma sempre si rialzò, purificata e più forte, come nella medaglia che nel 1557 fece coniare Paolo IV, dedicata a Roma resurgens, dopo una terribile carestia. Di Roma si può dire quello che si dice della Chiesa: impugnari potest, expugnari non potest: sempre combattuta, mai abbattuta.COSA FARE OGGIPer questo, nei giorni inquieti che viviamo, e che ancor più ci aspettano, dobbiamo sollevare lo sguardo verso la Roma nobilis, la cui luce non tramonta: la nobile Roma, che un antico canto di pellegrini saluta come signora del mondo, rosseggiante per il sangue dei martiri, biancheggiante per i candidi gigli delle Vergini: «O Roma nobilis, orbi et domina, Cunctarum urbium excellentissima, Roseo martyrum sanguine rubea, Albi et virginum liliis candida».La Roma cristiana raccoglie ed eleva sul piano soprannaturale le qualità naturali della Roma antica. Lo spirito del romano è quello dell'uomo giusto e forte, che affronta con calma e imperturbabilità le situazioni più avverse. Il romano è l'uomo che non si lascia scuotere dal furore che lo circonda, è l'uomo che rimane impavido, anche se l'universo cade in frantumi sopra di lui: «si fractu inlabatur orbis, impavidum feriant ruinae» (Orazio, Carme III, 3). Il cattolico che eredita questa tradizione, afferma Pio XII, non si limita a rimanere in piedi nelle rovine, ma si sforza di ricostruire l'edificio abbattuto, impiega tutte le sue forze nel seminare il campo devastato (Allocuzione alla Nobiltà romana del 18 gennaio 1947).Lo spirito romano è uno spirito fermo, combattivo, ma prudente. La prudenza è il retto discernimento intorno al bene e al male e non riguarda il fine ultimo dell'uomo, che è oggetto della sapienza, bensì i mezzi per conseguirlo. La prudenza è dunque la sapienza pratica della vita e tra le virtù cardinali è quella che occupa il posto centrale e direttivo. Perciò san Tommaso la considera il coronamento di tutte le virtù morali (Summa Theologiae, II-II, q. 166, 2 ad 1).La prudenza è la prima virtù richiesta ai governanti è tra tutti i governanti nessuno ha una responsabilità più alta di chi guida la Chiesa. Un Papa imprudente, incapace di governare la navicella di Pietro, sarebbe la più grave delle sciagure, perché Roma non può essere senza un Papa che la governi e un Papa non può essere privo dello spirito romano che lo aiuti a governare la Chiesa. Se ciò accade, la tragedia spirituale è maggiore di qualsiasi sciagura naturale.Roma ha conosciuto disastri di ogni genere, ma li ha affrontati come fece san Gregorio Magno, nel 590, di fronte alla violenta epidemia di peste, che si era abbattuta sulla città. Per placare la collera divina, il Papa, appena eletto, ordinò una processione penitenziale del clero e del popolo romano. Quando il corteo giunse al ponte che unisce la città al Mausoleo di Adriano, Gregorio vide sulla sommità del Castello san Michele, che, in segno del cessato castigo, riponeva nel fodero la spada insanguinata, mentre un coro di angeli cantava: "Regina Coeli, laetare, Alleluja - Quia quem meruisti portare, Alleluja - Resurrexit sicut dixit, Alleluja!". San Gregorio rispose ad alta voce: « Ora pro nobis Deum, Alleluja!».Nacque così l'armonia che ancora risuona da un capo all'altro dell'orbe cattolico. Possa questo canto celeste infondere nei cuori cattolici un'immensa fiducia in Maria, protettrice della Chiesa, ma anche di quello spirito romano, forte ed equilibrato, di cui più che mai abbiamo bisogno in questi giorni terribili.
Ci siamo lasciati alle spalle le celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Josquin Desprez, uno dei più straordinari compositori del Rinascimento . Nacque e morí a Condé-sur-l'Escaut, nell'attuale Belgio, ma la sua vita la trascorse per la maggior parte tra la Francia e l'Italia al servizio degli Sforza e del Papa. Josquin, come viene comunemente chiamato, fu un autentico rinnovatore della poetica e dell'arte musicale: tutte le ricchezze contrappuntistiche della seconda scuola fiamminga sono da lui conservate e sfruttate, ma - dalla prima fase della sua carriera di compositore fino all'ultima - sono sempre maggiormente rivalutate ai fini d'un intenso, imperioso lirismo, proprio di un'arte eminentemente soggettiva e drammatica.Ce lo conferma al microfono di Giovanni Conti il maestro Walter Testolin che, alla testa del suo Ensemble De Labyrintho, da sempre ha approfondito la musica di Josquin e recentemente pubblicato per la casa discografica Baryton uno straordinario CD del titolo In Principio.
Mentre il Vate Gabriele d'Annunzio influenzava il gusto estetico della società nei primi anni del Novecento, i divi dello schermo ispirarono modelli di comportamento che i loro ammiratori assunsero nella vita di tutti i giorni. Nacque il "Borellismo" cioè l'atteggiarsi alla gestualità e allo stile che la grande attrice Lyda Borelli evidenziava nei suoi film. Già stella del palcoscenico, riscosse un immenso successo anche al cinema e divenne un punto di riferimento per molte attrici.
Benvenuti ai 4 Vangeli-letture in 1 anno 5 gg a settimanaOggi: Chi crede nel figlio ha vita eterna25 Nacque dunque una discussione sulla purificazione, tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo. 26 E andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te di là dal Giordano, e al quale rendesti testimonianza, eccolo che battezza, e tutti vanno da lui». 27 Giovanni rispose: «L'uomo non può ricevere nulla se non gli è dato dal cielo. 28 Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: “Io non sono il Cristo, ma sono stato mandato davanti a lui”. 29 Colui che ha la sposa è lo sposo, ma l'amico dello sposo, che è presente e lo ascolta, si rallegra vivamente alla voce dello sposo; questa gioia, che è la mia, è ora completa. 30 Bisogna che egli cresca e che io diminuisca. 31 Colui che viene dall'alto è sopra tutti; colui che viene dalla terra è della terra e parla come uno che è della terra; colui che viene dal cielo è sopra tutti[g]. 32 Egli rende testimonianza di quello che ha visto e udito, ma nessuno riceve la sua testimonianza. 33 Chi ha ricevuto la sua testimonianza ha confermato[h] che Dio è veritiero. 34 Perché colui che Dio ha mandato dice le parole di Dio; [Dio] infatti non dà lo Spirito con misura. 35 Il Padre ama il Figlio e gli ha dato ogni cosa in mano. 36 Chi crede nel Figlio ha vita eterna; chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui».Support the show
Seconda puntata in compagnia di Walter Testolin.Sono da poco trascorsi i 500 anni dalla morte di Josquin Desprez, uno dei più straordinari compositori del Rinascimento al punto da essere definito dai suoi contemporanei il Michelangelo della musica.Nacque e morí a Condé-sur-l'Escaut, nell'attuale Belgio, ma la sua vita la trascorse per la maggior parte tra la Francia e l'Italia al servizio degli Sforza e del Papa. Josquin, come viene comunemente chiamato, fu un autentico rinnovatore della poetica e dell'arte musicale: tutte le ricchezze contrappuntistiche della seconda scuola fiamminga sono da lui conservate e sfruttate, ma - dalla prima fase della sua carriera di compositore fino all'ultima - sono sempre maggiormente rivalutate ai fini d'un intenso, imperioso lirismo, proprio di un'arte eminentemente soggettiva e drammatica.Ce lo conferma al microfono di Giovanni Conti il maestro Walter Testolin che, alla testa del suo Ensemble De Labyrintho, da sempre ha approfondito la musica di Josquin e recentemente pubblicato per la casa discografica Baryton uno straordinario CD del titolo “In Principio“.
Santi Angeli custodi Nacque poi una discussione tra loro, chi di loro fosse più grande (Lc 9,46)Un bambino per crescere non basta a se stesso, necessita della cura e della dedizione di altri. Questa necessità, questo atteggiamento ci viene restituito per indicarci chi è il più grande nel regno dei cieli.Io non conosco nessun altro segno di superiorità nell'uomo che quello di essere gentile (Ludwig Van Beethoven)
Sono da poco trascorsi i 500 anni dalla morte di Josquin Desprez, uno dei più straordinari compositori del Rinascimento al punto da essere definito dai suoi contemporanei il Michelangelo della musica.Nacque e morí a Condé-sur-l'Escaut, nell'attuale Belgio, ma la sua vita la trascorse per la maggior parte tra la Francia e l'Italia al servizio degli Sforza e del Papa. Josquin, come viene comunemente chiamato, fu un autentico rinnovatore della poetica e dell'arte musicale: tutte le ricchezze contrappuntistiche della seconda scuola fiamminga sono da lui conservate e sfruttate, ma - dalla prima fase della sua carriera di compositore fino all'ultima - sono sempre maggiormente rivalutate ai fini d'un intenso, imperioso lirismo, proprio di un'arte eminentemente soggettiva e drammatica.Ce lo conferma al microfono di Giovanni Conti il maestro Walter Testolin che, alla testa del suo Ensemble De Labyrintho, da sempre ha approfondito la musica di Josquin e recentemente pubblicato per la casa discografica Baryton uno straordinario CD del titolo “In Principio“.
Per secoli il blu è stato il colore delle figure sacre, del velo della Madonna, della nobiltà dal sangue e dagli abiti blu, dei lapislazzuli. Fino a quando i genovesi nel Cinquecento non scoprirono nei loro viaggi in oriente l'indaco, una pianta che permetteva di ottenere la tintura giusta per gli abiti. Nacque così il Blu di Genova, una vera innovazione sociale che rese il blu accessibile a tutti. Ed è dalla storpiatura dei marinai inglesi del termine Blu di Genova che è nato il blue jeans. In questo episodio ne parlo con Renzo Rosso, il fondatore di Diesel che ha riportato la grandezza del blue jeans nella terra che gli ha dato il nome, passando dai miti di Levi's e di James Dean.
Se la nascita di un bambino è sempre una gioia, a Laghi, il più piccolo Comune del Veneto per numero di abitanti, lo è di più. Tutto il paese nella mattinata di oggi è stato avvertito del lieto evento dalle campane che hanno suonato a festa per Adele Lorenzato, nata da papà Luca e da mamma Vania: la piccola è nata a Santorso, 2chili e 930 etti di amore, sanissima e subito affamata.
Nacque in una città che si chiamava Pella, che in dialetto dorico significa “luogo dove prendere decisioni”. Un ottimo inizio, direi! Il 21 luglio del 356 avanti Cristo nasceva.... Alessandro Magno!Ascolta le storie che ami con Podcastory, scarica subito l'app!
Quello dei Vulcani dell'Alvernia è il più grande parco naturale della Francia metropolitana. Un punto di riferimento per gli amanti della natura, del trekking avventuroso e, dal 1973… dagli alieni.Si, perché nel 1973 Claude Vorillhon, musicista e giornalista sportivo assistette a incontri ravvicinati del quinto tipo, ossia un vero e proprio contatto con esseri di un altro pianeta, che avrebbero rivelato all'uomo francese grandi segreti e modi di ottenere tecnologie incredibili. In particolare, da un lampo di luce al ciel sereno sarebbe spuntato un oggetto volante dalle strane fattezze, dal quale, per mezzo di una scala, sarebbe poi sceso un essere umanoide presentatosi come Yahweh. Yahweh, denso di un'aura dei più puri sentimenti umani quali l'amicizia e l'amore, avrebbe chiesto a Claude di divenire il predicatore e nuovo messia degli Elohìm, la razza aliena che decine di migliaia di anni fa aveva per necessità creato la vita sulla terra. Claude, ribattezzato Raèl che in lingua aliena significava messaggero degli elohìm, venne quindi investito della grande responsabilità di preparare l'umanità al grande avvento, e di convertire i popoli all'amore per gli Elohìm.Nacque quindi la società dei Raeliani, i quali progetti e fini sono in realtà segreti. Scommetto che a sentirla in questo modo, starai pensando che una storia del genere è a tutti gli effetti… incredibile. Una storiella fantasy, uscita dalla brillante mente perversa di un novello scrittore…. Eppure ad oggi il movimento raeliano, fondato in francia, si è espanso in giappone, canada, stati uniti e… persino in italia.Oggi, partendo da dischi volanti e incontri del terzo, e quarto tipo, indagheremo le ragioni psicologiche che spingono un numero elevato di persone a far parte di società segrete simili al movimento dei Raeliani, approfondendo alcuni dei segreti che essi nascondono.Questo show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/4563000/advertisement
Questa settimana vi proponiamo l'ascolto del monologo di Stefano Massini "Come nacque lo slogan"
Tommaso Gagliano fu sicuramente il padrino del Bronx. possiamo definirlo un personaggio poco appariscente se non addirittura riservato. Fu anche poco conosciuto al di fuori degli ambienti mafiosi. Nacque a Corleone, in Sicilia, il 29 maggio 1883. Riguardo ai suoi inizi in Sicilia si hanno poche informazioni, si sa soltanto che era un rispettato e temuto uomo d'onore della Famiglia di Corleone. In seguito emigrò con moglie e figli a New York nel 1906 e si stabilì a East Harlem. Gagliano era noto per il suo approccio discreto alla gestione della mafia. Era un abile mediatore e fu in grado di risolvere i conflitti all'interno dell'organizzazione senza ricorrere alla violenza.Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/storia-della-mafia-americana--4689841/support.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7346LA SANTITA' DI MAMMA MARGHERITA, LA MADRE DI DON BOSCO di Fabio ArduinoNon è cosa semplice tracciare un breve profilo biografico di questa semplice donna, genitrice di un grande santo quale Giovanni Bosco. La santità di Margherita Occhiena non è infatti frutto di eventi straordinari, quanto piuttosto di una vita umile e nascosta vissuta in armonia con l'insegnamento evangelico.Nacque il 1° aprile 1788 a Capriglio, sulle colline astigiane, ed il giorno stesso venne battezzata nella chiesa parrocchiale del paese. Qui rimase sino al matrimonio con Francesco Bosco, amico di famiglia, già vedovo e padre di un figlio. Il matrimonio fu celebrato a Capriglio il 6 giugno 1812. La coppia si stabilì ai Becchi, frazione di Castelnuovo d'Asti (odierna Castelnuovo Don Bosco), sul colle ove oggi sorge la grande basilica, nella casa del mezzadro Francesco. Iniziò così per Margherita una nuova vita. Il marito aveva un sogno: diventare un piccolo proprietario, con le proprie terre e la propria casa. Per questo acquistò alcuni campi, una striscia di vigna, e una casupola che trasforma in stalla per i due buoi e la mucca che già possedeva. Il 17 aprile 1813, nacque Giuseppe, il primo figlio di Margherita e Francesco. Il 16 agosto 1815 nacque poi il secondo figlio, Giovanni, che diventerà il celeberrimo Don Bosco.Ancora due anni di rustica serenità, poi morì il padre, come Don Bosco narrò nelle sue Memorie: "Non avevo ancora due anni, quando Dio misericordioso ci colpì con una grave sventura. Mio papà era nel pieno delle forze, nel fiore degli anni, ed era impegnato a darci una buona educazione cristiana. Un giorno, tornando dal lavoro madido di sudore, scese senza pensarci nella cantina sotterranea e fredda. Fu assalito da una febbre violenta, sintomo di una grave polmonite. In pochi giorni la malattia lo stroncò. Nelle ultime ore ricevette i santi Sacramenti e raccomandò a mia madre di avere fiducia in Dio. Cessò di vivere a 34 anni. Era il 12 maggio 1817".GIOVANE VEDOVAAlla prematura morte del marito, la ventinovenne Margherita si trovò ad affrontare da sola la conduzione della famiglia in un momento di grande carestia, ad assistere la suocera ed il figliastro Antonio, nonchè ad educari i due figli nati dal matrimonio: Giuseppe e Giovanni. Donna forte, dalle idee chiare, determinata nelle scelte, con un regime di vita sobrio, nell'educazione cristiana è severa, dolce e ragionevole. I tre ragazzi avevano un temperamento assai diverso, ma Mamma Margherita non livellò e non mortificò mai nessuno. Costretta a fare scelte talvolta drammatiche, quale l'allontanamento da casa del figlio minore per non rompere la pace e per farlo studiare, era solita assecondare con fede, saggezza e coraggio le propensioni dei figli, aiutandoli a crescere nella generosità e nell'intraprendenza.All'età di nove anni, il piccolo Giovannino ebbe un sogno che lo guidò verso il suo futuro di educatore di una immensa schiera di giovani. Con il passare degli anni si consolidò in lui il desiderio di diventare sacerdote, ma mancavano in famiglia le possibilità economiche per un tale passo e l'unica via percorribile sarebbe stata diventare francescano. Questa idea fu anche comunicata dal parroco a Mamma Margherita, che allora chiese al figlio: "Il parroco è stato da me per confidarmi che tu vuoi farti religioso. È vero?". Giovanni rispose: "Sì, madre mia. Credo che voi non avrete nulla in contrario". Allora la madre lo ammonì sapientemente: "Io voglio solamente che tu esamini attentamente il passo che vuoi fare e poi segui la tua vocazione senza guardar ad alcuno. La prima cosa è la salvezza della tua anima. Il parroco voleva che io ti dissuadessi da questa decisione in vista del bisogno che potrei avere in avvenire del tuo aiuto. Ma io dico: in queste cose non c'entro, perché Dio è prima di tutto. Non prenderti fastidio per me. Io da te voglio niente; niente aspetto da te. Ritieni bene: sono nata in povertà, sono vissuta in povertà, voglio morire in povertà. Anzi te lo protesto. Se ti decidessi per lo stato di prete secolare, e per sventura diventassi ricco, io non verrò neppure a farti una sola visita, anzi non porrò mai piede in casa tua. Ricordalo bene".LA SANTA IGNORANZAToccò proprio a Margherita accompagnare con particolare amore il figlio sino al sacerdozio e poi, lasciando la cara casetta dei Becchi, lo seguì nella sua missione tra i giovani poveri e abbandonati di Torino. In una sera piovosa del maggio del 1847, Mamma Margherita e Don Bosco accolsero a Valdocco il primo ragazzo, dando così inizio alla loro opera. Illetterata, parlava solamente in lingua piemontese, ma piena di quella sapienza che viene dall'alto poté essere d'aiuto a tanti poveri ragazzi di strada, figli di nessuno. Pose sempre Dio innanzi a tutto, consumandosi per Lui in una vita di povertà, di preghiera e di sacrificio.Qui, per ben dieci anni, la sua vita si confuse con quella del figlio e con gli albori dell'opera salesiana: Mamma Margherita fu così la prima e principale Cooperatrice di Don Bosco ed estese la sua maternità allo stuolo di ragazzi che affollarono il celebre oratorio di Valdocco. Con bontà fattiva divenne l'elemento materno del "sistema preventivo" e senza saperlo fu vera "cofondatrice" della Famiglia Salesiana, sarta che da una buona stoffa seppe creare grandi santi come Domenico Savio e Michele Rua.Una sera Margherita sussurrò al figlio: "Giovanni, sono stanca. Lasciami tornare ai Becchi. Lavoro dal mattino alla sera, sono una povera vecchia, e quei ragazzacci mi rovinano sempre tutto. Non ce la faccio proprio più". Don Bosco guardò il volto di sua madre e sente un nodo alla gola. Non trova parole potenzialmente capaci di consolare quella povera donna. Si limitò allora a fare un gesto: le indicò il Crocifisso appeso alla parete e la vecchia mamma capì in silenzio.Il 29 ottobre 1854 arrivò all'oratorio Domenico Savio, un ragazzino di Mondonio. Mamma Margherita, sempre più frequentemente faceva qualche pausa durante il suo pesante lavoro e per riprendere fiato si recava nella nuova chiesa di San Francesco di Sales, tirava fuori la corona del Rosario e la sgranava lentamente. Un giorno osservò con Don Bosco: "Tu hai tanti giovani buoni, ma nessuno supera la bellezza del cuore e dell'animo di Domenico Savio". Don Bosco le chiese il perché e lei riprese: "Interrompe i giochi per venire a trovare Gesù nel tabernacolo. Sta in chiesa come un angelo". Fu dunque lei la prima persona ad accorgersi della santità di quel ragazzo al quale un giorno un papa avrebbe concesso l'aureola dei santi.EROICA ANCHE NELLA VECCHIAIANell'autunno del 1856, Mamma Margherita non usciva ormai quasi più dalla cucina. Ad ottobre, Don Bosco si recò come sempre ai Becchi per la festa della Madonna del Rosario, portando con sé i ragazzi migliori. Ma per la prima volta Mamma Margherita restò a casa. Per alcuni giorni rimase a letto, tormentata da una tosse insistente. Sopraggiunse poi una febbre alta. Don Bosco chiamò il medico e la diagnosi fu "polmonite". SI avvicinava dunque la sua morte, vista che per gli anziani quelle era una malattia fatale. Don Bosco pensò che questa sarebbe stata una gravissima perdita per l'oratorio e specialmente per lui. Sua madre gli aveva insegnato a vivere, ad essere prete, ad educare i ragazzi, tutto ciò mentre andavano insieme in campagna, quando si confidava con lui alla sera, mentre all'oratorio rimestava la polenta. Gli aveva insegnato la forza di non stancarsi mai, la fiducia nella Provvidenza. Gli aveva regalato, senza che lui se ne rendesse conto, il suo sistema educativo che meravigliò il mondo. Tutto questo fu condensato nella sua vita e può essere riassunto in sei parole: "bontà dolce e forte della madre".Don Giovanni Battista Borel, suo confessore, le amministrò gli ultimi sacramenti. Lei disse al figlio: "Quando eri bambino, ti aiutavo io a ricevere Gesù. Ora tocca a te aiutare tua madre. Di' le parole forte. Io le ripeterò". Giunse dai Becchi anche l'altro figlio, Giuseppe, con le mani ancora sporche di terra. Con le sue ultime parle lasciò il suo testamente spirituale: "Vogliatevi sempre bene". Dio la venne a prendere alle 3 del mattino del 25 novembre 1956. Aveva 68 anni di età. L'accompagnano al Cimitero Monumentale di Torino tanti ragazzi che la piansero quale vera "Mamma".Purtroppo i suoi resti mortali sono oggi andati perso, ma mai svanì nella Famiglia Salesiana il suo ricordo e la sua fama di santità. Il suo processo di canonizzazione iniziò però solo nel 1995. E' stata dichiarata "venerabile" nel 2006, nel 150° anniversario della sua nascita al cielo, eroica nell'esercizio "delle virtù teologali della Fede, della Speranza e della Carità, sia verso Dio sia verso il prossimo, nonché le virtù cardinali della Prudenza, della Giustizia e della Temperanza", come recita il decreto promulgato dalla Congregazione delle Cause dei Santi.
Ornella Laneri è un'imprenditrice catanese di seconda generazione. I suoi genitori fondarono l'azienda di famiglia a partire da un rimborso di 20 milioni di lire ricevuti da sua madre, minorenne, a causa di un incidente in moto. Avrebbe potuto usarli per studiare, ma furono dati al suo fidanzato di allora, poi marito, perché avviasse un'azienda. Nacque così una fiorente impresa di costruzioni. Lei teneva i conti, lui era l'imprenditore. Lei veniva chiamata “signora”, lui "ingegnere" (pur non essendolo). Ornella cresce in una famiglia agiata ma molto attenta al risparmio e a evitare gli sprechi. Conosce tutte le facce del privilegio: la cabriolet a 18 anni e le prese in giro degli amici, la possibilità di studiare fuori e la necessità di abbandonare gli studi per tornare a lavorare in azienda al richiamo del padre. Il quale le insegna il mestiere, ma senza mai passarle le consegne o legittimarla a parlare con le banche. Ornella, però, trova il modo di aggirare l'ostacolo e riesce a costruire credibilità attorno alla sua figura. Così, alla morte del padre, i fratelli affidano a lei il compito di portare avanti l'azienda di famiglia. E lei fa ciò che suo padre le aveva impedito finché era stato in vita: rendere l'azienda contemporanea. Inizia così un percorso etico e sostenibile, non più orientato alla crescita, bensì all'impatto sull'ambiente, i dipendenti, la città. --- Send in a voice message: https://podcasters.spotify.com/pod/show/rame-platform/message
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4871COME NACQUE IL VACCINO di Paolo GulisanoDa tempo i media e i social network dedicano molta attenzione al tema delle vaccinazioni. Un tema che è entrato anche nell'agenda politica con un partito (il PD) che è diventato l'alfiere delle vaccinazioni di massa, e un altro - il Movimento 5 Stelle - che al contrario esprime una posizione molto critica nei confronti di questa pratica medica. Nella morsa di queste due posizioni ideologiche stanno milioni di famiglie perplesse [...] dopo mesi di allarmismo mediatico: prima riguardo ad una presunta epidemia di casi di meningite, poi per la diffusione di dati relativi alla diminuzione delle cosiddette coperture vaccinali, ossia la percentuale di popolazione vaccinata contro una determinata malattia. Entrambi gli allarmi sono apparsi subito come decisamente enfatizzati. In termini scientifici, si definisce infatti epidemia una malattia che colpisca quasi simultaneamente una collettività di individui con una ben delimitata diffusione nello spazio e nel tempo. Affinché si sviluppi un'epidemia è necessario che il processo di contagio tra le persone sia abbastanza facile.ALLARMISMI INGIUSTIFICATIIn Italia non si è verificata alcuna epidemia di meningite, eppure da mesi è corsa al vaccino. Anche l'aumento dei casi di morbillo ha fatto gridare all'allarme il Ministro Lorenzin, che di conseguenza ha attuato in tempi rapidissimi il suo disegno di legge che fa dell'Italia l'unico Paese al mondo ad avere dodici vaccinazioni obbligatorie sostenute da un apparato coercitivo.Un primo commento è d'obbligo: nell'Occidente contemporaneo la mortalità dovuta a malattie infettive, ossia trasmissibili, è in percentuale meno dell'uno per cento. Di fatto si muore per malattie cronico-degenerative, come i disturbi cardiocircolatori, le malattie respiratorie, i tumori. Una importante causa di morte è rappresentata anche dagli incidenti, che costituiscono la prima causa di morte nei giovani al di sotto dei venticinque anni, seguita al secondo posto - è triste dirlo - dai suicidi. Questo è ciò per cui si muore oggi in Italia, in Europa e nel mondo occidentale. Eppure nessun dato sulla mortalità da tumori, da infarti, da ischemie cerebrali o da incidenti del traffico è in grado di determinare il panico collettivo suscitato dalla sola possibilità che ci si possa ammalare di meningite o di morbillo.Questo timore ancestrale delle malattie trasmesse da microrganismi invisibili rappresenta una leva formidabile per proporre i vaccini come soluzione preventiva ideale.COME NACQUE IL VACCINOPer capire meglio la questione vaccinazione, sarà utile conoscere questa pagina di storia della Medicina. La pratica vaccinale nasce alla fine del '700 grazie a Edward Jenner, un medico inglese di campagna, attento osservatore della natura, che venne a sapere da alcuni contadini che le persone che si ammalavano di vaiolo vaccino (malattia contratta dalle mucche, che sull'uomo ha sempre un esito benigno), non erano colpite dalla forma umana, molto più pericolosa. In pratica, chi era stato contagiato dalla forma vaccina risultava immunizzato dalla forma umana, proprio come chi aveva contratto il virus in forma leggera e ne era guarito. Nel 1796 Jenner decise di mettere in pratica le sue conoscenze sull'immunizzazione e di verificare, quindi, se le dicerie che aveva raccolto erano vere. Prelevò, così, da una mungitrice malata del virus vaccino il siero prodotto dalle pustole della donna e lo inoculò in un bambino di otto anni. Come previsto, il bambino contrasse subito la malattia e dopo circa due mesi guarì completamente. Iniettando un'ulteriore dose di materia presa da una pustola di vaiolo umano, il bambino risultò perfettamente immunizzato nei confronti della malattia. Jenner battezzò il metodo vaccinazione, poiché il siero originario proveniva da una vacca. Il termine più tardi è stato allargato a tutte le forme di immunizzazioni virali e batteriche. I risultati della sua esperienza furono pubblicati nel 1798, sotto il titolo di "Indagine sulle cause e gli effetti del Variolae Vaccinae, malattia meglio conosciuta come vaiolo bovino". In questo lavoro venne perla prima volta introdotto il termine virus. Jenner, che era arrivato alla sua straordinaria scoperta semplicemente verificando l'attendibilità e la veridicità di una leggenda popolare, utilizzando come metodo l'osservazione e il ragionamento, comprese le implicazioni a lungo termine della vaccinazione, e predisse che un giorno il vaiolo non sarebbe stato più una minaccia in alcun luogo della terra.VAIOLO: PRIMO E UNICO VACCINO CHE HA SCONFITTO LA MALATTIALa scoperta di Jenner venne inizialmente snobbata dall'establishment medico-scientifico, ma dalla metà dell'800 la vaccinazione si diffuse in Inghilterra e in altri Stati.In Italia l'obbligo fu sancito con la legge Crispi-Pagliani del 22 dicembre 1888. Insieme alla vaccinazione nacquero subito i movimenti anti-vaccinali, che annoveravano tra le loro fila-intellettuali illustri, come i filosofi Kant e Herbert Spencer, che ne negavano l'efficacia, così come Alfred Russel Wallace, ideatore della teoria evoluzionista della selezione naturale insieme all'amico e collega Darwin.Verso la fine dell'800 le continue proteste degli antivaccinali riuscirono a far cancellare in Inghilterra l'obbligo dell'immunizzazione, con il risultato di ridurre alla metà il numero dei vaccinati e di aumentare significativamente i casi di malattia e di morti. Nel corso del XX secolo la vaccinazione obbligatoria e di massa contro il vaiolo è ripresa, col risultato di far estinguere completamente il virus: l'ultimo caso di vaiolo è stato segnalato infatti in Somalia nel 1977 e nel 1980 l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato la definitiva eradicazione della malattia. Il successo ottenuto con la vaccinazione anti-vaiolo spinse i ricercatori a estendere il procedimento della vaccinazione ad altre malattie infettive. Si tentò, così, di stimolare immunizzazioni contro il morbillo, la sifilide e la tubercolosi. I primi risultati, però, furono deludenti.
Il Nanga Parbat nasconde fra le sue pareti le testimonianze di chi ci ha provato.Furono in tanti, tra alpinisti e portatori, ad assediare questo colosso.Molti di loro sono rimasti lì, sul Diamir - il re delle montagne.“Sono nato a Innsbruck. Le montagne guardavano nella mia culla”.Si presentava in questo modo l'austriaco Hermann Buhl, un predestinato capace di entrare elegantemente nella storia dell'alpinismo Himalayano.Buhl era un uomo innamorato delle montagne.Un amante molto spesso solitario, voglioso di percepire l'ambiente e le emozioni di chi insegue la vita. Per viverla fino in fondo, fino all'ultimo sprazzo di energia. Non era un folle Hermann Buhl, era semplicemente un tipo che non si sarebbe tirato indietro di fronte a nulla. Un profondo conoscitore del suo corpo, della sua psiche e delle sue possibilità. E dove c'era il rischio, dove avrebbe potuto nascondersi una sfida, allora ci sarebbe stato anche lui.Reinhold Messner afferma di essere sopravvissuto all'impossibile sul Nanga Parbat nel 1970.Hermann Buhl farà lo stesso nella notte fra il 3 ed il 4 luglio 1953. Gli verranno amputate due dita dei piedi in seguito ai congelamenti riportati in quella nottata.Dal versante Rakhiot era stata compiuta la prima ascesa al Nanga Parbat, ma anche la prima ascesa in solitaria su un ottomila. Il tutto, senza l'ausilio di ossigeno supplementare.Hermann Buhl aveva scritto una pagina indelebile dell'alpinismo internazionale.La spedizione del 1953 era guidata da Karl Maria Herligkoffer, lo stesso che 17 anni dopo convocherà Reinhold e Gunter Messner, alle pendici del Nanga Parbat.Questa volta però i programmi sono diversi, si punterà alla cima dalla parete RupalLa più grande parete al mondo, ancora inesplorata.Gli obiettivi dell'alpinismo in quegli anni cominciano a diversificarsi, tutti gli ottomila sono ormai stati raggiunti e allora si aprono nuovi orizzonti. Si punta sempre alla cima ma per percorsi diversi, sempre più difficili. Nacque con queste aspettative la spedizione del 1970.I fratelli Messner avevano cominciato a distinguersi per le loro ascensioni sulle Alpi.Rheinold è il più grande e nei confronti di Gunther ha quell'attenzione particolare da fratello maggiore, nonché da compagno di cordata.Sono inseparabili e quando Reinhold viene convocato da Herligkoffer, è subito chiaro. Ci sarebbe andato sulla Rupal, ma soltanto in compagnia di Gunther.Contatto mail: andataeritorno.podcast@gmail.comMusic by Epidemic Sound
Nacque a Filadelfia nel 1897 da immigrati irlandesi, John e Sara Nolan. All'anagrafe sarebbe stato registrato come John Moran. In realtà Moran sarebbe il cognome originario del padre, cambiato successivamente in Diamond. Secondo altre fonti, sarebbe stato invece registrato come John Thomas Diamond. Nel 1899 John, si fece chiamare con il diminutivo di Jack. Nel 1913 la madre morì a causa di complicazioni di un'infezione da batteri. Dopo la morte della madre, all'età di 15 anni, il padre, rimasto vedovo, si trasferì con i due figli a New York, stabilendosi nel quartiere di BrooklynDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/storia-della-mafia-americana--4689841/support.
Oggi, dopo le previsioni del tempo ed uno sguardo alle notizie, la prima puntata di #ilbuconellafocaccia, la diretta dedicata a Genova da #radio21aprileweb!Parliamo qualche minuto di #rollidays: un evento a #Genova, che si ripete periodicamente, e che ti permette di vedere da vicino i bellissimi Palazzi dei Rolli in via Garibaldi. I prossimi Rolli Days saranno dal 14 al 16 ottobre.Via Garibaldi si chiamava Via Nuova, e prima ancora Via Aurea. Nacque il 17 marzo 1550 come progetto, quando i governanti delle eccelsa Repubblica di Genova pensarono di deicare questo spazio sotto Castelletto per farvi costruire "molti bellissimi edifici" per arrecare "non solo utilità ma anche bellezza alla città".I palazzi vennero costruiti tra il 1558 ed il 1588. "Rolli" significa ruoli, liste: entravano nel relativo elenco i palazzi che per eleganza e bellezza erano ritenuti adatti per ospitare le personalità illustri in visita a Genova.
Ogni nascita umana è un evento speciale, un fenomeno affascinante. La scintilla dell'esistenza accesa dall'atto sessuale, che si trasforma in un essere senziente. Un'individualità che, crescendo, si svilupperà, soffrirà, amerà e donerà altra vita. Ogni nascita umana, generalmente, accade una volta sola. Venire al mondo due volte sarebbe impossibile.Come spesso sentiamo dire, ognuno di noi è differente. Anche ammesso che, vivendo più vite, tornassimo indietro, saremmo sempre noi con i medesimi pregi e difetti.Esiste tuttavia, in letteratura scientifica, il racconto di un uomo che dopo essere stato ucciso, ritornò al mondo con una personalità differente. Come se l'incidente dal quale venne colpito avesse cambiato non solo il suo cervello, ma anche la sua personalità.Quella di oggi è una storia che dietro all'iniziale e apparente eccitazione, nasconde numerose ombre. Ombre di morte, che permisero a quell'uomo di vivere per sempre nei manuali di psicologia e neuroscienze, rendendolo immortale.
Virginia Hill la contadinella dell'Alabama che diventò la regina della mafia. Nacque a Lipscomb, in Alabama, il 26 agosto 1916. Da bambina, assieme ai genitori, e i suoi nove fratelli, si trasferì in Georgia. Stanca dei maltrattamenti e dalle brutali percosse che lei e i suoi fratelli e la madre subirono dal padre alcolizzato, all'età di sette anni, ustionò il padre con il grasso di salsiccia. Nel novembre 1931, quando aveva 15 anni, sposò il sedicenne George Randell e con lui fuggì di casa alla volta di Chicago. Lì si trovò molto presto immersa nel mondo violento di alcuni dei più famigerati gangster. Dopo essersi divorziata, iniziò a lavorare come cameriera e prostituta. Poco tempo dopo Hill venne coinvolta nella malavita di New York, Chicago, Los Angeles e Las Vegas. All'inizio della sua carriera, ebbe l'incarico di "bag girl", ovvero di fare da corriere per trasportare denaro contante e merce rubata tra i principali gruppi criminali nelle più grandi città americane.Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/storia-della-mafia-americana--4689841/support.
Un racconto inusuale per Archeologia Informatica per uno speciale estivo tutto da gustare sotto l'ombrellone. Di solito non ci occupiamo della storia “recente” cioè di avvenimenti dopo l'anno 2000, ma in questo caso racconteremo la storia di qualcosa che è stato probabilmente un “unicum” nella storia dell'informatica e che difficilmente potrà ripetersi.Successe infatti all'inizio di questo nuovo millennio che qualcuno si pose la domanda se si potesse migliorare il mondo in maniera fattiva, trasformare l'istruzione per i bambini di tutto il mondo; questo obiettivo doveva essere raggiunto creando e distribuendo dispositivi educativi per i paesi in via di sviluppo e creando software e contenuti per tali dispositivi.Nacque così un'iniziativa senza scopo di lucro chiamata “One Laptop per Child” (O.L.P.C.) cioè “UN COMPUTER (portatile) PER OGNI BAMBINO”, ascolteremo il racconto di questo sogno utopico che vede protagonisti tanti grandi dell'informatica a partire dal fondatore Nicholas Negroponte e grandi aziende come Google, Red Hat, Nortel Networks fino a Microsoft, direttamente dalla voce di un italiano che sin da subito ha abbracciato il progetto e lo ha seguito negli anni: Bernardo “Bernie” Innocenti.Buon Ascolto!
Il Parco Naturale Regionale dei Vulcani dell'Alvernia è il più grande parco naturale della Francia metropolitana. Un punto di riferimento per gli amanti della natura, del trekking avventuroso e, dal 1973… dagli alieni. Si, perché nel 1973 Claude Vorillhon, musicista e giornalista sportivo assistette a incontri ravvicinati del quinto tipo, ossia un vero e proprio contatto con esseri di un altro pianeta, che avrebbero rivelato all'uomo francese grandi segreti e modi di ottenere tecnologie incredibili. In particolare, da un lampo di luce al ciel sereno sarebbe spuntato un oggetto volante dalle strane fattezze, dal quale, per mezzo di una scala, sarebbe poi sceso un essere umanoide presentatosi come Yahweh. Yahweh, denso di un'aura dei più puri sentimenti umani quali l'amicizia e l'amore, avrebbe chiesto a Claude di divenire il predicatore e nuovo messia degli Elohìm, la razza aliena che decine di migliaia di anni fa aveva per necessità creato la vita sulla terra.Claude, ribattezzato Raèl che in lingua aliena significava messaggero degli elohìm, venne quindi investito della grande responsabilità di preparare l'umanità al grande avvento, e di convertire i popoli all'amore per gli Elohìm. Nacque quindi la società dei Raeliani, i quali progetti e fini sono in realtà segreti. Scommetto che a sentirla in questo modo, starai pensando che una storia del genere è a tutti gli effetti… incredibile. Incredibile nel senso che nessuno potrebbe mai crederci. Eppure ad oggi il movimento raeliano, fondato in francia, si è espanso in giappone, canada, stati uniti e… persino in italia. Oggi indagheremo le ragioni psicologiche che spingono un numero elevato di persone a far parte di società segrete simili al movimento dei Raeliani, indagando sui segreti che essi nascondono. Ci sarà da… rabbrividire.
Mariano Sabatini"Ma che belle parole! Luciano Rispoli"Il fascino discreto della radio e della tvVallecchi Firenzehttps://www.vallecchi-firenze.it/"Vita e carriera di un protagonista indiscusso della storia della radio e della TV."La scommessa sulla radio e sulla TV Luciano Rispoli la fece fin dal 1954, anno di nascita ufficiale del piccolo schermo. Tra incarichi dirigenziali e l'ideazione-conduzione di programmi di successo (Parola mia e Tappeto volante su tutti), un'intera vita nell'ambito della comunicazione, dell'intrattenimento colto e del giornalismo popolare ai più alti livelli. In quasi sessant'anni di carriera divenne uno dei volti più noti e amati. E tuttora viene sovente citato per la sua esclamazione entusiastica «Ma che belle parole!» dinanzi alle dissertazioni linguistiche del professor Beccaria. È infatti divenuta frase idiomatica. A 90 anni della nascita, il 12 luglio 1932, raccontare in questo libro la parabola professionale di Luciano Rispoli, all'insegna della passione bruciante, significa attraversare e, in alcuni casi, ribaltare la storia dei mass media. A lui si devono la proposta del primo talk show in Italia con L'Ospite delle due, l'intuizione del titolo Bandiera gialla e del format La Corrida, mentre contro il parere del direttore Leone Piccioni diede vita allo storico, rivoluzionario Chiamate Roma 3131; in tal modo aprendo il mezzo radiofonico, fino ad allora molto formale, alla partecipazione diretta del pubblico. Nacque così la radio moderna, con ricadute anche sulla TV. Ed è proprio sul piccolo schermo che Rispoli arrivò ad acquisire una vasta popolarità mai disgiunta da senso della misura, buon gusto, contenuti.Mariano Sabatini (Roma, 1971) ha scritto per i maggiori quotidiani, periodici e web. Ha firmato programmi di successo (Tappeto volante, Parola mia, Uno Mattina, Campionato di lingua italiana) per la Rai, Tmc e altri network nazionali; ha condotto rubriche in radio e continua a frequentare gli studi televisivi come commentatore. Pubblica racconti per riviste popolari e ha partecipato a varie antologie narrative. Dal 2001 ha scritto diversi libri di carattere saggistico, tra cui Scrivere è l'infinito (Vallecchi, 2021) e una fiaba dal titolo Una cagnolina non vola mica (Chiaredizioni, 2021). L'inganno dell'ippocastano (Salani, 2016) è il suo primo romanzo, che si è aggiudicato il premio Flaiano e il premio Romiti Opera prima 2017 ed è tradotto nei paesi di lingua francese. A questo ha fatto seguito Primo venne Caino (Salani, 2018), sempre con Leo Malinverno – giornalista investigatore – come protagonista.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
Nacque in una città che si chiamava Pella, che in dialetto dorico significa “luogo dove prendere decisioni”. Un ottimo inizio, direi! Il 21 luglio del 356 avanti Cristo nasceva.... Alessandro Magno!
Durante i cosiddetti secoli bui, la musica religiosa si ridusse a lugubri canti. Verso il 200 d.C., Clemente di Alessandria disse: “Abbiamo bisogno di un nuovo strumento: la pacifica parola religiosa, non di arpe, tamburi, flauti o trombe”. Furono imposte restrizioni, limitando la musica da chiesa alla sola voce. Nacque un nuovo stile, noto come canto liturgico. Il libro Our Musical Heritage afferma: “Meno di 40 anni dopo l'erezione di Costantinopoli, il Concilio di Laodicea (367 d.C.) proibì la partecipazione sia degli strumenti che dei fedeli alla liturgia. La musica ortodossa è sempre stata puramente vocale”. Queste restrizioni furono un'invenzione umana; non furono insegnamento derivato dal cristianesimo primitivo. Durante il Medioevo, la Bibbia diventò un libro proibito, vietato alla gente comune. I cristiani che osavano leggere o anche solo possedere una Bibbia erano perseguitati e, in molti casi, persino uccisi. Non c'è da stupirsi, quindi, che la pratica di cantare lodi a Dio scomparve durante quel periodo buio. Se la gente comune non aveva accesso alle Scritture, come poteva sapere che un decimo di tutta la Bibbia è composta da canti? --- Send in a voice message: https://anchor.fm/corgiov/message
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7064LA NATO VUOLE DI NUOVO LA ''CORTINA DI FERRO'' CONTRO LA RUSSIA di Rino CammilleriCi hanno messo dieci anni e denari e impegno per far tornare la Cortina di Ferro. Stoltenberg (nomen omen?) dice la Cina non è un nemico ma la Russia sì. Di chi? Della Nato, dice lui. Cioè, di americani e inglesi+Commonwealth (54 Paesi), diciamo noi. E dove hanno trovato la faglia da far sprofondare? Dov'è sempre stata: in Ucraina. Poi dicono che, in globalismo, la geografia non conta più niente...Tanti sforzi per ripristinare la famigerata Cortina spiegano tante cose. La prima è, a quanto pare, che quando c'era quella vecchia erano sotto sotto contenti. Ricordate? La parola d'ordine era «contenere» l'Unione Sovietica, mica abbatterla. Poi è spuntato un outsider, un fuori-dal-coro, uno che non veniva dal Deep State o dall'Establishment wasp, bensì, nientemeno, dal cinema. Uno che era cresciuto col mito di John Wayne e dei Berretti Verdi e - figurarsi - scambiava missive coi veggenti di Medjugorje e, con la moglie, si era messo addirittura a digiunare il mercoledì come richiesto dalla Gospa. Uno che, sordo alla realpolitik di quelli che comandano veramente, aveva osato l'inosabile: aprire regolari relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Cioè, coi papisti, l'odio puro degli americani di una volta. Sì, era Reagan. Provarono a sparargli, al solito, ma evidentemente la Gospa lo proteggeva e lui, cocciuto, continuò fino a far crollare l'Impero del Male.Risalendo per i rami e alla luce della novità, ecco che qualche storico "putiniano" dovrebbe, perché no, rimettersi a riesaminare Yalta. In questi decenni si è provato in tanti modi a cercare di spiegare perché Roosevelt consegnò mezza Europa a Stalin. Molti modi, perché, comunque la si rigirasse, la cosa non tornava. Difettava di logica. Senza la spaventosa fornitura di armi, aerei, navi, fabbriche chiavi-in-mano, soldi, ospedali da campo, attrezzature, vestiario, treni e perfino derrate alimentari, i sovietici sarebbero stati sbaragliati dalla Germania. Gli strateghi tedeschi non erano fessi e, se attaccarono i russi, è perché sapevano di potercela fare. Ma leggendo le memorie di piloti da caccia tedeschi si apprende la loro meraviglia nel trovarsi di fronte a Mustang e Hurricanes con la stella rossa sopra. Grazie al Lend Leasing Act, legge inventata da Roosevelt per cedere armi gratis, gli aerei americani diventati russi erano 14mila.Se dunque tanto hanno fatto e tanto hanno detto, la Cortina di Ferro faceva male ai popoli, sì, ma benissimo agli affari dei soliti. Si badi, non sto riesumando la famosa Vodka-Cola degli anni Settanta, né i libri di Volkoff in cui i dissidenti sovietici venivano incaprettati con manette marca Smith&Wesson. Ma solo cercando di capire perché qualcuno alla Cortina di Ferro ci tiene tanto.Un altro outsider che rischiava di far saltare il Progetto era Trump, che, credendo bastasse avere dalla sua i voti, fu l'unico leader occidentale a metter piede in NordCorea. Così come Nixon aveva fatto con la Cina. E si è visto in qual modo entrambi sono finiti nella polvere. Trump per l'assalto al Capitol (mentre i pro-choice assaltano la Corte Suprema protetti dalla polizia). Nixon per - udite, udite! - aver osato spiare il Partito Democratico. Però l'impero angloamericano si sta suicidando tramite abortifici, woke, cancel culture, trans, gender e Blm. Speriamo che non si tratti dell'ultimo sussulto agonico, tipo muoia Sansone e quel che segue. In ogni caso, ci rincuora il fatto che la Cortina odierna è più facile da abbassare: i russi non chiedono altro.Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Rino Cammilleri, nell'articolo seguente dal titolo "Cara Europa, sicura di voler adottare lo stile di vita Usa?" spiega la fissazione di esportare l'american way of life da parte degli americani, ma soprattutto la strana voglia degli italiani di adottare lo stile di vita Usa.Ecco l'articolo completo pubblicato sul Blog di Nicola Porro il 29 aprile 2022:Graecia capta ferum victorem cepit. Con questa frase di Orazio, nota a quelli che hanno fatto il liceo vero (quello in cui si bocciava ch'era un piacere) si intendeva quanto segue: l'Impero Romano, conquistata la Grecia, ne importò la cultura e perfino gli dei, cui si limitò a cambiare nome (Zeus=Giove, Hera=Giunone, Athena=Minerva, etc.). L'Impero Romano punto 2, cioè gli Usa, hanno fatto il contrario. Si facevano gli affari propri in base alla c.d. «dottrina Monroe», che suonava così: «l'America agli americani». Cioè, tutta, Nord e Sud, a loro, gli Usa. E la corrotta, decadente, aristocratica Europa, da cui il loro Padri Fondatori avevano preso schifati le distanze, la lasciavano a se stessa. Quando si decisero a intervenire, nella Grande Guerra, loro erano democratici e repubblicani, mentre l'Europa era tutta regni e imperi. Ma erano ancora figli di quella che fu giustamente chiamata Magna Europa, nati da colonie che gli europei, sciamando, avevano disseminato in tutto il mondo.Finita la guerra se ne tornarono ai fatti loro. Ma con la Seconda tutto cambiò. Compresero che dovevano esportare l'american way of life, che loro giudicavano la migliore in assoluto. I primi a capirlo, al solito, furono i comici: Alberto Sordi in Un americano a Roma e, prima di lui, Renato Carosone con Tu vuo' fa' l'americano, due cult rimasti giustamente nel nostro immaginario. Ma ingurgitare una cultura aliena, specialmente da parte di popoli che di cultura ne avevano da vendere, non era facile. Infatti, gli americani per noi erano quelli a cui Totò poteva agilmente rifilare la Fontana di Trevi, quelli che indossavano camicie fiorate di pessimo gusto e venivano a Cinecittà a imparare. Ma ormai il solco era fatalmente tracciato.Venne il Sessantotto e l'ultima diga fu spazzata via. Nacque, la c.d. Contestazione, non dal Maggio Francese come si crede, bensì dai moti studenteschi di Berkeley, Usa. Anche la c.d. cultura beat ci venne da laggiù. E fu così che pure noi ci vestimmo con le camicie a fiori e ci facemmo crescere i capelli. Il resto ce lo fornì l'appendice europea degli Usa, l'Inghilterra, che per la prima volta nella sua storia cominciò a far baronetti i complessini musicali, con diritto a sedere in Parlamento. La sartina Mary Quant risparmiò sulla stoffa con la minigonna e i pantaloncini inguinali. Celebre il suo slogan: «Amo la volgarità. Il buon gusto è la morte, la volgarità è la vita». Amen. Da allora fu tutta una discesa verso l'american way of life, che a sua volta scendeva sempre più fino ai livelli odierni. E i livelli odierni sono visibili in una cronaca nera quotidiana che ormai non fa più notizia.
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♦ Raymond Massey è stato un attore canadese. Nacque nel 1896 e morì nel 1983. Dopo aver partecipato alla Prima Guerra mondiale, entrò nel mondo del teatro e poi in quello del cinema. Oggi è ricordato per aver prestato il volto ad Abraham Lincoln e a uno dei protagonist del film Arsenico e vecchi merletti, al fianco di Cary Grant. Anche se era un grande personaggio teatrale e cinematografico, Raymond Massey alla fine degli anni '60 disse di essere disgustato dai film e dalle opere teatrali moderne: “Per me il teatro dovrebbe essere incanto, finzione, favola. Oggi è sesso, oscenità e squallore”. Massey disse anche che aveva smesso del tutto ad andare al cinema, mentre al teatro andava di tanto in tanto ad assistere a qualche commedia. --- Send in a voice message: https://anchor.fm/corgiov/message
Nacque nell'antica famiglia padovana Speroni degli Alvarotti nell'antico palazzo di famiglia in contrà Sant'Anna. Il padre Bernardino fu archiatra di papa Leone X, la madre Lucia era esponente dei Contarini. Bambino prodigio negli studi, divenne professore di logica dell'Università di Padova a soli diciotto anni. Dopo pochi anni di insegnamento però decise di approfondire gli studi a Bologna, dal famoso filosofo aristotelico Pietro Pomponazzi. Alla morte di costui, nel 1525, tornò a Padova dove insegnò per altri tre anni, fino al decesso del padre; dopo di ciò dovette occuparsi attivamente della sua famiglia.A questo periodo risale la composizione dei dialoghi che verranno pubblicati dall'amico Daniele Barbaro nel 1542, con il titolo di Dialogi: sono il Dialogo d'amore, quello Della dignità delle donne, quello Del tempo di partorire delle donne e quello Della cura famigliare, i due dialoghi lucianei Della usura e Della discordia, seguiti da quello Delle lingue e da quello Della retorica, e infine quello Delle laudi del Catajo, villa della S. Beatrice Pia degli Obici e quello Intitolato Panico e Bichi. Questi dialoghi sono le opere più note di Speroni, nonostante siano stati pubblicati a sua insaputa e non siano mai stati riconosciuti, e hanno avuto decine di ristampe nel corso del Cinquecento. (Da Wikipedia Italiana)
Mentre in sala si completa la seconda trilogia della saga nata dalla penna di Michael Crichton con l'arrivo di Jurassic World - Il dominio, noi torniamo al cult di Steven Spielberg del 1993. Un film che deviò il corso della storia del cinema grazie alle sue creature interamente digitali. Ecco come nacquero e come, in pochi mesi, tutto cambiò per sempre.
VIDEO: Sandokan (la tigre della Malesia) SIGLA➜ https://www.youtube.com/watch?v=KtDlcM0ZmzgVIDEO: SALVOKAN di Fabio Lucentini parodia SANDOKAN ➜ https://www.youtube.com/watch?v=_e1GEsy-yFoTESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6897IL VERO SANDOKAN FU VESCOVO E MISSIONARIO di Rino CammilleriCom'è noto, Emilio Salgari non si mosse mai dalla biblioteca pubblica. Da dove trasse le descrizioni di una regione remota come il Borneo, di cui nessuno a quel tempo sapeva niente? L'ipotesi, niente affatto campata in aria, è che le abbia lette sui rapporti e sulle mappe che tale Carlos Cuarteroni stilò, disegnò e inviò alla Santa Sede nel 1849 per convincerla ad aprire una missione da quelle parti. Non solo. La vita avventurosissima di quell'uomo pare abbia ispirato i romanzi salgariani su Sandokan e i Pirati della Malesia. La storica spagnola Alicia Castellanos Escudier lo sostiene nel suo libro Cuarteroni y los piratas malayos (1816-1880), ed. Silex, segnalato da diverse pagine culturali e anche sul sito web Aleteia.org. Qui ci interessa perché il nostro Sandokan-Cuarteroni finì la sua carriera come vescovo, particolarmente impegnato contro la tratta degli schiavi (attività preferita dai veri pirati malesi).MARINAIO NELLE FILIPPINESalgari cominciò a pubblicare a puntate il suo romanzo e nel 1895 dovette sostenere un duello con un giornalista che gli aveva dato praticamente del truffatore perché descriveva luoghi nei quali non era mai stato. In fondo era vero, ma ciò torna a merito di Salgari (che tra l'altro vinse il duello). Veniamo al nostro personaggio. Carlos Cuarteroni Fernánez era il quarto dei nove figli che l'italiano Giovanni Quarteroni aveva avuto con la moglie spagnola. Nacque a Cadice nel 1816 (il cognome era divenuto Cuarteroni, perché "qua" in spagnolo sarebbe stato pronunciato "ca"). Famiglia molto religiosa: due figli divennero sacerdoti e un altro missionario laico. Il padre aveva un fondaco di rifornimento per le navi che andavano nelle Americhe e nelle Filippine. Nel 1829 Carlos si iscrisse alla scuola marittima e fu imbarcato per Manila. La situazione era questa: non c'era il canale di Suez, si andava a vela, si doveva doppiare il pericoloso Capo di Buona Speranza e affrontare l'ancora più rischioso Oceano Indiano, coi suoi monsoni, uragani e soprattutto pirati. Le Filippine, una delle colonie ancora rimaste alla Spagna, erano un arcipelago labirintico impossibile da pattugliare con la scarsa flotta disponibile. Per ciò, chi faceva la scuola nautica era automaticamente un militare. Fu così che in pochi anni Carlos ebbe i gradi di capitano e su un brigantino fece la spola tra Manila, Hong Kong, Singapore.L'ARGENTO RITROVATO NEGLI ABISSINel 1842 si mise in proprio: comprò una goletta (ma forse era un praho filippino) che battezzò Mártires de Tonkin (Martiri del Tonchino) e, con equipaggio di ventisette uomini, tutti filippini, si diede alla pesca di perle e tartarughe, attività lucrosa ma che richiedeva notevoli capacità da sub. Epperò, data la rarità di tale merce, in molti si chiesero se fosse valsa la pena di rinunciare allo stipendio di capitano. In realtà era una copertura. Il furbo Cuarteroni cercava ben altro e lontano da occhi indiscreti: l'anno prima era affondata la nave inglese Christina carica di lingotti d'argento lungo le coste dell'isoletta di Labuan. Val la pena di ricordare che la fidanzata di Sandokan, Marianne, era detta la "perla di Labuan". E il "malvagio" sir James Brooke, il "rajah di Sarawak", esisteva davvero ed era un buon amico del nostro Cuarteroni (v. il recente film Ai confini del mondo. La vera storia di James Brooke, con Jonathan Rhys Meyers e Dominic Monaghan, l'hobbit Merry di Tolkien), il quale nei suoi diari ne descrisse la nipote. E una località chiamata Sandokan. La Christina faceva la spola tra Macao e Bombay carica di oppio indiano che vendeva in Cina per tornare col ricavato in argento. La storia: con le famose "guerre dell'oppio" gli inglesi avevano costretto il Celeste Impero a comprare per forza l'oppio coltivato in Nepal e Bengala, oppio che la Cina aveva vietato ai suoi sudditi perché fonte di intuibili guasti sociali e sconquassi anche economici. Cuarteroni nel 1844 il tesoro d'argento lo trovò veramente. La zona che esplorò per primo ancora oggi porta il suo nome: Cuarteron Reef. E a ventott'anni si ritrovò ricchissimo. Tonnellate d'argento, decine di milioni di odierni euro. Poteva fare come Brooke, che, da governatore, a furia di comprare terreni era diventato "rajah". O trattare un'alta carica politica per sé con la Spagna. Invece no, aveva in mente altro.TRATTATIVE PER APRIRE LE MISSIONIAveva visto troppe donne e bambini tratti schiavi di pirati malesi, troppe incursioni, villaggi distrutti, massacri, stupri. E in quegli anni non aveva fatto altro che disegnare carte geografiche, vergare descrizioni, preparare progetti. La sua intenzione era di portare tutto questo materiale alla Congregazione de Propaganda Fide affinché aprisse una missione nel Borneo. I soldi ce li avrebbe messi lui. Depositato l'argento in una banca di Singapore, dedicò due anni ad approntare la documentazione necessaria da sottoporre alla Santa Sede. Si trattava infatti di far conoscere la geografia, le popolazioni e la situazione di una parte del mondo che l'Occidente (a parte le varie Compagnie delle Indie) conosceva poco. Roma si convinse, lo ordinò sacerdote (dell'ordine dei Trinitari, nati nel Medioevo appunto per riscattare gli schiavi cristiani in mano agli islamici) e lo nominò Prefetto apostolico. In tale veste Cuarteroni ritornò nei suoi mari e creò tre missioni nella zona, tra Borneo, Sumatra e Malesia, oggi nel sultanato del Brunei. Non fu facile né aprirle, né mantenerle in piedi. Ogni volta venivano distrutte dagli attacchi schiavisti e ogni vota bisognava sia ricostruirle che riscattare i battezzati rapiti. Spesso occorreva ricomprarli più volte. Le imprese del missionario Cuarteroni, prete cattolico col rango di vescovo, divennero note e leggendarie in tutte le isole comprese tra la Cina e le Filippine. Che sono migliaia. Era diventato così esperto in trattative coi pirati che le autorità civili e anche militari ricorrevano a lui quando loro cittadini venivano catturati. E lui navigava, sopportava naufragi, arrembaggi all'arma bianca, perfino complotti. Così per vent'anni. Alla fine, povero e malato, tornò a morire a casa sua a Cadice, dove si spense nel 1880. Il territorio della sua diocesi missionaria fu occupato dai soliti inglesi, e oggi non ce n'è più traccia. Tre anni dopo, Salgari cominciò a pubblicare a puntate il suo Sandokan. Il primo Prefetto apostolico di Labuan e Borneo, nominato nel 1857 e diventato l'apostolo del Borneo, riposa nella cripta della cattedrale di Cadice. Alle potenze commerciali del tempo gli esseri umani non interessavano. Anche perché, darwinianamente, erano "razze inferiori". L'unico a prendersene cura fu un vescovo cattolico, e di tasca sua.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6939L'INVASIONE DELL'UCRAINA PUO' ESSERE L'INIZIO DI UNA GUERRA MONDIALE di Julio LoredoDiventa sempre più nitida la percezione che il conflitto che in questi giorni oppone la Russia all'Ucraina sia la prima guerra mondiale post-moderna. Mondiale non nel senso che impegna le forze armate di più Paesi (anche se questa non è un'eventualità da scartare), ma nel senso che colpisce tutto il mondo, scindendo l'opinione pubblica internazionale in due opposti schieramenti, con sempre meno spazio per rimanere "neutrali". La guerra armata si combatte in Ucraina, ma quella psicologica si gioca a livello planetario.LA GUERRA IBRIDADa quando, nel secolo VI a.C., Sun Tzu rilevò i fattori psicologici coinvolti in una guerra, questi elementi sono stati sempre presenti, in maggiore o minore grado, in tutti i conflitti che hanno purtroppo insanguinato la storia dell'umanità. A lungo ritenuto un elemento accessorio della guerra, nel secolo XX l'aspetto psicologico ha acquisito un'importanza sempre crescente. Furono creati appositi ministeri per la propaganda, come il Minculpop in Italia, il Ministero del Reich per l'istruzione pubblica e la propaganda in Germania, oppure il Dipartimento di Dezinformatsia del KGB sovietico. All'epoca si parlava ancora della propaganda come elemento coadiuvante in un conflitto.Man mano, però, gli esperti capirono che si trattava di una guerra a sé - intrecciata al conflitto armato e a quello politico - che poteva a volte vincere battaglie decisive anche da sola. Nacque così il concetto di guerra psicologica (Psychological Warfare), che mette in atto operazioni psicologiche (Psy-ops), spesso più efficaci di quelle belliche. La guerra psicologica, il suo nome lo dice, punta a provocare reazioni psicologiche nella propria opinione pubblica - per spronarla - e soprattutto in quella nemica - per deprimerla. Le vecchie tecniche di persuasione ideologica hanno man mano lasciato il campo a quelle psicologiche. Queste nuove tecniche, scrive Plinio Corrêa de Oliveira, "non sono inferiori [alla propaganda ideologica] e, sotto alcuni aspetti, perfino la superano, come tecniche di persuasione indiretta e implicita".Con l'avvento di internet, la guerra psicologica ha fatto un salto qualitativo.Internet ci ha abituato a vivere in due universi paralleli: l'uno reale e l'altro virtuale. E, sempre più, quello virtuale prende il sopravvento su quello reale. I giovani di oggi - e con essi un numero crescente di adulti - riescono sempre meno a distinguere fra la realtà e l'immaginazione alimentata dalla rete. La psicologa statunitense Jean Twenge, che per anni ha studiato i cambiamenti generazionali, segnala per esempio che i ragazzi oggi praticano più una sessualità virtuale che una reale, e preferiscono volentieri una chat in rete che una festa in presenza. E oggi si affaccia l'inquietante mondo del metaverso, in cui possiamo vivere una vita del tutto virtuale, senza quasi contatti con quella reale. Poche settimane fa, per esempio, i giornali hanno dato notizia del primo "matrimonio" avvenuto nel metaverso.Questa capacità di creare universi virtuali paralleli ha permesso agli esperti in guerra psicologica di accedere a un livello superiore: la cosiddetta guerra ibrida (Hybrid Warfare). Il termine è stato proposto da Franck Hoffman e designa una teoria della strategia militare che mescola la guerra convenzionale, la guerra irregolare e la guerra informatica. La NATO Review la definisce così: "La guerra ibrida implica un'interazione o una fusione di strumenti di potere convenzionali e non convenzionali e strumenti di sovversione. Questi strumenti sono combinati in modo sincronizzato per sfruttare le vulnerabilità di un antagonista e ottenere effetti sinergici".Un elemento della guerra ibrida, che punta a influenzare la psicologia dei potenziali avversari, consiste nell'impiantare nella loro mente una narrativa che faccia comodo ai propri interessi. Per "narrativa" si intende una spiegazione globale di una certa situazione, che, anche se virtuale, ha una sua logica interna e un suo dinamismo proprio. In altre parole, sembra proprio vera. Ogni narrativa ha, poi, una macchina propagandistica - questa molto reale! - a suo servizio.Per esempio, una centrale operativa lancia un tweet. Poi, un supercomputer lo riprende e lo ritwitta automaticamente attraverso milioni di account fasulli, fino a farlo diventare un trend, quindi qualcosa di attendibile. L'attendibilità è accresciuta dal fatto che commentatori e propagandisti - il più delle volte troll - lo riprendono nei propri social, fino a trasformarlo in verità stabilita. Elemento essenziale della falsa narrativa è il contenere un nucleo di realtà, altrimenti nessuno ci crederebbe. Attorno a questo nucleo, con tecniche raffinate, si costruisce una narrativa che ha una sua logica interna, ma ormai quasi tutta legata al mondo virtuale.In questo modo, gli avversari iniziano a operare secondo i parametri di una narrativa creata ad arte dal nemico, senza rendersene nemmeno conto. Sempre più incapaci di distinguere fra la realtà e la narrativa virtuale, si lasciano sedurre da quest'ultima.Elemento importante nella guerra ibrida - come anzi in ogni operazione di guerra psicologica - è la creazione di una carica di agitazione che, agendo a livello temperamentale, ostacola la fredda e oggettiva percezione della realtà. Le rivoluzioni, lo sappiamo, si fanno sempre nel baccano, mai nella serenità.La prima volta che si parlò di "guerra ibrida" in un conflitto reale fu durante l'invasione russa della Crimea, nel 2014. Secondo Arsalan Bilal, "[La Russia] ha raggiunto i suoi obiettivi in virtù della fusione di forze speciali 'negabili', attori armati locali, potere economico, disinformazione e sfruttamento della polarizzazione socio-politica in Ucraina".LA PANDEMIA DI COVID 19: UNA PROVA GENERALE?Più di un analista ha sollevato l'ipotesi che la surreale polemica che ha accompagnato la pandemia di COVID 19 sia stata una sorta di prova generale di guerra ibrida, almeno nelle sue componenti psicologiche.Lungo la storia, l'umanità ha conosciuto centinaia di epidemie, dalle piaghe dell'antico Egitto fino alla "spagnola" del secolo scorso. Mai, però, si era visto che un'emergenza sanitaria diventasse anche un confronto ideologico e perfino religioso. A proposito della pandemia di COVID 19, si sono formati due opposti schieramenti. Oltre agli aspetti prettamente scientifici del dibattito, si è trattato dello scontro fra due opposte narrative, ognuna con la sua logica interna, largamente irreducibile a un ragionamento sereno e oggettivo, ognuna con la sua macchina propagandistica. Il dibattito sanitario si è talmente ideologizzato da suggerire che vaccinarsi implicava ipso facto schierarsi col mondialismo libertario e massonico, implicava tradire la vera Chiesa e la Civiltà cristiana; non vaccinarsi equivaleva a proclamare la propria illibatezza cattolica e contro-rivoluzionaria. Gli animi si sono surriscaldati, un clima di frenesia si è impadronito di molti, acuito dalla pressione psicologica provocata dalle assurde imposizioni sanitarie e dalla crisi economica incombente.Nelle Regole del discernimento, Sant'Ignazio di Loyola insegna che possiamo intuire l'origine di un'azione spirituale dai suoi risultati: buoni o cattivi. Nel primo caso, c'è da pensare che l'azione venga da Dio, nel secondo caso che venga dal demonio. Qual è stato il lascito della polemica sopra menzionata? Il triste spettacolo del mondo cattolico, conservatore e tradizionalista, dilaniato da cima a fondo fra due campi, amicizie spezzate, famiglie divise, movimenti sfasciati... Qui prodest? A chi ha giovato tutta questa polemica?IL CONFLITTO RUSSIA-UCRAINAIl clima di frenesia e di divisione provocato dalla pandemia non si era ancora placato, quand'ecco che scoppia un conflitto armato sul confine orientale dell'Europa. E, senza soluzione di continuità, i due opposti schieramenti sorti nel corso della polemica sanitaria, diventano - grosso modo - i due opposti schieramenti riguardo alle parti in conflitto. Il che fa sorgere il sospetto che, dal punto di vista della guerra psicologica, fra i due eventi ci possa essere una relazione non del tutto aleatoria.Lungi da me disprezzare le ragioni che hanno portato tante persone benintenzionate verso il campo putiniano. Le capisco. Discepolo del prof. Plinio Corrêa de Oliveira, che negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso dovette affrontare una simile situazione riguardo al nazismo, mi sia permesso però di suggerire un po' di prudenza.I russi sono diventati maestri nell'arte della guerra ibrida. La chiamano Guerra di Nuova Generazione, una teoria della guerra non convenzionale che privilegia gli aspetti psicologici, centrati sulle persone. Qualcuno dirà: ma anche l'Occidente utilizza la guerra ibrida. Infatti, si tratta di una tecnica ormai diffusa. Non si tratta di opporre una narrativa a un'altra, ma di fare un appello alla serenità e all'oggettività. Altrimenti corriamo il rischio di prendere l'ennesima bidonata. Di fronte a due posizioni, nessuna delle quali consone alla dottrina e allo spirito di Santa Romana Chiesa, dobbiamo conservare la nostra indipendenza intellettuale, proclamando con Plinio Corrêa de Oliveira: "I cattolici devono essere anticomunisti, antinazisti, antiliberali, antisocialisti, antimassoni... appunto perché cattolici".LA PROSPETTIVA DI FATIMANon esiste oggettività più perfetta che il giudizio di Colui che è il Padrone della storia, e che nel 1917 parlò all'umanità per bocca della Sua Madre Santissima, la Madonna, a Fatima.
Luca Crescenzi"L'incognita"Hermann BrochCarbonio Editorehttps://carbonioeditore.it/In un'enigmatica Vienna dal fascino decadente, Richard Hieck è un giovane matematico impiegato all'osservatorio astronomico, il tempio di quella conoscenza che tanto agogna e a cui ha deciso di dedicare tutta la sua vita. Dopo la perdita del padre, mentre la sorella Susanne si rivolge alla fede e il fratello Otto a uno sfrontato godimento del presente, Richard si aggrappa con caparbietà alla scienza, e a tutto ciò che di tangibile e misurabile esiste. Eppure il mondo, e le sue manifestazioni più spontanee e inaspettate, lo confondono: il tuffo di una ragazza da un trampolino, il fischio di un treno, il vento tra gli abeti, le stelle che affiorano nella vallata oscura, il luccichio di un gioiello, il ricordo di un profumo… La scienza può davvero abbracciare il mistero della vita? Esiste una soluzione per un'equazione così complessa e sfuggente? Richard non smette di cercarla, ma quando la morte e l'amore irromperanno nella sua vita, sarà costretto a confrontarsi con la grande incognita…Carbonio riporta in libreria, in una nuova traduzione, una gemma dimenticata dell'opera del grande Hermann Broch, un testo sublime e dolente sui limiti della conoscenza razionale e scientifica, assediata dall'ineffabile.Hermann Broch (1886-1951) è considerato uno dei maggiori scrittori di lingua tedesca, candidato al Premio Nobel nel 1950. Nacque a Vienna da una famiglia ebraica di industriali. Portò avanti per gran parte della giovinezza l'azienda di famiglia, e solo intorno ai quarant'anni si dedicò alla letteratura, alla filosofia e allo studio della matematica. Dopo l'occupazione dell'Austria da parte dei nazisti emigrò negli Stati Uniti. Tra le sue opere più importanti: la trilogia I sonnambuli (1931-32), La morte di Virgilio (1945), Gli incolpevoli (1950). Accanto alle opere di narrativa ha lasciato una notevole produzione saggistica.Luca Crescenzi (Roma 1961) ha studiato nelle università di Roma, Bonn e Monaco di Baviera e ha insegnato nelle università di Urbino, Pisa, Roma, Rostock. Dal 2015 è professore ordinario di Letteratura tedesca all'Università di Trento. Ha scritto monografie e saggi sull'età di Goethe e sulla letteratura tedesca del Novecento e ha tradotto opere di Schiller, Goethe, Hölderlin, E.T.A. Hoffmann, Nietzsche e Thomas Mann. Ha rivestito numerosi incarichi scientifici e dal 2019 è presidente dell'Istituto Italiano di Studi Germanici di Roma.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
Viviamo in un mondo in cui ci sono molte situazioni ed eventi che ci irritano. Paolo ci chiama ad essere gentili, perché "Il Signore è vicino", tornerà a mettere le cose al loro posto e cammina con noi momento per momento verso quel futuro. --- CLICCA SUL TITOLO PER ASCOLTARE IL MESSAGGIO Tempo di lettura: 13 minuti Tempo di ascolto audio/visione video: 36 minuti Siamo alla seconda parte della nostra passeggiata in Filippesi 4, dove Paolo ci indica tutte le cose (e sono molte) che possiamo fare, se siamo “in Cristo”. Abbiamo parlato due settimane fa che in Cristo possiamo avere gioia indipendentemente da tutto ciò che ci circonda, che le cose girino per noi bene o meno. Questa settimana vedremo che in Cristo possiamo essere gentili. Immagina di essere al supermercato, e di avere un carrello con poca roba da comperare; sei alla cassa e sta per arrivare il tuo turno, quando dietro te arriva una signora anziana, che ha un carrello più pieno del tuo; ha un bastone e cammina male. Cosa fai? Puoi decidere di non fare nulla, attendere il tuo turno, pagare e andare via... Oppure puoi farla passare avanti, aiutarla a mettere i prodotti sulla cassa, a imbustarli, e accompagnarla alla macchina con le buste della spesa. Cosa penseranno le persone che vedono la tua azione? Alcuni penseranno che sei stato “fesso", ma per la stragrande maggioranza di chi ti ha visto sarà che sei stato, sei stata “gentile”. Cosa vuol dire “essere gentili”? Quali azioni lo dimostrano? Far passare davanti a te una persona anziana al supermercato? Trattare bene gli animali e la natura? Non arrabbiarti con nessuno? Cosa altro? La parola “gentile” in italiano deriva dalla cultura romana, dove significava “ciò che appartiene ad una “gens-gentis”;“gente” inteso come “famiglia". Una famiglia di cui si potesse tracciare la storia, le origini, da chi discendeva, le gesta nobili o i poteri che avevano avuto in passato. A Roma antica solo la nobiltà aveva il privilegio di conoscere il proprio passato e di essere discendenti di persone importanti: tutti gli altri erano il “vulgus” il “popolo”, senza una storia, senza nobiltà. Per questo ciò che apparteneva al “vulgus”, al popolo, era “volgare” e quello che apparteneva alle “gentis” era “gentile”. Col tempo “volgare” divenne sinonimo di qualcosa brutto e rozzo, “gentile” di qualcosa di bello e delicato. Ma dove troviamo la parola "gentile" nella Bibbia? Il Nuovo Testamento non usa mai la parola “gentile” se non per indicare le popolazioni pagane. Ma usa altre due parole simili: la prima è questa: “L'amore è paziente, è benevolo...” (1 Corinzi 13:4 a) Benevolo in greco è χρηστευομαι chrēsteuomai; che significa “dimostrarsi utile”. L'altra parola è questa: “La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino.” (Filippesi 4:5) La parola greca ἐπιεικής epieikēs a seconda della Bibbia usata e del versetto, è tradotta in italiano in molti modi diversi: mansuetudine, mitezza, ragionevolezza, affabilità, modestia, bontà, amabilità. In realtà la parola è composta da due parole: ἐπί epi, che significa "sopra, davanti, prima" ed εἴκω eikō, che significa "dare la precedenza, lasciare il posto". Ti ricordi dell'esempio del supermercato, vero? Paolo direbbe di te che sei stato, sei stata epieikēs lasciando il tuo posto all'altro, facendo passare davanti la signora anziana. Lo scopo dell'essere gentili è sia rendersi utili agli altri (chrēsteuomai) sia lasciare il posto a qualcun altro (epieikēs). Ma la gentilezza è più di questo. Hai visto di recente uno qualsiasi dei talk show in tv? Oppure un dibattito tra due politici? Diresti che le persone erano gentili l'un l'altro? La realtà dei fatti dice che è molto più facile irritarsi ed essere irritanti che essere gentili l'un l'altro. E gran parte dei programmi televisivi gioca proprio su questo, e invita al conflitto... perché fa “audience”... A seconda del carattere che abbiamo e a seconda della vita che abbiamo avuto, saremo più o meno propensi o propense ad essere gentili invece che scontrosi o irascibili. Indipendentemente dal nostro carattere più o meno “morbido”, come credenti dovremmo renderci utili agli altri e dovremmo cedere il nostro posto agli altri. E non lo dice Marco, ma la Parola di Dio; così dice Paolo ai Filippesi. “La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino.” (Filippesi 4:5) Paolo dice che tutti dovrebbero sapere che siamo di quelli che cedono il passo agli altri, che si dimostrano utili, che agiscono a favore di chi incontriamo nella vita. Esiste una Bibbia in inglese, chiamata “Amplified” che, quando una parola può avere più significati, li mostra tutti: se esistesse la stessa cosa in italiano questo versetto suonerebbe così: “Che la vostra mansuetudine, mitezza, ragionevolezza, affabilità, modestia, bontà, amabilità. sia evidente a tutti. Il Signore sta per tornare!” (Filippesi 4:5 parafrasi) Vi ricordate il contesto in cui queste parole vengono dette, vero? Per prima cosa, Paolo è in prigione; non è specificamente in prigione per la predicazione del Vangelo ma perché persone del suo stesso popolo, i suoi nemici ebrei, lo accusano falsamente e lo incolpano di creare dissenso contro il governo di Roma. Paolo è un traditore. Paolo è stato incarcerato per mano della sua stessa gente. Ma anche la chiesa di Filippi sta attraversando un periodo turbolento; ci sono persone nella congregazione che stanno cercando di creare divisione, e dicono apertamente che gli insegnamenti di Paolo sono sbagliati. Persone della chiesa che lui stesso ha piantato e che lui stesso ha posto come guide sono ora contro di lui. Quanti di noi sarebbero stati impazienti, scontrosi o irascibili verso le persone che avevano provocato tutto questo? Paolo avrebbe avuto tutte le ragioni per esserlo! E invece no: Paolo ordina ai Filippesi di far si che la loro gentilezza sia vista da tutti. Non solo dagli altri cristiani, ma da tutti coloro con cui vengono in contatto. Ma cosa sta chiedendo Paolo chiedendogli di essere “mansueti”? Il modo migliore per sapere cos'è la mansuetudine è vedere come viene applicata nella Bibbia. Cominciamo con Gesù. All'inizio del suo ministero Gesù andò nel deserto e fu tentato. Ricordiamoci bene che questo Gesù Cristo è Dio. Quando furono stesi i cieli e la terra, Gesù era lì. Quando Satana fu cacciato dal Cielo, Gesù era lì. Tutto il potere era nelle Sue mani. E Satana a questo Gesù, a colui che ha creato il mondo, a colui che lo ha buttato dalla finestra del Paradiso, adesso arriva e gli dice: "Se ti prostri e mi adori ti darò tutte le nazioni". Non trovate sia un po' irritante? Riuscite ad immaginare cosa gli avremmo “consegnato” a Satana se fossimo stati al posto di Gesù? Volete che vi faccia qualche esempio? Meglio di no! Come reagì Gesù? Leggiamolo in Luca: “Il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di pane soltanto vivrà l'uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un attimo tutti i regni del mondo e gli disse: «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni; perché essa mi è stata data e la do a chi voglio. Se dunque tu ti prostri ad adorarmi, sarà tutta tua». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Adora il Signore, il tuo Dio, e a lui solo rendi il tuo culto”». Allora lo portò a Gerusalemme e lo pose sul pinnacolo del tempio, e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui, perché sta scritto: “Egli darà ordini ai suoi angeli a tuo riguardo, di proteggerti” e “Essi ti porteranno sulle mani, perché tu non urti col piede contro una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non tentare il Signore Dio tuo”». Allora il diavolo, dopo aver finito ogni tentazione, si allontanò da lui fino a un momento opportuno. (Luca 4:3-13) Gesù nella sua avventura terrena era uno di quelli che "usava" la sua voce; non aveva un tono monocromo e placido. Gesù aveva urlato ai mercanti nel tempio, e più volte nei vangeli si dice che Gesù ha gridato. Ma qui, Gesù non alzò mai la voce; ma rispose citando ogni volta la parola di Dio :”Sta scritto … E' stato detto...” Cosa è la gentilezza secondo Gesù? E' non “reagire a molla” anche quando sappiamo al 100% di essere nel giusto. E' pensare biblicamente, ricordando all'altro la verità della parola di Dio, ma senza aggredire. Gesù era mansueto, ma questo non significava che fosse “debole”. L'immagine che normalmente si usa per descrivere la mansuetudine è quella dei bovini; le mucche sono esseri “mansueti”... ma non per questo sono “deboli”. Esse sanno di avere tutta la potenza necessaria per farci del male... ma decidono di non farlo (a meno che noi non facciamo qualcosa contro di loro); pascolano al nostro fianco, si fanno accarezzare. Questo significa essere mansueti: avere “potenza in controllo”. Gesù era fermo sulla Parola di Dio. Gesù possedeva tutta la potenza della Parola di Dio... esattamente come tu ed io. Ma dobbiamo conoscere la Parola; la dobbiamo leggere e studiare per averla a fianco nel momento del bisogno. Un altro esempio. Questa volta vediamo Barnaba. Barnaba insieme a Paolo fu il leader del primo viaggio missionario negli Atti. Assieme a loro c'era un uomo abbastanza giovane di nome Giovanni, ma detto Marco. Dopo un po' che stava con loro, Giovanni detto Marco si stufò del lavoro di missionario e di punto in bianco li lasciò da soli. Più tardi Paolo e Barnaba pianificarono un secondo viaggio missionario. Ecco come si svolse il viaggio: “Dopo diversi giorni Paolo disse a Barnaba: «Ritorniamo ora a visitare i fratelli di tutte le città in cui abbiamo annunciato la Parola del Signore, per vedere come stanno». Barnaba voleva prendere con loro anche Giovanni detto Marco. Ma Paolo riteneva che non dovessero prendere uno che si era separato da loro già in Panfilia e che non li aveva accompagnati nella loro opera. Nacque un aspro dissenso, al punto che si separarono; Barnaba prese con sé Marco e s'imbarcò per Cipro. Paolo, invece, scelse Sila e partì, raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore. E percorse la Siria e la Cilicia, rafforzando le chiese.” (Atti 15:36-41) Ora, forse Paolo e Barnaba non sono stati gentili, o amorevoli, o mansueti l'uno con l'altro. Ma il trattamento gentile di Barnaba verso Marco diede a Marco un'altra possibilità. Sapete cosa fruttò la mansuetudine di Barnaba? Fruttò un vangelo, perché Giovanni detto Marco in realtà è il Marco che ha scritto il secondo vangelo nella tua Bibbia. Più tardi Paolo si pentì di essere stato non gentile ed non amorevole con Barnaba e Marco; e quel Paolo, che lo voleva cacciare, scrisse di Marco a Timoteo: “Prendi Marco e conducilo con te, poiché mi è molto utile per il ministero.” (2 Timoteo 4:11 b) Marco era una persona che avrebbe potuto essere allontanata dal ministero a causa dei suoi fallimenti e a causa dell'impazienza di Paolo. Fu la gentilezza di Barnaba che portò ad un risultato molto diverso. L'essere gentile di Barnaba significava essere disposto ad accettare che non possiamo sempre avere tutto sotto controllo e che ci saranno momenti in cui le persone non soddisfano le nostre aspettative. Significa che dobbiamo essere disposti a mettere via lo spirito critico e giudicante e sostituirlo con uno spirito che vuole incoraggiare anche di fronte a un fallimento. Significa che dobbiamo essere disposti a mostrare il nostro apprezzamento per i doni e i contributi degli altri anche quando questi doni e contributi sono diversi dai nostri. Significa che dobbiamo essere disposti a riconoscere che il nostro modo e il nostri piani possono non essere sempre quelli migliori; e anche se sarebbero il modo migliore, dobbiamo dare alle persone l'opportunità di imparare nuove tecniche senza essere condannati prima di iniziare. Significa che dobbiamo essere disposti a permetterci l'un l'altro di fare errori. E, quando diamo un incarico o un compito, riconoscere che la perfezione non arriverà e le persone ci deluderanno, e ricordare che anche noi abbiamo deluso talvolta altri. Essere mansueti, essere gentili non significa essere sempre fermi o sempre morbidi; Gesù davanti al padre dell'errore, il diavolo, era stato fermo. Barnaba davanti all'errore di Marco era stato morbido. Essere gentili significa essere fermi o morbidi a seconda della grazia necessaria alla situazione e al momento; la gentilezza è la grazia in azione. Dio è stato gentile con te e con me, e lo he tutt'ora nonostante tu ed io lo irritiamo su base quotidiana. Infatti Dio ci permette di sbagliare... di peccare... e poi ci aiuta dolcemente ad andare avanti. Dio avrebbe potuto giustamente prendere la via della giustizia immediata, punirci per il nostro peccato. Ma sapeva che questo ci avrebbe schiacciato e ci avrebbe resi per sempre timorosi di avvicinarci a Lui. Così Dio ha scelto una via diversa: “Il Signore non ritarda l'adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento.” (2 Pietro 3:9) La scorsa settimana Jean ha parlato del cuore di Gesù; un cuore aperto, che concede un'altra opportunità all'esattore corrotto Zaccheo. Un Gesù che lo incoraggia, nonostante Zaccheo non sia perfetto, e gli dice che anche lui, imperfetto come è, è figlio di Abraamo, fa parte del popolo di Dio. Quando doveva essere irritato Gesù conoscendo che Zaccheo rubava, vessava e faceva andare in carcere le persone povere? Ma entrando in casa sua, parlando con mansuetudine, sta dicendo a Zaccheo e a tutti quelli che erano lì … e anche a noi: “Vedete? Voi che siete in Cristo, dovete essere gentili con gli altri, nonostante quanto siate irritanti." Facile, vero? No... non lo è per nessuno, e nemmeno per Gesù lo era, credetemi! Paolo sottolinea nel versetto di Filippesi che l'essere mansueti ha un motivo e uno scopo: “La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino.” (Filippesi 4:5) Sulla frase “Il Signore è vicino” ci sono due possibili significati. Il primo (ed è il più “gettonato” nei commentari) è che Il Signore è vicino nel senso che la sua venuta potrebbe avvenire in qualsiasi momento. Gesù sta per tornare, e noi lo vedremo faccia a faccia. Perché mai questo ci dovrebbe rendere mansueti? Beh, sappiamo che quando Gesù verrà, tutte le cose saranno messe a posto: il male sarà punito e il giudizio sarà giusto. La fedeltà sarà premiata e Dio loderà i suoi santi. Paolo allora dice che non dobbiamo stressarci troppo perché Dio porterà equità alla fine. Il Signore è vicino.; tutto ciò che nella vita provoca rabbia e irritazione verrà spazzato via. Non solo: molti di noi che si irritano a vicenda saranno in cielo insieme; quindi cominciamo da subito ad usare gentilezza con quelli con cui dovremo trascorrere l'eternità. E dobbiamo mostrare gentilezza anche agli altri che non sono ancora sulla via dell'eternità, perché vogliamo che anche loro siano con noi. Ma c'è un altro significato possibile e non è meno importante (ed è quello che preferisco): il Signore è vicino nel senso che sta camminando con noi, è al nostro fianco ad ogni passo del cammino. Gesù è consapevole di come siamo, di come pensiamo e di come agiamo, ed è interessato al fatto che, come suoi ambasciatori nel mondo dimostriamo agli altri quale sia il suo cuore. “Il Signore è vicino” significa che vede come viviamo il nostro cammino di fede. "“Il Signore è vicino”significa che al nostro fianco vive il suo Spirito, il Consolatore, lo Spirito di Verità. Come puoi, tu che sei stato, sei stata oggetto di tanta pazienza e dolcezza, come puoi non mostrare agli altri la stessa grazia che è stata usata verso di te? Come puoi tu, tu che sai che Dio aveva tutto il diritto di essere irritato, e impaziente, e brusco con te (ma non l'ha fatto) ,come puoi ora non estendere quella stessa grazia agli altri? Che la tua mansuetudine, mitezza, ragionevolezza, affabilità, modestia, bontà, amabilità sia evidente a tutti; sia ai credenti, ma anche (e forse soprattutto) a chi ancora non crede perché Gesù quelli sta cercando. In Cristo puoi essere una persona che ha un approccio così gentile alla vita che tutti intorno a te possono vedere la differenza che Cristo fa nella vita tua vita, nella vita di chi crede. “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri.” (Giovanni 13:35) “Il Signore è vicino”: quale significato preferisci? Che Gesù sta per tornare, o che Gesù è al tuo fianco? Il significato può variare: l'obiettivo no. Il fine della mansuetudine, dell'essere gentili, è testimoniare di un Dio così grande, così innamorato, così pieno di grazia e di compassione... “...che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.” (Giovanni 3:16) Vivi così e sarai un testimone, una testimone potente per il Signore Gesù Cristo. Vivi così e brillerai come come un faro, in un mondo dove l'irritazione, l'impazienza, l'insofferenza e la vendetta sono diventate la norma. “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli.” (Matteo 5:16) Preghiamo.GUARDA LE DIAPOSITIVE DEL MESSAGGIOGUARDA IL VIDEO DEL MESSAGGIO IN BASSA RISOLUZIONE SU FACEBOOKGUARDA IL VIDEO DEL MESSAGGIO IN BASSA RISOLUZIONE SU INSTAGRAM ---GUARDA IL VIDEO DEL MESSAGGIO IN HD (Visita il nostro sito per ascoltare la registrazione audio, vedere il video del messaggio, per scaricare gli appunti e per vedere le diapositive del messaggio)
Nacque a Torino il 14 marzo 1820, figlio di Carlo Alberto di Savoia-Carignano e Maria Teresa d'Asburgo. La vita di Vittorio Emanuele venne subito avvolta da un'aura di mistero, quando da bambino si salvò miracolosamente ad un incendio che scaturì nel palazzo Carignano, luogo in cui era nato e viveva. Il 16 settembre 1822, infatti, la nutrice che si occupava del futuro sovrano fece cadere una candela nella culla del piccolo Savoia incendiandola. La donna si provocò numerose ustioni sul corpo, ma riuscì a trarre in salvo indenne Vittorio Emanuele II. Almeno, questo è quanto documentato dalla versione ufficiale, visto che subito cominciò a circolare la “leggenda metropolitana” che il bambino fosse morto e subito sostituito con un pari età. Probabilmente il figlio di un macellaio fiorentino che da anni si era trasferito nel capoluogo subalpino. Leggenda, alimentata negli anni, dal fatto che Vittorio Emanuele non assomigliasse al padre Carlo Alberto. Non solo da un punto di vista somatico, ma anche caratteriale. Carlo Alberto, infatti, era un uomo alto, biondo e slanciato, mentre il figlio bruno e tarchiato. Altro tratto molto differente tra i 2 erano le mani. Quelle di Carlo Alberto erano snelle e piccole, quelle di Vittorio Emanuele molto grosse, come dicevano le malelingue proprio da macellaio!
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