BASTA BUGIE - Famiglia e matrimonio

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Consigli utili (e verificati sul campo) su come vivere bene in famiglia

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    • May 13, 2025 LATEST EPISODE
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    Chiudono i negozi di giocattoli, ma guai a toccare gli smartphone

    Play Episode Listen Later May 13, 2025 6:52


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8159CHIUDONO I NEGOZI DI GIOCATTOLI, MA GUAI A TOCCARE GLI SMARTPHONE di Fabio Piemonte Denatalità e iperdigitalizzazione non hanno solo drammatiche e dirette conseguenze come meno figli o più disagi per bambini e adolescenti, ma anche effetti collaterali egualmente tristi e problematici. Come la chiusura di negozi di giocattoli, con tutto ciò che questo comporta tanto in termini economici quanto sociali e, consentiteci di dirlo, di vera e propria tristezza nel vedere un modo così alla deriva.I casi non sono pochi, ma a fare più clamore è quando vittime sono veri e propri negozi storici, quasi delle "istituzioni", come "Casa Mia". Per chi è romano, in particolare della zona centro-sud, è un colpo pensare che l'iconico negozio di giocattoli con le vetrine sull'Appia Nuova nel quartiere San Giovanni abbia chiuso i battenti dopo quasi 80 anni di attività. «Con profondo rammarico annunciamo la chiusura definitiva del negozio, una realtà che ha rappresentato un punto di riferimento per la vendita di giocattoli e un luogo magico in cui immergersi per generazioni di bambini e famiglie», scrive sul cartello in vetrina la proprietaria Grazia Battista. La notizia giunge tra l'altro a pochi giorni dalla chiusura di "Ciuff Ciuff" in via Etruria, altro celebre negozio del settore - sempre nella zona San Giovanni - in particolare per quanti siano alla ricerca dei giochi di un tempo per figli e nipoti.MENO FIGLI E TROPPO INTERNETTra i diversi motivi di tale decisione "Casa Mia" addita anche «l'evidente diminuzione della natalità, che si va ad aggiungere alla difficoltà delle giovani coppie di trovare alloggi in città storiche come Roma, dove sempre più appartamenti vengono sottratti agli affitti tradizionali a favore di quelli brevi per i turisti». A Roma, ma non solo purtroppo, mancano all'appello nuove famiglie e giovani coppie, e dunque conseguentemente figli. Meno bimbi vuol dire sostanzialmente anche meno giocattoli. Quei pochi che vengono acquistati sono poi comprati principalmente online, per cui tanti negozi faticano a sopravvivere, dati i costi di gestione evidentemente più alti. Infatti la proprietaria di "Casa Mia" richiama nel cartello esposto anche le «molteplici ragioni che riflettono il profondo cambiamento socio-economico a cui stiamo assistendo. Innanzitutto lo sviluppo del commercio online, caratterizzato da una competizione sfrenata e priva di regole, la cui diffusione è esplosa con la pandemia penalizzando i negozi di prossimità. Il servizio assistito che i negozi tradizionali garantiscono e i loro costi di gestione non permettono di competere con l'estensione a livello mondiale del mercato virtuale e dei prezzi sempre più bassi delle piattaforme digitali a portata di click». Infine la stessa titolare evidenzia anche il rischio dell'iperdigitalizzazione, dal momento che «la tecnologia ha trasformato le abitudini dei più piccoli: già in tenera età i bambini vengono attratti da dispositivi digitali che li allontanano anticipatamente dal gioco manuale e tradizionale. Applicazioni, giochi e social network sono sempre a disposizione sui telefonini dei familiari e hanno cambiato il modo di divertirsi e interagire anche per i bambini più piccoli».RECUPERARE UN'AUTENTICA DIMENSIONE LUDICAD'altra parte fino a non molti anni fa i bambini ancora scorrazzavano nelle piazze, riempivano i parchi e desideravano incontrarsi nelle case per giocare insieme con le costruzioni o con la casa delle bambole, oggi invece hanno maggiormente gli occhi incollati agli smartphone anche quando siedono su una panchina l'uno accanto all'altro e preferiscono incontrarsi sulle piattaforme social in Rete piuttosto che dal vivo coi loro coetanei. E in effetti, come conclude con profonda amarezza la titolare di "Casa Mia" nel messaggio affisso in vetrina, «abbiamo sempre creduto che la ricerca e il progresso siano fondamentali per costruire un futuro migliore, ma oggi ci troviamo davanti alla necessità di riflettere anche sui suoi effetti collaterali».Si rende pertanto necessaria una riflessione seria e più ampia anche a livello istituzionale sui danni ingenti di una simile iperdigitalizzazione affinché ai bambini siano restituite modalità di gioco autentico. Come tra l'altro più volte denunciato, tra gli altri, anche dallo psicologo newyorkese Haidt e in Italia in particolare dal pedagogista Daniele Novara e dallo psicoterapeuta Alberto Pellai, tra i promotori di una petizione per chiedere lo stop agli smartphone sotto i 14 anni e il divieto di uso dei social sotto i 16 anni. Così come la Campagna "Piccole Vittime Invisibili" di Pro Vita & Famiglia onlus, che da anni va nella stessa direzione di combattere l'eccesso di digitale ma anche di abusi e pericoli - sessuali e non - per i minori derivanti dal Web. Quel gioco - sia esso libero o strutturato, all'aperto o nelle case coi giocattoli, con i coetanei o con genitori e nonni -, attraverso cui il bambino implementa la propria creatività e costruisce il mondo intorno a sé, fondamentale nel percorso di crescita anche per lo sviluppo di relazioni autentiche con i pari.

    La bellezza dell'amore casto è possibile

    Play Episode Listen Later May 6, 2025 16:31


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8155LA BELLEZZA DELL'AMORE CASTO E' POSSIBILE di Fabio Piemonte «Mi diceva che se lo amavo veramente dovevo dimostrarglielo. E così ho fatto. Ma dopo un po' non voleva più passare il tempo con me; voleva solo stare con il mio corpo», scrive Crystalina Evert. C'è una battaglia tra amore e sensualità dentro il cuore di ognuno. «Dietro tutte le vanterie per le conquiste sessuali di qualche serata in discoteca, ogni ragazzo nutre un desiderio più profondo, quello di amare una ragazza», aggiunge Jason. E quanto scrivono in Aspettare si può (Fede e Cultura 2023, pp. 159) Jason e Crystalina Evert, attualmente marito e moglie, in un appassionante racconto a quattro mani che riprende in maniera dialogica le loro risposte sul tema del sottotitolo: "Purezza e sessualità alla prova del mondo di oggi". I due coniugi americani girano il mondo per tenere incontri sull'importanza di coltivare amore e castità, condividendo le proprie esperienze e anche i propri errori giovanili senza moralismi, come testimonia il video doppiato in italiano Amore senza rimorso reperibile su Film Garantiti (clicca qui) e il sito del progetto (https://www.chastity.com/category/italiano) che portano avanti insieme "Chastity" con una sezione di materiali disponibili anche in italiano.CASTITÀ NELL'UOMO È IMPARARE A GUARDARE UNA DONNA COME LA VEDE DIO«La nostra chiamata all'amore è dunque più grande della tentazione verso la sensualità. Riscoprire tale chiamata, che vale in egual modo per uomini e donne, comporta certo lo sforzo di andare al di là della volontà di "usare l'altro" per il proprio piacere. D'altra parte «quando un ragazzo immagina la sua futura sposa, per esempio, non pensa di ottenere qualcosa da lei. Pensa di donarle la sua vita», afferma Jason.E, allo stesso modo, «ogni donna vuole ardentemente l'amore, ma molte di noi hanno sofferto e rinunciato a quello vero. Cominciamo col dirci che l'amore non esiste oppure che non lo meritiamo. Invece esiste e noi ne siamo degne», ribadisce con forza Crystalina.«Tutto quello che le ragazze vogliono è un gentiluomo, un uomo che sappia come onorare una donna nel modo appropriato». Di qui Jason offre diversi consigli anche per vivere bene la fase del corteggiamento, dal prendere l'iniziativa per il primo appuntamento al prepararlo con cura, dal lasciare che al ristorante ordini prima lei, sino al pagamento del conto. Insomma «se hai la sensazione di esserti messo a servizio, stai facendo la cosa giusta», puntualizza.Relativamente al tema della sessualità, Jason invita a «trattare le ragazze nel modo in cui vorresti che un ragazzo tratti la tua futura sposa». Egli constata in realtà una certa schizofrenia da parte dei giovani rispetto allo standard che si pongono per le loro sorelle, futura moglie o figlie e quello che invece riservano alla fidanzata in termini di rispetto della persona, e dunque anche della sua corporeità.Infatti «la qualità dell'amore di un uomo verso una donna si misura dal suo grado di responsabilità nei suoi confronti», osserva con fermezza Jason. D'altra parte, come ha rilevato una ricerca dell'Heritage Foundation, «quanto prima una ragazza ha una relazione sessuale, tanto più potrà soffrire dei seguenti problemi: avere una gravidanza al di fuori del matrimonio; diventare una ragazza madre; contrarre malattie sessualmente trasmissibili; avere diversi partner sessuali; andare incontro a spaccature nelle relazioni; abortire; ridursi in povertà; esser soggetta a depressione; divorziare».Di qui «quando una donna vuole essere impura, l'uomo che la ama deve avere sufficiente controllo sul proprio corpo, e abbastanza premura per l'anima di entrambi, da riuscire a dirle di no», in quanto «un vero uomo non approfitterebbe mai di una donna che non conosce il proprio valore». Certo Jason riconosce l'eroismo che richiede tale impresa, quella di custodire la castità propria e altrui; «ma, attraverso la battaglia per la purezza, un ragazzo giunge ad apprezzare una donna come un dono che deve essere ricevuto, non un obiettivo da conquistare».IL DESIDERIO SESSUALE È UN DONO DI DIOA questo punto Jason approfondisce il tema focalizzando l'attenzione sulla sessualità nel progetto divino.Ricorda dunque che «il desiderio sessuale è un dono di Dio. L'attrazione sessuale è l'invito. La lussuria è quando accettiamo quell'invito nella maniera sbagliata, fuori dalla nostra chiamata all'amore». Tale dinamica è opportunamente illuminata dalle parole di sant'Agostino: «La lussuria assecondata diventa un'abitudine e l'abitudine cui non si resiste diventa necessità». Di qui Jason suggerisce innanzitutto ai giovani di imparare a vigilare sui propri pensieri, dal momento che «se riesci a controllare i tuoi pensieri sulle donne, controllerai le tue parole, i tuoi occhi e le tue azioni. Dio si preoccupa della purezza dei tuoi pensieri, perché essi rivelano lo stato del tuo cuore».Si tratta, in special modo per il credente, di imparare a «pensare a una donna senza desiderarla sessualmente, chiedendo a Dio la grazia di riuscire a vederla nel modo in cui Lui la vede». Se «Dio ha assegnato come un dovere a ogni uomo la dignità di ogni donna», come osservava acutamente san Giovanni Paolo II, bisogna impegnarsi a custodire il proprio sguardo evitando quella pornografia che degrada la dignità della persona rendendo l'uomo «un ingordo mai sazio».Oggi sono tanti i single allettati dalla fantasia di avere donne perfette sempre a propria disposizione al punto da rifuggire «la possibilità di un rifiuto da parte di una donna o del peso dell'impegno. Si ripiegano su se stessi e non sperimentano mai la gioia dell'amore sacrificale, per paura delle sue richieste».In tal senso la masturbazione, spesso legata al consumo di pornografia, «non è nemmeno l'ombra dell'amore»; è soltanto uno sterile ripiegamento su se stessi che tradisce il fine oggettivo dell'atto sessuale, che è l'unione tra l'uomo e la donna e la procreazione di una nuova vita, e per di più «rafforza l'idea che l'uomo necessiti di gratificazione sessuale in qualunque momento lo desideri e danneggia la capacità di amare, perché si resta legati a fantasie». Inoltre la masturbazione «indebolisce l'idea che un uomo ha di se stesso e lo rende schiavo della sua debolezza», l'esatto opposto delle qualità di coraggio, sicurezza e forza che una donna ricerca in un uomo.IL SESSO SICURO È UN MITO«Il sesso sicuro è un mito», sostiene ancora Jason riguardo all'uso del preservativo che, secondo recenti studi americani, proteggerebbe soltanto in minima parte dal rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili, tra cui in particolare herpes, Hpv (papilloma virus), clamidia e gonorrea a livello dell'apparato genitale femminile. Riflettendo ancora sul significato del profilattico - «segno esteriore di un egoismo: stai proteggendo te stesso» - e del "sesso protetto", egli evidenzia con franchezza che «se devi proteggerti nel momento in cui dovresti far dono di te stesso, c'è qualcosa che non va. Perché questa paura? Se non sei pronto a essere padre, allora non sei pronto per il sesso». Al contrario l'«autocontrollo ti rende libero di amare». D'altra parte «il marito sa che dare via la tua libertà per amore ti salva da te stesso. Ti libera, perché ti rende libero di amare».Certamente il cammino per custodire la purezza è impegnativo, per cui richiede l'aiuto della grazia divina.Di qui Jason invita i giovani a porsi obiettivi realistici; a fuggire la pigrizia e le tentazioni evitando le occasioni di peccato; a vigilare sugli occhi e le parole; a digiunare, poiché «la gola è l'avanguardia dell'impurità» (Escrivà); a pregare, invocando in special modo l'angelo custode, la Vergine Maria, San Giuseppe e i santi; a perseverare con pazienza senza cedere allo scoraggiamento; a confessarsi e comunicarsi frequentemente per ricevere da Dio la forza di vincere la concupiscenza della carne.Jason affronta infine il tema dell'omosessualità, sottolineando come «anche se le persone hanno attrazioni di questo tipo», possano cioè provare pulsioni omoerotiche, «i loro corpi restano eterosessuali, cioè fisicamente orientati verso l'altro sesso». Di qui ricorda che «i desideri sessuali non costituiscono la sua identità»; pertanto anche chi sente tali pulsioni può imparare ad amare accogliendo la sfida di uno stile di vita casto, «scegliendo di glorificare Dio con il proprio corpo».Insomma, come ogni virtù, la castità richiede a ciascuno impegno e spirito di sacrificio ma, per dirla con san Giovanni Paolo II, è «la via infallibile alla gioia».CASTITÀ NELLA DONNA È CUSTODIRE IL CORPO PER CUSTODIRE IL CUORE«Sono una ragazza occasionale o una ragazza per sempre?». Si apre con questa domanda provocatoria la riflessione di Crystalina Evert, che poi aggiunge: «Non avere paura che qualche ragazzo possa piantarti se non gli concedi il tuo corpo. Lascia che lui abbia paura di perdere te, a meno che non capisca come rispettarti. Nel mio giro di amici la verginità era vista come una imbarazzante mancanza di esperienza. Ti faceva sentire una puritana oppure una che non riusciva ad avere un appuntamento. Era praticamente una maledizione». Ella racconta così la sua esperienza, dall'ossessione di avere un corpo perfetto all'accettazione di sé; dal vestirsi secondo la moda per sedurre al «vestirsi con semplicità, scoprendo la sicurezza che viene dal rispetto per se stessi». D'altra parte «è più emozionante essere amata da un uomo o essere fissata con sguardo ebete da molti?». Su questo punto osserva ancora acutamente che «ciò che li vince è ciò che li tratterrà. Se sono stati persuasi da un corpo, s

    Il matrimonio protegge la salute mentale della famiglia

    Play Episode Listen Later Mar 18, 2025 3:56


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8106IL MATRIMONIO PROTEGGE LA SALUTE MENTALE DELLA FAMIGLIA di Salvatore Tropea La ricerca, guidata da Cuicui Wang dell'Università di Harvard, ha coinvolto 106.556 persone da sette nazioni (tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Messico, Irlanda, Corea, Cina e Indonesia) per valutare la correlazione tra depressione e stato civile. La depressione è attualmente un problema di salute pubblica con una prevalenza del 5% tra gli adulti, destinata a superare il 10% entro il 2025. Lo studio ha evidenziato come i single abbiano il 79% di probabilità in più di soffrire di depressione rispetto ai coniugati.Lo studio sottolinea come anche vedovi e divorziati corrano maggiori rischi di depressione, rispettivamente del 64% e del 99%. Ulteriori dati da Global Epidemiology rivelano che il matrimonio riduce la mortalità femminile di un terzo e che, sorprendentemente, anche chi vive un matrimonio infelice gode di una salute migliore rispetto ai single. Gli autori, tra cui Wang, suggeriscono che i benefici del matrimonio derivino dall'accesso a risorse economiche, supporto sociale e influenza positiva reciproca. Tuttavia, per i single nei paesi occidentali, come Stati Uniti e Irlanda, il rischio di depressione è più alto.Un matrimonio felice apporta benefici significativi sia per la salute e la sicurezza degli individui che per la stabilità dei figli, come riporta anche Francesca Romana Poleggi - membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia onlus - nel sul libro "Per amore dei nostri figli", edito da Sugarco Edizioni. «Le ricerche - spiega Poleggi - indicano che persone sposate, uomini e donne, sono generalmente più felici e godono di un tasso di mortalità e malattia inferiore rispetto ai single. Studi del 2011 e 2016, ad esempio, evidenziano che le donne conviventi subiscono il doppio delle violenze rispetto a quelle sposate» e le statistiche mostrano un rischio maggiore di femminicidi tra le conviventi. La stessa Poleggi cita poi il sito dell'Unione Cristiani Cattolici Razionali, che raccoglie una vasta documentazione dal 1984 al 2020, che confronta la convivenza e il matrimonio, «confermando - scrive l'autrice - la superiorità di quest'ultimo per la stabilità e il benessere sociale ed economico della coppia e dei figli». Inoltre, il World Family Report del 2017 sottolinea che «i bambini di coppie sposate sperimentano maggiore stabilità fino ai 12 anni rispetto a quelli di famiglie non tradizionali», con l'instabilità familiare correlata a risultati negativi per i bambini. Ricerche recenti, infine, come quella di Brad Wilcox per l'Institute of Family Studies, basata su dati del General Social Survey 2022 - sempre citata da Francesca Romana Poleggi nel suo volume - ribadiscono che «il matrimonio è associato a livelli più alti di felicità per uomini e donne, specialmente se hanno figli. Gli sposati con figli sono circa due volte più propensi a dichiararsi "molto felici" rispetto ai loro coetanei non sposati», e ciò si riflette positivamente anche sul benessere dei figli stessi.

    Uomini fate l'affare della vostra vita sposatevi

    Play Episode Listen Later Mar 4, 2025 8:43


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8091UOMINI, FATE L'AFFARE DELLA VOSTRA VITA: SPOSATEVI! di Brad Wilcox Dunque, è così? Il matrimonio avrebbe «zero vantaggi statistici» per gli uomini di oggi? Il matrimonio sarebbe solo un trofeo in più per gli uomini che ce l'hanno già fatta, di poca importanza intrinseca al di là di un simbolo di successo?Seguiamo il consiglio dei critici usando la testa invece del cuore per esaminare cosa dicono le scienze sociali a proposito del matrimonio e di tre aspetti importanti per la vita degli uomini: denaro, felicità e aspettativa di vita.GLI UOMINI SPOSATI SONO PIÙ RICCHIDal punto di vista economico i dati sono solidi e chiari: gli uomini in un matrimonio stabile (che si sono sposati e sono rimasti sposati) che si avviano alla pensione hanno un patrimonio familiare dieci volte più elevato rispetto ai coetanei divorziati o che non si sono mai sposati. Tenendo conto delle differenze di istruzione, razza e occupazione, il premio medio del matrimonio in termini di patrimonio familiare per gli uomini stabilmente sposati è di 290.000 dollari più elevato rispetto ai coetanei non sposati. Insomma, esattamente il contrario di «zero vantaggi statistici».Una situazione analoga si verifica con il reddito. Anche dopo aver controllato età, razza, etnia, istruzione e dimensioni del nucleo familiare, gli uomini sposati hanno un reddito familiare del 40% più elevato rispetto ai coetanei non sposati. Similmente, gli uomini sposati nel fiore degli anni hanno una probabilità del 55% più bassa di vivere in povertà.Per confutare la tesi secondo la quale il matrimonio non avrebbe economicamente benefici intrinseci, ma attirerebbe solo persone già agiate in partenza, si possono esaminare gli studi condotti su gemelli. Uno studio del 2004 condotto su gemelli monozigoti ha scoperto che il matrimonio fa aumentare il salario degli uomini: i gemelli sposati guadagnano circa il 26% in più dei gemelli non sposati. Questo succede perché, come sostengo nel mio libro Get Married: Why americans must defy the élites, forge strong families, and save civilization, le responsabilità associate al matrimonio fanno sì che gli uomini lavorino di più, in modo più intelligente e più responsabile. Sappiamo, per esempio, che gli uomini sposati lavorano per più ore e hanno meno probabilità di essere licenziati rispetto ai coetanei non sposati.GLI UOMINI SPOSATI SONO PIÙ FELICIIl denaro conta, ma vi sono cose più importanti come la felicità. In che modo per gli uomini il matrimonio è collegato alla felicità? Anche in questo caso le evidenze sono chiare: i dati mostrano che gli uomini sposati hanno circa il doppio della probabilità di essere "molto contenti" della propria vita rispetto agli uomini non sposati, e questo vale soprattutto per gli uomini sposati che sono anche padri. Secondo l'Institute for Family Studies/Wheatley Institute Family Survey, condotto nel 2021 da YouGov, quasi il 60% dei padri sposati sostiene che la propria vita è significativa "per la maggior parte del tempo" rispetto al 38% dei coetanei single senza figli.Per quanto riguarda in particolare la felicità, nel 2002 lo scienziato sociale James Q. Wilson ha scritto: «A parità di età le persone sposate sono più felici di quelle non sposate, non solo negli Stati Uniti, ma in almeno altri 17 Paesi in cui sono state fatte indagini simili». Wilson osserva che «sembra che vi siano buone ragioni per questa felicità», dati i notevoli benefici in termini di salute e benessere «associati al matrimonio».I critici potrebbero eccepire che ciò avviene non per merito del matrimonio, ma solo perché le persone più felici in partenza sono anche più propense a sposarsi e a rimanere sposate. Tuttavia, ancora una volta, ciò che emerge è l'influenza positiva intrinseca del matrimonio, come ha rilevato per esempio Tyler Vander Weele - professore di biostatistica alla School of Public Health di Harvard - che ha studiato a fondo la questione. Egli scrive che «gli studi longitudinali esistenti, così come gli studi trasversali, indicano che il matrimonio è associato a una maggiore soddisfazione nella vita e a una maggiore felicità dal punto di vista affettivo». VanderWeele sostiene che «matrimonio e famiglia risultano essere una porta d'accesso alla prosperità».GLI UOMINI SPOSATI HANNO UNA SALUTE MIGLIOREGli uomini single hanno molte più probabilità di ammalarsi e di morire. Il lavoro di Anne ase e Angus Deaton, economisti di Princeton, rivela che centinaia di migliaia di uomini hanno perso la vita a causa delle cosiddette "morti per disperazione": overdose, patologie correlate all'abuso di alcol, suicidio. In particolare sono gli uomini non sposati e non laureati che hanno una maggiore probabilità di morire per questi motivi.Il sociologo Philip N. Cohen, dell'Università del Maryland, che ha studiato il legame tra matrimonio e morte per disperazione, afferma che «la presenza di rischi di mortalità inferiori delle persone sposate rispetto ai single è una componente costante nella struttura gerarchica delle famiglie statunitensi». Jonathan Rothwell, principale economista della Gallup, giunge nella sua ricerca a conclusioni simili, rilevando che i modelli regionali di questi decessi sono fortemente associati alla percentuale di adulti sposati. Egli osserva che «in effetti, nella previsione delle morti per disperazione, le misurazioni relative al tasso di matrimonio sono più rilevanti dei tassi di istruzione universitaria e della componente riguardante l'età e la razza».Il matrimonio riduce il rischio di morte per suicidio sia per gli uomini che per le donne, un dato importante visto l'aumento nell'ultimo decennio dei tassi di suicidio tra gli uomini, soprattutto giovani [dal 2010 il tasso di suicidio tra gli uomini statunitensi di 25-34 anni è aumentato del 34%, ndR]. Charles Fain Lehman, dell'Institute for Family Studies, riferisce che «il tasso di suicidio tra gli adulti divorziati è più del triplo di quello degli adulti sposati, mentre il tasso di suicidio tra i single è da 1,5 a 2 volte più elevato di quello dei coniugati».Altre ricerche suggeriscono che il potere protettivo del matrimonio nei confronti del suicidio è particolarmente marcato per gli uomini. Come osservo in Get Married: «La verità è che le donne e soprattutto gli uomini che volano in solitaria hanno oggi in America molte più probabilità dei loro coetanei sposati di andare in pezzi, fino a finire prematuramente in una tomba».C'È BISOGNO DI PIÙ UOMINI SPOSATIGli uomini sposati hanno una sicurezza economica maggiore, sono più felici e meno inclini a soccombere alla morte per disperazione. Esistono fondate evidenze del fatto che alcuni dei benefici per gli uomini sposati derivino da come l'istituto del matrimonio protegge gli uomini dalla solitudine e dalla mancanza di senso e li aiuta a lavorare meglio e con maggiore successo.La buona notizia è che, dopo decenni di declino, pare che il matrimonio si stia leggermente rafforzando. Il rischio di divorzio è ora ben al di sotto del 50%. In effetti la maggior parte dei matrimoni, circa il 60%, dura. E ci sono cose che gli uomini possono fare per ridurre ulteriormente il rischio di finire in tribunale per divorziare: serate eleganti insieme, il dare la priorità a un'occupazione stabile, una pratica religiosa condivisa.Troppi uomini nella società di oggi sono alla deriva, disperati, smarriti e infelici. Il matrimonio sembra ridurre l'incidenza del malessere maschile. La società ha bisogno di più uomini sani, felici e produttivi, e la maggior parte delle donne sicuramente concorderà. La società ha bisogno di più uomini sposati.

    Cosa ho imparato diventando casalinga

    Play Episode Listen Later Dec 10, 2024 9:16


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7989COSA HO IMPARATO DIVENTANDO CASALINGA di Samantha Stephenson Era notte fonda quando mi sono recata al pronto soccorso. Mi bruciavano i polmoni e avevo tossito un po' di sangue. Ho cercato di mantenermi calma, per evitare di farmi prendere dal panico prematuramente. Se fosse stato quello che pensavo fosse, c'erano ottime possibilità che potessi morire. Mi dicevo: "non voglio lasciarmi tutto alle spalle, ho pregato, ma se stasera è la fine, per favore riportami a casa".Dicono che esiste una profonda connessione tra il corpo e la mente. In questo senso è giusto che io sia quasi morta soffocata. Ho iniziato a soffocare molto prima di non riuscire più a respirare.Ero nel primo trimestre della mia seconda gravidanza, nauseata ed esausta. Mio marito si stava riprendendo da una serie di interventi chirurgici e il dolore lo rendeva irritabile. Mia figlia aveva due anni e questo la rendeva irritabile. Non mi sentivo in grado di dedicare tutta la mia attenzione a nulla: né alla mia famiglia, né ai miei studenti, né al mio lavoro. Per le lezioni della scuola di specializzazione guidavo nel traffico di Los Angeles per frequentarle due sere a settimana. Ho lasciato andare tutto ciò che non era essenziale. Ho smesso di socializzare al lavoro per rispettare le scadenze. Ho smesso di fare volontariato. Le amicizie hanno sofferto.La vicinanza alla morte porta chiarezza alla vita. A cosa stavo pensando quando ho scelto di impegnarmi in così tante cose? Vivevo a un ritmo frenetico, senza mai fermarmi per prendere fiato. E ora non potrei nemmeno se lo volessi.A quanto pare, i coaguli di sangue non mi hanno ucciso. Ho perso solo una piccola parte del polmone sinistro. Non sono morta, ma non ero nemmeno la stessa persona. Ero stanca non di dedicarmi a tutto, ma di non avere mai abbastanza da dare. Avevo finito di vivere la vita a metà. Era ora di lasciare tutto e vivere per ciò che conta.HO LASCIATO IL MIO LAVOROÈ passato un anno. Mi sono laureata. Ho lasciato il mio lavoro. Ho dato alla luce nostro figlio e ho il profondo piacere di prendermi cura di lui e della nostra figlia di tre anni ogni giorno. Non posso prendermi il merito di questa opportunità che ho di stare a casa con i nostri figli. Mio marito, da buon uomo qual è, ha fatto il duro lavoro di aggiustare le nostre finanze in modo che questa soluzione fosse possibile per noi. Ma se non avessi parlato, se fossi stata indifferente riguardo alla chiamata che ho sentito, le cose sarebbero potute continuare come sono state e io sarei stata meno di quello che sono chiamata a diventare.Quindi ora leggo storie, cambio pannolini e bacio lividi. Preparo i nostri pasti, piego montagne di bucato e ho la libertà di essere pienamente presente ai piccoli umani che hanno bisogno di me più di chiunque altro al mondo. Sono l'amministratore delegato e il custode. Trascorro le mie giornate nel semplice e nel mondano e, paradossalmente, solo Gesù poteva immaginarlo per me, questi sono i momenti più profondamente significativi della mia vita.Non è facile rallentare. In una vita trascorsa perseguendo nient'altro che la realizzazione, non ho quasi un linguaggio per esprimere il significato di come trascorro le mie giornate. Vivevo con l'emozione di spuntare le caselle da un elenco; ora conservo istanti nel mio cuore. La mia vita non riguarda più ciò che faccio; si tratta di essere quello che sono. Questo è il dono che devo fare: me stessa.Alcuni dicono che è un sacrificio che sto facendo: abbandonare una carriera ed essere una mamma casalinga. Ma quale sacrificio sto facendo esattamente? Piuttosto quale prezzo dovrebbe pagare il mondo per riavermi? Per cosa varrebbe la pena scambiare ciò che ho adesso: un milione di momenti inestimabili? In quale valuta mi pagherebbero? In soldi? Prestigio? Quelle cose vanno e vengono. Oppure non arrivano mai e noi paghiamo con la moneta della nostra vita cercando di ottenerli.Niente di ciò che inseguivo prima era frivolo. Avevo obiettivi significativi. Lo faccio ancora. Assaporare questi momenti con i miei figli non significa lasciare andare quegli obiettivi. Ciò ha significato che essi assumano un carattere diverso. La bellezza di tutto ciò è che, sebbene i sogni che avevo per me stessa fossero grandi ed emozionanti, in qualche modo erano comunque inferiori a ciò che Dio sta facendo oggi con il mio cuore. Ciò che sta facendo con me adesso è più bello ed emozionante del modo in cui avrei potuto immaginare lo svolgersi della mia vita. È strano dire questo di una vita domestica?Pensavo di sapere in cosa mi trovavo quando ho lasciato il lavoro per stare a casa con i nostri figli. Dall'esterno, la mia vita appare come immaginavo che sarebbe stata. Il contenuto delle mie giornate, la routine, i compiti che compongono il mio lavoro a casa nostra: tutto questo è come lo avevo previsto. Ciò che non avrei mai potuto prevedere è ciò che vivere questa vita mi ha dato.UNA VITA REALIZZATA E REALIZZANTEVivere ogni momento delle mie giornate con i miei figli è rifugiarsi nel piccolo monastero nascosto della nostra casa. Lontano dal mondo pratico del lavoro fuori casa. Il lavoro che oggi riempie la mia giornata è sacro. Questo perché il lavoro di una madre non consiste nei compiti - i tanti compiti - che richiedono attenzione quotidiana o addirittura oraria. Il lavoro di una madre è essere. Per stare con i miei piccoli. Essere braccia calde per abbracciare e confortare. Semplicemente guardare, ancora e ancora, e gioire di chi sono queste persone. Vedere con meraviglia che Dio ha creato questo bambino stupefacente. Gioire con Gesù mentre guardi questo bambino crescere.Alcune volte stare a casa con i figli sembra troppo pesante. Potrebbe apparire faticoso rinunciare a distrazioni, schermi, dipendenza dalla realizzazione - a volte sembra di morire di fame. Ma poi, una piccola mano si avvolge attorno al mio dito. Mia figlia mi avvicina il viso con entrambe le mani. Sono questi i momenti che il mio cuore si scioglie e tutto diventa facile e naturale.Sono felice di aver avuto quei momenti in cui non riuscivo a respirare. Più che felice, sono sollevata. Dal momento in cui la linea del test è diventata rosa, il desiderio profondo del mio cuore è stato quello di stare con i miei figli. Se non fosse stato per quei momenti di lotta, non so se avrei avuto il coraggio di onorare quel desiderio. Quei momenti mi hanno dato chiarezza, coraggio e creatività. Il fatto di aver quasi perso la vita mi ha fatto riflettere su come voglio trascorrerne il resto. Mi ha reso abbastanza coraggiosa da rivendicarlo e mi ha dato il potere di cercare qualcosa di meglio.Mi rivolgo a ogni donna che ha un desiderio nel cuore, un desiderio per il bene e il bello. Non lasciare che la paura, il dubbio, l'ansia o qualsiasi altra cosa appaia così grande da oscurare la tua vocazione. Se hai difficoltà a vedere, se hai bisogno di chiarezza, coraggio o creatività, spero che ti allontanerai dal caos di questa vita e ti prenderai un po' di tempo per respirare. Respira e ascolta. Ascolta il sussurro di Dio nel silenzio. Permettigli di travolgerti e di cambiarti. Puoi realizzare questa chiamata. Sei pronta?

    Il segreto della città in cui nessuno ha mai divorziato

    Play Episode Listen Later Dec 3, 2024 8:56


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7996IL SEGRETO DELLA CITTA' IN CUI NESSUNO HA MAI DIVORZIATO di Roberta Sciamplicotti Pensate a un mondo senza divorzio. Pensate a famiglie che non si separano, all'assenza di bambini feriti e di cuori lacerati.Il matrimonio è la vocazione più impegnativa che esista e il divorzio sta aumentando ovunque, ma c'è una cittadina in Europa che rappresenta un'eccezione - una notevole eccezione - a questo dato inquietante.A Siroki-Brijeg, in Bosnia-Erzegovina, non si sono mai registrati divorzi o famiglie separate tra gli oltre 26.000 abitanti!Quale sarà il segreto di questo successo?(Nota dell'autore: alcune fonti dicono che la popolazione di Siroki-Brijeg è di appena 13.000 persone, quasi al 100% cattoliche, ma a seguito di una ricerca più approfondita ritengo che il numero reale degli abitanti sia più del doppio di quanto indicato).La risposta è la bella tradizione matrimoniale di Siroki-Brijeg. La tradizione croata del matrimonio sta iniziando ad arrivare nel resto dell'Europa e negli Stati Uniti, soprattutto tra i cattolici devoti che si sono accorti delle benedizioni che offre.La popolazione di Siroki-Brijeg ha sofferto per secoli perché la sua fede cristiana è sempre stata minacciata, prima dai turchi musulmani, poi dai comunisti. Gli abitanti hanno imparato a proprie spese che la fonte della salvezza arriva attraverso la croce di Cristo, non gli aiuti umanitari, i trattati di pace o quelli sul disarmo, anche se questi possono apportare qualche beneficio.COLLEGARE INDISSOLUBILMENTE IL MATRIMONIO ALLA CROCE DI CRISTOQueste persone possiedono una saggezza che non permette loro di essere ingannate in questioni di vita o di morte, ed è per questo che hanno collegato indissolubilmente il matrimonio alla croce di Cristo, basando il matrimonio, che genera la vita umana, sulla croce, che genera la vita divina.Quando i fidanzati vanno in chiesa per sposarsi, portano con sé un crocifisso. Il sacerdote lo benedice, e invece di dire che i fidanzati hanno trovato il partner ideale con cui condivideranno la vita dice: "Avete trovato la sua croce! È una croce da amare, da prendere su di voi. Una croce che non è da scartare, ma da custodire nel cuore".Quando la coppia pronuncia i voti matrimoniali, la sposa mette la mano destra sul crocifisso, e lo sposo la mano destra sopra quella di lei. Sono uniti tra sé e uniti alla croce. Il sacerdote copre le mani degli sposi con la stola, mentre loro promettono di amarsi a vicenda nella gioia e nel dolore, proclamando fedelmente i propri voti in base ai riti della Chiesa.Poi i due baciano la croce. Se uno abbandona l'altro, abbandona Cristo sulla croce. Perde Gesù! Dopo la cerimonia, i neosposi attraversano la porta di casa per collocare il crocifisso in un posto d'onore. Diventa il punto di riferimento della loro vita, e il luogo di preghiera della famiglia. La giovane coppia crede fermamente che la famiglia nasca dalla croce.Nei momenti di difficoltà e incomprensione, che sorgono in tutti i rapporti umani, non si ricorre non all'avvocato, al terapeuta o all'astrologo, ma alla croce. Gli sposi si inginocchiano, piangono lacrime di pentimento e aprono il proprio cuore, chiedendo la forza di perdonarsi a vicenda e implorando l'aiuto del Signore. Queste pratiche pie sono state imparate fin dall'infanzia.BACIARE IL CROCIFISSO TUTTI I GIORNIAi bambini viene infatti insegnato a baciare con reverenza il crocifisso tutti i giorni e a ringraziare il Signore per la giornata trascorsa prima di andare a letto. I bambini vanno a dormire sapendo che Gesù li tiene tra le braccia e che non c'è nulla da temere. Le loro paure e le loro differenze scompaiono quando baciano Gesù sulla croce.La famiglia rimane indissolubilmente unita alla croce di Cristo. Si tratta forse di una saggezza che pochi nel nostro mondo moderno riescono a comprendere?Il Catechismo insegna che l'amore dev'essere permanente, altrimenti non è amore vero. Non è un sentimento che va e viene, ma un potere di donazione che sopravvive anche alla fine del sentimento.Nel matrimonio non possiamo dipendere dalle nostre forze umane. Se pensiamo di potere non falliremo. La tentazione invade qualsiasi matrimonio in un modo o nell'altro. Nel giorno del nostro matrimonio è difficile immaginare una situazione in cui tutto non sia perfetto. I giovani cuori sanno a malapena che si stanno imbarcando in un'avventura che raggiungerà le vette più elevate e le valli più profonde, ed è proprio nei momenti trascorsi in queste valli che servirà da parte della coppia uno sforzo eroico per rimanere in carreggiata. A volte sarà anche necessario che uno degli sposi abbia la disciplina mentale necessaria per riportare l'altro nel matrimonio.Chi sta attraversando o ha già attraversato questa situazione riconosce la necessità della grazia per perseverare nella tempesta o nel silenzio. Ci saranno giorni in cui tutto sembrerà perduto, ma allora un momento di vera grazia può rinnovare l'amore e la vitalità nel rapporto, rinnovando anche il vincolo sacramentale. Ed è in questi momenti di seria difficoltà che gli sposi possono mettere in pratica il vero senso di quelle parole, apparentemente profetiche, che ora vengono aggiunte ad alcune cerimonie di matrimonio: "Puoi baciare la croce".Nota di BastaBugie: Vincenzo Merlo nell'articolo seguente dal titolo "Martiri di Siroki Brijeg Frati Minori Francescani" racconta la storia dei martiri di Siroki-Brijeg, il paese di cui parlava l'articolo precedente.Ecco l'articolo completo pubblicato su Santiebeati.it il 20 luglio 2008:Medjugorje, piccolo villaggio della Bosnia-Erzegovina, è conosciuto da tanti fedeli cattolici, soprattutto italiani, per le apparizioni mariane che si susseguono dal 1981. Ai tanti pellegrini che affollano il villaggio può capitare di visitare, nelle vicinanze del paesino, il santuario di Siroki Brijeg, titolato alla Madonna Assunta in Cielo, santuario che costituisce l'autentico vessillo religioso dell'Erzegovina, riconosciuto anche al di fuori dei confini della piccola regione.Quel monastero, vero e proprio scrigno della storia e delle memorie del popolo croato di Erzegovina, fu teatro, il 7 febbraio 1945, di una delle più efferate stragi commesse dai partigiani comunisti locali, eccidio rimasto indelebile nella memoria della gente del luogo nonostante tutti i tentativi, anche violenti, delle autorità comuniste di far dimenticare l'episodio. Il complesso comprendente il santuario, il convento, una scuola e una chiesa, era stato costruito nel 1846 (durante la dominazione turca), grazie alla dedizione di dodici francescani originari dell'Erzegovina e provenienti da Kresevo, in Bosnia. Col passare degli anni, quel luogo era divenuto il simbolo cristiano più importante di tutta l'Erzegovina; per questo motivo un gruppo di partigiani comunisti decise di distruggerlo dalle fondamenta, al fine di sradicare dal cuore del popolo la fede cattolica e la benevolenza e la riconoscenza verso i frati francescani.Arrivati a Siroki Brijeg alle tre del pomeriggio del 7 febbraio 1945, i partigiani trovarono nel monastero trenta religiosi, alcuni dei quali erano professori nel ginnasio adiacente il santuario. Con minacce e bestemmie cercarono di persuadere i frati a lasciare l'abito religioso; al rifiuto di questi, presero i francescani uno ad uno, li portarono fuori dal convento e li uccisero. Testimoni oculari hanno successivamente raccontato che i frati andarono incontro alla morte pregando e cantando le litanie della Madonna. Terminata l'esecuzione i loro corpi furono cosparsi di benzina e bruciati. Non paghi di questo, i partigiani oltraggiarono e cancellarono la scritta sulla pietra invocante Dio e la Madonna, posta sopra l'ingresso del convento, e distrussero la biblioteca, contenente circa 150 mila volumi, che documentavano le tappe della storia e delle sofferenze del popolo croato di Erzegovina.

    Il dogma del patriarcato

    Play Episode Listen Later Nov 26, 2024 6:45


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7997IL DOGMA DEL PATRIARCATO di Roberto de Mattei Il "fantasma del patriarcato" è il tema di un editoriale del quotidiano "Il Messaggero" pubblicato il 24 novembre a firma del sociologo Luca Ricolfi. Scrive Ricolfi: "Chiunque neghi l'esistenza del patriarcato viene guardato con stupefatto rimprovero, come se avesse osato negare la Shoah. La ragione è semplice: siamo stati talmente martellati dalla tesi che la violenza sulle donne dipende dalla sopravvivenza del patriarcato che, per molti, negare il patriarcato suona come negare la violenza sulle donne. Eppure, se lasciamo per un attimo gli ardori ideologici dei credenti nel patriarcato, e ci concediamo il minimo sindacale di lucidità, non possiamo non vedere le ottime ragioni dei negazionisti. Che sono tante e solidissime. La più importante è che, a parte alcune specifiche enclave (...) nelle società occidentali sono scomparsi quasi interamente i tratti distintivi delle società patriarcali: il potere dispotico del capofamiglia, il matrimonio combinato, la sottomissione dei figli (anche dei figli maschi) all'autorità genitoriale, più in generale il primato dei doveri sui diritti in quasi ogni campo della vita sociale (lavoro, famiglia, guerra). Il processo è durato secoli, ma ha avuto due impulsi fondamentali: l'ascesa del matrimonio d'amore fra Settecento e Ottocento, in epoca romantica, e le rivoluzioni libertarie e anti-autoritarie degli studenti e delle donne negli anni '60 e '70 del Novecento. Un aspetto fondamentale di questi processi è l'evaporazione della figura del padre, e più in generale di ogni autorità, tempestivamente annunciata da Alexander Mitscherlich con il suo libro Verso una società senza padre (Feltrinelli 1972), uscito in lingua tedesca fin dal 1963. Su questo, fra i sociologi, gli psicologi sociali e gli psicoanalisti sussistono ben pochi dubbi".LA FIGURA DEL PADRE È SCOMPARSAA questo punto il prof. Ricolfi pone un'ovvia domanda: come si fa a parlare di società patriarcale, quando la figura del padre è scomparsa non solo nella famiglia, ma più in generale nella società?La risposta è questa: "l'ipotesi che dovremmo prendere seriamente in considerazione è che la violenza di cui le donne sono vittime sia semmai il risultato - controintuitivo e paradossale - della sconfitta del patriarcato. Sono sempre più numerose le voci che attirano l'attenzione sul fatto che potrebbero essere proprio le grandi conquiste di libertà e di autonomia delle donne negli ultimi 50 anni, combinate con il crescente individualismo, consumismo, ipertrofia dei diritti - tutti tratti tipici del nostro tempo - ad avere reso gli esautorati maschi sempre più aggressivi, insicuri, fragili, possessivi, e in definitiva incapaci di reggere la minima sconfitta, o di accettare un semplice rifiuto. Insomma: l'odierno maschilismo sarebbe anche una sorta di contraccolpo a conquiste delle donne per cui i maschi non erano pronti, né disposti a farsi da parte. La violenza maschile non sarebbe il segno della sopravvivenza del patriarcato, ma semmai della sua agonia, e del disordine che da quest'ultima deriva". Non c'è da stupirsi dunque di quello che Ricolfi chiama il "paradosso nordico", ovvero "il fatto - a prima vista sorprendente - che la violenza sulle donne, dagli stupri ai femminicidi, sia maggiore nei paesi più civilizzati (come quelli scandinavi) e che un paese come l'Italia, in cui il gender gap è ancora relativamente ampio, sia fra i meno insicuri del continente europeo".LA CULTURA ANTI-PATRIARCALE E ANTI-MASCHIOÈ esattamente la conferma, proveniente da un sociologo, di quanto scrivevamo su RadioRomaLibera, un anno fa, il 2 dicembre 2023, commentando la profonda crisi di identità, che si è avuta in seguito alla distruzione del modello sociale del patriarcato: "Il cosiddetto femminicidio non è frutto della vecchia cultura patriarcale, ma della nuova cultura anti-patriarcale, che confonde le idee, fragilizza i sentimenti, destabilizza la psiche, privata di quel sostegno naturale che, fin dalla nascita, offriva la famiglia, con suoi punti di sicurezza, paterni e materni. L'uomo è solo con i suoi incubi, le sue paure, le sue angosce, sull'orlo di un abisso: l'abisso del vuoto in cui si precipita quando si rinuncia ad essere ciò che si è, quando si abbandona la propria natura immutabile e permanente di uomo, di donna, di padre, di madre, di figlio"."E se tutti parlano di femminicidio, - aggiungevamo - nessuno parla di un crimine ben più esteso e diffuso: quello di infanticidio, commesso ogni in giorno in Italia, in Europa e nel mondo, da padri e madri che esercitano la massima delle violenze contro il proprio figlio innocente, prima ancora che egli veda la luce".L'articolo di Ricolfi ha preso spunto dalla "Giornata internazionale contro la violenza sulle donne", celebrata il 25 novembre di ogni anno. A Roma il giorno prima si è tenuta una manifestazione nazionale contro la violenza delle donne nel corso della quale sono stati scanditi slogan femministi, tra i quali "Disarmiamo il patriarcato", ed è stata bruciata una immagine del ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Valditara, colpevole di aver affermato, in un videomessaggio alla presentazione alla Camera dei deputati della Fondazione dedicata a Giulia Cecchettin, che il patriarcato non esiste più in Italia e "l'incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale".Invitato a commentare queste dichiarazioni alla trasmissione Piazzapulita, sul canale La7, il prof. Ricolfi ha ribadito che il patriarcato, scomparso dalla società occidentale, oggi esiste solo nelle famiglie di immigrati: Noi aggiungiamo: come grottesca e violenta caricatura islamica del modello di patriarcato cristiano e occidentale. Più che di patriarcato bisognerebbe parlare in questo caso di forme di maschilismo islamico altrettanto selvaggio del femminismo occidentale. Ringraziamo il ministro Valditara e il prof. Ricolfi, per avere rotto il silenzio del politicamente corretto, ricordando una verità che è sotto gli occhi di chiunque la voglia vedere.

    Nel matrimonio viene prima il fine procreativo e solo poi quello unitivo

    Play Episode Listen Later Oct 9, 2024 3:26


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7942NEL MATRIMONIO VIENE PRIMA IL FINE PROCREATIVO E SOLO POI QUELLO UNITIVOIl fine primario del matrimonio è la procreazione. Negli ultimi tempi non si dice più così e i due fini, procreazione ed unione dei coniugi, vengono messi alla pari, anzi con una prevalenza almeno nell'ordine del secondo sul primo. Con conseguenze pericolose, perché in tal modo, cioè se è primario il valore unitivo e quindi quello procreativo diventa secondario, si apre piano piano la strada ad una sessualità sganciata dalla procreazione e quindi via libera a contraccezione, rapporti omosessuali, ecc. E se può essere possibile una sessualità senza procreazione, perché non potrebbe essere possibile anche una procreazione senza sessualità? Si pensi al cosiddetto "utero in affitto" o, per dirla in maniera più elegante, alla "maternità surrogata" o "gestazione per altri".A tal proposito leggiamo cosa disse Papa Pio XII in un suo discorso alle partecipanti del Congresso della Unione Cattolica Italiana delle Ostetriche, pronunciato in Vaticano il 29 ottobre del 1951: "La verità è che il matrimonio, come istituzione naturale, in virtù della volontà del Creatore non ha come fine primario ed intimo il perfezionamento personale degli sposi, ma la procreazione e la educazione della nuova vita. Gli altri fini, per quanto anch'essi intesi dalla natura, non si trovano nello stesso grado del primo, e ancor meno gli sono superiori, ma sono ad esso essenzialmente subordinati".Pio XII fa anche riferimento ai matrimoni infecondi, affermando che tale stato di cose, vale anche per questi: "Ciò vale per ogni matrimonio, anche se infecondo; come di ogni occhio si può dire che è destinato e formato per vedere, anche se in casi anormali, per speciali condizioni interne ed esterne, non sarà mai in grado di condurre alla percezione visiva".Nello stesso discorso Pio XII precisa che tale verità è ciò che è sempre stato insegnato ed è patrimonio della tradizione. Egli dice: "Redigemmo Noi stessi alcuni anni or sono (10 marzo 1944) una dichiarazione sull'ordine di quei fini, indicando quel che la stessa struttura interna della disposizione naturale rivela, quel che è patrimonio della tradizione cristiana, quel che i Sommi Pontefici hanno ripetutamente insegnato".Ovviamente, parlare della procreazione come fine primario, non vuol dire omettere, trascurare o addirittura pensare come inutili i fini secondari. I quali, anzi, sono necessari. Pio XII dice sempre nello stesso discorso: "Si vuole forse con ciò negare o diminuire quanto vi è di buono e di giusto nei valori personali risultanti dal matrimonio? Certamente no, poiché alla procreazione della nuova vita il Creatore ha destinato nel matrimonio esseri umani fatti di carne e di sangue, dotati di spirito e di cuore, ed essi sono chiamati in quanto uomini e non come animali irragionevoli, ad essere gli autori della loro discendenza. A questo fine il Signore vuole l'unione degli sposi".

    Il piano per distruggere la famiglia

    Play Episode Listen Later Aug 27, 2024 7:51


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7896IL PIANO PER DISTRUGGERE LA FAMIGLIA i Fabio FuianoIl libro di mons. Delassus, Lo spirito famigliare nella società e nello Stato, appena pubblicato dalle Edizioni Fiducia (pp. 176, euro 15) con una prefazione del prof. Roberto de Mattei, è un prezioso strumento per comprendere le cause della disgregazione della famiglia e le condizioni per la sua ricostruzione.L'autore, Henri Joseph Delassus, nacque in Francia il 12 aprile 1836 a Estaires, un piccolo villaggio nei pressi di Lille. Fu ordinato sacerdote a Cambrai nel 1862 ed esercitò il ministero nella città di Lille. Le sue numerose opere sono una mirabile espressione della scuola di pensiero contro-rivoluzionaria. Tra queste, va ricordata Il problema dell'ora presente: Antagonismo di due civiltà, che fu pubblicata nel 1904, preceduta da una lettera del cardinale Merry del Val, che impartiva all'autore la benedizione apostolica del Santo Padre Pio X. Il 19 settembre 1910 veniva dato l'imprimatur per la pubblicazione a Lille dell'opera L'Esprit Familial dans la Maison, dans la Cité et dans l'Etat, tratta dal secondo dei due volumi de Il problema dell'ora presente. Le Edizioni Fiducia propongono ora un'edizione critica di questo volume, arricchita di note, che mette a disposizione dei lettori un vero e proprio tesoro della letteratura cattolica.Nel primo capitolo del volume, mons. Delassus, ripercorrendo la storia degli Stati, dimostra come questi, nessuno escluso, si siano formati a partire dalla cellula fondamentale che è la famiglia. Infatti, spiega l'autore, «tale è l'origine storica di tutte le tribù; e l'origine delle nazioni è affatto somigliante: le tribù si agglomerano, come si sono raggruppate le famiglie, e sempre sotto l'ascendente d'una famiglia principesca».Nel secondo capitolo, il teologo francese spiega la struttura gerarchica dello Stato a partire da quella familiare e il piano della Rivoluzione per distruggere attraverso la famiglia la società intera.Il terzo capitolo è dedicato alla legge principale delle famiglie e degli Stati, ovvero la legge dell'unione e ai suoi effetti benefici sulla società. Infatti, afferma mons. Delassus, «l'uomo isolato non può far niente. L'associazione ha fatto tutto ciò che noi vediamo: ha prodotto tutte le ricchezze che la civiltà possiede attualmente. Tutto è prodotto dal lavoro degli uomini associati nello spazio e nel tempo».Il quarto capitolo è consacrato a descrivere l'origine della prosperità dei popoli e quella della loro decadenza. In particolare, spiega l'autore, nessuna società «può sussistere senza la mutua assistenza; aiuti dei grandi ai piccoli, servigi dei piccoli ai grandi; ed è cosa incontestabile che, affinché questa mutua assistenza sia efficace, e possa far regnare la pace e la prosperità nella società, non deve solamente essere occasionale, ma costante, e per essere costante, deve essere organizzata socialmente». Dati storiografici alla mano, mons. Delassus dimostra come la decadenza è venuta nel momento in cui l'uomo non ha più esercitato la virtù, cedendo il passo ai vizi, corrompendo l'aristocrazia che ha eluso i propri doveri nei confronti dei subordinati.Nel quinto capitolo, è ben descritto l'esito di tale corruzione, dove l'amore per il denaro ha sostituito l'amore vicendevole che regolava e armonizzava i rapporti tra il superiore e l'inferiore. È col pretesto di questa corruzione che la Rivoluzione ha poi avuto man forte per sovvertire l'intero ordine gerarchico.Dopo aver descritto le conseguenze nefaste della corruzione e dell'allontanamento degli Stati dal modello della famiglia, mons. Delassus dedica i restanti capitoli a spiegare come è possibile ritornare a quei principi che fecero grandi gli Stati. In particolare, la riforma deve passare dalla ricostituzione della famiglia capostipite, che si distingue dalla famiglia semplicemente patriarcale. Spiega mons. Delassus che sotto il regime patriarcale «il padre custodisce sotto la sua immediata autorità i propri figli, le loro donne ed i loro fanciulli. [...] Il cattivo lato di questo regime è l'abitudine, la mancanza di progresso». D'altro lato, la famiglia capostipite, pur conservandosi attraverso le età come la famiglia patriarcale presenta una maggiore flessibilità e meglio si presta al perfezionamento. In particolare, spiega il Monsignore nell'ottavo capitolo, tale famiglia «ha, come la famiglia patriarcale, un doppio elemento di stabilità e di perpetuità: l'uno materiale, il focolare; l'altro morale, la tradizione. L'interesse che la famiglia capostipite considera come maggiore e che mette avanti ogni altro, è la conservazione del patrimonio trasmesso dagli antenati. La famiglia è simile ad un alveare, vi nascono e partono nuovi sciami, ma l'alveare non deve perire. Per conservarla, i genitori, ad ogni generazione, associano alla loro autorità quello fra i loro figliuoli che giudicano più atto a lavorare di concerto con loro, per poi continuare dopo la loro morte l'opera della famiglia».Tutto ciò è stato gravemente minato dalla Rivoluzione, soprattutto con l'imposizione per legge dell'innaturale ripartizione eguale dell'eredità fra tutti i figli, indipendentemente dalla loro ricchezza o indigenza, dignità o indegnità morale. Ciò alla lunga ha causato la scomparsa del bene patrimoniale che la famiglia capostipite cercava di conservare. Accanto al ristabilimento della famiglia capostipite, sottolinea mons. Delassus nel nono capitolo, è necessario ristabilire anche le tradizioni radicate nei principi morali che fanno virtuosi gli uomini e solide le famiglie. Come illustrato nel decimo capitolo, le tradizioni non possono essere ristabilite che per mezzo del principio vitale della famiglia tripartito nell'autorità del padre, nella santità della madre e nel culto degli antenati. Nell'undicesimo capitolo, infine, si descrive la conseguenza naturale della ricostituzione della famiglia, per come descritta nei capitoli precedenti: la ricostruzione del corpo sociale.Non si può rendere la bellezza e la profondità delle verità contenute nelle parole di mons. Delassus con una sola recensione. Non resta che invitare il lettore a leggere il libro ed a constatarlo da sé!

    Indipendente dal marito, ma schiava del lavoro

    Play Episode Listen Later Jun 12, 2024 4:09


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7806INDIPENDENTE DAL MARITO, MA SCHIAVA DEL LAVORO di Raffaella FrulloneMi sono sorpresa l'altro giorno nell'apprendere che tra le dipendenze più diffuse nel nostro Paese c'è ancora quella da eroina. Così riportano diversi studi, mettendo al primo posto delle dipendenze maggiormente presenti tra gli italiani proprio quella da sostanze stupefacenti, in primo piano le cosiddette droghe leggere, come i cannabinoidi e gli oppiacei, poi la cocaina e infine appunto l'eroina, che io avevo lasciato nei miei ricordi degli anni Novanta, quando le siringhe per terra mi avvisavano che quello non era solo un presidio medico.Sul podio delle dipendenze, e qui non ci sorprende per nulla, anzi, c'è la piaga della pornografia, che dilaga ormai a livelli inimmaginabili, naturalmente anche grazie a internet ma soprattutto agli smartphone. E qui arriva il terzo gradino del podio, ossia la dipendenza da social media e appunto da quell'oggetto che solo 25 anni fa era un banale cellulare e che oggi qualcuno ha definito un nuovo «ciuccio per adulti», ossia quell'oggetto che ci rilascia dopamina al bisogno. Nella classifica troviamo poi una voce sulla dipendenza da farmaci, antidolorifici in primis, ma subito dopo antidepressivi e ansiolitici, e poi il gioco d'azzardo. Infine, malamente sopravvissuta alle campagne antifumo degli ultimi decenni, la sigaretta.Ma c'è un'altra dipendenza considerata socialmente pericolosa, soprattutto quando si parla di donne, la cosiddetta "dipendenza dall'uomo". Il marito su tutti, naturalmente, simbolo della società patriarcale che ci vuole tutte sottomesse. Dipendere dal marito è considerato non solo sconveniente, ma anche pericoloso, in particolare viene rimarcata l'importanza dell'indipendenza economica che la donna deve raggiungere perché quella sarebbe simbolo di libertà. L'altra faccia della medaglia è una dipendenza di cui nessuno parla in modo negativo, anzi è vista come buona, auspicabile, desiderabile, e anche qui simbolo di libertà, ossia la dipendenza dal lavoro. Posto che per la gran parte della popolazione, anche femminile ahinoi, è ormai una dipendenza forzata, obbligata da esigenze economiche, il mainstream ci vorrebbe convincere che lavorare 40 ore settimanali (o di più), magari facendo la commessa, magari a 30 chilometri da casa, magari lavorando anche la sera, magari lavorando anche la domenica e, perché no?, i festivi, magari bistrattata dal capo, è sempre e comunque preferibile che rimanere a casa - ad esempio - a crescere i propri figli "dipendendo" economicamente dal marito. Non c'è qualcosa di storto in questo?Anche perché la storia della self mede woman, quella che si fa da sola, sta in piedi esattamente come quella del self made man, ossia non sta in piedi. Noi dipendiamo sempre da qualcun altro, dipendiamo da chi ha progettato la casa in cui abitiamo, da chi l'ha costruita, ci fidiamo del fatto che abbia usato materiali buoni e li abbia posati con coscienza, dipendiamo da chi ha realizzato la nostra autovettura, o l'autobus, dipendiamo da chi fornisce ogni giorno il banco del supermercato, grazie al quale siamo certi di portare qualcosa in tavola, dipendiamo dagli imprevisti che non controlliamo, dipendiamo dal nostro corpo che oggi ci porta in giro allegramente, ma basta un callo sotto a un piede e già camminare diventa faticoso. Dipendere dal proprio marito quindi non è affatto una prospettiva così terribile, anzi, perché lui è il nostro alleato, non quello che controlla se firmiamo il cartellino o quello che decide se darci o meno due giorni di ferie. Dipendere dal marito ci ricorda che tutti, uomini e donne, dipendiamo: dipendiamo dal Creatore, siamo nelle mani di Dio, un Dio buono, che per noi prepara solo il meglio. E questo è davvero liberante.

    La famiglia non può essere modificata dalle leggi

    Play Episode Listen Later Apr 24, 2024 14:23


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7774LA FAMIGLIA NON PUO' ESSERE MODIFICATA DALLE LEGGI di Gianfranco AmatoLa famiglia è una creazione dell'uomo o un elemento di natura? La risposta è semplice. La famiglia non è il frutto di un sistema socio-giuridico, di un determinato contesto storico-culturale, di una moda, di una concezione filosofica o politica, né tanto meno è il frutto di una dottrina religiosa. La famiglia è un elemento oggettivo di natura che precede cronologicamente e ontologicamente qualunque istituzione umana. Per questo essa è sottratta alla disponibilità dello Stato e non può essere modificata o manipolata attraverso la funzione legislativa. Per questo si dice che la famiglia è un elemento pre-giuridico e pre-politico. Fa parte della struttura naturale dell'essere umano.La prima immagine che abbiamo di famiglia - senza aggettivi di sorta come "naturale", "tradizionale", ecc. - risale al periodo preistorico, al Neolitico superiore in particolare. Nel 2005 in Germania, vicino alla città di Eulau, gli archeologi hanno rinvenuto alcune tombe che appartenevano a quell'epoca. In una di queste tombe hanno ritrovato i resti di quattro esseri umani: un uomo, una donna e due bambini. Furono seppelliti abbracciati tra di loro. Attraverso l'analisi del Dna gli scienziati hanno scoperto che si trattava di una famiglia: madre, padre e due figli. L'immagine che è stata ricostruita di questa famiglia, oltre ad essere particolarmente commovente, ci dice una cosa importante: in quell'epoca non esisteva nessuna legge, non esisteva nessun parlamento, non esisteva lo Stato e non esisteva nessuna Chiesa, ma esisteva la famiglia, elemento naturale che precede tutte queste istituzioni.L'UOMO LASCERÀ SUO PADRE E SUA MADRELa nostra civiltà occidentale affonda le sue radici, oltre che nella preistoria, anche nella cultura giudaica, che nel Bereshit (בראשית), il primo libro della Torah, definisce la famiglia in questi termini: «L'uomo lascerà suo padre e sua madre, si unirà alla moglie e i due formeranno una sola carne».La nostra civiltà si radica anche nella cultura classica greco-romana. Aristotele, che rappresenta la massima espressione del pensiero filosofico greco, ci ha lasciato una definizione interessante: «Polis sùnkeitai ex oikiòn», ossia «La società è costituita dall'insieme delle famiglie» (Politica, I, 1253b). Non sono i singoli individui ma le famiglie a costituire la società. E Aristotele aveva ben in mente quali fossero le funzioni e le caratteristiche della oikos, intesa come famiglia. Cinque, in particolare. La prima caratteristica era quella della despotèia, ovvero dell'autorità indiscussa: la famiglia è una comunità dove i genitori comandano e i figli obbediscono. La seconda caratteristica era quella di nascere dalla sùnzeuxis gunaikòs kai andròs γυναικός καί ἀνδρός, ovvero dall'unione di un uomo e di una donna. La terza caratteristica era legata a una funzione essenziale della famiglia, ovvero la teknopoìia, la procreazione. La quarta caratteristica era connessa alla oikonomìa, in quanto la famiglia è una comunità che si amministra e si gestisce in maniera razionale: il termine economia, peraltro, deriva proprio da «οἶκος», famiglia. La quinta caratteristica risiede in un'altra funzione fondamentale, ovvero quella della «παιδεία», l'educazione: la famiglia è la prima e più importante agenzia educativa della società.IL PENSIERO GIURIDICO DEI ROMANIDopo il pensiero filosofico dei greci arriva il pensiero giuridico dei romani. Ulpiniano, uno dei più grandi giuristi dell'antica Roma, sosteneva che la famiglia si fonda sull'unico matrimonio, quello «justum», ovvero il matrimonio tra un «masculus pubes» e una «femina potens». Prima di lui il grande Cicerone aveva spiegato che la famiglia è la «prima societas», il nucleo, la cellula della società (De Officiis, I, 53-54). Essa costituisce, infatti, il fondamento della stessa società («principium urbis») e il suo vivaio («seminarium rei publicae»). Perché i romani sostenevano che la famiglia fosse un "vivaio"? Perché per essi la famiglia costituiva il primo luogo dove il cucciolo d'uomo impara a convivere con persone che non si è scelto; impara che esistono delle regole da rispettare; impara cosa significa condividere. Era una specie di filtro, di "stage" che il cucciolo d'uomo doveva affrontare prima di andare a vivere nella grande famiglia che è la società. I romani pensavano che se la natura non avesse donato questa possibilità di una sperimentazione quotidianamente della convivenza in famiglia, gli stessi uomini non avrebbero potuto vivere insieme nella società: sarebbero stati dei lupi solitari o si sarebbero scannati tra di loro. Ma poiché nella grande famiglia dove il cucciolo d'uomo andrà a vivere, cioè la società, ci sono uomini e donne, era importante per i romani che il bambino imparasse nella sua famiglia quali fossero le funzioni di questi due sessi. Ecco perché, per esempio, nonostante nell'antichità classica l'omosessualità fosse abbastanza tollerata e diffusa, nessuno si è mai sognato di parlare di matrimonio omosessuale o di famiglia tra persone dello stesso sesso. E perché non lo fecero malgrado allora ci fossero maggiori condizioni per farlo rispetto a oggi? Perché i romani avevano un senso chiaro e intelligente della laicità e sapevano distinguere tra l'aspetto privato - per cui uno a casa sua, sotto le lenzuola, può fare quello che più gli aggrada - e l'aspetto pubblico, ovvero ciò che può avere effetti negativi nella convivenza civile e nella società.Ora, se la famiglia, come abbiamo visto, è un elemento pre-giuridico e pre-politico, ossia non ha nulla a che vedere con il diritto, la legge, il parlamento, quando e perché i documenti giuridici in Europa si occupano di essa? Esiste una data e una ragione. Dopo la Seconda guerra mondiale, infatti, l'esperienza mostrò al mondo che l'unica cosa che seppe resistere e tenere insieme la società durante quello tsunami devastante fu proprio la famiglia. E il mondo comprese che, per ricostruire la stessa società dalle ceneri di quel devastante evento bellico, occorreva ripartire dalla famiglia. Per questo la Costituzione italiana del 1948, la Costituzione tedesca del 1948 e la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 riconobbero l'importanza della famiglia fino ad allora sottovalutata.LA FAMIGLIA È IL NUCLEO DELLA SOCIETÀL'art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, infatti, stabilisce che «la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto a essere protetta dalla società e dallo Stato». E la Costituzione italiana all'art. 29 usa un verbo interessante quando afferma che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». "Riconosce" significa prendere atto di qualcosa che preesiste. L'articolo non afferma che la Repubblica istituisce la famiglia e ne disciplina le modalità di costituzione e di estinzione. Non è una creazione dello Stato.Per comprendere esattamente il significato attribuito dai costituenti all'espressione « società naturale», è sufficiente leggere il dibattito sul tema che emerge dai verbali dei lavori preparatori della stessa Costituzione. Si possono citare, ad esempio, tre significativi interventi: le dichiarazioni di voto degli onorevoli Moro, La Pira e Mortati. Il primo affermò quanto segue: «Dichiarando che la famiglia è una società naturale si intende stabilire che la famiglia ha una sua sfera di ordinamento autonomo nei confronti dello Stato, il quale, quando interviene, si trova di fronte a una realtà che non può menomare né mutare». Il secondo, La Pira, precisò che «con l'espressione società naturale si intende un ordinamento di diritto naturale che esige una costituzione e una finalità secondo il tipo della organizzazione familiare». Il terzo, Mortati, volle precisare il carattere normativo della definizione di famiglia come società naturale, dichiarando che «con essa si vuole, infatti, assegnare all'istituto familiare una sua autonomia originaria, destinata a circoscrivere i poteri del futuro legislatore in ordine alla sua regolamentazione».Poche furono le voci critiche rispetto a quella formula, e solo perché le attribuirono una portata meramente definitoria. L'on. Ruggiero, per esempio, rilevò che la Costituzione non doveva dare definizioni degli istituti, e che il progetto non ne dava alcuna, tranne che per la famiglia. Nel suo ragionamento fu interrotto dall'on. Moro, che lo fulminò con queste parole: «Non è una definizione, è una determinazione di limiti». Con quelle tre parole, espressione dell'indiscutibile intelligenza di un uomo come Aldo Moro, in maniera sintetica ed efficace fu riprodotto il pensiero della maggioranza dell'Assemblea, che volle infatti mantenere la formula «società naturale».DESTRUTTURARE LA FAMIGLIAOra si pone il tema del perché si voglia far prevalere l'idea che la famiglia non rappresenti un elemento di natura, bensì una variabile socio-culturale soggetta al cambiamento anche attraverso la funzione legislativa.Io credo - e questa rappresenta una mia convinta opinione - che oggi questa tendenza a destrutturare la famiglia ubbidisca a una precisa logica di potere.Sembra di vivere la profezia distopica del grande scrittore inglese Aldous Huxley nella sua opera Il Nuovo Mondo, che identificava proprio nell'eliminazione della famiglia e nell'abolizione delle parole "padre" e "madre" uno dei passaggi fondamentali per il raggiungimento del dominio assoluto da parte di poteri oligarchici.Del resto, la famiglia rappresenta l'ultimo, picco

    Dieci motivi per cui amo essere un maschio

    Play Episode Listen Later Apr 17, 2024 5:45


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3217DIECI MOTIVI PER CUI AMO ESSERE UN MASCHIO di don Fabio Bartoli"Tu non mi capisci!" Di solito nelle liti di coppia questo è il rimprovero finale, quello che pone termine ad ogni discussione. Normalmente è la donna a dirlo all'uomo. Ed è giusto, perché l'uomo ha il compito istituzionale, assegnatogli dalla natura, di capirla.La donna accoglie senza capire, lei non ne ha bisogno, intuisce.L'uomo invece deve capire, perché deve servire. E per servire, diversamente che per accogliere, è necessario interpretare i gusti e i desideri dell'altro, prevenirli se possibile. Posso accoglierti in silenzio, ma non potrò mai servirti in silenzio. A volte parlerò con le mani anziché con la lingua, ma sempre dovrò "fare" qualcosa.Accogliere è un essere, servire è un fare, e non si può fare senza capire, pena fare male, servire male.Naturalmente il rimprovero è vero, molto spesso gli uomini non capiscono, nonostante si impegnino.Il mondo è così, siamo esseri imperfetti, fatevene una ragione. Non saremo mai all'altezza dei vostri bisogni e delle vostre aspettative, non sapremo mai servirvi così bene da soddisfare ogni vostro desiderio.Questo solo Dio può farlo.Però in realtà oggi voglio parlare di altro.Mi sarà lecito dire una volta, anche una volta sola e sia pure per celia, che anche le donne non capiscono gli uomini? E la cosa è assai più complicata dal fatto che invece spesso son convinte di capirli.Ci sono così le donne che hanno in testa l'idea che l'uomo sia un eterno bambino e lo trattano come si tratta un ragazzino (dimenticando che il modo migliore di indispettire un ragazzino è di trattarlo come tale, il bimbo vuole semmai essere trattato da adulto).Ci sono anche quelle che hanno in testa lo schema semplificato on-off, come se l'uomo si concentrasse tutto in un unico interruttore (sì, quello lì, quello del desiderio) e che una volta acceso il problema è risolto.Ci sono poi quelle che hanno paura degli uomini e che pensano che l'uomo sia sempre sotto sotto un bruto e quindi bisogna stare attenti a tenergli la briglia corta per impedirgli di scatenarsi perché sennò chissà che potrebbe fare...Credetemi, forse è vero che non siamo complicati come le donne, ma non siamo nemmeno così semplici.Non nego che ci siano i mammoni e i bruti o quelli che mettono tutta la loro maschilità nell'interruttore, ma la categoria maschile è per fortuna ben più variegata di così.Permettetemi dunque di offrirvi care amiche un brevissimo decalogo dei dieci motivi per cui amo essere maschio e mi piacerebbe che i lettori maschi del blog lo continuassero, perché non pretende affatto di essere un elenco esaustivo.Poiché credo moltissimo nella complementarietà, ça va sans dir che non c'è alcun intento di contrapposizione in questo catalogo, quindi nessuno si senta offeso vi prego, prendetelo come un contributo semiserio ad uso delle mie amiche per provare a vedere negli uomini anche qualcos'altro.AMO ESSERE MASCHIO PERCHÉ:1) Perché amo finire un lavoro e dopo averlo finito fermarmi a guardarlo e compiacermi di ciò che ho fatto (Le donne che conosco di solito non sono capaci di finire il lavoro, prima di finirlo stanno già pensando a quello che faranno dopo. In questo Dio è decisamente maschio, perché il Sabato si ferma a guardare la Creazione).2) Perché mi piace stare fermo come uno scoglio su cui si infrangono tutte le tempeste emotive (questa devo spiegarla?).3) Perché mi piace osservare (I maschi osservano molto, una cosa alla volta, ma osservano).4) Perché mi piace che i miei figli rischino l'osso del collo pur di affermare se stessi. Perché adoro condividere le loro vittorie (il fatto che io non abbia figli nella carne non cambia niente, ci sono molte forme di paternità).5) Perché mi piace ridere forte e prendere le ondate di petto, in tutti i sensi (se vuoi conoscere una persona guarda come si comporta al mare).6) Perché ho sempre desiderato essere un eroe (ci sono anche eroine naturalmente, ma l'eroismo femminile è molto diverso da quello maschile. Troppo lungo e serio da spiegarlo in questa sede però).7) Perché amo troppo le parole per non sostenerle e rivestirle di gesti (il maschio, lo sanno tutti, realizza se stesso molto più nel fare che nel dire)8) Perché mi piace fare il capro espiatorio (sì, non inorridite, mi piace pagare, faticare e soffrire al posto degli altri e ci sarà un motivo se non si è mai sentito parlare di una capra espiatoria).9) Perché non mi fiderei di nessun altro per salvare il mondo (non è che le donne non salvino il mondo, è che i maschi non si fidano del fatto che lo facciano).10) Perché come maschio troverò sempre qualcosa di bello e stupefacente in ogni donna che incontro e non entrerò mai in competizione con lei.

    Come la moglie di Schumacher protegge il marito dal gossip e dall'eutanasia

    Play Episode Listen Later Jan 2, 2024 7:30


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7655COME LA MOGLIE DI SCHUMACHER PROTEGGE IL MARITO DAL GOSSIP E DALL'EUTANASIA di Valerio PeceSe nel mondo la Ferrari è il mito che è, lo si deve anche a Michael Schumacher, campionissimo avvolto da 10 anni - giorno in cui sfiorò la morte cadendo dagli sci - da due parole-chiave: riserbo e amore. Va detto che il rigoroso silenzio sul suo reale stato di salute si è imposto anche per combattere il triste sciacallaggio che lo ha toccato da vicino: dai paparazzi pizzicati a utilizzare droni pur di spiare dai vetri della sua villa il pilota in coma, al furto delle sue cartelle cliniche con annessa richiesta di denaro ai giornali (finì malissimo: nel 2014 il sospettato del furto si impiccherà in una cella del carcere di Zurigo). Quanto all'amore, non è difficile vedere quanto sia ancora vivo: dagli articoli che accompagnano ogni piccola novità sui suoi progressi, ai tanti tifosi (italiani in primis) che ricordano con somma riconoscenza le sue imprese (dei 7 titoli mondiali conquistati dal pilota tedesco, cinque sono stati vinti con la Ferrari).NON É PRIVACY, É AMORENella dolorosa vicenda, la figura più luminosa è senz'altro quella di Corinna, 54enne moglie di Michael, che da anni protegge e segue il marito in modo commovente. Solitamente parca di dichiarazioni, nel settembre scorso, in occasione dell'uscita su Netflix dell'unico documentario su Schumacher autorizzato dalla famiglia, ha rilasciato parole fortissime: «Ora seguiamo le cure, vogliamo che Michael senta che la famiglia è unita». Per poi aggiungere: «É evidente che mi manca, tutti sentiamo la sua mancanza, ma Michael c'è, è diverso ma c'è. E questo ci dà forza. Non avrei mai pensato che potesse succedergli qualcosa, ma è importante che lui continui ad assaporare la sua vita privata per come possibile. Lui ci ha sempre protetti, ora sta a noi farlo». Una manifestazione d'amore pregna di forza e di gratitudine.Dietro i gesti di Corinna Betsch, spesso non compresi fino in fondo, non c'è dunque solo la fredda tutela della privacy ostentata dai giornali e dalle interviste degli addetti ai lavori («Da dieci anni Corinna non va a feste o occasioni pubbliche perché chiunque la incontri vuole sapere delle condizioni del marito e lei ha alzato una barriera a protezione della privacy», così Eddie Jordan, il team manager che lanciò Schumacher in Formula 1, in un'intervista del gennaio scorso). Parlare di privacy, come fa la quasi totalità dei commentatori, oltre che riduttivo è ingiusto e ingeneroso. La volontà di allestire a mo' di ospedale la villa di famiglia (a Gland, sul lago di Ginevra) al fine di permettere ad uno staff medico di fornire al marito cure quotidiane racconta molto dello smisurato e incrollabile affetto con cui la signora Schumacher circonda il marito, ma soprattutto dice della volontà di continuare a vivere ogni attimo insieme, nella buona come nella cattiva sorte. Poco importa che le cure per il marito costino 10 milioni di euro l'anno (così sono state quantificate le spese mediche): pur di farlo accedere alle terapie più avanzate, come una manager premurosa Corinna ha prima messo in vendita l'aereo privato del marito e poi la villa a Trusil, in Norvegia. In quella Svizzera che la martellante propaganda radicale impone di associare all'eutanasia e alla morte, nulla dev'essere lasciato intentato in termini di cura e di vita.PIETRA D'INCIAMPOL'unico che sembra aver compreso a fondo il nuovo contesto umano suscitato dall'incidente del pilota tedesco, calandosi nell'inedita realtà famigliare con assoluta normalità è Jean Todt, direttore generale della Scuderia Ferrari e amico fraterno di Schumi. «Non posso dire che Michael mi manca perché lui, alla fine, c'è», ha dichiarato Todt al quotidiano francese L'Equipe. Tra i pochissimi a entrare regolarmente a casa del sette volte campione del mondo, Todt ha aggiunto: «Oggi è uno Schumacher diverso ed è magnificamente sostenuto da moglie e figli che lo proteggono. La sua vita è cambiata e io ho il grande privilegio di poter condividere alcuni momenti insieme a lui. Questo è tutto quello che c'è da dire». A proposito di candidi momenti di condivisione, rumors parlano di gare di Formula 1 guardate alla tv dai due amici sul divano di casa Schumacher.Ed è proprio in questo "esserci in modo diverso" che si gioca la comprensione che oggi il mondo ha del campione di automobilismo. Costringendo tutti a uno sforzo sul senso profondo della vita, Michael Schumacher, inutile negarlo, oggi è una pietra d'inciampo. Ma è proprio questo tipo di riflessione che non può più chiedersi al dibattito odierno, impoverito e umiliato da un relativismo dilagante. Ecco allora l'imbarazzo dei cronisti. Palpabile. Coglie il punto Mario Donnini con un editoriale su Autosprint. «C'è e non c'è, è vivo ma non interagisce», scrive lo scrittore e giornalista, «non interviene, non può farlo [...] se ne ragiona molto spesso a sproposito, giocando a indovinare invece di rispettare, a carpire al posto di capire». Ma è il passaggio successivo quello in cui Donnini tocca il nervo scoperto del nostro tempo: «E così nel mondo iperconnesso h24, in cui chiunque sa e si racconta come vuole, uno tra gli uomini più conosciuti del mondo diventa improvvisamente impercepibile. Svanisce, si decontestualizza, perde domicilio mediatico per scelta dei suoi cari, i quali ritengono di non dover far altro che curarlo, custodirlo e proteggerlo».Si può rimanere vivi (continuando a stupire e a vincere) in molti modi. Oggi Michael, Corinna e i loro due figli sono protagonisti di un secondo tempo della gara che va raccontato, perché è una lezione di vita impagabile, quella della vittoria dell'amore sul dolore. «Forte come la morte è l'amore»: quanto si legge nel Cantico dei Cantici lo vivono ancora oggi due innamorati in una villa di Gland adattata a ospedale. Sempre e per sempre.

    Come salvare i figli dallo smartphone

    Play Episode Listen Later Jan 2, 2024 10:44


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7652COME SALVARE I FIGLI DALLO SMARTPHONE di Cristina SiccardiSmartphone e social media, come ben sappiamo, hanno radicalmente cambiato la vita di tutte le persone, di qualsiasi età e di qualsiasi ceto sociale. Tutti gli strumenti, più o meno complessi, hanno mutato nel corso della storia la vita quotidiana delle persone e il loro impatto è stato positivo o negativo a seconda del loro utilizzo, ovvero dal criterio con cui ciascun individuo se ne serve. Ma quelli di cui stiamo parlando hanno un impatto massificante di straordinario potere persuasivo, plagiatorio, psicologico.La commercializzazione degli smartphone è iniziata nel 1993 con IBM e, in breve tempo, essi hanno riempito i mercati mondiali con migliaia di modelli e centinaia di milioni di utenti. Il primo social network della storia corrisponde al sito americano SixDegrees, lanciato a New York nel 1997 dal suo fondatore Andrew Weinreich. I social media hanno rappresentato un cambiamento nel modo in cui le persone leggono, apprendono e condividono, senza sosta, informazioni e contenuti. Con i social media è mutato completamente il modello di comunicazione tipico dei media tradizionali (radio, stampa, televisione): il messaggio non è più "da uno a molti" (monodirezionale, dal broadcaster al suo pubblico), ma "da molti a uno", con elevato livello di interazione. L'informazione si è "democratizzata" in un liberalismo esasperato, trasformando i soggetti da meri fruitori a editori di se stessi, interconnettendosi con altri soggetti monitorati in tutto il mondo attraverso colossi mediatici come Facebook, LinkedIn, Instagram, TikTok.Oggi esiste una vera e propria bulimia nell'uso degli smartphone e dei socialmedia. Attività e virtù come autodisciplina e temperanza, moderazione e sobrietà, equilibrio, stabilità, prudenza e armonia, concentrazione e silenzio sono andate smarrite nella civiltà edonistica, del "mordi e fuggi", dell'insaziabilità su più fronti, della frenesia, dell'ansia, del frastuono acustico e visivo, dove la massa di informazioni si schianta con la vuotezza di principi e valori giusti e sani.Fatto incontestabile è che chat e videogiochi (solitari o in comunità web) creano enorme dipendenza: soggiogano, ingabbiano mente e spirito, sviluppando problemi e condizionamenti a dismisura. Essere interconnessi continuamente, da quando ci si sveglia a quando si va a dormire, significa avere l'attenzione degli innumerevoli "amici" sui propri pensieri, sentimenti, intenzioni.UN BILANCIO ALLA LUCE DELLA FEDE CATTOLICADopo più di vent'anni di uso incessante di questi dispositivi e di questo genere di comunicazione, quale bilancio si può dare? Il tema non può certo essere esaurito in questo contesto. Tuttavia, possiamo considerarne le conseguenze e, allo stesso tempo, alla luce della fede cattolica e quindi delle sane virtù, possiamo risparmiare figli e nipoti da squilibri, fobie e schizofrenie che provengono dall'uso paranoico e smodato di tali strumenti.Tanto è forte il collegamento fra lo smartphone e i comportamenti adolescenziali che la professoressa Jean M. Twenge, docente di psicologia della San Diego State University, ha definito questa generazione «iGen», generazione «iphone». Da venticinque anni Twenge studia i trend generazionali. Ha lavorato sul senso di ribellione dei Baby boomer (i nati dal 1945 al 1965), sul desiderio di indipendenza della generazione X (i nati tra il 1965 e il 1980), sull'individualismo dei Millennials (nati fra il 1980 e il 2000) e confrontando i dati comportamentali di queste ultime generazioni, con famiglie spesso dissestate, ha rilevato che gli adolescenti di oggi sono più depressi, passano il tempo con i coetanei soprattutto sui telefonini, sono soli, vulnerabili, con precaria salute mentale e a maggior rischio di suicidio. Essi sono molto fragili, benché spavaldi. I tassi della depressione e di suicidio sono aumentati dal 2011 ad oggi. Gran parte della crisi del deterioramento della salute mentale può essere ricondotto all'uso smodato dei telefonini. L'ascesa dello smartphone e dei social media hanno causato un terremoto di proporzioni mai viste. I dispositivi che si sono messi nelle mani dei giovanissimi stanno avendo profondi effetti sulla loro vita, rendendoli seriamente infelici. Ormai ci sono genitori che consegnano, senza alcuno scrupolo, gli smartphone a bimbi di 2/3 anni e tale deplorevole scelta avrà ripercussioni spaventose.In media, la maggior parte degli adolescenti trascorre dalle 3 alle 6 ore al giorno con lo smartphone, utilizzato anche a scuola durante le lezioni. Tutto questo tempo passato sugli schermi interconnessi creano dipendenza, isolamento, insorgenza di malattie cardiovascolari, disfunzioni metaboliche e diabete, come ha evidenziato in rete l'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Inoltre, una scarsa qualità del sonno favorisce stanchezza, depressione, abuso di alcol, disturbi ossessivo-compulsivi, abuso di sostanze, atti di autolesionismo, risultati scolastici scadenti... considerando anche il fatto che l'uso eccessivo dello smartphone può determinare un approccio superficiale all'apprendimento e induce alla distrazione e ad un notevole abbassamento della concentrazione.L'OZIOSITÀ INSEGNA OGNI SORTA DI VIZIOgni anno, quasi 46.000 bambini e adolescenti tra i 10 e i 19 anni si tolgono la vita in tutto il mondo, circa uno ogni undici minuti. Il suicidio è la quinta causa di morte più comune fra i giovanissimi e la quarta nella fascia d'età dai 15 ai 19 anni (la terza se si considerano solo le ragazze).Sono tra 3.700 e 4.000 le persone che ogni anno si tolgono la vita in Italia (dati Istat relativi al periodo 2016-2020). Il dato riferito ai giovani fra i 15 e i 34 anni registrato nello stesso periodo è in media di circa 500 suicidi. Come è noto le varie forme di violenza psicologica e fisica fra i minori è cresciuta in modo esponenziale (baby gang) grazie anche all'imperversare sui dispostivi tecnologici delle infauste canzoni dei rapper, che mietono odio, ribellione, sesso, droga, alcol e violenza in genere.Poiché le autorità non pongono freno ("per il bene" delle lobby economiche di potere e della "democrazia") a questo tsunami, che miete vittime e si beffa di tutti, di piccoli e grandi, è bene recuperare le medicine dell'educazione cattolica, così stanno facendo le famiglie rimaste fedeli al Vangelo. Esse fanno riferimento all'eccellente tradizione pedagogica della Chiesa e vanno a leggersi, grazie ai suggerimenti di sacerdoti e intellettuali, ciò che lasciano scritto i santi maestri educatori. Poiché il tempo è preziosissimo (è breve e non torna più), è fondamentale impiegarlo al meglio, non certo nell'ozio (lo smartphone non è forse una grave forma di ozio?). Scriveva san Giovanni Bosco: «Dalle letture [oggi si potrebbe anche aggiungere: dalle chat] dipende moltissime volte la scelta definitiva (per i giovanetti) che fanno del bene o del male» per sé e gli altri, quindi: «Fuggite l'ozio e gli oziosi, lavorate secondo il vostro stato; quando siete disoccupati siete in gravissimo pericolo di cadere in peccato. L'oziosità̀ insegna ogni sorta di vizi» e «Abborrite le malvagie letture più che la peste». Per conservare la purezza, la Chiesa preconciliare, che lottava contro liberalismo, socialismo e spirito rivoluzionario, esortava a tenere lontano le cattive letture e la cattiva cinematografia, veleno per le anime. Affermava ancora don Bosco: «La felicità non si trova in questo mondo, se non si ha la pace con Dio; se [la gente] è così malcontenta ed arrabbiata, è perché́ non pensa alla salute dell'anima sua». [...]

    Per difendere le donne dobbiamo tornare al patriarcato

    Play Episode Listen Later Dec 5, 2023 9:29


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/edizioni.php?id=850PER DIFENDERE LE DONNE DOBBIAMO TORNARE AL PATRIARCATOL'assassino di Giulia Cecchettin non è figlio del patriarcato, ma del '68, relativista e femminista che oggi permea la società (se invece la moglie rispetta il marito, non viene uccisa, ma è amata, rispettata e difesa)di Roberto De MatteiDopo l'omicidio di una giovane donna, Giulia Cecchettin, avvenuto lo scorso 11 novembre, l'Italia ha scoperto di essere minacciata dal patriarcato, Il titolo di un dossier del quotidiano "La Repubblica" del 24 novembre è eloquente: "Femminicidi fermiamo la strage". La tesi, che è la stessa diffusa dai mass-media, dai social e da ogni tipo di influencer è che esiste una strage di femminicidi e la responsabilità va attribuita alla cultura del "patriarcato", ancora dominante. Bisogna combattere il patriarcato per fermare la violenza contro le donne.Il patriarcato era un sistema sociale che sanciva l'autorità dell'uomo e la divisione dei ruoli all'interno della famiglia. L'autorità paterna è stata sempre considerata, ad eccezione del tempo presente, come uno degli elementi invariabili dell'ordine sociale, necessaria a tutti i popoli e in tutti i tempi. Per secoli, il padre ha esercitato nella famiglia il ruolo che il sovrano esercitava nella società politica (la stessa parola patria deriva da padre) e che il Papa, il "Santo Padre" esercita nella Chiesa. Ancora cinquant'anni fa era questo il modello familiare italiano: il padre doveva guidare la famiglia e provvedere al suo mantenimento economico, la madre si occupava della casa e dell'educazione dei figli, che erano numerosi. Il nucleo familiare comprendeva spesso anche i nonni, depositari di una tradizione che si trasmetteva di generazione in generazione.Questo sistema sociale è stato distrutto dalla rivoluzione culturale del Sessantotto, e da ciò che ad essa è seguito: leggi come il divorzio, l'aborto, e, in Italia, soprattutto la legge sul nuovo diritto di famiglia del 22 aprile 1975, che ha decapitato l'autorità paterna, abolendo la preminenza giuridica del padre contribuendo alla scomparsa dell'autorità e dell'identità nelle famiglie italiane.LA DISTRUZIONE DELLA FAMIGLIATra gli ideologi del ‘68, ricordiamo anche i teorici della "antipsichiatria", come David Cooper, autore di un libro più volte ristampato da Einaudi, dal titolo significativo La morte della famiglia. Questa era la convinzione che iniziò a diffondersi alla fine degli anni Sessanta del Novecento: l'estinzione, prossima e inevitabile, dell'istituto famigliare. In quel saggio, Cooper proponeva di cancellare il ruolo paterno sostituendolo con quello fraterno, auspicando quindi una paradossale società di fratelli senza padre, anzi di fratelli perché assassini del Padre: come era successo nel 1793 con l'assassinio del Re di Francia, come auspicava Nietzsche profetizzando l'assassinio di Dio Padre.Il processo di democratizzazione della Chiesa, della società e della famiglia è un tutt'uno. La distruzione della famiglia doveva far leva particolarmente sulla "liberazione" della donna. Il femminismo ha preteso di abolire la distinzione dei ruoli maschile e femminile, distruggendo la vocazione naturale alla maternità e alla femminilità. La rivendicazione del "diritto" di aborto e di contraccezione è stata avanzata come diritto della donna ad autodeterminare il proprio corpo e la propria sessualità, liberandosi dall'autorità maschile e dal "peso" della maternità. Alla mascolinizzazione della donna ha corrisposto la devirilizzazione dell'uomo, promossa a tutto spiano dalla moda, dalla pubblicità e dalla musica. La teoria del gender è un punto di arrivo, ma gli slogan contro la cultura del patriarcato che oggi risuonano, hanno la loro origine in manifestazioni femministe come quella che si svolse a Roma il 6 dicembre 1975, animata da circa ventimila donne, che ritmavano slogan come questo: "Non più mogli, madri, figlie! Distruggiamo le famiglie!".E la famiglia è stata distrutta. Si è dissolta l'autorità del padre, si sono soppressi i ruoli di genere e tutti i componenti della famiglia, padre, madre e figli, soffrono una profonda crisi di identità. La famiglia patriarcale non esiste più in Italia, salvo poche isole felici. E in queste poche isole che più che patriarcali dovremmo definire naturali, la moglie rispetta il marito e i figli rispettano i genitori, e la donna non viene uccisa, ma è amata e rispettata. L'assassino di Giulia Cecchettin non è figlio della cultura del patriarcato, ma della cultura sessantottina, relativista e femminista che oggi permea la società intera e di cui tutti sono responsabili e vittime allo stesso tempo.UNA SOCIETÀ DI SINGLEMa la crisi della famiglia va oltre la fine della famiglia patriarcale. L'Italia si avvia ad essere una società di "single", senza più famiglie. Secondo l'ultimo rapporto del CENSIS sulla situazione sociale del paese, nel 2040 solo una coppia su 4, cioè il 25,8% del totale, avrà figli e le famiglie composte da una sola persona saranno il 37%. Il 34% degli italiani saranno anziani e soli. Ciò perché oggi è in crisi non solo la famiglia, ma l'esistenza stessa di una coppia. Non solo ci si sposa sempre di meno, e si mettono al mondo meno figli, ma si convive anche di meno, perché si rifugge dall'idea di avere una qualsiasi responsabilità verso un partner o compagno, che si ha paura di avere troppo a lungo vicino.Il cosiddetto femminicidio non è frutto della vecchia cultura patriarcale, ma della nuova cultura anti-patriarcale, che confonde le idee, fragilizza i sentimenti, destabilizza la psiche, privata di quel sostegno naturale che, fin dalla nascita, offriva la famiglia, con suoi punti di sicurezza, paterni e materni. L'uomo è solo con i suoi incubi, le sue paure, le sue angosce, sull'orlo di un abisso: l'abisso del vuoto in cui si precipita quando si rinuncia ad essere ciò che si è, quando si abbandona la propria natura immutabile e permanente di uomo, di donna, di padre, di madre, di figlio. E se tutti parlano di femminicidio, nessuno parla di un crimine ben più esteso e diffuso: quello di infanticidio, commesso ogni in giorno in Italia, in Europa e nel mondo, da padri e madri che esercitano la massima delle violenze contro il proprio figlio innocente, prima ancora che egli veda la luce.Una società che uccide i suoi figli è condannata a morte e l'alito della morte, sotto ogni forma, non solo quella del femminicidio, si fa sentire sempre di più. La vita, la restaurazione della società, è possibile solo riconquistando il modello naturale e divino della famiglia. Per fermare la follia che distrugge la nostra società bisogna tornare, con l'aiuto di Dio, al modello di famiglia patriarcale, fondata sull'autorità del padre, capo della famiglia e sulla santità della madre, che ne costituisce il cuore: uniti entrambi nel compito di procreare ed educare dei figli per farne dei cittadini del cielo. L'alternativa è l'inferno, che già inizia su questa terra.

    E' valido il matrimonio di chi si sposa senza fede?

    Play Episode Listen Later Sep 13, 2023 5:12


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=836E' VALIDO IL MATRIMONIO DI CHI SI SPOSA SENZA FEDE?Basta sposarsi secondo i valori naturali di un autentico matrimonio (fedeltà, indissolubilità, apertura alla vita, ecc.) perché il matrimonio sia validodi Jacques-Yves PertinI cattolici che si sposano in Chiesa senza fede, o con poca fede, ricevono il sacramento del matrimonio? Questione molto attuale, che ne implica un'altra: qual è l'influenza di una società scristianizzata, a volte perfino ostile ai valori del matrimonio, sulla validità del matrimonio cristiano? Cominciamo a capire cos'è precisamente il "matrimonio cristiano".Come afferma la Chiesa nel Codice di Diritto Canonico (can. 1057 § 1) «l'atto che costituisce il matrimonio è il consenso». La natura stessa inclina l'uomo a dare questo consenso. In altre parole: «Il sacramento del matrimonio ha questo di specifico fra tutti gli altri: di essere il sacramento di una realtà che già esiste» nella natura che Dio ha creato. Ciò significa che il matrimonio è una realtà naturale, prima di essere un sacramento.Come fa notare lo stesso canone, il fatto di sposarsi non si riferisce al compimento di un'attività specificamente soprannaturale, ma al conseguimento di azioni naturali come procreare ed educare i figli.È proprio questo matrimonio naturale, come insegna san Paolo, che è stato elevato alla dignità sacramentale per permettere agli sposi, citando Leone XIII, di «ricevere la santità nel matrimonio stesso».Così la realtà naturale è diventata inseparabile dalla realtà sovrannaturale. Tra battezzati, ormai, il mutuo consenso non può essere separato dal sacramento. Va sottolineato, però, che «non c'è accanto al matrimonio naturale un altro modello di matrimonio cristiano con specifici requisiti soprannaturali».Gli sposi cristiani non fanno un matrimonio naturale e un matrimonio sacramentale, come ingenuamente si potrebbe credere nei Paesi dove c'è prima il matrimonio in Comune e poi in Chiesa. Il sacramento non cambia l'essenza del matrimonio, lo eleva.Quanti sposi fanno l'esperienza di questo nella loro vita: nelle difficoltà, come anche nella vita quotidiana, la grazia del matrimonio data da Dio viene a santificare tutto, viene a dare l'aiuto necessario giorno dopo giorno. La vita degli sposi non è da un lato naturale e dall'altro sopranaturale. Il "matrimonio cristiano" è innestato nella vita coniugale degli sposi, sicché ogni minima azione viene fatta con Dio e per Dio.Da ciò si conclude che chiedere per il sacramento del matrimonio un requisito di fede, al di là di quello di voler sposarsi secondo i valori naturali di un autentico matrimonio (fedeltà, indissolubilità, apertura alla vita, ecc.), può condurre a gravi errori sulla natura stessa del matrimonio, a ridurre il diritto di tutti a sposarsi, o ancora a voler «separare il matrimonio dei cristiani da quello delle altre persone».Se gli sposi si scambiano tale consenso senza negare una delle qualità essenziali del matrimonio, la loro mancanza di fede non può "invalidare" un tale matrimonio poiché il matrimonio naturale e il sacramento sono diventati dopo la venuta di Gesù Cristo "la stessa e unica cosa".Sicuramente è una questione molto delicata. Il Papa stesso, con grande umiltà, la affrontava davanti ai sacerdoti della diocesi di Aosta nel 2006 dicendo che personalmente aveva creduto, quando era Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, che un matrimonio celebrato senza fede fosse nullo: "Io personalmente lo pensavo".Spesso infatti i numerosi fallimenti dei matrimoni e portano la gente a pensare che se uno va in Chiesa a sposarsi e che non "ci crede", non è sposato. Non è così!Ogni uomo ha un potere naturale speciale e unico di darsi al suo coniuge, potere davanti al quale Dio quasi sembra cedere il passo: è un grande potere, ed è una grande responsabilità. Il sacramento del matrimonio vive in tutti coloro che fanno un vero matrimonio perché la Grazia non distrugge la natura ma la perfeziona.

    Come si educano gli adolescenti

    Play Episode Listen Later Aug 22, 2023 7:29


    VIDEO: Franco Nembrini ➜ https://www.youtube.com/watch?v=NAZACKOwRq4TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7507COME SI EDUCANO GLI ADOLESCENTI di Fiorenza CirilloAh, le vacanze! Periodo di rinascita, per tutti, tempo prezioso da condividere con i figli... a meno che non siano adolescenti. L'alterità di un figlio è qualcosa che sciocca e stupisce fin dal primo momento in cui li teniamo in braccio, ma c'è un periodo glorioso, che è quello dell'adolescenza, in cui questa alterità esplode in tutta la sua brutalità. Pare che nulla di quello che facciamo come genitori venga da loro apprezzato e più andiamo loro incontro e meno ci riesce il contatto. E poi c'è la faccenda dell'educazione che opprime noi che, a nostra volta, opprimiamo loro.È infatti uno sperticarsi di tentativi di proporre qualcosa che noi avremmo fatto alla loro età, qualcosa che noi avremmo dovuto fare alla loro età o che avremmo dovuto voler fare, se avessimo avuto, allora, il senno di poi che ora abbiamo. In questo modo rischiamo di vivere l'educazione come una pretesa, perché la confondiamo con il tentativo di fare diventare nostro figlio quello che noi vorremmo che fosse, ma a lui di quel che noi vogliamo che sia non gliene importa niente e fa bene. Ma quando parliamo di educazione, di che cosa parliamo?COSA SIGNIFICA PARLARE DI EDUCAZIONE?Recentemente mi hanno provocata e affascinata le parole del prof. Franco Nembrini in un incontro a Cesena su adulti e adolescenti, di rado infatti ho sentito parlare con tanta chiarezza di un tema così urgente. Lo slogan con il quale esordisce sull'argomento è già estremamente eloquente: "Il segreto dell'educazione è non avere il problema dell'educazione, se hai il problema dell'educazione, vuol dire che fai parte del problema".Cita poi un vecchio articolo del Corriere della Sera in cui un neurologo infantile spiega chiaramente che un bambino che sta per nove mesi nella pancia di una donna contenta, più facilmente verrà al mondo con un sentimento positivo della vita e la percepirà come una cosa grande, buona, bella. Al contrario, un bambino che passa nove mesi nella pancia di una donna incazzata, arrabbiata con sé, col marito che la tradisce, col figlio grande che c'è già e la fa tribolare, quel bambino più difficilmente sentirà la vita come un bene. Se le cose stanno così, vuol dire che la cosa più importante nell'educazione è far sì che il bambino, e poi il ragazzo, abbia attorno a sé un sentimento positivo della vita da cui assimilare come per osmosi il bello dell'esserci. Come lo apprende? Semplicemente guardando gli adulti che gli danno, con la loro testimonianza, l'idea della vita.Il problema vero dell'educazione, dunque, è che cosa vede il bambino quando ci guarda. "La prima grande verità" insiste Nembrini "è che l'emergenza educativa in cui viviamo non è l'emergenza di ragazzi che non vanno bene, ma è l'emergenza di una generazione di adulti che non ha speranza sufficiente da dare ai propri figli, non ha un'ipotesi grande per cui vivere. Tutti noi adulti siamo senza alibi. L'emergenza educativa siamo noi. I nostri figli, il loro mestiere lo fanno, lo sanno fare per natura, perché nascono con quella cosa che si chiama cuore, una inarrestabile tensione ad abbracciare tutto, a conoscere tutto, ad amare tutto. E anche se da bambino è inconsapevole di questa tensione positiva, poi, crescendo, comincia a rendersi conto di avere dei desideri. [...] Per questo un figlio non ha bisogno che gli si dica spesso che cosa deve fare, come deve essere, non si tratta di insegnargli a diventare grande, perché impara semplicemente guardandoci. Il problema dell'emergenza educativa è chiedersi: quando guarda noi, che cosa vede? Se non si capisce questo, è inevitabile il fallimento, è davvero decisivo questo aspetto, perché è la fonte di tutti gli equivoci. In famiglia, a scuola, in oratorio, il bambino, il ragazzo apprende così".DOVE SONO GLI EDUCATORI?Riporta poi un esempio della sua fanciullezza: "Io son certo di una cosa nel rapporto con mio papà. Io avrei potuto giurare, ero bambino, eh, ma avrei potuto giurare che, quando mio padre mi guardava, se riuscivo a intravedere un sorriso, un qualche sorriso, appena appena l'ombra di un sorriso di compiacimento, io impazzivo, io sentivo che mio padre avrebbe dato la vita per me lì, in quell'ora, in quel momento. Avrebbe dato la vita per me, senza chiedermi di cambiare. In questo senso sono sempre stato grato dell'amore che ho colto nella mia storia. [...] Ringrazierò mio padre per l'eternità di una cosa: che si è occupato della sua santità, non della mia e occupandosi della sua mi ha reso invidioso, ho desiderato essere felice come lui".Rispondere ai figli con una testimonianza così luminosa fa sì che desiderino anche per sé quella contentezza e si avvicinino, invece di sentirci così nemici, così lontani, così estranei. "Perché noi veniamo fuori con delle incoerenze mostruose: parliamo di alti valori e poi l'unico valore del figlio che prendiamo in considerazione è dato dalla performance scolastica, dalla pagella. Quando disubbidisce, quando ti insulta, quando scappa di casa, quando si ammazza di canne in realtà sta gridando: papà, mamma, prete, maestro, maestra, suora, adulto, dove siete? L'educatore è quello che sente il grido di questi ragazzi. Giovanni Bosco, a Torino, andava con le tasche piene di caramelle dalla polizia a chiedere che quei ragazzi di strada li dessero a lui, perché lui riusciva a sentire il grido di quei ragazzi: "Fatemi vedere che vale la pena!" Il problema educativo è tutto qui".Se dunque vale la pena, non ci sarà bisogno di tante spiegazioni, ma di un vivere nostro che testimoni la bellezza di diventare grandi.

    Famiglie numerose... che forza!

    Play Episode Listen Later May 23, 2023 6:31


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7418FAMIGLIE NUMEROSE... CHE FORZA! di Christine StoddardSono la primogenita di una figliata di 9: 8 femmine e un maschio. Ne sono fiera. Certo, devo ammettere che ho patito una specie di vergogna durante i miei anni adolescenziali, in particolare, quando la gente si avvicinava al nostro furgoncino o quando ci osservavano sbalorditi entrare in uno spazio pubblico.Ormai, oggi, sinceramente, non cambierei questa condizione per niente al mondo. Se mi domandate che cosa mi spinga a pubblicare questo scritto, vi risponderò che ho letto un articolo molto interessante, domenica scorsa, sul New York Times. In questo articolo, la giornalista Lauren Sandler affermava vigorosamente che era meglio avere un solo ed unico figlio. Essendo lei stessa stata figlia unica e non avendo che un solo figlio... non mi riesce difficile comprendere che difenda un simile asserto. [...]Come potrete immaginare, non sono affatto d'accordo con lei. Potrei dire che i figli unici che ho incontrato sono egoisti e hanno difficoltà ad adattarsi. [...] In ogni caso, non cerco affatto degli esempi che dimostrino gli svantaggi di essere figli unici. Cerco solamente di esprimere quanto sono riconoscente di avere tanti fratelli e sorelle.IMPARARE A COABITARECi sono, evidentemente, dei benefici collaterali: come il fatto di non essere mai soli di fronte a un problema; se ti ammali, qualcuno ti starà vicino... e quella sensazione che il tuo armadio sia senza fondo! Che sia sempre pieno di cose prestate! Senza dimenticare che l'educazione dei miei fratelli e sorelle resta un argomento di conversazione che si conclude molto spesso con dei silenzi imbarazzati; se ho bisogno di riderne, subito mi tornano alla mente situazioni impreviste.Ma c'è molto di più! A cominciare da mio padre e mia madre, che (probabilmente senza averne l'intenzione) si sono facilitati parecchio la vita genitoriale, avendo più di un figlio. Anche se non avevano sempre un'idea ben precisa di ciò che stavano facendo, avere fratelli e e sorelle ci ha insegnato a condividere e a coabitare con altre persone, con naturalezza, a tirarci su ed educarci a vicenda... È quello che possiamo definire un'accumulazione naturale di buone qualità. Quando hai dei fratelli e delle sorelle, sei ben conscio che non tutto è tuo. Una cosa estremamente apprezzabile, in un'epoca in cui l'individualismo è alle stelle. Senza il minimo sforzo, abbiamo scoperto l'interazione sociale e la risoluzione dei conflitti. Abbiamo imparato ad avere compassione, a restare coscienti dei sentimenti e dei bisogni del prossimo, e non solo dei nostri.VEDERE LA VITA ALTRIMENTIAbbiamo beneficiato della generosità dei nostri genitori, che ci hanno accettati l'uno dopo l'altro malgrado il fatto che si facessero beffe di loro, o senza considerare che si avvicinavano tempi duri. Papà ci ricorda che ci sono stati dei periodi, di cui non ci ricordiamo, durante i quali mamma e lui si domandavano se potevano permettersi di andare a mangiare al McDonald.Con tanti fratelli e sorelle, non abbiamo mai avuto in mano l'ultimo grido della tecnologia, ma suppongo che questo ci abbia insegnato un po' più sulla vita, al di là delle cose che si possono avere. Abbiamo potuto sviluppare uno spirito di sana competitività, abbiamo potuto renderci conto che se anche avevamo fallito in qualcosa, non era questa una buona ragione per buttarci giù. Al tempo stesso, tutto questo ci ha stimolati ad apprezzare le qualità uniche degli altri, senza stare a fare paragoni: sia nell'ambito accademico sia in quello creativo o atletico.Ammesso e non concesso che abbiamo passato in rassegna tutti i vantaggi della situazione, dovrei ammettere che in più abbiamo ricevuto un regalo bellissimo: delle amicizie solide. Che sia per il semplice momento della colazione, o piuttosto per l'evento eccitante dello scegliere l'abito nuziale, non ho mai mancato di compagnia. È quello che si chiama amore, perché i miei fratelli e sorelle sono stati molto presenti nella mia vita, nei momenti peggiori e in quelli migliori.Sono persuasa che il fatto di avere fratelli e sorelle sia un aiuto apprezzabile nella ricerca della vera felicità. Perché? Perché una persona va avanti per la strada giusta, quando realizza che la vita consiste più nel dare che nel ricevere. Con dei fratelli e delle sorelle, si arriva molto presto a questa conclusione.E naturalmente la famiglia perfetta non esiste, ma ho pure la certezza che esistono tante persone che mi amano, incondizionatamente, quando io non ho fatto niente per meritarlo. Ecco qualcosa di decisamente speciale. Perché trascurare una così bella occasione di fondare un opificio di felicità, se ne avete la possibilità?

    Una bella notizia: siamo otto miliardi di abitanti

    Play Episode Listen Later Apr 26, 2023 4:23


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7392UNA BELLA NOTIZIA: SIAMO OTTO MILIARDI DI ABITANTI di Federico CenciSiamo otto miliardi di persone nel mondo. Il record - come annunciato dalle Nazioni Unite - è stato raggiunto il 15 novembre. Per avere un'idea dello sviluppo demografico complessivo, basti considerare che rispetto al 2011 siamo aumentati di un miliardo. E che rispetto al 1974, siamo raddoppiati. Il prossimo obiettivo fissato dall'Onu dovrebbe essere raggiunto nel 2037, quando verranno superati i 9 miliardi.Dovremmo gioire di questi dati, giacché rappresentano il risultato dei progressi sanitari e medici. Eppure, come del resto è ampiamente prevedibile, hanno dato fiato alle trombe dei catastrofisti. È tornato ad agitarsi lo spettro di Thomas Robert Malthus, l'economista e demografo che già a fine Settecento predicava la necessità di allentare la pressione demografica per arginare povertà e fame nel mondo. Bisogna riconoscere a costoro, ai cosiddetti neo-malthusiani di sapersi adattare ai cambiamenti: gli annunciatori di sciagure a causa delle tante nascite non cessano infatti la loro disfattistica attività. È piuttosto noto a tal proposito quanto avvenne negli anni Sessanta: un collegio di esperti internazionali si riunì all'Accademia dei Lincei nel cosiddetto Club di Roma per lanciare un allarme. Nel mondo - avvisavano - c'erano quattro miliardi di persone, considerate troppe, per cui di lì a poco inesorabilmente le risorse si sarebbero esaurite e lo sviluppo arrestato.Sono passati quasi sessant'anni, ma - come direbbe Vasco Rossi - siamo ancora qua. Nessuna fine del mondo. Anzi, la fame e la povertà si sono notevolmente ridotte grazie ai passi da gigante della tecnica. È comprensibile che si faccia fatica a crederci, dal momento che la campana mediatica delle notizie negative non smette mai di oscillare nervosamente. Per avere allora un riscontro empirico sul miglioramento progressivo della condizione umana generale, si può visitare il sito Our World in Data: la popolazione è costantemente aumentata e così anche il suo tenore di vita. L'inizio di questo processo viene collocato da molti nella rivoluzione industriale, ma forse occorre spostare le lancette dell'orologio di un paio di secoli: come dimostra uno studio pubblicato sempre su Our World in Data, in Inghilterra già subito dopo il 1650 cominciò a crescere sia la popolazione sia il reddito pro capite.La storia, dunque, è maestra di vita, almeno quanto lo è l'attualità. Oggi, d'altronde, i Paesi in ascesa sullo scacchiere geopolitico sono quelli più popolosi, giovani e fecondi. Al contrario, la crisi morde il calcagno delle aree del pianeta in cui si fanno meno figli. Un esempio di tal risma, purtroppo, ce l'abbiamo dentro casa: periodicamente l'Istat sciorina previsioni sempre più cupe sul futuro demograficamente arido dell'Italia. Il concetto è piuttosto semplice: se diminuisce la popolazione e si riduce il numero di famiglie con figli, aumenta il divario tra individui in età lavorativa e non, a tal punto che il sistema di previdenza sociale rischia di esplodere.Cosa possiamo quindi fare noi italiani? Proviamo a rispondere con tre regole: la prima è non lasciarsi persuadere da chi profetizza sciagure dovute alla sovrappopolazione; la seconda è impegnarsi con i propri mezzi affinché si creino condizioni economiche e culturali per accrescere la natalità; la terza è sostenere i piani di sviluppo e di cooperazione nei Paesi del Terzo Mondo.

    Un asilo abolisce la festa del papà... per non discriminare

    Play Episode Listen Later Mar 21, 2023 4:54


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7356UN ASILO ABOLISCE LA FESTA DEL PAPA'... PER NON DISCRIMINARELa festa di san Giuseppe divenne festività civile nel 1949 e lo restò fino al 1977, quando fu abolita dalla Democrazia Cristiana al governo (!?), poi fu tolto anche il precetto religioso per cui non è più obbligatorio andare alla Messa quel giornodi Roberto MarchesiniA Viareggio una scuola per l'infanzia (un tempo detta asilo) abolisce la festa del papà: «È discriminatoria nei confronti di chi non ha un papà».I lettori della Nuova Bussola non sprecheranno certo tempo a controbattere questa affermazione: hanno ormai capito benissimo che l'obiettivo non è eliminare le discriminazioni, ma la festa del papà. Se non ci fosse la scusa della discriminazione se ne inventerebbero un'altra, di tipo scientifico («Il papà appartiene al passato, ormai possiamo creare bambini senza un uomo»), antirazzista («San Giuseppe era etero e bianco, non va festeggiato») oppure ambientalista («Le zeppole di san Giuseppe inquinano, la ricetta originale non prevede farine proteiche!») e via delirando. «Tutto ciò che esiste, merita di perire», diceva Mefistofele nel faust di Goethe; «Tutto ciò che esiste, merita di perire», ripetevano appena potevano Marx ed Engels. La festa del papà va abolita, punto. Perché esiste, perché ricorda la legge naturale. Poi un pretesto si trova, uno qualsiasi, anche il più assurdo.MOTIVI DI UNA FESTAMa perché festeggiare la festa del papà? Beh, di primo acchito, direi: per proteggere una specie in via d'estinzione. Ormai gli italiani sono estinti perché hanno smesso di riprodursi; quindi non ci sono più papà. I pochi, coraggiosi pochi papà (i «veri avventurieri», affermava Peguy) vanno onorati e festeggiati; finché ce ne sono. E poi i papà sono maschi eterosessuali, una delle specie animali più odiate del pianeta: come non solidarizzare con queste povere e innocenti vittime?Al di là di questo, cerchiamo di capire perché è stata istituita, questa festa. Il 19 marzo è la festa dei papà perché è il compleanno del papà più importante di tutti, san Giuseppe. D'accordo, un papà sui generis, considerata la faccenda; però, senza alcun dubbio, un vero padre. San Giuseppe è noto per alcune caratteristiche che lo rendono un archetipo di uomo e di padre. Innanzitutto, san Giuseppe… tace. Come ogni uomo tradizionale che si rispetti e a scorno delle femministe, che vorrebbero gli uomini ciarlieri e piagnucolanti, san Giuseppe, in tutto il vangelo, non pronuncia una sola parola. Però agisce: caspita, se agisce. Avvertito in sogno che la sua famiglia era in pericolo, fa i bagagli ed emigra in Egitto. Già, perché un padre accudisce e protegge, esattamente come fa Giuseppe. Ed è suo l'incarico di sostentare la famiglia («Col sudore della fronte», impone Dio all'uomo, «ti guadagnerai il pane»). Infatti san Giuseppe è un lavoratore, tanto che ha una seconda festa, il 1° maggio, festa del lavoro.UNA FESTA PLURISECOLARELa Chiesa ha cominciato a festeggiare san Giuseppe circa un millennio fa. All'inizio, per opera di qualche ordine religioso (Benedettini, Servi di Maria, Francescani); poi, da parte della Chiesa universale con Gregorio XV l'8 maggio 1621 e con Urbano VIII il 13 settembre 1642 (bolla Universa per orbem). Nel 1870, quando la Chiesa attraversava una persecuzione ferocissima da parte dello Stato italiano unitario, papa Pio IX proclamò san Giuseppe custode di tutta la Chiesa con il decreto Quemadmodum Deus. [...]La festa di san Giuseppe, chiamata anche «festa del papà» divenne anche festività civile con la legge 260 del 1949 e lo restò fino al 1977, quando fu abolita per motivi di «austerità» (sic). Contestualmente, perse lo status religioso di festa di precetto con la nota CEI dell'8 marzo 1977. Ma chissenefrega: resta comunque una bella festa, celebrata ancora in molti comuni italiani. E, soprattutto, ci permette di riflettere sul gran dono che Dio ci ha fatto dandoci un papà e indicando a tutti gli uomini Giuseppe, il giusto silenzioso, come modello ed esempio.

    Madre di sette figli partorisce cinque gemelli

    Play Episode Listen Later Mar 21, 2023 23:07


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7349MADRE DI SETTE FIGLI PARTORISCE CINQUE GEMELLI di Caterina BelloniI sette figli che avevano non bastavano, ne sognavano un altro. Per questo hanno cercato una nuova gravidanza e hanno avuto successo! Anzi, un estremo successo, visto che sono nati cinque gemelli: tre femmine e due maschi.L'evento straordinario è accaduto dell'ospedale universitario di Cracovia dove domenica 12 febbraio Dominika e Vince Clarke hanno dato il benvenuto a cinque bambini. Felici per questo parto super, i genitori hanno parlato di miracolo e non sono apparsi minimamente spaventati alla prospettiva di avere una famiglia composta da 14 persone. I bimbi sono arrivati grazie a un parto cesareo eseguito alla 29esima settimana, quindi adesso si trovano in incubatrice con un supporto respiratorio, perché riprendano le forze e siano pronti poi ad affrontare la vita.I cinque neonati prematuri stanno però bene e la speranza dei genitori è che possano presto tornare a far parte della loro tribù, che comprende altri sette figli tra i 12 anni e i 10 mesi, tra cui già due coppie di gemelli. Visto che i piccoli sono stati partoriti con due mesi di anticipo e con un parto cesareo, adesso pesano tra i 700 grammi e il chilo e duecento grammi. [...]"Speriamo di poter arrivare al momento gioioso di dimetterli dall'ospedale", ha dichiarato in proposito Ryszard Lauterbach, responsabile del reparto di neonatologia.Anche perché l'evento ha dell'incredibile. Per la super mamma si tratta di un miracolo, mentre gli scienziati parlano di un'eccezione alla regola. "Una gravidanza del genere si verifica una volta su 52 milioni" ha confermato il medico. "Sono un matematico, mi piacciono queste statistiche. C'è più probabilità di vincere alla lotteria che di avere questa folla". Mamma e papà non si preoccupano di questo aspetto e hanno già scelto i nomi dei piccoli: Charles Patrick, Henry James, Elizabeth May, Evangeline Rose e Arianna Daisy.I genitori non hanno particolari timori nemmeno per le dimensioni della famiglia. Dominika, che ha 37 anni, non si è detta per nulla spaventata di fronte all'idea di dover gestire 12 figli. Anzi. Alla stampa che la interpellava ha dichiarato: "Se hai un sistema, un approccio calmo e un atteggiamento positivo, allora è possibile avere una vita davvero bella con un gruppo così numeroso di bambini". A suo parere i piccoli saranno solo una ragione di festa in più.Nota di BastaBugie: nel Discorso ai Dirigenti e Rappresentanti della Associazioni delle Famiglie Numerose d'Italia tenuto in Vaticano il 20 gennaio 1958 papa Pio XII spiega l'importanza nella Chiesa e nel mondo dell'apertura alla vita che gli sposi promettono solennemente il giorno del matrimonio rispondendo sì alla richiesta esplicita del sacerdote di "accettare i figli che Dio vorrà donarvi".Ecco il discorso completo del venerabile Pio XII:Tra le visite più gradite al Nostro cuore annoveriamo questa vostra, diletti figli e figlie, Dirigenti e Rappresentanti le Associazioni tra le Famiglie Numerose di Roma e d'Italia. Vi è infatti nota la viva sollecitudine che Noi nutriamo verso la famiglia, di cui non trascuriamo occasione per illustrare la dignità nei suoi molteplici aspetti, per affermare e difendere i diritti, inculcare i doveri, in una parola, farne un caposaldo del Nostro pastorale insegnamento. (…)Ma voi non rappresentate solamente la famiglia, bensì siete e rappresentate le famiglie numerose, vale a dire, le più benedette da Dio, dalla Chiesa predilette e stimate quali preziosissimi tesori.Da queste infatti ella riceve più manifestamente una triplice testimonianza, che, mentre conferma dinanzi agli occhi del mondo la verità della sua dottrina e la rettitudine della sua pratica, ridonda, in virtù dell'esempio, a grande vantaggio di tutte le altre famiglie e della stessa civile società. Ove, infatti, si incontrino con frequenza, le famiglie numerose attestano: la sanità fisica e morale del popolo cristiano - la fede viva in Dio e la fiducia nella sua Provvidenza - la santità feconda e lieta del matrimonio cattolico.1. Tra le aberrazioni più dannose della moderna società paganeggiante deve contarsi l'opinione di taluni che ardiscono definire la fecondità dei matrimoni una « malattia sociale», da cui le nazioni che ne sono colpite dovrebbero sforzarsi di guarire con ogni mezzo. Di qui la propaganda del cosiddetto « controllo razionale delle nascite », promossa da persone e da enti, talvolta autorevoli per altri titoli, ma, in questo, pur troppo riprovevoli. (…)È da deplorarsi in particolare quella stampa, che di tanto in tanto ritorna sull'argomento col manifesto intento di confondere le idee del buon popolo e trarlo in errore con fallaci documentazioni, con discutibili inchieste e perfino con dichiarazioni falsate di questo o quell'ecclesiastico. Da parte cattolica occorre insistere per diffondere la persuasione, fondata sulla verità, che la sanità fisica e morale della famiglia e della società si tutela soltanto con obbedire generosamente alle leggi della natura, ossia del Creatore, ed innanzi tutto nutrendo verso di esse un sacro ed interiore rispetto. (…)Ora il valore della testimonianza dei genitori di famiglie numerose non solo consiste nel rigettare senza ambagi e con la forza dei fatti ogni compromesso intenzionale tra la legge di Dio e l'egoismo dell'uomo, ma nella prontezza ad accettare con gioia e riconoscenza gli inestimabili doni di Dio, che sono i figli, e nel numero che a lui piace. Tale disposizione di animo, mentre libera gli sposi da intollerabili incubi e rimorsi, pone, a giudizio di autorevoli medici, le premesse psichiche più favorevoli per un sano sviluppo dei frutti propri del matrimonio, evitando nell'origine stessa delle nuove vite quei turbamenti ed angosce, che si tramutano in tare fisiche e psichiche sia nella madre che nella prole.A prescindere infatti dai casi eccezionali, sui quali avemmo altre volte occasione di parlare, la legge della natura è essenzialmente armonia, e quindi non crea dissidi e contraddizioni, se non nella misura in cui il suo corso viene turbato da circostanze per lo più anormali o dalla contrastante volontà umana.Non vi è eugenetica che sappia far meglio della natura, ed è buona solo quella che ne rispetta le leggi, dopo averle profondamente conosciute, sebbene in alcuni casi di soggetti tarati sia consigliabile di dissuaderli dal contrarre matrimonio. Del resto, sempre e dappertutto il buon senso popolare ha ravvisato nelle famiglie numerose il segno, la prova e la fonte di sanità fisica, mentre la storia non erra quando addita nella manomissione delle leggi del matrimonio e della procreazione la causa prima della decadenza dei popoli.Le famiglie numerose, lungi dall'essere la « malattia sociale », sono la garanzia della sanità di un popolo, fisica e morale. Nei focolari, dove è sempre una culla che vagisce, fioriscono spontaneamente le virtù, mentre esula il vizio, quasi scacciato dalla fanciullezza, che ivi si rinnova come soffio fresco e risanatore di primavera. Prendano dunque esempio da voi i pusillanimi e gl'ingenerosi; a voi conservi la patria gratitudine e predilezione per tanti sacrifici, che abbracciate nell'allevare ed educare i suoi cittadini; come vi è grata la Chiesa, che può per mezzo vostro ed insieme con voi presentare all'azione santificatrice del divino Spirito schiere sempre più sane e folte di anime.2. Nel mondo civile moderno la famiglia numerosa vale in generale non a torto come la testimonianza della fede cristiana vissuta, poiché l'egoismo, di cui parlavamo testé come massimo ostacolo alla espansione del nucleo familiare, non può validamente vincersi se non ricorrendo ai principii etico-religiosi. Anche di recente si è visto come la cosiddetta « politica demografica » non ottiene notevoli risultati, sia perché sull'egoismo collettivo, di cui essa è spesso la espressione, prevale quasi sempre l'individuale, sia perché le intenzioni ed i metodi di quella politica avviliscono la dignità della famiglia e delle persone, pareggiandole quasi a specie inferiori. Soltanto la luce divina ed eterna del cristianesimo illumina e vivifica la famiglia, in tal modo che, sia nell'origine sia nello sviluppo, la famiglia numerosa è spesso presa come sinonimo di famiglia cristiana. Il rispetto delle leggi divine le ha dato l'esuberanza della vita; la fede in Dio fornisce ai genitori il vigore necessario per affrontare i sacrifici e le rinunzie che esige l'allevamento della prole; i principi cristiani guidano e agevolano l'ardua opera di educazione; lo spirito cristiano dell'amore veglia sull'ordine e sulla tranquillità, mentre dispensa, quasi enucleandole dalla natura, le intime gioie familiari, comuni ai genitori, ai figli, ai fratelli. Anche esteriormente una famiglia numerosa ben ordinata è quasi un visibile santuario: il sacramento del Battesimo non è per essa un avvenimento eccezionale, ma rinnova più volte la letizia e la grazia del Signore.

    L'influenza del marketing sulla festa di san Valentino

    Play Episode Listen Later Feb 14, 2023 7:39


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7320L'INFLUENZA DEL MARKETING SULLA FESTA DI SAN VALENTINO di Giulia TanelEccola qui, puntuale, come ogni anno: la festa di San Valentino, con tanto di cioccolatini a forma di cuoricino, mazzi di fiori, peluche anche quelli con cuore annesso, menù per cene romantiche, offerte per album di foto e chi più ne ha, più ne metta. Eh sì, perché diciamoci la verità, la "festa degli innamorati" in sé è oggi ridotta a un appuntamento consumistico, che a seconda delle annate incontra più o meno successo negli acquirenti e che negli ultimi anni è inoltre diventata sempre più la celebrazione di "tutti gli amori", di tutti i colori la mente umana possa immaginare.Perché dunque soffermarsi a parlarne, non sarebbe meglio adagiarsi sull'endecasillabo di dantesca memoria «non ragionar di lor, ma guarda e passa»? Perché San Valentino in realtà riguarda tutti noi, e più da vicino di quanto crediamo.Un primo aspetto interessante da sottolineare è proprio quello già accennato: l'influenza del marketing, inteso in senso ampio, sulla nostra vita. Proviamo a riflettere: quanti, soprattutto se ancora fidanzati, si sono in qualche modo sentiti in qualche modo "costretti" a celebrare questa ricorrenza? Comprando anche solo un oggettino, o gustandosi una cena fuori, ma esattamente il 14 febbraio? Non il giorno prima (il 13? Sia mai!), non il giorno dopo (tradizionalmente considerato il giorno in cui a "festeggiare" dovrebbero essere i single). Sia chiaro: nulla di male, anzi, che una coppia decida di dedicarsi del tempo o dei pensieri, per quanto tradotti spesso in una materialità fine a se stessa, tuttavia il fatto che questo debba avvenire "sotto dettatura" è significativo.SIAMO SEMPRE DI CORSA«Eh ma nella quotidianità siamo sempre di corsa, almeno questa occasione ci impone di trovare un tempo per noi», potrebbero obiettare alcuni, magari con uno o più figli piccoli o piccolissimi. Eppure, seppure pienamente comprensibile, questo ragionamento non tiene. Pensiamo a una pianta: va innaffiata più o meno ogni giorno - ovviamente coi dovuti distinguo in base alla varietà -, non solo quando ci si ricorda perché ci si passa davanti. Altrimenti, ahimè, posso testimoniarlo molto bene, dall'alto del mio pollice non-verde, la pianta muore. La stessa cosa vale per la relazione di coppia: va curata quotidianamente, altrimenti inaridisce e non porta frutto, né per sé, né per l'altro, né per gli eventuali figli. D'altronde basta andare a ripescare la promessa matrimoniale per rendersene conto: «Prometto [...] di amarti e onorarti ogni giorno della mia vita». Lo abbiamo detto noi: «Ogni giorno». E per fare questo bastano piccole attenzioni, piccoli gesti che ogni coppia si costruisce giorno dopo giorno, che spesso peraltro la materialità la rifuggono, costruendo e affinando sempre più un linguaggio unico. E, per chi ancora sposato non è ma sta vivendo il periodo del fidanzamento il discorso di fondo è lo stesso, anche se necessariamente cambia il modo di esprimerlo, perché il tempo che precede il matrimonio altro non è che un esercizio allo stesso.PROMETTO DI ESSERTI FEDELE SEMPRELa promessa matrimoniale cita ancora: «Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia». E qui si apre il secondo punto di riflessione. La festa di San Valentino, per come è concepita ora, altro non è che uno specchio della società: non celebra l'amore, bensì l'innamoramento, il sentimento melenso le cui note hanno risuonato ridondanti sul palco dell'Ariston; non celebra l'eternità, bensì l'attimo presente, il "finché dura"; e non celebra il mettersi a servizio, il sacrificio, il volere il bene dell'altro - anche quando, come sottolinea in merito a questo passaggio lo psicologo e psicoterapeuta Roberto Marchesini, la salute e la malattia che vacillano sono le nostre e le forze vengono meno -, bensì mette al centro l'ego del singolo, per il "noi", per il "portare assieme il giogo" della vita (come vuole l'etimologia della parola "coniuge") non c'è posto.Eppure, la scienza ci insegna, l'innamoramento ha un tempo limitato. Poi la relazione deve evolvere, deve maturare... pena l'esplosione. Ma quali sono gli ingredienti affinché una relazione duri? Avere interessi comuni? Andare d'accordo? Essere sempre in salute? ... In realtà, a dispetto di quanto ci ha rimandato per anni la narrazione in salsa hollywoodiana, quel che veramente conta è fondare la relazione su una roccia solida, su una relazione che è esterna alla coppia, che la precede e la supera, ma che nel contempo la informa: su un Amore più grande, suggellato in un Sacramento che è un «mistero grande» e che rimane imprescindibile. Occorre, insomma, avere una base comune, una visione comune. Perché, innegabilmente, nel tempo le fatiche ci saranno e i difetti dell'uno e dell'altro emergeranno, a volte anche in maniera molto pungente, e sarà dunque necessario poterne fare memoria.Scrive la neuropsichiatra e psicoterapeuta Mariolina Ceriotti Migliarese, nel suo libro La coppia imperfetta: «L'innamoramento è un fuoco che brucia ogni cosa: può essere molto difficile contenerlo, e può avvampare anche contro le nostre intenzioni; ma se non c'è legna sufficiente per alimentarlo, il fuoco presto o tardi si spegnerà, talvolta dopo aver distrutto molte cose. Se invece la materia prima è buona, quando la fiamma si fa meno intensa si formano delle braci calde, vive e buone, capaci di durare molto a lungo nel tempo, se le due persone hanno cura di mantenerle sempre accese. L'amore inizia da qui». Affermazioni molto uncorrect, e per soli coraggiosi.

    Vietare la parola "madre"? E' l'inizio della fine

    Play Episode Listen Later Jan 11, 2023 11:01


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7267VIETARE LA PAROLA ''MADRE''? E' L'INIZIO DELLA FINEOgni bambino cerca la mamma dal momento della sua nascita: cancellare il concetto stesso di maternità non porterà niente di buonodi Harriet ConnorOggi dappertutto le madri vengono cancellate. In nome dell'inclusione e della diversità: Barnardo's, una onlus inglese che si occupa dei bambini più vulnerabili, ha annullato il suo premio Madre dell'anno.I volontari dell'Australian Breastfeeding Association sono stati indagati per il loro uso della parola "madre" sui social mediaIl Partito Laburista australiano ha rimosso la parola "madre" dai suoi documenti politici (e tanti altri enti pubblici e privati dell'Occidente "progredito e civile" hanno fatto e stanno facendo altrettanto).Il ragionamento è: in alcune famiglie non c'è una madre e alcune madri si identificano come "padri", quindi dovremmo smettere del tutto di usare un linguaggio sessuato per i genitori. Nella famiglia moderna, "madre" e "padre" sono stati sostituiti da genitore 1 e (se sei fortunato) genitore 2.Purtroppo, le madri vengono cancellate non solo dai discorsi, ma anche dalla vita dei bambini. Diversi "vip" hanno comprato bambini attraverso l'utero in affitto, con l'intenzione di allevarli senza una madre. Un bambino, quindi, può avere - e perdere - fino a tre diverse "madri": una madre genetica, una madre naturale e una madre sociale. E dovremmo applaudire.La normalizzazione di famiglie "diverse" può aiutare i bambini di quelle famiglie a sentirsi meno stigmatizzati, ma finora (da secoli) questa "sensibilità" non è stata mai mostrata riguardo i bambini orfani o abbandonati. E rimuovere deliberatamente la madre non può assolutamente essere chiamato progresso . Questa correttezza politica forzata - dire ai bambini che le madri sono opzionali e intercambiabili - è una negazione della realtà biologica e del bisogno umano. Sminuisce il ruolo unico di una madre.Ogni bambino ha una madre: la donna che è stata la sua "casa" per nove mesi, l'ha messo al mondo e (nella maggior parte dei casi) l'ha nutrito con il proprio corpo. Una madre e il suo bambino condividono un legame intimo e insostituibile.I BAMBINI HANNO BISOGNO DI UN GENITORE MASCHIO E FEMMINAAl di là della nascita e dell'allattamento, le madri continuano a relazionarsi con i propri figli in un modo unico. Rispetto ai padri, le madri hanno livelli più alti e più recettori dell'ormone ossitocina, che è responsabile del legame umano. Di conseguenza: «I padri tendono a giocare e le madri tendono a prendersi cura dei bambini... I padri incoraggiano la competizione; le madri incoraggiano l'equità. Uno stile incoraggia l'indipendenza, mentre l'altro incoraggia la sicurezza», scrive Glenn Stanton in Perché i bambini hanno bisogno di un genitore maschio e femmina.Katy Faust e Stacy Manning riassumono la scienza della maternità in questo modo: «La mamma tende a concentrarsi sui sentimenti, a prescindere dai fatti. È predisposta per nutrire e connettersi, un'abilità particolarmente importante quando un bambino dipende completamente da lei per sopravvivere. Le madri stabiliscono il tono emotivo a casa e rispondono intuitivamente ai bisogni fisici ed emotivi della sua famiglia. Nel suo modo unicamente femminile, la mamma incarna "la casa" per i suoi figli». (Loro prima di noi: perché abbiamo bisogno di un movimento globale per i diritti dei bambini, Post Hill Press, 2021 Capitolo 3, Parte 4, Loc 1546)Un uomo non può semplicemente decidere di chiamarsi madre; una donna non può definirsi "genitore" o "padre" senza genere. La parola 'madre' ha un referente biologico nel mondo reale e quindi dobbiamo insistere nell'usarla. Soddisfa i bisogni dei bambini.Quando eliminiamo le madri dal nostro vocabolario e dalla vita dei bambini, inviamo il messaggio che non c'è niente di speciale nelle madri: qualsiasi adulto andrà bene. Ma la realtà è che ogni essere umano ha bisogno e desidera non solo un genitore generico, ma anche la madre che l'ha partorito. I bambini trascorrono nove mesi a prepararsi per incontrare la madre che già conoscono e con cui condividono una relazione. Dopo la nascita, il legame madre-bambino è della massima importanza per il sano sviluppo di un bambino.Tutto ciò è stato ritenuto di buon senso fino a quando le tecnologie riproduttive non hanno iniziato ad aprire nuove possibilità. Ora, il desiderio di un uomo di essere padre può prevalere sul diritto di un figlio ad avere una madre.AVERE FIGLI NON È UN DIRITTOAll'inizio di quest'anno, un uomo nello stato di Victoria ha fatto notizia diventando il primo uomo single a diventare padre attraverso l'utero in affitto. Com'era prevedibile, è stato celebrato come una vittoria per l'uguaglianza. Ma avere figli non è un "diritto" che può essere fatto valere indipendentemente dalla biologia o dall'interesse superiore del bambino. Si afferma spesso che "l'amore fa una famiglia", ma i bambini hanno bisogno di qualcosa di più dell'amore: hanno un profondo bisogno di conoscere e, idealmente, essere cresciuti sia dalla madre che l'ha partorito che dal padre.L'organizzazione di advocacy Them Before Us esiste per dare ai bambini una voce nel dibattito sulla struttura familiare. Hanno raccolto centinaia di storie di persone nate attraverso la fecondazione artificiale e l'utero in affitto. Queste persone sperimentano comunemente uno "smarrimento genealogico", un senso di mercificazione e un trauma per la perdita della madre o del padre biologico.Anche il non sapere a chi appartengono i gameti da cui ha avuto origine la propria vita è un male per le persone.Una donna concepita da un ovulo comprato descrive la sua lotta: «Non riesco a esprimere a parole il dolore di non sapere chi è la mia madre biologica e di non poter avere/aver avuto una relazione con lei. Ci penso davvero almeno una volta al giorno, ed è profondamente preoccupante mentalmente, emotivamente e psicologicamente». (Loro prima di noi , Capitolo 7, Loc 3015)Una giovane donna concepita attraverso l'utero in affitto in America (in Australia è legale solo la gestazione per altri "altruistica": i nostri Lettori sanno bene che di altruistico non c'è nulla. La gestante è illusa e sfruttata, e comunque riceve un congruo rimborso spese) spiega: «Essere amati dai due che ti hanno generato e non dagli estranei che ti hanno comprato, è naturale e bello. Ma mi è stata negata questa struttura familiare per sostenere un commercio e una coppia sterile». (Loro prima di noi , Capitolo 8, Loc 3627)Naturalmente, in un mondo imperfetto, i bambini perdono la madre a causa della morte, del divorzio, dell'abuso o dell'abbandono. Questi bambini meritano tutto l'amore e il sostegno che possiamo dare loro. Applaudiamo ai padri rimasti soli che crescono comunque i loro figli. Applaudiamo alle donne disinteressate che crescono bambini che non hanno partorito: nonne, matrigne, madri adottive.Ma la "famiglia moderna", in cui le madri (o i padri) sono trattati come facoltativi, è una deliberata negazione di ciò di cui i bambini hanno bisogno e che naturalmente desiderano. La mancanza di madre è sempre qualcosa da piangere, non da celebrare."Mamma" è, universalmente, la prima parola che dicono i bambini. È un suono facile da emettere e imita il movimento delle labbra del bambino mentre si nutre. Nel bene e nel male, è ancora la prima parola che i bambini piccoli gridano nel cuore della notte.Ecco perché non possiamo permettere che 'madre' diventi una parola vietata. Simboleggia il legame profondo e insostituibile tra una donna ei suoi figli. Bandire questa parola primordiale causerà una ferita primordiale che richiederà anni o generazioni per guarire.Le madri contano. Il nostro grembo, il seno e gli ormoni ci rendono uniche e indispensabili. Ogni bambino cerca la mamma dal momento della sua nascita. Non siamo genitori 1 o 2. Siamo madri e non sortirà niente di buono dalla nostra cancellazione.

    Lettere alla redazione: l'abbandono del figlio nato fuori dal matrimonio

    Play Episode Listen Later Jan 3, 2023 5:45


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7246LETTERE ALLA REDAZIONE: L'ABBANDONO DEL FIGLIO NATO FUORI DAL MATRIMONIOdi Pietro GuidiGentile redazione di BastaBugie,ho letto con attenzione l'articolo da voi pubblicato che difende il cognome paterno dato al figlio ed mi trovo particolarmente d'accordo anche quando Pietro Guidi scrive che anche le mogli dovrebbero avere il cognome del marito.Tutto questo è vero, ma secondo me non basta. Infatti se è vero che il padre ha diritto di imporre il cognome al figlio, però non sempre ne ha il dovere, ma soltanto quando il figlio è stato generato all'interno del matrimonio. In questa società assistiamo a moltissime rivendicazioni femministe che lamentano il fatto che l'uomo può scappare dopo avere messo incinta una donna, lasciando a lei la difficoltà di badare al figlio e di mantenerlo. Da questo punto di vista sono state fatte numerose leggi che impongono all'uomo di pagare gli alimenti ai figli anche se sono nati fuori dal matrimonio. Appartengono alla stessa corrente ideologica gli assegni di mantenimento dati alla moglie divorziata o separata.Voi potreste sussultare sulla sedia per quello che sto per dirvi: secondo me, e anche secondo le leggi fino all'avvento della rivoluzione sessuale e dell'ideologia della parità di genere, l'uomo che abbandona la sua donna incinta può farlo, perché non è tenuto a mantenere quel figlio. Sarebbe tenuto a farlo solo se i due fossero sposati, altrimenti no. Non sto dicendo che è bello abbandonare il proprio figlio solo perché nato fuori dal matrimonio, ma affermo che l'uomo che lo facesse secondo me non sarebbe da biasimare.È infatti il legame del matrimonio che obbliga a riconoscere i figli che nascono all'interno di esso. Quindi la donna che si concede sessualmente ad un uomo con cui non è sposata deve sapere che lei non può pretendere niente da lui. Deve conoscere i rischi che corre. Quindi, in una società normale, dovrebbe pretendere dal suo uomo che la sposi prima di concedersi a letto. Non solo per motivi religiosi, ma anche per i seguenti motivi naturali. Il legame matrimoniale è fatto apposta a difesa dell'uomo e della donna. In quel legame l'uomo sapeva che sua moglie si era impegnata a restargli sempre fedele e quindi non doveva temere nessun concorrente in amore. La donna invece viene difesa dal matrimonio visto che il marito si è impegnato a sostentare la famiglia. Ma se non si è sposati nessuno dei due ha queste protezioni: entrambi possono essere traditi e la donna rischia di essere abbandonata con il figlio che porta in grembo senza poter rivendicare nulla, visto che l'uomo a cui si è concessa non aveva assunto con lei nessun impegno.GiovanniRISPOSTA DELLA REDAZIONECaro Giovanni,la tua mail forse non è del tutto condivisibile, ma non possiamo certo negare che gli obblighi sia per il marito che per la moglie nascono dallo stringere il patto matrimoniale.Detto questo però riteniamo che un uomo che mette incinta una donna fuori del matrimonio sia colpevole di immoralità al pari di lei. Infatti la legge di Dio chiama fornicazione tali rapporti, quando sono praticati da persone non sposate, e chiama adulterio i rapporti sessuali tra persone sposate, ma non tra di loro (adulterio semplice quando è sposato uno dei due, adulterio doppio quando sono entrambi coniugati). Entrambi quindi sono peccato grave.Per quanto riguarda la questione del cognome o degli alimenti purtroppo questa materia è trattata dalle leggi civili senza più distinguere tra figli legittimi, cioè nati all'interno del matrimonio, e figli illegittimi. La confusione regna dunque sovrana ed è aggravata dalle complesse questioni dell'utero in affitto che per ora è illegale in Italia, ma che in realtà viene praticato all'estero e poi si pretendono riconoscimenti anche qui da noi.Insomma a noi premeva ricordare che quella del cognome non è una questione secondaria, ma che fa parte di un più ampio progetto di distruzione della famiglia che è praticamente ormai completato nei nostri ordinamenti statuali.Noi crediamo che sia importante ripartire dalla Legge di Dio scritta nel cuore di ogni uomo per ripristinare la realtà naturale sul matrimonio.

    E' bello avere il cognome del padre... e del marito

    Play Episode Listen Later Dec 28, 2022 12:19


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7247E' BELLO AVERE IL COGNOME DEL PADRE... E DEL MARITOQuest'anno la Corte Costituzionale ha abolito il cognome del padre attribuito in modo automatico, ma è un imbarbarimento... persino la moglie dovrebbe avere il cognome del marito (come Margaret Thatcher, Hilary Clinton e Ursula von der Leyen)di Pietro GuidiMercoledì 27 aprile la Corte Costituzionale ha definito illegittime le norme che attribuiscono al figlio di una coppia il cognome del padre in modo automatico. Per dare al figlio soltanto il cognome paterno d'ora in poi sarà necessario che entrambi i genitori siano d'accordo. Questa notizia non deve stupirci.Già in moltissimi paesi europei vigevano leggi simili, se non ancora più estreme. In Spagna vengono dati entrambi i cognomi. Nei Paesi Bassi si attribuisce di comune accordo uno dei due cognomi. In Germania, Svizzera, Grecia, Ungheria, Romania e Croazia viene assegnato ai figli il cognome scelto dai genitori per tutta la famiglia. In Francia e in Belgio si possono assegnare entrambi i cognomi in ordine alfabetico. Addirittura in Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia e Austria viene attribuito automaticamente il cognome della madre dall'anagrafe, a meno che si dia indicazione della propria scelta. In Lussemburgo siccome sono più indecisi fanno un sorteggio.Quindi la legge attualmente vigente in Italia non è un caso isolato, ma è parte di un processo di revisione del ruolo della donna all'interno della famiglia che ha colpito tutto l'Occidente. Si dice infatti che una volta la famiglia avesse uno stampo esclusivamente patriarcale: il padre veniva chiamato capofamiglia ed era lui che decideva tutto, mentre la donna era relegata al ruolo di serva del marito, alla cura dei figli e alle faccende domestiche. In quest'ottica il fatto di dare anche il cognome della donna non è impuntarsi per una cosa da niente, ma è un segno del nuovo ruolo assunto dalla donna all'interno della famiglia.Se una femminista mi esponesse così le motivazioni del dare anche il cognome materno al figlio gli direi che ha ragione, eccetto che nella soluzione. È verissimo che dare il cognome materno al figlio non è una quisquilia burocratica, ma rivoluziona sostanzialmente il ruolo della donna. Il problema è che il vecchio ruolo che aveva la donna nella famiglia andava benissimo e quello nuovo storpia la sua natura. Permettere alla donna di dare il cognome ai propri figli è l'ennesimo passo avanti nella decostruzione del ruolo del padre e del maschio e del conseguente crollo della famiglia. E questo va a scapito anche della donna. È insomma un ulteriore passo avanti di questa ideologia cieca nei confronti della realtà. Sì, sto parlando di realtà perché dare il cognome del padre al figlio (e anche alla moglie) non è una convenzione sociale che può essere cambiata perché risolve i problemi dati dalla realtà biologica. Infatti il cognome del padre risolve l'incertezza della paternità per i figli e, se proprio vogliamo dirla tutta, la moglie dovrebbe portare il cognome del marito a sua maggior garanzia.IL COGNOME DEL PADRE PER I FIGLINel nostro DNA ci sono scritti due bisogni fondamentali: quello di sopravvivere e quello di riprodurci. Per questo esistono l'istinto alla sopravvivenza e quello dell'accoppiamento sessuale. In questo caso ci interessa il secondo. Noi ci riproduciamo perché istintivamente desideriamo trasmettere i nostri geni alla generazione futura. Non ci basta che la specie umana si riproduca, ma ogni individuo desidera che siano i suoi geni ad essere portati avanti. Traducendo in un linguaggio contemporaneo: non ci basta sapere che qualcuno faccia sesso, ma vogliamo essere noi personalmente a farlo. E siccome la natura mette un piacere dove ci realizziamo, noi ci realizziamo trasmettendo i nostri geni alla generazione futura.Pensiamo agli animali che, pur di accaparrarsi le femmine per potersi riprodurre, sono disposti a lottare fino all'ultimo sangue. Quindi è interesse di ogni maschio, animale o umano che sia, far sì che sia solo lui a generare figli dalla sua femmina e nessun altro. Altrimenti starebbe sprecando le sue risorse e le sue energie per mantenere i figli del suo rivale: oltre al danno la beffa! I latini spiegavano questo concetto dicendo: "Mater semper certa, pater numquam". Da qui capiamo l'esigenza del padre di imporre il cognome: così facendo lo riconosce come suo e si impegna a mantenerlo e proteggerlo. Da questo discende che il bambino entra a far parte della famiglia del padre, è sottomesso alla sua potestà e per questo ottiene il diritto ad essere mantenuto dal padre, il diritto all'eredità e a tutte le cose che sono dovute ad un figlio. Diversamente no. Infatti ogni vero diritto nasce da un dovere e il diritto ad essere mantenuto dai genitori nasce dal dovere di stare sottomesso a loro.Dai ragionamenti fatti sul cognome paterno si può capire che questa non è una rivendicazione fine a sé stessa, ma deriva dal fatto che è l'uomo a esercitare il ruolo di capofamiglia con tutto il carico di responsabilità che esso comporta: se la famiglia va male o patisce la fame è colpa sua.Comprendiamo quindi come imporre il nome o il cognome è un gesto dalla portata grandissima. Dare il nome infatti è sempre stato un atto di autorità. Pensiamo nei vangeli a quando Gesù cambia il nome a Simone, che da quel giorno si chiamerà Pietro. In questo modo Gesù aveva affermato di avere il potere su di lui. Era Gesù che comandava e Pietro obbediva. La stessa cosa deve succedere in famiglia. Il padre infatti deve prendersi la responsabilità di mantenere e difendere la famiglia e per questo motivo è lui che ha il diritto, ma anche il dovere di comandare. Se per non prendersi la responsabilità scaricasse sulla moglie l'onere di decidere, verrebbe meno a un suo preciso dovere.Diversamente da quello che in genere si crede, in famiglia non si può decidere in due. Non è possibile che siano entrambi i genitori a comandare, ma deve essercene uno che ha l'ultima parola. Ogni realtà ordinata ha una e una sola guida. Pensiamo ad una azienda, una squadra di calcio, uno stato ecc. Se ci fossero due persone a comandare nel momento in cui si trovassero in disaccordo ci si bloccherebbe. Inoltre credere che l'accordo sia sempre possibile a condizione di parlarne abbondantemente è un'illusione tutta femminile. Se in una famiglia vi dicono che comandano tutti e due in realtà ci sarà sempre uno che ha l'ultima parola. E se l'uomo ha abdicato dal suo ruolo di capofamiglia per "decidere insieme", state sicuri che, quando si troverà in disaccordo con la moglie, farà un ulteriore passo indietro e lascerà decidere a lei trasformandosi piano piano in un'ameba. E chi dei due debba comandare ce lo indica la natura: all'uomo viene donata maggior forza fisica e maggior logicità nel ragionamento proprio per adempiere a questo compito. Alla donna invece viene data una maggior sensibilità ed emotività che le permettono di svolgere meglio il suo compito di cura nei confronti del marito, dei figli e, di conseguenza, della loro casa. Una donna affezionata a suo marito farà dei gesti di amore che a lui non sarebbero mai venuti in mente.IL COGNOME DEL MARITO PER LA MOGLIEQuindi, come conseguenza di tutto quello che è stato detto facciamo un passo ulteriore: non solo i figli devono avere il cognome del padre, ma anche la moglie dovrebbe prendere il cognome del marito. Infatti il cognome indica la persona a cui sei soggetto. Finché vivi in casa con i tuoi genitori è a loro che sei soggetto e sono loro che ti proteggono e ti mantengono. Quando invece vai a vivere con il tuo marito è lui che prende su di sé il dovere di mantenerti e di proteggerti e ti accetta nella sua famiglia: per questo è giusto che la donna porti il cognome del marito. Questa cosa è magnificamente spiegata quando Gesù istituisce il sacramento del matrimonio, ribadendo l'insegnamento originario di Dio sulla sessualità. Ad un certo punto Gesù dice, citando quello che Dio aveva detto ad Adamo ed Eva: "Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne". Fate bene attenzione alle parole: l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre. Perché non dice che anche la donna li abbandonerà? Perché la donna non abbandona nessuna sicurezza. L'uomo infatti abbandonerà la sicurezza della casa paterna e diventerà responsabile della sua vita. La donna no. La donna passerà dalla protezione dei suoi genitori a quella del marito. Non sarà in nessun momento abbandonata a se stessa. E il cambio di cognome dopo il matrimonio esprime proprio questa realtà: io porto il cognome di colui che mi protegge, di chi ha la responsabilità su di me.Persino Hilary Clinton porta il cognome del marito Bill, ex presidente degli Stati Uniti, in quanto deve tutta la sua carriera politica a lui. E non si può certo dire che la Clinton sia antifemminista, anzi. Stesso discorso per Ursula von der Leyen, attuale presidente della Commissione europea. Il suo cognome è in realtà quello del marito.In conclusione dobbiamo augurarci che un giorno le donne possano tornare a capire che la loro realizzazione non passa dal competere con l'uomo su chi ha il potere, ma riconoscano il loro ruolo naturale nella cura della famiglia.

    Niente punizioni per i figli... ce lo dice l'Europa (e così saranno rovinati per sempre)

    Play Episode Listen Later Dec 13, 2022 8:37


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7230NIENTE PUNIZIONI PER I FIGLI... CE LO DICE L'EUROPA (E COSI' SARANNO ROVINATI PER SEMPRE) di Antoine Béllion"Vai nella tua stanza!". Chi di noi non ha ricevuto quest'ordine nella propria infanzia? Conosciuta anche come cornering (andare all'angolo), è una delle punizioni più comuni nelle famiglie. Per lo psichiatra infantile Maurice Berger, ex direttore di un servizio dedicato alla cura dei bambini violenti, questa è addirittura "probabilmente la punizione più antica del mondo".Ebbene, questa antica punizione potrebbe presto essere proscritta dal Consiglio d'Europa che, a suon di decreti, si è improvvisato anche custode della "genitorialità". Il Consiglio intende "combattere la violenza nell'educazione". Spronato da associazioni libertarie, come la francese Stop VEO (violences éducatives ordinaires), il Consiglio d'Europa ha preso di mira il famoso cornering.Eppure, finora, il "vai nella tua stanza!" era ritenuta la punizione perfetta. [...] Per esempio, nel 2008 Maud de Boer-Buquicchio, allora vicesegretario generale del Consiglio d'Europa, aveva lanciato una campagna per prevenire gli abusi sui minori. Come parte della campagna, il Consiglio aveva pubblicato un opuscolo rivolto ai genitori, che diceva: "I bambini stanno meglio se i loro genitori sono cordiali e solidali, se trascorrono del tempo di qualità con loro, rispondendo a eventuali cattivi comportamenti con spiegazioni e, se necessario, con punizioni non violente come il cornering".Da allora i tempi sono cambiati e il Consiglio ha deciso di rivedere le proprie posizioni. Lo scorso 8 agosto, Regina Jensdottir, responsabile della sezione Diritti dei bambini, ha annunciato che il cornering è "obsoleto" e andrebbe "ripensato". In una mail di risposta a un quesito di Le Figaro, datato 7 ottobre 2022, il Consiglio d'Europa conferma che "non promuove più il cornering", avendo ceduto alle sirene delle lobby della cosiddetta "educazione positiva".Secondo Christine Schuhl, educatrice infantile col metodo Montessori: "Un bambino che si arrabbia e disobbedisce è un bambino che non sta bene. Quando mai si lascia solo qualcuno che non sta bene? È una sanzione psichica inaudita. E sto misurando le mie parole".Lo psichiatra infantile Maurice Berger non è d'accordo: "Paragonare il 'cornering' ai maltrattamenti è ignoranza scientifica. Alcuni bambini prendono in giro i loro genitori e questo modo di trattenerli può ripristinare la necessaria asimmetria tra adulto e bambino. Lo possiamo chiamare un 'altolà', un atto che permette di fermare qualcuno quando le parole non bastano".La pensa in modo identico Benjamin Sadoun, psichiatra infantile presso il Groupe Hospitalier Universitaire Paris psychiatrie & neurosciences: "Mi sembra una sanzione moderata. Successivamente, i genitori dovrebbero comunque analizzare i motivi che li hanno portati a rinchiudere il bambino in camera".Per Caroline Goldman, un'altra specialista dei bambini: "Mandiamo il bambino nella sua stanza quando infrange le regole, a condizione però che gli siano state spiegate più volte. È bene che impari a trattenersi. Il bambino sano richiede limiti, C'è un consenso scientifico sul 'cornering'". [...]Un saggio consiglio di cui il Consiglio d'Europa ovviamente non ha tenuto conto...Nota di BastaBugie: nel sito WikiHow si trova un interessante articolo dal titolo "Usare il Time-Out per i Bambini in Età Prescolare" che spiega come si mette un figlio in castigo. Ecco questi consigli pratici.1) AVVERTI TUO FIGLIOSe il piccolo non riesce a controllarsi, come succede talvolta alla maggior parte dei bambini, inizia avvisandolo. Assicurati che l'avvertimento sia chiaro ed espresso in un linguaggio comprensibile. Potresti dirgli: "Paolo, se picchi di nuovo il tuo amico, ti metterò in castigo".2) ACCOMPAGNALO NELLA ZONA RISERVATA AL CASTIGOSe il comportamento scorretto perdura, conduci tuo figlio nell'angolo del castigo, ossia in un posto tranquillo privo di distrazioni quali la televisione, i giocattoli e altri bambiniPotrebbe essere utile avere uno spazio prestabilito in casa o in altri posti che frequenti abitualmente. In tal modo eviterai l'ulteriore frustrazione di trovare un posto adeguato all'ultimo momento.Assicurati di spiegare a tuo figlio il motivo del castigo e cerca di giudicare il suo comportamento, anziché il bambino. Per esempio, potresti dirgli "Non è corretto picchiare Matteo" invece di "Sei monello perché picchi Matteo".3) ORDINA A TUO FIGLIO DI RESTARE IN SILENZIO PER IL TEMPO PRESTABILITOLa maggior parte degli esperti è concorde nell'affermare che il periodo di tempo più adeguato per il time out sia di un minuto per ogni anno di età del bambino. Quindi, se tuo figlio ha tre anni dovrebbe restare in castigo per tre minuti, mentre se ne ha quattro il castigo dovrebbe durare quattro minuti, eccetera.Tuo figlio potrebbe rifiutarsi di restare in silenzio e ciò è del tutto normale per un bambino in età prescolare. Se si rifiuta di stare fermo, trattienilo dalle spalle con fermezza, ma gentilmente. Potresti anche cercare di tenertelo in grembo.Al contrario, alcuni genitori preferiscono concedersi una pausa quando il proprio figlio assume un atteggiamento di sfida. Ciò potrebbe significare semplicemente dire al bambino che hai bisogno di una pausa e quindi restare nella stessa stanza per non perderlo di vista, ma non rispondere alle sue provocazioni.4) RITORNA ALLE NORMALI ATTIVITÀFai riprendere a tuo figlio un'attività positiva dopo aver completato il periodo di pausa raccomandato. Se è ancora abbattuto o agitato, potrebbe essere utile concedergli del tempo in più per calmarsi. Comunicagli che è libero di tornare alle altre attività appena smette di piangere o di assumere qualsiasi comportamento scorretto.CONSIGLI VARICerca di essere di buon esempio assumendo un comportamento appropriato. I bambini apprendono maggiormente emulando i propri genitori.Non punirlo mai per i suoi errori accidentali. I bambini devono imparare ad acquistare la propria autonomia senza temere di essere giudicati per incidenti occasionali e inevitabili.Assicurati di spiegare sempre a tuo figlio il motivo alla base del tuo provvedimento o delle conseguenze naturali.Non cedere soltanto perché temi di mettere a rischio la serenità di tuo figlio. Ricorda che i bambini traggono vantaggio dall'imposizione di limiti e conseguenze appropriate.È preferibile aspettare che il bambino sia abbastanza grande da comprendere il concetto di castigo, prima di cominciare ad applicare questa tecnica disciplinare. L'età giusta per iniziare è intorno ai tre anni.

    Il divorzio è la viltà che fugge dinanzi alle difficoltà

    Play Episode Listen Later Nov 29, 2022 5:45


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7225IL DIVORZIO E' LA VILTA' CHE FUGGE DINANZI ALLE DIFFICOLTA' di Pierfrancesco Nardini«Al massimo puoi sempre divorziare». Questa frase sentita in un film la si prende come spunto perché, se ci si pensa, racchiude la sintesi dei tempi che viviamo sull'argomento matrimonio.Il divorzio divenuto logica normalità della vita. Se ho sete, bevo. Se sono stanco, mi riposo. Se sono innamorato della mia fidanzata, mi sposo. Se va male, divorzio. Logico, no?Il personaggio che dice questa frase (per incoraggiare lo sposo!) mica gli parla della giustezza della sua scelta, mica gli ricorda l'amore che ha per la sposa, mica gli rammenta i sogni da loro fatti nei mesi passati, no! Gli dice, in pratica, che tanto al massimo divorzieranno e si libereranno facilmente di qualsiasi problema...RIMETTERE INSIEME I COCCIÈ talmente normale pensare al divorzio come una soluzione che non ci si pone oramai più la domanda se si possano rimettere insieme i cocci, se si possa risolvere il problema.È proprio vero che la possibilità del divorzio ha inciso sulla mentalità delle persone. Ha inciso, diciamo così, sul loro modo di pensare che è cambiato in modo inconscio. Immagazzinato il file, anche senza pensarci in modo consapevole, c'è questa spia nella mente che sempre più automaticamente fa pensare a questo, non si prende più in considerazione l'altra possibilità, quella di combattere per il proprio matrimonio, affrontando la crisi.La presenza del divorzio, insomma, ha dato alle persone una facile via d'uscita che rende veloce e (s'illudono) indolore la fine di ogni problema.È stato giustamente detto che, se una persona vive in una stanza e se l'arreda come più gli piace, ma ha una porta aperta che gli permette di uscirne quando vuole, al primo momento in cui questa stanza non gli piacerà più, uscirà subito, non proverà prima ad aggiustarla (cambiare colori alle pareti, i mobili, ecc...), come invece farebbe se la porta aperta (via d'uscita facile) non ci fosse. Questo vale per matrimonio e divorzio.Qui non ci si sofferma sulla sempre maggiore superficialità delle relazioni ai giorni nostri, frutto di più cose, che si ripercuote però sui rapporti di coppia e sulla capacità di capire la profondità dei propri sentimenti. Quel che qui si vuol sottolineare è come oramai il divorzio sia entrato appieno nella normale e quotidiana prassi della vita, sia diventato qualcosa di comunemente accettato e abituale, tale da non esser più messo in discussione, ahinoi anche da molti che si dicono cattolici.UNA CONVINZIONE NATA DALL'ABITUDINESe c'è qualcosa che è difficile scardinare dalla mente delle persone, è una convinzione nata dall'abitudine. Se, cioè, una persona si abitua a qualcosa nella propria vita, dopo qualche tempo, giusto o sbagliato che sia quel comportamento, la sua capacità di giudizio sul quella cosa è dominata dall'abitudine.In conclusione leggiamo queste interessanti parole di Chesterton: "La prima cosa da dire su questi riformatori è che per loro il matrimonio è un discorso senza capo né coda. Non sanno cosa sia, o cosa significhi; essi non vi danno un'occhiata nemmeno quando vi ci si trovano dentro. Semplicemente si liberano della fatica più vicina (...) non hanno la minima idea di quanto sia vasta l'idea che stanno attaccando. (...). Non esiste forse peggior consiglio di quello di liberarsi dalla fatica più vicina (...) sarebbe a dire 'rosicchia la prima cosa che ti capita a tiro'. L'uomo, come il topo, tende a scardinare ciò che non comprende e, dato che ha sbattuto contro un ostacolo, non importa che questo ostacolo sia il pilastro portante che sostiene il tetto sopra la sua testa (...). Ci accorgeremo di come la grande massa di uomini e donne moderni, che scrivono e parlano del matrimonio, stiano rosicchiandolo ciecamente come un esercito di topi. (...) I ratti sono sempre pronti ad abbandonare la nave che affonda: esiste una nave (fuor di metafora: la famiglia), grande o piccola non fa differenza, che non va abbandonata anche quando si pensa stia affondando. (...) Ogni filosofia dell'amore che non dia conto della sua ambizione di stabilità, come delle sue esperienze di fallimento, è destinata a fallire."

    Il Piemonte vuole evitare gli affidi illeciti tipo Bibbiano

    Play Episode Listen Later Nov 15, 2022 7:21


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7211IL PIEMONTE VUOLE EVITARE GLI AFFIDI ILLECITI TIPO BIBBIANO di Anna BonoLa giunta regionale del Piemonte, composta da una coalizione di centrodestra in carica dal 2019, ha un assessorato che si occupa specificamente di infanzia, genitorialità e ruolo della famiglia nelle politiche del bambino. Chiara Caucino, che ne ha le deleghe, fin dall'inizio del suo mandato si è occupata assiduamente del problema dei minori allontanati dai genitori per offrire loro cure, educazione e condizioni di vita adeguate qualora la famiglia d'origine non sia in grado di farlo. A richiamare la sua attenzione e ad allarmarla è stato l'elevato numero in Piemonte, superiore alla media nazionale, dei bambini dati in affidamento familiare e accolti in strutture residenziali. I dati più recenti disponibili indicano infatti in Italia una media di 2,7 minori per mille allontanati dalle famiglie contro il 3,5 per mille del Piemonte.Ad accrescere interesse e preoccupazione verso il fenomeno sono state nel frattempo le notizie di cattiva gestione dell'istituto dell'affidamento: il caso più clamoroso è quello di Bibbiano, emerso nel 2019 nell'ambito dell'inchiesta "Angeli e demoni" sugli affidi illeciti. L'assessore Caucino si è quindi impegnata nella formulazione di una nuova legge regionale che preveda maggiore supporto alle famiglie di origine nell'obiettivo di mettere al centro il sostegno della genitorialità in funzione del "diritto naturale" dei minori, del loro primario interesse a crescere nelle rispettive famiglie.AFFIDAMENTO AI FAMIGLIARI FINO AL QUARTO GRADOIn sostanza la nuova normativa prevede innanzitutto che l'indigenza non possa mai essere causa di allontanamento e quindi privilegia l'aiuto economico alle famiglie, in termini di sussidi, contributi al pagamento di affitti di locazione e ad altre spese, assegnazione di abitazioni idonee alle necessità familiari.La legge intende in secondo luogo attuare politiche che, nel rispetto e nella tutela dei minori, riducano per quanto possibile i tempi della separazione dei bambini dai famigliari, ove questa si renda necessaria, per evitare quanto più possibile di sradicare il minore e affidarlo ad estranei, per quanto professionalmente preparati e affidabili. A tal fine impegna l'amministrazione a potenziare l'affido flessibile e modulabile sulle necessità della famiglia, a sostenere le reti famigliari concentrando su di esse il sostegno economico, culturale e sociale e privilegiando l'affidamento ai famigliari fino al quarto grado di parentela. Un'attenzione speciale è prevista a non dividere i fratelli e quindi a inserirli in un'unica casa-famiglia o struttura.Tra gli organi introdotti dalla legge figurano un Progetto educativo familiare (Pef), della durata minima di sei mesi e con il coinvolgimento dei servizi sociali, prima di procedere all'allontanamento di un minore, e un Osservatorio, che raccolga dati ed esegua un monitoraggio costante della situazione dei minori in affido e di quelli rimasti nelle famiglie di origine. "Quella di oggi - ha commentato l'assessore il giorno del voto - è una data storica. In questi anni, visitando le comunità e le case-famiglia mi sono sentita chiedere dai bambini, ai quali parlavo e stringevo le manine, di poter tornare dalla mamma e dal papà, dalla zia o dal nonno e ho assicurato loro che avrei fatto di tutto perché questo si potesse realizzare: oggi mi sento di dire che la promessa è stata mantenuta". La legge, spiega Caucino, che è una esponente della Lega, non ha un colore politico: "Sono certa che vada esclusivamente nell'interesse dei minori e che anche chi oggi si oppone la apprezzerà vedendola applicata. L'ambizione è che la legge possa diventare un modello virtuoso applicabile in tutta l'Italia".I FIGLI APPARTENGANO AI GENITORIPerò le critiche ci sono state e continuano, espresse dagli esponenti della minoranza nel Consiglio regionale del Piemonte e da operatori delle strutture assistenziali e dei servizi sociali. Per questo l'iter della legge è stato così lungo. Ci sono voluti tre anni per arrivare, il 25 ottobre scorso, alla sua approvazione. L'accusa fondamentale è che l'interesse dei bambini, per quanto affermato, sia invece sacrificato a quello degli adulti e questo perché il presupposto della legge - si sostiene - è che "i figli appartengano ai genitori". Di certo non appartengono allo Stato, replicano i sostenitori della norma consapevoli che, sottinteso, ma chiaro, è l'attacco alla famiglia di chi ne sottovaluta, quando non la nega, l'importanza cruciale per l'equilibrio psicofisico dei bambini. In linea con questa posizione, come si ricorderà, è stata la proposta di rendere obbligatorio l'asilo nido (da 0 a 3 anni), sostenuta lo scorso agosto dal piddino Stefano Bonaccini, governatore della regione Emilia-Romagna.La legge è stata chiamata "Allontanamento zero". Ne ha approfittato chi si opponeva alla norma per denunciare l'intenzione dell'assessore Caucino e della giunta regionale piemontese di abolire l'istituzione dell'affido. Non è questo l'obiettivo, è ovvio, se non idealmente, in un mondo in cui nessun bambino nasca in famiglie fragili e incapaci di garantire ai figli sicurezza e serenità. Durante la discussione della legge tuttavia sono stati citati dati che fanno ipotizzare una riduzione dell'allontanamento fino all'80%.

    Una brutta notizia: anche in Italia le casalinghe sono sempre meno

    Play Episode Listen Later Sep 28, 2022 3:58


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7149UNA BRUTTA NOTIZIA: LE CASALINGHE SONO SEMPRE MENORecenti dati dicono che il numero delle casalinghe è notevolmente diminuito e quelle che sono rimaste sarebbero nella o poco sopra la soglia di povertà. A questo poi si aggiunge l'insistenza con cui si vogliono annullare i cosiddetti "stereotipi di genere".A noi non piace correre dietro i luoghi comuni quindi diciamo subito che notizia della drastica diminuzione delle casalinghe non la riteniamo affatto buona. Non la riteniamo buona per la famiglia e non la riteniamo buona nemmeno per la donna.Non è buona per la famiglia, perché la presenza costante o almeno prevalente della madre in casa costituisce un elemento fondamentale per l'ordine e la salute della famiglia. E non è buona nemmeno per la donna, perché ella sente di essere chiamata soprattutto all'accoglienza e alla custodia, per cui, venendo meno queste, è la donna stessa a non sentirsi realmente realizzata. Gran belle attitudini, quelle dell'accoglienza e della custodia, che l'uomo - va riconosciuto - non ha. Tant'è che la capacità di sacrificarsi per gli altri la possiede la donna, non l'uomo. Questi sa sacrificarsi per la Verità, per gli ideali; la donna, invece, sa sacrificarsi per gli altri, soprattutto per le persone che la Provvidenza le pone immediatamente accanto.Quando due uomini si trovano a discutere, solitamente i loro argomenti sono la politica, il lavoro, lo sport. Quando invece due donne discutono, i loro argomenti sono la famiglia, i figli, il marito. L'uomo tende a parlare di ciò che fa e di ciò che accade; la donna di chi ama e di chi accudisce.Terminiamo con queste puntuali parole di Santa Edith Stein (1891-1942): "L'orientamento al fine naturale e a quello soprannaturale è comune all'uomo e alla donna, ma vi si nota una differenziazione di compiti, consona alle diverse proprietà naturali dei due sessi. La missione primaria dell'uomo è dominare la terra; in ciò la donna gli è posta a fianco come aiuto. La missione primaria della donna è procreare ed educare la prole; e in questo compito l'uomo le è dato come difesa. Ne deriva che nell'uno e nell'altra si manifestano gli stessi doni, ma in misura e in rapporto diversi. Nell'uomo, i doni necessari per la lotta, la conquista, il dominio: la forza muscolare con cui domina esteriormente la materia, l'intelletto con cui penetra intenzionalmente il mondo, la volontà e l'energia attiva con cui può plasmarlo. Nella donna, l'attitudine a proteggere, custodire e far sviluppare l'essere in formazione e in crescita: perciò il dono, di carattere più corporeo, di saper vivere strettamente unita a un altro, di raccogliere in calma le forze, e di sopportare il dolore e la privazione, e adattarsi; il desiderio di cooperare al loro sviluppo." (La donna. Il suo compito secondo la natura e la grazia, tr.it., Roma 1987, pp.116-117).

    La verità è che gli uomini amano le donne

    Play Episode Listen Later Sep 6, 2022 8:05


    VIDEO: Il cavaliere del terzo millennio ➜ https://www.youtube.com/watch?v=CYOp3oZlIGI&list=PLpFpqNiJy93u4WaU4EI2Tf7q125TSonGrTESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7131LA VERITA' E' CHE GLI UOMINI AMANO LE DONNE di Roberto MarchesiniL'attore britannico Benedict Cumberbatch ha recentemente rilasciato un'intervista per la promozione dell'ultimo film che lo vede protagonista, intitolato "Il potere del cane". In questa occasione ha espresso il suo pensiero a proposito della cosiddetta "mascolinità tossica": «Dobbiamo aggiustare i comportamenti degli uomini. Penso sia più rilevante che mai farlo e in particolare in un mondo che sta andando incontro a dei cambiamenti, puntando finalmente l'attenzione su quanto siano inadeguati lo status quo e il patriarcato. C'è questa specie di aspetto legato alla ribellione, questo negare la situazione, una posizione piuttosto infantile che sostiene "non tutti gli uomini sono cattivi". No, semplicemente dobbiamo tacere e ascoltare». Già la posizione pare problematica: se parla della mascolinità tossica, non tace. E poi: uno degli aspetti della "mascolinità tossica" non riguarda il fatto che gli uomini siano mutacici, cioè che si esprimano troppo poco? Quindi gli uomini devono tacere o devono parlare? O devono parlare del fatto che devono tacere?Probabilmente, sono ragionamenti troppo sottili per un povero psicologo di campagna come me.Quello che so, è che quando la virilità ha trovato la sua pienezza e il suo compimento, anche le donne ne hanno tratto un gran giovamento. Sto parlando della cavalleria, massima summa delle virtù virili; un fenomeno che ha cambiato per sempre (fino a giorni nostri) i rapporti tra uomo e donna... a vantaggio della donna. È infatti in quel periodo che la donna diventa... donna. Donna, infatti, è la contrazione di domina, in latino: signora. Perché il cavaliere faceva il gesto dell'omaggio (cioè il dono dell'uomo, di sé stesso) al signore e alla signora.TRACCE DI CAVALLERIADa questo discendono alcuni gesti di cortesia (cioè tipici della corte) che fanno brillare gli occhi ad alcune donne: aprire la portiera, accomodare la sedia, aiutare a mettere o togliere il cappotto, il baciamano... Che significato hanno questi gesti, che mandano in bestia le femministe? Semplice: il più forte, cioè il cavaliere, mette la sua forza a disposizione del più debole, cioè la donna. La forza dev'essere usata per servire, non per prevaricare. Questo è il grande insegnamento della cavalleria, oggi dimenticato (con le conseguenze che ben conosciamo).La cavalleria ha anche contribuito a creare una struttura sociale di regole che preservano la sessualità femminile. Così si legge nell'Historia regum Britanniae di Goffredo di Monmouth: «Le dame cortesi non degnavano di ricevere l'amore di alcuno se per tre volte non si era cimentato nell'agone. Si serbavano quindi caste le dame, e i cavalieri per amor loro divenivano più nobili». Così sono le dame a motivare i cavalieri a diventare «più nobili», più coraggiosi; e a loro volta le dame conservano la castità a causa del legame con il loro cavaliere. Funziona ancora così.Jason e Cristallina Evert sono una coppia che gira per il mondo parlando della Teologia del corpo di Giovanni Paolo II. Jason è arrivato al matrimonio vergine, Cristallina ha avuto una vita sessuale disordinata prima di scoprire la castità. Ecco le sue parole a proposito: «Io non accuso nessuno. Non dico: "Voi ragazzi siete il problema". Sono convinta che voi ragazzi sareste dei signori se noi donne lo esigessimo». Le donne medievali hanno preteso che i loro corteggiatori si comportassero in un determinato modo. E crearono la cavalleria.LA MODERNITÀTutto è cambiato con la modernità. La caratteristica principale della modernità è il rifiuto delle leggi morali e religiose. Solo che le leggi morali e religiose proteggono i deboli dai forti; eliminarle, ovviamente, significa abbandonare i primi in balìa dei secondi. Lo aveva previsto lucidamente il Marchese de Sade che, all'interno del suo romanzo blasfemo e pornografico intitolato La filosofia del boudoir, inserì un opuscolo intitolato Francesi, ancora uno sforzo se volete essere repubblicani. In sostanza: non è sufficiente rovesciare le strutture politiche, per fare la rivoluzione; è invece necessario contravvenire a tutte le regole morali e religiose, comprese quelle che proibiscono la calunnia, il furto, lo stupro, la prostituzione, l'adulterio, l'incesto, la sodomia e l'omicidio. Eliminata ogni legge morale e religiosa - come abbiamo detto - resta la legge del più forte: «[...] è incontestabile che abbiamo ricevuto dalla natura il diritto di esprimere i nostri desideri indifferentemente a tutte le donne, è incontestabile anche che abbiamo il diritto di obbligarle a sottomettersi a questi nostri desideri, non esclusivamente (mi contraddirei), ma momentaneamente. È incontestabile che abbiamo il diritto di promulgare leggi che le costringano a cedere al fuoco di chi le desidera; essendo la violenza stessa una conseguenza di questo diritto, possiamo impiegarla legalmente. La natura non ha forse provato che abbiamo questo diritto, accordandoci la forza necessaria a sottometterle ai nostri desideri?».Ecco, quindi, che, liberata dalle leggi morali e religiose, la virilità diventa dannosa: il suo scopo non è più proteggere, servire; bensì prevaricare, opprimere. La liberazione sessuale della donna si trasforma, tragicamente, in schiavitù.Ecco, quindi, l'insegnamento: non è la virilità in sé, ad essere tossica; non il modello patriarcale. La virilità tossica è quella moderna, nella quale la forza non è al servizio del debole, ma diventa fonte del diritto. Non ci piace la virilità tossica? Rifiutiamo la modernità e torniamo alla cavalleria. Facciamo in modo che la forza sia al servizio e a protezione del debole; che gli uomini facciano dono di sé alle donne. Rifiutiamo la legge del più forte, la legge della jungla, la lotta per la sopravvivenza. Avremo protezione per il nascituro, accudimento dell'anziano e del malato, rispetto per le donne.

    Cosa ci insegna la fine del matrimonio di Francesco Totti e Ilary Blasi

    Play Episode Listen Later Jul 20, 2022 7:58


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7085COSA CI INSEGNA LA FINE DEL MATRIMONIO DI FRANCESCO TOTTI E ILARY BLASI di Raffaella FrulloneCi sono ruoli che decidiamo di interpretare più o meno consapevolmente, armati di maschere e maquillage controlliamo perfettamente le parole e i gesti per essere gli attori perfetti no matter what o per dirla alla Draghi whatever it takes. Ci sono panni che non si mette mai di svestire, anche quando cala il sipario, perché the show must go on, eppure a volte basta un trigger, un minuscolo e apparentemente innocuo fattore che scatta, fa saltare il tappo e la verità dirompe a fiumi. Ed è esattamente quello che è accaduto nelle ultime 24 ore con la notizia della fine del matrimonio di Francesco Totti e Ilary Blasi.Perché diciamolo, questa notizia ha fatto cadere parecchie maschere. Intanto già il fatto che sia una notizia, è una notizia. Normalmente infatti non è una notizia che un calciatore lasci la velina con cui si è messo, anche se si è sposato. È un mondo fatto di soldi, selfie scattati alla chiappa marmorea sullo yacht a Portofino, soldi, fama, successo, botulino, e ancora soldi. E non fa certo notizia che l'ultima coppia nata in questo contesto scoppi. Ma Ilary e Totti non sono l'ultima coppia, sono insieme da venti anni, da prima che avessimo lo smartphone in tasca, da prima dei social, quando esistevano le chiavette Usb, i pasti in famiglia e persino la privacy.UNA COPPIA ABBASTANZA NORMALESi sono sposati ad un età in cui oggi ti consigliano di fare tutto pur di non sposarti, [...] 29 anni lui, 24 lei. Lei era pure incinta (ed evidentemente non ha abortito) e in una Italia in cui non si fanno più figli (e anzi, le coppie senza figli, dati Istat, superano ormai quelle con prole), il pupone e la letterina hanno fatto il doppio della media dei figli che nascono per coppia nel nostro Paese. Oltre ad essere ricchi sono pure belli, biondi, simpatici e sono popolari, vengono da quella che qualcuno chiama con disprezzo la "Roma coatta" e questo li ha resi più vicini alla gente comune.Sono entrati nell'immaginario collettivo come Sandra e Raimondo, come Romina e Al Bano ed esattamente come per loro in queste ore è stato un florilegio di messaggi di un unico segno: dispiacere. Perché anche gli attori più navigati, quelli che mantengono sempre il controllo e che non perdono occasione di ripetere che il matrimonio è un orpello del passato, la famiglia tradizionale un concetto obsoleto da superare con qualcosa di più "inclusivo" o "libero" o "gender fluid", la fedeltà è innaturale nella "specie animale" e il divorzio una conquista di civiltà irrinunciabile, alla fine di fronte alla fine della storia di Ilary e Totti non possono che essere dispiaciuti. E non lo hanno potuto nascondere.Ecco perché già l'altro ieri i canali di notizie in tv non facevano che aspettare il comunicato ufficiale dell'annuncio della "fine della favola", come in molti la hanno ribattezzata, perché nessuno ci voleva credere, anche se gli elementi da tempo c'erano tutti. Ecco perché ieri la notizia è finita sulle prime pagine di tutti i giornali nonostante la guerra, la pandemia, la crisi dei prezzi e la siccità. Ci sarebbe finita anche con le cavallette e perché? Perché è un finale che rattrista, addolora, dispiace, appunto. E sui social il dispiacere si è riversato come non mai: «Ora capisco cosa provarono i miei quando si lasciarono Romina e Albano», «Ma ora come faccio a credere nel vero amore?», «Erano la mia ancora di salvezza, la mia certezza».LA FAMIGLIA UNITA È PIÙ BELLA, PIÙ FELICE, GIUSTA E COMPIUTAPerché, diciamolo per una volta, ammettiamolo, anzi tutti pensano l'indicibile: ovvero che la famiglia unita sia più bella, più felice, giusta e compiuta. Tutti pensano e tutti sanno che la separazione è un dolore, uno strappo, un'atrocità che ha ben poco il sapore della "conquista di civiltà". E di fronte ad una separazione in pochi hanno saputo trattenere la verità, che è scappata giù come una lacrimuccia.Tra le poche eccezioni vince il premio acidità 2022 Natalia Aspesi, che su Repubblica firma il suo commento dal titolo: «Totti e Blasi, l'addio è ufficiale. Finisce la favola, evviva la normalità», perché ovviamente la normalità è lasciarsi e soprattutto festeggiare. «Perché è la storia di una coppia tradizionale, niente di moderno - scrive - composta da un uomo e una donna, con tre figli (17, 15, 6 anni), che dopo 17 anni di matrimonio ce la fa ad uscire dalla prigione dei doveri della celebrità e dalla fallace promessa del per sempre: e riesce a prendere una decisione impopolare (secondo il popolo che vuole sante le celebrità), e per loro certamente dolorosa e segno di un privato fallimento, ma anche di scelta di normalità, quindi di libertà».Non c'è niente di moderno, dice, non sono nemmeno "inclusivi" come la celebrata coppia Pascale - Turci, non hanno un figlio gender fluid come Brad Pitt e Angelina Jolie, sono "tradizionali", quindi che si lascino pure come fanno "le persone normali". Solo che, cara Aspesi, le persone normali sono dispiaciute di questo annuncio, non festeggiano questa separazione, anzi soffrono e lo dicono, il Pupone e la velina hanno fatto cadere le maschere, e gli italiani, in fondo, sperano che presto possano tornare ad essere una famiglia unita. Sarebbe un'altra grande notizia.

    Katalin Novak, eletta Presidente dell'Ungheria, difende vita e famiglia

    Play Episode Listen Later Mar 15, 2022 8:43


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6929KATALIN NOVAK, ELETTA PRESIDENTE DELL'UNGHERIA, DIFENDE VITA E FAMIGLIA di Luca Volontè"Se ci arrendiamo sul nostro cristianesimo, allora perderemo la nostra identità, come ungheresi, come europei", lo diceva due anni orsono Katalin Novak in una intervista a Catholic News Agency. Ebbene quella stessa Katalin Novák, ex vicepresidente di Fidesz e Ministro della Famiglia, il 10 Marzo è stata eletta Presidente dell'Ungheria con una maggioranza di due terzi dei voti del Parlamento, entrerà in carica il prossimo 10 maggio. Sin da subito ha toccato il tema caro al cuore ungherese: "Non sarò mai disposta a rinunciare alla sovranità della nostra nazione, non permetterò a nessuno di giocare alla 'roulette russa' con l'indipendenza duramente conquistata dall'Ungheria... Noi apparteniamo all'Europa e l'Europa appartiene a noi... Non possiamo cambiare questo e non vogliamo cambiarlo".La Novák ha iniziato la sua carriera politica nel 2001 (durante il primo governo Orbán) al Ministero degli Affari Esteri, dove si è specializzata in affari europei, dal 2020 è Ministro della famiglia e Gioventù ungherese. Katalin Novák è la prima donna e, a 44 anni, anche la più giovane presidente dell'Ungheria. Ha tre figli, parla quattro lingue straniere, corre le maratone e... non ha dimenticato come fare i mestieri di casa. Katalin Novák è nata a Szeged nel 1977, ha studiato all'Università Nazionale del Servizio Pubblico (NKE) a Budapest, all'Università di Szeged e a Parigi e, dopo un breve impegno di consulente al Ministero degli Esteri (2001-2003), ha passato sei anni a crescere i suoi figli a casa (in parte in Germania) prima tornare al Ministero degli Esteri come consigliere del Ministro nel 2010 e capo di gabinetto del Ministro delle risorse umane nel 2012.PROMUOVERE CONCRETAMENTE LA FAMIGLIA CON FIGLITuttavia il cambio di marcia della Novak arriva nel 2014, quando entra nel Governo con il ruolo di Segretario di Stato per la famiglia e la gioventù del Ministero delle Risorse Umane, allora guidato dal brillantissimo Zoltan Balog. Dal 2020 ha ricoperto il posto di Ministro della Famiglia e della Gioventù, da cui si è dimessa quando è stata candidata alla Presidenza della Repubblica da Victor Orban lo scorso novembre, candidatura poi condivisa dal Partito Fidesz e dal partito democristiano KDNP il 18 febbraio scorso. Già in quei giorni la Novak, aveva messo in chiaro come vorrà interpretare il mandato della sua Presidenza, in un'intervista rilasciata al settimanale di partito Mandiner: "Dobbiamo essere preparati a una guerra fredda ideologica... e difendere l'orgoglio nazionale, la protezione delle famiglie, la promozione del patrimonio nazionale e i giovani talenti... [perché] in Occidente la propaganda LGBTQ prende di mira gli asili e le scuole. È mia convinzione che i genitori debbano avere il diritto primario di educare i loro figli... Io sono pronta a rappresentare l'Ungheria e servire la Nazione Ungherese con fede, spirito e cuore". Conosciamo Katalin Novak per il suo impegno fermo e determinato a sconfiggere la piaga della denatalità e promuovere concretamente la famiglia con figli, attraverso diverse e continue misure economiche e sforzi culturali notevoli. Io stesso posso testimoniare che nei diversi incontri di lavoro avuti, sin dai tempi del suo incarico a Segretario di Stato per la Famiglia e la gioventù nel 2012, la capacità della Novak e del suo team di apprendere dalle buone pratiche di altri paesi le misure più appropriate, è sempre stata impressionante.LO STIPENDIO ALLA CASALINGHESe la politica familiare ha acquisito importanza, lo si deve innanzi tutto alla determinazione con la quale Katalin Novak ha promosso le sue iniziative. Solo così si comprende la scelta compiuta dal Orban di introdurre il nuovo Ministero della Famiglia e Gioventù nel 2020. Grazie alla Novak, il Governo Orban è tra i più rispettosi della uguaglianza di genere, proprio a partire dalle donne e mamme: nel 2016 oltre il 60% delle donne inattive nel mercato del lavoro riceveva sostegno per prendersi cura dei propri figli. Il 13% lavorava a tempo parziale. Questi numeri sono in crescita grazie al sostegno governativo che permette alle madri di esserlo a tempo pieno. Le donne con almeno tre figli, il più piccolo minore di 3 anni e il più grande minore di 18, possono richiedere di "lavorare" come madri a tempo pieno: oltre ai normali benefici connessi ai figli, costoro ricevono un salario mensile pari alla pensione e possono comunque svolgere un altro lavoro per un massimo di 30 ore la settimana. Il 73% delle donne parzialmente o del tutto inattive sul mercato del lavoro gode dunque della possibilità di essere retribuita per fare la madre.Noi in Italia, dopo decenni di parole al vento, stiamo ancora pensando 'se e com'e introdurre lo stipendio alla casalinghe... La Novak è una politica, donna, mamma e moglie molto normale, sui social si trovano le immagini in cui lavora a maglia, cucina e pulisce le finestre al cambio di stagione. L'opposizione, ovvero la coalizione di tutti (dalla sinistra socialista ai liberali e sino alla destra estrema e antisemita di Jobbik)'contro Orban', ha reagito alla elezione della Novak con sgarbo istituzionale, dicendo che il neo Presidente (per i prossimi 5 anni con il voto di 137 voti su 188), "non sarà mai il Presidente di tutti gli ungheresi". Peccato per loro e, permettetemi, vergogna per la politica e stampa mondiale ed europea che ha volutamente cancellato l'elezione di Katalin Novak, mentre nelle stesse ore, osannava Gabriel Boric e applaudiva alla prossima riforma socialista e marxista del Cile (con la benedizione di LGBTI, abortisti e alta finanza 'verde'). Tutto ciò è ben chiaro alla Novak come a ciascuno di noi, non solo il mondo occidentale ha perso il lume della ragione ma, ancora una volta, predilige rincorrere e reinventare ideologie del passato pur di non volgersi al buon senso del futuro.

    Fidanzate di papà

    Play Episode Listen Later Aug 24, 2021 4:00


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6696FIDANZATE DI PAPA' di Teresa MoroIl sentire comune lo afferma da tempo: il legame che c'è tra un padre e una figlia è spesso molto forte e importante, come d'altronde si sostiene esserlo quello tra una mamma e un figlio. Una questione, questa, oramai avvalorata anche dalla scienza, la quale per esempio - scrive il professor Timothy Rarick su Institute for Family Studies - riconosce che «i padri hanno un profondo impatto sull'immagine corporea delle loro figlie, sulla depressione clinica, sui disturbi alimentari, sulla loro autostima e soddisfazione di vita», etc.Tuttavia, in tutto questo c'è un aspetto ancora poco studiato, nonostante il suo impatto sui singoli e sulla società nel suo complesso: il fatto che la relazione padre-figlia risulta essere determinante nelle scelte che le giovani donne fanno a livello di sessualità e di relazioni sentimentali.In quali termini? Beh, dagli studi emerge che le giovani che hanno potuto godere di una sana relazione paterna - ancora più se fondata su una comunicazione aperta, su un clima di fiducia e su un bilanciato contatto anche fisico - mostrano di avere una sorta di protezione rispetto a una iniziazione sessuale precoce, a comportamenti sessuali rischiosi, a gravidanze non desiderate e a violenze negli appuntamenti.«Purtroppo», afferma ancora Rarick, «molte ragazze adolescenti nel nostro mondo occidentale iper-sessualizzato, oggi si trovano in una tragica situazione. Le condizioni nella nostra cultura di sfrenata mancanza di padri e di promiscuità sessuale sono incompatibili con la formazione di relazioni sicure e sane con i ragazzi, nonché con la creazione di famiglie stabili per la generazione successiva. Lo sviluppo sessuale di una giovane può superare in modo significativo il suo sviluppo neurologico ed emotivo, che invece è necessario per guidare le sue scelte sessuali».In sintesi, dunque, a beneficio dei singoli e dell'intera società, bisognerebbe fare in modo di favorire un solido attaccamento e una sana intimità tra i padri e le figlie, le quali è bene che passino anche attraverso la fase in cui la figura paterna diventa il loro "primo amore".Questo appunto perché, come riassunto in una frase dalla docente Linda Nielsen: «Il padre ha un impatto maggiore sulla capacità della figlia di fidarsi, divertirsi e relazionarsi bene con i maschi nella sua vita». O, detto in altri termini da Rarick: «Il modo in cui un padre tratta sia sua figlia, sia la madre della figlia può aiutare una giovane donna a sentirsi al sicuro nei suoi rapporti con i ragazzi e gli uomini della sua vita, compreso il suo futuro marito. [...] La relazione padre-figlia è quella che insegna meglio alle giovani donne il vero amore e l'intimità, l'autostima e il rispetto».Ecco quindi un altro tassello da curare nell'ottica di dare vita a un futuro migliore: non solo rimettere al centro l'importanza della figura paterna in quanto portatrice di regole e di slancio verso il mondo, ma anche in qualità di costruttore di sane, solide e generative relazioni future.

    Sposarsi nel giardino di casa? Pessima idea

    Play Episode Listen Later Jul 21, 2021 8:46


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6639SPOSARSI NEL GIARDINO DI CASA? PESSIMA IDEAIl vescovo di Livorno dà il via libera ai matrimoni fuori dalla chiesa, ma così si svilisce il matrimonio come sacramentodi Luisella ScrosatiC'era una volta una barzelletta - a dire il vero una barzelletta in più versioni - che illustrava le tre cose che non sa nemmeno lo Spirito Santo. Ossia quanti soldi abbiano i Salesiani, quante congregazioni femminili esistano e cosa ci sia nella testa dei Gesuiti. Dopo la lettura della recente decisione del vescovo di Livorno, l'ultima "categoria" della barzelletta necessita di espansione.Mons. Simone Giusti, per «dare dei segnali di accoglienza ai tanti che sono cristiani, ma hanno difficoltà oggi a sposarsi in chiesa», in data 18 giugno 2021 ha concesso a tutti i Parroci della sua diocesi l'autorizzazione di assistere i matrimoni anche nelle abitazioni, avvalendosi del can. 1118 § 2: «L'Ordinario del luogo può permettere che il matrimonio sia celebrato in altro luogo conveniente», diverso dalla chiesa o oratorio.Già, ma per quale ragione? Dalla nota giuridico pastorale non si capisce granché: si percepisce invece una certa confusione tra la vicinanza a cui esorterebbe Amoris Laetitia, le coppie conviventi, ed impedimenti vari per sposarsi in chiesa. Il riferimento pastorale di questa stravagante decisione è l'episodio in cui papa Francesco, durante il volo da Santiago del Cile a Iquique, nel gennaio 2018, unì in matrimonio Paula Podest e Carlos Ciuffati, «uno steward e una hostess cileni, i quali convivevano già da tempo con due figli ed erano già sposati civilmente. Quando il Pontefice chiese loro perché non si fossero sposati con matrimonio religioso, i due spiegarono che è stato per via del crollo della chiesa a causa del terremoto del 2010», spiega il vescovo nella nota. Un episodio che è da subito apparso come tutt'altro che improvvisato e che lascia quantomeno dubbiosi sulla motivazione addotta dalla coppia convivente circa l'impossibilità di essersi sposati prima. Che dal 2010, anno in cui è crollata la chiesa, al 2018 non siano riusciti a trovare un altro edificio sacro in tutto il Cile fa pensare. Difficile poi che in una circostanza d'emergenza, come quella che segue un forte sisma, i vescovi cileni non si siano avvalsi dello stesso canone cui ricorre ora Mons. Giusti. Dal 2010, in Cile, non si è sposato più nessuno causa terremoto?IL PROBLEMA VERO È IL "PER SEMPRE"Eppure questo episodio, secondo il vescovo di Livorno, avrebbe testimoniato quella «carità pastorale del Pontefice» che potrebbe aiutare «a promuovere un'autentica conversione pastorale, [...] capace di affrontare, con uno sguardo diverso e fiducioso, il complesso fenomeno delle convivenze o dei matrimoni solo civili, offrendo nuove e particolari possibilità pastorali, anche "azzardate", come quella del Pontefice».Secondo Giusti «nel cuore di tanti conviventi e di color che hanno celebrato un matrimonio solo civile, spesso vi è il desiderio di celebrare un matrimonio religioso, ma vi sono alcuni impedimenti di natura morale e sociale che creano ostacoli». Pertanto, «ogni azione pastorale consiste nella rimozione di tutti quegli "impedimenti" di natura sociale e morale che inducono molti a scegliere la convivenza more uxorio, come "tappa irrinunciabile" prima di accedere al matrimonio cristiano». Ma perché mai celebrare un matrimonio in aereo o in casa sarebbe un modo per affrontare il problema delle convivenze? Davvero si pensa che chi va a convivere lo fa perché ha difficoltà a sposarsi dentro l'edificio sacro e non piuttosto perché ci sia qualche problema con quel "per sempre"?La giornalista Chiara Domenici solleva su Avvenire la questione dei costi, come se si trattasse del problema principale per cui le persone non si sposano in chiesa. Mons. Giusti sembra ridimensionare un po' l'entità del problema: «La celebrazione del Sacramento del matrimonio non costa nulla, al massimo se una coppia lo vuole, lascia un'offerta per i poveri e non per il prete». Ma poi aggiunge con una consecutio logica un po' traballante: «Per questo ho dato facoltà ai sacerdoti di Livorno di sposare anche in casa, per fare in modo che quello della location non sia un motivo per rinunciare alla cerimonia religiosa». Ma non aveva appena detto che la location è praticamente gratuita?Eppure anche in un'intervista video del 21 giugno, Mons. Giusti dà ancora per buona la giustificazione che diverse persone non si sposerebbero in chiesa, perché non hanno voglia o possibilità di «spendere delle cifre [...] Tanti vanno a convivere perché dicono: "Non ho i soldi per sposarmi". Allora noi gli diamo la possibilità di sposarsi senza soldi». Correttamente, Mons. Giusti ricorda che non è possibile costruire una famiglia cristiana, se non si accoglie Cristo in casa propria, mediante il sacramento del matrimonio; persone, come afferma il vescovo, che battezzano i figli, li mandano anche al catechismo, ma non si sposano. Ma siamo così sicuri che questo problema venga risolto dal matrimonio in casa? Se una coppia non ritiene così fondamentale sposarsi in Cristo, non è che forse tutta la questione si gioca su una mancata comprensione di cosa sia il matrimonio?NESSUNA MOTIVAZIONE PASTORALE CONCRETASi sa molto bene che non sono i soldi il problema di chi sceglie la chiesa come luogo della celebrazione, ma tutto il contesto di pranzo, buffet, bomboniere, abiti, fotografo, album, etc. -; è noto altresì che a Livorno non ci sono stati terremoti che hanno tirato giù tutte le chiese... dunque? Benissimo l'idea di spogliare i sacramenti «di tutti gli orpelli che si sono creati a causa del boom consumistico», ma di nuovo, chiediamo: il problema anche economico è sposarsi in chiesa o tutto il resto?Nel documento la decisione viene giustificata dall'intento di rimuovere non meglio precisati «impedimenti di tipo culturale e morale», o «di natura morale e sociale». Non è dato sapere. Una vaghezza che darà il via alla nuova moda del "marriage at home", dal momento che ai parroci viene consentito di assistere questi matrimoni domestici, purché «sussistano motivazioni pastorali come descritte nelle premesse».O ci manca un allegato, oppure nessuna motivazione pastorale concreta viene riportata, nessuna che non siano gli euro. Insomma basterà essere conviventi che non hanno voglia di sposarsi in chiesa per qualsivoglia ragione di tipo morale, culturale o sociale - praticamente tutto - e il gioco è fatto.Alla non chiara argomentazione del Vescovo, viene in aiuto il vicario giudiziale della diocesi: «Non si tratta di ritornare a celebrare matrimoni nella clandestinità, sempre stigmatizzati dalla Chiesa, poiché le celebrazioni nei luoghi di culto restano comunque ordinarie e preferibili, ma questa possibilità può aiutare alcune coppie a superare le difficoltà a celebrare il "tipo" di matrimonio imposto da certi modelli culturali e sociali». Scusate, ma non sarebbe sufficiente che i parroci dicano a queste persone che ci si può sposare in chiesa anche solo alla presenza di due testimoni? Che si può celebrare in matrimonio anche di sera o di notte (parroco permettendo), in modo discreto?Secondo Mons. Giusti sarebbero dunque queste le vie nuove da sperimentare, poiché, in fondo, «l'essenziale del Sacramento del matrimonio è la ferma volontà di volersi unire cristianamente per ricevere la grazia di Dio e poter edificare una bella famiglia cristiana». Secondo questa logica si potrebbe abolire anche la forma canonica. E speriamo di non essere presi sul serio.

    La moglie a Peppone: perchè mi hai sposata?

    Play Episode Listen Later Jun 22, 2021 4:58


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6629LA MOGLIE A PEPPONE: PERCHE' MI HAI SPOSATA? di Lorenzo BertocchiA Peppone i sondaggi telefonici non erano mai piaciuti, ma la signorina gentile lo aveva preso alla sprovvista a proposito di una indagine sullo stato del matrimonio in Italia:«È una domanda soltanto, non si preoccupi: perché lei ha sposato sua moglie?».Peppone restò mezzo tramortito, anche perché la domanda era arrivata in salotto in uno di quei giorni in cui i figli e nuore e nipoti gli stavano invadendo la casa crinale. «Ma che domanda è questa?», disse, senza però riuscire a trovare una ragione per questa domanda sensata. «Guardi, è passato molto tempo e ci devo pensare».La signorina disse che lo avrebbe chiamato il giorno dopo per avere la risposta. Peppone arrivò in cucina e la signora Bottazzi si accorse che qualcosa non andava. «Chi era al telefono?».«Un'indagine demoscopica per la democrazia, volevano sapere perché ti ho sposata...».Se la curiosità è femmina, davanti a una domanda come questa si aggiunge anche la curiosità della moglie, producendo un effetto senza via di scampo per il marito. Della democrazia alla base del sondaggio alla signora Bottazzi non importava un bel niente, la domanda non ammetteva risposte democratiche.«Io comunque non ho risposto perché preso alla sprovvista ...», attaccò Peppone vista la situazione.«E adesso ce l'hai la risposta? Perché mi hai sposata?», rispose la signora moglie con un tono da tribunale dell'Inquisizione.A quel punto Peppone cercò di ripensare ai momenti della giovinezza, dei primi incontri etc, etc, ma il massimo di risposta che ne cavò fuori fu: «Perché volevo farmi una famiglia e avere dei figli».«E che motivo è mai questo! Allora potevi sposarti anche con un'altra...».«È il destino! Si dice che Dio li fa e li accoppia, uno ci nasce per sposare una talaltra».«Peppone, ma che bel romantico che sei... proprio una bella storia d'amore e passione. E io che passo una vita con uno così e questo non sa neanche perché mi ha sposata...».«E tu allora, perché mi hai sposato?», provò a contrattaccare un Peppone alle corde.«Beh, io mi sono lasciata sposare da te, è ovvio. È l'uomo che si fa avanti!».«Bene», rispose Peppone, «quindi se si fosse fatto avanti un altro era uguale, allora anche tu non sai perché mi hai sposato!».Tutta la famiglia assisteva attonita al dibattito che in quel momento fu attraversato dal silenzio. La signora Bottazzi andò alla finestra del tinello per guardare l'orizzonte: «Ma vi rendete conto... se ci siamo sposati per caso questo è un matrimonio senza fondamenta e voi», disse guardando i figli e nipoti, «siete prodotti del caso e avreste potuto essere anche figli e nipoti di altri due».«Eh no», rispose Peppone, «questa è roba nostra».A quel punto saltò su il Giovannino, di anni 6, il più piccolo fra i nipoti. «Meno male che il nonno ha sposato la nonna, e la nonna ha sposato il nonno, che hanno fatto il papà che ha sposato la mamma, che poi ha fatto me. Perché è sempre meglio essere nipoti di due disgraziati di nonni e figli di un papà e una mamma piuttosto che nipoti e figli di due estranei».Il ragionamento filava e convinse anche Peppone e la signora Bottazzi, i quali in quel momento sembrarono anche ricordarsi perché si erano sposati. Il giorno dopo la signorina che aveva aperto il dibattito telefonò per avere la risposta.La signora Bottazzi prese in mano la situazione telefonica: «Mio marito dice di avermi sposato per ovvie ragioni».«Ma le sembra un motivo valido?», rispose la signorina.«Guardi, ognuno si sposa come può e comunque il fatto è che l'importante è che il marito sposi sua moglie evitando così che i suoi figli cadano in mano d'estranei!».

    Gli stati generali sulla natalità certificano il fallimento del forum delle famiglie

    Play Episode Listen Later May 18, 2021 13:41


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6575GLI STATI GENERALI SULLA NATALITA' CERTIFICANO IL FALLIMENTO DEL FORUM DELLE FAMIGLIE di Andrea Zambrano

    Mi aspettavo il biglietto per la festa della mamma, e invece...

    Play Episode Listen Later May 11, 2021 8:13


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6569MI ASPETTAVO IL BIGLIETTO PER LA FESTA DELLA MAMMA, E INVECE...Mi chiamo Martina, ho 31 anni, sono mamma di 2 bambini e vivo in Austria. Da quando sono diventata mamma ho scelto di dedicarmi alla famiglia e di mettere da parte la carriera, nonostante i miei studi, per occuparmi principalmente dei miei figli, ho scelto di esserci e di godermeli fin quando lo vorranno.Sono una mamma tuttofare, come la maggior parte delle mamme d'altronde, sono cuoca, lavoratrice, donna delle pulizie, psicoterapeuta, fisioterapeuta, aiuto compiti, mediatrice per litigi tra fratelli, taxi e molto molto altro. Questa è stata la mia scelta, fatta con gioia e con amore, ma non senza difficoltà.Oggi sono andata a prendere mio figlio (5 anni) dall'asilo e già pregustavo il pensierino per la festa della mamma, "cosa avranno costruito questa volta?", ancora conservo quelli degli scorsi anni: saponette, profumi per il cassetto, cuoricini, quel nome scritto a chiare lettere stortignaccole che ti faceva emozionare solo a guardarlo...Mi ricordo con gioia gli anni scorsi, i miei figli che correvano verso di me col regalino in mano, ci avevano lavorato per giorni ed erano fieri di mostrarlo alla mamma o al papà.Ecco, tutto quell'entusiasmo che avevo oggi mentre lo andavo a prendere è crollato di colpo in un secondo, la maestra mi si è avvicinata e mi ha dato un foglio dicendomi: "questo è al posto del regalino della festa della mamma, non lo facciamo più, abbiamo deciso di festeggiare "il giorno della famiglia" più avanti..."Indescrivibile la tristezza che ho provato, lo smarrimento, la delusione... ma perché non fanno più il regalo per la festa della mamma? Eppure sulle vetrine dei negozi è pieno di sconti, offerte per "la festa della mamma", promozioni, cioccolatini...UN BIGLIETTO PER INDOTTRINARE AL GENDERIl titolo recita così: "La famiglia è dove il cuore è a casa."Una definizione di famiglia alquanto discutibile... Io non ho bisogno di una definizione di famiglia, ma soprattutto non ne ha bisogno mio figlio. Mio figlio considera famiglia la mamma, il papà e la sorella, come anche i nonni e gli zii, nonostante nessuno gli abbia mai proposto una definizione di famiglia.Io stessa sono figlia di genitori separati e lo sono stata in un'epoca in cui le famiglie separate cominciavano ad intravedersi ma erano molto rare. Io sapevo perché i miei genitori erano separati, sapevo che per dare il regalo della festa del papà a mio padre dovevo aspettare di vederlo, a volte poteva durare anche due settimane. Se ci soffrivo a vedere gli altri bambini che potevano consegnare subito il loro trofeo? Certo che ci soffrivo, come soffrivo di tante altre cose, ma quella era la mia realtà e piano piano ho imparato a farci i conti. Togliere il regalo della festa del papà a me e ai miei compagni non avrebbe attutito quel dolore, la mia sofferenza non aveva nulla a che vedere con il regalino in sé ma con la mia situazione. Ed ero io che dovevo farci i conti, non la realtà intorno a me.Perché l'asilo deve preoccuparsi di definire il termine famiglia ai bambini di 3-5 anni? I bambini conoscono già la propria famiglia e probabilmente anche quella dei loro compagni...Vado avanti a leggere: "Cari genitori, i nostri bambini crescono in diverse costellazioni familiari (?) formate da una madre e due padri e viceversa, solo mamma o solo papà o... "Quali nostri bambini? Di quali bambini parlano? Se c'è un bambino che ha una "costellazione familiare" diversa, formata da due mamme, due papà, un genitore single o altro sarà compito loro spiegarlo ai loro figli, saranno loro a scegliere a chi donare il regalino della festa della mamma...Il foglio continua: "Ci sono diverse forme di convivenza che per i nostri bambini significano famiglia e sicurezza. Da qualche anno l'abbiamo accolta come un'occasione per fare un regalo di famiglia (o 2) con i vostri bambini anziché il classico regalo per la festa della mamma e del papà."Come può un regalo della famiglia sostituire il regalo per la mamma? Non è la stessa cosa... La famiglia è una cosa, la mamma è un'altra. La mamma è un membro della famiglia, un membro anche parecchio importante di solito.MI HANNO RUBATO LA FESTA DELLA MAMMAIo non voglio il regalo della famiglia al posto del regalo della mamma o del papà. Mi sento discriminata, sono stata privata di un dono e di una celebrazione che per me erano molto importanti.Credo che sia importante anche per le mie colleghe mamme, per le mamme in carriera o per le semplici lavoratrici che riescono a vedere i loro figli per poche ore al giorno, per le mamme che sono a casa e che sono assorbite dai loro figli, per le mamme single, per le mamme vedove...Certo, a casa continuerò a festeggiare la festa della mamma, quella del papà, da qualche anno abbiamo anche quella dei nonni ma un'amarezza mi rimane dentro. Se a me è arrivato questo foglio vuol dire che ne hanno parlato anche con i bambini, i NOSTRI bambini, e hanno spiegato loro che tra poco costruiranno il regalo della famiglia, regalando (o inculcando?) la loro definizione di famiglia, e delle varie tipologie di famiglie che secondo loro esistono. Tutto ciò senza che noi genitori fossimo informati. [...]Mi viene in mente che a scuola religione è facoltativa, ma la lezione di ideologia gender non lo è. Quando la maestra decide di parlar loro della teoria gender lo fa e basta e il bambino torna a casa indottrinato nel migliore delle ipotesi, a volte addirittura spaventato o turbato. [...]Non è compito delle maestre, né dell'asilo, né delle scuole elementari affrontare questi temi, è compito delle famiglie educare i propri figli a proprio piacimento.Come mai tutto questo interessamento a non urtare la sensibilità di chi ha diverse "costellazioni familiari" parte proprio dall'educazione dei bambini?Come mai nei centri commerciali si continua invece a festeggiare la mamma? Come mai il consumismo non si piega a questa estrema generosità verso la sensibilità altrui?Ecco, questo era soltanto uno sfogo di una semplicissima madre che si è vista privata di qualcosa di importante.Vi prego di comprendermi e di aiutarmi, non possiamo rimanere fermi a guardare mentre ci derubano in questo modo, vi prego aiutateci!Nota di BastaBugie: nel blog di Costanza Miriano tra i commenti all'articolo c'è quello di Vittorio. Molto semplice e diretto: "Cambia subito asilo e cercane uno che insegni i veri valori... se no tieni tuo figlio a casa!". Noi siamo d'accordo con lui. Che senso ha mandare i figli in asili dove le maestre sono pagate per indottrinarli? Molto meglio tenerli a casa. L'asilo non serve poi a granché, mentre la mamma a quella età è fondamentale. A chi dicesse: e la socializzazione? Non è vietato invitare a casa ogni tanto qualche amichetto. Uno o due sono sufficienti a quella età.

    La donna è stata creata per condurre l'uomo in paradiso

    Play Episode Listen Later Apr 7, 2021 3:59


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6531LA DONNA E' STATA CREATA PER CONDURRE L'UOMO IN PARADISOIl Bougaud esclama: in ogni cosa grande vi trovate come principio e fine la donna. E Tacito: la donna ha in sé una orma della potenza di Dio.Ma perché mai questo Dio fu così largo colla donna? Perché l'aveva destinata ad una nobilissima vocazione. Quando Dio ebbe creato l'uomo, dice la Sacra Scrittura, egli guardò a lui e, toccò il cuore di compassione alla vista della sua solitudine. Non è bene che l'uomo sia solo: facciamogli una compagna simile a lui che gli serva d'aiuto. E creò la donna per aiuto dell'uomo. E siccome l'uomo non è creato per la terra, ma per il Cielo sorreggere l'uomo in questo cammino, condurlo all'eternità, andarvi con lui forma l'altissima missione della donna.L'uomo curvo sulla terra che doveva lavorare, un angelo, un apostolo, un amico intimo, persuasivo, amabile che doveva conservargli la luce ed il gusto del Cielo. Eva, è vero, si valse di questo dolce ascendente su Adamo per trascinarlo con sé nella colpa: ma Dio, punendolo, non cambiò la missione della donna: l'uomo ne aveva ancora più necessità.Maria fu l'alto tipo della donna cristiana. Essa compì il suo ufficio di sollevare l'uomo, di distaccarlo dalla terra, di condurlo al Cielo.Quanti uomini, specialmente nel turbinio presente della vita, dimenticherebbero forse Dio, l'anima, L'eternità, se non avessero una sorella, una sposa, una madre, una figlia! Sono misteri questi che si riveleranno solo nell'eternità.Ciò che l'uomo dimentica è precisamente quanto la donna più facilmente ricorda, perché lo sente sempre vivo. Ella non cura tanto la logica, ma se si tratta delle cose spirituali meglio le intuisce, meglio le gusta, più facilmente vi si inclina.Qualcuno ha detto: la religione è per le donne. Non è per le donne nel senso di escludere gli uomini; ma è per le donne nel senso che la donna naturalmente è più religiosa. "Anche la Chiesa," disse il Papa alle donne cattoliche, "vi rende questo onore, chiamandovi il sesso devoto. E voi dovete con la religione e per la religione essere l'aiuto dell'uomo."Chi mette la donna fuori di tale missione, la mette fuori di vocazione: la rende una spostata. La donna che non fa questo è inutile, se non dannosa, nel mondo. Alla donna che si insuperbisce o si lamenta di dover lavorare alla conversione del marito si potrebbe dire: non fai che compire il tuo dovere.La donna può esercitare un'influenza decisiva sullo spirito religioso del marito. Noi sappiamo che fu Eva a trascinare nella colpa Adamo, noi sappiamo che Cecilia convertì lo sposo Valeriano, noi leggiamo nelle lettere di san Paolo che l'uomo infedele viene santificato dalla donna fedele. Se il giovane sposo è buon cristiano, alla donna sarà più facile il conservarlo tale: se invece è indifferente o avverso alla religione, alla donna sarà più meritorio il convertirlo.

    La corte costituzionale nega al padre il diritto di dare il cognome ai figli

    Play Episode Listen Later Feb 23, 2021 5:13


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6490LA CORTE COSTITUZIONALE NEGA AL PADRE IL DIRITTO DI DARE IL COGNOME AI FIGLIIl cognome paterno sarebbe contrario all'uguaglianza tra uomo e donna... ma cosa resta ai padri, già privati della patria potestà, se togli loro anche quest'ultimo diritto?di Giuliano GuzzoCognome paterno retaggio patriarcale? Ne è convinta la Corte Costituzionale che, con una specifica ordinanza in replica al Tribunale di Bolzano, ha adombrato l'idea che il solo cognome paterno dato ai figli costituisca, appunto, il retaggio di una concezione della famiglia patriarcale. Nello specifico, la Consulta è intervenuta in risposta al tribunale altoatesino, che chiedeva lumi sulla costituzionalità della norma - l'articolo 262 del Codice civile - nella parte in cui non prevede, dato l'accordo tra i genitori, la possibilità di dare al figlio il cognome della madre invece di quello paterno.Conseguentemente, l'attuale sistema di attribuzione del cognome paterno ai figli è stato giudicato essere il «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia», e di «una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna». Non è la prima volta che il «giudice delle leggi» si esprime in questi termini. Già nel 2016, infatti, con un'altra sentenza, la suprema Corte aveva definito «indifferibile» l'intervento del legislatore per riformare in maniera organica «secondo criteri finalmente consoni al principio di parità» la questione del cognome da attribuire ai figli.COSA RESTA AI PADRI?Tornando però al pronunciamento di questi giorni, ci sono più considerazioni che meritano di essere svolte. La prima concerne il fatto che l'assunzione del cognome paterno, pur prevista dal citato articolo 262 del Codice civile, non è già più - alla luce di quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza 26 maggio 2006, n. 12641 - una prescrizione inderogabile alla luce della dichiarata non autorizzazione alla stessa in caso di pregiudizio per il minore (si pensi al caso della cattiva reputazione del padre) o allorquando «il minore» avesse già «maturato una precisa, infungibile identità individuale e sociale per il fatto di essere riconosciuto col cognome della madre nella cerchia sociale in seno alla quale è vissuto».Al di là di quanto osservato dalla Consulta, insomma, è scorretto riferire o lasciare intendere che sussista in Italia un obbligo inderogabile al cognome paterno. Che comunque, attenzione, rappresenta un elemento che va valutato con attenzione, prima di esser messo da parte. «Cosa resta ai padri, già privati della patria potestà», si chiedeva in proposito Camillo Langone, intervenendo sul Foglio su questo tema, «se togli loro anche la possibilità di dare il cognome ai figli? Perché un uomo dovrebbe ancora contribuire alla riproduzione? Per la gioia di versare assegni di mantenimento?». Apparentemente provocatoria, questa domanda non è affatto banale.UNA FORTE CRISI DELLA FIGURA PATERNAAnche perché va aggiunto che, se è vero una legislazione per esempio sul doppio cognome è già presente in vari Stati Europei - leggi del genere sono presenti in Francia, in Spagna, in Germania, in Inghilterra -, è altresì indubbio come tale legislazione poggia sempre su una tradizione radicata e del tutto assente nel nostro Paese. Senza dimenticare che appare retorico e approssimativo un argomentare che rimandasse agli ordinamenti esteri lasciando intendere come le scelte di questi siano, ove simili, certamente buone. E se fosse la scelta del doppio cognome ad avere risvolti critici? Perché trascurare in toto tale ipotesi?Simili quesiti non paiono affatto oziosi in una fase storica in cui già si osserva - sul versante psicologico, sociologico e culturale - una forte crisi della figura paterna, indebolita a sua volta da un'eclissi della virilità. Insomma, il padre è già purtroppo estremamente in difficoltà o assente, come denunciato anni or sono da un bel libro di Claudio Risè, Il padre l'assente inaccettabile (San Paolo). C'è quindi il serio rischio che pronunciamenti come quello della Consulta possano avere effetti esiziali, accelerando un pericoloso processo di decostruzione della figura paterna già in corso da tempo. E per il quale la cultura dominante non sembra preoccupata, anzi. Titolo originale: Consulta choc. Il cognome paterno sarebbe un retaggio patriarcaleFonte: Provita & Famiglia, 16 febbraio 2021Pubblicato su BastaBugie n. 705

    Il segreto dei matrimoni felici

    Play Episode Listen Later Feb 17, 2021 9:10


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6472IL SEGRETO DEI MATRIMONI FELICIIl marito e la moglie, sforzandosi di rendere felice il coniuge, realizzano una unione armonica e così le differenze diventano un arricchimento reciprocodi Pierre DufoyerOccupiamoci dei fini che la Provvidenza ha assegnato al matrimonio e che gli sposi debbono quindi realizzare nella loro vita. Dio ha voluto assicurare la procreazione e la educazione dei figli attraverso l'unione dell'uomo e della donna, che ha dotati di corpi biologicamente adatti, di ricca vita interna dell'anima, e particolarmente dell'istinto materno e paterno. Questa è una verità tanto lampante che nessun uomo di buon senso può dubitarne. [...] Questo è il fine primario del matrimonio.Un altro scopo che Dio Creatore ha perseguito attraverso l'unione dell'uomo e della donna, e che nel matrimonio è più o meno consapevolmente cercato dagli sposi, è il vicendevole completamento.Senza dubbio alcuni egoisti sono portati al matrimonio da interessi particolari che sperano così di conseguire. Se tuttavia non si sono ridotti ad un egoismo integrale, ma conserveranno un po' di vero amore, anch'essi cercheranno la felicità e il perfezionamento del coniuge.Lo sposo e la sposa hanno eguale valore umano, come persone della stessa natura; perciò soltanto il bene armonico della coppia può essere il giusto fine del matrimonio e non il bene dell'uno con danno dell'altro.Il tendere al bene vicendevole è una legge naturale e fondamentale del matrimonio, e a quel fine lo sposo e la sposa debbono dedicarsi volonterosamente e risolutamente.L'uomo e la donna sono persone autonome, e tuttavia bisognose di completamento. Questa asserzione non è vera solo per la procreazione, ma vale, sino ad un certo punto, anche nel campo dello spirito.Esiste un modo di sentire, di pensare, di agire tipicamente maschile, come vi è pure un modo tipicamente femminile di pensare, sentire e agire. Uno in parte coincide con l'altro e in parte lo completa.DIFFERENZE CHE ARRICCHISCONOIl modo di vedere la vita ed i suoi avvenimenti è generalmente più sintetico nell'uomo; egli afferra meglio l'essenziale e le linee generali. È inoltre più freddo e costante poiché la ragione gli consente giudizi meno influenzati dal sentimento. All'uomo è dato di creare, di formare e costruire "il mondo". Non gli rimane quindi molto tempo per le "persone"; è meno sensibile, meno portato alla compassione e alla pietà.La visione della vita nella donna è più analitica, più ricca di sfumature; essa vede e si occupa più dei particolari. Essendo dotata di maggior sentimento e sensibilità, il suo modo di vedere la vita è più caldo e più propenso verso gli esseri umani, in special modo i deboli e i sofferenti. Ha maggiore intuizione e comprensione, ed è perciò più facilmente commossa ma, nel contempo, è più volubile.Tali tratti della psicologia normale maschile e femminile, a cui se ne potrebbero aggiungere tanti altri, mostrano chiaramente che questi due esseri umani possono completarsi vicendevolmente. Un uomo può arricchire una donna con la larghezza di vedute, caratteristica della sua personalità, come nessun'altra donna potrebbe mai fare, e viceversa. Tale differenza e tale possibilità di arricchirsi nei reciproci rapporti stanno alla base della forza universale di attrazione che agisce sui giovani d'ambo i sessi appena inizia per loro la primavera della vita, e che li spinge a cercare la reciproca compagnia e a gustarne il profumo delicato e misterioso. Ora su queste basi nasce anche l'amore propriamente detto, cioè quel sentimento straordinario e intenso che conduce il giovane e la fanciulla a scegliersi tra mille altri, a legarsi l'un l'altro in modo che ogni altra persona viene quasi completamente dimenticata e solo sussiste la gioia e la inesprimibile felicità della reciproca attrazione. "Entrambi sono esseri viventi, incompleti, inesplorati, straordinari" (Chardonne); e lo sono in misura tanto maggiore quanto più grande è la loro istruzione, l'educazione e la ricchezza d'animo; potrà così rinnovarsi continuamente il reciproco completamento.UNA VITA GIOIOSA E SEMPRE NUOVAGli avvenimenti della loro vita, come la paternità e la maternità, i problemi costanti sollevati dall'educazione dei figli, le numerose prove che rivelano reazioni fino allora sconosciute, conducono a scoprire nuovi aspetti nell'anima dell'amato, offrono la possibilità di confrontare idee, di osservare lati sconosciuti di concezioni, sentimenti ed inclinazioni. Nelle mutevoli condizioni di vita attuali, marito e moglie possono mettere continuamente in comune le proprie possibilità, arricchirsi comunicandosi i diversi modi di vedere, sostenersi e rinforzarsi con l'amore e la tenerezza, e aiutarsi così a sopperire alle loro necessità e ad adempiere coraggiosamente la loro missione. [...]Il matrimonio può elargire tutto questo ai coniugi. Dio stesso, che gli ha dato tali possibilità, vuole che siano realizzate, e impone perciò agli sposi l'impegno necessario come un dovere di stato. Se la donna vuole attenersi ai piani della Provvidenza, deve considerare il matrimonio come una "missione" da compiere: quella di ottenere un reale arricchimento benefico dello sposo. È necessario che ella compia uno sforzo cosciente e deliberato perché questo arricchimento si realizzi, superando le difficoltà inevitabili e vincendo il proprio egoismo.L'amore l'aiuterà nel suo compito; sappia tuttavia diffidare dell'amore basato sul sentimento spontaneo, che può diventare tiepido per l'abitudine e le delusioni. È perciò necessario che, sin dall'inizio, attinga la sua forza da una chiara visione di quella che è la sua missione nel matrimonio e l'accresca sempre più nel corso della vita coniugale. Così, la risoluta volontà di adempire la sua missione trionferà su tutte le difficoltà. Essa deve "volere" il perfezionamento del coniuge. Innanzi tutto, cercherà quindi di comprenderne bene la psicologia, la concezione dell'amore, come pure quello che egli spera e si aspetta dalla sposa e dal matrimonio. Cercherà di accordare i propri desideri e le proprie speranze a quelle del marito, e lo amerà come egli desidera di esserlo. La donna che così si affatica, troverà nel marito, se ha sposato un uomo dal cuore retto, il sostegno che attendeva e, almeno in parte, la tenerezza che desiderava. [...] Il miglior mezzo per la riuscita del matrimonio, consiste innanzi tutto nello sforzarsi per rendere felice il proprio coniuge. Questo è il segreto delle famiglie felici.(tratto da: Pierre Dufoyer, La donna nel matrimonio, Edizioni Paoline, 1958) Titolo originale: Una bellissima verità: lo sposo deve completarsi nella sposa e la sposa nello sposoFonte: I Tre Sentieri, 13 febbraio 2021Pubblicato su BastaBugie n. 704ARTICOLI di Pierre Dufoyer > quiARTICOLI su Famiglia e matrimonio > qui1AMI DAVVERO I TUOI FIGLI? METTI AL PRIMO POSTO IL TUO CONIUGE, NON LOROI figli hanno bisogno di percepire l'amore dei genitori tra di loro, perché i figli sono il frutto di quell'amoreAutore: Antonio e Luisa De Rosa - Fonte: Aleteia2IL CORONAVIRUS AVREBBE FATTO MENO DANNI SE LA FAMIGLIA FOSSE STATA QUELLA DI UN TEMPOUna ricerca spagnola ha dimostrato quale sarebbe stato il vantaggio se la famiglia avesse conservato la sua struttura tradizionale (tanti figli, anziani tenuti in famiglia, matrimonio indissolubile, ecc.)Autore: Julio Loredo - Fonte: Osservatorio Card. Van Thuân3SPOSARE UNA PERSONA SIGNIFICA ACCOGLIERE IL SUO PASSATO, IL SUO PRESENTE E IL SUO FUTUROIl matrimonio è una relazione

    Convivenza prima del matrimonio? Lo danneggia

    Play Episode Listen Later Jan 24, 2021 5:10


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6445CONVIVENZA PRIMA DEL MATRIMONIO? LO DANNEGGIAUna ricerca, basata su oltre 100 coppie in quattro anni, rivela che chi si è sposato senza prima convivere mostra maggiore sintonia (anche a letto!)di Giuliano GuzzoI matrimoni calano, le convivenze aumentano, la morale cristiana è sempre più irrisa e incompresa. Tutto vero. Ma l'insegnamento della Chiesa sul fidanzamento e sull'unione matrimoniale non invecchia, anzi: rimane quantomai valido. Al contrario, le convivenze prematrimoniali - ormai accettate come un dato di fatto persino in casa cattolica - continuano a rivelarsi dannose per il matrimonio. Perfino sul versante rispetto al quale dovrebbero costituire una sorta di garanzia preventiva: quello sessuale.A certificarlo è una nuova ricerca apparsa sul Journal of Sex Research a firma di Emma E. Altgelt e Andrea L. Meltzer, due studiose del dipartimento di psicologia dell'Università della Florida. Le autrici - selezionato un campione di oltre 100 coppie, tutte composte da uomini e donne - hanno chiesto loro svariati dettagli sulla loro storia, sulla loro vita intima, sul loro grado di soddisfazione sessuale, eccetera. Gli incontri con le coppie, semestrali, sono durati per ben quattro anni, consentendo un'osservazione prolungata.DUE SCOPERTE INTERESSANTIAlla fine del loro lavoro, Altgelt e Meltzer si sono imbattute in almeno due scoperte interessanti. La prima riguarda la relazione tra corteggiamento e soddisfazione sessuale: le coppie con i corteggiamenti e i fidanzamenti più lunghi si sono rivelate quelle con una vita intima meno appagante. La seconda evidenza emersa - quella più significativa - è quella relativa alla convivenza prematrimoniale, che in maniera del tutto contro-intuitiva si è rivelata un elemento non esattamente positivo per la vita di coppia.Infatti, si è visto che le coppie che si sono sposate senza prima convivere sono quelle che non solo avevano un numero di rapporti sessuali più elevato, ma che pure esprimevano maggior soddisfazione da questo punto di vista. L'obiezione qui potrebbe essere quella secondo cui le coppie sposatesi senza prima convivere necessariamente erano più felici perché non avevano fatto ancora i conti, rispetto alle altre, con l'inevitabile dimensione abitudinaria e inerziale che prima o poi sopraggiunge sempre in una relazione. Peccato però che Altgelt e Meltzer abbiano scoperto che la differenza, per esempio nella frequenza sessuale, tra le coppie sposatesi senza prima convivere e le altre, non solo rimaneva netta, ma addirittura aumentava, a dimostrazione di una sintonia duratura.SPOSARSI SENZA CONVIVENZA PRECEDENTE È MEGLIONe consegue come in questo studio i benefici dello sposarsi senza prima sperimentare la convivenza siano parsi piuttosto netti. Dato per nulla banale, anche se a ben vedere non si tratta di un unicum. Per quanto si fatichi a parlarne, al di fuori della cerchia di addetti ai lavori, sono difatti ormai numerose le ricerche che evidenziano i benefici non soltanto della non convivenza, ma pure della stessa castità prematrimoniale.Per esempio, uno studio del 2010 curato dai ricercatori della Brigham Young University's School of Family Life, effettuato esaminando un campione di oltre 2.000 soggetti sposati, aveva riscontrato come la castità prematrimoniale renda la coppia più solida, favorendo un miglioramento della qualità della vita dei coniugi. Analogamente, in una ricerca pubblicata sul Journal of Marriage and Family, eseguita monitorando ben 600 coppie, è emerso come la precocità dei rapporti sessuali sia associata negativamente alla qualità di vita coniugale.E potremmo continuare citando numerosi altri studi simili, se lo spazio non fosse tiranno e non ci imponesse una breve riflessione conclusiva rispetto a quello che, in tema di famiglia e matrimonio, è l'insegnamento della Chiesa. Un insegnamento che, perfino a detta di alcuni cattolici e purtroppo di qualche pastore, sarebbe oggi da «aggiornare» in quanto troppo rigido e fuori dal tempo.Eppure, curiosamente, proprio là dove certa teologia sembra vacillare, ci stanno pensando la psicologia e la sociologia a evidenziare quello che dovrebbe essere chiaro e purtroppo non lo è ancora, e cioè il fatto che la Chiesa non vuole castrare l'uomo né limitarne la gioia. Tutt'altro: lo vuole felice. Il punto è che per raggiungere la vetta della felicità, anche quella di coppia, non si può procedere per tentativi né con improvvisazione. Al contrario, occorre faticare e pure molto. Ma la bellezza della cima, alla fine, ripaga ogni sforzo. Titolo originale: La convivenza prima del matrimonio? Lo danneggiaFonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 25-01-2020Pubblicato su BastaBugie n. 701

    Una società di figli unici genera anziani soli

    Play Episode Listen Later Nov 24, 2020 4:03


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6380UNA SOCIETA' DI FIGLI UNICI GENERA ANZIANI SOLIHai fatto pochi figli? Nella tua vecchiaia avrai una badante o sarai abbandonato all'ospizio (puoi chiamarlo anche RSA, ma la solitudine resta)di Corrado GnerreIn questi giorni di pandemia, si è tornati a parlare degli anziani. Molto spesso parcheggiati negli ospizi (termine più elegante: RSA) o affidati esclusivamente a badanti che vanno e vengono.D'altronde - ogni tanto ci torniamo su - la nostra è una società degli anziani. E lo è e lo sarà ancora per molto. Anziani soliSe non si mettono al mondo più figli, se il modello familiare è quello di un figlio e un cane, allora giocoforza gli anziani rimangono soli. È infatti sempre più frequente che si sposino figli unici. E così rimangono quattro anziani con solo due figli, per giunta in carriera... e il destino della solitudine è compiuto! Chi si prenderà cura di questi anziani? Le RSA o le badanti, e non altri che queste.Dunque il problema è nel calo demografico, cioè nel fare pochi figli. Ma perché questo calo? Si dice sia la questione economica, la precarietà lavorativa. Forse c'è anche questo, ma non prendiamoci troppo in giro, l'intelligenza non può andare al massacro. Se valesse l'equazione questione economica-calo demografico, avremmo dovuto avere, con il boom economico degli anni '60, un aumento delle nascite. E invece in quegli anni si verificò l'esatto contrario. Proprio quando la ricchezza pro-capite aumentava, s'iniziò a smettere di fare figli.Dunque, il problema è un altro. Il problema è culturale, cioè di mentalità. Volendo essere precisi, c'è un problema strutturale ed uno esistenziale.Il problema strutturale sta nel fatto che è cambiato il modello familiare. I ruoli dei genitori si sono omogeneizzati. La madre fondamentalmente si è dissolta iniziando ad occuparsi non anche di "altro", ma prevalentemente di "altro". Ha iniziato a vedere i figli come una sorta di ostacolo, per finire poi di convincersi di quell'enorme stupidaggine secondo cui non sarebbe importante la quantità ma solo la qualità del tempo.Ma - dicevamo - c'è anche un problema esistenziale. Il calo demografico è l'esito (in un certo qual modo inevitabile) dello smarrimento della perdita del senso della vita. Cioè di non sapere più per quale motivo sacrificarsi, donarsi ed offrirsi. Mettere al mondo figli non è un gioco, ma una responsabilità. Una responsabilità non solo di suo, perché i figli devono essere bene accolti, ma una responsabilità perché viene richiesto impegno, lavoro, fatica. La fatica dell'amore, ma pur sempre fatica.Se però ci si chiude in una prospettiva individualista ed edonista, quale impegno, quale lavoro, quale fatica?E così la prospettiva individualista ed edonista sono inevitabili in un contesto in cui si è scartata la ragione del soffrire: la Croce. [...]Siamo stati bravissimi a trasformare il Vangelo in una sorta di Manuale delle Giovani Marmotte, bellino, carino, "politicamente correttissimo", dove i sacrifici che vengono richiesti, sono solo quelli per affermare la propria personalità, i propri diritti... piuttosto che per immolarsi per i propri doveri, offrendo tutto se stessi, costi quel che costi. Titolo originale: Abbiamo trasformato il Vangelo in un Manuale delle Giovani Marmotte e poi ci stupiamo che molti anziani siano nelle RSAFonte: I Tre Sentieri, 17 novembre 2020Pubblicato su BastaBugie n. 692

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