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Il Festival di Sanremo è rimasto un evento centrale per la musica italiana negli anni ’70, anche se progressivamente ha cominciato a perdere parte della sua rilevanza culturale a favore dei movimenti musicali più sperimentali. Negli anni 70 Sanremo perse la magia di sempre. Il Sessantotto, la contestazione giovanile, nulla [...]
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Mario Capanna, Luciano Neri"Palestina Israele"Il lungo inganno, la soluzione imprescindibileMimesis Edizioniwww.mimesisedizioni.itChi ha fatto fallire gli accordi di Oslo? Chi ha favorito e finanziato la crescita di Hamas fino alla tragedia attuale? In questo libro, Mario Capanna e Luciano Neri riportano la loro esperienza diretta dalla Cisgiordania, da Gaza e da Israele, privi dei condizionamenti della propaganda occidentale. Un viaggio iniziato ormai oltre cinquant'anni fa, negli anni Settanta, che ha portato a incontri, relazioni e preziose testimonianze dai territori occupati. Documentando in modo rigoroso e con numerose fotografie le responsabilità nella mancata soluzione del conflitto, gli autori mostrano con chiarezza che l'unica alternativa a una guerra che sembra destinata a durare in eterno è la pacifica creazione di un vero Stato palestinese che possa convivere con quello di Israele.Mario Capanna (1945), politico, scrittore e attivista. Leader studentesco nel Sessantotto, Segretario nazionale di Democrazia Proletaria fino al 1987, è esponente ambientalista e pacifista, coltivatore diretto e apicoltore. È stato consigliere regionale della Lombardia, consigliere comunale di Milano, parlamentare europeo e deputato nazionale per due legislature (1983-1992). Tra i suoi libri ricordiamo, oltre al grande successo Formidabili quegli anni (1988), Il fiume della prepotenza (1996), Lettera a mio figlio sul Sessantotto (1998), L'Italia viva (2000), Verrò da te (2003), Coscienza globale (2006), Il Sessantotto al futuro (2008), Per ragionare (2010), Noi tutti (2018), EVO (2022).Luciano Neri è un analista geopolitico, con particolare interesse per le aree del Medio Oriente e dell'America Latina. Già responsabile esteri di Democrazia Proletaria, membro del Coordinamento Europeo dei Movimenti per la Pace, consigliere politico al Ministero degli Esteri e presidente del Consiglio regionale dell'Umbria, ha fondato e coordinato il Gruppo di Dialogo per la pace tra israeliani e palestinesi. Componente della Direzione nazionale dell'associazione 24marzo, è anche presidente del Cenri – Centro Relazioni Internazionali.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.
Guido Crainz"Ombre d'Europa"Nazionalismi, memoria, usi politici della storiaDonzelli Editorewww.donzelli.it«Come immaginare il futuro dell'Europa dopo un'invasione dell'Ucraina che l'ha costretta a interrogarsi ancora sulla propria ragion d'essere e sul proprio ruolo? E quale può essere l'impegno della cultura in questo scenario?».Come immaginare il futuro dell'Europa nel vivo delle tensioni che la attraversano e dopo un'invasione dell'Ucraina che l'ha costretta a interrogarsi ancora sulla propria ragion d'essere e sul proprio ruolo? E quale può essere l'impegno della cultura in questo scenario? È necessario interrogarsi a fondo sulle incrinature e sulle tensioni che avevano preso corpo già prima del 1989 e poi all'indomani di esso, nella difficile transizione dei paesi ex comunisti e nell'emergere – non solo in essi – di nazionalismi illiberali e antieuropei. Nazionalismi che portano la loro sfida su ogni terreno, con un massiccio e deformato «uso politico» della storia che inizia fin dai banchi di scuola. Talora un uso della storia come arma da guerra, come era stato nella ex Jugoslavia e come è nella Russia di Putin: strumento, qui, per legittimare politiche imperiali aggressive e costruito da tempo nella sostanziale disattenzione dell'Occidente. Casi estremi, ma analoga disattenzione ha riguardato le «politiche della storia» perseguite dai governi sovranisti in Ungheria, in Polonia e altrove attaccando duramente chi vi si oppone. Per altri versi sembra pesare ancora «l'ombra del Muro», nel permanere di «memorie incompatibili» (o comunque di aree di reciproca estraneità e insensibilità: si pensi ai differenti modi di guardare alla Shoah e al Gulag). Se si esplorano le narrazioni pubbliche che segnano i differenti paesi è forte l'impressione che le dissonanze siano cresciute talora più delle sintonie, e che sia urgente invertire la tendenza. Che anche da questo dipenda il futuro dell'Europa. Questo piccolo libro vuole essere un sommesso grido di allarme e il richiamo a un impegno talora disertato.Guido Crainz ha insegnato Storia contemporanea all'Università di Teramo. Per la casa editrice Donzelli ha pubblicato: Padania. Il mondo dei braccianti dall'Ottocento alla fuga dalle campagne (1994, 2007); Storia del miracolo italiano (1997, 2003); Il paese mancato. Dal miracolo economico agli anni ottanta (2003, 2011); Il dolore e l'esilio. L'Istria e le memorie divise d'Europa (2005); L'ombra della guerra. Il 1945, l'Italia (2007); Autobiografia di una Repubblica. Le radici dell'Italia attuale (2009); Il paese reale. Dall'assassinio di Moro all'Italia di oggi (2012, 2013); Diario di un naufragio. Italia, 2003-2013 (2013); Storia della Repubblica. L'Italia dalla Liberazione ad oggi (2016); Il Sessantotto sequestrato. Cecoslovacchia, Polonia, Jugoslavia e dintorni (2018). Ha curato con Angelo Bolaffi il progetto Calendario civile europeo. I nodi storici di una costruzione difficile (2019).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itQuesto show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/1487855/advertisement
Cosa c'entra è un podcast del Post condotto da Chiara Alessi. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6809PERCHE' I GIOVANI NON SI RIBELLANO? PERCHE' IL POTERE NON VUOLE di Roberto MarchesiniMa perché i giovani non si ribellano? Perché non fanno la rivoluzione? Non sono sempre stati i giovani a riempire le piazze, a ribellarsi, a rivoltare la società come un guanto, portando idee nuove? E invece, ad esclusione di qualche eccezione (Studenti contro il Green Pass, ad esempio), sembrano la generazione più mascherata, più vaccinata e greenpassata di tutte. Ormai sono diversi, anche in Italia, i casi in cui un figlio ha denunciato i genitori no-vax per potersi vaccinare in pace; e sono i giovani quelli che deridono i boomers, complottisti e «analfabeti funzionali», perché scettici nei confronti della Scienza. Che succede, dunque? I giovani non si ribellano più? O forse... l'idea che i giovani siano ontologicamente ribelli non è così fondata e andrebbe rivista? Io propendo per la seconda ipotesi.Intendiamoci: è vero che i giovani hanno sempre fatto le rivoluzioni (e le guerre); dubito del fatto che siano stati loro gli artefici di tali avvenimenti. Le Rivoluzioni non combattono mai il potere; combattono la tradizione. Esse sono lo scontro tra il vecchio potere, indebolito e traballante e un nuovo potere, forte, compatto, agguerrito e senza scrupoli. E questo nuovo potere non è mai «il popolo»: usa il popolo, scagliandolo contro la tradizione. I rivoluzionari francesi erano, nella quasi totalità, nobili e borghesi; così i risorgimentali, nobili e grandi borghesi.I GIOVANI SONO MANIPOLABILI E INGENUIDunque, il popolo è il proxy warrior, il guerriero per procura, del potere rampante; che ha i mezzi d'informazione, che può permettersi di chiamare il legittimo detentore del potere «tiranno» e così giustificare i propri crimini. Tutto il popolo? No. Gli adulti non fanno la rivoluzione: hanno da fare. Devono lavorare, accudire i figli, hanno migliaia di incombenze e preoccupazioni che, invece, i giovani non hanno. Il Sessantotto è stato fatto dai giovani. Ma quali giovani? Ce lo spiega Pasolini nella celebre poesia scritta dopo la «battaglia di Valle Giulia»: «Avete facce di figli di papà. / Vi odio come odio i vostri papà. / Buona razza non mente. / Avete lo stesso occhio cattivo. / Siete pavidi, incerti, disperati / (benissimo!) ma sapete anche come essere / prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati: / prerogative piccolo-borghesi, cari». Non i figli degli operai che, probabilmente, a vent'anni avevano già i calli alle mani: i figli dell'élite, che potevano permettersi gli studi universitari.E perché il nuovo potere utilizza i giovani come carne da cannone nella sua conquista del potere? Un motivo l'abbiamo già detto: gli adulti devono «tirare la carretta». Ma ce n'è un altro, di motivo, forse più importante. I giovani sono manipolabili. Sono ingenui, credono che chi comunica sia come loro: limpidi, senza secondi fini. Non conoscono (e quindi non ri-conoscono) l'ipocrisia, si fidano, credono che il mondo sia diviso in buoni e cattivi, accettano facilmente gli slogan. Non sono ancora avvezzi alla doppiezza, alle macchinazioni, al cinismo, alla mancanza assoluta di scrupoli.LOSCHI INTERESSI SPACCIATI PER NOBILI IDEALIPer questo motivo si arruolano volontari «quando si alza il grido di dolore della patria», come nel '15-'18: ci credono. Non accetterebbero che, dietro questi nobili ideali, si nascondessero interessi economici e politici, propaganda, menzogne. Per questo sono entusiasti, e manifestano, per la transizione ecologica: non possono credere che la CO2 in eccesso... siano loro; e che il prezzo della transizione ecologica sarà pagato dai loro genitori e dai genitori dei loro amici. La storia è sempre la stessa: non sono scagliati contro il potere, ma contro i resti della tradizione. Anche contro i loro interessi, cosa che evidenzia tutta la loro ingenuità. Davvero credono che saremo più felici quando, tra qualche anno, non possederemo più nulla? Quando non possederemo più una casa, né un'auto? Quando non avremo un'occupazione fissa, né un'entrata economica stabile? Hanno capito che «i migranti sono l'avanguardia di quello che presto sarà lo stile di vita per moltissimi di noi»?Su, diciamola tutta: non è per questo che il PD, un partito che ha una base elettorale composta in gran parte di pensionati, insiste per il voto ai sedicenni? Ovviamente corredato dal Bonus-giovani? Non lo fanno per fargli un favore, per una battaglia ideale: lo fanno, ovviamente, per interesse. Perché, lo ripeto, i giovani sono manipolabili.Ecco perché i giovani non si ribellano a mascherine, vaccinazioni e green pass; non si alzano per difendere la minoranza «esclusa dalla società» e oggetto di una campagna d'odio. Perché il vero potere, il potere rampante, non vuole; non ha ordinato loro di scendere in piazza, di prendere freddo e botte. Li vuole chiusi in casa, terrorizzati, docili e obbedienti come sono sempre stati. Altro che ribelli.
"Cinque cerchi - Storie terrene dagli dei dell'Olimpo" ci porta alla scoperta delle Olimpiadi di Città del Messico 1968.
Quando parliamo di Sessantotto, non ci riferiamo a un anno specifico, ma a un periodo di rivolgimenti storici, politici e sociali che hanno preso il via nel 1968 e hanno avuto effetti anche nei decenni successivi. Dalle rivolte studentesche alle proteste operaie, dal femminismo alla lotta per i diritti civili, alla concezione di una nuova scena letteraria e musicale, il '68 ha effettivamente cambiato il mondo che dal dopoguerra sembrava aver trovato un suo nuovo equilibrio.Qui trovi un riassunto sugli eventi di quegli anni: https://www.studenti.it/68_1.htmlPer approfondire alcuni aspetti:- La guerra del Vietnam: https://www.studenti.it/guerra-del-vietnam-cronologia-battaglie-protagonisti.html- Martin Luther King: https://www.studenti.it/martin_lutherking.htmlColonna sonoraBlippy trance / Poppers and prosecco - Kevin Mac Leod https://incompetech.com/Effetti sonori: https://www.zapsplat.com
In Italia Il movimento studentesco del 1967- 1968, appoggiato dalla sinistra extraparlamentare, nel 1969 si unisce al movimento operaio dando vita all'Autunno caldo. Per fermare i fermenti di cambiamento ormai inarrestabili nella vita sociale e pol...
La primavera di Praga. La guerra in Vietnam. Il Sessantotto
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6006PERCHE' LE COPPIE SI SEPARANO? di Roberto MarchesiniPerché le coppie si separano? Un tempo ero convinto che si separassero perché litigavano. Avendo lavorato a lungo con le coppie ho capito che mi sbagliavo: non si separano perché litigano; al massimo litigano perché si separano (per i figli, i soldi, la casa, l'auto...). Ciò è confermato da una ricerca (P. R. Amato e A. Booth, A Generation at Risk: Growing Up in an Era of Family Upheaval, H.U.P., Cambridge1997) secondo cui circa il 70% dei divorzi avvengono in famiglie a basso livello conflittuale e solo il 25% in famiglie ad alto livello conflittuale. E allora: perché le coppie si separano? In genere, perché le aspettative non si sono realizzate. Molti si sposano per essere felici (non per far felice l'altro, come ad esempio richiede la Chiesa cattolica con le promesse matrimoniali) e dopo un po', inevitabilmente, subentra la delusione. Per altri, invece, finisce l'innamoramento, quel sentimento che dona benessere e che la nostra società confonde con l'amore (che non è un sentimento, bensì la libera decisione di cercare il bene dell'altro). Questa osservazione è condivisa dal sociologo Morali-Daninos (A. Morali-Daninos, Storia delle relazioni sessuali, Lucarini, Roma 1988, pp. 76-77): [...] si è assistito, in questo modo, a una vera e propria rivoluzione sessuale che si verifica ancora oggi, sotto i nostri occhi. Questa rivoluzione sembra essere stata guidata da due principi: il diritto all'amore e il diritto alla felicità nell'amore. Il primo di questi principi pone l'accento sull'importanza irrinunciabile dell'attrazione reciproca e ha avuto come conseguenza un indebolimento dei legami familiari e sociali. Il secondo principio implica la contingenza dell'unione in se stessa, poiché, se ci si sbaglia nella scelta del compagno, si può, anzi si deve ricominciare con un altro, donde il moltiplicarsi di divorzi, delle unioni libere e anche la necessità di valutare con più attenzione il momento opportuno per la nascita dei figli e per la creazione di una famiglia che potrebbe rischiare, domani, di non avere più una ragione d'essere. Cos'è accaduto? Come mai la soddisfazione personale è considerata oggi tanto importante; e perché il matrimonio viene fondato su un fugace e passeggero sentimento? Prendiamola alla larga...SENZA RAGIONELa storia dell'età moderna, può essere riassunta (semplificando) come la storia della ribellione contro la legge naturale. La facoltà umana deputata al riconoscimento di quest'ultima è la ragione, che l'antropologia classica pone al vertice dell'uomo e al comando della sua vita. Ne abbiamo un esempio nel mito platonico della biga alata, dove i due cavalli (le passioni irascibile e concupiscibile) muovono la biga, ma è l'auriga (la ragione) a tenere le briglie e a stabilire la direzione.Un mezzo per negare l'esistenza della legge naturale fu limitare le capacità della ragione. Hobbes (1588-1679), per primo, dichiarò che la ragione non può cogliere concetti metafisici quali le leggi morali e religiose, che egli chiamò «idola» (feticci, invenzioni, falsità). La ragione può cogliere soltanto ciò che cade sotto i sensi umani, cioè la materia.Nacque così l'empirismo inglese, la prima filosofia compiuta della modernità. Esso fu seguito dall'illuminismo che, lungi dall'essere l'esaltazione della ragione (come viene insegnato a scuola), consiste piuttosto nella riaffermazione dei suoi limiti. Anche per gli illuministi, infatti, la ragione può cogliere solamente ciò che colpisce i sensi; e le realtà metafisiche (comprese le leggi morali e religiose), gli «idola» degli empiristi, divengono cosi «superstizioni».Se la ragione non è in grado di guidare l'uomo, chi prenderà il comando? Le passioni? Ecco, quindi, il romanticismo: non tanto l'antitesi dell'illuminismo, ma la sua diretta conseguenza. [...]ADULTERIO E ROMANTICISMOCome ebbe a dire Joris-Karl Huysman, ex romantico convertitosi al cattolicesimo, il tema della letteratura romantica è uno solo: l'adulterio. In poche parole, questo genere letterario riguarda lo scontro tra le norme morali e religiose riguardanti il matrimonio e la sessualità, e la sfrenata passione sessuale; ovviamente, il lieto fine consiste nella vittoria della seconda sulle prime. Il marito cornuto, il cattivo del racconto, è destinato a soccombere di fronte alla potenza della passione adulterina. Anche se pochi ci fanno caso questo topos influenzò non solo la poesia e la letteratura, ma la musica, la pittura e il cinema del Novecento. E, ovviamente, l'idea del matrimonio stesso, visto come mera convenzione sociale destinato a soccombere di fronte all'innamoramento.A questa prima, tragica Rivoluzione Sessuale, seguì quella che tutti conosciamo e che accompagno il cosiddetto Sessantotto. Anche in quel caso ci fu una rottura netta e totale delle norme morali e religiosi che riguardano il sesso. E, anche in quel caso, le passioni (quella sessuale in particolare) divennero la facoltà più importante dell'uomo. Il Sessantotto, infatti, ebbe tra le varie conseguenze quella di rompere con un matrimonio come patto di significato sociale, come dedizione reciproca degli sposi, diventando mera fonte di soddisfazione personale.L'altra grande idea rivoluzionaria che ebbe delle enormi conseguenze sul concetto generale di matrimonio fu l'idea che il fine della vita dell'uomo non sia il sacrificio di sé per il bene degli altri, come insegna il Vangelo; e nemmeno il bene comune. Bensì il proprio personale tornaconto. Tuttavia, poiché la felicità è delectatio in felicitate alterius (rallegrarsi della felicità altrui), chi si sposa per questo motivo è condannato all'infelicità. E quindi a cercarla compulsivamente in altre relazioni (magari attraverso nuovi strumenti, come le app), sperando che la prossima sia quella buona. La fragilità attuale dell'istituzione matrimoniale è il frutto maturo della modernità. L'abbandono della legge naturale produce solo odio e infelicità.Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 1 ora e 40 minuti) dal titolo "Consigli per fidanzati e sposi" l'autore del precedente articolo, Roberto Marchesini spiega che il matrimonio non è finalizzato alla propria soddisfazione personale. Però è altrettanto sbagliato ritenere che debba obbligare a rinunciare ad ogni tipo di gratificazione. Ecco quindi spiegato come funziona il matrimonio con preziosi consigli per fidanzati e sposi (che è il tema del suo libro "E vissero felici e contenti").
Il 1968 ha investito anche la Chiesa Cattolica. Rimane aperta la questione se il '68 sia stato subito dalla Chiesa o se invece non sia stato da essa favorito.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5809IL POLITICAMENTE CORRETTO E' COMUNISMO PURO di Rino CammilleriContinuiamo, e concludiamo, il discorso sul Politicamente Corretto, l'ultima (per ora) ideologia totalitaria con cui dobbiamo fare i conti. E sempre traendo spunto dal bel libro di Eugenio Capozzi, Politicamente Corretto. Storia di un'ideologia (Marsilio), al momento l'unico excursus storico di taglio accademico sul problema dell'ora presente.Alessandro Gnocchi, sul Giornale del 20 giugno u.s., ricordava che ricorre quest'anno il trentennale della caduta del comunismo (1989) e che tale ricorrenza praticamente nessuno se l'è filata. Per un paragone, il cinquantennale del Sessantotto ha ricevuto celebrazioni & rievocazioni cominciate già alla fine dell'anno precedente e continuate, sui media, anche oltre l'anno di scadenza. Perché? Il giornalista si è, tristemente, risposto: perché comandano sempre loro. Specialmente sui media. Un esempio tra i mille: l'aggressione "fascista" alle magliette amaranto del Cinema America a Roma; mentre scrivo ancora se ne parla, e su tutti i media, perfino quei pochi non di sinistra.IL RIVOLUZIONARIO PURO HA SEMPRE FATTO IL GIORNALISTAA Padova, stesso giorno, uno è stato pestato dagli "antifascisti", ma lo so solo grazie a un tweet del nostro Marco Tosatti. Il Sessantotto, in particolare in Italia, non fu affatto (io c'ero) quell'esplosione di libertà giovanile che i reduci millantano, bensì un'esplosione, sì, ma di intolleranza e di bastonate per chi non era d'accordo. Ed era tutto un ciclostile, fogli, scritte sui muri, giornali fondati inizialmente con pochi soldi, tanto chi ci scriveva lo faceva gratis. Ora, il rivoluzionario puro ha sempre fatto il giornalista, fin dai tempi di Marat, passando per Mazzini, Marx, Lenin, perfino Mussolini. Perché è un consacrato. Come il prete, che può arringare i fedeli ogni domenica. Parlare al popolo, insegnargli qual è il suo vero bene, additargli il peccato e i peccatori da cui deve guardarsi, indicargli continuamente il Regno dei Cieli. Sostituite a quest'ultimo il Sol dell'Avvenire e tutto sarà chiaro.Come il Regno dei Cieli, anche il Sol dell'Avvenire è ineffabile. Non si può descrivere, perciò non viene mai descritto. Come sarà non lo sanno i preti, e neanche i demagoghi. Si sa solo che sarà un paradiso, e dobbiamo fidarci della loro parola. La differenza, naturalmente, è ovvia: i credenti hanno i Santi come prova che è tutto vero; gli imboniti dai demagoghi hanno solo le chiacchiere di questi ultimi. I quali, però, hanno anche altri sistemi per mettere in riga i dubitanti. Il motto è: stai con noi con le buone o vedrai le cattive.Per quanto riguarda la generazione di gazzettieri sessantottardi che si era via via ingrossata fino a diventare preoccupante per il padronato (gli scioperi erano all'ordine del giorno, e le motivazioni salariali finirono con l'essere irrilevanti rispetto a temi come la guerra in Vietnam o il golpe in Cile), il padronato in questione escogitò la furbata di assumerli nei suoi giornali, così da stemperarne l'aggressività. Finì che le redazioni e perfino i vertici dei grandi media nazionali furono invasi da sessantottini. I quali oggi sono settantenni ma per niente disposti a schiodarsi. E, anche se lo facessero, ormai i segnali di pista sono i loro e non si può fare altro che seguirli (o subirli).IL MARXISMO È FINITO?Voi direte: ma il marxismo è finito, oggi c'è il Politicamente Corretto. E sbagliereste, perché il Politicamente Corretto è puro marxismo, anche se post-sovietico. Per primo se ne accorse Augusto Del Noce, ma pochi credono ai profeti, per il semplice fatto che bisogna attendere l'avverarsi della profezia; solo allora qualcuno si ricorderà, troppo tardi, che il profeta l'aveva detto.I più eruditi sanno che dietro al Sessantotto c'era la filosofia-sociologia della cosiddetta Scuola di Francoforte, marxista, i cui elementi più celebrati erano Adorno, Marcuse, Horkheimer. Fin dagli anni Trenta. All'avvento del nazismo emigrarono. Dove? Negli Usa, e qui, ovviamente, insegnarono nelle università.Infatti, si dimentica che il Sessantotto, ben prima del Maggio Francese, era scoppiato nei campus universitari americani. E oggi da dove viene il Politicamente Corretto? Sempre dalle università statunitensi, dove giunge a punte di grottesco, e di censura, che qui nella periferia dell'impero ancora non abbiamo visto (ma ce ne sono già i conati).La meccanica della rivoluzione è sempre la stessa, mutuata dalla dialettica hegeliana (il marxismo, lo ricordo, è hegelismo di sinistra): «dialettizzare i contrasti», aizzando («far prendere coscienza») la parte «debole». Oggi tocca a femmine contro maschi, e omo contro etero. Poiché qui non c'era il neri contro bianchi, i neri li si importa. In attesa che crescano di numero, godiamoci (si fa per dire) il Giugno Gay. Il mese è scelto per commemorare la rivolta (sempre americana) di Stonewall. Ma è anche il mese del Sacro Cuore e del Corpus Domini. Il che ci dà speranza.
Il Sessantotto è stato piuttosto il tentativo di portare il concetto di rivoluzione dal piano socio-politico a quello dell’interiorità umana, cioè dalla società all’uomo. Non più e non solo una rivoluzione politica, ma piuttosto una rivoluzione culturale che potesse riguardare tutto: anche l’uomo e i suoi giudizi.
Un libro che ha il coraggio d’indicare gli attori, i registi e i produttori del tragico show planetario del ’68 che, lungi dall’essere stato un fenomeno spontaneo, ha inquinato il mondo d’oggi con i suoi veleni mortali.
Il vento della contestazione arriva forte anche in Italia, in particolare nelle sue città simbolo - Roma e Milano - protagoniste di una lunga stagione di occupazioni universitarie, scontri con la polizia e manifestazioni di piazza per chiedere riforme che cambieranno per sempre il volto del nostro paese. Dall'agguerrita figura di Mario Capanna, alla polemica di Pierpaolo Pasolini dopo i duri sconti di Valle Giulia a Roma, passando per il massacro di Avola in Sicilia e le bombe in Piazza Fontana che inaugureranno quel decennio di violenza conosciuto anche come "anni di piombo". In questo contesto è cresciuto l'ospite di puntata, Jacopo Fo, noto scrittore, attore ed attivista italiano che sull'argomento ha scritto recentemente un libro, insieme a Sergio Parini, dal titolo: "C'era una volta la rivoluzione. Il Sessantotto e i dieci anni che sconvolsero il mondo", edito da Chiarelettere. + INTERVISTA CON JACOPO FO A PARTIRE DAL MINUTO 16:30 + Fonte storia: Repubblica, "1968: una rivoluzione in 15 date" di Federico Biserni In studio: Diego Megale e Claudia Burgio
Il Sessantotto fu un movimento organizzato su scala internazionale da una minoranza organizzata, da una lobby intellettuale, potente e ramificata, che aveva un preciso progetto di trasformazione della società.