POPULARITY
Stefano Pivato"Contro lo sport"Utet Libriwww.utetlibri.itFin dal suo apparire, verso la fine dell'Ottocento, lo sport è stato il catalizzatore di un dibattito fra modernità e passatismo, tradizione e innovazione, novità e misoneismo. Oggi che lo sport è un fenomeno di massa, una passione largamente condivisa, è difficile ricordarlo, ma erano molte le ragioni per cui, al suo apparire in Italia, fu osteggiato attivamente: dalla difficile accettazione della cultura del corpo da parte di varie ideologie (a cominciare da quella cattolica) al rifiuto da parte del pensiero risorgimentale, che considera lo sport come un elemento disgregatore dell'amor di patria. Fino alla contrarietà di gran parte del socialismo, che lo ritiene un prodotto del «capitalismo borghese». Insomma una sorta di oppio dei popoli. Queste riserve durano a lungo nella società italiana e riaffiorano di tanto in tanto, come in occasione della stagione del Sessantotto. Tuttavia, dagli anni ottanta del Novecento, quella che un filosofo come Gianni Vattimo definisce la stagione dell'«edonismo reaganiano» mette al centro della propria visione quel consumismo che, un tempo contestato anche nelle sue espressioni sportive, ormai si impone come nuovo modello di comportamento – fino a portare l'Italia dove è oggi, fra le massime potenze sportive mondiali.Stefano Pivato ha insegnato Storia contemporanea nelle Università di Trieste e Urbino. Studioso dei comportamenti collettivi, è stato fra i primi a introdurre in Italia la storia dello sport. Fra i suoi titoli sul tema: L'era dello sport (Giunti, 1994), Storia sociale della bicicletta (Il Mulino, 2019), Storia dello sport in Italia (con Paul Dietschy, Il Mulino, 2019) e Tifo. La passione sportiva in Italia (con Daniele Marchesini, Il Mulino, 2022).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.
Nando Mainardi"La ragazza occitana"Vita movimentata di Dominique BoscheroManni Editoriwww.mannieditori.comVenerdì 27 e sabato 28 settembre a Frassino si terranno due giorni dedicati a Dominique Boschero.Venerdì alle 21 sarà proiettato il film La rimpatriata di Damiano Damiani.Sabato alle 16 Nando Mainardi presenta La ragazza occitana con Lele Odiardo, Beatrice Ottonelli, Sergio Berardo e Livio Partiti.Gli appuntamenti sono al Centro culturale Lhi Mestres.La ragazza occitana racconta la parabola rocambolesca e appassionante di Dominique Boschero, attrice molto nota negli anni Sessanta e Settanta: dall'infanzia a Parigi, figlia di emigrati piemontesi, alla scoperta delle valli dell'Occitania italiana; dall'esordio nel teatro di rivista francese all'arrivo a Cinecittà negli anni della “dolce vita”; dal successo grazie a film commerciali e di cassetta all'adesione alla stagione del Sessantotto e della contestazione, fino al ritiro definitivo dalle scene e alla scelta di fare la contadina.La storia di Dominique Boschero è anche una sorprendente foto di gruppo, in cui compaiono Alain Delon, le donne e gli uomini che liberarono Parigi dal nazismo, Gian Maria Volonté, Frank Sinatra, gli attivisti occitani, Luigi Tenco, Gino Paoli, i marxisti-leninisti, Charles Aznavour e altri ancora. Viene fuori il ritratto di una donna anticonformista e ribelle, sempre spiazzante e mai allineata.Nando MainardiÈ nato nel 1972 a Fiorenzuola d'Arda, nel Piacentino, dove vive. Ha pubblicato libri su Enzo Jannacci, Giorgio Gaber e Adriano Celentano. Collabora con diverse testate giornalistiche, occupandosi di politica, canzoni e calcio.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.
Massimiliano Nuzzolo, Guido Michelone, Umberto Rossi, Michele Monina"Tam Tam Tribù"Libri che suonanowww.booktribu.comLa collana nasce dall'incontro effervescente tra BookTribu e Massimiliano Nuzzolo che da sempre ha tra le sue passioni la musica.TAM TAM Tribu vuole evidenziare il forte legame tra letteratura e musica, in ogni sua declinazione, dai romanzi fino alla storia della musica stessa.La collana si muoverà tra pagine e suoni, indagando sui legami tra musica e letteratura, ora con romanzi e racconti, ora con saggi e biografie non usuali, con la volontà di conquistarsi legittimamente uno spazio nel panorama nazionale.Guido Michelone"Gershwin nostro contemporaneo"La vita somiglia molto al jazz… è meglio quando si improvvisa.Per celebrare con BookTribu i 100 anni di Rapsodia in Blu. “Ho scritto questo libro perché non sono in molti a sapere, in Italia, che George Gershwin è uno dei più straordinari musicisti di ogni tempo. Un genio assoluto, ma che per anni viene ritenuto troppo leggero dai classicisti e, per contro, molto complicato da rockettari o dai ballerini di liscio. Ma ora non è più così. La musica di Gershwin è ‘patrimonio dell'umanità”. Guido MicheloneUmberto Rossi"Buonanotte ai suonatori"Ma veramente nel 1978 si pensava solo ad Aldo Moro e alle BR?L'autore: “Di band ne sono nate tante: alcune sono diventate famose, e le loro storie le conosciamo anche troppo bene. Altre invece non sono diventate niente, e il Gruppo elettrogeno è una di queste. Questa è la storia di un complesso che, mentre finiscono gli anni Settanta e si annunciano gli anni Ottanta, ce la mette tutta ma non sfonda, anzi affonda. Una storia tragicomica sullo sfondo di anni in cui la musica non era merce digitale da scaricare distrattamente, ma una ragione per vivere, specie se vivevi nella provincia più provinciale d'Italia. La storia di tanti, di un'intera generazione arrivata troppo tardi per il Sessantotto e troppo presto per la Milano da bere. La storia del fuoco che diventa cenere, e la storia di una fuga”.Michele Monina"49.999 parole"Come parliamo quando parliamo di musicaLo scrivere di musica è cambiato. È cambiato tutto intorno alla musica…L'autore:“Nato scrittore e assoldato critico musicale sul campo, sono ormai oltre venticinque anni che svolgo questo ruolo, credo con risultati ben oltre le mie aspettative iniziali. Forse proprio questo esserci arrivato quasi casualmente, e al tempo stesso aver approcciato il mondo di cantanti da pari, io scrittore e quindi a mio modo artista esattamente come loro, mi ha subito facilitato il mestiere. Mestiere che però nel corso degli altri ha dovuto prendere di volta in volta la forma della contemporaneità, andando a modificarsi, fino a quello di oggi, dove parlare di musica equivale ogni volta doversi inventare un modo e una lingua nuova, capace di incuriosire un lettore sempre più distratto, anche dalla musica di sottofondo, ormai fruibile gratuitamente da tutti. In 49.999 Parole e Musicleaks ho provato a mettere la fotografia più nitida e al tempo stesso artistica possibile dello stato dell'arte oggi, passando alle spalle dei protagonisti, come chi si trovi volontariamente a fare bombing. Come parlare di musica e cosa significhi parlare di musica oggi sono i temi affrontati, nel mezzo anche come diventare e rimanere critico musicale in questa epoca così frammentaria e nebulizzata.”Michele Monina"Musicleaks"La mia versione dei fatti, di cosa si parla e di come quando si parla di musica oggiL'autore:“Nato scrittore e assoldato critico musicale sul campo, sono ormai oltre venticinque anni che svolgo questo ruolo, credo con risultati ben oltre le mie aspettative iniziali. Forse proprio questo esserci arrivato quasi casualmente, e al tempo stesso aver approcciato il mondo di cantanti da pari, io scrittore e quindi a mio modo artista esattamente come loro, mi ha subito facilitato il mestiere. Mestiere che però nel corso degli altri ha dovuto prendere di volta in volta la forma della contemporaneità, andando a modificarsi, fino a quello di oggi, dove parlare di musica equivale ogni volta doversi inventare un modo e una lingua nuova, capace di incuriosire un lettore sempre più distratto, anche dalla musica di sottofondo, ormai fruibile gratuitamente da tutti. In 49.999 Parole e Musicleaks ho provato a mettere la fotografia più nitida e al tempo stesso artistica possibile dello stato dell'arte oggi, passando alle spalle dei protagonisti, come chi si trovi volontariamente a fare bombing. Come parlare di musica e cosa significhi parlare di musica oggi sono i temi affrontati, nel mezzo anche come diventare e rimanere critico musicale in questa epoca così frammentaria e nebulizzata.”IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.
➨ Iscrivetevi al nostro canale Telegram: https://t.me/spazio_70Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/spazio-70--4704678/support.Roma, 31 gennaio 2006. Presentazione del libro di Rossana Rossanda «La ragazza del secolo scorso». Interventi di Alberto Asor Rosa e Nadia Fusini. Moderatore del dibattito: Severino Cesari. L'evento, qui riproposto in file Mp3, venne originariamente trasmesso dall'emittente «NessunoTv».Tra i temi trattati durante la presentazione: 1) «Il più bel romanzo degli ultimi dieci anni»; 2) «Un gran bel libro sulla memoria»; 3) «Un tono non sentimentale, ma elegiaco, che commuove»; 4) L'importanza di essere «presenti al presente»; 5) «Rossanda, in questo libro, non rinnega e non si pente. Cerca di dire la verità»; 6) «Era con loro che dovevo andare»; 7) Tra partito «milanese» e «romano»; 8) Il 1969. «Quelli che hanno ragione perdono sempre. Quelli che vincono, sono i peggiori»; 9) «Noi siamo stati il sale della terra»; 10) «Non ho mai pensato che l'Urss fosse il paradiso»; 11) «Ho voluto raccontare che cosa è stata una comunista italiana di quegli anni»; 12) La memoria come «animale vivente»; 13) «Il Sessantotto? Non so che giudizio dare»; 14) Una occasione perduta; 15) «I nodi del Novecento sono tutti lì, irrisolti»
➨ Iscrivetevi al nostro canale Telegram: https://t.me/spazio_70Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/spazio-70--4704678/support.Roma, 2006, studi dell'emittente «NessunoTV». Presentazione del libro «Cuori Neri», edito da Sperling&Kupfer. Interventi di: Luca Telese (autore); Umberto Croppi; Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse; Claudia Mancina; Marco Ferrando. Moderatore: Stefano Cappellini.Tra i temi trattati all'interno del dibattito: 1) «Ero molto preoccupato per questo libro»; 2) Gli anni di piombo rimossi «perché non facevano più comodo a nessuno»; 3) Sulla «costante sensazione di poter essere uccisi» in qualsiasi momento; 4) «Gli anni Settanta? Nego ci fosse una guerra per bande di fronte a una società attonita»; 5) «La crisi della democrazia italiana? Risale agli anni attorno al Sessantotto»; 6) «Tanti soggetti, soprattutto di movimento, avevano una cultura politica assolutamente non democratica»; 7) Lo «sciagurato assalto» all'università di Roma «di Almirante e Caradonna»; 8) «L'antifascismo negli anni Settanta? Non una esperienza esistenziale, ma di massa»; 9) Il caso Varalli; 10) La «catena del sangue»; 11) Sul rogo di Primavalle; 12) Sui «gruppi» alla sinistra del Pc; 13) La mobilitazione antifascista degli anni Settanta come «figlia di un'epoca»; 14) Sul rapporto Pci-gruppi di estrema sinistra negli anni del compromesso storico; 15) Sulla necessità di fare i conti «con la propria cultura della violenza»
Mario Capanna, Luciano Neri"Palestina Israele"Il lungo inganno, la soluzione imprescindibileMimesis Edizioniwww.mimesisedizioni.itChi ha fatto fallire gli accordi di Oslo? Chi ha favorito e finanziato la crescita di Hamas fino alla tragedia attuale? In questo libro, Mario Capanna e Luciano Neri riportano la loro esperienza diretta dalla Cisgiordania, da Gaza e da Israele, privi dei condizionamenti della propaganda occidentale. Un viaggio iniziato ormai oltre cinquant'anni fa, negli anni Settanta, che ha portato a incontri, relazioni e preziose testimonianze dai territori occupati. Documentando in modo rigoroso e con numerose fotografie le responsabilità nella mancata soluzione del conflitto, gli autori mostrano con chiarezza che l'unica alternativa a una guerra che sembra destinata a durare in eterno è la pacifica creazione di un vero Stato palestinese che possa convivere con quello di Israele.Mario Capanna (1945), politico, scrittore e attivista. Leader studentesco nel Sessantotto, Segretario nazionale di Democrazia Proletaria fino al 1987, è esponente ambientalista e pacifista, coltivatore diretto e apicoltore. È stato consigliere regionale della Lombardia, consigliere comunale di Milano, parlamentare europeo e deputato nazionale per due legislature (1983-1992). Tra i suoi libri ricordiamo, oltre al grande successo Formidabili quegli anni (1988), Il fiume della prepotenza (1996), Lettera a mio figlio sul Sessantotto (1998), L'Italia viva (2000), Verrò da te (2003), Coscienza globale (2006), Il Sessantotto al futuro (2008), Per ragionare (2010), Noi tutti (2018), EVO (2022).Luciano Neri è un analista geopolitico, con particolare interesse per le aree del Medio Oriente e dell'America Latina. Già responsabile esteri di Democrazia Proletaria, membro del Coordinamento Europeo dei Movimenti per la Pace, consigliere politico al Ministero degli Esteri e presidente del Consiglio regionale dell'Umbria, ha fondato e coordinato il Gruppo di Dialogo per la pace tra israeliani e palestinesi. Componente della Direzione nazionale dell'associazione 24marzo, è anche presidente del Cenri – Centro Relazioni Internazionali.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.
Papà Goriot, il protagonista dell'omonimo romanzo di Balzac, aveva prefigurato come disastrosa l'eclisse dei padri: «La patria perirà se si mettono i padri sotto i piedi. È chiaro. La società, il mondo si fondano sulla paternità, tutto crolla se i figli non amano i padri». In realtà poco più di un secolo dopo nel Sessantotto la ribellione al padre venne vissuta come la liberazione da una figura sinonimo di coercizione e sopraffazione, ostacolo alla libertà e all'autonomia. Oggi però il rifiuto del padre sta presentando i suoi conti nella «società senza padri», dove la presenza invadente di un tempo ha ceduto il passo alla latitanza, anche se il padre continua a essere una figura ingombrante quanto ineludibile: strategica nella formazione del soggetto, legata ai dilemmi della coscienza, inseparabile dalla trasmissione dell'eredità. Negli ultimi anni il clima sembra un po' cambiato e, dopo decenni in cui l'assenza del padre ha potuto imporsi come uno dei temi della cultura contemporanea, alcuni ritengono che ci si sia liberati troppo frettolosamente di una figura ritenuta ineludibile: strategica nella formazione del soggetto, legata ai dilemmi della coscienza, inseparabile nella costruzione della maturità autodiretta e dalla trasmissione dell'eredità.Cosa è successo al padre? E cosa si sta facendo oggi per recuperarne, se non la componente autoritaria e oppressiva, almeno quella normativa, che aiuti i figli a crescere e orientarsi nella società? In questa puntata di Laser sociologi e psicologi discutono su cosa resta e su cosa è urgente recuperare del padre.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/edizioni.php?id=850PER DIFENDERE LE DONNE DOBBIAMO TORNARE AL PATRIARCATOL'assassino di Giulia Cecchettin non è figlio del patriarcato, ma del '68, relativista e femminista che oggi permea la società (se invece la moglie rispetta il marito, non viene uccisa, ma è amata, rispettata e difesa)di Roberto De MatteiDopo l'omicidio di una giovane donna, Giulia Cecchettin, avvenuto lo scorso 11 novembre, l'Italia ha scoperto di essere minacciata dal patriarcato, Il titolo di un dossier del quotidiano "La Repubblica" del 24 novembre è eloquente: "Femminicidi fermiamo la strage". La tesi, che è la stessa diffusa dai mass-media, dai social e da ogni tipo di influencer è che esiste una strage di femminicidi e la responsabilità va attribuita alla cultura del "patriarcato", ancora dominante. Bisogna combattere il patriarcato per fermare la violenza contro le donne.Il patriarcato era un sistema sociale che sanciva l'autorità dell'uomo e la divisione dei ruoli all'interno della famiglia. L'autorità paterna è stata sempre considerata, ad eccezione del tempo presente, come uno degli elementi invariabili dell'ordine sociale, necessaria a tutti i popoli e in tutti i tempi. Per secoli, il padre ha esercitato nella famiglia il ruolo che il sovrano esercitava nella società politica (la stessa parola patria deriva da padre) e che il Papa, il "Santo Padre" esercita nella Chiesa. Ancora cinquant'anni fa era questo il modello familiare italiano: il padre doveva guidare la famiglia e provvedere al suo mantenimento economico, la madre si occupava della casa e dell'educazione dei figli, che erano numerosi. Il nucleo familiare comprendeva spesso anche i nonni, depositari di una tradizione che si trasmetteva di generazione in generazione.Questo sistema sociale è stato distrutto dalla rivoluzione culturale del Sessantotto, e da ciò che ad essa è seguito: leggi come il divorzio, l'aborto, e, in Italia, soprattutto la legge sul nuovo diritto di famiglia del 22 aprile 1975, che ha decapitato l'autorità paterna, abolendo la preminenza giuridica del padre contribuendo alla scomparsa dell'autorità e dell'identità nelle famiglie italiane.LA DISTRUZIONE DELLA FAMIGLIATra gli ideologi del ‘68, ricordiamo anche i teorici della "antipsichiatria", come David Cooper, autore di un libro più volte ristampato da Einaudi, dal titolo significativo La morte della famiglia. Questa era la convinzione che iniziò a diffondersi alla fine degli anni Sessanta del Novecento: l'estinzione, prossima e inevitabile, dell'istituto famigliare. In quel saggio, Cooper proponeva di cancellare il ruolo paterno sostituendolo con quello fraterno, auspicando quindi una paradossale società di fratelli senza padre, anzi di fratelli perché assassini del Padre: come era successo nel 1793 con l'assassinio del Re di Francia, come auspicava Nietzsche profetizzando l'assassinio di Dio Padre.Il processo di democratizzazione della Chiesa, della società e della famiglia è un tutt'uno. La distruzione della famiglia doveva far leva particolarmente sulla "liberazione" della donna. Il femminismo ha preteso di abolire la distinzione dei ruoli maschile e femminile, distruggendo la vocazione naturale alla maternità e alla femminilità. La rivendicazione del "diritto" di aborto e di contraccezione è stata avanzata come diritto della donna ad autodeterminare il proprio corpo e la propria sessualità, liberandosi dall'autorità maschile e dal "peso" della maternità. Alla mascolinizzazione della donna ha corrisposto la devirilizzazione dell'uomo, promossa a tutto spiano dalla moda, dalla pubblicità e dalla musica. La teoria del gender è un punto di arrivo, ma gli slogan contro la cultura del patriarcato che oggi risuonano, hanno la loro origine in manifestazioni femministe come quella che si svolse a Roma il 6 dicembre 1975, animata da circa ventimila donne, che ritmavano slogan come questo: "Non più mogli, madri, figlie! Distruggiamo le famiglie!".E la famiglia è stata distrutta. Si è dissolta l'autorità del padre, si sono soppressi i ruoli di genere e tutti i componenti della famiglia, padre, madre e figli, soffrono una profonda crisi di identità. La famiglia patriarcale non esiste più in Italia, salvo poche isole felici. E in queste poche isole che più che patriarcali dovremmo definire naturali, la moglie rispetta il marito e i figli rispettano i genitori, e la donna non viene uccisa, ma è amata e rispettata. L'assassino di Giulia Cecchettin non è figlio della cultura del patriarcato, ma della cultura sessantottina, relativista e femminista che oggi permea la società intera e di cui tutti sono responsabili e vittime allo stesso tempo.UNA SOCIETÀ DI SINGLEMa la crisi della famiglia va oltre la fine della famiglia patriarcale. L'Italia si avvia ad essere una società di "single", senza più famiglie. Secondo l'ultimo rapporto del CENSIS sulla situazione sociale del paese, nel 2040 solo una coppia su 4, cioè il 25,8% del totale, avrà figli e le famiglie composte da una sola persona saranno il 37%. Il 34% degli italiani saranno anziani e soli. Ciò perché oggi è in crisi non solo la famiglia, ma l'esistenza stessa di una coppia. Non solo ci si sposa sempre di meno, e si mettono al mondo meno figli, ma si convive anche di meno, perché si rifugge dall'idea di avere una qualsiasi responsabilità verso un partner o compagno, che si ha paura di avere troppo a lungo vicino.Il cosiddetto femminicidio non è frutto della vecchia cultura patriarcale, ma della nuova cultura anti-patriarcale, che confonde le idee, fragilizza i sentimenti, destabilizza la psiche, privata di quel sostegno naturale che, fin dalla nascita, offriva la famiglia, con suoi punti di sicurezza, paterni e materni. L'uomo è solo con i suoi incubi, le sue paure, le sue angosce, sull'orlo di un abisso: l'abisso del vuoto in cui si precipita quando si rinuncia ad essere ciò che si è, quando si abbandona la propria natura immutabile e permanente di uomo, di donna, di padre, di madre, di figlio. E se tutti parlano di femminicidio, nessuno parla di un crimine ben più esteso e diffuso: quello di infanticidio, commesso ogni in giorno in Italia, in Europa e nel mondo, da padri e madri che esercitano la massima delle violenze contro il proprio figlio innocente, prima ancora che egli veda la luce.Una società che uccide i suoi figli è condannata a morte e l'alito della morte, sotto ogni forma, non solo quella del femminicidio, si fa sentire sempre di più. La vita, la restaurazione della società, è possibile solo riconquistando il modello naturale e divino della famiglia. Per fermare la follia che distrugge la nostra società bisogna tornare, con l'aiuto di Dio, al modello di famiglia patriarcale, fondata sull'autorità del padre, capo della famiglia e sulla santità della madre, che ne costituisce il cuore: uniti entrambi nel compito di procreare ed educare dei figli per farne dei cittadini del cielo. L'alternativa è l'inferno, che già inizia su questa terra.
References Alberto Asor Rosa, Il grande silenzio. Intervista sugli intellettuali. Roma: Laterza, 2009. Aldo Grandi, Insurrezione armata. Milano: RCS Libri S.p.a, 2005. Antonio Negri. Girolamo De Michele, Storia di un comunista (Italian Edition). Milano: Ponte alle grazie. Kindle Edition, 2015. Antonio Negri. Girolamo De Michele, Galera ed esilio, Storia di un comunista. Milano: Ponte alle grazie, 2018. Red Notes, Italy 1980-1981 After Marx, Jail! The Attempted Destruction of a Communist Movement. London: Red Notes, 1981. Marco Scavino, “La piazza e la forza. I percorsi verso la lotta armata del Sessantotto alla metà degli anni Settanta,” in Verso la lotta armata. La politica della violenza nella sinistra radicale degli anni Settanta, ed. S. Neri Serneri. Bologna: Il Mulino, 2012. Marco Scavino. Potere operaio: La storia. La teoria. Vol. 1. Roma: Derive Approdi, 2018. Steve Wright. The Weight of the Printed Word: Text, Context and Militancy in Operaismo. Leiden: Brill, 2021.
Aveva previsto tutto. La cesura del Sessantotto, il collasso della sua Chiesa, il dominio del relativismo, l'addio dell'Europa al cattolicesimo senza lacrime né nostalgia, il fanatismo islamico, il neomarxismo della Chiesa del popolo, gli ecologismi apocalittici, il mondo nuovo delle Nazioni Unite, il paradosso di un Occidente che al massimo della propria potenza materiale raggiunge l'apice dell'insicurezza culturale, l'avvento di un'Europa post-europea. È Joseph Ratzinger. Prima di diventare Benedetto XVI, in mezzo secolo di saggi, conferenze e interviste, Ratzinger ha compiuto un lucido pellegrinaggio nella modernità e nel vecchio mondo segnato dalla mancanza di respiro, dal vuoto, dalla derisione. Da papa, la sua presenza era intollerabile, il suo genio una minaccia, le sue dimissioni sono state un sollievo per tanti. A distanza di quindici anni dall'elezione al soglio pontificio, Benedetto XVI appare come l'"ultimo papa" di cui parlava Friedrich Nietzsche. Almeno d'Occidente.
Nel 1966 un gruppo di studenti del liceo Parini di Milano è stato denunciato per aver parlato di sesso sul giornalino scolastico “La zanzara”. Di lì a poco sarebbe scoppiato il Sessantotto che, nel bene e nel male, è stato un periodo di grandi cambiamenti che ancora oggi influenzano il nostro stile di vita, soprattutto quello delle giovani generazioni. Le lotte contro le disuguaglianze sociali, contro il numero chiuso nelle università e gli stipendi troppo bassi rispetto all'inflazione galoppante sono temi tornati oggi d'attualità, ma che hanno radici profonde proprio nelle rivendicazioni dei movimenti nati in quegli anni.
References on Rosso and the CPO Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Rapimento e Sulla Morte di Aldo Moro, Reperimento di documentazione relativa ai traffici di armi tra la Svizzera e l'Italia nei primi anni 70 (incarico deliberato nell'ufficio di presidenza del 26.01.2017). February 15, 2017. John Dickie. Blood Brotherhoods: A History of Italy's Three Mafias. New York: PublicAffairs, 2014. Phil Edwards. "More work! Less pay!": Rebellion and repression in Italy, 1972–77. Manchester University Press, 2013. Gruppo Gramsci, "Una proposta per un diverso modo di fare politica," Rosso, Dicembre 1973, N. 7, pg. 9, https://www.machina-deriveapprodi.com/post/rosso-giornale-dentro-il-movimento John N. Martin, Primo Moroni, La Luna Sotto Casa: Milano tra rivolta esistenziale e movimenti politici, Ed. Matteo Schianchi. Milan: ShaKe edizioni, 2007. Toni Negri. Spinoza: Then and Now, trans. Ed Emery. Cambridge: Polity Press, 2020 Toni Negri. Storia di un comunista. Ponte alle Grazie, 2015. Paolo Pozzi. Rosso giornale dentro il movimento (memorie di un redattore), February 3, 2021. https://www.machina-deriveapprodi.com/post/rosso-giornale-dentro-il-movimento Red Notes. Italy 1980-81 – "After Marx, Jail!" The Attempted Destruction of a Communist Movement. London, 1981. Marco Scavino, “La piazza e la forza. I percorsi verso la lotta armata del Sessantotto alla metà degli anni Settanta,” in Verso la lotta armata. La politica della violenza nella sinistra radicale degli anni Settanta, Ed. S. Neri Serneri. Bologna: Il Mulino, 2012. Steve Wright. Storming Heaven: Class Composition and Struggle in Italian Autonomist Marxism. Pluto Press, 2017. Steve Wright. The Weight of the Printed Word: Text, Context and Militancy in Operaismo. Leiden: Brill, 2021. Misteri d'Italia has some useful resources on this case sourced largely from the court transcripts. For more, see: Il Sequestro e l'Omicidio di Carlo Saronio, found in http://www.misteriditalia.it/cn/wp-content/uploads/2013/12/48.-IL-SEQUESTRO-E-LOMICIDIO-SARONIO.docx.pdf Le Dichiarazioni di Rachele Ferrario, found in http://www.misteriditalia.it/terrorismo/7aprile/sentenza1grado/18.%20DICHIARAZIONI%20DI%20RACHELE%20FERRARIO.pdf Lo Sviluppo delle Strutture dell'Autonomia Operaia Organizzata e il "Rilancio" di "Rosso." found at http://www.misteriditalia.it/cn/wp-content/uploads/2013/12/43.-IL-RILANCIO-DI-ROSSO.pdf See also: Mario Calabresi, Quello que non ti dicono. Milano: Mondadori, 2021. Note on sources: Some of these sources put forward the claim that all those implicated by the testimony of Fioroni and Casirati are guilty. For a critique of this position, see: Davide Steccanella, "Mario Calabresi ha sbagliato titolo," Insorgenze, December 2, 2020, https://insorgenze.net/2020/12/02/mario-calabresi-ha-sbagliato-titolo/
References Pino Casamassima, Gli irriducibili. Storie di brigatisti mai pentiti. Bari: Laterza, 2012. Marco Clementi, Paolo Persichetti, Elisa Santalena, Brigate rosse Dalle fabbriche alla «campagna di primavera». Roma: DeriveApprodi, 2017. Renato Curcio, Mario Scialoja, A viso aperto. Milano: Mondadori, 1993. Chicco Galmozzi. Figli dell'officina. Da Lotta continua a Prima linea: le origini e la nascita (1973-1976), Roma: DeriveApprodi, 2019. "Italy, 1973: workers' struggles in the capitalist crisis - Potere Operaio," appeared in Radical America Volume 7, Number 2 (March-April 1973), found in Libcom.com. Fabrizio Salmoni, I senza nome. Il Servizio d'ordine e la questione della «forza» in Lotta continua. Roma: DeriveApprodi, 2022. Marco Scavino, "La piazza e la forza. I percorsi verso la lotta armata dal Sessantotto alla metà degli anni Settanta," Verso la lotta armata. La politica della violenza nella sinistra radicale degli anni Settanta, ed. Simone Neri Serneri. Bologna: Mulino, 2012. Ugo Maria Tassinari, "29 marzo 1973: i fazzoletti rossi occupano la Fiat di Mirafiori," L'alter Ugo, March 29, 2020, https://anticapitalista.org/2019/07/03/lesplosione-alla-fiat-la-grande-lezione-di-due-mesi-di-lotta/
References Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Rapimento e Sulla Morte di Aldo Moro, Reperimento di documentazione relativa ai traffici di armi tra la Svizzera e l'Italia nei primi anni 70 (incarico deliberato nell'ufficio di presidenza del 26.01.2017). February 15, 2017. Phil Edwards. "More work! Less pay!": Rebellion and repression in Italy, 1972–77. Manchester University Press, 2013. Gruppo Gramsci, "Una proposta per un diverso modo di fare politica," Rosso, Dicembre 1973, N. 7, pg. 9, https://www.machina-deriveapprodi.com/post/rosso-giornale-dentro-il-movimento Toni Negri. Storia di un comunista. Ponte alle Grazie, 2015. Paolo Pozzi. Rosso giornale dentro il movimento (memorie di un redattore), February 3, 2021. https://www.machina-deriveapprodi.com/post/rosso-giornale-dentro-il-movimento Red Notes. Italy 1980-81 – "After Marx, Jail!" The Attempted Destruction of a Communist Movement. London, 1981. Marco Scavino, “La piazza e la forza. I percorsi verso la lotta armata del Sessantotto alla metà degli anni Settanta,” in Verso la lotta armata. La politica della violenza nella sinistra radicale degli anni Settanta, ed. S. Neri Serneri. Bologna: Il Mulino, 2012. Ugo Maria Tassinari, "20 maggio 1996: muore Franco Tommei, un rivoluzionario professionale," L'alter-Ugo, May 20, 2020, https://www.ugomariatassinari.it/franco-tommei/ Steve Wright. Storming Heaven: Class Composition and Struggle in Italian Autonomist Marxism. Pluto Press, 2017. Steve Wright. The Weight of the Printed Word: Text, Context and Militancy in Operaismo. Leiden: Brill, 2021.
Resteremo in Francia anche con il nuovo lavoro di Sergej Roic. S'intitola “Ferìta. Giovanna D'Arco, anno 1971”: un romanzo controfattuale dove lo scrittore ticinese di origini croate immagina che la rivoluzione del Sessantotto sia salita al potere e un regista russo racconti la storia di questa rivoluzione.
Vuoi ricevere la trascrizione dell'episodio? http://eepurl.com/hVUHW5Trovi tutto l'archivio e anche molti altri materiali sul sito. www.salvatore.com/salvatoreraccontaPer accedere agli episodi premium, vai su www.patreon.com/salvatoreraccontaTesto e voce di Salvatore racconta.Sullo sfondo:Into the light – Oak Studios – Licenza Creative Commons CC BY 4.0You are my rainbow – Unicorn heads – Licenza Creative Commons CC 0Sad emotional guitar
Gimmi Basilotta"Scrittori in Città"http://www.scrittorincitta.it/CON IL NASO PER ARIA A GUARDARE IL CIELOore 15 • biblioteca 0-18 • dagli 8 anni • € 4Le storie e la narrazione sono lo strumento più potente che ci siamo dati per sopravvivere a tutte le difficoltà, per resistere alle avversità della Natura, per dotarci tutti di una Cultura, per avere fiducia nel futuro, per consolarci nell'infanzia. Le abbiamo usate per abbandonarci al sonno, le abbiamo fatte nostre ascoltandole davanti a un falò estivo, le abbiamo incamerate dalle canzoni, dai libri che abbiamo letto, dalla voce di un nonno o da quella di un amico rientrato da un viaggio. Le storie ci appartengono almeno quanto la scoperta del fuoco. Con il naso per aria a guardare il cielo vuole raccontare le stelle attraverso storie meravigliose, mitologiche e al tempo stesso vuole invitare lo spettatore ad alzare lo sguardo e a prendersi il tempo per sognare e vivere la magia della notte. Di e con Gimmi Basilotta e Isacco Basilotta. A cura della Compagnia Il Melarancio.OMAGGIO A PIER PAOLO PASOLINIore 9.30 • centro incontri, sala rossa • ingresso gratuito, prenotazioni onlineCento anni fa nasceva a Bologna Pier Paolo Pasolini, considerato uno tra i più importanti intellettuali del XX secolo. È stato poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, attore, ma anche pittore, traduttore, collaboratore di giornali, radio e televisione. Molto attento alla società italiana e ai suoi cambiamenti, accese spesso il dibattito per la radicalità dei suoi giudizi, estremamente critici nei confronti delle abitudini borghesi e della nascente società dei consumi e del Sessantotto. Scrittorincittà vuole rendergli omaggio attraverso la lettura di alcune poesie e brevi testi. A prestargli la sua voce sarà Gimmi Basilotta.IL POSTO DELLE PAROLEAscoltare fa Pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6898LA SOLUZIONE VERA PER LA CRISI DELLA SCUOLA di Rino CammilleriLe ultime vicende della scuola - vax sì, vax no, green pass sì, green pass no, mascherine, quarantene e okkupazioni à la sans façon - hanno rimesso in evidenza il problema della scuola italiana e che si può riassumere in un solo vocabolo: un casino. Il rimedio? Ce n'è solo uno, ma lo dirò alla fine.Nell'Ancien Régime i compiti pubblici erano così ripartiti: allo Stato l'ordine e la difesa, alla Chiesa la scuola e l'assistenza. Poi vennero i giacobini e decretarono che tutto doveva essere dello Stato. Cioè, loro. E non tanto l'assistenza, che, dato il ceto dei destinatari, non portava consensi utili, quanto la scuola. Fu allora che divenne obbligatoria. Con essa il regime si garantiva il futuro. Ricordate Orwell? «Chi controlla il presente controlla il passato, chi controlla il passato controlla il futuro». Ma almeno i preti insegnavano la carità e l'amore del prossimo, mentre i giacobini l'odio di classe. Comunque, la lezione fu imparata da tutti i regimi che seguirono, come chi conosce la storia sa.Tornando all'Italia, dopo la parentesi fascista la scuola non smise di essere di Stato. Solo che adesso il pluralismo ideologico ostava a una scuola monolitica. I Dc di allora, che erano colti, fecero di tutto per riservarsene la gestione, i Pc si posero in attesa. E venne il Sessantotto, che, sapendo solo devastare, quello fece anche con le giovani menti. Da allora la scuola italiana è ingestibile, irriformabile, un circo equestre in cui si impara poco e, quel poco, è un rivendicazionismo senza costrutto e senso perfettamente plagiabile dal politicamente corretto del momento. Che si apprende al di fuori della scuola, televisione in primis. Rimane un baraccone napoleonico con un milione e mezzo di addetti, periodicamente innovato da c.d. pedagogisti «esperti» che in vita loro non hanno mai insegnato a scuola. Essendo i più laureati, li si deve pagare da tali, ma, essendo troppi, si dà loro il minimo per sopravvivere. Epperò la scuola rimane un forno indispensabile per ridurre, momentaneamente, la disoccupazione.Come se ne esce? Non se ne esce. A meno che prima o poi non sorga qualcuno che voglia fare davvero qualcosa di liberale: abolirla. L'insegnamento diventi libero, chi vuole intraprendere apra una scuola e a chiamata. Lo Stato controlli solo il rispetto della Costituzione, e nient'altro. Risultato, concorrenza. I presidi cercheranno di accaparrarsi gli insegnanti migliori, perché questi portano iscrizioni. Da qui, buoni stipendi, ogni insegnante avrà il suo ufficio in cui ricevere studenti e genitori. [...]Comunque, tranquilli, una liberalizzazione del genere non accadrà mai.Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Rino Cammilleri, nell'articolo seguente dal titolo "2022: fuga dalla squola" spiega ulteriormente perché la scuola pubblica è meglio raderla al suolo e rifarla di sana pianta.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 24 febbraio 2022:Per la scuola italiana c'è un'unica soluzione: abolirla. Quella statale, ovviamente. E tale soluzione dovrebbe essere gradita anche da quanti si dicono liberali. Ora, ogni regime, dal 1789 in poi, ha preteso di formare a sua immagine i giovani. [...]La scuola «di stato» da noi fu invenzione liberal-piemontese, e rimase anche nella repubblica. In mani DC fino al Sessantotto, fu poi devastata dai comunisti. Ogni ministro che si susseguì introdusse «riforme» che non facevano che peggiorare la situazione. Fino al disastro attuale, di fronte al quale occorrerebbe fare come fecero i tedeschi con l'Est dopo la riunificazione: irreparabile, meglio radere al suolo e rifare di sana pianta. E la sana pianta, ora che i liberali sono stati spinti a destra, è questa: concorrenza. Tutte le scuole siano imprese private e ogni preside attiri iscrizioni offrendo di meglio.I non abbienti? Borse di studio finanziate dal risparmio, mastodontico, ottenuto dall'abolizione della scuola statale. Che ormai è solo un carrozzone napoleonico costosissimo e improduttivo, e siamo rimasti quasi i soli al mondo ad averne uno. [...]Mi si consenta uno spiacevole ricordo personale. Quando per sopravvivere insegnavo al liceo, una volta mi capitò di imbastire il seguente breve dialogo: «Signorina, lei ha sbagliato porta». La studentessa di quinta, che stava per entrare in classe, meravigliata chiese: «Perché?». Risposta: «Perché questa non è la discoteca». Infatti, vi lascio immaginare com'era abbigliata. La cosa finì lì, apparentemente. La settimana successiva mi chiamò il preside. C'era un esposto contro di me, firmato da tutta quella classe, il fidanzato della discotecara e i genitori di lei. L'accusa non era di molestie sessuali ma quasi. Il preside, per evitar rogne, trasmise al provveditore, il quale, per evitar rogne, trasmise al ministero. Io, per evitar rogne, mi dimisi all'istante. Mi avevano confezionato una bella trappola e se mi fossi difeso sarebbero arrivati i sindacati, le femministe, la stampa e le televisioni. Date retta, nun ce sta nient'a fa', la scuola italiana è la Zattera della Medusa.Sogno una situazione nella quale volentieri tornerei a insegnare: col mio curriculum sotto il braccio mi presenterei a un preside e chiederei quanto sarebbe disposto a darmi. Se lui giudicasse che, con me, le iscrizioni aumenterebbero, mi darebbe quel che chiedo, più un ufficio tutto mio in cui ricevere gli studenti e personalizzare quel che insegno. State sicuri che nessuno imbratterebbe il banco, perché il papà gli farebbe passare la voglia: il banco, infatti, è suo, non «di tutti». [...]E dico di più: la divisa scolastica, come in Giappone, come in Inghilterra. Così, il povero con borsa di studio non dovrebbe sedere accanto al compagno griffato. Come si vede nei film, gli americani fanno i salti mortali per andare al college. L'alternativa è friggere patatine da McDonald's. Non a caso gli Usa rule all the world.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2971IL VERO SAN FRANCESCONel Sessantotto fu ridotto a rivoluzionario, contestatore e pauperista, negli anni Ottanta pacifista, oggi ce lo ritroviamo ecologista e animalista, domani chissà, forse nudista...di Rino CammilleriChi era davvero San Francesco? Se uno si alza e, come Paolo Villaggio a proposito della Corazzata Potemkin, dice che di san Francesco non se ne può più, potete immaginare da soli la reazione unanime e nazionale. In realtà, quel che l'incauto intende dire è che ne ha le tasche piene del Francesco ridotto a icona come Che Guevara e Marilyn Monroe. Per nostra fortuna non era bello, sennò ce lo ritroveremmo sui portacenere, le magliette, i poster.Nel ventennio fascista "il più italiano dei santi" fu incensato come nazionalista e crociato. Nel Sessantotto ce lo ritrovammo, naturalmente, come rivoluzionario e contestatore del potere clericale, nonché come pauperista e "operaio". Negli anni Ottanta diventò pacifista e arcobaleno, tanto che alle marce forzate di Assisi ci andavano pure i comunisti. Ora è vegano, ecologista e animalista (salutista e palestrato no, sarebbe troppo). Ovviamente, i ridicoli sono solo quelli che lo tirano per il saio, chi di qua e chi di là, a seconda di come soffia il vento mondano. Ma è per questo che ormai, al solo sentir parlare di Francesco e Assisi, la mano, come quella di Goebbels, corre alla fondina.Sì, perché, oltre ai convegni e ai Cortili-passerella di intellettuali atei che espongono a spese dell'otto per mille (cioè, dei cattolici) il loro stantio pensiero ottocentesco, ci tocca sorbirci i concerti di artisti decotti o agnostici cui non par vero di andare in tivù. Certo, lo stesso accade per Padre Pio, francescano pure lui, ma lui almeno è morto l'altro ieri e non ha ancora avuto il tempo per manipolazioni d'immagine: molti di quelli che l'hanno conosciuto sono ancora vivi e possono raccontare chi era davvero.Non così, ahimè, per san Francesco, e a poco serve spiegare che il suo Cantico delle creature elenca tutto l'esistente tranne gli animali. Che quelli di Gubbio ricorsero a lui solo perché il lupo non riuscivano ad ammazzarlo (e lui costrinse la belva a ripagare il male fatto). Che non aveva affatto amore zuccheroso per tutti ma detestava (sì, detestava) gli eretici catari che infestavano il Norditalia e quella Provenza da cui veniva la sua adorata mammà. Proprio contro i catari, che odiavano la creazione, scrisse il Cantico. E contro di loro mandò non a caso il suo uomo migliore, sant'Antonio di Padova. Contro i musulmani, che già gli avevano lapidato i cinque Protomartiri, andò lui stesso, e non a dialogare, bensì a confutare la loro dottrina (e se il sultano non gli fece la pelle fu solo perché a un passo c'erano i crociati armati fino ai denti). Odiava (sì, odiava) i denigratori, e comandò al suo vice, Pietro Cattani, di farli punire dal "pugile di Firenze" (fra Giovanni fiorentino, che aveva fatto quel mestiere).Ora, può accadere che l'ammirazione per un santo cattolico spinga a cercare di imitarlo. Ma ciò non autorizza a scegliere tra i suoi molteplici aspetti solo quelli che godono del plauso generale (tra l'altro, mutevole a seconda delle stagioni ideologiche). Non solo: si dimentica che il santo, a sua volta, imitava qualcun altro, Cristo.E' questa l'unica Imitazione consentita (giusto il titolo dell'opera immortale di Tommaso da Kempis, che non a caso insegna l'imitatio Christi e non quella di qualsivoglia santo), anche perché il santo imita a modo suo, un modo che varia da santo a santo giacché ognuno ha la sua personalità. Certo, se un santo diventa "icona" e gli altri no, un motivo ci deve essere.Infatti, c'è. Francesco fu veramente alter Christus e ha seguito la sorte "iconica" del suo Maestro. Nessun dispregiatore del cattolicesimo ha mai osato parlar male di Gesù, perché la sua figura è veramente inattaccabile. Per questo la si aggira dicendo che è stata, semmai, la Chiesa a tradire il suo vero messaggio. Il quale messaggio, poi, ce lo spiega il Dan Brown di turno. Così è per Francesco, il più amato dagli italiani, ormai sepolto - e perciò reso irriconoscibile - dalle fiction (continuamente aggiornate per riguardo ai tempi: la sola Liliana Cavani ha dovuto farne addirittura due), dalle marce, dai concerti, dai convegni, dai libri.Mai una volta, però, che lo si invochi, magari con una semplice processione, perché si ricordi di essere Patrono d'Italia e di darci una buona volta dei capi degni di questo nome al posto di quei chiacchieroni inconcludenti che i nostri peccati collettivi da decenni hanno addensato sulle nostre teste.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7118PERCHE' CI SONO POLITICI E PARTITI CHE VOGLIONO LIBERALIZZARE LA DROGA? di Roberto MarchesiniDi droga se ne parla fin dagli anni Settanta; e non si è mai venuto a capo di niente. Quindi perché dedicare a questo argomento un nuovo articolo? Per tentare di affrontare l'argomento da un punto di vista insolito; dall'idea, cioè, che la droga non sia altro che la continuazione della politica con altri mezzi (parafrasando, ovviamente, von Clausewitz).Partiamo da un romanzo celeberrimo che i gentili Lettori avranno sicuramente in mente: Il mondo nuovo, di Huxley. Nella distopia dell'elitista britannico, le persone erano tenute schiave tramite una droga, il Soma, distribuita dal governo; ogni volta che una persona "pensava" o mostrava irritazione o scontentezza per una situazione, interveniva il Soma a ridare serenità e docilità al potere. Curiosamente ma non troppo, Soma era anche il nome di una bevanda sacrificale che, secondo le religioni vediche, aveva il potere di unire alle divinità. Fatto sta che Huxley ha dedicato gran parte della sua vita a studiare e diffondere sostanze psicotrope che, nelle sue intenzioni, avrebbero permesso all'umanità di compiere un ulteriore salto evolutivo. Tra i suoi interessi, ad esempio c'era l'uso dell'Lsd, la sostanza che mise fine al Free Speech Movement statunitense, ossia al movimento che contestava il potere politico e la guerra del Vietnam. Forse qualcuno ancora non sa che fu sicuramente la Cia a inondare di questa sostanza le comunità universitarie americana; era infatti l'agenzia a detenere il monopolio di fatto sull'Lsd.LA PRODUZIONE DI OPPIOAbbiamo citato il Vietnam: forse giova ricordare che la produzione di oppio in questo paese aumentò vertiginosamente dopo che l'Inghilterra ne assunse il controllo nel 1886, esercitando il monopolio della sostanza dal 1910, con l'Opium Act. Nel secondo dopoguerra, la situazione del sud-est asiatico divenne incandescente proprio per il controllo del traffico di droga; in quel contesto, si inserirono gli Stati Uniti. Ma cosa se ne facevano gli inglesi (e chi gli succedette, tra francesi e statunitensi) di tutto quell'oppio? Beh, ad esempio serviva a inondare di droga gli stati che volevano depredare, per esempio la Cina. Se qualcuno ha sentito parlare di "Guerre dell'Oppio" dell'Ottocento, sa che ci riferiamo esattamente a questo: la Cina imperiale si oppose alla depredazione economica e alla riduzione in schiavitù (per dipendenza dall'oppio) della maggior parte della popolazione da parte dei britannici; gli inglesi reagirono brutalmente (seguiti da Francia e Stati Uniti) ed ecco le guerre. In seguito a questi conflitti, Hong Kong divenne una colonia britannica fino al 1997.Nel nuovo millennio la produzione di oppio si è spostata dal Triangolo d'Oro (Myanmar, Laos e Tailandia) alla Mezzaluna d'Oro (Afghanistan, Iran e Pakistan). Da quando, di preciso? Casualmente, da quando gli Stati Uniti hanno occupato l'Afghanistan. Nel 2001, quando i primi soldati americani misero piede in quel paese, la produzione di oppio si estendeva su circa 8.000 ettari; vent'anni dopo, quando gli ultimi di loro se ne andarono, era di 224.000. A proposito: come mai, dopo vent'anni di guerra per esportare la democrazia in quel paese così straordinariamente vocato per la produzione di eroina, gli americani se ne sono andati? Forse perché l'ossicodone (nome commerciale OxyContin), ufficialmente un miracoloso antidolorifico, è stato soppiantato da una nuova droga, il Fentanyl. L'OxyContin è un oppiaceo prodotto dalla casa farmaceutica Purdue Pharma, della famiglia Sakler (patrimonio stimato: 13 miliardi di dollari); il Fentanyl, invece, prodotto in Cina, è completamente sintetico. A voler pensare male, si direbbe che, a questo punto, non vale più la pena di occupare militarmente l'Afghanistan, visto che si può produrre ottima droga senza oppio... Ah, mi sono dimenticato di citare l'ultima coincidenza: la Purdue ha annunciato la chiusura proprio nel 2020.E vogliamo parlare dello scandalo Iran-Contra [lo scambio di armi con ostaggi che ha coinvolto gli Usa, l'Iran e i Contras in Nicaragua, NdR]? No, rischieremmo di diventare noiosi.UNA MAREA DI HIPPY SBALLATIMa torniamo un attimo alla morte del Free Speech Movement quando, cioè, giovani intellettuali contestatori sono stati soppiantati da una marea di hippy sballati e completamente innocui dal punto di vista politico. Facile, governare i movimenti politici. Basti pensare a ciò che è rimasto al movimento per i diritti civili dei neri dopo le morti (per mano di pazzi isolati, ovviamente) di Malcolm X e Martin Luther King. Dopo la loro morte ci pensò Hollywood a fornire ai giovani neri un nuovo modello: il pappone, che sfrutta le donne nere (ma ha una fidanzata bianca), consuma e spaccia droga, ascolta disco-music, si veste in modo sgargiante e kitsch, si muove ciondolando e adora la auto veloci. Questo è, infatti, il ritratto dei protagonisti delle serie cinematografiche Shaft e Superfly, che rappresentano l'inizio e il vertice più alto (o più basso) della cosiddetta blaxploitation. Terminato questo fenomeno cinematografico, verso la fine degli anni Settanta, la comunità nera fu sommersa da un'ondata di crack, una droga pericolosa e di bassa qualità, derivata dalla cocaina, particolarmente accessibile ai giovani neri. Incidentalmente: almeno di quest'ultima calamità che si abbatté sulla comunità nera la responsabilità ricade sull'Fbi e sulla sua operazione Cointelpro (Counter Intelligence Program).E la marea di eroina che si diffuse in Italia negli anni Settanta, e che fu la pietra tombale del cosiddetto Sessantotto? Secondo un documentario RaiStoria, anche questa era un'operazione targata Usa: operazione Bluemoon. Il documentario completo è disponibile su YouTube.Restiamo in Italia, dove, da anni, i radicali si battono per liberalizzare la droga. Lascio al lettore ricostruire genesi e ascendenze del Partito Radicale; per ora occupiamoci di questa loro campagna. L'argomento principale (oltre a quello filosofico-liberale, per cui non esistono né bene né male e ognuno è libero di fare ciò che gli pare e piace) è questo: liberalizzando (attenzione alle parole...) la droga si toglie quel monopolio alla malavita organizzata. E chi si prenderebbe questa fetta di mercato che vale decine di miliardi di euro? Le aziende farmaceutiche, non sazie dei guadagni dei vaccini? Almeno pagherebbero le tasse, si risponde. Beh, non in Italia, certamente. E poi... cosa cambierebbe, per la società? A proposito di mafie... chi ricorda che Falcone e Borsellino furono uccisi quando cominciarono a capire che la mafia non era un fenomeno locale ma con moltissimi collegamenti internazionali e guidato da «menti raffinatissime»?In somma e in conclusione: molti danno una lettura della storia moderna e contemporanea alla luce della ricerca e controllo delle risorse energetiche, petrolio in primis. Forse è il caso di ampliare quella visione introducendo anche il mercato della droga e il suo uso politico. Perché la droga è certamente un male; ma, forse, è anche una «struttura di peccato», secondo la definizione che ne ha dato Giovanni Paolo II nell'enciclica Sollicitudo Rei Socialis (30 dicembre 1987).
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7064LA NATO VUOLE DI NUOVO LA ''CORTINA DI FERRO'' CONTRO LA RUSSIA di Rino CammilleriCi hanno messo dieci anni e denari e impegno per far tornare la Cortina di Ferro. Stoltenberg (nomen omen?) dice la Cina non è un nemico ma la Russia sì. Di chi? Della Nato, dice lui. Cioè, di americani e inglesi+Commonwealth (54 Paesi), diciamo noi. E dove hanno trovato la faglia da far sprofondare? Dov'è sempre stata: in Ucraina. Poi dicono che, in globalismo, la geografia non conta più niente...Tanti sforzi per ripristinare la famigerata Cortina spiegano tante cose. La prima è, a quanto pare, che quando c'era quella vecchia erano sotto sotto contenti. Ricordate? La parola d'ordine era «contenere» l'Unione Sovietica, mica abbatterla. Poi è spuntato un outsider, un fuori-dal-coro, uno che non veniva dal Deep State o dall'Establishment wasp, bensì, nientemeno, dal cinema. Uno che era cresciuto col mito di John Wayne e dei Berretti Verdi e - figurarsi - scambiava missive coi veggenti di Medjugorje e, con la moglie, si era messo addirittura a digiunare il mercoledì come richiesto dalla Gospa. Uno che, sordo alla realpolitik di quelli che comandano veramente, aveva osato l'inosabile: aprire regolari relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Cioè, coi papisti, l'odio puro degli americani di una volta. Sì, era Reagan. Provarono a sparargli, al solito, ma evidentemente la Gospa lo proteggeva e lui, cocciuto, continuò fino a far crollare l'Impero del Male.Risalendo per i rami e alla luce della novità, ecco che qualche storico "putiniano" dovrebbe, perché no, rimettersi a riesaminare Yalta. In questi decenni si è provato in tanti modi a cercare di spiegare perché Roosevelt consegnò mezza Europa a Stalin. Molti modi, perché, comunque la si rigirasse, la cosa non tornava. Difettava di logica. Senza la spaventosa fornitura di armi, aerei, navi, fabbriche chiavi-in-mano, soldi, ospedali da campo, attrezzature, vestiario, treni e perfino derrate alimentari, i sovietici sarebbero stati sbaragliati dalla Germania. Gli strateghi tedeschi non erano fessi e, se attaccarono i russi, è perché sapevano di potercela fare. Ma leggendo le memorie di piloti da caccia tedeschi si apprende la loro meraviglia nel trovarsi di fronte a Mustang e Hurricanes con la stella rossa sopra. Grazie al Lend Leasing Act, legge inventata da Roosevelt per cedere armi gratis, gli aerei americani diventati russi erano 14mila.Se dunque tanto hanno fatto e tanto hanno detto, la Cortina di Ferro faceva male ai popoli, sì, ma benissimo agli affari dei soliti. Si badi, non sto riesumando la famosa Vodka-Cola degli anni Settanta, né i libri di Volkoff in cui i dissidenti sovietici venivano incaprettati con manette marca Smith&Wesson. Ma solo cercando di capire perché qualcuno alla Cortina di Ferro ci tiene tanto.Un altro outsider che rischiava di far saltare il Progetto era Trump, che, credendo bastasse avere dalla sua i voti, fu l'unico leader occidentale a metter piede in NordCorea. Così come Nixon aveva fatto con la Cina. E si è visto in qual modo entrambi sono finiti nella polvere. Trump per l'assalto al Capitol (mentre i pro-choice assaltano la Corte Suprema protetti dalla polizia). Nixon per - udite, udite! - aver osato spiare il Partito Democratico. Però l'impero angloamericano si sta suicidando tramite abortifici, woke, cancel culture, trans, gender e Blm. Speriamo che non si tratti dell'ultimo sussulto agonico, tipo muoia Sansone e quel che segue. In ogni caso, ci rincuora il fatto che la Cortina odierna è più facile da abbassare: i russi non chiedono altro.Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Rino Cammilleri, nell'articolo seguente dal titolo "Cara Europa, sicura di voler adottare lo stile di vita Usa?" spiega la fissazione di esportare l'american way of life da parte degli americani, ma soprattutto la strana voglia degli italiani di adottare lo stile di vita Usa.Ecco l'articolo completo pubblicato sul Blog di Nicola Porro il 29 aprile 2022:Graecia capta ferum victorem cepit. Con questa frase di Orazio, nota a quelli che hanno fatto il liceo vero (quello in cui si bocciava ch'era un piacere) si intendeva quanto segue: l'Impero Romano, conquistata la Grecia, ne importò la cultura e perfino gli dei, cui si limitò a cambiare nome (Zeus=Giove, Hera=Giunone, Athena=Minerva, etc.). L'Impero Romano punto 2, cioè gli Usa, hanno fatto il contrario. Si facevano gli affari propri in base alla c.d. «dottrina Monroe», che suonava così: «l'America agli americani». Cioè, tutta, Nord e Sud, a loro, gli Usa. E la corrotta, decadente, aristocratica Europa, da cui il loro Padri Fondatori avevano preso schifati le distanze, la lasciavano a se stessa. Quando si decisero a intervenire, nella Grande Guerra, loro erano democratici e repubblicani, mentre l'Europa era tutta regni e imperi. Ma erano ancora figli di quella che fu giustamente chiamata Magna Europa, nati da colonie che gli europei, sciamando, avevano disseminato in tutto il mondo.Finita la guerra se ne tornarono ai fatti loro. Ma con la Seconda tutto cambiò. Compresero che dovevano esportare l'american way of life, che loro giudicavano la migliore in assoluto. I primi a capirlo, al solito, furono i comici: Alberto Sordi in Un americano a Roma e, prima di lui, Renato Carosone con Tu vuo' fa' l'americano, due cult rimasti giustamente nel nostro immaginario. Ma ingurgitare una cultura aliena, specialmente da parte di popoli che di cultura ne avevano da vendere, non era facile. Infatti, gli americani per noi erano quelli a cui Totò poteva agilmente rifilare la Fontana di Trevi, quelli che indossavano camicie fiorate di pessimo gusto e venivano a Cinecittà a imparare. Ma ormai il solco era fatalmente tracciato.Venne il Sessantotto e l'ultima diga fu spazzata via. Nacque, la c.d. Contestazione, non dal Maggio Francese come si crede, bensì dai moti studenteschi di Berkeley, Usa. Anche la c.d. cultura beat ci venne da laggiù. E fu così che pure noi ci vestimmo con le camicie a fiori e ci facemmo crescere i capelli. Il resto ce lo fornì l'appendice europea degli Usa, l'Inghilterra, che per la prima volta nella sua storia cominciò a far baronetti i complessini musicali, con diritto a sedere in Parlamento. La sartina Mary Quant risparmiò sulla stoffa con la minigonna e i pantaloncini inguinali. Celebre il suo slogan: «Amo la volgarità. Il buon gusto è la morte, la volgarità è la vita». Amen. Da allora fu tutta una discesa verso l'american way of life, che a sua volta scendeva sempre più fino ai livelli odierni. E i livelli odierni sono visibili in una cronaca nera quotidiana che ormai non fa più notizia.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7065LA TRISTE E CRUDA REALTA' DELLA PORNOGRAFIA di Rino CammilleriMi è capitato di imbattermi nel web in un film il cui titolo permettetemi di non citare perché non vorrei incoraggiare eventuali onanismi. Allora perché l'ho guardato io? Perché fuorviato dal titolo. Comunque, a parte qualche scena hard, non è un film porno ma sul porno. Film svedese sottotitolato del 2021. Narra di una giovane svedese che sogna, contenta lei, di fare la pornostar. Poiché fin dagli anni Sessanta la Svezia è stata celebre per la disinvoltura delle sue donne, magari si sarà detta: perché divertirsi gratis, visto che c'è un mercato apposito? Così, si trasferisce a Los Angeles, notoria patria di ogni tipo di bengodi, e si immette nel giro. Negli studios le chiedono preventivamente tutto, le fanno firmare di tutto, la filmano mentre firma e accetta tutto quel che le viene chiesto, lavaggi vaginali disinfettanti compresi. Le chiedono anche che cosa sia disposta a fare, e lei risponde: qualunque cosa. Filmata anche in questo, perché gli americani, si sa, vanno con l'avvocato anche dal medico. Alé, si va a incominciare.Nuda in mezzo a energumeni, fa il quarto di manzo così come le viene richiesto e va ad abitare in un appartamento con altre «attrici». Ma dopo un po' vuole salire di grado. Non le basta più fare la porno, intende diventare porno-star, anzi, la mejo di tutte. Così, passa al bondage: legata come un salame e appesa, viene sbatacchiata in lungo e in largo da stalloni tatuati mentre la troupe le fa il carosello intorno: macchina da presa, zoom in ogni sfintere, truccatrici, regista, suggeritori e quant'altro. Bene, brava, è finito, slegatela. Vuoi un bicchiere d'acqua per riprenderti? Sì. grazie. Ma la svedese vuol proprio ascendere all'olimpo del genere, perciò riesce a procurarsi un provino nello stile «estremo». E si ritrova in un set in cui tre masnadieri la picchiano, le sputano in faccia, la insultano in ogni maniera conosciuta, la schiaffeggiano sulle natiche, la strangolano mezza, sempre coprendola di sputi mentre la montano in tutte le salse. A metà percorso, però, lei non ce la fa più e grida che vuole smettere. Okay, stop, fermi tutti. Vuoi andare? Vai. Ma non vedi un soldo perché i patti non erano questi. Nell'ultima scena che ho visto, prima di chiudere con la visione, c'è lei, in lacrime, che guida verso casa, ma a un certo punto deve fermarsi a vomitare.Ah, dimenticavo la scena in cui lei, un guinzaglio da cani al collo, lecca le scarpe al macho. E quella in cui telefona affranta alla madre in Svezia: quest'ultima, usa a non influenzare le scelte esistenziali dei figli (swedish style), non fa una piega.Ora, dopo aver guardato ‘sta roba, mi sono chiesto: ma le femministe l'hanno mai visto un video porno? È vero che l'industria in questione è una della più fiorenti al mondo e macina miliardi di dollari come neanche Amazon durante la pandemia, ma gli strilli del #MeToo o delle pasionarie nostrane per i complimenti pesanti di qualche alpino li avete uditi a proposito di un settore global in cui le donne sono trattate come avete letto?Sì, è vero, ci sono quelle che, come la svedese del film, lo fanno volontariamente e non per fame. Ma risulta che Catherine Deneuve sia stata subissata per aver detto che anche certe avances non proprio signorili a molte donne fanno piacere. No, come in tutta la sfera del politicamente corretto e di quanto è nato dal Sessantotto (femminismo, ecologismo, animalismo, woke e il resto mettetecelo voi) c'è qualcosa di schizofrenico in tutto questo. Ma chiedere che almeno se ne rendano conto è pretendere troppo...
Lea Ypi è una rivelazione letteraria e con la sua scrittura delicata, intima e raffinatissima il racconto della sua vita diventa la nostra storia: "Libera", un libro Feltrinelli, presentato con Massimo Giannini al Salone del Libro di Torino 2022. Anni ottanta, a pochi chilometri da noi l'ultimo decennio del comunismo è appena cominciato. Lea Ypi è una bambina e la sua vita è scandita dalle promesse del socialismo di stato dell'Albania: un futuro preordinato, in cui si può crescere al sicuro tra compagni entusiasti. Tutto vero, fino al giorno in cui Lea si ritrova aggrappata a una statua di pietra di Stalin, appena decapitata dalle proteste degli studenti. Il comunismo non era riuscito a realizzare l'utopia. Il mondo attorno inizia a crollare... Con una nonna elegante, intellettuale e francofona, un padre che crede nei movimenti sociali del Sessantotto e una madre thatcheriana ultraliberista, Lea Ypi cresce attraversando questi tempi di rivoluzioni e di grande disorientamento, con un'educazione politica unica e ricchissima. La sua è una storia di faticosa liberazione dalle menzogne. Lea Ypi, "Libera", Feltrinelli Editore. www.feltrinellieditore.it
Chiara Tozzi"La scintilla necessaria"Mondadori Editorehttps://www.mondadori.it/A Nicola, uomo di successo che ama guerreggiare e che non ha paura di niente, manca coraggio solo in amore. Quando scopre che Sara, la donna affascinante e imprevedibile che ha amato fin da bambino, è scomparsa, decide di cercarla, mettendo a repentaglio la professione e un sereno ménage coniugale. Ha inizio così un inseguimento amoroso che si snoda nel tempo e nello spazio, dalle prime scintille del loro amore negli anni Sessanta fino a oggi, in Italia e nel mondo, in un intreccio di personaggi ed eventi che hanno segnato la nostra Storia: il Sessantotto, il terrorismo, l'euforia degli anni Ottanta, le speranze dei Novanta, il nuovo secolo e l'attacco alle Twin Towers, l'elezione di Barack Obama, la diffusione di un morbo misterioso che mette il mondo in ginocchio.Chiara Tozzi è abilissima nell'evocare la figura di Sara in assenza, nel ricostruire la vicenda di una donna istintiva e fedele a se stessa attraverso lo sguardo e i ricordi di un uomo.Un ipnotico viaggio nei sentimenti, un ritratto forte e al contempo struggente di un uomo che ha il coraggio di mettere a nudo la propria fragilità e di una donna capace di mantenersi viva, leggera, libera.Una storia d'amore ricca di ritmo e colpi di scena, con un finale emozionante e imprevedibile.Chiara Tozzi affianca l'attività di scrittrice a quella clinica di psicologa analista e a quella di docente di sceneggiatura. È autrice di racconti, romanzi, e soggetti e sceneggiature per cinema, teatro, radio e televisione. Nel 2008 ha pubblicato con Feltrinelli il romanzo Quasi una vita.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
Molti contemporanei non colsero appieno la portata de "Il Laureato," derubricandolo a una riuscita commedia romantica. Ma quello firmato da Mike Nichols è un film dalle mille sfaccettature, sulla ribellione giovanile al mondo degli adulti (uscì poco prima che esplodesse il '68), sul coming of age, ma anche, più in generale, sul malessere esistenziale e la mancanza di senso che possono accomunare le generazioni più diverse. Una pellicola che nell'arco di mezzo secolo si è imposta come un capolavoro senza tempo.
Peter SteinGianluigi Fogacci"Un'altra prospettiva"La vita e il teatro di un MaestroManni Editorihttps://www.mannieditori.it/"Io non voglio vedere su un palcoscenico ciò che posso vedere per strada, o sul mio pc, io voglio vedere una cosa diversa, voglio essere trasportato in un sistema di pensiero differente, non in quello dell'oggi in cui sono immerso; io voglio che il teatro mi regali un'altra prospettiva". Peter Stein, nato nel 1937 a Berlino, è uno dei registi teatrali più importanti e innovativi del teatro contemporaneo.In questo dialogo con Gianluigi Fogacci per la prima volta si racconta, e racconta una vita straordinaria e intensa che attraversa il Novecento fino ai giorni nostri: il lavoro, il privato, la politica.L'infanzia durante la Seconda guerra mondiale, il rapporto con il padre e con la generazione del nazismo, gli studi di letteratura e storia dell'arte per crearsi una “biblioteca interna”, il Sessantotto in Germania, la Schaubühne – esperimento di teatro collettivo nella Berlino Ovest degli anni Settanta e Ottanta –, i maestosi spettacoli portati in giro per il mondo, l'arrivo in Italia nel 1987 e l'approdo alla lirica. E poi le relazioni con il potere e le istituzioni, i tragici greci e Shakespeare e Checov, la visione del teatro che è visione dell'arte e della società e dell'esistenza.Un libro che racconta come il teatro sia imprenditoria, sia letteratura, sia tecnica, sia impegno civile, sia prospettiva. Una storia personale che si intreccia con quella collettiva, in cui Stein si mette a nudo, e rivela uno dei grandi maestri della nostra epoca.Peter SteinNato nel 1937 a Berlino, è uno dei maggiori registi contemporanei. Vive in Italia, tra San Pancrazio in Umbria e Roma.Gianluigi FogacciÈ nato a Bologna nel 1966. Attore e regista, si è formato alla Bottega teatrale di Vittorio Gassman e ha lavorato con i maggiori registi teatrali italiani, oltre che con Peter Stein. Ha partecipato anche a produzioni cinematografiche e televisive. Svolge attività di insegnamento in varie scuole di teatro.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
Voglio ricordare un ingegnere di 81 anni Giancarlo Scafidi, venuto a mancare nei primi giorni di febbraio Era nato ad Harar in Etiopia il 10 gennaio 1941, durante la seconda guerra mondiale, si era laureato in ingegneria elettronica, ma aveva dedicato la sua vita all'apostolato cattolico. Per me ha ancora il volto di un giovane che conobbi nel febbraio del 1968, quando iniziò la rivolta studentesca all'Università di Roma.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6861COME VIENE INSEGNATO DANTE NELLE SCUOLE? di Rino Cammilleri«...non so se Dante era un uomo libero, un fallito o un servo di partito». Così cantava il cantore del Sessantotto scolastico, Venditti, e il verso la dice lunga sulla profondità dei sinistri di allora. «Tutto è politica. Il privato è politico» (Gramsci). Cioè, l'unica cosa che esiste è la politica. Infatti, a quelli non interessa altro. No, mi correggo. Il rigo seguente di Venditti recita: «Ma Paolo e Francesca, quelli me li ricordo bene».Eggià, la sola cosa che in tutto il triennio liceale passato a studiare (?) Dante rimane in testa a un adolescente politicamente orientato sono i due adulteri che non a caso Dante mostra in balìa dei venti della passione. Senza l'ancoraggio della ragione si finisce preda del ventre più o meno basso. Come un adolescente politicizzato: non ha cultura né esperienza, basta un pifferaio per plagiarlo. Dice un vecchio adagio: se a sedici anni non sei comunista non hai cuore, se a quaranta lo sei ancora non hai cervello. Va pur detto, a discolpa di Venditti, che l'insegnamento di Dante nei licei era, come tutte le cose obbligatorie, semplicemente insulso. Almeno a mia memoria (ma anch'io appartengo alla generazione di Venditti). L'insegnante leggeva i versi della Commedia e li traduceva in italiano corrente. Che il libro che Paolo e Francesca leggevano insieme fosse «galeotto» probabilmente non lo sapeva nemmeno lui, perciò appresi che si trattava di un cavaliere della Tavola Rotonda - Galeotto, signore delle Terre Lontane - solo da adulto e per conto mio.È vero, Umberto Eco diceva che la scuola non serve tanto a insegnarti cose, quanto a metterti in grado di trovare in tre minuti l'informazione che ti serve, quando ti serve. Ma è anche vero che l'interrogazione su Dante consisteva, pur'essa, nella traduzione in italiano corrente dei versi. Certo, pretendere che un insegnante laureato sia anche bravo è troppo. Anche i preti, non si può pretendere che siano degli oratori avvincenti. Però l'omelia devono farla lo stesso. Anche se il pubblico sbadiglia. O si distrae, come a scuola, e Dante rimane per sempre un ricordo fastidioso o distorto (se il pomeriggio qualcun altro me lo spiega in sezione).Mi si permetta un aneddoto personale (anche perché in questo settecentenario legioni più competenti di me si sono cimentate, perciò ci sarebbe poco da aggiungere). Per un breve periodo fui assistente agli esami di Storia degli Stati Uniti, materia appena introdotta in Facoltà. A una sessione si presentò una candidata che, invitata a un argomento a piacere, partì con una velocissima cantilena ovviamente memorizzata a pappagallo. A un tratto una parola fuori posto mi mise in allarme e interruppi: «Ma signorina, lei lo sa che cosa è il Congresso?». Silenzio attonito e sudato. Il titolare allora le fece cenno di continuare, e lei riprese con la stessa parola su cui era stata fermata. Ta-ta-ta-ta... All'ora del voto, il titolare scrisse 27. E io: «Ma come? Quella passerebbe a Storia degli Stati Uniti senza sapere che cosa è il Congresso? Si rende conto che sicuramente andrà a fare l'insegnante?». Risposta: «Se comincio a bocciare, gli studenti disertano il corso e me lo aboliscono per mancanza di utenza».Insomma, qualcuno inventi un modo nuovo per insegnare Dante nelle scuole, altrimenti dovremo adattarci ai comici come Benigni. Ma guardate i film americani e inglesi, se proprio non siete mai stati nei Paesi anglofoni. Il loro poeta nazionale è Shakespeare e lo citano continuamente, lo rappresentano, organizzano teatri nelle scuole, lo sanno a memoria, perfino nei saloon del west c'è chi lo recita. Moltissimi, se non tutti, attori inglesi sono «shakespeariani», nel senso che è sui testi del Bardo che si sono formati e hanno fatto carriera. Tanti sono diventati «sir» e parecchi sono Oscar. Non ce n'è uno che, cimentatosi alla regia, non abbia messo in scena un'opera di Shakespeare. Il nostro Zeffirelli, conoscendo bene il mercato internazionale, vi ha attinto più volte. Perfino il Capitano Picard di Star Trek viene da quelle esperienze. In Italia abbiamo Dante. E lo lasciamo a Benigni.
È il film che ha segnato il trionfo internazionale di Gabriele Salvatores, l'apice della sua “tetralogia della fuga”. Una neo-commedia all'italiana un po' annacquata rispetto ai suoi illustri predecessori, godibile e irritante al tempo stesso, di cui affrontiamo i grandi pregi (primo fra tutti un Abatantuono in stato di grazia) e i non pochi limiti.
Dopo il delitto di Baccaiano del 1982 una lettera anonima indirizza gli inquirenti su un altro delitto a danno di una coppia appartata in auto avvenuto ben 14 anni prima. Il 21 Agosto del 1968 due amanti vengono uccisi a Castelletti di Signa, a pochi km da Firenze. La perizia non lascia dubbi: la pistola ed i proiettili sono gli stessi. Per indagare sulle origine di questa catena di delitti dobbiamo allora tornare a quando l'impavido Antonio invitò Barbara al cinema nella calda estate del ‘68. “Nessuno, il mostro di Firenze” è un podcast prodotto da Caso Zero Media. Testi e voci: Eugenio Nocciolini e Edoardo Orlandi. Montaggio e Sound Design: Andrea Casagni. Copertina: Giuseppe Di Bernardo. Seguici su: https://www.instagram.com/casozeromedia Contatti: casozeromedia@gmail.com Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Trapani, 2012. Renato Curcio è chiamato a deporre in qualità di teste nel corso di un'udienza del processo per l'omicidio di Mauro Rostagno.Il nostro sito internet: https://spazio70.com/Donazioni tramite il sistema Paypal: https://www.paypal.me/Spazio70La nostra pagina Facebook: https://www.facebook.com/gliannisettantaIl nostro account Instagram: https://www.instagram.com/spazio.70/Twitter: https://twitter.com/Nazionalpop70Il nostro gruppo Telegram (molto importante): https://t.me/spazio_70Audio Radio Radicalehttps://creativecommons.org/licenses/...
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6795IL PRINCIPE CORRADINO DEL REAME DI ZUCCAPIENA di Benedetta de VitoNel bel reame di Zuccapiena, quando gli asini volavano e Berta filava, viveva un principino di nome Corrado, che tutti però, poiché era piccino, chiamavano Corradino e così faremo anche noi. A Corradino, che amava schiacciare le formiche e uccidere le mosche con la fionda, non garbava l'ordine in cui era costretto a vivere. Storceva il naso al profumo di lavanda delle sue lenzuola, si tediava a veder che persino i muli erano ben educati a Zuccapiena e sbuffava quando sua madre invitava lui e i suoi fratellini alla preghiera. Con la bocca recitava, con il cuore era al fianco di Gigetto Rompicollo a schiacciar le rane nel pantano.Un giorno, però, un brutto giorno mentre stava chino sull'acqua torbida dello stagno, non fece in tempo ad acchiappare una raganella che quella gli stampò su una guancia un bacio. Sentì tutto un formicolio, apri la bocca, ma invece di aiuto disse cra e, con un salto, si buttò nel gorgo mentre Gigetto si sbellicava dalle risa e, invece di dargli una mano, si infilava tutte le dita nelle narici del naso a pescar le cosette sue.Corradino che lassù era principe si trovò principe anche tra le ranocchie, che vivevano in piena libertà, in un Sessantotto si può dire da leccarsi le dita con lo schiocco per il nostro Corradino che vi si buttò, per così dire, a pesce. Regole non ce n'erano e se c'erano erano talmente confuse che si trovava sempre un mezzuccio per aggirarle. Si poteva dormir tutto il giorno e aver lo stesso i pasti assicurati e anche le bisbocce. Corradino se la spassò alla grade, incurante di tutto e ben felice di essersi lasciato alle spalle la mamma, le duchesse e tutti gli spigoli dei doveri che a Zuccapiena erano rispettati dai paggi, dai palafrenieri e anche dalle mosche. Che sguazzi, che solluccheri, che scialo, signori miei, No, a Corradino non dispiaceva punto aver perduto il suo tronino al palazzo del Re. Il bene era chiamato male nel fosso e non si pregava mai perché Dio lo avevano cancellato da vocabolario.E tutto andò avanti così per un bel pezzo e Corradino non si accorse per niente che l'acqua del pantano si era fatta più calda. No, no, no, nossignore, anzi il bagnetto al vapore quasi gli piaceva ed era diventato, per le rane, una moda. Chiamavano quel teporino, il bagno di bellezza e così, scrollando le zampette, non ci pensarono più. Poi un mattino di pioggia, portato dalla guazza si presentò alle porticine dello stagno un grosso rospo, detto il Drago, che aveva fatto parlar di sé in giro per i pantani vicini per essere un tipo meticoloso, un gran signore, un tutto d'un pezzo e un tesoruccio.Fu così che il re delle rane, stanco di governare e anche un poco stufo, passò al Drago i pieni poteri. Il pantano si fece un poco più caldo, ma non troppo. Il Drago, presto, cominciò a legiferare e il mondo già storto delle rane si mise a capo in giù. Tutte le rane, da allora in poi, potevano, volendo, farsi libellule. Così in molte si mozzarono le zampette e rubarono le ali agli insetti che svolazzava quieti sull'acque. Via aprire tutti i confini alle rane immigrate che erano, di stazza, il doppio di quelle del pantano. Così in molte si trovarono in esilio e nessuno se ne curava, presi com'erano a dare il benvenuto alle nuove venute, applaudite anche se eran piene di bitorzoli.Poi il Drago stabilì che le rane maschio potevano dirsi femmine e viceversa e Corradino iniziò a non capirci più nulla. Un giorno poi il Drago disse che si era scatenata una pestilenza gravissima e che, per sopravvivere, le rane dovevano star ferme per giorni, settimane e mesi nel luogo detto il Riposo delle ninfee. Cioè il cimitero. E le rane tutte quante, malate di paura, obbedirono. Le zampe a mollo permanente non le sentivan più, ma il cuore batteva ancora. Si guardavan in cagnesco l'un l'altra per timore del contagio. Il Drago per non sentirle più lamentarsi tappò loro la bocca con una benda anti-malattia. Tiè! Zitte e mosca.Poi il Drago dichiarò che per far la medicina contro la pestilenza occorreva sacrificare i girini e quelle, ubbidienti, gli portarono gli ingredienti, felici di salvarsi la pelle, uccidendo i loro piccolini. Fu distribuita la medicina che era un pastrocchio color marrone che lasciava il segno in modo che si vedesse chiaro e tondo chi l'aveva messa e chi, contravvenendo al volere del Drago, no.E siccome Corradino, di girini, da sacrificare non ne aveva, se ne restò in un canto, color verde brillante, sperando di non dar nell'occhio. Oh, ma invece lo videro, eccome, e lo randellarono per bene perché, senza unguento della vita (cioè della morte) metteva in pericolo il gruppo, perché si comportava da antisociale, perché non voleva uniformarsi a quel che facevan gli altri e alla volontà del Drago.Tutto ammaccato, e mogio mogio, Corradino ripensò al suo lettino profumato di lavanda, alla mamma che lo chiamava alle preghiere, ai muli educati di Zuccapiena e provò una gran nostalgia, il cuore gli si strinse in petto e proprio mentre stava per gocciolar la prima lacrima si svegliò: era nel suo bel lettino, a Zuccapiena e, tra le braccia, stringeva un ranocchio verde dono della tata, che, entrata in quell'istante, gli disse: "Ovvia, svegliati pigrone, mica vuoi esser come quel ranocchio che stringi al petto?. Nossignore, rise tra sé Corradino e il giorno successivo tuffò le mani nello stagno, estrasse un grosso rospo nero e lo portò ai confini del regno, nel Deserto delle lucertole viola... Così finiscono nelle fiabe e anche nel libro della Sapienza, i cattivoni che usurpano il potere che è dono del Signore.
Gino Tellini"Palazzeschi"Salerno Editricehttps://www.salernoeditrice.it/Rio Bo («Tre casettine / dai tetti aguzzi»), La fontana malata («Clof, clop, cloch»), Chi sono? («Chi sono? / Il saltimbanco dell'anima mia»): giocoliere irriverente e spericolato, come l'aereo omino di fumo protagonista del romanzo Il Codice di Perelà, il fiorentino Aldo Palazzeschi (1885-1974) è autore poliedrico, poeta e narratore controcorrente. Dalle avanguardie storiche a inizio secolo, tra suggestioni crepuscolari (I cavalli bianchi) e futuriste (L'Incendiario), è approdato in piena maturità alla stagione tra le due guerre (Stampe dell'800, Sorelle Materassi, Il palio dei buffi), per poi rinnovarsi, nel periodo della Neoavanguardia e dopo il Sessantotto, con una sempreverde energia inventiva. Ha attraversato l'intero Novecento, tra epoche e climi culturali diversi, ma ha sempre fatto parte per sé, rifiutando etichette d'appartenenza a qualsivoglia schieramento letterario. Da irriverente malpensante, ha sempre difeso il proprio talento nel sovvertire mode e parole d'ordine suggerite dalla cultura dominante.Imprendibile Palazzeschi. Quando sembra di averne catturato ogni segreto, ecco che sfugge e vola via, leggero e multiforme come Perelà, lasciando dietro di sé l'eco di una risata: divertita, irridente, sarcastica, liberatoria? Lo spettacolo stupefacente del mondo lo incanta e lui possiede il dono raro di saperne godere la messinscena piú variegata, multicolore, cangiante. Il fatto è che ama e valorizza la diversità, l'imprevedibile varietà, il movimento. E in piú possiede la virtú preziosa dell'autoironia. Al tempo stesso, però, scruta con sofferenza le ombre e le pene che angustiano la realtà d'ogni giorno. Ma aspira a un punto alto d'osservazione che gli consenta di convertire in gioia anche la sostanza dolente del vivere e dell'esistere: «Muoiono i poeti / ma non muore la poesia / perché la poesia / è infinita / come la vita».Gino Tellini è professore emerito dell'Università di Firenze. Presso la Salerno Editrice ha pubblicato, oltre a Manzoni. La storia e il romanzo (1979), Leopardi (2001, 4a ristampa 2020), Manzoni(2007) e Svevo (2013), le edizioni di G. Verga, Le novelle (1980, 2 voll.), G. Leopardi, I Canti e le Operette morali (1994), A. Manzoni, Le tragedie (1996). Tra le opere piú recenti: Metodi e protagonisti della critica letteraria (Milano 2010, 2019); Natura e arte nella letteratura italiana (ivi, 2015); Storia del romanzo italiano (ivi, 2017).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
Puntata 399 di Border Nights in onda in diretta su Web Radio Network e poi in podcast su tutte le piattaforme digitali (Spotify, Amazon Music, Podcast di Apple, Google Podcast, Deezer, ecc.). Ospiti della puntata Danilo Fabbroni e Mac Dei Ricchi.Danilo Fabbroni ci parlerà del suo ultimo libro "La Superficie Opaca": Se vi chiedete perché è stato possibile in poche settimane perdere tutti i diritti costituzionali; se guardando al secolo scorso avete un'impressione di déja vu, questo libro è per voi. Perché aldilà della scintilla – l'evento scatenante, che noi chiamiamo Covid – occorre una lunga preparazione per incendiare il falò delle nostre libertà. Di questa preparazione Fabbroni segue minuziosamente le tracce, sino a svelare insospettabili, oggettive alleanze a fin di male. Capire da chi – e dove – siamo condotti non ètuttavia una mera curiosità intellettuale: nell'era dei “cervelli da cannone” ch'è lanostra, è una questione di sopravvivenza. Danilo Fabbroni (n. 1956), saggista, fotografo, velista. Autore di Rigging (2004), testo di arte marinaresca divenuto un vero e proprio caso letterario, dei saggi Sessantotto, magie, veleni ed incantesimi Spa (2017) e Huxley. Oltre la baia dell'umanità (2020), e del romanzo In debito d'ossigeno (2019). Collabora a diverse testate, fra cui il blog di Maurizio Blondet.Con noi poi Mac Dei Ricchi autore de "Anno DominI". Un libro con la copertina dedicata a San Giorgio che uccide il Drago, nell'anno in cui l'Italia viene posta nelle mani di uno che di cognome fa Draghi. Pura fatalità o trascendentale coincidenza?Perché, se non bastasse, in questo nuovo lavoro anche il nome di Mario è attentamente citato con riferimento al famoso console romano legato ai Cesari.Il tempo valuterà tutte queste coincidenze. Per il momento ci basta presentare i contenuti di quella che è la nostra ultima fatica e che, grazie alle precedenti, conduce ad approfondimenti sempre più illuminanti sulla storia antica e del cristianesimo.Quello che più mancava nelle ricerche su Gesù era una prova della sua esistenza e delle sue azioni che avesse attraversato il tempo per giungere ancora quasi intatta fino a noi. Una testimonianza che fosse coeva a lui e magari non uscita dalle mani dei suoi discepoli. Dopo quasi 20 secoli questa prova è stata trovata e in “Anno Domini” è presentata in tutta la sua bellezza per tutte le informazioni che offre sul protagonista per eccellenza del cristianesimo.In questo libro abbiamo definitivamente dimostrato come le storie della Bibbia nascondono nient'altro che quelle degli Etruschi e delle loro battaglie per non venire sottomessi dai nemici, in particolar modo i Cesari. Una rivisitazione storica che spiega molti dei misteri su questo antico popolo e che ci porta a farlo coincidere con gli altrettanto famosi Giudei. Una scoperta strabiliante per tutte le ripercussioni culturali che porta con sé.La storia dell'Egitto è legata a quella degli Ebrei ma anche a quella che vide come protagonista Gesù su cui si fonda il cristianesimo. Ma quanti e quali furono i rapporti sociali in cui furono coinvolti popoli e nazioni come viene narrato anche nella Bibbia? In “Anno Domini” questi legami vengono evidenziati a tal punto da confermare che proprio in Gesù scorreva del sangue degli antichi regnanti egizi. E che la storia stessa di Roma è dipendente da quella dell'Egitto molto di più di quanto si creda.La pubblicazione di “De romana fabula” e “De hebraica fabula” ha suggellato la dimostrazione di un assunto finora mai intuito: la Bibbia contiene la storia romana apparentemente narrata come se fosse la storia di un altro paese. Dopo i due volumi nominati questa affermazione è ben giustificata ma ciò non toglie il gusto di poter raccogliere ancora molte prove a suo sostegno. Nel mentre l'investigazione prosegue irrobustendo sempre più la dimostrazione già pubblicata, emergono particolari nuovi a chiarire la dinamica degli eventi storici.“Anno Domini” contiene tutto quello che abbiamo appena descritto. Inizia con la spiegazione sulle origini e le datazioni di quattro importanti monumenti di Roma, per approdare alle biografie di fondamentali personaggi della sua storia e terminare con le origini dei popoli che hanno colonizzato aree vitali del Mediterraneo. Le nuove scoperte sono state possibili grazie a quella che è la dimostrazione forse più lampante di quanto andiamo ricostruendo da anni. Una dimostrazione che è tale non solo per quanto riesce a spiegare, ma soprattutto per la precisione su cui si basa, fornita da più sequenze di numeri che costituiscono la cronologia storica.Con la partecipazione di Riccardo Rocchesso, Paolo Franceschetti, Tom Bosco, Michele Guerrieri
Incontro con Lucetta Scaraffia Ora che il clima riguardo alla liberazione sessuale è mutato e la libertà di costumi ha raggiunto l'apice, a cinquant'anni di distanza dal Sessantotto, è possibile una lettura critica che ne valuti gli effetti e verifichi quel che ne è stato delle promesse. Cosa si è avverato dell'utopia originaria? Lucetta Scaraffia ci restituisce la complessità di un processo che necessita di una storia finalmente completa, di un bilancio e di una critica del movimento femminista. Edizione 2019 www.pordenonelegge.it
Non ci sono solo questi europei ma anche una speciale radiocronaca sportiva dal passato con Pippo Russo che ci racconta il trionfo agli europei del Sessantotto
Concetto Vecchio"L'ultimo compagno"Emanuele Macaluso e il romanzo di una vitaChiareletterehttp://chiarelettere.it/Una biografia non solo politica, ma anche umana e sentimentale, dove pubblico e privato s'intrecciano. La storia di un comunista che disubbidiva. L'avventura di una vita fuori dal comune.«Bisognava ribaltare il mondo» ricorda Macaluso evocando la sua iniziazione alla politica. Per oltre un anno e fino a pochi giorni prima della morte, Concetto Vecchio lo ha incontrato nella sua casa romana, nello storico quartiere di Testaccio, per comporre un ritratto a figura intera («più Emanuele e meno comunismo»). Una biografia non solo politica, ma anche umana e sentimentale, dove pubblico e privato s'intrecciano. Sul filo della memoria scorrono le pagine di questo libro che si legge come un romanzo del Novecento. L'infanzia nella Sicilia poverissima, dove i bambini lavoravano piegati tutto il giorno nelle miniere di zolfo. La tubercolosi contratta appena adolescente («ero certo che sarei morto giovane»). L'impegno nel Pci clandestino negli anni del fascismo, quando era ancora un ragazzo ma già ricopriva ruoli di rilievo. I maestri e gli amici di una vita (Luziu Boccadutri, Girolamo Momo Li Causi, Pio La Torre, Leonardo Sciascia, ragazzi fatti col filo e col ferro). Le lotte politiche ma anche le storie d'amore («quando gli alleati bombardarono Caltanissetta, io mi trovavo nel letto di Lina»: per quella relazione con una donna sposata, di cui per la prima volta vengono a galla i documenti giudiziari e le lettere, Macaluso finirà in carcere per il reato di adulterio nel 1944, «colpevoli soltanto di amarci, questa era l'Italia miserabile di allora»). L'impegno antimafia, il Sessantotto, il terrorismo, gli anni Ottanta alla direzione de l'Unità (sua la prima pagina il giorno dei funerali di Enrico Berlinguer: «TUTTI»), fino agli ultimi giorni, quando ormai era diventato un'icona della sinistra italiana. La storia di un comunista che disubbidiva. L'avventura di una vita fuori dal comune.Concetto Vecchio, è giornalista alla redazione politica de «La Repubblica». Vive a Roma. È autore di Vietato obbedire (Bur Rizzoli 2005) sul '68 alla facoltà di sociologia di Trento e Ali di piombo (Bur Rizzoli 2007) sul movimento del 1977 e il delitto Casalegno. Ha vinto i premi Capalbio e Pannunzio. Nel 2009 ha pubblicato per Chiarelettere il libro "Giovani e belli".IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
Ciao Ragazzi!On these days the European Football Championship is underway.We jump back to 1968 when Italy won its first and only European title.It was a new beginning for Italian football, in a year full of social turmoils,that set the tone of the decade to come.Here is the link to my Patreon, where you'll find the transcript in Italian:Go to https://www.patreon.com/learnitalianwithdavide/....My Instagram page for all your feedback & commentshttps://www.instagram.com/italian_stories_with_davide/.....Hope you enjoy and...Ci vediamo presto!Music by Andrea Danuzzo: https://soundcloud.com/andrea-sven-danuzzo...Sources:John Foot - Calciohttps://www.amazon.it/Calcio-John-Foot/dp/0007175752John Foot - The archipelagohttps://www.amazon.it/Archipelago-Italy-Since-1945/dp/1408827247Alfio Caruso - Un secolo azzurrohttps://www.amazon.it/secolo-azzurro-Centanni-raccontati-Nazionale/dp/8830437921Enrico Deaglio - Patria 1967-1977https://www.amazon.it/Patria-1967-1977-Enrico-Deaglio/dp/8807173271
Gioachino Lanotte, Paolo Colombo"Azzurri"Storie della nazionale e identità italianaUtet Librihttps://www.utetlibri.it/La storia di come la squadra azzurra ha contribuito a formare l'identità italiana, dai primi mondiali vinti durante il ventennio fascista alla delusione finale di Messico '70, dai gol di Paolo Rossi in Spagna alla grande crescita della nazionale femminile.Nel 1934, a Roma, nello stadio del PNF, la nazionale italiana vince la seconda edizione della Coppa del Mondo. Mussolini, che da tempo ha deciso di usare lo sport come aggregatore identitario, siede compiaciuto sugli spalti. L'Italia, del resto, si è guadagnata gli elogi dell'opinione pubblica mondiale, non solo per l'ottima prestazione sportiva, ma anche per l'imponente piano edilizio che ha portato alla costruzione di otto stadi disseminati in tutta la penisola. Nonostante (o, forse, proprio per) gli eccessi della retorica fascista, gli italiani sono tuttavia ancora freddi verso la maglia azzurra: prestano maggior attenzione ai club cittadini, che vellicano il secolare campanilismo comunale. Servirà ancora del tempo per veder nascere un sentimento unitario di attaccamento agli azzurri, ma sempre di più la storia della nazionale italiana si specchierà in quella del paese.Grazie all'utilizzo delle fonti più diverse, come la tv e la letteratura, il cinema e la canzone popolare, i giornali e il web, Paolo Colombo e Gioachino Lanotte, storici di professione e appassionati tifosi, ricompongono la vasta cornice culturale che circonda le imprese della selezione azzurra. Così, ai momenti ormai leggendari impressi nella memoria dei tifosi, come la staffetta Rivera-Mazzola del 1970 in Messico, l'esultanza di Tardelli al Mundial spagnolo e le lacrime di Roberto Baggio dopo il rigore di USA '94, si alternano quelli della storia sociale, politica, economica e culturale italiana: dalle prime trasmissioni tv organizzate per le Olimpiadi di Roma nel 1960 alle contestazioni del Sessantotto e degli anni settanta, dagli scandali edilizi modello Prima repubblica di Italia '90 fino alla questione migratoria o al dibattito sulla parità di genere alimentato dall'importanza e visibilità crescenti della selezione calcistica femminile.Azzurri ricostruisce l'intricato percorso di un amore difficile, fatto di disinteresse e lacrime, rassegnazione ed esultanze incontrollate, e, allo stesso tempo, traccia la storia di un popolo che «ha cominciato a sentirsi unito in un'identità comune solo – e neppure sempre – quando undici dei suoi ragazzi si infilavano una maglia azzurra per scendere su un campo verde a inseguire una sfera di cuoio».Paolo Colombo (Milano, 1961) è professore ordinario di Storia delle istituzioni politiche presso la Facoltà di Scienze politiche e sociali dell'Università Cattolica di Milano. Lavora da tempo sul rapporto tra storia e narrazione. Oltre a numerose pubblicazioni scientifiche, è autore di romanzi per ragazzi.Gioachino Lanotte (Corsico, 1956) è docente di Storia contemporanea presso la Facoltà di Scienze politiche e sociali dell'Università Cattolica di Milano. Autore di diverse pubblicazioni scientifiche, insieme a Paolo Colombo ha scritto La corsa del secolo. Cent'anni di storia italiana attraverso il Giro (Mondadori, 2009).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
Massimo Parizzi"Io"Manni Editorihttps://www.mannieditori.it/Il protagonista è un bambino che, nato nel 1950, vediamo crescere fino a oggi. In questa storia, però, il tempo non segue il calendario.Eccolo, così, ragazzino, ansioso di salire sulla tettoia del garage in cortile; anziano, comprare un fiocco per la nascita del nipote; di nuovo bambino, chiedere a un'amica: “Tu sei io?” È la scoperta, decisiva, che “tutti sono io”.Anche gli altri personaggi non compaiono qui per avere una storia, ma per mostrarne un'altra: quella dell'io di tutti. Fra di essi, i tanti che durante la Primavera araba affollano piazza Tahrir al Cairo; i giovani che nel Sessantotto occupano il liceo; il bimbo che nel 2003 prende a pugni a Baghdad la testa della statua di Saddam Hussein; i partecipanti a una “carovana per la pace” nella ex Jugoslavia.Un'audace biografia generale di eventi, domande e pensieri.Segnalato al Premio Calvino con la seguente motivazione:"Per la sperimentalità e il coraggio di una autobiografia per frammenti che con lingua tersa e immediatezza filosofica si pone quesiti esistenziali di sempre”.Massimo Parizzi è nato a Milano nel 1950.Lavora come traduttore per diverse case editrici ed è stato consulente di un'agenzia letteraria.Dal 1999 al 2012 ha diretto la rivista quadrimestrale “Qui - appunti dal presente”. Ha scritto, tra le altre testate, per “il manifesto”, “L'indice dei libri del mese”, “Poliscritture”, “Il segnale”, “Nazione Indiana”, “Alfabeta2”.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
I giovani che ritornano nelle piazze e nelle strade nel 1977 sembrano da subito molto diversi dai loro fratelli maggiori del Sessantotto: sono più colorati, amano la musica, ascoltano le radio private, leggono riviste e fanzine molto stimolanti, ma soprattutto non sono più disposti a subordinare desideri ed esigenze a una politica che sa di stantio.Quello che vogliono lo rivendicano. E subito.La creatività non ha mai desiderato così fortemente mettere in crisi il potere.BIBLIOGRAFIASimone Alliva, Fuori i nomi! Intervista con la storia italiana Lgbt, Roma, Fandango, 2021Simona Colarizi, Un Paese in movimento. L'Italia negli anni Sessanta e Settanta, Roma-Bari, Laterza, 2019Angelo Pezzana, Dentro e fuori, Milano, Sperling & Kupfer, 1996Antonio Pizzo, Il teatro gay in Italia. Testi e documenti, Torino, Mimesis, 2019
Santa collera e rabbia da domare - Di recente, le nostre trasmissioni hanno trattato la rabbia nei bambini. Nell'ultima puntata, due di interviste con protagoniste, angolazioni e punti di vista differenti affrontano la rabbia degli adulti. La psicanalista Marina Valcarenghi è autrice di molti libri, spesso su temi “scomodi” e con titoli come Mamma non farmi male, Ho paura di me, L'aggressività femminile, Senza di te non esisto… Valcarenghi considera il proprio lavoro indissolubilmente legato al tessuto sociale, e a partire dal 1994, per prima volta in Italia, ha introdotto in carceri milanesi la cura psicoanalitica rivolta a uomini in reparti di isolamento - ovviamente per libera scelta dei detenuti - prima a Opera e poi a Bollate. Questo intervento ha fra l'altro quasi azzerato la recidiva fra i pazienti, sia in carcere che fuori. “La rabbia è un'energia potente, bisogna vedere che uso se ne fa e chi lo fa” ha spiegato. La rabbia può essere autodifensiva e regressiva, o può invece essere motore di cambiamento, la benzina di una rivoluzione sociale. “La rabbia è un sentimento fondamentale che uso tantissimo in analisi, quando la trovo. Jung la chiamava 'santa collera'. Per esempio, la rabbia dei migranti è evolutiva, se è consapevolezza dell'ingiustizia, se quest'energia si trasforma in lotta per rimediare all'ingiustizia”. Un altro esempio di rabbia evolutiva fornito dalla psicoanalista è quanto accaduto nel Sessantotto, quando le giovani generazioni reagirono in modo rabbioso ma anche creativo e fantasioso a quello che era un tentativo di “fregare il futuro agli studenti e agli operai”. Il senso dell'ingiustizia è quello che “ti fa tenere duro e andare avanti, sennò crolli. Ecco perché la rabbia mi sembra importante.” Se da un lato la rabbia può essere “santa”, dall'altro occorre anche imparare a gestirla. Ne abbiamo parlato con Linda Degli Esposti, facilitatrice del gruppo “Arrabbiarsi che fatica!” organizzato dall'associazione bolognese “L'Arco”. “La rabbia è un'emozione”, racconta ai microfoni di Psicoradio, “non è né giusta né sbagliata”. Ci sono tante sfumature di rabbia quante sono le persone, “ciascuno la prova in modo e per ragioni diverse: ci sono rabbie più esplosive, altre più interiorizzate, altre ancora più passive” e così via...Come si può gestire? Anche in questo caso varia molto da persona a persona. “Molte persone hanno bisogno di sfogare fisicamente la rabbia ma ciò deve naturalmente avvenire sempre nel rispetto di sé stessi e dell'altro: uscire a camminare oppure sfogarsi su un sacco da boxe può essere un modo per sfogare la componente fisica ma poi c'è anche tutta la componente della comunicazione.”..“La rabbia è sempre un campanello d'allarme che merita una riflessione: può essere qualcosa che devo imparare a smussare oppure un grande motore che serve a reagire ad un'ingiustizia.” Discriminare tra le due è dunque un lavoro complesso e talvolta lungo...“Non tutte le persone che si arrabbiano sono violente. La rabbia può sfociare in violenza oppure no. La violenza è un atto, non un'emozione, e quindi non vanno sovrapposte le due cose”, spiega Linda Degli Esposti. E dopo che una persona ha espresso la propria rabbia che sentimenti prevalgono? “Ci sono persone che si sentono molto in pace con sé stesse e con gli altri, altre che si sentono mortalmente in colpa. La gestione del dopo diventa quindi in alcuni casi spesso più complicata di quella del durante.”
Santa collera e rabbia da domare - Di recente, le nostre trasmissioni hanno trattato la rabbia nei bambini. Nell'ultima puntata, due di interviste con protagoniste, angolazioni e punti di vista differenti affrontano la rabbia degli adulti. La psicanalista Marina Valcarenghi è autrice di molti libri, spesso su temi “scomodi” e con titoli come Mamma non farmi male, Ho paura di me, L'aggressività femminile, Senza di te non esisto… Valcarenghi considera il proprio lavoro indissolubilmente legato al tessuto sociale, e a partire dal 1994, per prima volta in Italia, ha introdotto in carceri milanesi la cura psicoanalitica rivolta a uomini in reparti di isolamento - ovviamente per libera scelta dei detenuti - prima a Opera e poi a Bollate. Questo intervento ha fra l'altro quasi azzerato la recidiva fra i pazienti, sia in carcere che fuori. “La rabbia è un'energia potente, bisogna vedere che uso se ne fa e chi lo fa” ha spiegato. La rabbia può essere autodifensiva e regressiva, o può invece essere motore di cambiamento, la benzina di una rivoluzione sociale. “La rabbia è un sentimento fondamentale che uso tantissimo in analisi, quando la trovo. Jung la chiamava 'santa collera'. Per esempio, la rabbia dei migranti è evolutiva, se è consapevolezza dell'ingiustizia, se quest'energia si trasforma in lotta per rimediare all'ingiustizia”. Un altro esempio di rabbia evolutiva fornito dalla psicoanalista è quanto accaduto nel Sessantotto, quando le giovani generazioni reagirono in modo rabbioso ma anche creativo e fantasioso a quello che era un tentativo di “fregare il futuro agli studenti e agli operai”. Il senso dell'ingiustizia è quello che “ti fa tenere duro e andare avanti, sennò crolli. Ecco perché la rabbia mi sembra importante.” Se da un lato la rabbia può essere “santa”, dall'altro occorre anche imparare a gestirla. Ne abbiamo parlato con Linda Degli Esposti, facilitatrice del gruppo “Arrabbiarsi che fatica!” organizzato dall'associazione bolognese “L'Arco”. “La rabbia è un'emozione”, racconta ai microfoni di Psicoradio, “non è né giusta né sbagliata”. Ci sono tante sfumature di rabbia quante sono le persone, “ciascuno la prova in modo e per ragioni diverse: ci sono rabbie più esplosive, altre più interiorizzate, altre ancora più passive” e così via...Come si può gestire? Anche in questo caso varia molto da persona a persona. “Molte persone hanno bisogno di sfogare fisicamente la rabbia ma ciò deve naturalmente avvenire sempre nel rispetto di sé stessi e dell'altro: uscire a camminare oppure sfogarsi su un sacco da boxe può essere un modo per sfogare la componente fisica ma poi c'è anche tutta la componente della comunicazione.”..“La rabbia è sempre un campanello d'allarme che merita una riflessione: può essere qualcosa che devo imparare a smussare oppure un grande motore che serve a reagire ad un'ingiustizia.” Discriminare tra le due è dunque un lavoro complesso e talvolta lungo...“Non tutte le persone che si arrabbiano sono violente. La rabbia può sfociare in violenza oppure no. La violenza è un atto, non un'emozione, e quindi non vanno sovrapposte le due cose”, spiega Linda Degli Esposti. E dopo che una persona ha espresso la propria rabbia che sentimenti prevalgono? “Ci sono persone che si sentono molto in pace con sé stesse e con gli altri, altre che si sentono mortalmente in colpa. La gestione del dopo diventa quindi in alcuni casi spesso più complicata di quella del durante.”
About the tumultuous year that changed the world, including Italy.- Credits : - “Your Intro” by Audionautix (http://audionautix.com/) courtesy of Creative Commons (https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/) - “Ho visto anche gli zingari felici” by Claudio Lolli (1976) after Luca Carboni and Riccardo Sinigallia (2008)
In questo episodio gli spunti dalla visita in Trentino del commissario straordinario per l'emergenza Covid, Francesco Paolo Figliuolo, e del capo del Dipartimento della Protezione civile nazionale, Fabrizio Curcio. Spazio poi ai seminari di innovazione virale della School of Innovation di UniTrento e l'uscita del volume “Il mio Sessantotto: interviste e testimonianze” curato da Sergio Bernardi, Vincenzo Calì e Giancarlo Salmini.
Oggi, prima che la polizia venga in casa vostra a interrompervi la grigliata illegale con amici, ci pensiamo noi a chiamarla. Partendo da esperienze personali e fatti storici, condurremo una riflessione semi-seria sul rapporto fra civile e agente. Senza polemiche o soluzioni, giusto per riflettere.
Accademia Rebelde. Formazione politica, conoscenza storica, controffensiva culturale.
> con Massimiliano Piccolo < Quarto e ultimo incontro del ciclo "Lotta di classe e movimento socialista e comunista in Italia". Appare subito evidente come le principali conquiste del '68 che si sono mantenute fino ai giorni nostri e che sono sedimentate nella coscienza collettiva del Paese siano quelle legate a obiettivi che non hanno intaccato gli interessi della borghesia capitalista – i cosiddetti diritti civili – e che anzi hanno permesso alla natura continuamente rivoluzionaria del MPC di estendere i margini del proprio dominio. Quindi si può – e si deve – essere conservatori in senso relativo, relativamente, cioè, alla difesa di una conquista ma pur sempre all'interno di una generale prospettiva rivoluzionaria. Ma come si arrivò al Sessantotto? Il mutamento sociale più notevole e di più vasta portata, nella seconda metà del Novecento, riguardò il declino della classe contadina. Mentre, un po' in tutto il mondo capitalista avanzato, le vecchie industrie dell'Ottocento e dell'inizio del Novecento decaddero e le nuove industrie erano molto diverse. La successiva locuzione post-fordismo (che riprendeva l'articolo di Gramsci sul fordismo) rappresenta bene questa situazione: il grande stabilimento costruito attorno alla catena di montaggio, la regione o la città dominata da una sola industria (come a Detroit o, in Italia, a Torino) con la classe operaia unita e unificata anche dallo stesso luogo di lavoro o dagli stessi quartieri residenziali, stava mutando la propria pelle. In Italia, invece, gli anni Cinquanta scontavano ancora la storica arretratezza nell'industrializzazione capitalistica, quindi anche nelle forme dell'organizzazione del lavoro ed erano stati, così, caratterizzati da una figura operaia ancora con forti connotazioni ideologiche, con una memoria storica saldamente legata alla Resistenza e ai valori della Ricostruzione, cosciente di una missione politica da compiere per trasformare la società in una direzione democratica e socialista. Ma il nuovo soggetto operaio che si stava radicando nelle grandi città italiane era giovane e figlio dell'emigrazione, portatore di esigenze concrete diverse da quelle tradizionali – anche nelle forme della protesta – e che divenne maggioritario con l'introduzione massiccia della catena di montaggio. Un altro grande mutamento riguardò il ruolo sempre più consistente ricoperto dalle donne. Negli anni '60, dovunque nel mondo si tenessero elezioni, le donne avevano ottenuto il diritto di voto, con l'eccezione di alcuni stati islamici e della Svizzera. Ma, dagli anni '60 in poi, si assiste a un'impressionante rinascita del femminismo e con una precisa prospettiva di classe in merito ai problemi femminili. Negli stessi anni, al declino della classe contadina e agli altri mutamenti sopra descritti si accompagnava – e a un livello ancora più generale – l'aumento delle occupazioni che richiedevano un'istruzione a livello medio e superiore. L'alfabetizzazione di base divenne, così, l'aspirazione di tutti i governi. Un'ultima considerazione va fatta sulla natura e la storia del potere politico, in quegli stessi anni, in Italia. Dal Governo Tambroni a Piazza dello Statuto. Le prime analisi sul '68 furono assai povere ed elementari: s'insisteva sui disagi dei ragazzi per il sovraffollamento delle strutture, il permanere dei doppi turni, l'inadeguatezza dei servizi e l'annoso problema dell'edilizia scolastica. Nessuno sembrava cogliere, cioè, il dato strutturale e la sua trasformazione all'interno dell'incapacità – consustanziale al MPC – di assorbire le crisi. E il PCI, allora, il più grande partito comunista d'occidente?
David Bidussa"1984 Millenovecentottantaquattro"George OrwellTraduzione di Luigi Maria SponzilliChiarelettere http://chiarelettere.it/«Ho scritto libri privi di vita tutte le volte che non ero mosso da un intento politico.»Tre motivi per leggerlo:• Perché è il testamento del più audace scrittore politico del Novecento, che ha saputo raccontare come nessun altro il potere, la sorveglianza e il controllo.• Perché parla di noi, del nostro tempo, mai abbandonandosi alla cupezza di un destino già scritto ma cercando di immaginare e di guardare oltre, di seminare speranza e futuro.• Perché è la storia avvincente di una resistenza personale e civile, qui riproposta in una nuova traduzione, con due contributi di Orwell dedicati al mestiere di scrivere, un ampio saggio di David Bidussa e il "Ritratto sentimentale" di Geno Pampaloni, uno dei primi interventi pubblicati in Italia su Millenovecentottantaquattro.David Bidussa (Livorno, 1955) è uno scrittore, giornalista, saggista, storico italiano. Ha insegnato nei licei, è stato lecturer presso la Hebrew University di Gerusalemme tra il 1982 e il 1984. Dal 1988 ha collaborato con Radio Popolare e con “l'Unità”, “il manifesto”, “Linus”, “Diario”, “il Secolo XIX”, “il Riformista”, “Reset”, il domenicale del “Sole 24 Ore”. Ha scritto saggi sull'ebraismo, sul sionismo, sul movimento socialista francese e sulla Repubblica di Vichy. Per Chiarelettere ha curato le antologie Siamo italiani. La questione morale (con scritti di Berlinguer, Capitani, Einaudi, Malaparte, Moro, Prezzolini, Salvemini…), Odio gli indifferenti, con gli scritti di Antonio Gramsci, The time is now, sul Sessantotto in Italia e nel mondo, La vita è bella, con gli scritti di Leon Trotzky, e Lettera sul fanatismo di ShaftesburyIL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6461L LIBRO SULLE PERSONE CHE SI DAVANO FUOCO PER PROTESTA CONTRO L'OPPRESSIONE COMUNISTAVasyl' Makuch si cosparse di benzina e si diede fuoco a Kiev, inaugurando la disperata serie di ''eroi in fiamme'', circa una settantina, tra cui il ceco Jan Palachdi Rino Cammilleri«A Kiev il cittadino ucraino Vasyl' Makuch ha compiuto l'autoimmolazione in segno di protesta contro il totalitarismo comunista, contro l'oppressione del popolo ucraino e l'aggressione dell'Unione sovietica contro la Cecoslovacchia. Le comunità democratiche di tutto il mondo si inchinano davanti al gesto di coraggio del patriota ucraino». Così la sera del 5 novembre 1968 l'americana Radio Free Europe annunciò il suicidio tramite fuoco di un giovane dissidente.Pochi mesi dopo sarebbe stato imitato dal ceco Jan Palach. Quest'ultimo si diede fuoco a Praga per protestare contro l'invasione sovietica. Essendo il gennaio 1969, l'atmosfera del Sessantotto e le aspettative suscitate dalla «primavera di Praga» lo fecero diventare famoso. Ora sappiamo che l'inventore di questa singolare forma di protesta aveva un antecedente ed ebbe dei successivi imitatori. In quegli anni anche un bonzo buddista si diede fuoco nel Vietnam del Sud filoamericano, ma tale misura estrema produsse epigoni - addirittura una settantina - essenzialmente contro il comunismo sovietico.Ne scrivono Dario Fertilio e Olena Ponomareva in Eroi in fiamme (Mauro Pagliai Editore, pp. 264, € 15). Fertilio, di origine dalmata e già giornalista del Corriere della Sera, nel 1998 ha fondato col dissidente russo Vladimir Bukovskij (morto nel 2019) i Comitati per le Libertà e ideato la Giornata Memento Gulag in memoria delle vittime del comunismo (si celebra il 7 novembre, ex compagni permettendo). La Ponomareva è ucraina e ricercatrice all'università La Sapienza di Roma.Ma torniamo al primo suicida-per-protesta. Vasyl' Makuch si cosparse di benzina e si diede fuoco sul viale principale di Kiev, inaugurando la disperata serie: nessuna resistenza attiva era infatti possibile, anche per l'inerzia dell'Occidente (che, oltre a non avere alcuna voglia di iniziare una terza guerra mondiale, traboccava di quinte colonne comuniste). Makuch, fedele della chiesa clandestina greco-cattolica, corse il rischio di cercare un prete e di confessarsi con lui. Sappiamo che quest'ultimo gli diede l'assoluzione per il grave peccato che aveva intenzione di commettere. Makuch spedì, anche, una lettera al partito comunista locale per spiegare il suo gesto. Naturalmente, la lettera finì sepolta negli archivi, così come la memoria dell'ucraino in fiamme.Come abbiamo anticipato, il suo esempio fu imitato da almeno altri settanta protestatari di altri Paesi sotto il tallone comunista e/o sovietico, il libro di Fertilio-Ponomareva ne parla diffusamente. L'Occidente? O non ne seppe nulla o fece spallucce. E fu già tanto se non si accodò alle opinioni in merito di un Sartre in Francia e un Occhetto da noi. Trovate tutto nel libro.Nota di BastaBugie: per acquistare il libro "Eroi in fiamme. Makuch e gli altri che sfidarono l'URSS", clicca qui! Titolo originale: Eroi in fiamme, la protesta estrema contro l'oppressione rossaFonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14-01-2021Pubblicato su BastaBugie n. 703
Il '68 ha avuto un'anima cattolica? L'epoca della contestazione per antonomasia, preludio dei turbolenti anni '70, affonda le sue radici già dalla fine degli anni 50, e all'inizio degli anni '60, proprio tra i giovani che uscivano dagli oratori e dalle parrocchie mossi dalla fame di uguaglianza e di giustizia sociale. I giovani cattolici, e in particolare gli studenti dell'Università Cattolica negli anni Sessanta, animati da una sensibilità sociale speciale e dall'avvento del comunitarismo, sono diventati i protagonisti di un movimento che ha lasciato una traccia indelebile nella storia. Ne parlano la storica dell'ateneo Maria Bocci e il giornalista e scrittore Mario Calabresi.