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Buon venerdì Stupefan! Alla faccia di quelli che dicono che sono ben altre le priorità dei Paesi, anche questa settimana non si è fatto altro che parlare di droghe un po' ovunque. Qui da noi, il centrodestra è partito all'attacco del Piano di Azione Nazionale Droghe, il documento finale del percorso iniziato dalla Conferenza Nazionale sulle Droghe di Genova lo scorso novembre, che riporta le indicazioni del lavoro di circa 270 esperti e dei tavoli tematici convocati. La ministra Dadone ha il merito di aver guidato questa importante analisi degli effetti del testo unico dopo vent'anni di assenza di appuntamenti istituzionali seri e di aver esteso l'attenzione non solo agli effetti della normativa, ma anche alle cause di quel fenomeno sociale di massa che è il consumo di sostanze stupefacenti. Ma cosa può contare tutta questa laicità e scientificità davanti agli argomenti ruttati dal Gasparri, dalla Bellucci o dal Salvini di turno, che meritano sempre e comunque un momento di approfondimento per renderci conto del nulla che rappresentano.Siccome “l'erba del vicino è sempre più legale” ci spostiamo poi in Germania per parlare dell'avvio dei lavori delle commissioni preposte allo studio di fattibilità per la legalizzazione della cannabis e delle prime indiscrezioni sulla bozza di testo che comprende un quantomai curioso limite di thc collegato all'età del consumatore. Per un momento facciamo come la volpe con l'uva, permettendoci dei ragionamenti che non ci sono concessi in patria, visto che qui si sta solo discutendo di come chiudere il mercato della cannabis light. Ve lo diciamo sempre, non esiste un modello normativo che vada bene per tutti, alla Germania, che ha iniziato con decisione a costruire il suo, va il nostro più sincero augurio di buon lavoro. Chiusura col botto: l'Economist, le motivazioni della necessaria legalizzazione della cocaina, i veri imbecilli. Play. Note dell'episodio: - PAND (punti chiave e link al testo completo): https://bit.ly/3sdNWi7- Barricate destra su PAND: https://bit.ly/3eKIKiV- L'iniziativa legislativa di Gasparri: https://bit.ly/3Tz63ek- La mozione di FDI in Consiglio regionale lombardo: https://bit.ly/3ghuWws- In Germania si cominciano i lavori per la legalizzazione: https://politi.co/3TEBpjE - Il piano della Germania, articolo di Antonella Soldo: https://bit.ly/3yZGA5L- Articolo dell'Economist: https://econ.st/3gvarNb- Economist tradotto da ADUC: https://bit.ly/3VLv9s4- How to regulate stimulant: https://bit.ly/3yXk51q- La legge Marulanda: https://bit.ly/3eNS6KH- Il sito di Radio Nolo: https://radionolo.it- La playlist Spotify di Stupefatti: https://spoti.fi/3vh3D8ZEntra in contatto con noi usando la mail stupefatticast@gmail.com o seguendo su Instagram il @stupefatti_podcast! Puoi anche iscriverti a STUPEGRAM, il nostro canale telegram, a questo link https://t.me/stupegram!
Il Financial Times ha pubblicato un documentario chiamato "The Brexit effect". Dal 2016, molti parametri economici hanno iniziato a declinare in UK, o a non crescere come il resto del G7. Dopo il referendum, il paese ha visto crescere la propria instabilità politica, tanto che sia l'Economist che il Telegraph paragonano il Regno Unito all'Italia. In questo contesto, presto si insedierà il quindi Primo Ministro in 6 anni.Processo al sistema Casaleggio
Ha ragione l'Economist: la Gran Bretagna sta diventando politicamente instabile come l'Italia. Ma la caduta della premier Liz Truss offre anche altre analogie: in fondo, ha soltanto applicato le ricette economiche che stanno nel programma del centrodestra italiano. Un'altra puntata del format sperimentale di Appunti per ragionare su cosa c'è dietro le notizie e dialogare con la comunità di Domani, sempre con Stefano FeltriSe vuoi dire la tua, puoi scrivere a lettori@editorialedomani.it
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Un recente numero del settimanale Economist si è domandato se le sanzioni alla Russia stanno veramente funzionando.“Le cose non stanno andando come previsto” ha ammesso il giornale nonostante “l'America, l'Europa e i loro alleati hanno scatenato una raffica senza precedenti di divieti che interessano migliaia di aziende e individui russi. In realtà, le sanzioni stanno facendo dei danni importanti al sistema produttivo russo, ma gli effetti, secondo l'Economist, si vedranno dopo anni (anche 3-5 anni) e non dopo mesi come si ipotizzava sei mesi fa quando l'obiettivo sembrava innescare una crisi di liquidità in Russia per fermare la guerra in Ucraina.Il rialzo del prezzo del gas e del petrolio ha riversato un mare di soldi verso la Russia che continuerà a rappresentare anche questo inverno, e probabilmente ancora il prossimo, il principale fornitore di energia nell'Unione Europea.Un settore economico che ha chiaramente ottenuto risultati migliori rispetto alle attese dell'Occidente è, infatti, l'energia. Le esportazioni di petrolio della Russia sono diminuite molto meno del previsto, mentre l'impennata dei prezzi del petrolio ha portato a un massiccio aumento delle entrate.
il più famoso panino al mondo ha un indice che l'Economist pubblica dal 1986...ma "che ci azzecca" se parliamo di inflazione?
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7001GUERRA RUSSIA-UCRAINA: CHI STA VINCENDO? di Gianandrea GaianiVladimir Putin ha anticipato il tenore con cui si terranno quest'anno i festeggiamenti per la ricorrenza del 9 maggio, giorno della vittoria nella grande Guerra Patriottica che per i russi è la Seconda Guerra Mondiale combattuta sul fronte europeo. La Germania nazista si arrese in realtà agli alleati l'8 maggio e infatti ieri Putin ha ringraziato i militari, la popolazione e i governi delle repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk (in Ucraina) assimilando la lotta di ieri contro il nazismo con quella di oggi."I nostri militari, proprio come i loro antenati, stanno combattendo insieme per liberare il loro suolo dalla feccia nazista" ha scritto il presidente russo in un comunicato di congratulazioni inviato ai leader e ai popoli delle repubbliche che componevano l'Unione Sovietica, incluse quelle di Donetsk e Lugansk nel 77esimo anniversario della vittoria.Come riporta il sito del Cremlino, sottolineando che il leader russo ha "espresso la certezza che la vittoria sarà nostra, proprio come nel 1945", Putin ha ricordato che è un dovere comune prevenire la restaurazione del nazismo rivolgendosi con un comunicato ai veterani ucraini della Grande Guerra PatriotticaSul piano della spettacolarizzazione dell'evento la parata militare a Mosca si preannuncia imponente come sempre, con centinaia di mezzi ruotati e cingolati, migliaia di militari e ben 77 aerei ed elicotteri (uno per ogni anno trascorso dal 1945) che voleranno sulla Piazza Rossa. Tra questi 8 caccia MiG-29SMT sorvoleranno la Piazza Rossa formando la lettera "Z", a sostegno del "personale militare che partecipa all'operazione speciale in Ucraina".Più difficile invece valutare quanto possano essere credibili le ipotesi e illazioni circolate in questi giorni intorno alle decisioni che Putin potrebbe secondo alcuni assumere oggi in occasione della ricorrenza. Il Cremlino stesso aveva auspicato a marzo che le operazioni in Ucraina potessero avviarsi alla conclusione entro il 9 maggio e anche se così non è stato è probabile che Putin ne approfitti per tirare le somme delle operazioni in Ucraina.A CHE PUNTO SIAMOUn bilancio positivo in termini militari anche se non decisivo ma ancora lontano dal raggiungere gli obiettivi politici.I russi hanno assunto il controllo di ampie aree del Donbass, ma non di tutte le regioni di Donetsk e Luhansk dove ancora combattono duramente contro il grosso delle forze ucraine.Successo pieno è stato invece conseguito nella regione di Kherson, a nord della Crimea e lungo le coste del Mare d'Azov dove la caduta di Mariupol ha permesso di unire il Donbass alla Crimea: regioni dove già comincia a circolare il rublo in vista, se non di una annessione alla Russia, almeno alle repubbliche popolari ucraine filo-russe.Più lontano invece il raggiungimento degli obiettivi politici che Putin sperava forse di raggiungere senza un impiego così ampio della forza militare ma convincendo il governo ucraino ad accettare uno status di neutralità, rinunciando all'ingresso nella NATO e ad ospitare truppe e armi anglo-americane.Del resto le recenti aperture di Volodymyr Zelenski alla trattativa, con l'annunciata disponibilità a riconoscere a Mosca il controllo della Crimea e dei territori del Donbass controllati dai filo russi il 23 febbraio (cioè alla vigilia dell'offensiva russa), costituirebbero una buona base su cui imbastire seri negoziati ma sono state immediatamente stroncate sul nascere dal segretario generale della NATO, che parla solitamente più a nome degli anglo-americani che degli altri partner dell'Alleanza.L'Ucraina sarebbe disposta ad accettare un accordo di pace di compromesso con la Russia se le forze di Mosca si ritirassero "sulle posizioni del 23 febbraio" ha detto il 6 maggio il presidente Volodymyr Zelensky, intervenendo in video al think tank britannico Chatham House, lasciando intendere che almeno per ora Kiev non pretenderebbe la restituzione della Crimea, annessa dai russi nel 2014. «Da parte nostra non tutti i ponti diplomatici sono stati bruciati», ha poi precisato, evitando di avanzare richieste pure su quella parte del Donbass fra Donetsk e Luhansk sottratta al controllo di Kiev dal 2014."I membri della Nato – ha risposto indirettamente il giorno dopo il segretario generale della NATO Lens Stoltenberg - non accetteranno mai l'annessione illegale della Crimea" aggiungendo che "ci siamo sempre opposti al controllo russo su parti dell'Ucraina orientale". Stoltenberg ha poi aggiunto che "saranno però il governo e il popolo ucraino a decidere in maniera sovrana su una possibile soluzione di pace" ma dopo aver stabilito i limiti in cui il governo ucraino potrà muoversi in una eventuale trattativa con Mosca.UNA GUERRA PROLUNGATA CHE DEVASTERÀ L'UCRAINA E IMPOVERIRÀ L'EUROPAAnnunciando che la NATO non accetterà mai la sovranità russa sulla Crimea, Stoltenberg ha sgombrato il campo dai residui dubbi su chi governi realmente l'Ucraina e chi piloti Zelenski confermando il pieno sostegno dell'Occidente a una guerra prolungata che devasterà l'Ucraina e impoverirà l'Europa pur di logorare la Russia impedendo a Putin di raggiungere i suoi obiettivi e di proclamare la vittoria.Se su questo aspetto sembrano esserci pochi dubbi, più difficile risulta valutare le indiscrezioni pubblicate nei giorni scorsi dal quotidiano on line britannico "The Independent" che svelavano a volontà di Putin di annunciare oggi la "guerra totale" all'Ucraina, cioè la mobilitazione generale e la militarizzazione dell'economia e della società russa. Anticipazioni giornalistiche attribuite a fonti anonime che hanno tenuto a lungo banco nei dibattiti politici e mediatici ma da prendere con le molle innanzitutto perché The Independent è di proprietà di un oligarca russo acerrimo nemico di Putin, Aleksandr Lebedev, che a quanto sembra è uno dei pochi a non aver subito la confisca dei beni in Occidente.Inoltre Putin gode di un ampio sostegno politico e popolare anche rispetto alle operazioni militari in Ucraina che sembra in grado di poter sostenere nel tempo la guerra evitando accelerazioni che aumenterebbero le perdite tra le truppe ma anche tra i civili ucraini che, nelle zone in cui si combatte, sono in gran parte russofoni e probabilmente non ostili a Mosca.Proclamare lo "stato di guerra" quindi non aiuterebbe Putin a cementare il consenso interno e, almeno al momento, non sembrerebbe neppure un'azione necessaria per alimentare lo sforzo bellico. A meno che il Cremlino non voglia puntare a indurre nei russi una psicosi di guerra in cui la percezione del nemico venga estesa dai "nazisti ucraini" agli USA e alla NATO.Resta però il fatto che, come confermano anche molti analisti e osservatori occidentali incluso l'Economist, l'economia russa sta reggendo bene (a differenza di quelle italiana ed europea) alle sanzioni economiche poste dall'Occidente, segno che Mosca si era preparata per tempo a sostenere l'impatto del conflitto.Il rublo è forte e del resto "l'isolamento" della Federazione Russa è solo parziale tenuto conto che viene praticato solo da Europa e Nord America mentre Asia, Medio Oriente, Africa e America del Sud continuano a mantenere (e in alcuni casi a rafforzare) i rapporti economici e commerciali con Mosca.
Commentando la andamento nei mercati azionari di inizio anno abbiamo visto come molti analisti hanno parlato di “correzione temporanea” e di opportunità di acquisto. L'Economist di questa settimana si interroga sulla possibilità che si tratti invece del preludio ad un calo più significativo. Quello che i risparmiatori possono imparare dalla storia è che crolli come quello del 1929 o del 2000 accadono e molto probabilmente si ripeteranno in futuro, ed è propri in considerazione di questi eventi che vanno ricordare le le considerazioni fatte in termini di diversificazione, corretto bilanciamento dei propri portafogli, investimento graduale nel tempo e scarsa convenienza/rischio eccessivo di qualsiasi tentativo di prevedere l'andamento dei mercati. Dopo la crescita del 2021 le borse americane hanno sperimentato nel mese di gennaio il calo peggiore dal 2009. Quella che in molti hanno salutato come una correzione salutare rispetto agli eccessi sperimentati in precedenza potrebbe tuttavia essere solo l'avviso di un crollo più rilevante. Robert Shiller, Economista della Yale University, che ha vinto un premio Nobel per il suo lavoro sulle bolle speculative, ha tracciato un parallelo inquietante con l'andamento dei mercati prima del grande crollo del 1929: secondo alcuni sondaggi recenti, oggi la percentuale di investitori singoli che pensano che il mercato sia sopravvalutato ha raggiunto un picco dai primi anni 2000, periodo nel quale c'è stata la bolla delle dotcom. Al tempo stesso anche la convinzione che ci sarà una rapita ripresa dopo il crollo è ai massimi storici. Questo atteggiamento in apparenza contraddittorio è molto simile a quanto osservato ai tempi della grande depressione. Guardando al rapporto cyclically adjusted price-to-earnings per i titoli dell'indice S&P 500 vediamo che in media le azioni quotano 40 volte gli utili, un livello simile a quello registrato alla fine degli anni '90 prima della bolla dotcom e superiore al valore di circa 30 che ha preceduto il crollo del 1929. Considerando che nuove ulteriori correzioni non possono essere escluse, occorre domandarsi come reagirà il sistema finanziario globale, se sarà in grado di assorbire la correzione o se reagirà amplificandola. La risposta non è ovvia anche in considerazione delle rilevanti trasformazioni guidate negli ultimi decenni dall'innovazione tecnologica e dalla regolamentazione.La Finanza in Soldoni è anche una newsletter https://lafinanzainsoldoni.substack.com/e un libro che trovate in Libreria e nei principali Bookstore on line.https://www.amazon.it/finanza-soldoni-Massimo-Famularo/dp/8868492458/Leggi le "Storie di Tutti i colori più uno"https://www.amazon.it/Storie-tutti-colori-pi%C3%B9-uno/dp/B09F1G3WZP/Seguite i miei aggiornamenti via https://massimofamularo.com/https://www.youtube.com/c/MassimoFamularo/Riferimenti https://www.economist.com/leaders/2022/02/12/what-would-happen-if-financial-markets-crashedhttps://www.economist.com/finance-and-economics/2022/02/12/is-the-modern-bank-light-financial-system-better-than-the-old-one
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6890IL GREEN PASS E' UN'ARMA LETALE DEL REGIME COMUNISTA CINESE di Leone GrottiIeri mattina milioni di cinesi a Pechino si sono svegliati e sono stati assaliti dal panico scoprendo che il loro green pass era bloccato. Né Wechat, né Beijing Tong, né Alipay riportavano traccia del risultato dei tamponi effettuati o dell'avvenuta vaccinazione. Risultato? Impossibile andare al lavoro, prendere i mezzi pubblici, entrare in un negozio o in un bar. Le autorità hanno parlato di un guasto tecnico dovuto al sovraccarico di utilizzo, ma secondo molti residenti si è trattato di un trucco per costringere milioni di persone a sottoporsi a un nuovo tampone.Il 4 febbraio nella capitale cinese cominciano le Olimpiadi invernali e il governo sta facendo di tutto per mantenere la promessa di organizzare dei Giochi "Covid free". Dal 15 gennaio, sono stati individuati a Pechino 71 contagi e per quanto possano sembrare ininfluenti in una città di 22 milioni di persone, sono un'enormità se rapportati alla strategia "zero Covid" del governo.L'incidente di stamattina ha in realtà rivelato quanto il Covid abbia fornito il pretesto al regime comunista per assumere un controllo ancora più capillare sulla popolazione. Nelle mani di un governo come quello cinese, infatti, il green pass è uno strumento letale. E a Pechino il Partito comunista ha deciso di sperimentarne tutte le potenzialità.Da tempo infatti le autorità hanno stabilito che chiunque acquisti in farmacia medicine per tosse, raffreddore, febbre, mal di gola e mal di testa debba essere schedato. Nessuna di queste viene più venduta senza prescrizione del medico curante, necessaria ormai anche per le semplici vitamine. In alcune città, è sufficiente entrare in farmacia per essere tracciato. Gli acquisti e gli ingressi vengono poi associati al green pass dei cittadini attraverso un'app.A che cosa serve questo sistema di controllo? Lo si è compreso martedì, quando tutti coloro che sono entrati in farmacia nelle precedenti due settimane hanno ricevuto un messaggio sul telefono che imponeva di effettuare «entro 72 ore» un tampone. Chi si fosse rifiutato, avrebbe subito il blocco del green pass «che potrebbe impedirvi di uscire e di vivere normalmente», si poteva leggere nel messaggio.Il governo di Pechino ha anche messo in lockdown senza alcun preavviso e senza fornire alcuna spiegazione sanitaria intere unità residenziali, specialmente quelle vicine al Villaggio olimpico, obbligando i residenti a restare in casa per giorni e a effettuare numerosi tamponi in quelli successivi. «Se vogliono testare tutti coloro che vivono vicini al Villaggio olimpico prima dei Giochi, posso capire, non mi preoccupa ma vorrei più trasparenza», dichiara un anziano ritrovatosi da un momento all'altro in lockdown all'Associated Press. «Però la nostra comunità è stata chiusa e non ci hanno detto nulla».Attualmente sei quartieri a Pechino sono in lockdown e ai due milioni di residenti del distretto di Fengtai è stato imposto di sottoporsi a un'altra serie di tamponi di massa. Basterà a far sparire il Covid da Pechino entro febbraio? Difficile, nel frattempo la misura è utilissima per tenere sott'occhio la popolazione in Cina.Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Leone Grotti, nell'articolo seguente dal titolo "Le vittime di covid in Cina non sono 4.636 ma 1,7 milioni" spiega perché il conteggio dei morti per Covid dichiarato ufficialmente dalla Cina è impossibile dal punto di vista medico, statistico, biologico, politico ed economico.Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 18 gennaio 2022:Ufficialmente in Cina il Covid ha fatto 4.636 vittime, ma secondo George Calhoun, direttore del programma di Finanza quantitativa presso l'Istituto di tecnologia Stevens, questa cifra è «sottostimata del 17 mila per cento». Il dato reale, o comunque più realistico delle vittime, sarebbe circa 1,7 milioni.Secondo l'esperto i numeri offerti da Pechino sono «impossibili da un punto di vista medico e statistico». Non solo perché negli ultimi due anni circa, dall'aprile 2020, sarebbero morte appena due persone. Ma anche perché nel 2020, quando i vaccini non erano ancora disponibili, la Cina avrebbe riportato più di 22 mila casi e neanche un decesso.Se il tasso di mortalità del Covid negli Stati Uniti, per fare un paragone, è di 248 morti per 100 mila abitanti, in Cina è di 0,321, circa 800 volte inferiore. Il Partito comunista attribuisce l'enorme differenza alla sua strategia "zero Covid", che avrebbe messo al sicuro la popolazione dalla recrudescenza del virus. Ma secondo Calhoun, i nuovi approcci statistici per scoprire il reale ammontare di vittime da Covid in tutto il mondo dicono altro.I MORTI SONO IL 17 MILA PER CENTO IN PIÙL'Economist, al pari della Johns Hopkins University degli Stati Uniti e del New York Times, ha infatti sviluppato un modello matematico per calcolare le vittime in eccesso negli ultimi anni rispetto alla media attesa, attribuendo questo «surplus di morti» a casi Covid mai riportati.Questo metodo non può ovviamente offrire certezze sul reale numero di vittime dovute alla pandemia, ma sicuramente può aiutare ad avere un quadro più realistico, per quanto basato su una stima. Applicando il modello agli Stati Uniti, secondo l'Economist, ne deriva che le vittime sono state sottostimate del 30% circa. Ma se lo stesso modello viene utilizzato con i dati cinesi, ne deriva un errore del 17 mila per cento. A essere cadute vittime del Covid in Cina non sarebbero dunque 4.636 persone, ma «un numero che si avvicina a 1,7 milioni». In Cina, dunque, «sarebbero morte all'incirca il doppio delle persone rispetto agli Stati Uniti».Secondo l'autore, nel caso della Cina l'errore non è casuale o fisiologico, come per altri paesi, ma «chiaramente intenzionale. I dati sono stati manipolati dalle autorità». La tendenza della Cina a falsificare i dati è nota soprattutto in economia, per quanto riguarda la crescita annuale del Pil. Ma anche i precedenti studi effettuati su Wuhan, l'epicentro della pandemia, portano a pensare che qualcosa non quadra.Nel febbraio 2021 il British Medical Journal ha analizzato le statistiche sulla mortalità a Wuhan, evidenziando la presenza di 5.954 morti in più in città rispetto allo stesso periodo del 2019, derivanti da «un numero di decessi da polmonite otto volte più alto della media». Essendo la cifra ufficiale delle vittime a Wuhan pari a 3869, si tratta di una differenza del 54%. Ma secondo l'Economist, solo tra gennaio e marzo del 2020 le morti in eccesso sarebbero state 13.400, più del triplo della stima ufficiale per un tasso di mortalità (solo a Wuhan) di 121 decessi per 100 mila abitanti.PERCHÉ NON CI SONO PIÙ VITTIME DA APRILE 2020?I dati ufficiali della Cina vorrebbero anche far credere che dallo scoppio della pandemia, al di fuori di Wuhan e della provincia dell'Hubei, il tasso di mortalità è di 124 mila volte inferiore a quello degli Stati Uniti. «Come si può credere inoltre che le vittime si siano fermate improvvisamente l'1 aprile?». Come può il virus essere stato confinato a Wuhan se, come dichiarato dalle stesse autorità cinesi, milioni di persone prima del lockdown se ne sono andate dalla città per raggiungere ogni angolo della Cina? Ecco perché la mortalità cinese dal punto di vista «medico, statistico, biologico, politico ed economico è impossibile».L'argomentazione di Calhoun, basata sul modello matematico sviluppato dall'Economist, è interessante e verosimile, anche se il numero esatto di vittime resta e resterà sempre un mistero. Soprattutto perché la Cina non ha mai smesso di fornire informazioni fuorvianti sulla pandemia.Dopo aver accusato l'Italia e gli Stati Uniti di aver dato origine alla pandemia - nonostante la presenza a Wuhan di un mercato dove si faceva commercio di animali potenzialmente pericolosi e di un laboratorio dove venivano condotti esperimenti su pipistrelli e coronavirus - le autorità hanno imposto severissimi lockdown a milioni di persone (20 attualmente) a fronte di una manciata di casi.Un atteggiamento tanto inspiegabile quanto improbabile è la spiegazione ufficiale del primo caso di variante Omicron individuato a Pechino. Il contagio non sarebbe stato portato dalla vicina Tianjin (dove decine di migliaia di persone sono attualmente in lockdown per il diffondersi di Omicron), città collegata per direttissima a Pechino via treno superveloce, tanto che milioni di cinesi ogni giorno fanno i pendolari per lavorare nella capitale.No, la pericolosa e contagiosissima variante sarebbe arrivata dal Canada via posta. La persona contagiata, l'unica nella città di 22 milioni di abitanti, avrebbe ricevuto una lettera il 7 gennaio dal Canada ed è sulla busta che si sarebbe annidato il Covid, riscontrato il 14 gennaio. Possibile? Per le autorità sanitarie cinesi è l'unica spiegazione, per il Canada è una assurdità visto che secondo diversi studi il virus non resiste a lungo sulle superfici.Menzogne, mezze verità, assurdità. Il romanzo del Covid in Cina è costellato di capitoli che non tornano, a partire ovviamente dal primo. Se il conteggio delle vittime effettuato da Calhoun fosse realistico, si comprenderebbe almeno perché il regime è così spaventato da pochi casi (che, evidentemente, pochi non sono) tanto da imporre durissimi lockdown come quello di Xi'an, definito «disumano» da un membro stesso del Partito comunista. Si tratterebbe in ogni caso del fallimento della strategia "zero Covid". Tema ipersensibile nel Dragone, visto che il 4 febbraio nella capitale iniziano le Olimpiadi invernali. Le quali, a detta del regime, sarebbero state Covid free. Ma chi può più fidarsi dei comunicati di Pechino?
A partire dal mese di Novembre gli aggiornamenti sulla diffusione della variante Omicron hanno aggiunto un ulteriore elemento di incertezza sulle prospettive di crescita dell'economia mondiale. Difficile quantificare o prevedere in anticipo frequenza e intensità di possibili nuove misure restrittive imposte dai governi o gli effetti sul comportamento degli individui derivanti dalla possibilità di contrarre la nuova variante. L'Economist di questa settimana ha raccolto una serie di contributi su questo tema e nel complesso sembrerebbe che l'impatto di Omicron possa essere limitato e di breve durata e che le principali preoccupazioni che stanno influenzando anche i mercati finanziari siano legate più alla prospettiva di un rialzo dei tassi di interesse che non alla pandemia.La Finanza in Soldoni è anche una newsletter https://lafinanzainsoldoni.substack.com/e un libro che trovate in Libreria e nei principali Bookstore on line.https://www.amazon.it/finanza-soldoni-Massimo-Famularo/dp/8868492458/Leggi le "Storie di Tutti i colori più uno"https://www.amazon.it/Storie-tutti-colori-pi%C3%B9-uno/dp/B09F1G3WZP/Seguite i miei aggiornamenti via https://massimofamularo.com/https://www.youtube.com/c/MassimoFamularo/Note e Riferimenti:https://privatebank.jpmorgan.com/gl/en/insights/investing/tmt/theres-been-a-stock-market-sell-off-now-whatRiferimentihttps://www.economist.com/finance-and-economics/how-is-omicron-affecting-the-global-economic-recovery/21807361https://www.economist.com/graphic-detail/tracking-the-return-to-normalcy-after-covid-19?fsrc=core-app-economist
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Nell' ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria, il Fondo Monetario Internazionale ha rilevato che "i rischi per una correzione nei valori immobiliari sembrano essere significativi" e che, se questa prospettiva dovessero materializzarsi, nelle economie più avanzate si potrebbe osservare un calo fino al 14%. L'indice composito sui valori immobiliari elaborato dai ricercatori del Fondo, espresso in termini reali, si trova oggi molto al di sopra del picco raggiunto prima della crisi finanziaria del 2007-09. Un articolo recente de L'Economist ha rilevato come la capitalizzazione di borsa delle imprese di costruzioni americane sia salta nell'ultimo anno del 44%, a fronte di una crescita del 27% del mercato azionario globale. Considerando le attese sulla fine degli stimoli fiscali e sul plausibile rialzo dei tassi d'interesse potremmo essere vicini alla fine del boom. Non è tuttavia così semplice formulare una valutazione sull'esistenza di una bolla immobiliare a livello globale e men che meno prevedere quando questa potrebbe scoppiare. Un working paper a cura Gabriel Chodorow-Reich dell'Università di Harvard e colleghi [trovate il link nelle note del podcast] sostiene che la crescita dei valori immobiliari potrebbe in realtà essere il prodotto di cambiamenti economici strutturali. I tre fattori determinanti menzionati nell'articolo sono le accresciute disponibilità finanziarie delle famiglie acquirenti, la loro volontà di destinarne quote maggiori all'acquisto di immobili e alcuni vincoli sul lato dell'offerta.Mentre all'epoca della bolla sui muti subprime negli Stati Uniti il mercato era trainato da debitori con scarso merito di credito oggi assistiamo ad un fenomeno opposto. Inoltre, in termini di sensibilità ai possibili rialzi attesi dei tassi osserviamo che gli interessi sui mutui in questo paese attualmente assorbono il 3,7% del reddito disponibile, un livello tra i più bassi della storia. Per quanto riguarda l'Europa, prima della pandemia sono state introdotte regole più restrittive per l'accesso al credito (solo in arte temporaneamente allentate per via dell'emergenza sanitaria). In Germania e Regno Unito una maggiore resistenza nei confronti di possibili restrizioni monetarie deriva dalla preferenza registrata negli ultimi anni per i prodotti a tasso fisso.La crescita del lavoro da remoto e, in parte, la minore circolazione delle persone a causa delle restrizioni legate alla pandemia è un altro elemento che può contribuire a tenere alti i valori immobiliari. Produce infatti una maggiore domanda di spazi per lavorare a casa o in generale per aumentare il confort durante il maggior tempo trascorso a casa e la riduzione nei consumi legati agli spostamenti e ai viaggi contribuisce all'accumulo di maggiori disponibilità finanziarie. Il terzo fattore che influenza i prezzi degli immobili riguarda l'offerta di alloggi: secondo un'analisi elaborata da The Economist negli anni prima della pandemia, nei paesi sviluppati la costruzione di nuovi immobili, se rapportata alla popolazione era scesa alla metà del suo livello della metà degli anni '60. Dunque, una offerta più rigida immobili comporta che le pressioni derivanti della domanda si ripercuotano sui prezzi. Un contributo significativo al processo già corso è venuto dalle restrizioni e dai colli di bottiglia legati all'emergenza sanitaria. I costruttori sono alle prese con costi più alti e ritardi per le materie prime come il cemento, il rame, il legname e l'acciaio, e la scarsità di operai sta spingendo i salari più alti. Osservando i profitti e i margini di molti costruttori si può evincere che siano riusciti a traslare sugli acquirenti questi costi: DR Horton, il più grande sviluppatore immobiliare degli Stati Uniti, ha dichiarato una crescita nel prezzo medio delle abitazioni del 14% nel 2021, facendo lievitare del 78% dei guadagni per azione. Nel maggio 2021 i ricercatori di Freddie Mac, l'ente che sovvenziona una quota rilevane dei mutui ipotecari americani, hanno stimato un GAP di circa 3,8 milioni di abitazioni nel paese rispetto ai 2,5 milioni del 2018. Se a livello globale guardando ai valori medi potremmo non assistere a correzioni rilevanti nel breve termine, concentrandoci sull'Italia il quadro è molto più differenziato e i valori medi meno significativi. Prendendo ad esempio l'osservatorio dei valori al metro quadro per immobili residenziali in Italia della piattaforma immobiliare.it tra il 2014 e il 2020 assistiamo a un calo della prezzo medio da oltre 2400€ al metro quadro a poco sopra 1900€. Nello stesso periodo, restringendo la ricerca al comune di Milano osserviamo un andamento in parte opposto con un calo modesto fino al 2016 seguito da una ripresa moderata che dal 2018 accelera in una vera e propria impennata. Dunque il mercato immobiliare italiano appare significativamente segmentato e qualsiasi discussione sui valori medi potrebbe essere fuorviante. Provando a rapportare le tendenze globali descritte in precedenza a livello domestico possiamo rilevare che: esiste una differenza rilevante e distanza tra le famiglie che hanno beneficiato di una protezione dei redditi nel corso della pandemia e che hanno la possibilità lavorare da remoto rispetto a quelle che non hanno questa possibilità. Le prime hanno visto crescere le proprie disponibilità finanziarie a causa dei consumi ridotti e possono considerare positivamente la prospettiva di ricercare abitazioni più grandi e meno vincolate alla distanza dal posto di lavoro. Le seconde hanno spesso subito l'impatto negativo che ha caratterizzato diversi settori specifici come la ristorazione, il turismo e i viaggi e dunque presentano una prospettiva diametralmente opposta.In generale possiamo dire che alcuni dei fattori descritti a livello globale avranno sicuramente un impatto anche sull'economia italiana. In particolare, per quanto concerne la diffusione del lavoro a distanza è verosimile che favorisca la domanda di immobili di superfice maggiore e che agisca da calmiere sulla domanda per i centri storici e le maggiori aree urbane. Con riferimento ai segmenti più caldi del nostro paese, è plausibile che eventuali correzioni non arrivino nell'immediato per i motivi descritti in merito ai trend globali. Resta come elemento di fondo da considerare che la struttura demografica del nostro paese rimane sbilanciata verso gli anziani, con un ampia diffusione della proprietà immobiliare e con una tendenza delle nuove generazioni a trasferirsi all'estero o nelle limitate aree del paese dove il tessuto economico è più vitale. Ne consegue che possiamo attenderci a livello generale un andamento stazionario o declinante su tutto il territorio, con poche limitate aree nelle quali si potrà registrare un andamento più dinamico.Vi ricordo che la Finanza in Soldoni oltre a questopodcast che trovate sulle principali piattaforme, una newsletter, è un libro che trovate in Libreria e nei principali Bookstore on line.Note: https://www.economist.com/finance-and-economics/how-long-can-the-global-housing-boom-last/21807002https://www.imf.org/en/Publications/GFSRhttps://scholar.harvard.edu/chodorow-reich/publications/2000s-housing-cycle-2020-hindsighta-neo-kindlebergerian-viewLeggi il librohttps://www.amazon.it/finanza-soldoni-Massimo-Famularo/dp/8868492458/Iscriviti alla newsletterhttps://lafinanzainsoldoni.substack.com/Leggi le "Storie di Tutti i colori più uno"https://www.amazon.it/Storie-tutti-colori-pi%C3%B9-uno/dp/B09F1G3WZP/Seguite i miei aggiornamenti via https://massimofamularo.com/https://www.youtube.com/c/MassimoFamularo/
Benvenuti al primo podcast del 2022 apriamo su 2 concetti di moda spesso fin troppo abusati. Le Criptovalute hanno il fascino esotico del marchignegno innovativo che, se lo compri per primo o se conosci le persone giuste, ci puoi fare un sacco di soldi. Il concept di questo strumento nasce dall'idea di creare una moneta che non fosse soggetta ad una singola autorità centrale e questo ci porta alla seconda parola di moda riguardante la finanza decentralizzata. Mantenendo lo spirito di questa rubrica, che non vuole dare consigli di investimento, ma offrire strumenti conoscitivi e spunti di riflessione cerchiamo di mantenere una posizione per quanto possibile neutrale su questi temi evitando sia l'entusiasmo degli appassionati, che lo scetticismo a priori dei tradizionalisti.Come detto le criptovalute nascono dall'idea di creare uno strumento per intermediare gli scambi che non sia soggetto ad un'autorità centrale. Questo è particolarmente rilevante per le persone che vivono sotto regimi autoritario o per quelle che risiedono in paesi dove non c'è più fiducia nella valuta locale. Dal punto di vista della intermediazione dei pagamenti ad oggi l'esperimento non è riuscito perché manca infatti l'elemento fondamentale della stabilità del valore. L'utilità della moneta risiede nel fatto che io ci possa acquistare una quantità di beni e servizi che non cambia troppo e non troppo di frequente. Dunque le oscillazioni ampie e frequenti delle criptovalute non le rendono idonee a questo scopo.Non a caso, quando il patron di Facebook ha cercato di dare vita ad una valuta digitale chiamata Lyra l'aveva concepita come stablecoin ossia uno strumento il cui valore è agganciato ad un paniere di valute tradizionali. Se non le possiamo utilizzare per gli scambi possono almeno funzionare come riserva di valore o come strumento di diversificazione? In un articolo del 25 settembre l'Economist ci dava atto del fatto che diversi gestori di portafogli hanno iniziato a inserire piccole quote di criptovalute come strumento di diversificazione per l'andamento storicamente non correlato agli altri mercati. Tuttavia, questa mancanza di correlazione ha iniziato a venir meno lo scorso dicembre quando si è registrato un crollo parallelo a quello dei mercati tradizionali. Per concludere la carrellata nell'abstract del paper di Nassim Taleb, intitotalo Bitcoin, Currencies, and Fragility leggiamo testualmente che: “nella sua versione attuale il bitcoin ha fallito nella creazione di una valuta senza governo (anzi non ha dato prova di poter essere affatto una valuta), non può essere una riserva di valore né nel breve né nel lungo termine (la stima del suo valore atteso non è superiore a zero) e non può neanche fungere da difesa contro l'inflazione, né contro la tirannia dei governi o nei confronti di eventi catastrofici.” Senza invocare pregiudizi o preconcetti si pò dire che per il momento le criptovalute sono strumenti dai quali i risparmiatori dovrebbero tenersi alla larga ed eventualmente cercare di mantenersi informati sui possibili sviluppi futuri. L'innovazione tecnologica sta cambiando radicalmente il funzionamento dell'intermediazione finanziaria e a tendere anche il modo in cui operano le autorità monetarie che stanno tutte introducendo versioni digitali delle proprie valute. Continueremo a parlare di queste tematiche nel podcast ricordando la regola aurea di non investire in quello che non si capisce e di cercare di dotersi di tutti gli strumenti necessari per comprendere a grandi linee i fenomeni che ci circondanoVi ricordo che la Finanza in Soldoni oltre a questopodcast che trovate sulle principali piattaforme, una newsletter, è un libro che trovate in Libreria e nei principali Bookstore on line.ArrivederciVi ricordo che dal 28 ottobre è in libreria la nuova edizione de La Finanza In soldoni, il libro che ho scritto per spiegare in modo semplice e intuitivo le basi della finanza. Il libro è già presente in molte librerie del circuito Feltrinelli e Mondadori e in ogni caso può essere richiesto in qualsiasi libreria e acquistato sui principali bookstore on line come Amazon e IBS. Arrivederci.https://www.amazon.it/finanza-soldoni-Massimo-Famularo/dp/8868492458/Iscriviti alla newsletterhttps://lafinanzainsoldoni.substack.com/Leggi le "Storie di Tutti i colori più uno"https://www.amazon.it/Storie-tutti-colori-pi%C3%B9-uno/dp/B09F1G3WZP/Seguite i miei aggiornamenti via https://massimofamularo.com/https://www.youtube.com/c/MassimoFamularo/
Tv e giornali dicono che l'esplosione dei prezzi di gas ed elettricità sono un fenomeno globale. Non è vero, sono un fenomeno locale, europeo e italiano; vi spieghiamo perchè. Eurostat: in Italia i prezzi degli immobili negli ultimi 10 anni sono scesi del 15% mentre nel resto dell'UE sono saliti mediamente del 26%. The Economist: l'Italia è un paese vincitore grazie a Draghi. Ricordiamo che l'Economist è proprietà della Exxor - famiglia Elkann Agnelli - che paga le tasse (bassissime) in Olanda e che ha ricevuto forti finanziamenti dallo Stato per la produzione di mascherine. Tra l'altro i paesi "vincitori" negli ultimi tre anni per l'Economist sono stati l'Armenia, l'Uzbekistan e il Malawi... "LO SQUILLO" del Martedì di GILBERTO TROMBETTA giornalista economico, membro di "Riconquistare l'Italia".
Consiglio Europeo: Draghi difende la linea dura dell’Italia sugli arrivi dall’estero. Ne parliamo con Sergio Nava. L’Economist incorona Draghi: “Italia Paese dell’anno”. Il commento di Alberto Orioli, Vice Direttore del Sole 24 Ore. Patente: l’esame diventa mini. Ci spiega tutto Maurizio Caprino, giornalista del Sole 24 Ore. Premier League a rischio sospensione per i troppi contagi. Sentiamo il nostro Dario Ricci.
La povertà estrema sta per scomparire 4 continenti su 5. Rimane un problema endemico solo in Africa dove governi incapaci e corrotti non riescono ad attirare capitali e dove solo la Cina investe facendo leva sulla sua influenza geopolitica. Peraltro l'Impero di Mezzo ha assunto un atteggiamento sempre più assertivo sul piano internazionale ed ha intensificato le pressioni per riprendere Taiwan. L'Economist ha sollevato il problema delle continue provocazioni di Pechino contro l'isola dove si rifugiarono i nazionalisti sconfitti, e mentre le due superpotenze si sfidano sulla ricerca e sull'innovazione l'Unione Europea non trova di meglio da fare che imporre delle regolamentazioni imbecillesche nel settore dell'Intelligenza Artificiale che costituisce uno dei settori di punta nel XXI secolo. Un'approccio stolidamente burocratico volto a perpetuare l'arretratezza tecnologica del Vecchio Continente.
La copertina de l'Economist di questa settimana è dedicata all'economia della scarsità, un tema del quale si è occupato anche l'Alieno Gentile su Twitter con l'hashtag #mancalaroba. Per valutare i possibili effetti sui prezzi occorre tenere presente che la mancanza di beni fisici può modificare le abitudini di consumo, incentivare lo sviluppo di processi produttivi e lavorativi alternativi e dunque la chiave interpretativa più rilevante è probabilmente la sostituzione.I motivi contingenti della scarsità sono legati alla pandemia e alle misure di prevenzione e di contenimento dell'emergenza sanitaria come limitazioni alla circolazione internazionale di persone e merci, riduzione nella possibilità di accesso dei lavoratori ai siti produttivi. Inoltre, la compressine dei consumi realizzata nei periodi di Lockdown è stata seguita da un “rimbalzo” della domanda, ma mano che le misure restrittive sono state allentate. Acquista il libro "La Finanza in Soldoni" su Amazonhttps://www.amazon.it/dp/B08QDT1W1LLeggi le "Storie di Tutti i colori più uno"https://www.amazon.it/Storie-tutti-colori-pi%C3%B9-uno/dp/B09F1G3WZP/Iscriviti alla newsletterhttps://lafinanzainsoldoni.substack.com/Seguite i miei aggiornamenti via https://massimofamularo.com/https://www.youtube.com/c/MassimoFamularo/
In un editoriale tutto dedicato ad Angela Merkel, l'Economist è implacabile con la quasi ex Cancelliera.
Gran Bretagna, un fallimento la lotta al riciclaggio del denaro sporco di mafie e colletti bianchi. L'Economist ha lanciato l'allarme: “stiamo perdendo la guerra” (https://www.economist.com/finance-and-economics/2021/04/12/the-war-against-money-laundering-is-being-lost). C'è una responsabilità del sistema bancario che non controlla adeguatamente, sostiene il settimanale britannico. Ma una colpa ce l'hanno anche quei governi che hanno “esternalizzato al settore privato gran parte del lavoro di polizia”, in pratica c'è stata una privatizzazione dell'apparato di controllo. Ma ciò che l'Economist non dice riguarda altre modalità di lotta al riciclaggio: come si fa a combattere la ripulitura del denaro di origine criminale quando ci sono paesi (i paradisi fiscali o finanziari), riconosciuti dalla comunità internazionale, che sono ritenuti dei porti sicuri per custodire capitali di dubbia provenienza? Memos oggi ha ospitato il criminologo dell'università di Oxford in Gran Bretagna, Federico Varese. Nella seconda parte della puntata di oggi siamo tornati sulla vicenda delle intercettazioni dei giornalisti da parte delle procure di Trapani e Locri con la sociologa Giovanna Procacci che sta seguendo – anche per Memos – il processo di Locri contro l'ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano.
Ciò che fa sempre più la differenza nella diffusione di prodotti globali in nuovi Paesi sono i social media e internet. A scriverlo è l'Economist, che fa notare come alla fine del 2019 gli IDE come percentuale del PIL mondiale erano diminuiti di due terzi, se paragonati al 2007.
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Il punto di vista di Paolo Giordano sul Corriere della Sera: "la pandemia ha ucciso, nel mondo, oltre un milione di persone. Un numero fuori dalla nostra portata, che non riusciamo a vedere. Per questo, ogni comunità dovrebbe ristabilire l'individualità dei suoi morti, commemorandoli pubblicamente". Bisogna rendere giustizia a queste persone: "pensiamo sempre di più ai nuovi contagi, cioè a noi stessi, e sempre meno ai nuovi morti". Riccardo Luna, invece, su La Repubblica riporta l'attenzione sul processo Assange, l'ultimo tentativo per capire se c'è qualcosa di buono nella giustizia di questo pianeta, probabilmente. Perché? "Dal 2006 ad oggi non ha mai smesso: siamo attorno ai 10 milioni di file ma fa meno scalpore. In quel momento, nel 2010, da molti veniva vista come la nuova frontiera del giornalismo investigativo e, per alcuni, della democrazia; e il suo fondatore, il giornalista australiano Julian Assange, era diventato una sorta di icona da stampare sulle t-shirt. Ricevette anche diversi premi importanti ma è come se chi li aveva assegnati (l'Economist, Le Monde, Yoko Ono...), nel frattempo si fosse pentito".
Covid-19 e Clima, l'infezione da coronavirus e il surriscaldamento del clima a causa dell'effetto serra. Tra i due fenomeni c'è una correlazione. “Una interazione”, ha scritto recentemente l'Economist (21 maggio 2020). Secondo il settimanale britannico “la chiusura di alcuni settori dell'economia ha portato a enormi tagli – ai livelli più alti dalla seconda guerra mondiale - delle emissioni di gas a effetto serra”. Ma contrastare il Covid-19 può entrare in conflitto con l'obiettivo di riduzione dei gas serra. Lo sostiene lo studioso di sistemi urbani, di trasformazioni delle città e del lavoro, Richard Sennet. Di fronte al decisore politico può presentarsi un dilemma: dover scegliere la “disaggregazione”, il distanziamento sociale, oppure optare per la “densificazione” che favorisce l'efficienza e la conservazione. Memos ne ha parlato oggi con Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e co-autore di “Le trappole del clima” (Edizioni Ambiente, 2020). Chiude la puntata di oggi il messaggio Loredana Taddei, tra le fondatrici di “Se non ora quando”, ex responsabile nazionale politiche femminili della Cgil.
L'Economist boccia la casa di proprietà. «Minaccia crescita, equità e fede nel capitalismo», ha scritto il settimanale britannico nell'articolo di copertina dell'ultimo numero. Memos ha ospitato l'urbanista e geografo Arturo Lanzani, del Politecnico di Milano per parlarne. Rosy Battaglia, giornalista civica e investigativa, ha poi raccontato il caso italiano: 31 milioni di abitazioni, di cui 7 milioni vuote o abbandonate. Chiude la puntata il messaggio della sociologa Giovanna Procacci.
Disuguaglianze, per l'Economist sono solo un'illusione coltivata da populisti anti-élite e dalla sinistra. Il settimanale britannico lo ha scritto nel suo ultimo numero. Ecco il titolo della copertina: “Inequality illusions”. Gli articoli all'interno hanno titoli altrettanto significativi: “Misurando l'1%. Gli economisti stanno ripensando i numeri sulla disuguaglianza”. Oppure: “Egualitarismo, la disuguaglianza potrebbe essere più bassa di quanto si pensa”. Perchè l'Economist vuole spuntare gli artigli di chi denuncia l'ingiustizia sociale e il mondo diseguale? Quanto sono solide le ragioni scientifiche degli anti-Piketty? Memos lo ha chiesto all'economista e studioso delle disuguaglianze, Maurizio Franzini. Ospite anche il direttore della rivista Il Mulino, Mario Ricciardi. Chiude la puntata il messaggio di Anna Stefi, vicedirettrice di Doppiozero (rivista culturale online e casa editrice), insegnante di filosofia.
1-Spagna, il giorno delle elezioni in catalogna. La regione autonoma è profondamente spaccata tra indipenditisti e unionisti. Aggiornamenti e interviste. ( Emanuele Valenti)..2-Nuova smacco internazionale di donald Trump: a larga maggioranza l'assemblea generale dell'Onu ha approvato la risoluzione che condanna il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele da parte dell'amministrazione americana. ..3-2017, l'anno della Francia. L'Economist, il settimanale della City, applaude le riforme liberiste del presidente Macron. ..( Francesco Giorgini) ..4-Corea del Sud: il paese dove il modello economico e la spietata concorrenza porta spesso al suicidio i giovani. La storia di Jongyun, la star del K-Pop che si è tolto la vita a 27 anni. ..( Gabriele Battaglia)..5-World Music: da New York il nuovo album di Emel, la voce della primavera tunisina. ( Marcello Lorrai)