Per chi non crede che la politica sia l'arte del compromesso, ma uno strumento utile per raggiungere il bene comune secondo quello che prevede la Legge Naturale scritta nel cuore di ogni uomo
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8168PUTIN RESTAURA IL CULTO STALINIANOdi Stefano Magni La parata del 9 maggio a Mosca ha avuto due significati precisi: uno politico e l'altro storico.Il significato politico è sempre stato nella scelta polemica della data del 9 maggio, per celebrare la vittoria della guerra in Europa, da parte dell'Unione Sovietica prima e della Russia post-sovietica poi. Gli Alleati che batterono i nazisti festeggiano l'8 maggio. I sovietici no: il 9 maggio, perché per motivi di fuso orario, a Mosca era già il 9 quando la Germania si arrese. Dal 1965 (ventennale della vittoria) il 9 maggio era diventata festa nazionale in Unione Sovietica e di conseguenza anche in tutti i regimi comunisti satelliti.Cosa significa celebrare un giorno dopo rispetto agli Alleati? Marcare la differenza. E sottolineare la superiorità della causa sovietica. Per la storiografia ufficiale comunista, infatti, la guerra contro il nazismo è stata vinta soprattutto dall'Urss, con l'appoggio solo secondario degli Alleati. Questi ultimi, i nuovi nemici, erano dipinti come partner infidi che si preparavano, già allora, a combattere la guerra contro la patria socialista al fianco dei nuovi "nazisti" tedeschi.Tutta la retorica sovietica, fino alla metà degli anni'80, non faceva che ripetere e replicare all'infinito la paura di una nuova invasione da Occidente. O peggio ancora: un attacco nucleare a sorpresa, una "Barbarossa atomica" a cui Mosca preparava continuamente la popolazione, anche con sistemi di bunker ed esercitazioni di difesa civile che non avevano eguali nei Paesi occidentali. Quindi c'era la paura costante di un nuovo attacco e il momento catartico in cui celebrare la vittoria, senza alleati, solo alla presenza dei comunisti.Il 9 maggio è stato mantenuto come tradizione anche nella Russia post-sovietica, ma caricandolo meno di significati retorici e senza troppa ideologia di mezzo. Con Putin è pian piano tornato alla sua simbologia originaria. Una vittoria ottenuta in solitaria e con grande sofferenza contro il nemico nazista invasore, un nemico "che c'è ancora" anche se prende altre forme. E che, per il Cremlino, risiede sempre in Occidente. Questa è la piega che la grande parata sta prendendo almeno dal 2014, il primo anno di guerra in Ucraina, il primo di netta cesura della Russia con l'Occidente.IL NUOVO BLOCCO ORIENTALEGli ospiti di ieri erano i rappresentanti del nuovo blocco orientale: Xi Jinping, il dittatore cinese, aveva l'onore di sedere al fianco di Putin e di un veterano 99enne della Seconda Guerra Mondiale, Jevgenij Znamenskij. Erano rappresentate nazioni dell'ex Unione Sovietica che, negli anni della Guerra Patriottica, combattevano nell'Armata Rossa ed oggi restano fedeli alleati o almeno partner di Putin: Azerbaigian, Bielorussia, Kazakistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan.E poi altre dittature afro-asiatiche, quali Egitto, Laos, Mongolia, Myanmar e Vietnam. Oltre, ovviamente, alla Cina che è attualmente l'alleato della Russia più importante. Fra i leader ospiti c'erano anche gli europei Vucic (Serbia) e Fico (Slovacchia), una specie di mini-Patto di Varsavia in embrione (benché la Slovacchia faccia ancora parte della Nato).Cambia di poco la geografia delle alleanze rispetto agli anni di Breznev, ma a sfilare il 9 maggio è sempre il blocco orientale che si contrappone a quello occidentale. Da quando Putin ha invaso l'Ucraina, la retorica sul nazismo è stata rispolverata e tirata a lucido. E così gli ucraini sono tutti "nazisti". L'Europa è "nazista" e Ursula von der Leyen viene rappresentata nelle vignette di regime a forma di svastica, come ai tempi dell'Urss era rappresentata la Germania.L'America viene risparmiata da questa retorica solo da quando c'è Trump, che promette la distensione con la Russia. Ma la distensione non viene vista da Mosca come una premessa per una pace duratura, bensì come uno strumento per vincere la guerra. La retorica di Putin, il 9 maggio, più che di pace (in Ucraina) parla di vittoria: "L'intero Paese, la società, il popolo sostengono i partecipanti all'operazione militare speciale. Siamo orgogliosi del loro coraggio e della loro determinazione, della forza d'animo che ci ha sempre portato solo la vittoria".LA RIVALUTAZIONE DI STALINDa un punto di vista storico, l'enfasi della Grande Guerra Patriottica contro il nazismo, porta ovviamente anche alla rivalutazione di Stalin. Nemesi storica: da Chrushev in poi, dalla destalinizzazione fino alla caduta dell'Urss, il dittatore sovietico era stato relegato nell'oblio, una parentesi imbarazzante e sanguinosa.La glasnost di Gorbaciov aveva fatto il resto, rimuovendo i segreti di Stato sugli immensi crimini di Stalin e soprattutto riscoprendo quello che, nella storia ufficiale sovietica, era un "buco nero" vero e proprio: cosa era successo dal 1939 (anno di inizio della Seconda Guerra Mondiale) al 1941 (anno dell'invasione tedesca dell'Urss). I libri di testo, pur non potendo tacerlo del tutto, sorvolavano sul fatto che in quei due anni Hitler e Stalin erano alleati. Fu Hitler a tradire e dare inizio alla guerra fra i due totalitarismi, ma ancora il 1 maggio 1941 i soldati della Germania nazista partecipavano alla grande parata di Mosca, per la Festa dei Lavoratori.La caduta dell'Urss aveva permesso agli storici, così come ai comuni cittadini degli ex regimi comunisti, di studiare liberamente i crimini di Stalin, le sue ambiguità e il suo cinismo, la sua incapacità di combattere la guerra senza perdere masse immense di uomini, il cinismo con cui aveva usato le alleanze (prima con Hitler, poi con Churchill e Roosevelt) per espandere il territorio sovietico.Almeno da vent'anni a questa parte, questa finestra di opportunità di studio e revisione storica si è serrata. Non è un caso che appena due mesi prima dell'invasione dell'Ucraina, il regime russo abbia chiuso Memorial, l'organizzazione che studiava i crimini del comunismo. Putin ha restaurato il culto staliniano: sono tornate le statue, sono tornate addirittura le sue icone e i libri di storia sono stati riscritti di nuovo.Contrariamente all'Urss di Chrushev, Breznev e Gorbaciov, che avevano il culto di Lenin ma cercavano di far dimenticare Stalin, Putin cerca di dimenticare Lenin (uomo di rivoluzione e sconfitta) e riabilitare il culto di Stalin perché è il leader del Cremlino che (pur non essendo russo, ma georgiano) ha portato l'imperialismo di Mosca alla sua massima espansione.Il 9 maggio, a Mosca, è il trionfo del nuovo stalinismo di Stato, non più comunista ma puramente imperiale. Ed è questo il nuovo nemico totalitario che ci troviamo di fronte, impossibile da sottovalutare.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8140IL GOVERNO MELONI CHIUDE LA PORTA ALLA DROGA CAMUFFATA DA LIBERTA' Il decreto Sicurezza approvato dal governo Meloni lo scorso 4 aprile 2025 - e firmato e reso esecutivo dal presidente della Repubblica Mattarella l'11 aprile - ha introdotto una significativa restrizione riguardante la cannabis light. In particolare, il provvedimento vieta espressamente l'importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l'invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze di canapa coltivata, comunemente note come cannabis light. Una misura che mira a colmare un vuoto normativo che aveva permesso la proliferazione di punti vendita di cannabis light, spesso pubblicizzati come "legali" nonostante l'ambiguità della normativa precedente e che rappresenta un passo importante - seppur ci sia ancora tanto da fare - nella direzione della protezione della salute e della sicurezza degli italiani, in particolare dei giovani.PROTESTE STRUMENTALI CONTRO UNA NORMA DI CIVILTÀIl contrasto ad ogni tipo di droga e, in questo caso, alla cannabis light incontra - lo sappiamo - le barricate di sinistra, progressisti e radicali che vorrebbero invece andare nella direzione opposta, quella di una legalizzazione (chi parziale, chi addirittura totale) per la diffusione e l'uso di certe sostanze, in barba alle devastanti conseguenze sulla salute che hanno. Proteste, dichiarazioni al vetriolo, levata di scudi e addirittura chi si è messo in pubblica piazza, con aria di sfida, a fumare apertamente degli spinelli proprio per protestare contro questa norma dell'attuale Governo. Proteste e critiche in realtà strumentali, che evidenziano come anche la legalizzazione della cannabis light - come in generale delle droghe cosiddette "leggere" - sia diventata una bandiera ideologica per alcuni esponenti politici, che utilizzano proteste, contestazioni e gesti provocatori. Tali azioni, però, sembrano avere poco a che vedere con la normale e legittima contestazione politica e con la dovuta libertà di opposizione delle minoranze e sembra piuttosto banalizzare proprio il dibattito pubblico, rischiando di promuovere modelli culturali che minimizzano i rischi associati all'uso di sostanze psicoattive, anche se - come in questo caso - a basso contenuto di Thc. Al di là delle fazioni politiche, vi spieghiamo perché la legalizzazione della cannabis light - e in generale di quelle che vengono, tra l'altro imprudentemente, chiamate "droghe leggere" - sia pericolosa e assolutamente da evitare.PERCHÉ LEGALIZZARE LA CANNABIS SAREBBE UN GRAVE ERROREIl primo motivo è che legalizzare queste sostanze significherebbe, dal punto di vista sociale, normalizza l'uso della droga e abbassa le difese culturali. Anche se contiene una bassa percentuale di THC, infatti, la cannabis light abitua culturalmente all'uso della droga e veicola un messaggio pericoloso: che fumare cannabis sia "normale" o "innocuo". Ma la droga non è mai innocua. È una porta d'ingresso verso forme più pesanti e più dannose.Indebolisce la vigilanza educativa. La diffusione legale e tollerata della cannabis light mina il ruolo educativo di genitori e insegnanti. Se lo Stato permette o promuove l'uso della cannabis, anche "light", i giovani penseranno che sia giusto farlo. E questo riduce la credibilità degli adulti che cercano di prevenire le dipendenze.Espone i più fragili a gravi rischi per la salute. Anche a dosaggi bassi, la cannabis ha effetti sul sistema nervoso, sul controllo dell'attenzione, sulla memoria e sull'umore. Gli adolescenti e i soggetti vulnerabili rischiano danni cerebrali irreversibili, con gravi conseguenze sul rendimento scolastico, lavorativo e relazionale.Apre la strada a una legalizzazione totale. La cannabis "light" è spesso usata come cavallo di Troia per ottenere l'approvazione sociale della legalizzazione della cannabis tout court. Dove è stata introdotta la cannabis light, le lobby hanno poi spinto per legalizzare anche le droghe pesanti. È un primo passo verso un baratro.È un business, mascherato da libertà, sulla pelle dei giovani. Dietro la cannabis light c'è un mercato che lucra su una sostanza che può generare dipendenza e danni psicofisici. È inaccettabile che lo Stato o le aziende promuovano un commercio che mette a rischio la salute pubblica, specialmente quella delle nuove generazioni.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8109SE LA RUSSIA ENTRASSE NELLA UE E NELLA NATO SAREBBE BELLO, MA PURTROPPO E' IMPOSSIBILE di Franco Battaglia Tutti, Volodymyr Zelensky per primo, chiedono garanzie di sicurezza alla Russia. Ora, non è che io voglia sposare la causa della Russia, come qualcuno può a buon diritto supporre dopo aver letto i miei articoli degli ultimi tre anni; però la cosa rimane una supposizione perché, solo a sforzarsi di restare obiettivi, non si può non concludere che chi ha bisogno di garanzie di sicurezza è proprio la Russia.Abbiamo più volte ascoltato, e non solo da Zelensky, che la Russia vorrebbe prendersi l'intera Ucraina e, dopo averlo fatto, procederà con l'invadere l'Europa occidentale, a cominciare dalla Polonia. E la stessa Ursula von der Leyen ci sta terrorizzando con una nuova minaccia esistenziale: messa in soffitta quella climatica, ha estratto dal cilindro quella della Russia.Da quel poco di Storia che abbiamo studiato, non risulta che i Russi abbiano mai avuto velleità di espansione ad ovest. In particolare, noi in Italia abbiamo subito quelle di normanni, spagnoli, francesi, arabi (naturalmente, prima ancora Roma si era costruita il proprio impero); ma, quanto alla Russia, essa subì, nel tempo, gli attacchi dei turchi ottomani, di Napoleone e di Hitler. E perfino durante la Guerra Fredda l'influenza della Russia sovietica nei Paesi dell'Europa Occidentale fu limitata alla sovvenzione dei partiti politici ad essa amici (da noi quello che poi diventerà il Pd).È vero che tutto può accadere, se esercitiamo sufficiente fantasia. Ma ce ne vuole proprio tanta ad immaginare una Russia che - cosa mai vista prima - si proponga di invadere l'Europa. E questo anche se la Nato dovesse sciogliersi - cosa che, personalmente, auspicherei. Questa, sorta come Alleanza di mutuo soccorso contro il pericolo comunista sovietico, non avrebbe motivo di esistere visto che quel pericolo non esiste più.LA NATO È CONTROPRODUCENTEPer certi versi, anzi, la Nato è controproducente non solo alla sicurezza di tutti ma anche alla convivenza pacifica. Si pensi se l'Ucraina fosse stata nella Nato: l'Operazione militare speciale di Mosca sarebbe stata più problematica, il che farebbe concludere il contrario di quel che ho detto nella frase appena precedente. Eppure no: in quella Operazione la Russia ha potuto rendere inoffensive diverse basi militari presenti in Ucraina, una presenza minacciosa per la Russia, alla luce della Storia passata che ho ricordato all'inizio. Il rapporto di forze Nato/Russia è smodatamente svantaggioso per quest'ultima e, in caso di conflitto, questa soccomberebbe. E con essa il pianeta, perché Vladimir Putin è stato chiaro in proposito: alla Russia non interessa un pianeta senza la Russia. Ma, in caso - più probabile - di non conflitto, vi sarebbero stati anni di atmosfera irrespirabile, peggiori degli anni della Guerra Fredda. Se solo Zelensky, già nel febbraio 2022, avesse accettato di mantenere la solenne promessa del 16 luglio 1990 ove Ucraina prometteva di restar fuori dalla Nato, questi tre anni li avremmo raccontati diversamente.Se è la pace quel che si vuole, se è la pace quel che veramente si vuole, è necessario che da nessuna delle parti si mettano in atto azioni minacciose. Il rafforzamento delle nostre presunte difese è una di quelle azioni, perché ha tutta l'aria di essere un rafforzamento delle nostre capacità di offesa. Il piano di von der Leyen andava respinto al mittente, tanto più che la donna ha già dimostrato ampie incapacità in ogni altro settore da ella toccato.INCLUDERE LA RUSSIA NELLA UEAvrei una proposta. Anziché armarsi contro la Russia (contro chi, sennò, lo farebbe la Ue), si è pensato alla possibilità di includere la Russia nella Ue? Dopotutto, Russia e Ue hanno interessi comuni e complementari: la Ue ha bisogno delle materie prime ed energetiche della Russia, e a questa fan comodo i prodotti industriali della Ue. La convivenza pacifica converrebbe a tutti, e la Russia (e l'Ucraina, naturalmente) nella Ue potrebbe essere un buon passo. Almeno finché si è convinti che la Ue sia una buona idea di suo, cosa di cui io, personalmente, per molte altre ragioni, dubito fortemente. Ma almeno, finché la Ue rimane una fissazione, forse conviene averci dentro anche la Russia. Lo stesso potrebbe valere per la Nato.Smantellarla potrebbe non essere una cattiva idea, ma finché si decide di tenerla in vita, forse converrebbe rimodulare il pericolo comune - potrebbe essere il terrorismo, di qualunque natura - ed estendere la Nato anche alla Russia. Insomma, la Russia condivide col resto del mondo occidentale le radici cristiane e ha anche messo in soffitta quel sistema economico che ha fatto crollare l'Unione sovietica. Inoltre, sarebbe una ventata d'aria fresca in una Ue che, al momento, è in mani tutt'altro che rassicuranti.A chi pensasse la proposta provocatoria, rammento, per esempio, che nel 1940 la Germania invadeva la Francia e che nel 1955 Francia e Germania stavano nella Nato e all'inizio degli anni '90 nella Unione Europea.Nota di BastaBugie: Rino Cammilleri nell'articolo seguente dal titolo "Putin nella Ue? Ciao core" spiega perché purtroppo non è possibile per la Russia entrare a far parte dell'Unione Europea e della Nato.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 marzo 2025:Il fraterno amico e sodale e conterraneo professor Franco Battaglia ha scritto una cosa buona&giusta che condivido toto corde: sarebbe bello se la Federazione Russa entrasse nella Ue e, perché no, anche nella Nato. Ebbene, ciò è impossibile, e vado a spiegare il motivo.La crisi attuale, è noto, è stata a suo tempo innescata dai presidenti dem americani proprio per impedire quel che il nostro Berlusconi, a Pratica di Mare, stava cercando di fare con un Putin sorridente e propenso. Cioè, esattamente quanto Battaglia propone. No, i dem americani sono legati a filo doppio col loro c.d. complesso militar-industriale, cui hanno sempre garantito lautissimi guadagni. E il "sogno americano", lo si rammenti, non è altro che questo: fare soldi, fortissimamente soldi, soldi a ogni costo.I socialisti che comandano nella Ue, e che continuano a comandare alla faccia dei popoli che vanamente votano loro contro, sono parenti stretti dei dem americani, non dimentichiamolo. Ebbene, ricordiamoci anche che l'Europa è letteralmente trapunta di basi militari americane, Italia e Germania in primis. E come fai a mantenere una simile rete se non la supporti con un'intelligence altrettanto ramificata ed efficiente? Fuor dai denti, quanti sono stati, e sono, i capi europei che hanno un dossier loro dedicato negli archivi della Cia?Trump, lo si tenga presente, è anche lui americano, e deve render conto prima di tutto a quelli che lo hanno votato. A questi ha promesso benessere, posti di lavoro e quant'altro. Dunque, deve cavare soldi da dove possibile. Da qui i dazi, per esempio. Ma anche il calcolo: gli arsenali bellici europei sono stati svuotati per darli a Zelensky. Su input americano, ovvio. E l'Europa non ha potuto dire di no, come sappiamo.Perciò, per convincere gli scettici cittadini europei, ha dovuto por mano alla propaganda e mostrarsi più realista del re. Così, il gas lo compriamo in America, ma anche le armi dovremo comprarle là, nel produttore mondiale numero uno. Volete che Trump rinunci ai soldi degli europei? Non ci pensa nemmeno. Gli inglesi? Continuano a essere i peggiori nemici del Continente, anche se in casa loro il woke e l'islam li stanno facendo marcire.Putin, dovendo far risorgere il suo Paese dalle macerie dell'Urss, non aveva i mezzi per fare quel che, invece, fanno da decenni i ricchissimi arabi: finanziare le università americane (una ha addirittura una cattedra di studio della sharìa). In tal caso la narrativa sarebbe stata diversa. E pure la politica internazionale. Sarà un caso che l'incontro Trump-Putin sia stato organizzato a Riyadh? No, se continua così, spiace dirlo, ma le cose si metteranno male per gli europei. Tanto, l'Inghilterra è un'isola e l'unica guerra che gli americani hanno visto in casa loro è quella di Secessione. L'eventuale, ennesima, guerra europea la vedranno in televisione.
VIDEO: Vance alla Conferenza di Monaco ➜ https://www.youtube.com/watch?v=zd1IN99OZR0TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8084L'ATTACCO DI VANCE METTE A NUDO UN'EUROPA CHE TRADISCE SE STESSA di Eugenio Capozzi Le ultime settimane sono state un autentico incubo per le classi dirigenti dell'Unione Europea. A partire dal discorso di insediamento di Donald Trump dall'America sono arrivate bordate devastanti, una dietro l'altra, che hanno fatto a pezzi tutte le convenzioni e le argomentazioni retoriche sulle quali il loro potere tentava di legittimarsi agli occhi dei cittadini delle loro nazioni e del mondo.Prima il ripudio radicale del globalismo ideologizzato, con la nuova uscita degli Stati Uniti dal Trattato di Parigi sul clima e quella annunciata dall'Oms. Poi la minaccia concreta dei dazi "reciproci", che smaschera il protezionismo sedimentato praticato dal vecchio continente verso il nuovo, e obbligherà i leader dei paesi Ue a scomodi negoziati bilaterali. Poi le proposte spiazzanti di risoluzione del conflitto a Gaza, che mettono a nudo la totale impraticabilità della formula retorica dei "due popoli due Stati" con cui le classi politiche europee a lungo hanno comodamente tenuto il piede in molte scarpe sui temi del Medio Oriente, e certificano l'irrilevanza di queste ultime nei giochi di potenza in evoluzione in quell'area. Infine, l'annuncio choc dell'avvio di un negoziato di pace diretto tra Stati Uniti e Russia sul conflitto russo-ucraino, che lascia da parte senza complimenti l'Ue e il governo ucraino di Zelensky da essa sostenuto "senza se e senza ma" dall'inizio del conflitto.Ma i colpi più ferali ai "mandarini" continentali sono arrivati negli ultimi giorni da un componente della nuova amministrazione statunitense la cui rilevanza essi avevano forse sottovalutato: il vicepresidente J.D. Vance (nella foto LaPresse). Quest'ultimo è "calato" in Europa per pronunciare due discorsi pubblici, evidentemente pensati e preparati con cura, in cui ha rivolto alle classi politiche europee critiche severissime su temi che toccano nervi particolarmente sensibili e dolorosi per le élites del vecchio continente, e anche dell'intero Occidente, negli ultimi decenni, e ha aperto di fatto un vero e proprio dibattito "sui massimi sistemi" dei fondamenti della civiltà euro-occidentale.Prima, nell'"Action Summit" sull'intelligenza artificiale convocato a Parigi da Emmanuel Macron nella speranza di controbilanciare l'accelerazione impressa da Washington sul tema, Vance ha avvisato con molta chiarezza che gli Stati Uniti non accetteranno che lo sviluppo della ricerca sull'AI venga soffocato dalle iper-regolamentazioni e dalle tendenze alla censura e al controllo, le quali invece sembrano rappresentare ancora le principali preoccupazioni dei vertici dell'Ue in materia.Poi, dopo qualche giorno (14 febbraio), nella Conferenza internazionale di Monaco sulla sicurezza dedicata all'Ucraina il vicepresidente americano ha preso di petto, spiazzandoli, i leader dei Paesi Ue con un intervento che è stato un pesantissimo atto d'accusa nei loro confronti sul tema, appunto, dei princìpi ispiratori dell'Occidente.Vance ha sostenuto, come ormai è noto, che la peggiore minaccia alla sicurezza dell'Europa non viene da nemici esterni, come la Russia o la Cina, ma dall'interno, ed è una minaccia di natura culturale, etica, spirituale. In sintesi, il braccio destro di Trump ha denunciato il fatto che il modello politico costruito dall'Unione europea e da gran parte dei governi del continente appare oggi, visto dall'esterno, inclinare decisamente verso l'autoritarismo, e configurare un vero e proprio tradimento dei valori di libertà e democrazia che, pure, a parole quei governi sostengono con tanta enfasi. E ha fatto, a tale riguardo, esempi molto precisi, che sono certamente suonati per molti degli ascoltatori presenti come un vero e proprio schiaffo in pieno viso: l'irregimentazione soffocante dei social media; la censura e la repressione sempre più ferree della libertà di opinione e di espressione (con un particolare affondo sulla libertà religiosa e il diritto a pregare vicino alle cliniche per aborti); l'esplicita tendenza a manipolare i risultati elettorali quando non sono conformi a determinati dettami ideologici (in particolare, il caso incredibile della Romania); il tentativo di ghettizzare ed escludere dal dibattito pubblico forze politiche dal consenso anche rilevante, additandole unilateralmente come "impresentabili"; la promozione dell'immigrazione di massa incontrollata che mina la vita, la sicurezza, le libertà dei propri cittadini. Per di più, lo ha fatto da un punto di vista politico-culturale che per le élite euro-globaliste ha lo stesso effetto dell'aglio per i vampiri: quello di un conservatore assolutamente pro-vita e antiabortista.Le reazioni piccate (come innanzitutto quelle dei vertici tedeschi e francesi), sdegnate, o sprezzantemente sarcastiche di alcuni "mandarini" al discorso di Vance, o addirittura il silenzio in cui alcuni altri hanno tentato di farlo cadere, sono la più chiara dimostrazione di come quell'attacco abbia colpito al cuore le residue sicurezze e i radicati pregiudizi di gran parte delle élites europee.Non sono stati soltanto i contenuti delle accuse a fare male. È stato, forse, ancor più il tono autorevole, sicuro, senza la minima concessione al "politicamente corretto", con cui Vance le ha pronunciate, anzi scandite. Il tono di un emissario che mette pesantemente sul piatto il giudizio, severissimo, di chi tiene in questo momento le redini dell'Occidente e non ha intenzione di fare sconti a nessuno, nemmeno agli amici. «È arrivato un nuovo sceriffo in città», come ha chiosato sorridendo lo stesso vicepresidente. E il nuovo sceriffo - questa è stata forse la frustata più dolorosa - non ha come bussola ispiratrice soltanto il principio dell'"America first", dell'interesse nazionale, ma ha anche un'idea molto precisa della direzione in cui le democrazie alleate dovrebbero muoversi, e non ha nessun ritegno nel comunicarlo.Quella direzione - lascia intendere Vance - sarà d'ora in poi criterio dirimente nei rapporti tra gli Stati Uniti e ciascuna di esse: abbandonare ogni velleità da Stato, o Superstato, etico che pretenda di "educare" i propri cittadini; abbandonare l'ideologia soffocante dell'ambientalismo antiumano e antieconomico; fare marcia indietro sull'indottrinamento woke; tornare a consentire un dibattito politico aperto, a 360 gradi, in cui vengano pienamente ammesse anche le forze populiste e sovraniste, in modo da muovere il continente verso politiche più realiste, orientate alla crescita e alla tenuta di un solido tessuto comunitario.Insomma, Vance ha lasciato inequivocabilmente intendere come l'amministrazione Trump 2 sia tutt'altro che isolazionista o disinteressata ai rapporti con l'Europa, come molti pensavano. Al contrario, essa è estremamente preoccupata per la deriva autolesionista di un continente chiuso in una "bolla" ideologica, votato alla decrescita e alla decadenza, sempre più fragile ed esposto a influenze di poteri estranei alle sue radici. E lancia alle sue classi dirigenti un avvertimento deciso: o state con noi, con la linea di conservatorismo realista, de-regolatore e identitario di Trump, o prima o poi non ci sarà più tra noi una vera alleanza, con tutte le conseguenze negative che per voi potranno derivarne.Nota di BastaBugie: Luca Volontè nell'articolo seguente dal titolo "Romania, Trump toglie la copertura al golpe UE" racconta che la Commissione Europea ha annullato le elezioni presidenziali in Romania perché i vincitori non gli erano graditi. In questo modo la democrazia diventa la parodia di sé stessa.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 17 febbraio 2025:L'intervento promosso dalla Commissione Europea che ha portato all'annullamento delle elezioni presidenziali in Romania è stato uno degli esempi eclatanti che il vicepresidente americano JD Vance ha portato nel suo storico discorso del 14 febbraio scorso alla Conferenza Internazionale sulla sicurezza svoltasi a Monaco.Quello di Vance non è stato l'unico intervento della nuova amministrazione USA sul caso Romania. Sempre la scorsa settimana il presidente Donald Trump ha inviato a Bucarest l'incaricato speciale della Casa Banca Richard Grenell (nella foto LaPresse, con il presidente Trump). Da lui è arrivata la denuncia di come l'amministrazione Biden abbia cercato di boicottare i conservatori ed i loro candidati con la complicità dell'Unione Europea, questione che riguardava anche il caso romeno contro il vincitore del primo turno elettorale dello scorso inverno Călin Georgescu.Secondo il New York Sun della scorsa settimana, l'accusa è stata formulata nel corso di una revisione delle azioni diplomatiche estere della Casa Bianca sotto il governo di Joe Biden. Sarebbero emersi dati, seppur aggiornati alla sola primavera 2024, che proverebbero l'influenza USA sul sistema giudiziario della Romania, non per irrobustirne l'indipendenza, piuttosto per farne strumento di azioni contro i partiti conservatori e, molto probabilmente anche contro il candidato indipendente Călin Georgescu, vincitore del primo turno il 24 novembre scorso.Abbiamo denunciato a suo tempo, su queste pagine e per primi, lo scandalo di un vero e proprio colpo di Stato attuato a Bucarest, sotto l'egida della UE e rivendicato dall'ex commissario europeo Thierry Breton con la complicità della Amministrazione Biden. Ad oggi, i sospetti che portarono all'annullamento del voto espresso da milioni di cittadini e le preoccupazioni euro
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8034IL RAPPORTO DELLA VERGOGNA SCREDITA AMNESTY PIU' CHE ISRAELE di Stefano Magni "Amnesty International è giunta alla conclusione che Israele stia commettendo un genocidio a Gaza". E il lettore fa un balzo sulla sedia. Se Amnesty International, dunque la più autorevole ong internazionale per la difesa dei diritti umani, è giunta anch'essa a questa conclusione, dopo il mandato di cattura per Netanyahu e Gallant spiccato dalla Corte penale internazionale, dopo il processo per genocidio indetto dalla Corte internazionale di giustizia, dopo che Papa Francesco ha pubblicamente scritto che Israele sta probabilmente compiendo un genocidio... beh, verrebbe da pensare proprio che ci sia un serio sospetto di genocidio a Gaza, commesso da Israele? O no? I pochi filo-sionisti rimasti devono arrendersi a questa "evidenza"? Neanche per idea.Prima di tutto, bisogna leggere il rapporto di Amnesty International prima di capire di cosa stiamo parlando. E bisogna anche, prima ancora di leggerlo, ricordare bene cosa significhi la parola "genocidio" così come è stata formulata da Raphael Lemkin, giurista ebreo polacco, nel 1944, alla vigilia della sconfitta della più grande potenza genocida europea, la Germania nazista.Ebbene, il genocidio è: "piano coordinato di differenti azioni mirante alla distruzione dei fondamenti essenziali della vita di gruppi nazionali, con l'intento di annientarli". Per Amnesty International, Israele sta agendo con l'intento dichiarato di eliminare il popolo palestinese a Gaza. Poi però nel suo stesso rapporto si contraddice più e più volte.Prima di tutto, il documento parla di una "distruzione senza precedenti", ma per le stime su morti e feriti e quanti di essi siano non combattenti si basa solo sulle cifre fornite dai palestinesi. Cioè da Hamas, che è l'unica organizzazione terrorista internazionale che ha il controllo di Gaza e che diffonde informazioni per fare propaganda.I NUMERIStando all'Onu i morti accertati sono 8119, come abbiamo già avuto modo di scrivere su queste colonne. Poco più di 8 mila morti sono una tragedia, ma su una popolazione di oltre 2 milioni di palestinesi sono un genocidio ben strano. Un "genocidio a bassa intensità" si potrebbe dire. Lo sarebbe anche se prendessimo per buone le statistiche di Hamas, che per altro sono del tutto implausibili, se non altro perché progrediscono con una regolarità disarmante, nei periodi di tregua come in quelli di escalation.Ma anche 42 mila morti, su 2 milioni di abitanti di Gaza non sono troppo rivelatori di un intento genocida. Il ritmo con cui una popolazione viene eliminata è una caratteristica indicativa di un genocidio in corso. Gli armeni subirono un milione di morti in poco più di un anno, lo stesso lasso di tempo in cui gli israeliani avrebbero ucciso (stando a Hamas, ripetiamolo) nemmeno 50 mila palestinesi.I nazisti eliminarono fisicamente 6 milioni di ebrei in Europa dal 1939 al 1945, circa 1 milione all'anno facendo la media, ma considerando soprattutto che il grosso venne eliminato solo dal giugno 1941 (occupazione dell'Urss occidentale) al gennaio del 1945 (liberazione dei primi campi di sterminio). In Ruanda, gli hutu sterminarono l'etnia tutsi al ritmo di 200 mila morti a settimana, arrivando a 1 milione di vittime in poco più di un mese. La conta dei morti è macabra, d'accordo, non ci sono sicuramente vittime di serie A o di serie B, ma serve a capire, per lo meno, le dimensioni del problema e di cosa stiamo parlando.Prevenendo la critica sui numeri, Amnesty afferma che comunque Israele sta negando alla popolazione di Gaza tutti i mezzi che le permettono di vivere (cibo, acqua, energia, ospedali) e tutti i suoi siti culturali e religiosi (scuole, moschee, centri culturali). Però poi non spiega cosa ci facciano quelle file di camion che portano aiuti alimentari ai palestinesi (anche e soprattutto dal territorio israeliano) e come mai, dopo un anno e due mesi di guerra, non sia ancora scoppiata una carestia.Anche i rapporti più allarmanti parlano di "rischio carestia", ma non è documentata alcuna mortalità di massa per fame e stenti, come avverrebbe in una carestia. Per una carestia indotta artificialmente, come quella in Ucraina nel 1932-33, morirono dai 4 ai 7 milioni di contadini, più del 10-15 per cento della popolazione di allora. Non si vede nulla di simile a Gaza, nemmeno stando ai rapporti più allarmanti.Quanto alla distruzione dei simboli e siti della cultura palestinese, Amnesty dimentica di dirci come vengano usate le moschee e le scuole che vengono colpite dagli israeliani. D'altronde, forte della sua imparzialità, sicuramente non crede alle "fonti di parte", cioè ai video con cui l'esercito israeliano mostra le armi catturate al loro interno, o i terroristi uccisi nei raid contro di esse. Hamas, se usa scudi umani e utilizza ospedali, scuole e moschee per lanciare i suoi attacchi o mettere al riparo i suoi comandanti, non è da considerarsi colpevole di crimini di guerra?NESSUN INTENTO GENOCIDA: TRE ERRORI IN UNA FRASEInfine, ma non da ultimo, un genocidio è un'azione deliberata. Gli israeliani vogliono deliberatamente eliminare (del tutto o in parte) la popolazione di Gaza? Non c'è traccia di alcun ordine di questo tipo. Non ci sono neppure i sintomi tipici di un genocidio o di una pulizia etnica, come tante volte abbiamo visto, ad esempio, nei Balcani: campi di filtraggio, deportazioni, rastrellamenti e uccisioni deliberate di tutti coloro che hanno il passaporto sbagliato, il cognome sbagliato, o frequentano la parrocchia sbagliata. Ecco, non si vede nulla di tutto questo, né i campi, né le colonne di deportati, né le fosse comuni piene di civili.Israele afferma di combattere una guerra contro i terroristi e di fare tutto il possibile per evacuare i civili nelle zone in cui l'esercito colpisce. Ebbene, Amnesty accusa Israele anche di queste evacuazioni, denunciandole come "deportazioni". Come "prova" dell'intento genocida, cita qualche scatenato di destra, minoritario nel governo Netanyahu, con ragionamenti del tipo "non fornire aiuti umanitari a Gaza finché Hamas non libera tutti gli ostaggi".Ragionamento che non indica alcun intento genocida, per altro. E che è una politica neppure seguita dal governo, visto che gli aiuti umanitari continuano ad arrivare a Gaza, ma un centinaio di ostaggi ancora vivi sono nelle mani di Hamas fino ad oggi.Il rapporto di Amnesty International, insomma, giunge alla conclusione che è in corso un genocidio, perché quel che sta avvenendo a Gaza è inserito in un "contesto" (parola magica) genocidario. E quale sarebbe questo "contesto"? Citiamo testualmente: "Nel contesto del sistema di apartheid di Israele, del blocco disumano di Gaza e dell'occupazione militare illegale del territorio palestinese che dura da 57 anni". Già il numero di aggettivi (disumano, militare, illegale) dovrebbe far suonare un campanello di allarme sulla serietà di questa analisi.Ma in una frase troviamo tre errori da matita blu. Sistema di apartheid: un paese multi-etnico in cui un arabo è membro della Corte Suprema e può anche condannare il premier ebreo? Occupazione militare illegale del territorio palestinese: quale territorio palestinese, considerando che nessuno Stato di Palestina è mai stato riconosciuto? I territori contesi fino al 1967 erano a loro volta occupati da Egitto (Gaza) e Giordania (Cisgiordania) e anche la loro presenza militare su quegli stessi luoghi era illegale, per il diritto internazionale. Quindi chi è l'occupante e chi il liberatore? Il blocco inumano di Gaza: Israele dovrebbe aprire le frontiere di una regione da cui partono razzi e attacchi terroristici tutti gli anni, dove un'organizzazione terrorista internazionale regna sovrana?Insomma, il rapporto di Amnesty serve a un solo scopo: delegittimare Israele con frasi e dati ad effetto. Ma l'unico scopo che otterrà, almeno per i governi che ancora ragionano, sarà quello di screditare se stessa. Da autorevole organizzazione per i diritti umani, è diventata un'organizzazione militante di estrema sinistra.
VIDEO: VIDEO: Le atrocità islamiche del 7 ottobre ➜ https://www.informazionecorretta.com/video/urlaepoiilsilenzio.mp4TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7943VOGLIAMO APRIRE GLI OCCHI SU QUELLO CHE I MUSULMANI STANNO FACENDO A ISRAELE? di Stefano MagniQuante dimostrazioni e prove servono prima di "aprire gli occhi" sul Medio Oriente? Il 7 ottobre di un anno fa è uno di quegli eventi che gli inglesi definiscono con un'espressione che in italiano non può essere tradotta mantenendo la stessa sintetica efficacia: eye opener (che permette di aprire gli occhi). Nonostante tutto, siamo ancora qui ad assistere ad un mondo di opinionisti e di influencer che pretenderebbero di farci aprire gli occhi su un "genocidio" che non c'è: quello dei palestinesi a Gaza. La moda-tormentone del "All eyes on Rafah" (tutti gli occhi siano puntati su Rafah) ne è l'esempio più lampante.Su cosa avremmo dovuto aprire gli occhi il 7 ottobre? Sugli obiettivi dichiarati e in parte anche realizzati di Hamas e sul ruolo di complice sia dell'Iran che dell'Autorità Palestinese. Il 7 ottobre, Hamas ha dimostrato che il suo reale obiettivo è solo quello di assassinare ebrei. Lo sfondamento della barriera di confine e la temporanea sconfitta delle guarnigioni di confine erano solo strumentali, un mezzo per raggiungere il fine. Il fine è stata l'uccisione indiscriminata di civili ebrei.Una volta che è stata colta di sorpresa l'IDF, la forza di difesa israeliana, Hamas non ha sfruttato il suo temporaneo successo per conseguire obiettivi militari o politici. Non sono state attaccate basi militari, né obiettivi economici. Non sono stati assassinati politici, né comandanti militari. L'unica cosa a cui i terroristi di Hamas miravano erano i civili. E li hanno uccisi in gran numero, almeno 1.200 secondo le stime più aggiornate. Li hanno assassinati ovunque si trovassero: in auto lungo le strade, nelle loro case, nei loro letti, o quando erano intenti a ballare in un rave party, il luogo in cui, essendo più concentrati, sono stati uccisi più in gran numero in una sola volta.Hamas non si è limitato ad uccidere. Ha voluto far soffrire le sue vittime nel peggiore dei modi. Vedere i video delle torture e delle uccisioni dei civili israeliani può causare un disturbo post traumatico allo spettatore non preparato alla violenza estrema. Quegli israeliani che sono stati uccisi con un colpo di fucile sono stati i più fortunati. Gli altri hanno subito dei supplizi che parevano seppelliti nella memoria delle invasioni degli unni o dei tartari, nelle guerre di religione di quattro secoli fa o nelle peggiori barbarie commesse durante la Seconda Guerra Mondiale. Non stiamo a descriverle, ma chi volesse approfondire l'argomento può leggere o (se ha il coraggio) guardare molto materiale che è stato raccolto il 7 ottobre. Nulla è mai stato nascosto.L'OSTENTAZIONE DELL'ORRORE E LA PARTECIPAZIONE DEI CIVILIE questa è, appunto, la terza lezione che avremmo dovuto apprendere dal 7 ottobre: il pogrom scatenato da Hamas è stato ampiamente documentato dai terroristi stessi che lo hanno commesso. Ognuno di loro aveva la sua body cam con cui riprendeva in tempo reale quel che stava facendo. Anche le torture più crudeli e fantasiose sono state filmate in tempo reale.Poi tutti questi "snuff movies" sono stati mandati subito sul web, affinché la gente sapesse subito tutto quel che era stato fatto. Da questo punto di vista, Hamas si è dimostrato molto diverso dai precedenti persecutori degli ebrei, soprattutto dai nazisti, che facevano di tutto per nascondere i loro crimini.L'altra scena che avrebbe dovuto aprirci gli occhi è stata la parata dei "vincitori" di ritorno a Gaza. Portavano con sé i prigionieri, ridotti in schiavitù, come da tradizione di tutti gli eserciti antichi. Gli ostaggi catturati erano ben 251, un bottino incredibilmente ricco per un gruppo terrorista che ha visto quanto sia disposta a pagare Israele per ogni singolo cittadino o soldato catturato. Il solo caporale Gilad Shalit era stato scambiato con mille prigionieri palestinesi, fra cui lo stesso Yahya Sinwar, capo di Hamas a Gaza, mente del 7 ottobre.Gli ostaggi liberati narrano di altre scene da film dell'orrore, sevizie, torture fisiche e psicologiche, isolamento, fame, peggio che in un lager. Basta vedere dove erano tenuti i sei sfortunati ostaggi che sono stati assassinati in settembre, poco prime che l'IDF arrivasse a liberarli: un tunnel scavato in profondità, basso tanto da non poter neppure rimanere in piedi, buio, senza alcun tipo di igiene (feci nel secchio, urina in bottiglia). Per undici lunghi mesi, fino a un'esecuzione capitale finale: questa è stata la vita dei sei ostaggi assassinati.Non vengono risparmiate sofferenze neppure ai prigionieri musulmani. Kaid Farhan Elkadi, beduino, liberato in un raid dell'esercito israeliano, è stato ferito, operato senza anestesia, nutrito a pane e acqua. Ed ha dovuto assistere all'omicidio di un altro prigioniero.In tutto questo, che ruolo ha avuto la popolazione di Gaza? Dovrebbero esserci rimaste impresse le immagini, appunto, del ritorno dei "vincitori" del 7 ottobre. Un trionfo. La gente festeggiava per strada, mentre i pick up dei terroristi tornavano trasportando gli ostaggi, o i cadaveri orrendamente mutilati degli israeliani che avevano appena ucciso. "Papà, ne ho uccisi con le mie mani!" urlava al telefono un terrorista al padre. E quello: "Che Dio ti protegga! Allah Akhbar!".Questo è l'atteggiamento medio: piena partecipazione, oltre la normale complicità. In giugno, un sondaggio ha rilevato che i due terzi dei palestinesi approvano il pogrom. E le teste mozzate degli israeliani sono state vendute all'asta. Ai confini del cannibalismo.Significativa anche la reazione dell'Autorità Palestinese: nessuna. Quella che viene ormai riconosciuta come la prima pietra del futuro Stato palestinese non ha neppure lamentato il comportamento dei terroristi di Hamas, neppure ha avuto l'ipocrisia di definirli "compagni che sbagliano". Dalle massime cariche palestinesi è giunta solo una tacita approvazione, quando non un'approvazione esplicita. Al massimo Abu Mazen, presidente (ormai eterno) dell'Ap, è giunto a dire che Hamas, così facendo "ha fornito un pretesto" a Israele per attaccare Gaza.IL SOSTEGNO IRANIANO E LA VERA NATURA DEL CONFLITTOIl 7 ottobre dovrebbe anche aprire definitivamente gli occhi anche sull'Iran, che dal giorno uno, ha fornito pieno sostegno politico, propagandistico e militare alla causa di Hamas. L'8 ottobre, a cadaveri ancora caldi, Hezbollah (emanazione del regime di Teheran in Libano) iniziava il suo lancio di razzi contro il nord di Israele. Una settimana dopo, gli Houthi (emanazione del regime di Teheran nello Yemen) davano inizio ad una guerra di pirateria contro le navi che attraversavano il Mar Rosso, per implementare un rudimentale blocco navale contro Israele.L'Iran è direttamente coinvolto nel 7 ottobre, informato dei fatti quasi in tempo reale, come dimostrano le riunioni (per la prima volta documentate anche con foto) a Beirut fra i vertici di Hamas, Hezbollah e della Guardia Rivoluzionaria iraniana. Per non parlare di Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas, che in Iran era letteralmente di casa. I servizi israeliani lo hanno ucciso... a Teheran.Il 7 ottobre avrebbe dovuto aprirci gli occhi sulla natura del conflitto mediorientale: una guerra combattuta da Israele per la sua sopravvivenza, contro un nemico che vuole gli israeliani morti. Nonostante tutto, a giudicare dai discorsi dei governi occidentali e da quel che leggiamo ogni giorno nelle pagine dei commenti delle maggiori testate europee e nord americane, si parla ancora del vecchio progetto (datato 1947) dei "due popoli in due Stati", spacciato come soluzione magica della guerra.Quale convivenza può essere possibile e quale confine si può tracciare se c'è un popolo che ne vuole annientare un altro? Si parla della questione mediorientale, come se fosse solo mediorientale. Ma l'Iran è coinvolto sin dall'inizio. Soprattutto, si fa pressione su Israele (e solo su Israele) perché accetti una pace di compromesso, pur sapendo ormai che combatte contro nemici che non accetterebbero mai compromessi fino all'annientamento fisico totale del popolo ebraico in Israele.Pur avendo visto di che pasta sono fatti i terroristi di Hamas (dai loro stessi video) diamo ancora per buona la loro versione dei fatti. Sentiamo descrivere la guerra a Gaza come un "genocidio israeliano", abbiamo rilanciato la notizia di carestie che non c'erano, di assedio per fame quando i camion portavano aiuti alimentari, di decine di migliaia di bambini morti che nessuno (se non Hamas e i suoi complici) ha mai potuto contare.Le parole hanno conseguenze e il loro effetto è un progressivo isolamento di Israele, della parte aggredita, della nazione che lotta per la sopravvivenza. Come se il 7 ottobre non fosse mai esistito.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7930IL MANIFESTO DI VENTOTENE: L'OLIGARCHIA TECNOCRATICA AL POTERE di Riccardo PedrizziFin dalla campagna elettorale per le europee tutti i candidati di Italia Viva, Più Europa e della sinistra in genere avevano ripetuto la litania: "Ventotene da sogno di pochi diventerà una necessità per tutti", dimenticando tutti gli altri fondatori. Per realizzare questo sogno si è subito ricostituito il "Gruppo Spinelli" in questa legislatura del Parlamento europeo. Con l'obiettivo ambizioso di costituire un'Unione federale, sovrana e democratica. Per ultimo, nei giorni scorsi, Josep Borrell, alto rappresentante della Politica estera dell'Ue, ha detto che: "Il Manifesto di Ventotene è la base dell'Unione europea e rappresenta tutti i valori in cui crediamo, lo manderei a Putin". Ed è naturale che la pensi cosi lui che è del Partito Socialista Operaio spagnolo, inaugurando domenica 1° settembre sull'isola pontina il murales che riproduce il testo dello scritto di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, considerato dalla sinistra internazionale il documento fondativo dell'Unione europea.Ora, che siano esponenti della sinistra più o meno estrema a sognare "Ventotene" è anche comprensibile, quello che non si capisce, invece, è il giudizio positivo espresso su quel manifesto da qualche rappresentante della gerarchia cattolica, che alla vigilia del voto sul laicista giornale Repubblica dichiarava: "Mi auguro che l'Europa torni ad essere coerente con lo spirito di Ventotene che prevalgano i principi della solidarietà, della condivisione e della fraternità". Non so, a questo punto, se si possa parlare di ignoranza o di mala fede di questi vescovi italiani.Come molti sanno, il manifesto di Ventotene sull'Europa unita era stato redatto nell'omonima isola da un gruppo di confinati dal regime fascista, di ideologia socialista, marxista e atea. Pochi però sanno, perché non l'hanno mai neppure letto che quel manifesto voleva attuare una rivoluzione socialista, abolire la proprietà privata; rifiutava il metodo democratico; il popolo doveva essere guidato da pochi esperti e soprattutto doveva essere "educato".UN'EUROPA AUTORITARIA, ATEA E ANTICRISTIANAIn estrema sintesi quello di Ventotene è il manifesto di un'Europa autoritaria, atea e anticristiana, guidata da una categoria di esperti illuminati. Ciononostante qualche ecclesiastico si augurava che l'Europa ritornasse ancora di più a quello spirito. L'offensiva su e con Ventotene era iniziata qualche anno fa con la venuta nell'isola di personaggi delle istituzioni europee come Ursula von del Layen, presidente della Commissione e come lo scomparso David Sassoli, presidente del Parlamento europeo.Il decollo dell'attenzione - come si ricorderà - era proseguito, con il vertice promosso da Matteo Renzi il 22/8 del 2016 e con la partecipazione di Francois Holland e di Angela Merkel sulla portaerei Garibaldi, perché - disse l'allora il presidente del Consiglio italiano - "l'Isola di Ventotene rappresenta i valori e gli ideali che hanno fondato l'Unione europea". Poi arrivò il 20 agosto del 2021 il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, si recò in occasione dell'ottantesimo anniversario del "Manifesto di Ventotene" e del 40° "Seminario per la formazione federalista europea" sull'isola pontina, rendendo omaggio alla tomba di Altiero Spinelli, sulla quale depose una corona di fiori. In pratica anche lui, ex democristiano e, quindi, presumibilmente cattolico, contribuì ad alimentare la tesi secondo la quale il "Manifesto di Ventotene" sarebbe il fondamento della Unione europea.Da allora il leit-motive di tutte le manifestazioni è stato quello, appunto, di far passare sempre più l'idea che quel "manifesto" fosse la base, l'atto di battesimo della causa europeista. [...]In realtà le istituzioni europee erano nate con tutt'altra ispirazione molto diversa di quella del Manifesto per principale impulso dei tre statisti, tutti e tre cattolici, i quali avevano preso le mosse dalle comuni radici cristiane dell'Europa ed avevano assunto come riferimento simbolico il Sacro Romano Impero (attualmente il massimo riconoscimento europeo è proprio e non a caso un premio intitolato a Carlo Magno) e pochi sanno che le stelle che circondano il vessillo europeo sono le stelle che ornano il capo della Vergine Maria.Il filone "laico" era già allora presente, ma aveva i suoi antesignani nel francese Jean Monnet e nel belga Paul-Henri Spaak e non certo negli autori del Manifesto di Ventotene e nella loro Unione dei Federalisti Europei.Ora ci si dovrebbe chiedere perché si sta insistendo tanto su tale manifesto e perché si rende omaggio alla tomba di Altiero Spinelli, sepolto a Ventotene? Ciò è evidente. Perché la cultura, e quindi il progetto politico attuale dell'Europa, sono del tutto subalterni proprio a quei circoli politico-culturali, eredi del mondo da cui provenivano gli autori del Manifesto di Ventotene.C'è dunque un obbiettivo ideologico e ci sono poi gli aspetti simbolici per celebrare col massimo risalto possibile il "Manifesto di Ventotene". Scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colosini e altri, infatti è molto celebrato dalla cultura di sinistra italiana, ma in effetti largamente ignoto altrove. In pratica si sta facendo passare quel Manifesto come se fosse davvero la pietra angolare delle istituzioni europee e si parla dei suoi autori come se fossero davvero i padri dell'Europa.IMAGINE THERE'S NO COUNTRIESLa verità è che, redatto da intellettuali di sinistra, futuri co-fondatori del Partito d'Azione, il documento è un vessillo di quell'idea d'Europa molto "laica", se non laicista, e molto statalista, che in effetti all'inizio del processo di unificazione ebbe ben poco peso e che prevalse più tardi, solo dagli anni '80 del secolo scorso, fino a condurre l'attuale Unione europea nella situazione in cui si trova adesso.In effetti l'Europa di Spinelli e compagni è oligarchica e mondialista, vuole superare le differenze nazionali e non è pensata come il coronamento di un'unità di popoli europei, basata sui loro caratteri comuni (etnici, culturali, religiosi), ma come l'embrione di una futura aggregazione di livello mondiale, che elimini definitivamente dalla faccia della Terra ogni confine, ogni differenza culturale e che riunisca tutti i popoli del Mondo. Insomma l'Europa del Manifesto è solo un primo passo di una struttura che dovrebbe preludere ad un internazionalismo indifferenziato ed uniforme con un governo globale mondialista.È la visione, per essere ancora più chiaro, di un insieme di tutti i popoli che costituiscono l'umanità, di cui la federazione europea dovrebbe essere la garanzia perché i rapporti con i popoli asiatici e americani possano svolgersi su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un avvenire, in cui diventi possibile l'unità politica dell'intero globo. Risulta chiaro pertanto l'impostazione antinazionale di tutto il progetto.Basta leggere bene tutto il documento.Nella prima parte del Manifesto si sostiene che gli Stati nazionali sono stati uno strumento utile a ridurre il potere reazionario del Vaticano, ma poi sono diventati gli artefici di nazionalismi e totalitarismi; sono stati una tappa, che è da superare in vista di una sempre più grande aggregazione statale, prima europea e poi mondiale.Nessun riferimento alla comune identità europea, alla cultura, alle tradizioni, alla religione che hanno costituito la storia del continente europeo è rilevabile all'interno del freddo e burocratico manifesto spinelliano, che vuole l'unità europea perché "è la tendenza storica della Modernità a volerlo".LA RELIGIONE COME FATTORE DI OSCURANTISMOAncora, considerata la religione come fattore di oscurantismo, [...] si propone di sostituirla con la fratellanza universale che ignora le differenze tra i popoli. Il Manifesto di Ventotene ha, inoltre, un sapore elitario: Spinelli critica il processo democratico e la sovranità popolare e chiarisce che deve essere una minoranza "veramente rivoluzionaria" a guidare il processo di integrazione europea.Di fronte a questa vera e propria ideologia antidemocratica, oligarchica, tecnocratica e persino dittatoriale [...] non viene riconosciuto spazio alcuno all'autonomia della persona, alla società civile, insomma al principio di sussidiarietà.Come tutte le leggende, dunque, anche quella dell'Ue ha i suoi miti. Uno dei più significativi e falsi è il Manifesto di Ventotene; ma la semplice lettura di quel documento dovrebbe indurre i suoi apologeti ad avere un po' di pudore nell'esaltarlo, visto che in quel Manifesto vi è la radice ideologica di istituzioni lontane dai popoli ed oggi arroccate in burocrazie, che guardano alla democrazia come a un pericolo, che ritengono l'unificazione europea non l'esito di un percorso di federazione fra popoli e nazioni, nel rispetto delle specificità di ciascuna, ma l'imposizione dall'alto di regole comuni.Ora questa leggenda, con i suoi falsi miti, mostra i suoi limiti nel confronto con la realtà.L'alternativa vera oggi non è fra europeismo e nazionalismo (o sovranismo), ma fra Ventotene e Magistero della Chiesa quanto al rispetto delle identità e della volontà dei popoli, alla consapevolezza di una storia e di un destino comune.In pratica Altiero Spinelli avrebbe voluto alla guida della futura Unione europea un organismo indipendente, senza legittimità democratica, non eletto, competente (i migliori di oggi) e non soggetto a scrupoli di carattere morale o sentimentale; in una
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7898SINISTRA E' ORMAI SINONIMO DI REPRESSIONE DEL DISSENSO: E' LA PROPAGANDA DI REGIME 2.0 di Eugenio CapozziLa tendenza alla negazione del pluralismo democratico, alla criminalizzazione del dissenso e alla censura, già emersa da tempo nelle società occidentali che ancora si definiscono liberaldemocratiche, appare ulteriormente consolidarsi, e anzi subire una decisa accelerazione. Più specificamente, essa si manifesta ormai come la caratteristica principale di tutto il mondo politico, intellettuale e mediatico accomunato in qualche modo sotto l'etichetta di "progressismo" e "sinistra".Molti episodi delle ultime settimane confermano tale crescente torsione repressiva: dalla massiccia persecuzione poliziesca e giudiziaria di opinioni dissenzienti – comprese quelle espresse sui social media - lanciata dal governo britannico laburista di Keir Starmer contro i manifestanti anti-immigrazione, alla grottesca lettera minatoria inviata dal commissario Ue Thierry Breton a Elon Musk per minacciare ritorsioni per lo spazio mediatico da lui concesso a Donald Trump, fino alle esplicite minacce del deputato europeo macroniano Sandro Gozi di sopprimere tout court il social medium X, di proprietà dello stesso Musk, sul territorio dell'Unione. Ma se si volessero citare tutte le continue richieste di cancellazione delle voci avversarie, su ogni questione in discussione, provenienti dalle sinistre occidentali l'elenco sarebbe infinito.Non si tratta, ovviamente, di una tendenza nata ieri. L'"album di famiglia" storico di ideologie e partiti di sinistra in tal senso è molto cospicuo, dal giacobinismo fino alle dittature comuniste del XX secolo.Nel secondo Novecento l'inclinazione repressiva, a dispetto delle invocazioni sessantottine al free speech e al "vietato vietare", ha preso un corso meno apparentemente evidente, ma altrettanto pericoloso con il progressivo abbandono del paradigma della lotta di classe in favore di quello dei "diritti civili" intesi come "risarcimento" a gruppi minoritari per le più varie discriminazioni, secondo la traccia della identity politics. In merito a tali temi, l'argomentazione del liberal occidentale, esplicita o implicita, diventava più o meno la seguente: chiunque critichi nel merito qualsiasi misura invocata in nome della non discriminazione compie un atto di violenza contro i gruppi minoritari già discriminati. Su quelle misure la political correctness autorizza soltanto una posizione favorevole "a prescindere": il pluralismo diventa automaticamente "discorso di odio", e va quindi impedito, bollando come "razzista" "suprematista", o "fobico" ogni oppositore delle deriva "dirittista" promossa in nome del nuovo mito "tribale" del progresso.LA LOTTA CONTRO LE EMERGENZEMa il salto di qualità decisivo nel senso della mutazione genetica della democrazia in regime "a partito unico", nella mente e nelle azioni dei "progressisti" occidentali, è avvenuto, tra gli anni Dieci e Venti del XXI secolo, con l'avvento di un paradigma ideologico che vede nella politica in primo luogo una lotta contro "emergenze". Una lotta che rappresenta una questione di vita o di morte per le collettività, e che dunque in quanto tale non può essere esercitata efficacemente attraverso la democrazia pluralista (le cui procedure ritarderebbero o pregiudicherebbero fatalmente azioni inevitabili e necessarie) ma deve essere affidata a "comitati di salute pubblica" organizzati con una logica tecnocratica e/o giustificati in nome della "scienza".Tale paradigma si è imposto innanzitutto attraverso la predicazione martellante dell'ideologia millenaristica del catastrofismo climatico, in cui l'esigenza di ridurre a tutti i costi le "emissioni" di anidride carbonica per "salvare il pianeta" è stata affermata come punto assoluto e imprescindibile, senza alcuna possibilità di discussione. Poi è stato riproposto in forma altrettanto radicale con l'epidemia di Covid 19, additata come minaccia talmente apocalittica da giustificare restrizioni inaudite delle libertà individuali sancite dagli ordinamenti liberaldemocratici. Infine, con toni ultimativi è stato invocato in occasione della guerra russo-ucraina per tacitare ogni critica alla linea di contrapposizione totale nei confronti di Mosca adottata da Nato e Ue.Chi si oppone all'immigrazione indiscriminata, all'aborto assolutizzato come "diritto fondamentale", all'utero in affitto, alla "transizione di genere" illimitata sui minori, all'indottrinamento gender nelle istituzioni formative viene etichettato dai "progressisti" contemporanei come un odiatore, un razzista, un omofobo/transofobo di "estrema destra" violento e pericoloso. Ma chi contesta il millenarismo climatista viene automaticamente considerato colpevole dell'estinzione dell'umanità, del collasso dell'ecosistema, delle sette piaghe d'Egitto, e deve essere sistematicamente messo a tacere per la salvezza di tutti.LA PROPAGANDA DI REGIMENella stessa logica chi critica come irrazionali, inutili e illegittimi i lockdown, i coprifuoco, i ricatti e gli obblighi vaccinali viene additato come untore, responsabile morale di ogni contagio, sofferenza o morte dei "fragili". E chi critica la corsa all'escalation militare, l'abbandono di ogni via diplomatica, la riduzione dell'economia a economia di guerra viene accusato con disprezzo - da sinistre improvvisamente convertitesi dal pacifismo dogmatico al bellicismo moralista - di essere ipso facto al soldo di un tiranno, e di favorire il massacro degli aggrediti da parte degli aggressori.Dalla identity politics all'emergenzialismo coatto la cultura politica dei progressisti occidentali completa la sua torsione verso un ripudio strutturale del pluralismo, verso la riduzione della democrazia a regime in cui è possibile e necessaria una sola scelta, imposta dalle "magnifiche sorti e progressive" della civiltà unica, o dalla salvezza contro catastrofi globali. Il tutto, attraverso la versione aggiornata di quella che era stata la propaganda di regime a senso unico nelle dittature novecentesche: lo storytelling o "narrazione", trasformazione della dialettica politica in ricostruzione edificante ed emotiva di qualsiasi questione in ballo, proposta allo stesso modo da un coro di media – tradizionali/generalisti, digitali, social – e di agenzie istituzionali tutti coordinati secondo una regia comune, dall'informazione alla cultura fino all'intrattenimento. Se qualche mezzo di informazione, qualche centro di elaborazione scientifica e culturale, qualche intellettuale indipendente, qualche artista "stona", e si pone in contrapposizione al coro, scatta immediatamente la richiesta indignata e rabbiosa di censurarlo, zittirlo e cancellarlo. [...]Il progressismo del XXI secolo appare regredito solo all'invocazione a tappare la bocca agli altri in nome di parole d'ordine dogmatiche, primordiali, fondate sul puro dominio della paura.Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "La censura, quando è lecita e quando non lo è" spiega che è lecito e perfino doveroso limitare la libertà di espressione quando questa non rispetta i principi della morale naturale, mentre non lo è più quando essa semplicemente contraddice la versione politicamente corretta, del potere di turno. Ma nelle democrazie liberali accade oggi esattamente il contrario.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 13 agosto 2024:Facebook ha oscurato il profilo del filosofo Richard Dawkins, il quale su X era intervenuto sulla questione del gender alle Olimpiadi di Parigi, sostenendo che le identità sessuate sono solo due. Questo tipo di censura è inaccettabile, ma lo è solo perché toglie la libertà di parola ad una persona? Questi casi di censura nelle piattaforme digitali pongono la questione più generale della censura in quanto tale: quando e a quali condizioni qualcuno può impedire ad un altro di esprimere la propria opinione? Ora, sulla base del solo principio della moderna libertà di opinione fatta propria dalla democrazia liberale il problema non è risolvibile.I social sono realtà private che si danno il proprio codice di comportamento e la propria "etica" interna. Stabiliscono quali sono le parole che non possono essere postate e quali sono i temi vietati e quelli permessi. La loro "etica aziendale" è una loro costruzione artificiale e anzi spesso vietano proprio di dire la verità, come nel caso di Dawkins riportato sopra. Il fatto di essere entità private non impedisce loro di fare politica, di creare costume e di plasmare mentalità. Se giuridicamente sono private, la loro attività è comunque senz'altro pubblica, anche se non statale. La critica che si dovrebbe muovere loro, allora, consiste nel denunciare la mancanza di un fondamento oggettivo e universale della loro "etica comunicativa", e di sostituirlo con un codice artificiale variabile a loro uso e consumo. Spesso ciò significa ad uso e consumo dei centri di potere, di cui essi stessi fanno parte. È lecito e perfino doveroso limitare la libertà di espressione quando questa non rispetta i principi della morale naturale, non lo è più quando essa contraddice la versione politicamente corretta, o quella del potere di turno, o quella più conveniente per motivi estrinseci. Senza riferimento ad un criterio naturale, il potere di censura diventa arbitrario. Per questo la democrazia liberale non riesce a incarnarlo.Troviamo la conferma anche spostandoci al piano politico. Anche qui riscontriamo due cambiamenti: si è cessato di esercitare
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7891IL GOVERNO GARANTISCE I PRIVILEGI DI POSTE ITALIANE (NON CERTO PER MIGLIORARE IL SERVIZIO)Poste Italiane è l'azienda partecipata dallo Stato che, come suggerisce il suo nome, dedica una piccola parte delle sue risorse a sbrigare il servizio postale, e gran parte dei suoi dipendenti e mezzi a vendere altri prodotti (bancari, assicurativi, telefonici e ora anche energetici) in concorrenza con gli operatori tradizionali. Il suo modello di business si basa sulla capillare rete di circa 12 mila sportelli. Tale infrastruttura, ceduta a titolo gratuito dallo Stato, è stata realizzata nel tempo a spese dei contribuenti. Non solo: ogni anno il governo paga a Poste una quota dei costi per il mantenimento in esercizio degli uffici postali. Nessun operatore privato potrebbe avere una rete tanto ampia, sia per ragioni economiche, sia soprattutto perché non lo consentirebbe il Garante della concorrenza, che infatti quando valuta le fusioni tra istituti bancari e soggetti analoghi spesso e volentieri impone la cessione di una parte degli sportelli.Questa situazione è in tutta evidenza anti-concorrenziale: Poste gode di un privilegio unicamente in funzione del suo ruolo nell'erogazione del servizio universale e in tal modo fa concorrenza sleale in altri mercati contigui. La legge antitrust prevede, al comma 2-quater dell'articolo 8 (ricordatevi bene questo riferimento), che - se il titolare di un servizio di interesse economico generale si trova in questa condizione - deve concedere l'accesso ai suoi asset anche ai concorrenti "a condizioni equivalenti". Alcuni operatori del mercato dell'energia hanno dunque chiesto a Poste di poter vendere o almeno reclamizzare i propri prodotti attraverso la rete postale. Poste ha negato l'accesso. Così questi operatori, assieme ad alcune associazioni di categoria, hanno segnalato la vicenda all'Antitrust. Il Garante ha aperto un procedimento a febbraio 2024 e lo ha concluso a luglio, rilevando l'abuso di Poste e imponendo all'azienda di adottare una serie di misure correttive.Poste farà ovviamente ricorso. La storia dovrebbe concludersi così: saranno il Tar e il Consiglio di Stato a stabilire chi ha ragione. Invece no. La storia si conclude diversamente.Il Decreto omnibus, approvato dal consiglio dei ministri pochi giorni fa, a un mese tondo dalla conclusione del procedimento Antitrust, interviene su "Misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico". Tra queste "misure urgenti", esso prevede che "all'articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n.287... il comma 2-quater è abrogato". Sì, proprio quel comma 2-quater che impedisce ai monopolisti legali (come Poste) di trarre indebito vantaggio dai beni che possiedono proprio in forza della loro funzione come erogatori di un servizio pubblico.Il messaggio è chiaro: se hai il ministero dell'Economia tra i tuoi azionisti, per te le regole non si applicano: si cambiano.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7811ASTENSIONISMO ALLE URNE, QUALCHE RAGIONE PER CAPIRE di Roberto MarchesiniL'affluenza alle elezioni, in Italia, è crollata da oltre il 90% a sotto il 50 (in alcuni casi anche meno); e tutto fa pensare che sarà molto bassa anche alle prossime elezioni europee. Cerchiamo di capire quali potrebbero essere le cause di questo astensionismo sempre più diffuso.Una prima causa potrebbe essere spiegata dal cosiddetto «paradosso dei gelatai». Su una spiaggia lunga un chilometro, due gelatai dividono la spiaggia in due e piazzano il proprio chiosco a metà della loro metà spiaggia, a cinquecento metri di distanza. Lentamente, per sottrarre all'altro dei possibili clienti, ciascuno dei due gelatai si avvicina al centro della spiaggia; alla fine i due gelatai si trovano entrambi al centro della spiaggia. Si tratta, ovviamente, di una metafora secondo la quale «destra» e «sinistra», per accaparrarsi i voti dei «centro» e degli indecisi, rinunciano alle posizioni più estreme e convergono tra loro verso un ipotetico «centro». Insomma: c'è differenza tra FdI, Lega e PD? O, in fondo, dicono tutti le stesse cose? Quindi perché votare l'uno o l'altro se, chiunque vinca, sarà comunque la stessa cosa?Una seconda causa potrebbe essere la progressiva sfiducia degli elettori nei confronti dei partiti di riferimento. La Lega, ad esempio, nel 2019 inserì nel simbolo elettorale per le elezioni europee la scritta «No Euro»: ottenne oltre 9 milioni di voti e il 34,26% dei suffragi, il miglior risultato elettorale di sempre e divenne il partito più votato in Italia. Dopodiché, le posizioni «No Euro» furono completamente abbandonate e la Lega finì sotto il 10%. Questo è forse il caso più eclatante; ma sono molti i delusi del Movimento 5 Stelle e, più recentemente, di FdI. Contrariamente a quanto si dice, gli elettori si ricordano di chi fa promesse solo per ottenere voti; e si fanno fregare una volta solo. Chi si fiderebbe di un politico o di un partito, dopo essere stato platealmente tradito e preso in giro?Una terza possibile causa potrebbe essere il fenomeno della «impotenza appresa». Si tratta di un costrutto elaborato dallo psicologo Martin Seligman negli anni Sessanta del secolo scorso: quando i cani utilizzati per l'esperimento si rendevano conto che non avrebbero in nessun modo potuto influire sullo stimolo negativo (scosse elettriche), semplicemente smettevano di fare qualunque cosa. Il costrutto è poi stato trasferito sui comportamenti umani: una volta constatata la propria impotenza, le persone accettano passivamente gli eventi senza fare più alcun tentativo di cambiare le cose. Tornando alle elezioni: sono ormai così tante e tali i vincoli esterni e le cessioni di sovranità, che i cittadini hanno la netta sensazione che il loro voto sia perfettamente inutile. Quindi: per quale motivo partecipare alla farsa elettorale? Tanto il voto è completamente ininfluente, i cittadini non hanno più alcuna sovranità e l'Occidente non è più democratico.Qualcuno potrebbe osservare che, se anche i cittadini rinunciassero al diritto di voto, resterebbe comunque il dovere di esprimere il proprio suffragio elettorale. Beh, ho l'impressione che molti cittadini abbiano smesso di riconoscere qualsivoglia dovere nei confronti dello Stato italiano nel momento in cui il Presidente del Consiglio Mario Draghi, nel 2021, li ha dichiarati «fuori dalla società».Poi, per carità: magari l'affluenza tornerà sopra al 90% e tutte queste ipotesi si riveleranno sbagliate...
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7730SACERDOTE SPAGNOLO CRITICA L'ISLAM: RISCHIA IL CARCERE PER CRIMINI D'ODIO di Paola BellettiCustodio Ballester è un sacerdote dell'arcidiocesi di Barcellona da 25 anni, attualmente vicario nella parrocchia di San Sebastian di Badalona. In questo periodo si trova coinvolto in un processo per il quale rischia tre anni di carcere: la procuratrice di Malaga ha infatti richiesto per lui il massimo della pena, per aver commesso un cosiddetto crimine d'odio. María Teresa Verdugo accusa il sacerdote per alcune dichiarazioni fatte in una trasmissione dell'emittente Alerta Digital e risalenti al 2017. Vittime di questo presunto crimine tutti i fedeli mussulmani, stando alla definizione confusa e assai rischiosa di questo tipo di crimine che di fatto mette a processo le intenzioni.Le dichiarazioni in questione, leggiamo nell'intervista rilasciata a Zenit Francia, si riferivano al rischio insito nell'ideologia islamista radicalizzata. Il sacerdote aveva detto che «l'Islam radicale intende distruggere la civiltà cristiana e radere al suolo l'Occidente». Sette anni fa, dunque, durante la trasmissione "la ratonera" - ovvero "trappola per topi"- padre Custodio esponendo il proprio pensiero ha «fatto il presupposto che in effetti l'Islam radicale abbia l'intenzione di distruggere l'Europa e quindi di annientare l'Occidente». Ha inoltre specificato come fosse da supporre che, «in questo ambiente islamista, non tutti siano in grado di commettere atti violenti, ma che purtroppo coloro che si immolano e portano con sé coloro che considerano "infedeli" sono considerati santi».Tali dichiarazioni hanno suscitato la reazione dell'associazione "Musulmani contro l'islamofobia" i cui membri si contano sulle dita di una mano, ma che è finanziata dai fondi pubblici del governo catalano. Ciò che il sacerdote fa notare, nel ripercorrere la vicenda, è che la sua condizione di prete cattolico lo ha reso passibile della massima pena perché particolarmente pericoloso: secondo la procuratrice Verdugo, infatti, il suo ministero gli consentirebbe di indottrinare le folle e, quindi, diciamo noi, di diffondere lo stesso odio che avrebbe prodotto le dichiarazioni per le quali è incriminato. Insieme a padre Ballestrer sono perseguiti il redattore della trasmissione e un altro sacerdote, padre Jesús Calvo. Nessuno di loro è mai stato interrogato dalla procuratrice. Ciò potrebbe farci supporre che sia una vera esperta di processi alle intenzioni, anche a distanza.Ciò che sta capitando a questo sacerdote dimostra che ricordare che l'espressione ideologizzata e radicalizzata dell'islam costituisca un rischio per i cristiani e l'Occidente in genere (ovvero riportare gli obiettivi dichiarati dagli stessi esponenti di tale estremismo), ed essere sacerdote cattolico, sarebbero due pessime cose, soprattutto se correlate tra loro, e perseguibili legalmente. Per questo, considera con amarezza padre Custodio, il principio di uguaglianza davanti alla legge, nel suo caso, sarebbe stato impunemente derogato.Da prete cattolico, però, le parole che ritiene sommamente vincolanti e fonte di consolazione sono quelle con le quali Gesù Cristo avverte tutti i suoi fedeli riguardo ai tribunali umani ai quali saranno consegnati, non trascurando la precisa strategia difensiva da tenere in quei casi: «Non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Matteo 10, 17-20).«Sono pronto», conclude padre Custodio. [...]La cosa più grave di processi come questo consiste nel fatto che il reato contestato non ha oggettivi riscontri in un atto esterno, ma si riferisce alle intenzioni, ovvero a qualcosa che pertiene all'inviolabile foro interno della coscienza. Senza scomodare scenari futuri e dispotici questa modalità è a tutti gli effetti tipica delle dittature che hanno già dato terribili prove di sé nella storia contemporanea: «[...[ l'odio non è un fatto materiale esterno, giudicano le intenzioni perché non sono andato in una moschea per provocare, ho parlato solo di intenzioni, niente di più e se giudicano le mie intenzioni allora possiamo dire che siamo in un regime stalinista o in una dittatura cubana come ai tempi di Fidel Castro», conclude il sacerdote che con la stessa lucidità e mite fermezza immaginiamo affronterà il processo.Nota di BastaBugie: Luca Volontè nell'articolo seguente dal titolo "Discorsi d'odio, così Trudeau attacca la libertà religiosa" parla del governo canadese che sostiene due diverse proposte di legge che, se approvate, violerebbe gravemente le libertà fondamentali di tutti, in primis dei cristiani, in quanto la vita delle persone sarebbe totalmente in mano allo Stato. Che diventa uno stato totalitario. Ecco a voi la democrazia totalitaria.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18 marzo 2024:Con due proposte di legge sostenute dal governo Trudeau, il Canada segna il primato dell'assolutismo totalitario e orwelliano di uno Stato contemporaneo, dando al governo il potere assoluto di riconoscimento, concessione, controllo e limitazione dei diritti umani inalienabili e delle libertà fondamentali di tutti i cittadini. Innanzitutto l'idea di eliminare, con la proposta di legge C-367, il cui iter è iniziato lo scorso novembre, la clausola di eccezione che protegge, dalle denunce penali, sacerdoti, pastori, chiese, organizzazioni cristiane e semplici credenti che affermano la verità con amore nella pubblica piazza.Finora le accuse, verso i cristiani, dei cosiddetti "crimini d'odio" sono state molto difficili da provare a causa dell'«esenzione religiosa» contenuta nella Sezione 319 del Codice penale che afferma: «Nessuna persona può essere condannata per un reato [di crimine d'odio]... se, in buona fede, la persona ha espresso o tentato di stabilire con un argomento un'opinione su un argomento religioso o un'opinione basata su una credenza in un testo religioso».L'eliminazione di tale clausola corrisponderà al divieto di condividere in pubblico il messaggio cristiano; e i cristiani potrebbero essere accusati di discriminare le altre religioni affermando, come da Vangelo, che Gesù è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). La scusa, usata dai promotori delle modifiche, è quella di proteggere le comunità ebraiche alla luce del recente aumento delle manifestazioni antisemite in Canada... ma in realtà, così viene attaccata la libertà religiosa di tutti.A ciò si aggiunge un'altra proposta di legge, presentata dal governo canadese il 26 febbraio scorso, per contrastare l'odio online: la proposta consentirebbe ai giudici di mettere gli adulti in prigione a vita se sostengono il genocidio attraverso dichiarazioni online. La proposta di legge del governo, l'Online Harms Act (Bill C-63), vorrebbe «difendere il pubblico infantile e adolescenziale» dai contenuti online, come ha dichiarato il ministro della Giustizia Arif Virani nei giorni scorsi, ma invece di colpire gli odiatori seriali per i loro crimini, censura la libertà di parola, pensiero e religione.Le nuove norme, si legge nel sito del governo, «creeranno protezioni più forti per i bambini quando useranno piattaforme online e salvaguarderanno meglio tutti in Canada dall'odio online. Il disegno di legge definisce una nuova visione più sicura e inclusiva». Il Justice Centre for Constitutional Freedoms (JCCF), uno dei principali istituti di difesa dei diritti costituzionali del Paese, ha definito l'Online Harms Act un pericoloso «assalto» alla libertà di parola, «l'assalto più aggressivo contro la libertà di parola nella storia moderna canadese», che potrebbe essere utilizzato per togliere «diritti fondamentali».L'ambiguità del testo e la genericità delle definizioni aprono il campo alla possibilità per ciascun cittadino di essere perseguito dalla Commissione canadese per i diritti umani; chiunque potrebbe essere obbligato a pagare al governo federale 50.000 dollari e fino a 20.000 dollari a una presunta "vittima" che si sia sentita offesa da ciò che sia stato scritto, invertendo il principio dell'onere della prova. Il governo Trudeau istituirà tre nuove burocrazie nazionali: una Commissione per la sicurezza digitale, un Difensore civico per la sicurezza digitale e un Ufficio per la sicurezza digitale, che richiederanno milioni di dollari di nuove spese. La Bibbia, inclusi il Vangelo e le lettere di san Paolo, il Catechismo della Chiesa Cattolica, encicliche, documenti ufficiali vaticani, omelie di Sommi Pontefici: tutto potrà essere considerato censurabile, "odioso" e punibile. Non basta, in perfetto stile orwelliano, il ministro Virani ha difeso il nuovo potere (Sezione 810.012) previsto dall'Online Harms Act di «imporre gli arresti domiciliari a qualcuno che si teme possa commettere un crimine d'odio in futuro, anche se non l'ha ancora fatto». In altre parole, siamo alla presunzione di colpevolezza, allo Stato totalitario, al soviet comunista del popolo che impiccava il popolo...Con le "buone intenzioni" di molti governi liberali, che credono di combattere l'antisemitismo e l'odio facendo la guerra al cristianesimo e alle virtù che esso incarna, si pavimenta l'inferno. Il Canada di Trudeau, ancora una volta, si pone all'avanguardia di una trasformazione illiberale dello Stato e consolida un nuovo totalitarismo che, purtroppo, contagia tutto l'Occidente e somiglia sempre più all'autoritarismo comunista.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7726FRANCIA, L'ABORTO IN COSTITUZIONE E' LA NEGAZIONE DEI DIRITTI UMANI di Eugenio CapozziL'approvazione a larghissima maggioranza, da parte dei due rami del parlamento francese riuniti in seduta comune, della norma che inserisce nella Costituzione la garanzia del diritto ad abortire è un fatto storico di enorme importanza e gravità. Lo è perché per la prima volta in una democrazia liberale occidentale non solo l'interruzione volontaria di gravidanza viene depenalizzata e consentita, come avviene ormai da tempo in gran parte di esse, ma viene addirittura elevata a diritto fondamentale, che dunque da ora in poi nessuna legge ordinaria potrà revocare.Lo è perché la formulazione scelta, quella per cui l'aborto è una "libertà" della donna che dev'essere comunque garantita dalla legge, implica l'improponibilità sostanziale di qualsiasi sua limitazione, e dunque prefigura da un lato ulteriori suoi ampliamenti, dall'altra la crescente difficoltà a difendere, sul piano costituzionale, il diritto all'obiezione di coscienza.Lo è perché la modifica costituzionale è stata fortemente voluta e promossa dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, e assume il valore di un provvedimento "bandiera".Lo è per la solennità che si è voluto conseguentemente dare all'approvazione della norma, con la convocazione del parlamento riunito a Versailles, la disposizione dei parlamentari in ordine alfabetico e non per gruppo - a sottolineare l'aspetto di "unità nazionale" della scelta - , persino l'illuminazione della torre Eiffel per festeggiarla.Lo è, infine, per la già citata, amplissima maggioranza, che travalica gli schieramenti politici e la divisione tra destra e sinistra.Con questo passaggio, la Francia macroniana si pone idealmente a capo della sempre più aggressiva tendenza del progressismo occidentale a considerare l'aborto un vero e proprio dogma, un totem, un feticcio intoccabile, inestricabilmente connesso all'emancipazione femminile e quasi sinonimo di essa. Una tendenza che corrispettivamente si traduce, secondo il costume dell'estremismo woke, nella demonizzazione di chiunque metta in discussione il dogma su basi etiche o religiose, additato come sessista, "patriarcale", "bigotto", "medioevale", fautore dell'asservimento delle donne.ARGINI SEMPRE PIÙ CONTESTATILa negazione di qualsiasi possibilità di argomentazione intorno al tema pretende di cancellare e rinnegare d'un colpo non soltanto millenni di storia in cui l'aborto è stato condannato pressoché unanimemente al pari dell'infanticidio, ma anche le tormentate modalità attraverso le quali si è giunti, in molti paesi occidentali, alla sua legalizzazione a partire da poco più di mezzo secolo fa. Nell'accanito dibattito avviato allora sotto la spinta dei movimenti femministi si confrontavano, infatti, posizioni diverse, le quali però almeno convergevano nel ritenere che nell'affrontare la questione fosse inevitabile considerare più punti di vista, e che occorresse in qualche modo bilanciare il diritto delle donne a una maternità "consapevole" con la tutela della vita del nascituro e quella della maternità nell'interesse della società.Conseguentemente le leggi che autorizzavano, entro certi limiti, l'aborto - come proprio la legge francese Simone Veil approvata nel 1975, e la legge 194 approvata in Italia nel 1978 - non consideravano affatto la legalizzazione come un diritto soggettivo, ma semmai come un modo per conseguire la "riduzione del danno" connesso agli aborti clandestini e ai danni provocati in taluni casi da una maternità non voluta alla salute fisica e psichica delle donne: un esito, comunque, non obbligato, rispetto al quale dovevano essere almeno considerate delle alternative, e che comportava almeno un dilemma morale.Tuttavia nei decenni successivi questi argini sono stati sempre più contestati, rifiutati, erosi dalla marea montante di una concezione dei diritti integralmente relativista e soggettivista, secondo cui l'unico soggetto in gioco in materia di gravidanza è la donna, il concepito rappresenta soltanto un potenziale ostacolo alla sua libera volontà, e il potere di "interrompere la gravidanza" (fuori di eufemismi, sopprimere la vita del nascituro) deve essere inteso come pressoché assoluto e automatico, senza filtri né mediazioni, attuabile facilmente in forma sia chirurgica che farmacologica, anche al di sotto della maggiore età, e sempre più esteso rispetto allo stadio della gravidanza stessa.Una concezione la cui progressiva diffusione ed egemonia si è andata saldando alla crescente disgregazione dei legami familiari, al crollo delle nascite, alla trasformazione di comunità fondate sulla stabilità dei nuclei familiari e sulla continuità generazionale in somme aritmetiche di individui isolati concentrati sulle proprie auto-rappresentazioni e gratificazioni personali.DIRITTO NON NEGOZIABILEIn essi la rabbiosa rivendicazione di un potere assoluto dei soggetti "forti" sulla vita nascente (ma anche parallelamente sul "fine vita") si concretizza in una generale pulsione mortifera, una vera e propria implosione, evidente se si confrontano i trend demografici occidentali con quelli di altre società.Che la punta di lancia di tale corto circuito tra diritto, potere e soppressione della vita sia oggi la Francia, e più in generale l'Europa continentale, e che il corto circuito si traduca nella formulazione dell'aborto come "diritto costituzionale", non deve stupire. Infatti l'idea del diritto alla vita come prerogativa assoluta e non negoziabile di ogni essere umano ha preso forma storicamente nella tradizione costituzionale anglosassone, dove è stato introdotto da John Locke (insieme a quello alla libertà e alla proprietà) e dalla Dichiarazione d'Indipendenza americana del 1776 (insieme alla libertà e al libero perseguimento della felicità).Si deve a quella tradizione, imperniata innanzitutto sulla limitazione del potere, la sua riproposizione nella Dichiarazione universale dei diritti umani dell'Onu del 1948. Nel costituzionalismo francese di origine rivoluzionaria, viceversa, il diritto alla vita non viene mai nominato, e ogni libertà individuale viene subordinata alla sovranità della nazione e al monopolio del potere statuale. Le costituzioni continentali, e la cultura politica prevalente in quei paesi, hanno continuato a risentire più dell'esempio francese che di quello anglosassone. Ecco perché oggi in Francia - e, temiamo, ben presto altri paesi seguiranno l'esempio di Parigi - il diritto alla vita del bambino concepito può essere impunemente calpestato assolutizzando quello alla sua eliminazione, spacciando quest'ultima come libertà, mentre si tratta del trionfo di un potere illimitato sulla vita, che è condizione necessaria per la libertà.Nei paesi anglosassoni - come, per altro verso, nel mondo latinoamericano - nonostante le spinte del progressismo "dirittista" in senso abortista la radice cristiana dell'idea di diritti fondamentali, implicante la difesa della vita in ogni stadio, è rimasta complessivamente viva e attiva. Nella cultura politica liberale e conservatice le posizioni antiabortiste hanno continuato a essere presenti, apertamente rivendicate e molto spesso prevalenti. Ed è grazie a questo che la depenalizzazione per via giuridica dell'aborto sancita nel 1973 dalla sentenza Roe v/s Wade ha potuto essere arginata dopo mezzo secolo dalla Corte Suprema statunitense, riaprendo radicalmente il dibattito sul tema.Le destre europee, al contrario, si mostrano in gran parte subordinate, come è avvenuto ora a Parigi, al progressismo nichilista, intimidite dalla sua aggressività, timorose di esserne delegittimate, e incapaci di proporre una visione alternativa.Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "Francia, la democrazia totalitaria realizzata" spiega perché, con l'inserimento del diritto all'aborto nella Costituzione, la Francia dimostra di aver realizzato la democrazia totalitaria che ha nell'illuminismo la sua filosofia ispiratrice.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 9 marzo 2024:Nel 1950 usciva il famoso libro di Jacob Talmon "La democrazia totalitaria". Egli parlava di Rousseau, Robespierre, Morelly, Mably, Babeuf... ossia dell'illuminismo che, non per accidente ma per sua natura, diventava totalitario. Oggi, la Francia di Macron rimane su quella linea e la conferma. Dopo l'assunzione in Costituzione del diritto all'aborto, la Francia dimostra di aver realizzato proprio quella democrazia totalitaria dei suoi fondatori descritta da Talmon. Le previsioni dei pontefici dell'Ottocento, le allerte di Giovanni Paolo II, gli avvertimenti di Benedetto XVI sulla dittatura del relativismo sono oggi completamente confermate in Francia. L'episcopato francese ha pubblicato un comunicato in vista del voto parlamentare, ha invitato i giovani e le comunità cristiane alla preghiera, dopo il voto ha espresso in una breve nota la propria tristezza ma finora non ha avviato nessuna approfondita riflessione sul concetto di democrazia totalitaria.La costituzionalizzazione del diritto all'aborto comporta che porlo in essere sarà un dovere, come accade per ogni diritto. Ne consegue che l'obiezione di coscienza non potrà più essere ammessa. Il diritto ad abortire viene inteso, per fare un esempio, come il diritto a non essere discriminati per il colore della pelle, davanti a cui nessuno può pretendere di opporre obiezione di coscienza e lo Stato deve impedire che questo avvenga, imponendone il rispetto e l'applicazione.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7694CAMERA DELLE DEPUTATE E DEI DEPUTATI, LA RIDICOLA PROPOSTA DEL PD di Giuliano GuzzoLa cosa simpatica del Pd è che, se si ci pensa, sa sempre stupire. Si chiama democratico eppure silura le proprie esponenti che osano votare secondo coscienza - per maggiori informazioni chiedere alla consigliera del Veneto Anna Maria Bigon, rea d'essersi detta contraria al suicidio assistito -; attacca il centrodestra perché oggi lottizza la Rai, che però i progressisti hanno occupato indisturbato per decenni; vorrebbe rappresentare i precari ma è guidato da una segreteria che si affida ad una armocromista con compensi fino a 400 euro l'ora; si batte per i diritti delle donne e delle minoranze contro ogni violenza, ma fa finta di nulla quando, invece, a subire violenza sono i pro vita e le loro sede viene attaccata con le molotov.Insomma, il Pd è davvero una forza politica curiosa. Difficile quindi stupirsi della nuova trovata partorita da via del Nazareno, vale a dire un disegno di legge che, intervenendo sulla Costituzione, è finalizzato nientemeno che a cambiare il nome della Camera dei deputati - nome storico, scritto per l'appunto in Costituzione - in «Camera delle deputate e dei deputati». La proposta è dei dem Gian Antonio Girelli e Sara Ferrari, con quest'ultima che ha spiegato come essa serva «a rendere visibili le donne in questo Paese, in particolare dentro un'Assemblea che fa le leggi, che è un'assemblea rappresentativa, che rappresenta uomini e donne e che quando è nata aveva al suo interno soltanto uomini».Oggi invece, ha spiegato sempre l'onorevole Ferrari, in quell'assemblea «le donne ci sono e dunque crediamo che anche nella denominazione di questo luogo e di questa assemblea sia giusto riconoscere la loro presenza». Ora, con tutto il rispetto per le idee e le iniziative di ognuno, è davvero difficile cogliere in questo di ddl una dimensione di serietà. Non è un caso che, a quanto pare, la proposta non solo ha raccolto le critiche dai partiti della maggioranza, ma pare che pure perfino all'interno dello stesso Pd vi siano sì alcuni deputati la sostengono (è il minimo sindacale), ma anche altri che neppure vogliono commentarla ed altri ancora che non la ritengono una priorità.Per carità, è vero che il Pd non è nuovo a iniziative legislative bizzarre - basti pensare alla proposta per rendere "Bella Ciao" riconosciuta «canto di valore istituzionale» -, ma con «Camera delle deputate e dei deputati», ecco, forse si è andati oltre. E il bello, quando si parla di donne e politica, è che a sinistra si son quasi sempre fatti soffiare i primati dal centrodestra. La prima donna presidente del Consiglio? Giorgia Meloni, come noto. La più giovane presidente della Camera? Fu Irene Pivetti, allora leghista. La prima sindaco donna di colore? È stata Sandy Cane, anch'essa proveniente dalla lega.La stessa elezione alla segreteria del Pd di Elly Schlein è stata letta da più d'un osservatore come una sorta di risposta - o rincorsa - all'ascesa a Palazzo Chigi della Meloni. Senza dimenticare, infine, che è curioso che il Pd si dica ancora un partito per i diritti delle donne dal momento che diversi suoi esponenti - a partire dalla stessa segretaria Schlein - appoggiano una pratica barbara come l'utero in affitto (che preferiscono chiamare G.p.a., acronimo che riduce l'inciviltà della surrogata a "innocua" sigletta). Però, scusate, volete mettere ritrovarsi un domani a parlare di «Camera delle deputate e dei deputati»? Eh, quello sì sarebbe un gran passo avanti. Verso il ridicolo, però.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7645AUMENTA L'ODIO CONTRO I CRISTIANI, MA L'EUROPA PROTEGGE I MUSULMANI di Thibault van den BosscheIn Europa il numero dei crimini d'odio contro i cristiani aumenta anno dopo anno, così come le discriminazioni legali legate alla loro libertà di espressione e di coscienza.Nonostante ciò, da un lato l'Unione Europea tace sull'odio anticristiano, dall'altro, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) incoraggia la blasfemia anticristiana sotto la maschera della libertà di espressione.Il 6 dicembre 2023, la Commissione europea e l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza hanno pubblicato "Non c'è posto per l'odio: un'Europa unita contro l'odio", un «appello all'azione rivolto a tutti gli europei affinché si oppongano all'odio e si schierino a favore della tolleranza e del rispetto». «L'Europa sta vivendo un aumento allarmante dei discorsi di odio e dei crimini generati dall'odio e le prove dimostrano che le comunità ebraiche e musulmane sono particolarmente colpite».E che dire dei cristiani?Secondo l'Osservatorio sull'intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa (OIDAC Europe), che li segnala all'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), ci sono stati 748 crimini d'odio contro i Cristiani nel 2022, rispetto ai 519 del 2021, con un incremento del 44%. L'OSCE ne ha censiti 792 in 34 paesi europei nel 2022, "rendendo i cristiani il gruppo religioso più preso di mira dopo gli Ebrei".L'OIDAC ha preso in considerazione incendi dolosi, imbrattamenti, profanazioni di luoghi sacri, furti, aggressioni fisiche, insulti e minacce, e osserva che "l'aumento dei casi di vandalismo spesso porta a un aumento dei casi di aggressioni fisiche". La ONG rileva un aumento degli attacchi in prossimità delle festività cristiane come Pasqua e Natale.CRIMINI ANTICRISTIANISecondo l'Osservatorio, la maggioranza dei crimini anticristiani commessi nel 2022 sono stati atti di vandalismo compiuti da autori non identificati (70%). Tuttavia, quelli commessi da gruppi organizzati stanno diventando sempre più visibili, in particolare i crimini commessi da gruppi politici di estrema sinistra, come l'Antifa, le femministe radicali o i gruppi LGBT. Ma non mancano violenze commesse da gruppi di estrema destra, satanisti e islamici.La Germania registra il maggior numero di crimini anticristiani (231), seguita da Italia (146) e Francia (106) . Da notare che in Francia gli atti contro i Cristiani costituiscono il 60% degli atti antireligiosi, ma le autorità sminuiscono la questione.E ci sono ottimi motivi, secondo l'OIDAC, di ritenere che gli atti anti-cristiani siano fortemente sottostimati.Inoltre, l'OIDAC evidenzia il violento rifiuto dei valori cristiani, in particolare «delle opinioni che dissentono dalle opinioni libertarie - progressiste su questioni morali legate alla protezione della vita, sulla morale sessuale, sul matrimonio o sulla famiglia.Quindi molti Cristiani hanno dovuto sostenere accuse e persino procedimenti penali per aver espresso opinioni in linea con gli insegnamenti morali cui aderiscono.Ad esempio, in Galles, a un insegnante è stato chiesto di condividere le sue convinzioni durante una discussione parte della formazione obbligatoria sulla diversità e sull'uguaglianza di genere. L'insegnante ha affermato di ritenere che il matrimonio dovrebbe essere tra un uomo e una donna, che la vita inizia con il concepimento e che era contrario ad alcuni aspetti della legge della Sharia, come la lapidazione a morte degli omosessuali. È stato licenziato il giorno successivo per "incitamento all'odio".Allo stesso modo, città come Manchester hanno creato zone cuscinetto attorno alle cliniche abortive per impedire alle donne di essere avvicinate da attivisti pro-vita. Ciò ha portato ad arresti assurdi, come quello di Isabel Vaughan-Spruce, per aver pregato in silenzio all'interno di una zona cuscinetto a Birmingham senza parlare con nessuno né portare alcun cartello.CRISTIANI SILENZIATIMinacce incombono anche sul rispetto del diritto all'obiezione di coscienza del personale medico cristiano. La Germania, per esempio, intende rendere l'aborto obbligatorio negli studi medici.Nella risoluzione 2036 (2015), "Lottare contro l'intolleranza e la discriminazione in Europa con particolare attenzione ai cristiani", l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa invita esplicitamente gli Stati membri a "sostenere la libertà di coscienza sul posto di lavoro" e " il diritto fondamentale alla libertà di espressione garantendo che la legislazione nazionale non limiti indebitamente i discorsi di matrice religiosa".Invece ai cristiani viene chiesto di non solo di non esprimere, ma nemmeno di pensare il proprio credo religioso.La libertà di espressione appartiene solo ad altri, come la Femen Éloise Bouton, che ha simulato, in topless, l'aborto di Cristo da parte della Vergine Maria sull'altare della chiesa della Madeleine a Parigi nel 2013. La Francia l'aveva condannata a un mese di prigione con sospensione della pena e a una pena 2.000 di multa.Tuttavia, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), nella sentenza del 13 ottobre 2022, si è schierata dalla parte delle Femen, la cui "performance" mirava solo a "trasmettere un messaggio relativo a un dibattito pubblico e sociale in un luogo di culto simbolico" .Nel marzo 2022 la Commissione europea ha rifiutato esplicitamente di nominare un coordinatore responsabile della lotta contro agli atti anticristiani, sostenendo che "la Commissione è impegnata a proteggere i cristiani e i membri di altri gruppi religiosi dalle persecuzioni all'interno dell'UE senza alcuna distinzione tra gruppi religiosi".Che dire allora della nomina, nel 2015, da parte della stessa Commissione, di un "Coordinatore per la lotta all'antisemitismo e la promozione della vita ebraica" e di un "Coordinatore per la lotta all'odio anti-musulmano"?È ovvio che, se l'Unione Europea e il Consiglio d'Europa non riconoscono la realtà della "cristianofobia" e l'aumento tangibile degli atti anticristiani in Europa, mai agirà per affrontarli.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7610TEST EUROPEO PER SRADICARE LA CULTURA PATRIARCALE di Paola BellettiCi sono diverse notizie che possono dare i brividi, alcune perché ci mostrano in modo manifesto il male di cui le persone sono capaci, altre perché ci fanno presentire un pericolo simile ad altri già occorsi nella storia, ma che in ottusi ricorsi tendono a riproporsi. Cambiano un po' le forme, le parole, le circostanze, resta la sostanza.TERRIBILI UTOPIE EDUCATIVEÈ il caso dei progetti educativi che hanno come destinatari - ma temiamo invece come vittime - i bambini. Lo scopo, sradicare il male che certa cultura patriarcale, certo maschilismo, certa oppressione della donna in quanto tale seminano furtivamente nel cuore dei (pochi, ahinoi) nuovi nati, nella sadica certezza o nella idiota inconsapevolezza che presto o tardi tutto questo darà i suoi amari frutti.Oltre al fatto di non rilevare alcuna traccia statisticamente significativa di modelli patriarcali e a notare invece con dolore sincero una ingiusta e sistematica mortificazione dei tratti maschili più benefici e necessari, ciò che forse non stiamo sufficientemente denunciando è il pericolo legato a interventi educativi preventivi sui bambini., proposti ora con sospetta frenesia. Come fossero la sola strada percorribile, come se l'analisi necessaria a capire dove risieda e in cosa consista la vera emergenza educativa fossero assodate e condivise (emergenza che a questo punto dovremmo dichiarare una quasi disfatta, ma siamo cristiani e la speranza per noi non è l'ultimo dei mali ma la più forte delle virtù di chi è ancora pellegrino in terra).No, gli esperimenti di educazione di massa sui bambini, al di fuori e in aperto contrasto con la primaria responsabilità dei genitori, nella cellula fondamentale della famiglia naturale, non sono affatto una buona idea. Ne abbiamo una prova finora piuttosto sconosciuta in un test europeo relativamente recente realizzato nella Germania occidentale dei primi anni Settanta.I NEGOZI PER BAMBINII Kinderläden devono il loro nome semplicemente ai locali commerciali rimasti vuoti nei quali vennero avviati i centri di assistenza all'infanzia, «organizzati e gestiti collettivamente da genitori e attivisti radicali», racconta Rhyd Wildemurth su Unherd.com. Anziché occuparsi semplicemente di prendersi cura dei bambini mentre i genitori erano a lavorare, il movimento che aveva fondato i Kinderläden, dichiarò la propria ambiziosa e nefasta missione: smantellare l'educazione tradizionale, foriera di ogni male soprattutto portatrice dei germi di ogni fascismo, e offrendo «un modo più sano ed egualitario di prendersi cura dei bambini piccoli».In soli due anni i Kinderläden erano presenti in almeno 30 città; più che la piena adesione ideologica alla proposta poté il digiuno di alternative per rispondere a una necessità pratica: Il Kinderläden ha soddisfatto un chiaro bisogno materiale. Sfortunatamente, alcuni dei radicali di sinistra dietro il progetto credevano che potesse fare di più che fornire semplicemente assistenza all'infanzia a prezzi accessibili; credevano che potesse effettivamente eliminare le cause psicologiche del fascismo. E chi peggio dei genitori può dare questo imprinting? si chiedevano gli arditi pionieri.Occorreva allora intervenire alla fonte, modificandola o sostituendosi ad essa. Queste teorie sembrano quantomeno assonanti con gli slogan che rimbalzano in questi giorni da ogni schermo e che invocano la necessità di non meglio definiti corsi sull'affettività di cui la scuola deve farsi carico per sradicare queste inevitabili manifestazioni sane di un sistema malato (leggi Filippo Turetta figlio sano del patriarcato).Anche nel caso dei "negozi per bambini" all'origine della loro istituzione ci sono idee e teorie. La visione della famiglia come pozzo avvelenato da cui attingerebbe ogni fascismo veniva direttamente dalla Scuola di Francoforte, influenzata dal marxismo e da Freud che era popolare nella Germania tra le due guerre. Una di queste teorie era che la famiglia era il "luogo più importante di riproduzione" per lo stato autoritario - un'idea che persiste ancora oggi negli appelli di sinistra per l'abolizione della famiglia; la famiglia, in questo quadro, è vista come un luogo di "cura privatizzata", dove ai bambini vengono insegnate le norme della società capitalista e come obbedire all'autorità. Il legame da spezzare era dunque quello tra genitori e figli. I bambini non sono dei genitori, che se li sono intestati fin troppo a lungo, ma dello Stato. Agghiacciante, non trovate?LA FOLLIA DELLA LIBERAZIONE SESSUALE INFANTILEEsiste un altro aspetto, più indigesto ancora ma purtroppo logicamente connesso a questa istanza: la disgustosa premura per la liberazione sessuale dei bambini e delle relazioni erotiche tra bambini e adulti. Un'idea che nessuna onesta osservazione medica, psichica, biologica e umana potrebbe sposare: il bambino non è semplicemente un adulto in formato ridotto, ha altre esigenze, altri passi da fare, altri bisogni, preludio semmai a ciò di cui godrà o patirà in età adulta. «A noi interessava arrampicarci sugli alberi e scolpire il legno», osserva una donna che da bambina aveva frequentato uno dei centri. Molti dei Kinderläden furono influenzati dal lavoro di Wilhem Reich, che credeva che la repressione sessuale infantile portasse a tendenze autoritarie e persino fasciste.Così, nel Kinderläden, i bambini non venivano corretti quando toccavano i propri genitali o quelli degli altri; infatti, tale comportamento veniva attivamente incoraggiato. In modo inquietante, alcuni dei tratti educativi prodotti da questo movimento sostenevano esplicitamente il sesso tra bambini e adulti. Per liberare l'immaginazione dei bambini e incoraggiare il loro «sano e primario erotismo» naturalmente era disponibile materiale pornografico e, come in ogni materia che si rispetti, oltre alla teoria e ai manuali illustrati, i bambini erano incoraggiati da esercitazioni pratiche fatte di sesso (solo?) simulato. Ma le mamme e i papà di questi bambini, che ne pensavano? Erano tutti d'accordo e allineati con i sistemi e gli scopi di queste strutture per l'infanzia? No, affatto.Purtroppo però l'ideologia alla base di questo esperimento aveva ottenuto un altro successo: fare sentire i genitori stessi in colpa per il proprio imbarazzo rispetto alla sessualità. Si sentivano in difetto perché non erano abbastanza emancipati. Anche questo assomiglia a quel senso di colpa di massa e all'autodenuncia del maschio in quanto maschio che spontaneamente molti uomini stanno mettendo in pratica (sempre a favore di telecamera o post o al traino di qualche contenuto particolarmente virale).Non tutti i genitori i cui figli partecipavano al Kinderläden erano convinti che le interazioni sessuali tra bambini e adulti fossero benefiche, ma alcuni temevano che le proprie inibizioni sessuali potessero essere il problema. Persino gli stessi fondatori erano a disagio con gli esiti più estremi e perversi del loro esperimento e qualcosa, in quella natura così indebitamente ritenuta riprogrammabile o avvelenata dal fascismo e dall'autoritarismo del sistema capitale, ha gridato anche in uno di loro:Alexander Schuller, uno dei co-fondatori di un Kinderläden a Berlino: «Ho trovato incredibilmente difficile prendere posizione. Sentivo che quello che stavamo cercando di fare era fondamentalmente corretto, ma quando si è trattato di questo problema, ho pensato: questo è pazzesco, semplicemente non è giusto. Ma poi mi vergognavo di pensare così. Penso che molti fossero nella stessa posizione». Dalla storia dovremmo imparare non solo a non ripetere gli stessi errori, ma prima di tutto a ricordarci che la possibilità del male è dentro ogni essere umano e non basterà nessun corso a sradicarla; ancora meno potranno farlo quegli interventi che hanno come obiettivo la colpevolizzazione di ogni forma di mascolinità e la vittimizzazione di ogni donna in quanto tale. E soprattutto, lasciamo in pace i bambini.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7599LE TRE ILLUSIONI DELL'OCCIDENTE (PIU' UNA) di Roberto De MatteiIl Wall Street Journal del 1° novembre ha pubblicato un interessante articolo del prof. Jakub Grygiel,docente di Studi politici all'Università Cattolica d'America. L'articolo, che ha come titolo Three Foreign-Policy Illusions, mostra come alla base degli errori commessi dall'Occidente di fronte alla guerra russa in Ucraina, all'aggressione di Hamas e dell'Iran contro Israele e alle minacce della Cina nell'area del Pacifico, ci siano tre illusioni, profondamente radicate nella mentalità americana ed europea.PRIMA ILLUSIONE: I RESPONSABILI DELLE GUERRE SONO I CATTIVI LEADERLa prima illusione è che i leader siano responsabili delle guerre e che questi Paesi siano nostri rivali solo a causa dei loro cattivi leader. Grygiel fa l'esempio del Segretario di Stato Antony Blinken, che parlando dell'invasione dell'Ucraina al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel settembre 2022, ha detto: «Un uomo ha scelto questa guerra. E un solo uomo può porvi fine». «Ma la guerra non è solo di Vladimir Putin; è la guerra della Russia. In un sondaggio del giugno 2022, il 75% dei russi ha appoggiato decisamente o per lo più le azioni delle forze militari russe. (...) La Chiesa ortodossa russa è un istigatore della guerra e ha formato una profonda cultura del nazionalismo russo e del diritto imperiale che si estende oltre il Cremlino. (...) L'ostilità di Russia, Iran, Cina e persino di Hamas può avere radici culturali profonde e un sostegno popolare che consente a questi attori di impegnarsi in conflitti lunghi e devastanti. Rimuovere un cattivo leader o un regime non trasforma necessariamente un nemico in un attore responsabile».SECONDA ILLUSIONE: LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI POSSONO SUPERARE LE CONTROVERSIE POLITICHE NAZIONALILa seconda illusione coltivata dall'Occidente è che le organizzazioni internazionali e la governance globale possano superare le controversie politiche nazionali e regionali. «Poiché queste istituzioni sono le fonti dell'ordine internazionale - afferma Grygiel - per molti politici occidentali, l'obiettivo primario della loro diplomazia è quello di portare più Stati, democratici o meno, sotto il loro ombrello pacificatore. Il presidente Franklin D. Roosevelt sperava che l'Unione Sovietica si sarebbe comportata meglio una volta entrata a far parte delle Nazioni Unite ed era disposto a rimandare i duri negoziati con Mosca per farla partecipare alla fondazione dell'ONU. I leader occidentali speravano che la Cina, una volta membro di istituzioni come l'Organizzazione Mondiale del Commercio, sarebbe diventata un attore responsabile dell'ordine globale. Ma come la Russia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, la Cina non è diventata un attore geopolitico benigno dopo aver partecipato per più di due decenni all'OMC. Il potere formativo delle istituzioni internazionali è stato enormemente esagerato e la grande strategia basata su di esse ha lasciato l'Occidente impreparato alla dura competizione, compresa la guerra, che abbiamo di fronte».TERZA ILLUSIONE: MAGGIORI SCAMBI E RICCHEZZA PRODUCONO LA PACELa terza illusione dell'Occidente è che maggiori scambi e ricchezza producano pace. «Per decenni la politica estera tedesca ha seguito il principio del "cambiamento attraverso il commercio". Berlino pensava che il commercio con la Russia, la Cina e altri cattivi attori avrebbe attenuato la loro ostilità e li avrebbe trasformati in partner affidabili. Gli Stati Uniti pensavano che il commercio con la Cina avrebbe gradualmente modificato le priorità di Pechino, creando una classe media amante della pace e legami diplomatici più profondi. La scommessa occidentale che l'espansione del commercio avrebbe superato le differenze ideologiche e le rivalità politiche era sbagliata. Gli Stati si impegnano nel commercio per diventare ricchi e competitivi, non per la pace. Spesso vogliono essere ricchi per poter attaccare i loro nemici e dominare gli altri. (...) La potenza militare, non l'interdipendenza, dà agli Stati la capacità di agire nel loro migliore interesse senza vincoli imposti da altre potenze. I nostri rivali si sono armati mentre l'Occidente, soprattutto l'Europa, sperava che il commercio avrebbe reso inutili le capacità militari. Le inimicizie profonde non possono essere superate attraverso cambiamenti di leadership, organizzazioni internazionali o scambi commerciali. Possono essere controllate, e quando necessario sconfitte, solo attraverso il potere militare».ULTIMA ILLUSIONE: IL RIFIUTO DI OGNI IDEA DI SCONTRO DI CIVILTÀ, NONOSTANTE LO SCONTRO GIÀ IN ATTOAlla acuta analisi del prof. Grygiel aggiungiamo una quarta illusione dell'Occidente: il rifiuto da parte di molti intellettuali e leader politici di ogni idea di "scontro di civiltà". Samuel P. Huntington (1927-2008) che lanciò questa tesi nel suo Clash of Civilizations, pubblicato nel 1993, non è mai stato un "suprematista", ma potrebbe anzi essere definito un relativista storico. Non si può negare però che la sua teoria, a distanza di trent'anni, sia stata confermata dai fatti. La "guerra di civiltà" contro l'Occidente viene infatti proclamata da Putin, da Xi Jinping e da molti esponenti del mondo islamico, diviso al suo interno, ma unito nella lotta al comune nemico.Il sofisma di cui l'Occidente è vittima è l'idea che ammettere l'esistenza di uno scontro di civiltà equivalga a desiderarlo o a provocarlo. La tesi secondo cui non si deve parlare di guerra di civiltà, perché parlare di guerra di civiltà significa evocare la possibilità di guerra globale e una guerra globale ha la sua logica conclusione nella guerra nucleare, è lo strumento propagandistico di cui si serve chi ci vuole disarmare. Quando chi è aggredito rinuncia a difendersi di fronte alle minacce di chi lo assale, ha già perduto la guerra. Chi rifiuta il suicidio politico e morale dell'Occidente, si rende complice di questo suicidio se pensa che, tacendo, possa evitare lo scontro che il nemico proclama. Chi nega l'esistenza di una guerra di civiltà, nega non solo l'esistenza di un nemico, ma l'identità stessa della comunità di destino a cui appartiene. Quei conservatori e tradizionalisti che simpatizzano per la Russia o per i Fratelli Musulmani e sono pronti a giustificare l'invasione di Taiwan per evitare una "guerra globale", sono i "fratelli-nemici" di quella stessa "cancel culture" che costituisce l'espressione più radicale della sinistra post-moderna.LA CULTURA DELLA CANCELLAZIONE DELLA SINISTRA POST-MODERNALa cancel culture è penetrata purtroppo all'interno della Chiesa cattolica, in cui i massimi rappresentanti, a cominciare da papa Francesco, si limitano a deplorare la guerra, senza rendersi conto che la pace alla quale essi aspirano non è l'agostiniana tranquillità dell'ordine, ma la cronica instabilità nel disordine. Eppure tutto si gioca a carte scoperte. Yunis Al-Astal, predicatore e deputato di Hamas nel Consiglio legislativo palestinese in un sermone del venerdì, si è rivolto così ai fedeli musulmani: «Molto presto, per volontà di Allah, Roma sarà conquistata, proprio come lo è stata Costantinopoli e come è stato profetizzato dal nostro Profeta Maometto». «Oggi - ha aggiunto - Roma è la capitale dei cattolici, o la capitale dei crociati che ha dichiarato la propria ostilità all'islam, questa loro capitale sarà un avamposto delle conquiste islamiche che si diffonderanno per tutta l'Europa e poi si sposteranno nelle due Americhe, e anche l'Europa dell'est».Un obiettivo impossibile? Ma cosa accadrebbe se la Russia prevalesse in Ucraina, se Hamas, appoggiata dall'Islam, distruggesse Israele, e se la Cina invadesse Taiwan? Sarebbe una disfatta che confermerebbe la tesi di chi ritiene che l'Occidente stia vivendo non il suo tramonto, come annunciava Oswald Spengler cento anni fa, ma la sua agonia, immerso in un buio profondo.La storia però non è mai irreversibile, soprattutto quando Dio decide di intervenire. Il 5 novembre un'inaspettata aurora boreale ha illuminato i cieli di Europa e dell'Italia, dove è stata vista dalle Alpi alla Puglia. Gli astronomi hanno offerto le spiegazioni scientifiche del fenomeno ottico, ma chi ha spirito soprannaturale rivolge uno sguardo pensieroso al Cielo e si chiede se questo evento non possa essere collegato con le aurore boreali del 1938 e del 1939, che secondo suor Lucia di Fatima annunziarono la Seconda guerra mondiale. Segno apocalittico? Un'aurora boreale può essere anche un segno luminoso di speranza, che ci invita a giudicare le cose della terra con gli occhi del Cielo e ci ricorda che tutte le cause e tutti gli effetti di ciò che accade nel mondo hanno il loro primo principio e il loro ultimo fine in Dio, l'unico che può donare la pace in terra agli uomini di buona volontà che cercano la sua gloria.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7608GLI ULTIMI DELIRI DI GRILLO E L'ECLISSI DEI CINQUESTELLE di Ruben RazzanteLa definizione più pungente ma anche più calzante di Beppe Grillo l'ha data nelle ultime ore Luca Bottura, in un intervento pubblicato ieri in prima pagina sulla Stampa di Torino: "Grillo, un Berlusconi che non ce l'ha fatta". Di continuare a parlare del comico avremmo fatto volentieri a meno, se non fosse che lui ci ha messo del suo intervenendo come ospite, domenica scorsa, alla trasmissione di Fabio Fazio "Che tempo che fa" sul Nove.Molti dimenticano che Beppe Grillo, che voleva moralizzare l'Italia e «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno» insieme al suo Movimento 5 Stelle, è un pregiudicato, condannato in Cassazione molti anni fa per omicidio di tre amici in auto. Lo hanno dimenticato anche quelli che per anni si sono fidati di lui, votando per i pentastellati.Domenica sera nel salotto di Fazio ha candidamente ammesso di essere un fallito e ha di fatto intonato il de profundis al Movimento 5 Stelle, riconoscendo i suoi limiti. «Io sono qui per sapere chi sono e cosa pensate di me e chi siete voi - ha esordito -. Io sono il peggiore, sì sono il peggiore. Io ho peggiorato questo Paese, non c'è battuta. Dopo l'ultima intervista con Vespa abbiamo perso elezioni, quelli che ho mandato affanculo sono al governo quindi sono il peggiore».CONTRO TUTTI GLI EX AMICIHa attaccato i suoi ex compagni di avventura, da Giuseppe Conte a Luigi Di Maio, fino ad arrivare a Davide Casaleggio. Si è meritato, insomma, un bel "vaffa" dal pubblico, quello stesso "vaffa" che lui e il suo esercito di mediocri hanno per diversi lustri rivolto a tutti i cittadini onesti che si vedevano ingiustamente additati al pubblico ludibrio in nome di un qualunquismo becero. Ci riferiamo al cosiddetto ceto medio, che porta avanti il Paese da sempre, che paga le tasse, si sveglia presto per andare a lavorare e rispetta il prossimo senza offenderlo. Invece i compagni di merende del comico autoproclamatosi "fallito" erano i parassiti della società, quelli che non ce l'hanno fatta perché proprio non potevano farcela, perché non avevano nulla per potercela fare. Oggi si direbbe i "rosiconi", che alimentano l'odio sociale e incarnano il nichilismo assoluto, il vuoto pneumatico, la mancanza assoluta di idee e principi.Hanno approfittato della mediocrità del resto della classe politica per illudere l'opinione pubblica e per circa dieci anni ci sono riusciti. Hanno conquistato il potere e un minuto dopo hanno dimenticato ogni vincolo di correttezza con i cittadini, ogni promessa elettorale per tuffarsi voracemente nella gestione del potere, dimostrando la loro palese inadeguatezza e contribuendo a peggiorare il livello delle istituzioni e della gestione della cosa pubblica. I più lesti come Luigi Di Maio, che erano probabilmente anche i più consapevoli di essere stati sopravvalutati, si sono barcamenati e ora sopravvivono. Degli altri come Danilo Toninelli, solo per fare un nome tra i più emblematici e imbarazzanti, non è rimasta alcuna traccia. E nessuno se ne rattrista.UNA DELLE PAGINE PIÙ BUIEIl cielo "stellato" della politica italiana è stato una delle pagine più buie della storia del nostro Paese, per fortuna archiviata o in via di definitiva archiviazione. Se perfino Casaleggio, figlio del fondatore (insieme con Grillo) del Movimento 5 Stelle dichiara che bisognerebbe far scorrere i titoli di coda e mettere fine all'esperienza politica inaugurata dal padre, significa che il fallimento del grillismo può dirsi compiuto.Quello che in molti credevano poter essere il rimedio alla partitocrazia si è rivelato la manifestazione più acuta della patologia partitocratica. La lottizzazione, anche delle briciole, è stata la cifra dominante dei grillini, mediocri senza né arte né parte che hanno occupato le istituzioni senza sapere neppure perché, trovandosi a guidare in un mare in tempesta senza neppure averne alcuna capacità.L'Italia del post-grillismo è decisamente peggiore della precedente e l'ultima apparizione del comico pregiudicato Beppe Grillo ne è la più nitida e inequivocabile conferma. L'aver ammesso di essere un perdente non toglie nulla alle sue responsabilità, al male fatto da lui e dai suoi sodali all'Italia che produce. Da Fazio è riuscito anche a pronunciare concetti di stampo sovietico come il dovere di punire chi consuma troppo, tassandolo doppiamente, o quello di distribuire il reddito di cittadinanza universale, per premiare chi non lavora. Frasi inverosimili e offensive nei confronti del popolo italiano, che forse ora ha finalmente capito la vera natura di Beppe Grillo, un comico pregiudicato, e del grillismo, l'antitesi della meritocrazia.
VIDEO: Vi hanno presi in giro ➜ https://www.youtube.com/watch?v=L-kP8Zhf8C8&list=PLolpIV2TSebVtj34zS7A0AabuQ9cf1UxpTESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7595MATTARELLA L'ALCHIMISTA, RESTA DA SOLO A SANTIFICARE IL VACCINO di Andrea ZambranoIntervenendo al Quirinale all'evento I Giorni della ricerca, promosso dall'Airc, l'Associazione Italiana per la ricerca sul cancro, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato anche di vaccini covid. E lo ha fatto, come al suo solito, mostrando una visione univoca della campagna vaccinale che si è svolta in Italia tra il 2021 e il 2022.Mattarella ha detto che «la ricerca è garanzia di futuro. Eppure, dopo tanta evidenza, dopo che è stato dimostrato nella drammatica esperienza della pandemia che i costi umani sarebbero stati di gran lunga maggiori senza la scoperta dei vaccini in tempi rapidi, continuano a circolare teorie irragionevoli e antiscientifiche. Non soltanto offuscano la visione del bene comune, ma sovente minacciano la salute stessa dei cittadini, contravvenendo alla prescrizione dell'articolo 32 della Costituzione, secondo il quale la salute è, insieme, fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività».Si tratta di parole alle quali il presidente della Repubblica ci ha già abituato da tempo, ma che nel corso del tempo, mostrano tutta la loro insufficiente evidenza.Quali sarebbero le teorie irragionevoli e antiscientifiche che ancora continuano a circolare? Forse quelle secondo le quali i vaccini anti covid hanno mostrato alla prova dei fatti tutta la loro fallibilità sul versante dell'efficacia e della sicurezza, gli unici due pilastri che una ricerca scientifica degna di tal nome, deve perseguire?FATTI RICONOSCIUTI ANCHE DALLE CASE PRODUTTRICI DEI VACCINI ANTI COVIDMa queste non sono teorie, bensì fatti accertati e accettati ormai non solo dalle case produttrici dei vaccini anti covid, ma anche dagli enti regolatori come l'Ema. Nel corso della campagna vaccinale si poteva affermare con relativa sicurezza che tutti i dubbi sull'efficacia dei vaccini nel prevenire il contagio e nel non dare effetti indesiderati gravi fossero teorie complottiste: lo consentiva il pensiero unico e un'informazione mainstream mai così asservita a logiche di potere e di interesse. Ma oggi no, non si può più affermare che queste siano teorie senza incorrere nello scoglio di essere smentiti dalla realtà.Il fatto è che, ormai, a sostenere che i vaccini a mRna siano stati una panacea, lo sostiene solo una parte - minoritaria - della politica. Il mondo scientifico, invece, volente o nolente, si sta orientando verso un giudizio molto più disincantato, quando non proprio apertamente ostile verso gli inoculi.Giova ricordare al presidente che negli ultimi mesi, la ricerca scientifica, visto che è quello il sostrato che ha fatto da sfondo alle sue parole del 30 ottobre scorso, ha emesso un giudizio impietoso, fatto di dati e osservazioni, sui vaccini covid, tanto che la campagna vaccinale in corso stenta ancora a decollare e non per colpa dell'autunno, che non è ancora entrato nel vivo.Spulciando qua e là dalle cronache, si potrebbe ricordare al Presidente che non più tardi di un mese fa, Pfizer e Moderna hanno dovuto aggiornare le avvertenze sui vaccini inserendo numerosi casi di effetti avversi mortali tra i ragazzi, specie tra i 12 e i 17 anni, in ordine al fenomeno delle miocarditi. Si tratta di evidenze scientifiche che Ema ha dovuto inserire nelle schede di valutazione dei sieri e che non possono essere smentite facilmente.Inoltre, sul versante della ricerca scientifica, abbondano ormai gli studi che evidenziano la fallibilità dei sacri inoculi. Si è scoperto, ad esempio, come hanno fatto 13 analisti indipendenti, che nel trial del primo vaccino di Pfizer, riportava una mortalità di 3,7 volte maggiore tra i vaccinati rispetto al gruppo placebo in ordine a morti per disturbi al cuore.L'AFFOSSAMENTO DELLA COMMISSIONE BICAMERALE COVIDSi tratta di una rapidissima carrellata, ma che può essere integrata a piacere con una ricognizione su quanto c'è di esistente. Così come è esistente il fatto che in Italia ci sia un comitato di oltre 4200 italiani, che si sono vaccinati e che ora stanno male per le reazioni avverse. Chiedono da tempo ascolto, ma il loro grido è ancora strozzato proprio da quelle istituzioni che Mattarella rappresenta. Parlare a loro di teorie antiscientifiche è l'ennesimo schiaffo che lo Stato continua a infliggere loro dai tempi in cui vennero costretti, pena la minaccia della perdita del lavoro, a farsi iniettare il vaccino. Questa sì una violazione dell'articolo 32 della Costituzione, di cui Mattarella cita solo la prima parte. "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". Eppure il presidente ha firmato i decreti che toglievano la libertà ai cittadini per imporre loro la vaccinazione.Chi, dunque, e che cosa offusca la visione del bene comune? E che cos'è il bene comune per il presidente Mattarella? Migliaia di danneggiati che chiedono di essere curati non sono sufficientemente un bene comune nella visione ultra-scientista del primo inquilino del Quirinale? Sono forse loro che minacciano la salute dei cittadini? Loro che del vaccino hanno conosciuto solo i drammatici effetti avversi e non le magnifiche sorti di progresso e panacea universale?Che quella di Mattarella sia una visione della scienza asservita a logiche politiche, però, è evidente non solo dalle sue parole dell'altro giorno, ma dal fatto che recentemente ha concesso un provvedimento di "grazia" per quei medici sanzionati per aver lavorato troppo durante la pandemia, ma non ha fatto lo stesso per quelli che non essendosi vaccinati, ci hanno rimesso il posto di lavoro. In premessa, l'affossamento della commissione bicamerale covid, che anche per il mese di ottobre non ha potuto vedere la luce, nonostante le promesse e chissà se mai la vedrà, visti i paletti stringenti di indagine, che il Colle le ha imposto.La pandemia passa, l'emergenza pure e la narrazione sul covid si sta sgretolando. A tenere viva la sirena dello spauracchio e del Sacro Graal vaccinale sembra essere rimasto soltanto il presidente della Repubblica, il quale, come un alchimista che cerca di trasformare in oro un semplice metallo, trasmette un'idea quasi esoterica della scienza, come di panacea universale di tutti i mali. Ben controllata dal sapere politico. Tutto il contrario della scienza vera.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7557IL GIUDICE PRO-MIGRANTI, FU LO STESSO CHE CONDANNO' IL GIOIELLIERE CHE SI DIFESE DAI LADRI di Giuseppe De LorenzoNon ci sono solo i post Facebook pro-migranti a dividere Matteo Salvini e Iolanda Apostolico, il giudice di Catania che ha dichiarato "illegittimo" il trattenimento di quattro tunisini picconando così il decreto Cutro. Non ci sono solo i "like" a Potere al Popolo, l'apprezzamento per le Ong e la richiesta di dimissioni al leader leghista. I due, probabilmente senza saperlo, si sono già trovati su due lati della barricata: il ministro a sostenere la legittima difesa di Guido Gianni, commerciante di Nicolosi, in carcere per essersi difeso da tre malviventi entrati nel suo negozio; e lei, giudice estensore della sentenza che nel 2019 condannò il gioielliere a 13 anni di carcere.I fatti risalgono al 18 febbraio del 2008. Siamo nel centro di Nicolosi, in provincia di Catania, alla pendici dell'Etna. La gioielleria di Guido Gianni viene assalita: uno dei banditi prende in ostaggio la moglie, la immobilizza a terra, le punta una pistola alla tempia mentre i complici cercano di svaligiare il negozio. Gianni però è armato con una Beretta 9×21 legalmente detenuta e reagisce per difendere la sua Maria Angela: combatte con gli assalitori, ha una colluttazione con loro, esplode alcuni colpi di pistola e ne uccide due ferendo il terzo.Risultato: in primo grado la Corte di Assise di Catania lo condanna a tredici anni di carcere. Dicasi tredici. Guido Gianni, come racconta l'eurodeputata leghista Susanna Ceccardi, che va spesso a trovarlo all'Ucciardone, è un semplice padre di famiglia che da un giorno all'altro si è ritrovato addosso il marchio di assassino. Omicidio volontario. Secondo i giudici della Corte, Iolanda Apostolico inclusa, Gianni avrebbe esploso i colpi mortali quando i banditi erano in fuga. E poco importa se in quei momenti si fa fatica a ragionare; se distinguere una pistola giocattolo senza tappino rosso da una vera è quasi impossibile; se pochi mesi prima era stata approvata la riforma in senso estensivo della legittima difesa; e se la moglie era stata immobilizzata, minacciata e pure percossa. Gianni va in carcere. "Mio marito è un uomo onesto - ripete Maria Angela da anni - questi rapinatori mi avevano aggredito, mi stavano facendo del male, mi volevano uccidere e la sua colpa è quella di avermi difeso".Salvini tre anni fa definì "vergognosa" la condanna perché "io sto con chi si difende, sempre". E chissà che effetto gli farà oggi scoprire che a firmarla fu proprio Iolanda Apostolico, la giudice che ha liberato i quattro migranti. Ora, che sia stata chiamata proprio lei a scrivere la sentenza sarà ovviamente frutto del caso. Però Susanna Ceccardi qualche domanda se la fa: "A quel tempo, il nome della giudice non mi diceva nulla. Oggi invece dice qualcosa: ovvero che lo stesso magistrato che ha liberato quattro migranti è lo stesso che condivideva campagne No Borders, petizioni contro Salvini e che ha avuto tra le mani il potere di privare della libertà un padre di famiglia. Mi chiedo: perché non applicò per Gianni la scriminante della legittima difesa?".In molti in queste ore si stanno chiedendo se le convinzioni politiche del giudice presunto "cane sciolto", che chiedeva la mozione di sfiducia contro l'ex ministro e che non nascondeva simpatie No Borders, possano in qualche modo aver influito sulle sue sentenze sui migranti trattenuti a Pozzallo. Lei assicura di no ("non ho mai scritto alcun provvedimento condizionato dalle mie idee") però un giudice deve apparire imparziale, oltre che esserlo. Anche nelle sue attività sui social. Possibile, dunque, che la sentenza su Guido Guidi possa essere stata macchiata da qualche convincimento personale? Ceccardi fa una pausa di qualche secondo. Poi risponde: "Non voglio pensare che quella fosse una sentenza politica, perché qui si parla di una persona in carcere per 12 anni e una famiglia sul lastrico per le spese legali. Non lo voglio pensare. Ma di certo è quello che si sta chiedendo Guido Gianni e credo anche tanti italiani".
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1733NELLA COSTITUZIONE IL RICHIAMO ALL'IDENTITA' CATTOLICA E MONARCHICA DELLA GRANDE UNGHERIAIl Parlamento ungherese ha votato a stragrande maggioranza (262 favorevoli contro 44 contrari più una sessantina che hanno abbandonato l'aula al momento del voto) una nuova Carta costituzionale che prevede:1) il Cristianesimo come religione base del popolo ungherese (completa rimane peraltro la libertà religiosa);2) la protezione della vita sin dal concepimento (sebbene esista una legge comunista mai abrogata che consente e regola l'aborto);3) la promozione della famiglia, rappresentata dall'unione in matrimonio fra un uomo e una donna (sebbene le "unioni civili" anche fra persone dello stesso sesso siano ammesse dalla legge);4) la proibizione delle pratiche eugenetiche;5) limitazioni ai poteri della Corte Costituzionale, specie in materia finanziaria (con relative diminuzione dell'età di pensionamento dei magistrati);6) doveri dei genitori verso i figli ma anche doveri dei figli verso i genitori anziani;7) limitazione costituzionale all'indebitamento dello Stato non oltre il 50% del Pil e l'obbligo di una maggioranza dei due terzi per l'introduzione di nuove tasse;8) invocazione della responsabilità di fronte a Dio dei parlamentari che approvano la Costituzione;9) formalizzazione costituzionale dello stemma nazionale centrato sulla Santa Corona e su Santo Stefano, simboli dell'eredità storica cristiana dell'Ungheria;10) la "nazione su base etnica", pur nella piena difesa dei diritti delle minoranze presenti nel Paese.Le accuse (tutte false ma comunque utili a creare il "caso") che sono state portate contro la nuova Costituzione ungherese sono evidenti: discriminazione religiosa, razzismo, oscurantismo moralista, omofobia e antifemminismo, antimodernità, ecc. E infatti si sono già scatenate le proteste delle associazioni abortiste, omosessualiste, femministe, e di Amnesty International. L'Unione Europea è già intervenuta e la campagna massmediatica della calunnia organizzata è partita.Eppure, per tutti i secoli passati, per ogni Stato di quella che fu l'Europa cristiana, dall'alto Medioevo fino alla Rivoluzione Francese e per molti Paesi fino al XX secolo, il Cristianesimo fu la religione unica delle singole popolazioni. Ciò vuol dire che in Ungheria si è semplicemente detta la verità e ribadita una realtà di fatto, misconosciuta dalle menzogne del relativismo imperante.Al di là delle immani tragedie del XX secolo, che uno delle componenti essenziali per l'esistenza di una nazione sia il ceppo etnico comune, è una verità tanto basilare da essere banale. Ciò che fa una nazione non è l'ideologia politica dominante (concezione utopista della nazione, sulle orme di Mazzini), bensì l'eredita comune di etnia, di lingua, di religione, di cultura, di tradizioni. Naturalmente, occorre vigilare che da questi elementari principi non si precipiti in pericolose derive razziste, ma, come noto, l'abuso non toglie l'uso; e l'uso è che gli ungheresi costituiscono da mille e passa anni una precisa e individuabile entità etnica con una sua lingua, una sua religione, una sua cultura e le sue tradizioni.Riguardo poi la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale e la difesa della famiglia fondata sul matrimonio fra uomo e donna, ebbene, questa per un cattolico è veramente una grande vittoria.E che dire della diminuzione del potere della magistratura in materia finanziaria e dello stesso potere esecutivo e legislativo in materia di tassazione? Non è anche tutto ciò un modo concreto di diminuire lo strapotere statalista e di aiutare le famiglie e un'economia più ordinata e meno soggetta ai poteri forti internazionali?E per finire, la condanna dell'eugenetica, l'invito alla solidarietà fra le generazioni (punto che sembra secondario, ma invece va a intaccare uno dei cardini della dissoluzione sessantottesca, quello del "conflitto generazionale"), l'invocazione dei politici alla responsabilità agli occhi di Dio dei loro atti e delle loro leggi, il richiamo all'identità cattolica e monarchica della grande Ungheria del passato.Quale cattolico potrebbe mai condannare tutto questo? E come mai allora non se ne parla più di tanto?Forse perché da oggi gli ungheresi sono politicamente "eretici". Ma essere "eretici" al politicamente corretto significa opporsi al relativismo dominante l'Europa odierna dei burocrati e della grande finanza laicista. Significa iniziare, almeno iniziare, a riscoprire le radici cristiane dell'Europa millenaria e reale. Significa insomma aderire alla verità.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1725L'UNGHERIA APPROVA LA NUOVA COSTITUZIONE CHE FINALMENTE SOSTITUISCE QUELLA STALINISTA di Rodolfo CasadeiDei 23 paesi dell'Europa post-comunista (quella che va da Praga al Kazakistan) l'Ungheria è cronologicamente l'ultimo che ha deciso di darsi una nuova costituzione, che entrerà in vigore lunedì dopo che il capo dello Stato Pál Schmitt l'avrà controfirmata. Ma anziché rallegrarsi per l'uscita di scena dell'ultima costituzione stalinista d'Europa, entrata in vigore nel 1949 sotto il governo di Matyas Rakosi, "il miglior discepolo ungherese di Stalin", come usava definirsi, l'uomo che fece incarcerare 100 mila oppositori politici (fra i quali il cardinale József Mindszenty condannato all'ergastolo) e giustiziarne 2 mila, politici, giornalisti ed osservatori europei e non solo stanno facendo a gara nell'accusare il nuovo testo, approvato da una maggioranza schiacciante di parlamentari (262 voti a favore e 44 contari, più una sessantina che hanno abbandonato l'aula al momento del voto), delle peggiori nefandezze.Autoritarismo, sciovinismo, omofobia, fondamentalismo religioso, intolleranza, discriminazione, estraneità ai valori europei: non c'è insulto politico che non sia stato affibbiato al nuovo testo e alle forze politiche che l'hanno prodotto: il partito Fidesz del premier Viktor Orban e il Kdnp (Partito popolare cristiano-democratico), che in coalizione hanno conquistato i due terzi dei seggi. Caratteristica della maggioranza dei critici della nuova costituzione è però quella di affermare che l'Europa si trova davanti a una costituzione «varata e progettata da un solo partito di nome Fidesz» (Giorgio Pressburger sul Corriere della Sera del 20 aprile), una palese falsità che fa subito nascere sospetti sulle reali intenzioni di questi critici.A fianco infatti di alcune critiche che un minimo di fondamento ce l'hanno, si innalza una montagna di accuse terribili ma pretestuose che sembra essere stata scatenata da puro odio ideologico per il fatto che la costituzione esalta l'identità nazionale ungherese e mette in evidenza le sue radici cristiane: due temi che vanno di traverso alle élites intente a produrre un'Europa senza radici e senza identità, fondata sul relativismo etico e culturale che permetta alle burocrazie politiche di Bruxelles e ai potentati finanziari di tutto il continente di dominare incontrastati.La nuova costituzione abbassa l'età del pensionamento dei giudici da 70 a 62 anni, stabilisce che le Leggi cardinali che potranno essere approvate dal parlamento su alcune materie potranno essere modificate solo con maggioranze dei due terzi, prolunga i termini di alcune nomine, come quella del Procuratore generale o del Presidente del consiglio fiscale, riduce i poteri della Corte costituzionale sottraendogli i giudizi su materie finanziarie e fiscali. Chiari indizi di una maggioranza politica che vuole lasciare la propria impronta sulle istituzioni. Sta di fatto che la "rivoluzione costituzionale" era stata un cavallo di battaglia della coalizione Fidesz-Kdnp durante la campagna elettorale, e che i socialisti avevano ammonito l'elettorato che Orban, se vincitore, avrebbe fatto seguire i fatti alle parole. Dunque gli ungheresi hanno consegnato i due terzi del parlamento alla coalizione di centrodestra in piena coscienza: le leggi modificabili d'ora in poi solo con maggioranze qualificate sono il prodotto di un parlamento che per l'appunto le sta votando con maggioranza qualificata. Quanto ai poteri della Corte costituzionale, torneranno pieni quando il disavanzo pubblico, che attualmente è pari all'80 per cento del Pil, scenderà sotto il 50 per cento: una disposizione costituzionale che attirerà sull'Ungheria investimenti e investitori.Poi ci sono tutte le accuse pretestuose. Secondo il Corriere della Sera, «la costituzione abolisce il nome di Repubblica Ungherese e conferisce quello di Paese Magiaro (Magyarorszag). Questo forse per ammonire certe minoranze tra le quali zingari ed ebrei?». Peccato che Magiaro e Ungherese siano la stessa cosa: infatti il nome abolito era Magyar Köztársaság. Quanto alle minoranze, nel preambolo della nuova costituzione si legge: «Consideriamo le nazionalità e i gruppi etnici che vivono in Ungheria parti costituenti della nazione Ungherese». Poi l'articolo H protegge le lingue delle minoranze etniche nel paese, l'articolo XIV dettaglia che nessuno può essere discriminato per la razza, il colore, ecc.Sempre secondo il Corriere della Sera (un altro articolo), e secondo Amnesty International, i socialisti e i liberaldemocratici dell'Europarlamento, la nuova costituzione ungherese mette in pericolo il diritto delle donne all'aborto legale, perché in essa sta scritto: «La vita del feto sarà protetta dal momento del concepimento». Magari. In realtà si tratta quasi della stessa frase contenuta nella legge che regola l'interruzione delle gravidanze in Ungheria, in base alla quale dal 1953 ad oggi sono stati effettuati milioni di aborti: «La vita del feto dovrà essere rispettata e protetta dal momento del concepimento». Quella ungherese non è l'unica legge abortista nell'Europa dell'Est a contenere un articolo che serve solo da foglia di fico, col quale lo Stato si mette a posto la coscienza dichiarando che farà qualcosa per prevenire il ricorso all'aborto legale. Francamente preoccuparsi per la restrizione del diritto all'aborto in un paese dove le interruzioni di gravidanza equivalgono a quasi il 50 per cento delle nascite (attualmente 40 mila aborti procurati all'anno contro 90 mila nascite) suona sinistro.Discorso simile sulla presunta "omofobia" della Costituzione: solo perché c'è scritto che «l'Ungheria proteggerà l'istituzione del matrimonio inteso come l'unione coniugale di un uomo e di una donna». Budapest, come molti altri paesi europei, dispone di una legge che riconosce le "unioni civili", comprese quelle fra persone delle stesso sesso. I paesi europei che hanno formalizzato il "matrimonio omosessuale" sono solo sette su 47. Se c'è qualcosa che non va, non è nella costituzione ungherese, ma nella testa di chi formula questa critica.Molto inchiostro è stato speso sul carattere ultranazionalista della costituzione. Dimenticando (ma guarda che strano) che l'unico partito di estrema destra presente in parlamento, lo Jobbik, ha votato contro. Tutto questo perché nel preambolo sta scritto: «Guidata dalla nozione di una singola nazione ungherese, l'Ungheria sentirà responsabilità per il destino degli ungheresi che vivono fuori dai suoi confini, contribuirà alla sopravvivenza e allo sviluppo delle loro comunità, sosterrà i loro sforzi per preservare la loro identità ungherese e promuoverà la cooperazione fra loro e con l'Ungheria». Peccato che la vecchia costituzione stalinista del 1949, contro la quale nessuno in Europa aveva finora obiettato, dicesse le stesse cose con parole diverse: «La Repubblica d'Ungheria si sentirà responsabile per il destino degli ungheresi che vivono fuori dai suoi confini e promuoverà il rafforzamento dei loro legami con l'Ungheria».La verità è che tutte queste critiche denigratorie sono la punizione per il fatto che gli ungheresi hanno osato evocare nella nuova costituzione la loro storia cristiana: «Noi siamo orgogliosi del fatto che mille anni fa il nostro re, Santo Stefano, ha fondato lo stato ungherese su solide fondamenta, e reso il nostro paese parte dell'Europa cristiana. […] Riconosciamo il ruolo che il cristianesimo ha svolto nella conservazione della nostra nazione». Un riconoscimento che non va a danno dei credenti di altre religioni o dei non credenti, perché subito dopo il preambolo afferma: «Rispettiamo tutte le tradizioni religiose del nostro paese», e l'articolo VI recita: «Ognuno avrà diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Questo diritto darà a ciascuno la possibilità di scegliere liberamente o cambiare la propria religione o convinzione, a manifestarla o ad astenersi dal manifestarla, a praticare o insegnare la propria religione o credo attraverso atti e cerimonie religiosi, o in qualunque altro modo». Non sembra fondamentalismo cristiano. Ma pretendere un po' di informazione obiettiva e completa su argomenti come questi, nell'Europa d'oggi è diventato difficile.
VIDEO: Testimonianze di Eduardo Verástegui ➜ TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7533EDUARDO VERASTEGUI SI CANDIDA ALLA PRESIDENZA DEL MESSICODopo una vita di successo si converte al cattolicesimo e recita in Bella, Cristiada e Il circo della farfalla, poi produce Sound of Freedom (VIDEO: testimonianze di Eduardo Verástegui)di Francesca Romana PoleggiTra i film più belli in cui ha recitato c'è Bella, Cristiada e prima di tutto e soprattutto Il circo della farfalla. Come produttore cinematografico lo ricordiamo per il recente Sound of Freedom, il bellissimo film - denuncia contro la pedofilia e la tratta dei bambini.Stiamo parlando di Eduardo Verástegui, che ha annunciato di aver presentato la sua candidatura alla presidenza del Messico. Le elezioni si terranno il 2 giugno 2024.Ha preso la decisione «Dopo un periodo di discernimento».«La mia battaglia è per la vita. La mia lotta è per la libertà. È tempo di rimuovere dal potere le solite cose vecchie. Il nostro Paese ha bisogno di un nuovo modo di fare politica, per sradicare la corruzione e l'impunità», ha detto.Verástegui, cresciuto in Messico, è un devoto cattolico fermamente pro-vita.Il suo annuncio segue la recente legalizzazione dell'aborto da parte della Corte Suprema del Messico che ha definito un diritto umano l'uccisione di esseri umani prima della nascita.Già 12 stati federati avevano legalizzato l'aborto, ma questa decisione ora lo consente a livello nazionale.Giovanni Paolo II, nell'Evangelium Vitae, insegna che quando uno Stato emana una legge ingiusta (come quella che legalizza aborto, eutanasia ecc), la responsabilità morale della cosa è certamente di chi l'ha proposta e l'ha votata, ma anche di tutta la società che in qualche modo - in un sistema democratico - ha accettato supinamente la decisione dell'organo legislativo. Peggio se si adegua e considera quel male come una cosa inevitabile, se non "normale".Verastegui ha dimostrato in modo eclatante che lui quella responsabilità non la vuole.E noi?
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7497LA GUERRA AL CONTANTE CI LIMITA LA LIBERTA' di Roberto MarchesiniSi moltiplicano le storielle che vedono protagonisti i giornalisti italiani e il denaro contante, o meglio: il provinciale rifiuto da parte degli italiani di abbandonare il denaro contante (fisico, quello che si tiene in mano) per quello elettronico e virtuale. Che arretratezza, questi peninsulari, i soliti provincialotti ignoranti, timorosi del nuovo. Eppure, è così comodo il denaro elettronico, così sicuro, così veloce... «di cosa avete paura, italiani», è la solita chiosa: perché, dietro ogni atteggiamento critico e diffidente deve per forza nascondersi una fobia, una patologia irrazionale e, chissà, patologica.E questo nonostante l'esperienza quotidiana insegni che capita che il POS (come tutti gli strumenti tecnologici) a volte non funzioni e soffra le interruzioni di corrente; che capita, ai boomer come me, di avere un vuoto di memoria e dimenticarsi il pin; che le carte di credito possono essere clonate in un attimo e che questo non è nulla rispetto all'inferno che segue (annullare transazioni, denunciare, aspettare la carta nuova...); che si formino code infinite alla cassa del supermercato perché il lettore ottico non legge, la carta va strisciata anzi-no-inserita, «signora riprovi», transazione rifiutata «e io adesso come faccio...?».Gli illuminati, i moderni, pagano con la carta anche il caffè e non importa se tutto l'importo se lo prende la banca come compenso per il servizio: si provi, il barista, a suggerire l'uso della monetina fisica. Per quanto possa sembrare assurdo, le Aziende Sanitarie Locali - cioè la sanità pubblica - non accettano il pagamento del ticket con denaro di stato in corso legale (cioè il denaro contante) ma vogliono essere pagate con una moneta privata, inesistente (cioè con il bancomat). Il tutto condito con la costante beatificazione della moneta elettronica provata e alla demonizzazione del denaro contante di Stato. Follia? Oppure...Torniamo con la memoria al febbraio dell'anno scorso, quando i camionisti canadesi sono confluiti a Ottawa per protestare contro le vessatorie misure «per il contrasto alla pandemia». Il Canada è un paese occidentale, democratico, libero, dove il popolo può esprimere liberamente il suo pensiero anche tramite manifestazioni pubbliche. Che strano, dunque, che si siano visti maltrattamenti e arresti; e persino la misteriosa morte, durante la detenzione, di una leader delle proteste. Sarà stata una drogata, figurati. Però abbiamo anche assistito a qualcosa di nuovo che mi ha causato un leggero brivido: il governo ha bloccato i conti dei camionisti che protestavano contro il governo.Avanziamo fino a un mesetto fa: ricordate l'istrionico Nigel Farage, leader dell'UKIP e protagonista della Brexit? Bene: a quanto pare ha dichiarato che la sua banca gli ha chiuso il conto corrente e, poiché nessun altro istituto ha mostrato l'intenzione di aprirne un altro, è costretto a espatriare. Se questa cosa vi ricorda vagamente il confino fascista o l'esilio dantesco o l'ostracismo dell'antica Grecia... beh, stiamo pensando le stesse cose. Ma non è possibile, l'Occidente è il faro della democrazia, noi siamo tolleranti, tutti hanno il diritto di opinione e di parola.Infine, nei giorni scorsi: un blogger tedesco ha scritto che la leader dei Verdi, Ricarda Lang, è una «cicciona». Indovinate? Conto corrente bloccato. I suoi follower (maledizione a questa lingua barbarica) hanno tentato di fare una colletta elettronica: bloccata anche quella. Cosa farà, adesso, il giovane blogger? Morirà di fame? Espatrierà? Di sicuro, non esprimerà mai più pubblicamente la sua opinione nei confronti di un leader di una maggioranza politica in un paese occidentale libero e democratico.Sarò paranoico, ma a me sta venendo il leggerissimo sospetto che il denaro privato (cioè delle banche), virtuale (cioè inesistente), abbia come scopo quello di punire il dissenso. E adesso il pensiero corre a Il mondo nuovo di Huxley, nel quale il selvaggio (cioè chi non si adegua al mondo nuovo), non riuscendo a viverci nonostante, anzi, proprio perché disgustato da soma e dall'orgy-porgy , non ha altra scelta che il suicidio.A pensar male si fa peccato? Certo, rispondeva Andreotti, però...Nota di BastaBugie: Mario Iannaccone nell'articolo seguente dal titolo "Farage insegna: le banche controlleranno le nostre idee" parla della chiusura del conto bancario di Nigel Farage per essere stato il responsabile della Brexit, ma è solo l'inizio...Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 26 luglio 2023:Non va presa sottogamba la decisione della direzione della banca Coutts di Londra di sospendere il conto del deputato Nigel Farage. Egli ha rivelato di aver avuto il conto chiuso "poco gentilmente" dopo molti anni di rapporto continuativo. L'antica Banca Coutts è parte di un gruppo controllato dalla NatWest, la National Westminster, guidata dalla banchiera Alison Rose, che ieri però si è dimessa ed è stata sostituita. La ragione della chiusura? I comunicati usciti in veloce successione hanno prima affermato che la decisione era stata presa perché Farage non aveva abbastanza soldi sul conto, essendo andato sotto il milione di sterline investite, "limite di ricchezza" richiesto dalla banca di Private Equity, cioè di gestione di patrimoni consistenti.Quando Farage è rientrato in quei limiti, la decisione di chiudere il conto non è cambiata ed è stata confermata. Nei mesi scorsi, la banca ha stilato un rapporto interno su Farage con «commenti profondamente inappropriati» per punirlo come cliente e cittadino a causa delle sue visioni definite «xenofobe, scioviniste e razziste», giudizi che paiono falsi. Il rapporto del Comitato per la Reputazione della Banca Coutts dichiarava che Farage rappresentava un rischio per l'istituto, accusandolo per i suoi commenti «sgradevoli che sembrano sempre più fuori contatto con la società in generale». La chiusura dunque è dovuta a ragioni ideologiche.La reputazione della Gran Bretagna come terra di libertà di espressione è stata danneggiata dalla notizia. La presidente del gruppo bancario NatWest, la citata Alison Rose, ha cercato di correre ai ripari dopo aver udito le dichiarazioni del primo ministro inglese Rishi Sunak e altri membri del gabinetto, che hanno criticato il fatto che un conto venisse chiuso per «opinioni espresse». Sunak ha avvertito che «non sarebbe giusto se i servizi finanziari fossero negati a chi esercita il proprio diritto alla libertà di parola all'interno della legge». Il ministro dell'Interno, invece, Suella Braverman, ha definito la decisione «sinistra». Per questi interventi, evidentemente volti a limitare i danni sul sistema bancario inglese che conta innumerevoli conti aperti da cittadini stranieri, arabi ad esempio, che probabilmente nutrono a loro volta sentimenti poco "inclusivi", secondo il metro del politicamente corretto, proprio come Farage, Alison Rose si è scusata e ieri si è dimessa.Giovedì 13 luglio, Farage ha ringraziato per le scuse, aggiungendo di aver ben compreso che queste erano arrivate soltanto per pressioni del governo, imbarazzato che una banca importante come la NatWest scrivesse dossier con osservazioni di tipo politico e ideologico. La Rose, scusandosi in modo poco convincente, ha affermato che i commenti, preparati dagli esperti per il rischio di «reputazione patrimoniale» di Coutts, «non riflettono il punto di vista della banca», cioè non della Coutts ma della controllante NatWest. E ha aggiunto: «Nessun individuo dovrebbe leggere tali commenti e mi scuso con il signor Farage per questo».Vere scuse? No, un tattico «controllo del danno». Soltanto chiacchiere, a cui non è seguito alcun fatto, perché la decisione è stata confermata, il conto non è stato riaperto e la presidente ha invitato Farage ad aprire un conto piuttosto presso NatWest accettando di abbandonare Coutts. Farage ha commentato: «Nella vita è sempre bello ricevere delle scuse, quindi grazie dame Alison per essersi scusata. Quello che però mi è stato effettivamente detto, in privato, è che lei è stata costretta ad agire così perché pressata dal Ministero del Tesoro».Farage ha inoltre affermato di aver saputo che si stanno valutando le posizioni di migliaia di altre persone. E questo ha gettato allarme ulteriore.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7078IL MINISTRO DELLA FAMIGLIA ROCCELLA, OLTRE AD ESSERE ABORTISTA (PROCHOICE), SI DICHIARA ANCHE A FAVORE DELLA STEPCHILD ADOPTION di Simone PillonUno dei più significativi risultati raggiunti nel 2016 con il grande Family Day del Circo Massimo fu quello di ottenere - se non altro - lo stralcio della norma sulla stepchild adoption dalla legge sulle unioni civili.Meglio sarebbe stato (probabilmente anche per la sua carriera politica) se Matteo Renzi avesse fermato l'intero disegno di legge, che non portò a nulla di buono per il nostro Paese, aprendo di fatto il supermarket delle famiglie in cui ciascuno può scegliere la famiglia su misura, dalla unione civile al patto di civile convivenza, dalla convivenza non registrata fino al matrimonio "vintage". Tutto è famiglia, e dunque nulla più è famiglia, e questo assunto ormai sdoganato porterà ad una frammentazione sempre più insanabile del tessuto sociale, sostituendo i nuclei familiari con individui isolati. A questo si aggiunga che la legge Cirinnà fu e resta un autentico cavallo di Troia utile a consentire alla giurisprudenza ideologica di scavalcare le norme.Come che sia, almeno in parte i bambini furono messi in salvo, stralciando tutta la parte sull'adozione da parte del partner che avrebbe legittimato le pratiche fecondative proprie delle coppie omosessuali, e cioè il traffico di gameti maschili per le donne, e l'utero in affitto per gli uomini.È bene sul punto sciogliere un dubbio: un conto è la stepchild adoption da parte del partner come prevista (e poi stralciata) dalla legge Cirinnà, un altro conto è l'adozione in casi particolari di cui all'art. 44 della legge 184/83; nel primo caso infatti si assisterebbe ad una sorta di automatismo, mentre nel secondo sarebbe necessario comunque un approfondito e accurato vaglio da parte dell'autorità giudiziaria per verificare, intanto, l'assenza di altri genitori naturali, e poi per valutare se tale adozione risponda o meno all'interesse del fanciullo.Il tema è tornato alla ribalta dopo la nota vicenda dell'impugnazione, da parte della procura di Padova, di 33 atti di nascita sui quali figuravano "due madri", e ci aiuta a ricordare il valore di quella conquista di civiltà che fu la mancata ammissione della stepchild adoption nel nostro ordinamento giuridico.LA STEPCHILD ADOPTION NON È LA SOLUZIONESe infatti nel 2016 la stepchild fosse stata approvata, si sarebbero già da allora aperte le porte alla legalizzazione dell'utero in affitto e del traffico di gameti, con conseguente automatica legittimazione dell'acquisto di bambini sul mercato internazionale. Altro che reato universale: con la stepchild in vigore si sarebbe di fatto riconosciuto il "diritto al figlio" e la Consulta avrebbe avuto un formidabile appiglio giuridico per finire di dichiarare incostituzionale la legge 40/2004 nella parte in cui vieta la maternità surrogata. Se infatti avere un figlio è un diritto di tutti, come potrebbero essere vietate le relative tecniche riproduttive?Ecco la ragione per cui, ora come allora, la stepchild adoption non può e non deve essere la soluzione, né la legge sull'utero in affitto reato universale può diventare la moneta di scambio da mettere sul tavolo del compromesso politico. Se infatti passasse una norma sulla stepchild adoption, diventerebbe di fatto impossibile applicare la norma penale universale sulla surrogata.Immaginate quanto sarebbe semplice per un uomo recarsi all'estero, ritirare il bambino appena partorito, farsi firmare una dichiarazione dalla madre surrogata in cui la stessa attesti che il figlio sia frutto di una relazione carnale e contestualmente rinunci al riconoscimento del figlio e alla responsabilità genitoriale e poi tornare in Italia per iniziare immediatamente l'iter della stepchild. Fatta la legge, trovato l'inganno.Possiamo anche prevedere l'ergastolo per l'utero in affitto, tanto con la stepchild in vigore nessuno verrà mai condannato. Le pronunce giurisprudenziali, qualche volta spinte ideologicamente, stanno tentando di aprire una breccia che favorisca la stepchild adoption e solo una posizione legislativa chiara e coraggiosa può fermare questa pericolosa deriva.Ecco perché non si possono condividere le aperture del ministro Roccella, sulla stepchild adoption.CLAMOROSE RETROMARCEPer il vero non è la prima clamorosa retromarcia di Eugenia Roccella, che nel 2016 scendeva in piazza contro la legge Cirinnà, il 21 gennaio 2018 dichiarava ad Avvenire di voler "sostituire o trasformare radicalmente" la legge sulle unioni civili, salvo poi spiegare al Foglio nell'ottobre 2022 che "non è vero che siamo contro le unioni civili" dichiarandosi contraria alla sola stepchild adoption, salvo poi cambiare nuovamente idea indicando pochi giorni fa sul Corriere della Sera tale via come soluzione del problema di Padova. Secondo il ministro in versione 3.0, ora le le coppie omogenitoriali dovrebbero "seguire la procedura adottiva. Stiamo parlando della stepchild adoption, che qualche anno fa veniva richiesta a gran voce. Perché adesso non va bene più? Non è una procedura discriminatoria".Lo scivolamento valoriale del ministro non pare arrestarsi, posto che sempre la Roccella, intervistata il 22 giugno 2023 ha dichiarato all'ANSA che "dovremo pensare a una sorta di sanatoria" per le coppie omogenitoriali che abbiano violato la legge fino ad oggi. Una sorta di condono edilizio, da applicare a creature umane scientemente private di padre o di madre fin dalla nascita. In meno di cinque anni siamo passati dal "aboliremo le unioni civili" a "facciamo una sanatoria, seguano la procedura adottiva".Spiace dirlo, ma non possiamo essere d'accordo col ministro, o almeno con le sue ultime posizioni. Legittimare la stepchild sarebbe un disastro.L'unico modo efficace per intervenire è quello di affermare (anche in Costituzione se necessario) il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre e contestualmente vietare qualsiasi forma di riconoscimento della (pseudo)genitorialità ottenuta contro la legge. Chi ordina i bambini su internet non può essere il loro genitore, esattamente come chi li rapisce o li compra o li regala. Diversamente ogni norma sarà scavalcata dalla pressione ideologica e dalla giurisprudenza. Se poi si tratta, come nel caso di Padova, di figli di coppie lesbiche, va ricordato che non sono certo orfani, ma hanno una madre, e una sola, che è colei che li ha partoriti e dunque hanno già tutti i diritti del caso. A chi chiede il riconoscimento anche della "seconda mamma", vorrei sommessamente ricordare infatti che non esistono figli di due madri.Da qualche parte c'è anche un padre, che ha offerto il proprio decisivo contributo, e che è stato annullato, cancellato, eliso, obliterato e trasformato in una scatola di polistirolo contenente sperma e ghiaccio secco. Tutto questo resta ingiusto, grave e inaccettabile nei confronti di un essere umano che non solo non conoscerà mai il suo papà, ma che non potrà mai conoscere neppure lontanamente il significato della parola "padre". Di mamma ce n'è una sola. E anche di papà. Niente stepmamma e stepadre, grazie.Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "Aborto e omogenitorialità, irrazionale Roccella" commenta l'irrazionale e immorale proposta del ministro della famiglia di una sanatoria per i bambini irregolari di coppie gay.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 24 giugno 2023:Peter Gomez ieri a La Confessione, trasmissione che conduce sul Nove, ha intervistato il ministro per la Famiglia Eugenia Roccella. Prendiamo due temi tra quelli trattati. Il primo è l'aborto. Il conduttore fa giustamente osservare che, laddove c'è una legge che disciplina l'accesso all'aborto permettendolo, questo diventa un diritto. La Roccella si mostra imbarazzata e tenta una scappatoia dicendo che "il diritto, casomai se proprio vogliamo riconoscere un diritto, è il diritto di scegliere, cioè alla maternità come libera scelta". Dunque ha confermato che l'aborto è un diritto. Infatti, se ho diritto di scegliere in merito alle sorti del nascituro, vorrà dire che esisterà il diritto a diventare madre e il diritto a rinunciare ad esserlo, il diritto a farlo nascere e il diritto ad ucciderlo, ossia il diritto di abortire. Gomez fa il suo mestiere e incalza: "Se lei fosse il leader di un movimento che prendesse il 51% [dei voti] degli italiani, lei toglierebbe il diritto ad abortire". Risposta secca del ministro: "No, no!". Non serve commentare.Secondo tema: omogenitorialità. Proprio qualche giorno fa avevamo commentato l'intervista rilasciata dal ministro al Corriere dove si mostrava assolutamente favorevole alla stepchild adoption per le coppie omosessuali, sebbene solo nel 2016 dichiarasse tutta la sua contrarietà a tale pratica. La stepchild adoption prevede che il/la compagno/a che non è padre/madre del bambino, avuto con la fecondazione artificiale o con l'utero in affitto, può adottare lo stesso tramite un'interpretazione illegittima della sezione della legge sulle adozioni che riguarda le adozioni in casi particolari.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7456LA PARABOLA DI BERLUSCONI: LA CONTRO-RIVOLUZIONE MANCATA di Julio LoredoSilvio Berlusconi se n'è andato. Diverse testate hanno parlato addirittura di "fine di un'era". Pur con un tocco di enfasi giornalistica, non si può negare che egli sia stato un protagonista della vita politica italiana degli ultimi decenni. Non trovo migliore immagine per descrivere questo protagonismo che quella della parabola: dapprima ascendente fino a raggiungere un apice, salvo poi entrare in declino (e non parlo della sua salute), fino all'esito finale. Ciò, a mio avviso, racchiude un'importante lezione per il prossimo futuro sul modo di interpretare certi movimenti nell'opinione pubblica italiana.Io sono arrivato in Italia nel febbraio 1994, poco dopo l'ormai storica "discesa in campo" di Berlusconi, e in piena campagna elettorale per le politiche. Dicono che la prima impressione rimane per sempre. Ebbene, la mia prima impressione della politica italiana fu proprio questo ciclone berlusconiano che avanzava impetuoso, e che portò il Polo della Libertà da lui guidato al brillante trionfo nelle elezioni generali del 27 marzo. Per la prima volta nella storia italiana si insediava a Palazzo Chigi un governo che non aveva remore di definirsi di centro-destra, con una forte componente di destra tout court, rappresentata soprattutto da Alleanza Nazionale-MSI, che da sola ottenne il 13,47% de suffragi.Ricordo che regnava un clima di grande speranza. Dopo decenni di politiche centriste ispirate dalla Democrazia Cristiana - che poi finivano sempre per scivolare verso sinistra - si poteva cominciare a parlare di reazione conservatrice, o perfino tradizionalista. La nomina a Presidente della Camera della giovane Irene Pivetti, che allora si mostrava cattolica tradizionalista, rinforzò questa impressione.INTERCETTANDO LA REAZIONECrepitavano ancora i fuochi inquisitori dell'inchiesta giudiziaria nota come "Mani pulite", che spazzò via i partiti moderati della Prima repubblica, lasciando in campo soltanto il Partito Democratico della Sinistra (cioè il vecchio Pci), Rifondazione comunista, e i loro alleati, mai toccati dalle indagini del "pool" di Milano. Si trattò chiaramente di un'inchiesta condotta a senso unico. Il che, a mio avviso, permette di sollevare legittimi dubbi sul suo vero scopo. Comunque sia, col campo ormai sgombro da possibili concorrenti, la sinistra italiana accarezzava il sogno di arrivare al potere. Tutto portava a credere che così sarebbe stato, non fosse stato per la discesa in campo del Cavaliere, che scombussolò tutte le previsioni. E questo è un suo innegabile merito storico. Senza il suo intervento, l'Italia sarebbe irrimediabilmente scivolata a sinistra.Le sue analisi dell'opinione pubblica italiana, basate su rigorosi sondaggi, avevano, infatti, individuato una fortissima reazione conservatrice e anticomunista, che non trovava sbocco politico. Fu proprio per intercettare questa reazione che egli fondò il movimento Forza Italia! Associazione per il buon governo, che il 26 gennaio 1994 si presentò alle elezioni politiche, insieme ad Alleanza Nazionale-MSI di Gianfranco Fini e alla Lega Nord di Umberto Bossi. La sua visione si dimostrò vincente. Il 27 marzo 1994, il Polo della Libertà vinse col 42,87% dei suffragi, lasciando l'Alleanza dei Progressisti al 34,34%. Se prendiamo in considerazione che i moderati del Patto per l'Italia ottennero il 15,75%, possiamo affermare che c'era nel Paese una evidente maggioranza conservatrice. Era la fine della Prima Repubblica. Dopo mezzo secolo di palude democristiana, iniziava l'era del bipolarismo.L'ANALISI DELLA PARABOLA BERLUSCONIANAEd è proprio da questa reazione che bisogna iniziare l'analisi della parabola berlusconiana.Per un osservatore attento (ricordo commenti di Plinio Corrêa de Oliveira in questo senso), dietro un'apparente sonnolenza ottimista, si poteva intravedere nell'opinione pubblica italiana la formazione di due blocchi, separati da fessure molto più accentuate in profondità di ciò che sembravano in superficie. Col passare del tempo, queste fessure erano destinate a dilatarsi fino a diventare incolmabili.Da una parte, una sinistra militante che, alle vecchie cause comuniste aggiungeva quelle della rivoluzione culturale: aborto, droghe, omosessualismo, eutanasia, immigrazione, agenda lgbt e via discorrendo.Dall'altra parte, un pubblico che, forse per la prima volta nella storia recente, iniziava a capire che le cose erano andate troppo lontano e che bisognava reagire. Era formato da quelli che, per tradizione o convinzione, si opponevano agli eccessi rivoluzionari, e si stavano man mano risvegliando, fino a comporre un blocco in fase di consolidamento e di crescita. Non erano, o almeno non ancora, propriamente dei contro-rivoluzionari, cioè persone che reagiscono contro la Rivoluzione in modo integrale aspirando il suo contrario. Per lo più erano persone che, accorgendosi che il treno della Rivoluzione stava andando troppo veloce e verso indirizzi inquietanti, scesero alla prima stazione, domandandosi se era il caso di continuare il viaggio. Badate bene: non prendevano (per adesso) un treno di ritorno, ma non erano più sul Freccia Rossa della Rivoluzione.In mezzo c'era il solito blocco degli indifferenti, degli inerti, delle persone senza convinzioni definite. Si trattava però di un blocco destinato a essere progressivamente corroso dai due schieramenti opposti nella misura della loro rispettiva forza d'impatto.UNA CONTRO-RIVOLUZIONE MANCATA?Fino a dove sarebbe arrivata la reazione? Quali indirizzi avrebbe preso? Chi ne avrebbe approfittato? Quali erano i suoi connotati? Ecco alcune domande che si facevano gli strateghi del centro-destra, ormai al potere. Essi avevano davanti una scelta che avrebbe condizionato la storia del nostro Paese per anni. Il centro-destra sarebbe andato oltre le bagatelle della micro politica, capendo che gli italiani avevano loro affidato non solo il compito di governare ma, più profondamente, la missione storica di mettere un freno alla Rivoluzione? Avrebbe saputo implementare un programma di governo che davvero traducesse gli aneliti di questa crescente fascia reattiva dell'opinione pubblica?Non mancavano personaggi che si atteggiavano a guida della reazione. Mi viene in mente la giovane presidente della Camera, Irene Pivetti, qualificata dalla stampa "la Santa Giovanna d'Arco italiana". Don Gianni Baget Bozzo parlò del "ciclone Pivetti" che, all'insegna del tradizionalismo cattolico, soffiava sul Paese. Uno dei suoi primi atti fu di organizzare a Montecitorio la celebrazione quotidiana della Santa Messa in rito romano antico, alla quale assisteva indossando la mantiglia.Lo stesso Berlusconi non mancò di compiere diversi passi nella giusta direzione. Sdoganò una retorica anticomunista da tempo in disuso, difese la proprietà privata e la libera impresa, fomentò la nascita di una cultura alternativa alla sinistra, tutelò alcune tradizioni cattoliche del Paese, per esempio opponendosi al tentativo dell'Unione Europea di proibire il Crocifisso in luoghi pubblici, e altri atti di governo che sicuramente gli fanno onore. Che egli fosse un bastone fra le ruote della Rivoluzione si può cogliere, per esempio, dai feroci attacchi dei settori progressisti nei suoi confronti, che trovarono lo strumento perfetto nella pioggia di processi giudiziari scatenati da varie Procure, specialmente quella di Milano. Processi, va detto, dai quali ne uscì indenne.IL RIMBAMBIMENTO FINALECol passare del tempo, però, il berlusconismo iniziò a mostrare le sue inadeguatezze.Una prima inadeguatezza, in realtà essenziale, era la sua ispirazione liberale. Berlusconi mai portò la reazione, che egli in principio rappresentava, fino alle sue conseguenze logiche, fondandola sui principi inviolabili della Legge divina e naturale. Mai, per esempio, fece una vera battaglia in difesa della vita o della famiglia. Mai intraprese un'iniziativa per la rigenerazione morale e culturale dell'Italia. Anzi, le sue reti televisive erano fra le più trasgressive. Egli si comportò sempre da liberale. Qualcosa di molto diverso da quanto il pubblico reattivo si aspettava.Una seconda inadeguatezza, conseguenza della prima, era la sua vita personale, a dir poco sregolata. Anche qui, qualcosa di molto diverso da quanto il pubblico reattivo si aspettava. Le cose precipitarono quando, abbandonando la sua seconda consorte, iniziò un rapporto con la giovanissima Francesca Pascale, partigiana dell'agenda lgbt. Bisogna vivere come si pensa, altrimenti, prima o poi, si finisce col pensare come si è vissuto. Il vecchio Berlusconi iniziò quindi a guardare con occhio benevolo cause che fino al giorno prima avversava.Forse pensava che il suo personale carisma gli avrebbe spianato tutte le strade. Ora, il carisma di un leader va e viene qual piuma al vento. Ciò che restano sono le idee e i valori. E in questo campo, il Cavaliere si dimostrò totalmente inadeguato. Non seppe capire né guidare la reazione che lo aveva portato al potere. Iniziò quindi a crollare nei sondaggi, fino a perdere la guida del centro-destra, che passò nelle mani di Matteo Salvini.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2990COSA RESTA DI BERLUSCONI? di Massimo IntrovigneGli editoriali che si susseguono su diversi quotidiani nazionali hanno un punto in comune. Manifestano, oppure criticano, l'incapacità della sinistra italiana di capire il berlusconismo, e la fretta di ridurlo - come già avvenne per il fascismo - a una semplice «parentesi» nella storia d'Italia. Questo atteggiamento non è casuale. Deriva da un errore sociologico che risale a Friedrich Engels (1820-1895) e alla prima Scuola di Francoforte, attiva in Germania fra le due guerre mondiali e che cercava di mettere insieme marxismo e psicanalisi.Secondo la visione della storia di Karl Marx (1818-1883) e di Engels, il cammino storico è sì accidentato ma si muove in una direzione precisa: quella del «progresso», che culminerà nella società socialista e nel comunismo. La necessità di questo esito può essere provata scientificamente ricorrendo all'economia, che per Marx è la scienza delle scienze. Questa scienza proverebbe che i «lavoratori» - in particolare, ma non solo, gli operai - sono destinati ad acquisire sempre maggior peso sociale. E, siccome questi lavoratori sono per definizione progressisti - ancorché abbiamo bisogno del Partito Comunista per rendersene conto - ecco che la direzione progressista della storia è ineluttabile.La Scuola di Francoforte si trovò di fronte al dramma dell'ascesa del fascismo in Italia e del nazionalsocialismo in Germania. I suoi esponenti dovettero ammettere negli anni 1930 che il fascismo e il nazismo erano genuinamente popolari, e che fra i loro sostenitori non c'erano solo «ricchi» ma anche milioni di «lavoratori», il che metteva in crisi la teoria marxista. I «lavoratori», che avrebbero dovuto essere antifascisti, invece erano in buona parte fascisti.Questo problema - si resero conto i teorici di Francoforte - non era nuovo. Engels se l'era già posto a proposito di movimenti ancora più reazionari, secondo lui, della destra politica: le grandi religioni. Anche queste erano cresciute grazie al sostegno di milioni di poveri, non solo dei ricchi. Com'era stato possibile?Una prima spiegazione - che Engels usava per Muhammad (570-632), il fondatore dell'islam, ma non è che Gesù Cristo gli fosse tanto più simpatico - era che i leader religiosi fossero affetti da patologie - erano schizofrenici o epilettici - o presentassero quelle deformazioni della psiche che la scienza dell'Ottocento attribuiva ai grandi criminali: e che questa follia o depravazione li rendesse in qualche modo affascinanti. La Scuola di Francoforte applicò la stessa interpretazione ad Adolf Hitler (1889-1945) o Benito Mussolini (1883-1945), riducendoli a casi da manicomio criminale.Ma la spiegazione non convinceva. Ammettendo anche che Muhammad, o Mussolini, fossero pazzi, non si spiegava perché alcuni pazzi «perdono» e finiscono all'ospedale psichiatrico e altri «vincono» e radunano milioni di seguaci. Quando nella sua totalità la Scuola di Francoforte scappò dalla Germania nazista e si trasferì negli Stati Uniti, l'analisi si fece più sofisticata. Si sostenne che i folli criminali che hanno successo nella storia si distinguono per la loro sagacia nell'uso della propaganda. Theodor Adorno (1903-1969) e Max Horkheimer (1895-1973) diedero persino la colpa ai fumetti, che avrebbero veicolato ideologie «di destra», così sottilmente imposte dalle «destre» ai «lavoratori», incorrendo nei giustificati lazzi di Umberto Eco, uomo di sinistra ma grande estimatore dei fumetti.La sinistra italiana si è trovata di fronte allo stesso problema con Berlusconi. Finita la Prima Repubblica, la direzione della storia e del «progresso» era chiara: i «lavoratori» avevano vinto - con un piccolo aiuto dei magistrati - e la sinistra sarebbe andata al potere. Invece, nel 1994, vinse Berlusconi, con numeri che dimostravano come non avessero votato per lui solo i «ricchi». La sinistra italiana - rimasta più marxista di quelle di altri Paesi - applicò gli schemi di Engels e della Scuola di Francoforte. Cominciò a sostenere che Berlusconi era un «gangster» - nelle ultime settimane Eugenio Scalfari ha rivendicato più volte di essere stato il primo a usare questa espressione per il Cavaliere, prima ancora che entrasse in Parlamento - affetto da vere patologie psicologiche se non psichiatriche. E continuò con la seconda spiegazione: il gangster malato vinceva grazie alla sua abilità nell'uso dei mezzi di propaganda - stavolta (il progresso vale anche per i cattivi) non i fumetti ma la televisione. La sinistra ha continuato per vent'anni a spiegare il berlusconismo con queste categorie. E ha continuato a perdere.Giunge ora come un soffio di aria fresca il libro di uno storico accademico, Giovanni Orsina, «Il berlusconismo nella storia d'Italia» (Marsilio, Venezia 2013), che fa piazza pulita di queste idee davvero stantie. Orsina è molto attento a non offendere i suoi colleghi legati alla vulgata marxista, e a chiarire che neppure a lui è troppo simpatico Berlusconi - a sostenere il contrario si rischia di perdere la cattedra o peggio - ma rovescia completamente l'interpretazione corrente.Se Berlusconi sia o meno affetto da turbe psico-patologiche o sia un delinquente nato è cosa, suggerisce Orsina, che interessa abbastanza poco allo storico o al politologo - meno ancora al sociologo, aggiungo io - dal momento che la vera domanda è perché il suo messaggio abbia avuto successo. Né tutto si può spiegare con la televisione e il denaro. La potenza di fuoco mediatica della sinistra non è mai stata veramente inferiore a quella del Cavaliere. Si tratta dunque finalmente di spostarsi dal mezzo al messaggio, cercando di capire perché i contenuti di Berlusconi abbiano sedotto tanti italiani. Qui sta il centro del libro di Orsina, la cui argomentazione riposa su un'intuizione che mi sembra brillante e corretta.Per capire Berlusconi, sostiene Orsina, dobbiamo tornare al Risorgimento, quando l'Italia fu fatta contro la maggioranza degli italiani. La classe dirigente politica e culturale del Risorgimento voleva rifare gli italiani. Si riempiva la bocca con l'elogio degli italiani ideali, ma degli italiani reali aveva «ribrezzo». Di qui una robusta politica che Orsina definisce non solo pedagogica ma «ortopedica»: gli italiani andavano rieducati e rifatti, se del caso ingessandoli e intervenendo chirurgicamente. Da questo punto di vista, insiste Orsina, nonostante le evidenti differenze, il fascismo e la Prima Repubblica non furono poi tanto diversi dall'Italia del Risorgimento. Anche il fascismo - e perfino la Prima Repubblica, dal momento che i suoi leader erano cattolici liberali e progressisti che accettavano nella sostanza la narrativa risorgimentale - erano «ortopedici» e volevano rifare gli italiani, considerati intrinsecamente disordinati, lavativi, evasori fiscali, ribelli allo Stato e alle sue leggi.Rispetto a questa lunghissima storia, Berlusconi rappresentò una vera rivoluzione copernicana. Scese in campo affermando «L'Italia è il Paese che amo» e dichiarando che prima che gli italiani rispettassero le leggi occorreva sincerarsi che le leggi rispettassero gli italiani. Per la prima volta - non in assoluto, ma nell'ambito di forze politiche in grado di vincere le elezioni e andare al governo - qualcuno rovesciava l'ideologia risorgimentale: gli italiani - affermava Berlusconi - sono già fatti, vanno benissimo così o quasi, si tratta semmai di rifare l'Italia, cioè lo Stato e la politica che per decenni si sono costruiti contro il Paese reale.Miscela di populismo e di liberalismo economico, il berlusconismo - ci spiega Orsina - ebbe enorme successo proprio per questo rovesciamento. Il Cavaliere capì che in Italia c'erano milioni di elettori «di destra» che si turavano il naso e votavano DC ma in realtà non condividevano neppure il dossettismo filo-risorgimentale della classe dirigente democristiana.Tuttavia - è la seconda parte del libro di Orsina - il berlusconismo è fallito. Non perché alla fine il Cavaliere abbia dovuto soccombere ai giudici - in una loro parte di rilievo, espressione eccellente di quella mentalità «ortopedica» e anti-italiana - ma perché, sottovalutando forse quanto gli «ortopedici» avessero occupato tutti i gangli vitali e culturali della società italiana, non riuscì mai veramente a rovesciarne i metodi e i programmi.Qui, però, mi separo in parte da Orsina. La rivoluzione di Berlusconi - che ha certo avuto qualche risultato parziale positivo - è fallita non solo per le ragioni indicate dallo storico, ma - o così penso io - perché il Cavaliere non ha mai chiarito, a se stesso e a chi lo ascoltava, che cosa esattamente amasse dell'Italia. Si è limitato per lo più a dire che l'Italia com'era - quella disprezzata dagli «ortopedici» a partire dal Risorgimento - gli piaceva perché era fantasiosa, creativa, intelligente,
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7430SI PUO' VOTARE UN POLITICO ERETICO? di John HorvatIl vescovo Thomas Paprocki ha recentemente evidenziato una crisi nella Chiesa con il suo articolo intitolato "Immaginare un cardinale eretico". Il dotto canonista ha esposto magistralmente il suo caso citando le posizioni di un "ipotetico" cardinale (tratte da un articolo scritto dal cardinale vescovo di San Diego Robert McElroy, senza citarne il nome). Non ci vuole molta fantasia per applicare ad altre figure gli stessi principi che il vescovo individua, a cominciare dall'immaginare un presidente americano "eretico".Naturalmente, questa applicazione deve essere usata con giudizio, per evitare che diventi una caccia alle streghe accusando chiunque di eresia. Ma il vescovo di Springfield, Illinois, ha dimostrato accuratamente come, su specifici argomenti, le posizioni eterodosse del cardinale sulle questioni sessuali e sulla Santa Eucaristia lo mettano fuori dalla comunione della Chiesa, tra i "fratelli separati". Lo rendano cioè un eretico.CHIAMARE LE COSE CON IL LORO NOMEInoltre, citando il Diritto Canonico, ha dimostrato come l'adesione a queste posizioni separi una persona dalla Fede, senza bisogno di una dichiarazione ufficiale di scomunica. È automatico. Il trasgressore si allontana automaticamente dalla Chiesa mantenendo le posizioni condannate, latae sententiae, per usare la terminologia tecnica. Diventa eretico e viene scomunicato per il semplice fatto che rifiuta le verità essenziali della "fede che fu una volta per sempre consegnata ai santi'". (Giuda 1,3).Canonicamente, né il cardinale né i suoi numerosi difensori hanno ribattuto all'accusa del vescovo. Hanno cercato di sviare l'attacco mettendo in discussione l'insegnamento della Chiesa sulle questioni sessuali o cercando di far rivivere il condannato "principio dell'opzione fondamentale", secondo cui l'amore di Dio prevale su tutto, anche su dogmi e morali definiti da tempo e sul diritto canonico che disciplina la Chiesa. Dal punto di vista canonico, tuttavia, il cardinale rimane, come da accusa, un eretico.La rinvigorente dichiarazione del vescovo Paprocki definisce e chiarisce non solo il caso McElroy, ma il dibattito più ampio. Troppo a lungo è mancata la volontà di chiamare le cose con il loro nome e gli eretici con il loro nome. Il suo coraggioso invito a far uscire allo scoperto questa discussione cambia la dinamica dell'attuale disputa. I cattolici possono ora parlare in termini precisi di questioni così importanti, grazie a un vescovo colto che non ha avuto paura di aprire il dibattito usando la proibita parola "eresia".L'INSEGNAMENTO DELLA CHIESA E' IMMUTABILENoi potremmo aggiungere che, come nel caso del Cardinale ribelle, il termine appropriato deve essere applicato anche a personaggi pubblici influenti che approfittano della loro identità cattolica per distruggere l'ordine morale, confondere i fedeli e offendere Dio.A causa del danno morale arrecato a milioni di persone e al bene comune della nazione, è diventato urgente immaginare anche un presidente eretico. Il caso del presidente sarebbe un po' diverso da quello del cardinale, poiché non riguarda l'Eucaristia. Tuttavia, il chiaro schema canonico del vescovo Paprocki su come effettuare questa determinazione, è lo stesso.Il vescovo definisce come eresia "l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica" (CDC 751).Con parole e azioni, il presidente Biden nega la verità definita sull'aborto. La Chiesa afferma che ogni aborto procurato è intrinsecamente perverso. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che l'insegnamento della Chiesa "non è cambiato e rimane immutabile" dal primo secolo. Il diritto canonico applica inoltre sanzioni all'aborto e a coloro che lo favoriscono.Sia prima di essere eletto presidente, sia con insistenza da quando è entrato in carica, Joe Biden ha tenuto posizioni morali contrarie all'insegnamento della Chiesa sull'aborto, sull'omosessualità e su altre importanti questioni. Ha fatto sua la missione di espandere enormemente l'accesso all'aborto e la distribuzione di pillole abortive con la passione di un Cesare pagano che perseguita i cristiani. Si è nascosto dietro la sua identità cattolica e ha travisato l'insegnamento della Chiesa quando è stato sfidato.UOMO AVVISATO...Il Presidente ha avuto il vantaggio di essere stato avvertito dei suoi errori da vescovi americani fedeli. Non può rivendicare la sua ignoranza. Come il vescovo Paprocki ha giustamente dimostrato, tuttavia, tali avvertimenti sono rimasti inascoltati. La verità deve essere detta. Chiunque neghi l'insegnamento della Chiesa sul male intrinseco dell'aborto procurato si separa automaticamente dalla comunione della Chiesa. Come nel caso del cardinale, anche il fatto di immaginare canonicamente un presidente eretico è un'ipotesi da prendere in considerazione.Tale distinzione sembrerebbe irrilevante in un ordinamento politico che non riconosce alcuna chiesa ufficiale. Parlare di "presidente eretico" non sembra avere alcun senso in una società laica e il fatto poi che sia un eretico non sembra fare alcuna differenza pratica.Ciò che promuovono le cariche pubbliche e le persone che le occupano, tuttavia, rimane importante in un mondo postmoderno privo di significati. In effetti, nonostante la grande crisi al suo interno, la Chiesa esercita ancora un'immensa influenza sul pubblico.Il presidente e sua moglie conoscono certamente il valore politico di apparire pubblicamente come cattolici. La signora Biden, ad esempio, si è presentata di recente a una cerimonia in Africa, discutendo di contraccezione mentre portava un rosario cattolico al collo. Neppure il signor Biden perde occasione per presentarsi come cattolico.Ciò di cui la Chiesa ha bisogno ora più che mai è la chiarezza. Come ha detto il vescovo Paprocki, il tempo delle conversazioni private è finito. Egli fornisce un modello eccellente per portare alla luce del sole questioni di grande importanza.Immaginare un presidente eretico alleggerisce l'aria pesante del dibattito e scioglie il teatrino delle figure "cattoliche" che tradiscono l'insegnamento della Chiesa. Nel frustrare ogni tentativo di confondere le acque, il modello Paprocki mette in chiaro che, a meno che non si pentano, il presidente e altri come lui devono essere trattati come eretici separati dalla Chiesa. Non possono più usare la loro identità cattolica come una copertura per portare avanti i loro programmi progressisti.Tali programmi devono essere visti per quello che sono: cattive opinioni che portano alla distruzione di vite umane innocenti e alla perdizione di molti. Per il bene dei fedeli e dei non nati, gli eretici devono essere denunciati pubblicamente
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7417L'ARROGANZA DI TRUDEAU E LA REMISSIVITA' DELLA MELONI di Andrea ZambranoLa provocazione sui diritti Lgbt negati che il premier canadese Justin Trudeau ha lanciato in faccia al premier Giorgia Meloni nel corso del bilaterale Italia Canada a margine del G7 di Hiroshima, ha tutta l'aria di essere uno stress test. Trudeau si è detto «preoccupato» per come l'Italia non rispetti alcuni diritti in ambito gay e le sue parole hanno colto alla sprovvista il premier italiano che non si aspettava un attacco così virulento e improvviso.Che si sia trattato di un modo per testare la tenuta e i nervi del nostro Paese, però, lo dimostrano le successive reazioni di Palazzo Chigi, che, gettando acqua sul fuoco, si è detto sorpreso rispondendo che il governo sta seguendo le decisioni dei tribunali e non si sta discostando dalle precedenti amministrazioni. Il motivo del contendere, evidentemente, sono le polemiche che infuriano nel nostro paese sull'utero in affitto. Effettivamente, il Governo a buon diritto può affermare che sul punto le leggi non sono cambiate, ma la reazione è parsa quella di giocare in difesa di fronte ad un'ingerenza nella politica italiana che sa di arroganza.Invece di rispondere che non è cambiato nulla, quasi a voler rassicurare il partner, si sarebbe dovuto far valere, secondo il principio di reciprocità, il fatto che a destare preoccupazione, piuttosto, fossero le politiche portate avanti dal Canada in questi anni, che l'hanno fatta diventare un'avanguardia dei nuovi diritti del transumano.Con la gestione Trudeau, infatti, lo stato nordamericano è diventato un Paese al quale davvero guardare con preoccupazione: con lo sdoganamento totale e incondizionato dell'eutanasia, ad esempio, oggi il Canada è uno dei primi stati eugenetici al mondo, che si accinge a liberalizzare l'eutanasia a tutti i livelli, anche per i malati mentali; inoltre, ha fatto le prove generali di totalitarismo soffocando col manganello le proteste anti-vaccinali dei camionisti, vuole vietare le terapie riparative, mentre i suoi giudici sdoganano il poliamore e la cannabis. A causa di queste politiche oggi il Canada non può certo insegnare i diritti all'Italia, ma il punto non è questo.ITALIA SULLA DIFENSIVAIl punto è la reazione sulla difensiva del nostro governo, che, invece di rispondere rivendicando il diritto, non a proseguire in una continuità scivolosa, ma a segnare un cambio di passo anche di fronte all'arroganza dell'agenda Lgbt, cerca invece di tranquillizzare il prepotente interlocutore. Questo giocare sulla difesa è un segnale di debolezza, che è figlio di un atteggiamento di omologazione verbale del Governo al nuovo verbo Lgbt.Se da un lato, infatti, la Meloni e la sua maggioranza sono compatti nell'opporsi a qualunque forma di legalizzazione della cosiddetta gestazione per altri e che vede nella proposta di legge dell'utero in affitto come reato universale la sua azione più muscolosa, dall'altro non si può certo dire che il Governo si discosti da un sentire politico pericolosamente vicino alle rivendicazioni Lgbt.Non più tardi di mercoledì, infatti, durante la Giornata contro l'omofobia, il Governo non ha fatto mancare il suo appoggio ad una battaglia che di fatto sdogana e fa proprie le rivendicazioni e le pretese della gaycrazia.Non c'è stato solo il presidente Mattarella che ha parlato dell'omofobia come «piaga sociale», ma anche il premier Meloni ha sostanzialmente accettato il concetto di omofobia, dicendo parole di sostegno alle campagne antidiscriminazione e auspicando lo sblocco delle risorse necessarie per il rifinanziamento dei centri contro le discriminazioni. Il fatto è che questi centri, sono veri e proprio campi di rieducazione, il più delle volte gestiti da quelle stesse associazioni che portano avanti il verbo dell'omosessualismo, discriminando - secondo la logica imposta dal Ddl Zan - chi non la pensa come loro.Anche il voto bipartisan del Senato, che ha approvato una mozione contro l'omofobia, va nella direzione dell'accettazione di una parola - omofobia - che non è ancora diventata reato, ma che ormai è completamente ammessa come reato nell'immaginario comune. E così la circolare del Ministro dell'Istruzione Valditara, il quale ha invitato le scuole a celebrare la Giornata, con una solerzia che non si vede ad esempio nei confronti di un'emergenza - vera - come la cristianofobia.UN GRAVE ERROREE questo è un errore, anzitutto perché allora non si coglie la differenza su questi temi tra la Destra e la Sinistra e poi perché accettare che esista l'omofobia, significa scendere a patti con la dittatura Lgbt, abbracciando un'agenda che impone, discrimina e tappa la bocca agli altri.Eppure, che l'Italia non corra alcun pericolo in tal senso, lo dimostrano i dati, come ad esempio quelli del rapporto Oscad che indicano come nel nostro Paese non esista nessuna «emergenza omofobia». In base agli ultimi dati dell'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, nel 2020 ci sono state 69 segnalazioni totali per dichiarati «crimini o discorsi d'odio» per «orientamento sessuale» (61) e «identità di genere» (8). Ce ne sono state di più, per rendere l'idea, per il credo religioso (148) e per la razza/etnia/nazionalità (206). Alla faccia della «piaga sociale».A che gioco vuol giocare il Governo? Se si riconosce la «piaga sociale» che, attraverso l'affermazione di autoproclamati reati e diritti violati, impone la violenza del concetto di omofobia, allora, non c'è da stupirsi che un premier ultralaicista come Trudeau rimproveri all'Italia di non tutelare certi diritti, per il semplice motivo che sdoganare l'omofobia, significa accettare che per essa si debba seguire una precisa agenda, dentro la quale sta anche l'utero in affitto.Se invece si è forti della propria autonomia di pensiero, allora, così come si rifiuta la compravendita di bambini per l'affermazione degli egoismi dei grandi, si deve anche avere il coraggio di rifiutare il pensiero ormai dominante del linguaggio inclusivo, che ha imposto l'omofobia come reato, anche se non c'è un solo articolo del codice penale che lo inquadri.Solo così si potrà rispondere a testa alta alle arroganti ingerenze di capi di Stato dai quali non accettiamo lezioni.
VIDEO: Schiaffo a Conte ➜ https://www.youtube.com/watch?v=ehyTtby2rAITESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7402ELLY SCHLEIN O GIORGIA MELONI? CHI HA BACIATO LA BRUTTA ADDORMENTATA? di Diego TorreLa "bella addormentata" si è finalmente svegliata. E non è stato il bacio della Schlein ad operare il prodigio. Da tempo ormai si preparava; anzi tra il suono della sveglia (governo Meloni in carica da ottobre) ed il risveglio sono passati 6 mesi. Certo, già si avvertivano sbadigli e stiracchiamenti, ma ieri finalmente a Bologna il risveglio è stato formalmente acclarato e proclamato, ed il bacio della Schlein è servito da suggello (anche se la poveretta si è beccata qualche contestazione). Conte invece, reduce dallo schiaffo incassato il giorno prima a Massa, ha preferito evitare la rossa piazza bolognese.Fuori di metafora: la triplice sindacale ha scoperto che c'è troppo precariato e povertà; e che gli stipendi sono fermi da troppi anni. Sul taglio del cuneo fiscale (più volte richiesto invano ai governi precedenti da sindacati e confindustria) lamentano che esso è a tempo determinato, fino a dicembre (anche se il vicepremier Antonio Tajani ha detto che stanno lavorando per renderlo permanente). Ma l'uovo oggi e (forse) anche la gallina domani, sono proprio da disprezzare?E negli anni precedenti, quando la Fornero introduceva i voucher, nascevano i contratti a tempo, e si aboliva l'art.18... loro dov'erano? Nasce il fondato sospetto che certe misure varate da altri governi, non di centrodestra, da questo primo maggio, con la Meloni premier, siano diventate improvvisamente intollerabili e meritevoli di più manifestazioni di protesta in tutta Italia. Vuoi vedere che il bacio del risveglio è quello (indiretto ed involontario) di Giorgia e non quello di Elly?Che succederà? Nulla. Il governo tirerà dritto, e già i toni e le argomentazioni di CGIL, CISL e UIL sono diversificati e lasciano capire che la "marcia unita" non durerà a lungo. La Schlein tenterà altre sviolinate a sinistra per consolidare il suo PD in via di disfacimento, recuperando qualche consenso rosso e perdendone qualche altro al centro. Landini emergerà sempre più come l' "uomo forte", leader della vera opposizione al governo di centrodestra.E per gli italiani che cambierà? Poco, ma non pochissimo. Qualunque siano le buone intenzioni del centrodestra gli spazi di manovra finanziaria sono estremamente ridotti dalla mole schiacciante del debito pubblico e dal patto di stabilità dell'Unione Europea che lega le mani a qualunque governo. Ma anche di quest'ultima tagliola, la più micidiale, i sindacati se ne sono accorti? Facile sparare sul governo italiano, ma su (questa) Europa non si può. È sacra ed inviolabile. E non si può pretendere troppo da un drago sdentato e a corto di fiamme.Nota di BastaBugie: l'articolo accenna allo schiaffo ricevuto da Conte a Massa Carrara. Nel seguente video (durata: 42 secondi) si vede lo schiaffo dato da un ex attivista del Movimento 5 stelle che ha poi dichiarato: "Mi sono dichiarato 'prigioniero politico' tre giorni dopo la dichiarazione di lockdown totale, confinato in casa com'ero, l'attività lavorativa devastata, i figli reclusi come sonnambuli, la gente impazzita di terrore e all'improvviso incattivita, feroce, divisa su tutto e incapace di affrontare il senso della vita e della morte. Penso che nel 2020 abbiamo toccato il fondo della nostra civiltà". (fonte: Antidoti)
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7399IL MAGICO MONDO DI ELLY SCHLEIN SU VOGUE NASCONDE IL SOLITO PROGRAMMA COMUNISTA: PIU' POVERTA' PER TUTTI di Manuela AntonacciSarà preso un colpo apoplettico a qualche vecchio partigiano impegnato nei festeggiamenti per la Liberazione, nell'assistere, proprio il 25 aprile, alla pubblicazione, in contemporanea con la data storica, sul sito di Vogue praticamente il giornale più glamour del pianeta e non precisamente un quotidiano politico, dell'intervista alla nuova segretaria del PD Elly Schlein, corredata di cotanta foto, super patinata, allo scopo di mettere in risalto un look decisamente rinnovato. Merito della sua "armocromista di fiducia", ammette orgogliosa la Schlein.E proprio la personal shopper ed esperta di immagine, Enrica Chicchio, cui la Schlein si è rivolta per questa improvvisa metamorfosi, spiega sulla sua pagina facebook alcuni dei criteri scelti per il look da copertina, sottolineando di aver optato per un trench di tonalità « verde grigio e azzurro, da molti definito salvia» (il rosso evidentemente sarà passato di moda..) perché il "power dressing" non va più bene: «Non è più il tempo del potere e della prevaricazione per affermarci sugli altri» profetizza la Chicchio. Dunque è nata una nuova Schlein, "pasionaria" sì... ma della moda?Evidentemente potrà essere di ispirazione a qualche operaia che prima di entrare in fabbrica per montare in servizio, ripensando a questo illuminante servizio su Vogue, correrà ad indossare una nuova divisa, se non verde-grigio-azzurra (che insieme fanno "salvia") magari anche color fumo metallizzato, più in pendant col suo ambiente di lavoro.E così, tra cambi di look, esperti di immagine, cene ai Parioli con il gotha della "Roma bene", la vita della Schlein, tutt'altro che una borgatara, sembra davvero immersa nella Grande Bellezza.E manco a dirlo, proprio il regista Paolo Sorrentino, insieme a Verdoni e Muccino, ma anche alla coppia Franceschini- Di Biase coautori della sua candidatura, e tanti altri, era tra gli invitati della chiacchieratissima cena a casa di Claudio Baglioni ai Parioli che ha visto la Schlein come ospite d'onore, tra champagne e tartine al salmone.Un desco ben diverso da quello delle mense aziendali dei suoi elettori, quasi a dire: «Caro proletario, tu lavori e io magno».«Dal centro sociale al centrotavola, dalla sardina alla spigola», ha ironizzato Dagospia.Insomma tanto fasto, come a voler dare una passata di vernice fresca, a cominciare dalla svolta fashionista, ad una sinistra che non solo imbraccia battaglie sempre più lontane dai bisogni del popolo, non avendo più le soluzioni concrete per migliorarne le condizioni materiali, ma che non ne frequenta più nemmeno gli stessi ambienti. Una presa di distanze totale, insomma. Chissà se la Schlein vestita da cover girl avrà pure il coraggio di andare per comizi a parlare di povertà.Una segretaria da Grande Bellezza, dunque, con molta armocromia, ma non sappiamo quanta armonia e sintonia con gli elettori di sinistra. Quasi ad incarnare una leadership sempre più radical chic, ovvero politicamente di sinistra, ma con redditi decisamente maggiori degli elettori a cui si rivolge e non certo, dunque, con gli stessi grattacapi.Ma lungi dal voler tirare strali tutti contro la segretaria dem, in realtà è da un po' che i kompagni si sono dati ai cambi di immagine. Pensiamo alla metamorfosi dell'attuale presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini che per prepararsi alcuni anni fa, alla campagna elettorale, nel giro di poco tempo, perse dieci chili e si presentò alle elezioni con barba lunga ma curatissima e occhiali a goccia, un look vintage-glamour. Sarà stato forse motivato dall' aforisma di Winston Churchill «Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare?» Chissà.Insomma, la Sinistra riparta da... Vogue! E chissà anche che cosa pensano della nuova sinistra patinata, gli esperti di salsicce e piadine alle feste dell'Unità!Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Decrescita della Schlein. Il popolo ha fame? Vada in bici" spiega la nuova ideologia di sinistra di Elly Schlein. In pratica la solita del comunismo: più povertà per tutti. Con il luccicante slogan: la decrescita felice.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 2 maggio 2023:L'intervista che Elly Schlein, nuova segretaria del PD, ha rilasciato a Vogue, lo scorso 25 aprile, ha fatto molto parlare di sé solo per l'armocromista. Cioè per la professionista che la nuova leader della sinistra, ha ingaggiato per 300 euro all'ora per aiutarla a migliorare il look. Marco Rizzo, comunista, ha prontamente commentato che quella cifra è un quarto dello stipendio medio mensile di un operaio e dunque la Schlein "non ha il diritto politico di parlare di uguaglianza sociale,di lotta alla disparità e difesa dei soggetti deboli". Ma qualcuno è andato oltre e ha letto il resto dell'intervista? Perché, fra varie risposte su temi squisitamente personali (gusti, abitudini, passioni e ricordi) troviamo tutto quel che ci attende dal fronte di sinistra.Innanzitutto non è da dimenticare che l'intervista sia stata rilasciata durante la manifestazione delle "famiglie arcobaleno" a Milano. La Schlein dichiara al giornalista Federico Chiara che sulla questione Lgbt "Innanzitutto vorrei ridurre la distanza che ci divide dai Paesi del Nord Europa. Noi non abbiamo nemmeno una legge contro l'odio e la discriminazione, quella che ha portato avanti Alessandro Zan, con cui lavoriamo tutti i giorni, affossata dalla destra con quel vergognoso applauso nell'Aula del Senato". Ma questo è solo "il minimo sindacale", perché la nuova leader della sinistra mira a ben di più: "Poi naturalmente ci stiamo battendo per il matrimonio egualitario. Love is love: questo è lo slogan con cui accompagniamo le associazioni nella battaglia. Ma mancano anche i diritti delle figlie, dei figli delle coppie omogenitoriali, per cui abbiamo molti passi avanti da fare".La Schlein vuole inserirsi nel filone delle moderne leader della sinistra radicale: Jacinda Ardern in Nuova Zelanda e Alexandria Ocasio Cortez negli Usa, sono citate espressamente fra i suoi modelli. E come attiviste riserva una menzione speciale per Greta Thunberg (e come poteva mancare?) e Vanessa Nakate, entrambe ecologiste radicali. Le battaglie sono molte e fra loro strettamente connesse: "C'è una mobilitazione europea - dice la Schlein - che tiene insieme la giustizia sociale e la giustizia climatica, passando per la dignità del lavoro, contro lo sfruttamento e il precariato e per l'uguaglianza nei diritti, nelle opportunità di partenza".Cosa possa tenere assieme tutte queste battaglie, la Schlein lo dà per scontato. Ma merita una piccola spiegazione: la nuova sinistra punta alla decrescita. È questo il filo che tiene unite tutte le battaglie: giustizia sociale va intesa come livellamento verso il basso (meno ricchezza), la giustizia climatica come meno industriosità, la dignità del lavoro è da intendersi come meno lavoro, i nuovi diritti per le nuove famiglie sono premessa per la denatalità. È un progetto completo in cui socialismo, ecologismo e nuovi diritti si tengono per mano. Nell'intervista successiva rilasciata a La Stampa, puntualmente la Schlein propone di alzare le tasse "ai ricchi", dunque a chi produce di più. E nell'intervista a Vogue vuole una piena armonizzazione fiscale, perché nessun produttore possa sfuggire a una tassazione troppo elevata.La Schlein condanna i populisti di destra perché ricorrono alla retorica del capro espiatorio, del nemico del popolo. Però fa la stessa cosa, solo cambiando leggermente il bersaglio: "I nazionalisti puntano il dito verso il basso, cioè dicono: se stai male è perché arriva qualcuno che minaccia la tua situazione - di solito è una persona che sta peggio di te, che ti ruberà il lavoro, che prenderà lo spazio che non hai più tu, che avrà la casa popolare eccetera. Invece dobbiamo spostare quel dito verso l'alto. Si vedrebbe allora che in questi anni c'è chi ha continuato ad arricchirsi in modo sproporzionato, mentre larghe fasce della società si impoverivano". E non si rende conto che la destra, o comunisti come Marco Rizzo, puntano il dito in alto, contro di lei, esattamente per i motivi che indica.La decrescita (per il popolo) è implicita nelle proposte della leader che fa suo un progetto ecologista radicale dal sapore maoista: le comuni che producono energia pulita. "Altro esempio concreto sono le comunità energetiche, poco conosciute ma molto efficienti: permettono alle persone, alle aziende, ai comuni, alle scuole di autoprodurre energia pulita e rinnovabile, magari con i pannelli solari sui tetti, per condividerla e scambiarla".La Schlein risolve il problema delle emissioni personalmente perché non ha l'auto e può permettersi evidentemente di non averne una per lavoro.
VIDEO: Craxi interrogato da Di Pietro ➜ https://www.youtube.com/watch?v=9pcwbm2gL6k&list=PLolpIV2TSebURQLIBppY4bAc0bO7DbkRTTESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7374TANGENTOPOLI FU UN COLPO DI STATO DELLA SINISTRA di Ruben RazzanteDopo più di trent'anni dallo scoppio di Tangentopoli, che ha segnato il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, si continua ancora a parlare della sua genesi. Gli interrogativi insoluti riguardano tanti aspetti dell'inchiesta di Mani Pulite, a cominciare dall'effettiva imparzialità di chi l'ha condotta. Fu davvero una libera iniziativa della Procura di Milano, senza pressioni dall'estero o dalla politica nazionale? I giudici del pool milanese erano animati da sincero senso del dovere o cavalcarono l'onda giustizialista per manie di protagonismo e ambizioni personali?Forse è ancora presto per attendersi risposte. Ci vorranno magari ancora alcuni decenni prima che la verità possa emergere. La storia si incarica nel tempo di sciogliere nodi insoluti e chiarire aspetti controversi, ma quando ci sono di mezzo i burrascosi rapporti tra giustizia, politica e informazione diventa ancora più difficile smascherare le possibili trame occulte tra poteri.A proposito di Tangentopoli, però, qualcosa sembra muoversi. Nei giorni scorsi uno dei giornali più garantisti del panorama editoriale italiano, Il Riformista, ha aperto con un titolo a effetto: "Nel '92 fu colpo di Stato. Le clamorose rivelazioni dell'ex pm Colombo". Occhiello: "La Procura propose la resa alla classe politica (alla Dc?) offrendo impunità in cambio di dimissioni".Lo spunto per quel titolo arriva dal libro L'ultima Repubblica, opera postuma di memorie di Enzo Carra, l'ex portavoce del dc Arnaldo Forlani morto il 2 febbraio scorso, e divenuto noto ai più per l'immagine che lo ritrae con gli schiavettoni ai polsi durante il suo arresto a Milano nel febbraio del 1993. Quella foto è una delle immagini simbolo di Tangentopoli, l'emblema della gogna giustizialista ai danni di politici che in moltissimi casi erano colpevoli di aver intascato tangenti in cambio di favori, ma in tante altre situazioni venivano coperti di fango mediatico solo perché ricoprivano dei ruoli di responsabilità nei partiti della Prima Repubblica.MANI PULITEMa la notizia eclatante non è tanto il libro di Carra, di cui si sapeva. A fare molto rumore sono le parole di una delle figure di punta di Mani Pulite, Gherardo Colombo, autore dell'introduzione a quel volume. Colombo è stato l'unico degli appartenenti al pool di magistrati milanesi di quella stagione ad aver rivisto le sue posizioni. «Eppure - scrive Colombo - non una persona sarebbe andata in carcere se, come suggerito nel luglio 1992, ben prima (data la rapidità dell'evolversi di quegli eventi) della nomina di Martinazzoli, la politica avesse scelto di seguire la strada dello scambio tra ricostruzione dei fatti ed estromissione dal processo. Chi avesse raccontato, restituito e temporaneamente abdicato alla vita pubblica non avrebbe più avuto a che fare con la giustizia penale».In altri termini, quelle inchieste si alimentarono sulla base di un ricatto bello e buono: ai politici che accettavano di confessare i propri delitti e che promettevano di sparire dalla circolazione veniva garantita l'impunità. Una sorta di trattativa segreta Stato-Tangentopoli, «ovviamente del tutto illegale», precisa l'ormai ex direttore del Riformista, Piero Sansonetti. Che fosse quello il modus operandi della Procura di Milano non v'erano, in realtà, dubbi, neppure all'epoca. Che la custodia cautelare venisse utilizzata sistematicamente come strumento per estorcere confessioni era noto: chi non parlava restava in carcere. I magistrati con queste forzature erano i primi a non rispettare la legge, ma la gente in piazza li incoraggiava ad andare avanti nel perseguimento dei reati della classe politica. Un moto di ribellione popolare che si traduceva in striscioni come quello con sopra scritto: "Di Pietro arrestali tutti".Gli avvisi di garanzia venivano comunicati in anticipo ai giornalisti, che li sparavano in prima pagina a caratteri cubitali. Gli indagati a tarda sera facevano la fila alle edicole per comprare una copia del quotidiano del giorno dopo e verificare che non fossero in arrivo altri avvisi di garanzia. Un paradosso tutto italiano che servì a qualificare la nostra Repubblica come giustizialista.IL RAPPORTO PERVERSO TRA GIUSTIZIA, POLITICA E INFORMAZIONEI clamorosi retroscena raccontati dall'ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo nel libro di Carra sono la riprova di quanto fosse perverso il rapporto tra giustizia, politica e informazione in quegli anni. Che ci fosse un meccanismo collaudato di finanziamenti occulti alla politica non v'è dubbio, ma è altrettanto innegabile che ci furono molti abusi nella gestione delle inchieste e che la sinistra fu in molti casi graziata, mentre la persecuzione giudiziaria riguardò soprattutto Democrazia cristiana e Partito socialista. Ma la questione della trattativa andata a monte la dice lunga sulle ragioni ispiratrici delle inchieste. Se i politici del vecchio pentapartito si fossero fatti da parte dopo le prime accuse del pool, non ci sarebbero state manette, processi, condanne e si sarebbe realizzato un ricambio politico con l'avvento della sinistra al potere. La trattativa fallì solo perché i politici non cedettero e resistettero asserragliati nei Palazzi, fino a quando comunque capitolarono perché gran parte di essi finirono nel tritacarne mediatico-giudiziario. Tornano alla mente le parole scritte da Sergio Moroni all'allora presidente della Camera, Giorgio Napolitano, prima di spararsi: "Non mi è estranea la convinzione che forze oscure coltivino disegni che nulla hanno a che fare con il rinnovamento e la pulizia".Dunque la furia giacobina di quelle toghe ha distrutto la Prima Repubblica con l'intento di costruirne un'altra governata da altre forze politiche. Un golpe mediatico-giudiziario che avrebbe meritato ben altro esito e che, in ogni caso, non è riuscito ad abbattere chi, come Silvio Berlusconi, si oppose fin da subito a quelle logiche. Se però a dire queste cose oggi è addirittura uno dei carnefici dell'epoca significa davvero che la verità su Tangentopoli non era quella raccontata in quegli anni dai media.
VIDEO: La nascita dell'Unione Europea ➜ www.youtube.com/watch?v=s_KKYbla_yU&list=PLolpIV2TSebVLUetRlYxAQgaHFOcG_4PaTESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7358NON FURONO I CATTOLICI DE GASPERI, SCHUMANN E ADENAUER A SOGNARE L'UNIONE EUROPEAL'Italia e la Germania nel dopoguerra non potevano proporre nulla, semmai chiedere l'aiuto degli USA che in cambio pretendevano la cessione di sovranità degli stati (VIDEO: La nascita dell'Unione Europea)di Roberto MarchesiniL'Unione Europea nasce dal sogno di fraternità e pace di tre amici (De Gasperi, Schumann e Adenauer) che condividevano, oltre all'idealità, una profonda fede cattolica; quindi l'UE ha un'origine cattolica. Poi, col tempo, questa idealità si è smarrita; occorre quindi…Un momento. Sarà vero? Sarà andata proprio così?Non ricordo che l'Italia e la Germania, nell'immediato dopoguerra, fossero nelle condizioni di proporre alcun progetto, figuriamoci uno così delicato e ingombrante come l'Unione Europea. Per la Germania si prospettavano piani come quello proposto da Louis Nizer: uccidere 5.000 tedeschi senza processo, altri 150.000 dopo un processo-farsa e altri centinaia di migliaia processati con la possibilità di comminare loro la pena capitale; oltre all'occupazione e alla deindustrializzazione completa della Germania. Oppure come quello di Theodore Kaufman, che prevedeva di sterilizzare l'intera popolazione tedesca. O come quello, famosissimo e molto quotato, di Henry Morgenthau: trasformare l'intera Germania in un enorme pascolo, al fine di far morire di fame l'intera popolazione. La Francia insisteva per lo smembramento territoriale della Germania, ovviamente con l'obiettivo di annettersi Saar e Ruhr.I rapporti non erano migliori tra le due sconfitte, Germania e Italia. I tedeschi erano furiosi per il tradimento italiano che aveva loro impedito di vincere la guerra e li aveva gettati in una condizione disperata. Anzi, questo tradimento si aggiungeva a quello consumato dall'Italia con la Prima Guerra Mondiale, quando da alleata si era trasformata in nemica della Germania. Gli italiani, memori dell'occupazione nazista del post-armistizio, ricambiavano cordialmente. Sempre per quanto riguarda l'Italia, non valeva la pena di prevedere piani punitivi: screditata per sempre a livello morale, occupata militarmente, con la popolazione ridotta alla fame, era impegnata in una guerra fratricida che mieteva morti come spighe di grano. Che in queste condizioni Italia, Germania e Francia potessero progettare una unione europea sembra difficile, per non dire impossibile.I RAPPORTI TRA DE GASPERI E ADENAUERUna quindicina di anni fa, un lungo e approfondito articolo (L'Europa nichilista di Schuman, Adenauer e De Gasperi) del prematuramente scomparso Claudio Bernabei metteva in dubbio questa narrazione. Una delle sue fonti era un libro accademico della professoressa Tiziana Di Maio; procuratomi il volume, mi sono tuffato nella lettura.I dubbi emergono subito: «i rapporti tra De Gasperi e Adenauer risultano da un punto di vista archivistico poco consistenti: essi si limitano a scambi di lettere ufficiali tra capi di stato e di partito, il cui contenuto non permette di attestare quella tanto declamata amicizia, che dal secondo dopoguerra ad oggi ha rappresentato una delle pietre angolari della storiografia europeistica. Tale presupposto indurrebbe infatti a sostenere la presenza di corposi carteggi tra i due leader e una corrispondente frequenza di incontri e scambi di opinioni politiche, di consistenza paragonabile, ad esempio, a quella intercorsa tra Adenauer e lo statista francese Robert Schuman» (p. 192).Quindi? Come è andata la faccenda? È andata che l'immediato dopoguerra fu caratterizzato dalla cosiddetta Guerra Fredda e che era necessario creare una barriera «democratica» a quello che, già nel 1943, era stato individuato come nuovo nemico dagli Stati Uniti; e che occorreva, inoltre, tenere ben separate la Germania (e la sua tecnologia) dalla Russia (e le sue risorse). Per agganciare saldamente la Germania al blocco occidentale, fu scelta l'Italia. Ma come? Si chiedeva all'Italia l'ennesimo voltafaccia nei confronti della Germania? Certo. Tanto, ormai, chi si aspettava un minimo di coerenza dall'Italia?Nel 1947 l'ambasciatore Tarchiani «informò De Gasperi che la posizione degli Stati Uniti era definita» (p. 85): l'Italia avrebbe abbandonato la sua posizione di «equidistanza» e avrebbe teso una «mano amica» alla reietta d'Europa, la Germania. In cambio, avrebbe ricevuto «un centinaio di milioni», l'amicizia degli USA e l'agognato invito alla Conferenza di Parigi. De Gasperi accettò, ma non ebbe l'appoggio pieno del partito né, figuriamoci, dell'intero paese. Quando la sua posizione interna si fece più debole, nel 1953, venne addirittura minacciato da Adenauer: se avesse personalmente mutato «anche di una sola sfumatura» la sua posizione europeista, avrebbe perso l'appoggio tedesco e, soprattutto, americano. L'Italia sarebbe stata abbandonata a Tito, Trieste persa e chissà cos'altro.IL PROGETTO DI UN'UNIONE EUROPEARisulta quindi che il progetto di un'Unione Europea non era affatto dei «tre grandi statisti cattolici», ma di qualcun altro. Di chi? Diamo un'occhiata all'elenco dei primi premiati dal Premio Carlo Magno, conferito a chi si è più speso per la causa dell'Unione Europea. Parentesi: il premio fu istituito dal commerciante di Aquisgrana Kurt Pfeiffer, ex aderente al NSDAP che, nel 1944, fece parte del governo militare alleato della città, fu responsabile delle finanze e del patrimonio e fu incaricato della ricostruzione; nel ‘49 istituì il celebre premio. Vediamo, dunque, questo elenco: il primo premiato, nel 1950, fu il controverso conte Coudenhove-Calergi; nel 1952 De Gasperi; nel 1954 Adenauer; nel 1956 Churchill; nel 1958 Schumann; nel 1959 il generale Marshall. Nel 1953 venne premiato Jean Monnet. Chi era costui? Un tecnocrate che, nell'ombra, era stato presente a tutti gli avvenimenti europei più importanti del secolo. Fiduciario delle più importanti banche americane e incaricato della distribuzione dei fondi del Piano Marshall, poneva agli stati una condizione per ricevere l'aiuto targato USA: la cessione di sovranità. Esattamente il funzionamento dell'Unione Europea. Abbiamo dunque trovato il vero padre dell'UE?Risulta quindi che l'UE non è nata dal sogno di tre amici cattolici, ma da ricatti, tradimenti, finanziamenti con lo scopo di realizzare un piano geo-politico molto più ampio. Alle stesse conclusioni giunge la professoressa Di Maio: «La storiografia ha giustamente individuato nei tre statisti i padri fondatori dell'Europa unita e ha fatto delle analogie dei loro percorsi biografici, politici e religiosi il pilastro della costruzione europea, ammantando l'azione a favore del processo di integrazione europea nel romanticismo e nella mitologia di una storia di amicizia e di affinità di sentimenti, all'ombra della quale si è dissolta la ricerca di comprensione dei motivi pratici, della realpolitik, cui De Gasperi e Adenauer dovettero ispirarsi all'indomani della sconfitta. Italia e Germania uscivano dalla guerra in una situazione in parte analoga: entrambe vinte, entrambe, anche se per motivi diversi, cosiddette "inaffidabili". De Gasperi e Adenauer compresero che la scelta occidentale, inquadrata nel superamento dello Stato nazionale sulla via dell'integrazione europea, rappresentava l'unico mezzo per raggiungere il più alto grado di autonomia nel nuovo scenario delle relazioni internazionali» (p. 367).Resta ancora una domanda: perché inscenare tutta questa pantomima? Lo spiega Bernabei, nel suo articolo, citando un altro oscuro personaggio il filosofo Kojève, oscuro sodale di Monnet, ricordato, più che per il suo lavoro intellettuale, come «grande funzionario negli organismi economici e internazionali». Kojeve, in un suo saggio del 1947 intitolato L'impero latino, scrisse che il progetto europeista «non può, e non dovrebbe, fare a meno dell'appoggio della Chiesa cattolica, che rappresenta una potenza immensa, ancorché difficilmente calcolabile e ancor più difficilmente condizionabile. [...] Bisogna però precisare che la riuscita dell'azione imperiale presuppone non solo una riforma politica radicale dei governi latini, ma anche una profonda trasformazione della Chiesa cattolica» (p. 206).Ecco, adesso mi pare che tutto torni.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7355L'INCRIMINAZIONE DI PUTIN IMPEDISCE UN NEGOZIATO PER LA PACE di Gianandrea GaianiL'ordine d'arresto per Vladimir Putin per crimini di guerra emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI) è stato definito "giustificato" dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden ed è stato accolto con favore e persino con entusiasmo in diverse nazioni europee.Resta il dubbio però se i diversi leader e ministri che si sono espressi in tal senso in Occidente abbiano la reale percezione del significato e delle possibili conseguenze di una iniziativa giuridica che rischia di allontanare definitivamente ogni ipotesi di negoziato per far cessare la guerra in Ucraina, allarga il fossato che separa la Russia dall'Occidente e avvicina ulteriormente la possibile escalation del conflitto.Trattare il leader di una grande potenza nucleare, membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite quale è la Russia, alla stregua di un criminale avrà conseguenze gravi, specie per l'Europa, anche perché buon senso vorrebbe di non cercare con insistenza di alzare il livello del confronto con la Russia se non si ha quanto meno la certezza di essere pronti ad affrontarlo magari anche con una ragionevole possibilità di vincerlo.Sul piano giuridico il mandato d'arresto della Corte Penale Internazionale appare per certi versi grottesco. Non solo perché i processi di Norimberga si fanno eventualmente (anche per prudenza) ai nemici già vinti, a guerra finita. A meno che non si voglia considerare Vladimir Putin alla stessa stregua del sudanese Bashir o del libico Gheddafi, leader di nazioni certo meno influenti della Russia, incriminati dalla Corte Penale Internazionale solo quando gli Stati Uniti avevano deciso di toglierli di mezzo e il cui destino appariva segnato, mentre la sconfitta e la "liquidazione" di Putin oggi non può certo venir data per scontata.Non a caso la stessa Corte non ha mai dato seguito con indagini e incriminazioni alle pur circostanziate accuse di cumini di guerra di cui vennero accusati gli anglo-americani in Iraq e Afghanistan. Se la pretesa della Corte Penale Internazionale dell'Aja è esercitare una giustizia internazionale sui crimini di guerra allora deve valere per tutti e non può essere solo strumento dei vincitori sui vinti o utile a esercitare pressioni a favore di un belligerante sull'altro.CORTE PENALE INTERNAZIONALE NON ACCETTATA DA USA E UCRAINAIn ogni guerra tutti i belligeranti sono esposti al rischio di simili accuse e proprio per mettersi al riparo da ogni rischio di incriminazione molte nazioni non hanno sottoscritto lo Statuto di Roma con cui nel 2002 è stata istituita la Corte Penale Internazionale (che non è un organismo delle Nazioni Unite), riconosciuta da 123 stati ma non da molti altri inclusi Stati Uniti, Russia, Cina, Israele, mentre l'Ucraina aveva aderito ma poi non ha mai ratificato la sua adesione.Grottesco quindi che in USA e Ucraina si esulti per un mandato emesso da una corte che questi stessi stati si guardano bene dal riconoscere, ma ancora più grottesco è che a chiedere l'arresto di Putin sia stato il capo procuratore della Corte Penale Internazionale, il britannico Karim Khan, e a concederlo il presidente della Corte Penale Internazionale, il magistrato polacco Piotr Hofmansky. Entrambe figure la cui nazionalità è in cima alla classifica dell'ostilità nei confronti della Russia e di Putin. Che si tratti quindi di un mandato d'arresto dal valore squisitamente politico non vi è alcun dubbio come dimostra anche il tenore delle accuse.Quanto ai crimini di guerra non c'è dubbio che nel conflitto in corso da 13 mesi (e da nove anni) ne siano stati compiuti dai russi come dagli ucraini. Come accade del resto in tutte le guerre e specie in quelle civili che dividono in due lo stesso popolo come è accaduto nella ex Jugoslavia e come accade dal 2014 in Ucraina.Lo scorso anno Amnesty International documentò con un report dettagliato un numero consistente di crimini di guerra compiuti dalle truppe di Kiev in Donbass ma nessuna corte internazionale indagò né emise mandati d'arresto per Zelensky o esponenti politici e militari ucraini. Anzi, politica e media imbastirono su due piedi un "processo" contro Amnesty International che aveva osato criticare l'uso dei civili del Donbass come scudo per gli schieramenti di truppe e artiglieria ucraini in mezzo a case e scuole.Nessuna reazione dai soloni del diritto internazionale neppure di fronte alle immagini di prigionieri russi feriti a colpi di kalashnikov dopo la resa o a quelli dei soldati di Mosca feriti sul campo di battaglia e giustiziati con raffiche alla testa dai militari di Kiev, mentre in Europa da mesi si invocano (lo fa con cadenza regolare il presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen) processi contro Putin e gli esponenti del governo russo.VALUTAZIONE DI PARTEL'accusa di rapimento di minori e deportazione della popolazione ucraina in Russia mostra una volta di più come la Corte Penale Internazionale abbia recepito sulla vicenda esclusivamente le valutazioni di Kiev (che ha fornito prove unilaterali di 600 casi di deportazione di bambini), che comprensibilmente ha sempre negato vi sia una parte della popolazione ucraina schierata con i russi per non dover ammettere che questo conflitto è anche, fin dal suo scoppio nel 2014, una guerra civile. Termine il cui utilizzo non a caso viene punito col carcere dalle leggi di Kiev.I russi sostengono invece di aver evacuato civili e soprattutto minori per sottrarli alla guerra e del resto moltissimi bambini, donne e anziani vennero portati in Russia, soprattutto a Rostov e in altre regioni di confine, fin dall'inizio del conflitto in Donbass, nel 2014. Strano che per nove anni nessuna corte internazionale abbia rilevato gli estremi di reato per contestare a Putin deportazioni di massa e rapimenti di minori.Innegabile che in questa guerra, proprio per la sua natura anche "civile", il controllo e il consenso della popolazione rientrino tra gli obiettivi dei due belligeranti ma non si può neppure negare che la Russia sia oggi la nazione che ospita il maggior numero di profughi ucraini ed è difficile ritenere che milioni di ucraini che hanno trovato rifugio in Russia siano stati deportati.I più recenti dati dell'Alto commissariato dell'ONU per i Rifugiati (UNHCR) riferiscono che la Russia ospita il numero più alto di rifugiati ucraini, quasi 3 milioni, cioè quasi il doppio di quanti ne ospiti la Polonia, nazione al secondo posto nella classifica dell'accoglienza ai profughi ucraini.Eppure, ci piaccia o meno, non è difficile notare che nei territori ucraini in mano ai russi e ai loro alleati vivono molti ucraini fedeli a Mosca, come a Mariupol dove sabato Putin ha visitato le nuove aree residenziali costruite dopo la lunga battaglia dello scorso anno, o che al fianco delle truppe di Mosca combattono almeno 80 mila ucraini delle regioni orientali.QUELLO CHE LA TV NON DICEAncora più difficile non fare caso (anche se i media da noi ne parlano poco) che migliaia di civili preferiscono restare nelle cittadine contese lungo la prima linea degli 800 chilometri di fronte nella guerra in Ucraina.Persone che rischiano la vita tra bombardamenti e combattimenti, che sopravvivono in scantinati e che rifiutano l'evacuazione, in parte per non lasciare le proprie case ma in parte anche perché attendono l'arrivo delle truppe russe. A Bakhmut, come in altre aree del fronte dove i russi sono all'offensiva, la polizia ucraina sta attuando evacuazioni forzate di civili, trasferiti a ovest contro la loro volontà. Eppure nessuna corte sembra pronta a definirle deportazioni.Molti negli USA evidenziano l'errore dell'Amministrazione Biden nel sostenere l'iniziativa di una corte non riconosciuta da Washington e che potrebbe domani puntare il dito contro gli Stati Uniti, altri sottolineano che il mandato di arresto viene annunciato alla vigilia della visita a Mosca del leader cinese Xi Jinping con il chiaro obiettivo di indebolire il presidente russo nel vertice bilaterale.Non si può escludere che tra gli obiettivi politici del mandato di arresto vi sia proprio quello di isolare Putin e di indurre i vertici di Mosca a rimuoverlo dal Cremlino trasformandolo nel capro espiatorio del conflitto in Ucraina.Una scommessa rischiosa per almeno due ragioni. Innanzitutto il mandato di arresto potrebbe rafforzare i consensi intorno a Putin confermando ulteriormente, dopo i massicci aiuti militari dei paesi NATO a Kiev, la narrazione del Cremlino che dipinge questo conflitto come una "nuova guerra patriottica" necessaria per rispondere alla minaccia dell'Occidente che intende isolare e sconfiggere la Russia.Una valutazione che allontanerà ogni ipotesi di soluzione negoziata della guerra. Inoltre, considerando quali esponenti di spicco siano emersi in seguito al conflitto in Ucraina, non vi sono indizi utili a ritenere che un eventuale successore di Putin sia più moderato o più incline ad accettare una ritirata dai fronti ucraini che a Mosca avrebbe l'amaro sapore della sconfitta. Semmai è vero il contrario.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7347VUOI ABOLIRE NOZZE GAY E ABORTO? NON PUOI FARE LA PREMIER IN SCOZIA (E NEMMENO IN ITALIA)Il ministro delle Finanze trentaduenne Kate Forbes è protestante e non si impegnerà (come non si è impegnata la Meloni) per eliminare le leggi ingiuste, ma il solo fatto che le creda ingiuste fa gridare i mass-mediadi Corrado OconeForse nemmeno i più radicali fra gli illuministi francesi avrebbero mai pensato che un giorno potesse accadere. Fatto sta che oggi essere cristiani, anche nel mondo occidentale, significa sempre più essere svantaggiati nella vita sociale. Siamo passati dalla società secolarizzata a quella post-cristiana, dal principio di laicità a quello di esclusione. Che è poi quanto di più illiberale possa esserci, quasi una riproposizione col segno cambiato di quella intolleranza che i vecchi illuministi imputavano, non sempre a ragione, ai cristiani.È questo il senso della vicenda capitata a Kate Forbes, il trentaduenne ministro delle Finanze del governo scozzese candidata a succedere alla dimissionaria (per stanchezza) Nicola Sturgeon, leader dello Scottish National Party, a capo del governo. Benché data subito per favorita, la candidatura di Forbes è nafraugata quando i riflettori sono caduti sul suo essere cristiana, e quindi sulla sua contrarietà di principio alle nozze gay e all'aborto, seppur solo in privato e senza che ciò compromettesse minimamente il suo rispetto per le leggi in vigore che disciplinano la materia.Il Times ha subito centrato, in un commento, il punto. "Una volta - ha scritto il giornale londinese - l'appartenenza alla Chiesa conferiva status, oggi il cristianesimo sta diventando un impedimento all'ascesa di una persona ai livelli alti della società. Chiunque tenti di sposare gli insegnamenti cristiani tradizionali nell'ambito di un moderno studio legale, banca o società di consulenza, si vede messo alla porta". Il paradosso più grande è che però ciò che non viene concesso ai cristiani viene concesso ai musulmani. Dopo l'esclusione della Forbes, il candidato alla leadership più forte è proprio un seguace della religione di Allah, Humza Yousaf, che a sua volta ha detto di rispettare le leggi dello Stato e persino quella molto controversa da poco approvata dal parlamento scozzese (e su cui la Forbes aveva manifestato non pochi dubbi) sul cambio automatico di sesso mediante semplice autocertificazione.Cosa ci dice, più in generale, questa vicenda scozzese? Prima di tutto che non viviamo affatto in una società post-religiosa ma semplicemente post e anzi anti-cristiana. Le altre religioni non solo sono tollerate, ma in virtù dei processi di pensiero propri del cosiddetto politically correct (espiazione di colpa, risarcimento, ecc. ecc.) sono addirittura favorite nell'agone politico e nella vita sociale. In barba ad ogni principio di uguaglianza. Senza minimamente considerare il loro contenuto, e nella fattispecie quello essenzialmente teocratico della religione islamica. E senza riflettere o avere cognizione del fatto che è proprio sulle libertà cristiane che si è costruito nei secoli il moderno liberalismo delle nostre "società aperte".C'è come una masochistica voglia dell'Occidente di autoannullarsi, rinnegarsi, tagliare le gambe alla sedia su cui siamo seduti. In sostanza, di mettere in moto, in nome del pluralismo e della diversità, pratiche di disciplinamento e esclusione non indifferenti. Il risultato è che la religione che si vorrebbe far uscire dalla porta rientra, con un aspetto intollerante, dalla finestra. I miti e i dogmi del nostro tempo, quelli della mentalità corrente più accreditata e della politica progressista, non sono meno potenti e prepotenti di quelli del passato, con l'aggravante che non vengono riconosciuti tali. La nostra epoca si vorrebbe illuminata ma, per chi vuol vedere, ha sacche di oscurantismo non irrilevanti e che allignano soprattutto fra e i sedicenti "illuminati" e i progressisti.Nota di BastaBugie: Luca Volontè nell'articolo seguente dal titolo " Scozia: attacchi alla cristiana Forbes, avanti nei sondaggi" spiega chi sono i tre i candidati alla leadership del Partito nazionale scozzese.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 25-02-2023:Saranno tre i candidati alla leadership del Partito nazionale scozzese (Snp, nell'acronimo inglese): il vincitore dovrebbe essere nominato primo ministro al posto della dimissionaria Nicola Sturgeon. Ieri, a mezzogiorno, si sono chiuse le candidature alla carica.I tre candidati sono il segretario scozzese alla Sanità, Humza Yousaf; la segretaria alle Finanze, Kate Forbes, e l'ex ministro per la Sicurezza delle comunità Ash Regan. Il voto, già ci sono contestazioni, si svolgerà nelle sezioni di partito e il risultato sarà annunciato solo il prossimo mese, il 27 marzo. La campagna elettorale è stata finora dominata, a pochi giorni dalle dimissioni della Sturgeon (di cui vi abbiamo descritto le ragioni sulla Nuova Bussola), da un accanimento stomachevole contro la candidata trentaduenne Kate Forbes, per le sue opinioni su matrimonio gay, transgender e aborto. Prima ancora che la Forbes annunciasse formalmente la sua candidatura, i media discutevano furiosamente sulla questione centrale della sua candidatura: cosa pensa la Forbes del sesso prematrimoniale, delle riforme educative pro-Lgbt, dell'aborto? Kate Forbes crede (come la maggior parte delle persone nella storia dell'umanità) che il matrimonio sia tra un uomo e una donna e che non si possano introdurre privilegi verso le persone transessuali a scapito dei diritti di bambine, ragazze e donne.La Forbes, membro della Chiesa Libera di Scozia, era e rimane in vantaggio sui concorrenti, anche dopo aver dichiarato che non avrebbe votato a favore del cosiddetto "matrimonio omosessuale", legalizzato in Scozia nel 2014. Le polemiche suscitate sull'aborto, sul fatto che avere figli al di fuori del matrimonio è sbagliato e che una "donna trans", in realtà, è biologicamente un uomo, non hanno per nulla ridotto i suoi consensi tra gli elettori del partito; ma certo per l'establishment, le lobby Lgbt e i mass media la Forbes è diventata la nemica da abbattere. Nel sondaggio condotto da Opinion Matters e reso noto ieri, a cui hanno risposto gli elettori del Partito nazionale scozzese e i membri del partito che voteranno il prossimo leader, la Forbes ha ottenuto il 28% dei consensi, con un vantaggio dell'8% su Yousaf e del 7% sulla Regan, ma ancora un terzo degli elettori è indeciso. La Forbes, difesa a spada tratta in questi giorni sia dalla Chiesa cattolica scozzese sia dalla Chiesa Libera di Scozia, si dice assolutamente certa che sia «possibile essere una persona di fede e difendere i diritti degli altri a non avere fede o ad avere una fede diversa» e, al momento, lo crede anche la maggioranza dei suoi elettori.Le polemiche feroci sulla morale cristiana della Forbes sono la conseguenza della grottesca discriminazione di qualunque testimonianza della cultura cristiana, una cultura inaccettabile per la società il-liberale contemporanea. Non a caso, nella Scozia che è stata stravolta da Nicola Sturgeon per un ventennio, si registra un sistematico sradicamento della religione in generale e della fede cristiana in particolare (nel 2011 il 53% delle persone in Scozia si identificava come cristiano, mentre nel 2022 tale percentuale sarebbe scesa al 33%).Di fatto il modello dottrinale, sociale e civile imposto dalla Sturgeon - sostenuto dalle lobby Lgbt e abortiste e diffuso in gran parte dei Paesi occidentali - stabilisce che i politici debbano dimostrare di non avere convinzioni cristiane e/o di sapervi abiurare prima di poter ricoprire un'alta carica pubblica e, talvolta, poter sedere in parlamento. Lo stiamo vedendo col trattamento riservato sinora a Kate Forbes, ma sin dai tempi del "caso Buttiglione" nel 2004, sono ad oggi molti gli esempi e i fatti che provano la progressiva marginalizzazione e discriminazione dei cristiani.La signora Ash Regan, altra candidata, si è dimessa dalla carica di ministro per ragioni di coscienza, la prima volta che questo avviene nella storia del governo scozzese: lo ha fatto lo scorso 27 ottobre, dopo la discussione parlamentare e le votazioni sul Gender Recognition Reform Bill (normativa sull'autoidentificazione del genere sessuale), dicendo di essere incompatibile con un governo che decide di mettere in pericolo le donne e i loro diritti. Nell'annunciare la sua candidatura ha dichiarato al Sunday Mail che, con lei alla guida, «i diritti delle donne non saranno mai compromessi» e che si concentrerà sui servizi pubblici e sull'economia piuttosto che su «nuove leggi che ostacolano le imprese e interferiscono con la vita familiare».Il terzo candidato, sostenuto fortemente dalla Sturgeon, è l'islamico Humza Yousaf, che ha votato a favore della legge sull'autoidentificazione del genere e ha detto di essere «un sostenitore del matrimonio egualitario, orgoglioso di esser musulmano» e di non considerare la fede come fonte d'ispirazione per l'impegno politico. Tuttavia, oltre ad essere al centro delle polemiche furenti sulla gestione del sistema sanitario scozzese e delle emergenze post-Covid, Yousaf è stato deliberatamente assente dall'aula nel 2014 in occasione dell'approvazione delle "nozze gay". Intanto, è l'intera famiglia Sturgeon sot
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7340BEPPE GRILLO FONDA LA SUA CHIESA di Tommaso ScandroglioGrillo ha fondato una chiesa. Non è uno scherzo o, meglio, è uno scherzo averla fondata veramente. Ad Orvieto, prima tappa del suo nuovo spettacolo "Io sono il peggiore", il comico genovese ha annunciato: «Fondo la Chiesa dell'Altrove e andiamo tutti insieme alla conquista dell'8×1000. Ho già pronto lo statuto, già fatta l'associazione, c'è il sito». Poi ha aggiunto: «Dio non c'è più, questo è il problema. Tutti i grandi capolavori non ci sarebbero senza Dio, motore del mondo, e oggi che non c'è più, non c'è più niente. Lo abbiamo sostituito con il capitalismo, con il denaro. Abbiamo bisogno di un'entità. La scienza non dà risposte, la tecnologia non dà risposte, la religione non dà più risposte. Poi succede che negli Usa nascono nuove strane religioni. Allora perché io non posso fare una mia chiesa? Perché non posso fondare una Chiesa dell'Altrove? È tutto altrove, altrove non dà risposte ma si va alla ricerca».La Chiesa dell'Altrove è consapevolmente una entità, questo il termine usato dal suo stesso fondatore, di carattere sincretista. E quindi abbiamo in primis un elemento gnostico: esiste sì una Rivelazione, non certo quella cristiana bensì quella che fa riferimento al Grillo pensiero, ma dato che gli uomini non l'hanno accolta, ecco che la salvezza avverrà grazie ad una élite di Elevati che guideranno i fedeli nel cammino di fede (e il primo Elevato è Grillo stesso, ovviamente). Altro ingrediente è una via di mezzo tra lo spirito nichilista e il relativismo. Sul sito si legge: "Non cercate risposte, ma domande: le risposte arriveranno da sole". Naturalmente c'è anche una spruzzata di ambientalismo: "Gli uomini [...] travolsero piante e animali e si misero al centro della Natura". La struttura della Chiesa è gerarchica con a capo l'Elevato. Costui "ha stabilito che il suo Ordine nel pianeta Terra è costituito dal Ministero dell'Altrove. Il Ministero dell'Altrove è formato dagli Altrovatar, che presiedono le leggi, l'apostolato e l'amministrazione della Chiesa dell'Altrove nel pianeta Terra. Gli Altrovatar sono nominati e deposti dall'Elevato, e a loro volta nominano l'Elevato. Gli Altrovatar nominano, d'intesa con l'Elevato, gli addetti al Ministero dell'Altrove".DOPO IL MOVIMENTO POLITICO, ECCO QUELLO RELIGIOSOCosa sta escogitando Grillo? Tentiamo di formulare un'ipotesi. Dato che la sua creatura, il Movimento 5 Stelle, gli è un po' sfuggita di mano e ha perso l'appeal proprio delle novità, ecco che il comico ligure è alla ricerca di un qualcosa che possa innescare un fenomeno sociale inedito. Dopo un movimento politico, viene il turno quindi di uno religioso. I contenuti di questa nuova chiesa, così crediamo, sono pressochè irrilevanti e volutamente indefiniti, come se fosse una materia prima ancora da plasmare secondo i desiderata del suo pubblico che, una volta, fu popolo di elettori ed ora comunità di credenti. Dunque la vaghezza della "dottrina" di questa "chiesa" risponde all'esigenza di aspettare di vedere dove soffierà il vento.C'è quindi da ritenere che la Chiesa dell'Altrove consista in una provocazione, non fine a se stessa, ma strumentale, nuovamente, a incanalare consensi. Una volta che questi consensi saranno incamerati, allora si potranno gestire nella direzione che il Grillo Elevato vorrà.Banale a ricordarsi, uno dei principi basilari della vendita è proporre prodotti nuovi. Ecco perché Grillo tentò con tutte le proprie forze di evitare che al M5S fosse affibbiata l'etichetta di partito, perché il termine era vetusto e, inoltre, rimandava ad un portato concettuale di segno negativo. Il M5S doveva fare politica pur rimanendo apartitico e, per paradosso, impolitico. Ora, forse, Grillo cerca un inedito contenitore di consensi: non un partito, non un movimento di opinione, non una associazione, ma una religione. Getta la rete aspettando di vedere quali pesci prenderà e compie questa operazione presentando il progetto come trovata goliardica.GRILLO PONTEFICELa scelta di fondare una "chiesa", vorremmo dire, ad uso domestico, ossia utile per lucrare i propri scopi, forse discende consapevolmente o meno dall'esperienza del M5S. In un certo qual senso il Movimento pentastellato è una chiesa, con un Papa (Grillo), i suoi cardinali (Di Maio, Conte, Di Battista ed altri), i suoi dogmi assai negoziabili (si vedano la regola del doppio mandato e la restituzione degli stipendi), le scomuniche a danno di eretici e i suoi seguaci, cioè la base elettorale che si riunisce in un luogo di culto virtuale, ossia la piattaforma Rousseau. In fondo il M5S nacque come fenomeno proprio di un certo messianismo politico: la volontà di un cambiamento radicale, la lotta al male indicato nella partitocrazia e nella casta dei potenti, la speranza in un futuro migliore, una escatologia che vedeva nel Movimento lo strumento per salvare l'Italia. Questo afflato para-religioso ora si è concretizzato in una chiesa che, quasi per contrappunto, assume una struttura organizzativa simile a quella di uno Stato: ci sono infatti un Ministero dell'Altrove e delle leggi.E così Grillo da pontefice e mascherando il tutto con la sua consueta ironia si è auto promosso ad illuminato, a profeta, a prescelto per guidare un popolo di delusi nel deserto di valori - "Dio non c'è più" ci ricorda Grillo - così come un tempo il M5S voleva guidare questo stesso popolo nel deserto delle proposte politiche. Staremo a vedere se il culto altrovista rimarrà confinato nei limiti di una provocazione oppure acquisterà i profili di un nuovo fenomeno sociale.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7329ELLY SCHLEIN, IL NUOVO SEGRETARIO DEL PD E' LESBICA E PIACE ANCHE A SOROS di Giuliano Guzzo«Ora uniti per tornare a vincere. Saremo un problema per il governo Meloni. Il naufragio di migranti in Calabria pesa sulla coscienza dell'esecutivo». Le prime parole di Elly Schlein, neoeletta segretaria del Pd, sono battagliere e ne riflettono bene la tempra. Del resto, se battagliera non fosse questa trentasettenne non sarebbe arrivata dov'è, riuscendo - grazie al 53,8% dei consensi - a conquistare il principale partito progressista italiano, che pure da mesi veniva saldamente dato in mano al superfavorito Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia Romagna il quale, a questo punto, può tornare a fare il suo lavoro.Invece per Elly Schlein [...] ora cambia tutto e non solo per lei, motivo per cui vale la pena conoscerla più da vicino. Nata a Lugano nel 1985, figlia di due docenti universitari - il padre è americano di origine ebraica aschenazita, la madre italiana -, l'enfant prodige del progressismo italiano è cresciuta a pane e politica, inanellando da subito esperienze ai massimi livelli. Basti dire che, a suo tempo, volò a Chicago per sostenere le campagne elettorali di Barack Obama. Poi sono arrivati l'Europarlamento e la vicepresidenza della Regione Emilia Romagna.Ma Elly Schlein, il cui trionfo è avvenuto soprattutto grazie ai non iscritti al Pd (presagio, quello dell'onda esterna che aveva lo stesso Bonaccini, già forse intimorito dal fatale appoggio di Piero Fassino), ha coltivato la passione politica, con militanza attiva ed esperienze, si accennava, anche molto prestigiose, sin dagli anni dell'università. Vuoi per il suo bruciare le tappe, vuoi per il suo bagaglio ideologico - di cui diremo subito - la neosegretaria Pd, oltre che idola di giovani venuti su col Woke nel biberon, è una dagli appoggi così potenti che c'è da domandarsi se il suo successo, in fondo, sia così casuale. Quali appoggi? C'è l'imbarazzo della scelta. Un documento della Open Society, società del finanziere supermiliardario George Soros, la indicava tra «gli alleati affidabili» già nel 2014, al suo primo mandato all'Europarlamento.FEMMINISTA, AMBIENTALISTA, PROGRESSISTAInsieme a lei, tra gli «alleati affidabili», ha fatto notare su Facebook la scrittrice femminista Marina Terragni, c'erano pure Antonio Panzeri e Antonio Cozzolino…Ma non divaghiamo e torniamo alla neoeletta segretaria del Pd. Che, dicevamo, da anni gode di sostegni potenti. Ancora nel settembre 2020, per dire, L'Espresso - che della sinistra italica non sarà la Bibbia, ma giù di lì - le aveva dedicato una intera copertina incoronandola come «femminista, ambientalista, progressista, di governo»: più che un titolo, un'investitura. Giusto pochi mesi prima, era invece stata Daria Bignardi, su La7, ad ospitarla dandole modo di dichiarare pubblicamente il suo orientamento sessuale fluido: «Ho amato molti uomini e donne. Ora sono felice con una ragazza».Questa dichiarazione ci consente di iniziare ad introdurre il profilo ideologico di Elly Schlein, che è quello di una paladina del mondo Lgbt, peraltro su posizioni fieramente abortiste. Prova ne sia il tono "allarmato" con cui la neosegretaria - che alcune fonti, a proposito di endorsement di peso, hanno descritto come assai gradita anche a Romano Prodi, benché il suo ufficio stampa abbia poi smentito - aveva commentato la decisione della Corte Suprema Usa di revocare la sentenza Roe vs Wade del 1973, che aveva definito «un salto indietro di 50 anni, un terrificante salto nel buio in cui si cancellano i diritti delle donne a scegliere sul proprio corpo».LA NUOVA ANTI-MELONIToni tanto duri, va da sé, non sono affatto casuali. Al contrario, riflettono appieno quanto per la nuova «anti-Meloni», contino i temi etici, e cioè tantissimo. Non a caso ha ottenuto anche l'appoggio di Alessandro Zan, di Laura Boldrini, perfino di nomi nobili - come Beatrice Borromeo - insomma di tutto l'establishment della sinistra Ztl ed ultra radical. Ergo, con Elly Schlein il Pd diventa - definitivamente, dato che un po' lo era già - il Partito di Davos. Da Gramsci a Greta, dalla Festa dell'Unità al Gay Pride, dall'articolo 18 all'asterisco, sì completa così quello che - attualizzando Augusto del Noce - potremmo definire il suicidio della rivoluzionə. D'accordo, ma al vecchio elettore ex comunista, ora, che resta?Lo stesso militante di Capalbio - tutto cashmere, babbucce ed evve moscia - è ora scalzato dal metrosexual di City Life: figurarsi lo spaesamento dell'iscritto proletario al Pci. L'affermazione di Elly Schlein, che farà senz'altro felice Matteo Renzi - che pronosticava che un suo successo gli avrebbe portato «metà Pd» -, segnerà dunque il definitivo pensionamento dei Peppone superstiti; proprio loro, che hanno per decenni animato le Case del Popolo, ora si ritrovano senza più averne una. È il triste ma inevitabile epilogo d'un mondo che, a forza di strizzar l'occhio a eutanasia e ius soli, si trova ora una segretari* che ha preso la «cittadinanza politica» - la tessera - l'altro giorno e si accinge a praticare al suo partito la sospirata "dolce morte".Nota di BastaBugie: Elly Schlein nasce a Sorengo, vicino Lugano in Svizzera. Suo padre, Melvin Schlein, politologo e accademico statunitense di origini ebraiche è professore emerito di Scienze politiche e Storia alla Franklin University in Svizzera. L'attività politica della Schlein ha inizio a partire dal 2008, quando partecipa come volontaria alla campagna elettorale di Barack Obama per le elezioni presidenziali statunitensi. Scala negli anni le vette della politica, arrivando a ricoprire nel 2014 il ruolo di europarlamentare del PD e, dopo una latitanza di sette anni dal partito per dissensi con i suoi vertici, torna infine alla carica il 4 dicembre 2022 candidandosi per la Segreteria del PD, lasciata vacante da Enrico Letta all'indomani delle elezioni. (Fabio Fuiano, Corrispondenza Romana, 22 febbraio 2023)Elly Schlein è dichiaratamente e orgogliosamente gay, sull'aborto è disposta a spostare i paletti ancora più in là, ha dichiarato in più occasioni che la 194 implica per le donne un diritto ad abortire, è dell'idea che lo Stato dovrebbe garantirlo anche negando l'obiezione di coscienza dei medici. È ecologista radicale ed è a favore di tutte le transizioni, che sono oggi sul tappeto. Ai tempi del Covid si era allineata al pensiero unico. Se vogliamo quindi porla sulla postmodernità liquida, la Schlein è molto più avanti di Letta o Bonaccini, nonostante loro non fossero granché indietro. [...] Tra l'altro sembra in grado di risvegliare un Partito Democratico morente. Con Bonaccini avrebbe forse continuato a morire, con la Schlein potrebbe riprendersi dal coma. (Stefano Fontana, La nuova Bussola Quotidiana, 28 febbraio 2023)
VIDEO: La verità sui twitter files ➜ www.youtube.com/watch?v=yjuipegRpd4&list=PLolpIV2TSebUZf755kITHNSRL7joJIZ2ZTESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7278UN DURO COLPO PER LA FIDUCIA NEL GOVERNO, NEI MEDIA E NELLA SCIENZA di Stefano MagniSe nei tre anni di pandemia vi siete sentiti censurati, avete constatato che una mano invisibile nascondeva i vostri post o rimuoveva del tutto il vostro account perché quel che scrivevate non era allineato al parere delle autorità sanitarie... non siete complottisti. Avete perfettamente ragione. Per quasi tre anni, infatti, Twitter e gli altri grandi social network hanno sistematicamente censurato tutti i pareri sul Covid e sui vaccini che non erano conformi con i dettami delle autorità sanitarie. Ora le prove sono state pubblicate, assieme agli altri "Twitter files" grazie agli archivi aperti dal nuovo proprietario Elon Musk.Ad occuparsi del caso Twitter-Covid è il giornalista David Zweig che ha pubblicato i risultati della sua inchiesta su The Free Press, il giornale fondato da Bari Weiss (giornalista licenziatasi dal New York Times perché troppo poco "woke" progressista). Zweig ha seguito il tema Covid per tre anni e aveva la netta sensazione, non solo che la stampa fosse diventata un megafono dei governi, ma che anche i social network agissero sulla base di forti pregiudizi governativi contro una parte consistente dei loro utenti. Ora ha avuto la conferma di tutto quel che temeva. Dalle comunicazioni interne allo stato maggiore di Twitter a San Francisco emerge come le amministrazioni Trump e poi Biden abbiano fatto pressione sul social network perché agisse da censore contro la vera e presunta disinformazione sul Covid.Scagli la prima pietra chi è senza peccato... anche l'amministrazione Trump, vittima di Twitter come si è visto nei precedenti Twitter files, ha fatto pressione sui social network per bloccare la disinformazione. Si era agli inizi del Covid e a Trump interessava soprattutto che non si diffondesse il panico. A Twitter è stato dunque chiesto di frenare la diffusione di notizie sugli accaparramenti: non era disinformazione, erano notizie vere, ma sono state trattate come delle fake news.LA REPRESSIONE DEL DISSENSO SCIENTIFICOL'amministrazione Biden, invece, si è concentrata nella repressione del dissenso scientifico e soprattutto delle tesi scettiche sui vaccini (non solo no vax). In uno dei primi incontri dell'amministrazione democratica con i vertici dei social network, il governo ha chiesto di porre maggiore attenzione agli account dei no vax e in particolar modo ha chiesto la testa del giornalista Alex Berenson, già contrario alla politica di lockdown e poi scettico sui vaccini. Insoddisfatto dalla lentezza con cui Twitter stava rispondendo alle sue richieste, il nuovo presidente americano ha lanciato il suo avvertimento, quando affermò che i social media stessero "uccidendo la gente" perché continuavano a permettere ai no vax di scrivere liberamente. Poche ore dopo, Berenson è stato sospeso.Martin Kulldorff, epidemiologo alla Harvard Medical School è stato giudicato colpevole di aver diffuso informazioni "fuorvianti" perché, rispondendo a un utente, aveva scritto di ritenere anti-scientifica e non necessaria la vaccinazione di tutta la popolazione, inclusi i giovani e i guariti. Per questo tweet, dopo un dibattito interno (in cui l'ultima parola l'ha avuta il rispetto delle direttive della Sanità), Twitter ha deciso di limitare la sua diffusione e visibilità. «Ho trovato numerosi casi di tweet sui vaccini e sulle politiche contro le pandemie etichettati come "fuorvianti" o eliminati del tutto - scrive Zweig - a volte con la sospensione dell'account, semplicemente perché si discostavano dalle indicazioni del CDC (Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie) o dalle opinioni dell'establishment».In un altro caso eclatante, i censori di Twitter sono andati addirittura oltre le indicazioni del CDC. L'utente chiamata KelleyKga, una fact checker sanitaria, ha subìto la marcatura di "informazione fuorviante" in un tweet in cui spiegava, dati del CDC alla mano, come il Covid non fosse la principale causa di morte nei bambini. La scure censoria si è abbattuta anche su Jay Bhattacharya, uno dei firmatari della Great Barrington Declaration, con cui medici e professori chiedevano di porre fine alle politiche di lockdown per concentrarsi sulla protezione dei fragili. Per questo è stato inserito in una lista nera e la diffusione dei suoi post limitata. L'account di "Infectious Disease Ethics Twitter" ha subito la marcatura di "informazione fuorviante" sulla pubblicazione di uno studio scientifico sull'incidenza di malattie cardiache nei vaccinati giovani in Israele.UN DURO COLPO PER LA FIDUCIA NEL GOVERNO, NEI MEDIA E NELLA SCIENZALe comunicazioni interne dimostrano come vi sia stato dibattito per ogni caso di persona da censurare, sospendere o bannare. I dipendenti erano ben consapevoli di violare la libertà di espressione. Ci sono stati casi di utenti bannati e poi riammessi dopo un esame più attento. Ma la censura ha continuato ad essere applicata per tutto il periodo della pandemia, fino al cambio di proprietà di Twitter. Il problema è anche come venisse applicata. Il social network ha usato programmi di intelligenza artificiale per individuare contenuti da segnalare. Per quanto raffinati siano i nuovi "bot", non si può pretendere che comprendano l'importanza di argomenti scientifici, l'ironia, le sfumature di certi post. Sono state impiegate anche aziende all'estero, sotto contratto, con eserciti di revisori spesso impreparati che si muovevano solo sulla base di questionari già tendenziosi di loro (cosa scrive l'utente, cosa pensa l'utente, dove vuole andare a parare). Infine, il tutto diretto da una dirigenza che era chiaramente di parte, al 90% e più filo-democratica, a giudicare dalle donazioni ai partiti.La vicenda di Twitter è un duro colpo per la fiducia nel governo, nei media e nella scienza. Il governo di un Paese libero ha chiesto di imporre la censura in un momento di emergenza. I media hanno smesso di fare i media e sono diventati portavoce governativi, più ancora che in tempo di guerra (nelle ultime guerre, almeno dal Vietnam in poi, i media sono stati anche liberi di contestare il governo). Infine la scienza che, a questo punto, diventa politica e censura il parere di minoranza. Se è grave sempre, lo è a maggior ragione durante una pandemia di una malattia nuova, proprio quando il dibattito fra scienziati e medici deve essere più aperto che mai. Elon Musk afferma che i nuovi Twitter Files dimostrano come tutte le teorie del complotto sui social media siano vere. Social media al plurale, perché non solo Twitter è stato coinvolto in questo sistema. Ma dimostra anche quanta poca libertà sia rimasta nel nostro mondo libero. Negli Usa almeno se ne discute. In Italia, invece, quanto si deve aspettare?
VIDEO: Il Green Pass delle automobili ➜ www.youtube.com/watch?v=6Ju7yEpogwU&list=PLolpIV2TSebUZf755kITHNSRL7joJIZ2ZTESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7272CON IL RICONOSCIMENTO FACCIALE LA FRANCIA METTERA' TUTTI SOTTO SORVEGLIANZA di Olivier FrèrejacquesMercoledì 11 maggio 2022, tre senatori - un socialista, un centrista e un repubblicano - hanno presentato le conclusioni del loro Rapporto "Il riconoscimento biometrico nello spazio pubblico: 30 proposte per evitare il rischio di una società della sorveglianza". Scopo del testo, sulle difensive, è di rivendicare la legittimità del riconoscimento biometrico nell'armamentario francese della sicurezza; è il risultato di una missione d'informazione sul riconoscimento facciale, messa in atto nell'ottobre 2020 su iniziativa della Commissione Affari costituzionali e giustizia del Senato.Fin dal titolo si deduce che il Rapporto intende limitare il dispositivo che - a posteriori - legittimerà, approccio che la dice lunga sul rischio che questo tipo di dispositivo implica. L'argomento è sensibile: nel marzo 2022, il segretario di Stato per la transizione digitale Cédric O scartava la possibilità di ricorrere al riconoscimento facciale per le Olimpiadi di Parigi 2024.Tuttavia, il testo dovrebbe servire da documento di lavoro per elaborare un dispositivo legislativo con l'obiettivo di generalizzare il riconoscimento facciale. In sintonia con i tempi, questa tecnologia è decantata nel Rapporto per far fronte al rischio del terrorismo; da un punto di vista più generale, il suo impiego potrebbe essere rapidamente messo in atto in nome dei più elementari fini di sicurezza e il carattere "sperimentale", evocato nel Rapporto, precederebbe inevitabilmente o quasi la sua generalizzazione.Lungi dal propugnare la generalizzazione del procedimento, il Rapporto di 136 pagine elenca una serie di eccezioni per le quali il dispositivo sarebbe pertinente. Così il testo vieta «l'analisi di emozioni, salvo per fini di salute o di ricerca scientifica e con riserva di garanzie appropriate». È anche proibita «la sorveglianza biometrica a distanza in tempo reale nello spazio pubblico, salvo eccezioni molto limitate a beneficio delle forze di sicurezza». Il Rapporto invoca un principio calpestato dal legislatore francese: la sussidiarietà, affinché il «riconoscimento biometrico sia utilizzato solo quando sia veramente necessario». Evidentemente, il cursore verrà spostato in funzione delle minacce e delle paure fomentate più o meno legittimamente dalla società (virus, insicurezza, ambiente...).Il meccanismo legislativo con l'obiettivo di autorizzare un atto definendone la cornice, precede spesso la sua generalizzazione; qui, è difficile immaginare che gli attori sia pubblici che privati si limitino a un quadro restrittivo, visto che un dispositivo di riconoscimento facciale apre tanti sbocchi sia in materia di ordine che commerciali. Alcuni attori hanno appunto già suonato l'allarme, come IBM, che ha rinunciato a questa tecnologia per ragioni di ordine etico. Il Rapporto del Senato propone di inserire il riconoscimento biometrico in una legge di sperimentazione, per un periodo di tre anni, in modo da concedere al pubblico il tempo per abituarsi al dispositivo.UNA SICUREZZA DISUMANIZZATAL'utilizzo del riconoscimento facciale solleva gli stessi interrogativi della telecamera di sorveglianza, la cui efficacia, d'altronde, deve ancora essere provata. Alcuni comuni francesi hanno già fatto ricorso a tecnologie di riconoscimento di forme che permettono la dettagliata autentificazione dei "soggetti". Il business della sicurezza, molto redditizio, si annida nelle legittime inquietudini dei francesi davanti all'esplosione della violenza. Tuttavia, le telecamere non hanno la funzione di proteggere, ma di sorvegliare. Nel migliore dei casi, le forze di sicurezza potranno trovare l'aggressore; ma la telecamera non previene l'aggressione e ha un potere di dissuasione molto limitato. Invece, la sicurezza garantita da essere umani permette di intervenire e di dissuadere.L'illusione dell'efficacia della telecamera quanto alla sicurezza, o il suo carattere lucrativo, ha sedotto numerosi consiglieri comunali di tendenze politiche disparate. François Rebsamen, sindaco (ex-socialista) di Digione, precursore in materia, ha rapidamente dotato la città di telecamere. Christian Estrosi, sindaco (ex-LR) di Nizza, appassionato di gadget, ha fatto installare nella città quasi 4000 telecamere e nel giugno 2022 ha annunciato l'uscita di un nuovo software di monitoraggio. Infine, a metà strada tra la fantascienza e l'inganno, Robert Ménard sindaco (di appartenenza politica indefinita) di Béziers, ha fatto installare un sistema di telecamere di monitoraggio con altoparlanti che rimproverano in tempo reale coloro che non seguissero il catechismo civico del comune, cioè i pericolosi cittadini che non raccolgono le cacche dei loro cani!Il dibattito sull'applicazione del riconoscimento facciale è la prosecuzione di quello che riguarda l'utilizzo delle telecamere di sicurezza. L'argomento principale e di apparente buon senso è il seguente: «Non ho nulla da nascondere, dunque sono a favore.» A questa affermazione ingenua bisogna rispondere che se noi non abbiamo nulla di cui rimproverarci, lo Stato, invece, ha probabilmente qualche cosa per cui biasimarci. Le impressionanti misure di sicurezza attuate durante la crisi sanitaria hanno mostrato la gamma di possibilità e di derive alle quali può far ricorso l'apparato statale, perfino nelle nostre democrazie occidentali. Un episodio che bisogna tener ben presente quando si elegge chi andrà al potere...In materia di sicurezza, lo sviluppo delle tecnologie digitali non ha prodotto la diminuzione della criminalità. In Francia il solo settore che ha registrato un successo in termini di sicurezza nel corso degli ultimi trent'anni è quello della sicurezza stradale, nel quale lo sviluppo dei radar è stato accompagnato da un notevole progresso tecnico quanto alla qualità dei veicoli. Peraltro, in Francia non vi sono mai state tante telecamere mentre la situazione della sicurezza non è mai stata tanto scadente.PESO DELLE PAROLE E BATTAGLIA POLITICARaphaël Maurel, docente presso l'Università della Borgogna e segretario generale dell'Observatoire de l'éthique publique, ha messo in discussione il processo legislativo in corso. Punta il dito contro il Rapporto senatoriale che dice di voler evitare una «società della sorveglianza», prevedendo allo stesso tempo gli strumenti per creare tale società. D'altronde, questo professore ricorda che i processi semantici utilizzati sono obsoleti, visto che se ne trovavano già i germi nella famosa legge sulla sicurezza globale intitolata «Per una sicurezza globale che preservi le libertà». Infine, Raphaël Maurel sottolinea una ancor più grossa contraddizione del testo, che tende alla massiccia digitalizzazione del dispositivo di sicurezza proprio quando i poteri pubblici invitano alla sobrietà digitale, indotta dalle sfide ambientali.Quanto alle forze politiche, l'opposizione a leggi che introducano il riconoscimento biometrico dovrebbe paradossalmente concentrarsi a sinistra della scacchiera, visto che formazioni come Europe Écologie Les Verts o La France Insoumise vi sono chiaramente ostili, mentre il Rassemblement National ha una posizione ambigua sulla questione e sembra piuttosto ostile al riconoscimento facciale ma favorevole alla videosorveglianza.La mobilitazione contro la legge di sicurezza globale ha dimostrato che solo la sinistra prende sul serio i rischi inerenti alle politiche per la sicurezza. E tuttavia le telecamere sono costose e non forniscono alcun risultato positivo in materia di sicurezza. In caso di riluttanza del legislatore, i fornitori di telecamere potranno sempre rivolgersi a Bruxelles, che ha già previsto di legiferare in materia.Paradossalmente, l'Occidente europeo perde molto tempo ad indignarsi per le derive cinesi in termini di sicurezza, dove il riconoscimento biometrico è lo strumento per la valutazione detta del «credito sociale», mentre sta lavorando per diffondere dispositivi analoghi.
VIDEO: Gli inganni di Speranza ➜ https://www.youtube.com/watch?v=MtGFPoEYNq8&list=PLolpIV2TSebVtj34zS7A0AabuQ9cf1UxpTESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7265SPERANZA ATTACCA LA MELONI SUL COVID di Ruben RazzanteTra gli auspici più ragionevoli e condivisi per il 2023 c'è senz'altro quello di non dover affrontare un'altra ondata letale di Covid. Ma c'è anche un auspicio nell'auspicio, e cioè che non si ripetano gli errori del passato nella gestione della pandemia. A prescindere da quella che sarà l'evoluzione dei nuovi casi di contagio, è davvero opportuno che le strumentalizzazioni politiche vengano messe da parte e che si aiutino le istituzioni a compiere le scelte migliori per il bene dei cittadini.Ecco perché suonano come particolarmente stonate le dichiarazioni di qualche giorno fa dell'ex ministro della salute, Roberto Speranza, che ha attaccato il governo in carica sentenziando che «la strategia di Meloni sul Covid è fallita». Per fortuna degli italiani in questo momento Speranza rappresenta solo se stesso, visto che il suo partito, Articolo Uno, è ridotto a percentuali da prefisso telefonico e non gode di buona fama (l'ex europarlamentare europeo Panzeri, coinvolto nel Qatargate, milita proprio in quel partito).Detto ciò, bisogna però stroncare sul nascere questi tentativi di manipolazione che esponenti dei precedenti governi stanno portando avanti (anche il leader dei 5 Stelle, Giuseppe Conte ci sta provando) per impedire che si costituisca una Commissione d'inchiesta sulle responsabilità di chi ha gestito l'emergenza Covid per oltre due anni. Buttarla in caciara è evidentemente un tentativo disperato che Conte, Speranza e i loro accoliti stanno portando avanti per evitare che si faccia luce sul boicottaggio delle cure domiciliari, sullo spreco di denaro pubblico, sulla sottovalutazione iniziale dei pericoli per la salute pubblica, sulla disorganizzazione gestionale in ogni ambito, da quello delle mascherine a quello dei banchi a rotelle, solo per citare alcune delle criticità più disarmanti.Ma Speranza ha la necessità di far dimenticare anche qualcosa che riguarda lui in prima persona. In piena prima ondata, nella primavera 2020, l'ex ministro della salute aveva trovato il tempo di scrivere e pubblicare un libro intitolato Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute, poi repentinamente ritirato dagli scaffali delle librerie e mandato al macero dallo stesso autore, con una figuraccia internazionale che non ha precedenti nella storia dei governi di qualsiasi angolo della terra. Il diretto interessato, incalzato da un servizio de Le Iene, si era difeso dicendo che non aveva tempo di presentarlo. Diciamo invece che avrebbe fatto decisamente meglio a non scriverlo.L'OCCASIONE PER UNA NUOVA EGEMONIA CULTURALE DELLA SINISTRALumi in proposito li offre Alfonso Guizzardi, che quel libro è riuscito a procurarselo e a leggerlo prima che venisse distrutto. «Tutti si sono chiesti - scrive Guizzardi, autore del volume Roberto Speranza disse - perché Speranza abbia ritirato il libro e l'abbia addirittura mandato al macero; leggendo questa nostra "critica al testo" vi chiederete invece: "Ma come diavolo gli è saltato in testa di scriverlo?" Bugie, omissioni, previsioni completamente sbagliate, retorica da comiziante, linguaggio ipocritamente vetero-marxista: tutto quel che serve per disegnare un personaggio che tutto avrebbe dovuto fare nella sua vita, tranne che occuparsi della nostra salute». Per Speranza la tragedia della pandemia sarebbe dovuta diventare l'«occasione per una nuova egemonia culturale della sinistra» (parole testuali presenti nello sfortunato volume).Anche Alvise Pedrotti, su Leoniblog, smonta le argomentazioni dell'ex ministro, che attaccava nel suo libro un non ben identificato "neoliberismo" e che nelle considerazioni successive dimostra di non conoscere a fondo neppure la struttura dello Stato che avrebbe dovuto contribuire a ben governare. Va ricordato che il 6 agosto 2020 la Fondazione Luigi Einaudi ha ottenuto la pubblicazione dei verbali secretati del Comitato tecnico-scientifico (Cts), da cui emerge come la politica abbia preso decisioni diverse rispetto a quelle suggerite dai tecnici, ma senza mai motivarle pubblicamente.Le palesi contraddizioni di Speranza sono anche altre. Mentre il suo saggio veniva dato alle stampe, nell'estate del 2020, l'ex ministro assicurava che «il potere di questo maledetto virus ha i mesi contati». Evidentemente non era così, visto che subito dopo ferragosto arrivò la seconda ondata con le chiusure e le restrizioni di libertà. Che cosa c'è di più dilettantesco per un politico se non lanciare proclami decisamente sganciati dalla realtà effettuale? Come se non bastasse, nei mesi scorsi Speranza ha insistito sulla necessità che non si faccia politica sul Coronavirus, dimenticando che lui in quel libro e nei tanti atti pubblici da ministro ha proprio fatto politica sul Coronavirus, dimostrandosi prigioniero di una ideologia vetero-marxista e statalista che tanti danni ha provocato nella storia dell'uomo.UNA CIRCOLARE PREVENTIVAVeniamo a oggi. Il ministero della salute ha diramato una circolare "preventiva", che intende dare indicazioni alla popolazione in caso di peggioramento della situazione epidemiologica: mascherine al chiuso, smart working e riduzione degli assembramenti. E poi, intensificazione delle quarte dosi di vaccino anti-Covid e di una dose aggiuntiva per alcune categorie a rischio.Il documento, intitolato Interventi in atto per la gestione della circolazione del SarsCoV2 nella stagione invernale 2022-23, contiene diverse indicazioni per «predisporre a livello regionale un rapido adattamento di azioni e servizi nel caso di aumentata richiesta assistenziale». Sebbene l'evoluzione della pandemia sia "imprevedibile", si legge nel testo del ministero, «il nostro Paese deve prepararsi ad affrontare un inverno in cui si potrebbe osservare un aumentato impatto assistenziale attribuibile a diverse malattie respiratorie acute», dall'influenza alle nuove varianti di SarsCoV2.Una circolare per certi aspetti inopportuna, perché genera panico e diffonde quel terrorismo che per anni ha contribuito ad avvelenare la società e a frenare l'economia. Tuttavia, le reazioni di Speranza sono davvero imbarazzanti. Ha detto che «la strategia di Meloni sul Covid è fallita». Ma quale strategia? E perché sarebbe eventualmente fallita? Il nuovo governo ha correttamente voltato pagina, puntando sugli elementi in grado di favorire la ripresa socio-economica, vista anche la crisi energetica, e dunque ha fatto benissimo a risparmiare all'opinione pubblica lo stillicidio quotidiano degli (inutili) dati su contagi e ricoveri, trattandosi di cifre del tutto irrilevanti e fisiologiche in una stagione invernale da sempre caratterizzata da una recrudescenza dei virus respiratori.L'ammissione dei propri errori dovrebbe essere il primo atto di onestà intellettuale di un politico. Dagli esponenti dei governi della scorsa legislatura non è arrivata neppure una parola di pentimento per tutte le cose sbagliate fatte per frenare la pandemia. Invece l'idea di bene comune non dovrebbe mai essere sganciata dal senso di responsabilità di chi gestisce o ha gestito la cosa pubblica.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7229LA CANDIDATA ANTI-MELONI ALLA SEGRETERIA DEL PD di Giuliano GuzzoÈ il volto nuovo della sinistra italiana, della quale rappresenta il futuro e forse già il presente. Chissà. Sta di fatto che l'onorevole Elly Schlein sta facendo molto parlare di sé in questi giorni, con il suo annuncio di voler scalare la segreteria del Pd. «Parte da noi», ha dichiarato, «una storia nuova che possa costruire l'alternativa che merita questo Paese. Siamo qua per far partire un percorso collettivo per un contributo alla ricostruzione di un nuovo Pd di cui abbiamo bisogno». Sul «percorso collettivo» staremo a vedere, ma una cosa è certa: Elly Schlein il suo, di percorso, lo ha già fatto. O comunque ne ha fatto già parecchio.Nata a Lugano nel 1985, figlia di due docenti universitari - il padre è americano di origine ebraica aschenazita, la madre italiana -, è cresciuta a pane e politica, inanellando sin da subito esperienze ai massimi livelli. Basti dire che, a suo tempo, volò a Chicago per sostenere le campagne elettorali di un certo Barack Obama. Poi sono venuti l'Europarlamento e la vicepresidenza della Regione Emilia Romagna, certo, ma Schlein ha coltivato e alimentato la sua passione politica, con militanza attiva ed esperienze come si accennava anche molto prestigiose, sin dagli anni dell'università.L'ANTI-MELONIDa qualche tempo, il mainstream ha preso a coccolarla teneramente. Ancora nel settembre 2020, L'Espresso le aveva dedicato una intera copertina incoronandola come «femminista, ambientalista, progressista, di governo»: più che un titolo, un'investitura. Giusto pochi mesi prima di quell'anno, era invece stata Daria Bignardi, su La7, ad ospitarla dandole modo di dichiarare pubblicamente il suo orientamento sessuale fluido: «Ho amato molti uomini e donne. Ora sono felice con una ragazza». Come si sarà capito, si tratta di una paladina del mondo Lgbt. Non solo. Elly Schlein è pure su posizioni fieramente abortiste.Ricordiamo, infatti, il tono "allarmato" con cui ha commentato la decisione - quest'anno - della Corte Suprema Usa di revocare la sentenza Roe vs Wade del 1973, che ha definito «un salto indietro di 50 anni, un terrificante salto nel buio in cui si cancellano i diritti delle donne a scegliere sul proprio corpo». Grazie alla sensibilità pro migranti, piace anche a Laura Boldrini, che giusto poche ore fa su Twitter ha condiviso una foto dove appunto abbraccia Schlein scrivendo: «Questo è il partito che vogliamo». Per tutto questo, la candidata segretaria del Pd già passa come l'anti-Meloni; anche se a ben vedere è lei stessa a tenere a questo titolo, che alimenta a suon di dichiarazioni contro l'inquilina di Palazzo Chigi.IL FUTURO DELLA SINISTRAAlla prima premier italiana donna, Schlein rimprovera di non rispettare i diktat del femminismo, cosa che a suo dire vanifica tutto quanto: «Non tutte le leader femminili sono leadership femministe. Non ce ne facciamo nulla di una leader donna che non aiuta le altre donne e non ne difende i diritti, a prescindere da quelli sul proprio corpo». Dopo le dichiarazioni delle ultime ore, è la terza a candidarsi ufficialmente a guidare il Pd dopo che il segretario uscente, Enrico Letta, aveva annunciato di non volersi ricandidare dopo la sconfitta alle elezioni politiche del 25 settembre. Gli altri due candidati sicuri, al momento, sono l'ex ministra Paola De Micheli e soprattutto il presidente dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, il quale, come noto, è dato come il grande favorito. Al di là del risultato (il voto è previsto per i primi mesi del 2023), anche quest'ultimo nome non lascia ben sperare, poiché tutt'altro che amico dei principi non negoziabili, dato che ha reso disponibile la Ru-486 nei consultori della sua Regione. Intanto, però, Elly Schlein sembra incarnare il futuro di una sinistra e di un progressismo sempre più arcobaleno, laicisti e antitetico ai valori non negoziabili e alla tutela della vita fin dal suo concepimento.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7216SAVIANO DA' DELLA BASTARDA ALLA MELONI E VIENE GIUSTAMENTE PROCESSATO di Ruben RazzanteDelimitare i confini tra l'esercizio della libertà di critica e la lesione dell'onore e della reputazione è questione assai delicata. Non sempre quei confini sono nitidi e certi, spesso si entra nella sfera dell'opinabile e i punti di vista divergono. Quando poi ad essere coinvolti sono personaggi di primo piano della vita di un Paese, l'opinione pubblica si divide in fazioni e la questione rischia di sfuggire di mano.Di sicuro, però, qualcuno tende ad abusare del suo ruolo o della credibilità che si è costruito negli anni per provare a forzare le regole e a sfuggire al giudizio dei tribunali. Ed è quello che sta facendo con disinvoltura e un tantino di sfacciataggine Roberto Saviano, imputato in un processo che si è aperto qualche giorno fa e nel quale è accusato di aver diffamato la leader di Fratelli d'Italia e presidente del consiglio, Giorgia Meloni.Lo scrittore aveva definito "bastarda" l'attuale Presidente del Consiglio nel corso di una trasmissione tv su La7 (Piazzapulita) nel dicembre 2020. Il tema al centro della puntata erano gli arrivi irregolari e i naufragi nel Mediterraneo. Presenti in tribunale, tra gli altri, l'attrice Kasia Smutniak; gli scrittori Sandro Veronesi, Michela Murgia e Nicola Lagioia; il direttore del quotidiano La Stampa Massimo Giannini. L'udienza è durata pochi minuti ed è stata aggiornata al 12 dicembre sempre davanti al tribunale monocratico. Mentre i legali di Giorgia Meloni stanno valutando il ritiro della querela, Matteo Salvini intende costituirsi parte civile e non ha nessuna intenzione di darla vinta a Saviano. «La querela nasce dal livore utilizzato. Io ho insegnato a mio figlio che la parola "bastardo" è una offesa, valuteremo comunque se ritirare la querela», ha chiarito l'avvocato Luca Libra, legale del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. «Salvini lo avrò contro sia in questo processo sia nel processo l'anno prossimo per la frase "il ministro della malavita"», ha ricordato Saviano. «In aula si è detto che non dovevo fare il comizio ma io voglio solo difendermi. Credo di aver il record di giornalista, personalità, individuo più processato da questo governo».IL MONOLOGO DA MARTIRELo scrittore nelle ultime ore ha recitato il suo monologo da martire, ruolo che gli calza a pennello. «Mi ritrovo oggi qui e ritengo singolare che uno scrittore sia processato per le parole che spende, per quanto dure esse siano, mentre individui inermi continuano a subire atroci violenze e continue menzogne», ha spiegato Saviano, che ha poi rasentato il ridicolo accusando l'attuale maggioranza di coltivare il pensiero unico: «L'opportunità, in questo processo, non è per me, ma perché ho fiducia che si possa finalmente esorcizzare la più subdola delle paure e cioè che avere un'opinione contraria alla maggioranza significhi avere un'opinione non legittima, e che quindi avere un problema con la maggioranza di questo Governo significhi avere un problema con la giustizia - prosegue Saviano - lo sono uno scrittore: il mio strumento è la parola. L'accusa è quella di aver ecceduto il contenimento, il perimetro lecito, la linea sottilissima che demarca l'invettiva possibile da quella che qui viene chiamata diffamazione. Sono uno scrittore e quindi, avendo ottenuto la libertà di parola prima di qualsiasi altra, sono deciso a presidiarla. E lo farò non sottraendomi, non proteggendomi dietro una dialettica comoda, sicura, approvata e già per questo innocua», ha rincarato lo scrittore, dimenticando tutte le volte in cui il pensiero unico sia stato veicolato dai suoi sodali e non dai suoi avversari. La stessa Meloni, all'opposizione fino a due mesi fa, ne sa qualcosa.FACCIO QUELLO CHE DICE SAVIANODunque, in quanto scrittore, lui intende arrogarsi la licenza di "uccidere", di esercitare il diritto di critica senza limiti, usando termini decisamente "sopra le righe" per denigrare un personaggio pubblico. Un delirio di onnipotenza che cozza con quella che dovrebbe essere la prima qualità di uno scrittore: rispettare il pensiero altrui, non sentirsi depositario della verità. Ma il suo vittimismo, che pure trova dorata accoglienza in alcuni salotti televisivi, attira anche degli accaniti censori come Alessandro Sallusti che, alcuni giorni fa, in un suo editoriale in prima pagina su Libero, provocatoriamente intitolato Saviano bastardo, ha criticato aspramente lo scrittore, portando alle estreme conseguenze il suo discorso.Il ragionamento di Sallusti non fa una grinza: «Per una volta faccio mio il Verbo del Sommo, e lo faccio avendo le carte in regola perché anch'io sono uno scrittore. E quindi, seguendo il suo consiglio di non mettere limiti al pensiero perché noi scrittori godiamo dell'immunità penale e civile, dico con chiarezza ciò che penso: Roberto Saviano sei un bastardo. Di più: Roberto Saviano sei un pezzo di m. a insultare una donna, non ne hai remora perché tu sei un figlio di buona donna, che poi questi non sono altro che sinonimi della parola "bastardo". (...) Abbassa la cresta, chiedi scusa e finiscila lì che fai pena, sempre con licenza parlando». La provocazione di Sallusti a Saviano è tutt'altro che banale: se basta essere scrittori per insultare pubblicamente un avversario politico e pretendere per questo l'immunità, allora siamo al liberi tutti.Proprio Saviano, che ha sempre attaccato chi si sottraeva alla giustizia, ora pretende immunità e impunità, solo perché divorato da un invincibile senso di superiorità su tutti gli altri. Non è questa la libertà d'espressione che pure lui ciclicamente invoca. Quella libertà non è illimitata e priva di vincoli, ma va bilanciata con la tutela dei diritti della personalità altrui, come recitano tutte le leggi sulla professione giornalistica e, in generale, la libertà di manifestazione del pensiero. È il caso che Saviano le rilegga con attenzione.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7217L'ITALIA E' SCHIAVA DI UN'IDEOLOGIA CONTRO LA VITA, LA FAMIGLIA E LA FEDE CATTOLICA di Mauro FaverzaniSecondo l'art. 21 della Costituzione italiana, tutti avrebbero «diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione». Ma è proprio così? O anche in Italia serpeggia un «mainstream» sostanzialmente, magari subdolamente avverso alla cultura ed anche alla sola presenza cattolica nel sociale? O anche qui si cerca di mettere il bavaglio a chiunque non voglia uniformarsi al coro e preferisca ragionare con la propria testa, col proprio cuore e con la propria fede? Possibile che quelle censure, quei boicottaggi, quelle aggressioni, di cui tante volte diamo conto su Corrispondenza Romana, non avvengano soltanto all'estero, bensì anche qui, nella democraticissima, civilissima, "cattolicissima" Italia?Quanto accaduto negli ultimi anni indurrebbe a risponder di sì a questa serie di interrogativi, inquietanti certo, ma corroborati dai fatti.LA MARCIA NAZIONALE PER LA VITA (2014)Ciò che disturba molto è la presenza nel sociale del mondo e dei valori cattolici, specie quando significativa. Come dimenticare quando nel 2014, a Roma, la giunta di Centrosinistra dell'allora sindaco Ignazio Marino, che pur si definiva cattolico, negò la richiesta di patrocinio alla Marcia nazionale per la Vita col risibile pretesto della mancanza di fondi...? Niente wc chimici, niente volontari della Protezione Civile e neanche la distribuzione di bottigliette d'acqua ai partecipanti, che anzi han dovuto ripulire le strade dopo l'evento. Solo poche settimane dopo lo stesso primo cittadino accordò invece il patrocinio al Gay Pride tenutosi nella Capitale e partecipò anche personalmente alla manifestazione, facendo esporre in Campidoglio ed in tutte le sedi municipali le bandiere arcobaleno. Due pesi e due misure vergognosamente ideologiche, ignobili ed inaccettabili.E che dire dell'edizione 2019 sempre della Marcia nazionale per la Vita, seguita in diretta dall'emittente americana Ewtn, ma ignorata totalmente dalla televisione di Stato, la Rai? Si trattò di una censura scandalosa contro il maggior evento pro-life italiano, che pur fu in grado di richiamare a Roma migliaia di persone. Questo provocò il lancio di una petizione online di protesta, dimostratasi in grado di raccogliere in pochi giorni migliaia di adesioni.Nel 2015 nuovo episodio di boicottaggio: niente patrocinio del Comune di Mogliano e niente comunicazione ai genitori degli alunni da parte dei dirigenti scolastici in merito ad un dibattito promosso dall'A.Ge.-Associazione Genitori sul tema dell'educazione all'affettività nelle scuole. Evidentemente c'è chi è convinto di poter infischiarsene di regole e regolamenti, quando si tratti di ostacolare e discriminare i fautori del no all'ideologia gender.ASSOCIAZIONE MEDICI CATTOLICI ITALIANI (2016) E MANIFESTI CONTRO LA PILLOLA RU486 (2020)Nel 2016 nel mirino è finito il diritto all'obiezione di coscienza all'aborto: il Consiglio d'Europa ha accolto il ricorso presentato in merito dalla Cgil, atto definito «sconcertante» ed «assolutamente intollerabile» dall'Associazione Medici Cattolici Italiani e dalla Federazione europea delle Associazioni mediche cattoliche: «È intollerabile che la democrazia diventi demagogia - hanno scritto in una memorabile nota - L'obiezione di coscienza è un diritto lecito e doveroso. Il medico non può compiere, contro la propria coscienza, azioni di soppressione della vita. Occorre ricordare che nessuna autorità politica può imporre ai medici ed agli operatori della Sanità azioni ritenute non necessarie e dannose; tanto meno nessuna legge può imporre loro di compiere azioni non condivise. Gli operatori sanitari sono chiamati dalla professione e dalla propria deontologia a curare e sostenere la vita sin dal concepimento e pretendono di essere rispettati nella propria autonomia. L'obiezione di coscienza è un diritto fondamentale della persona, costituzionalmente tutelato dall'art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, per cui l'intervento del Consiglio d'Europa si configura palesemente come violazione di una norma costituzionale e merita censura da parte dei cittadini europei».V'è poi tutta l'azione di censura operata nel 2020 con la rimozione dei manifesti contro la pillola Ru486 già regolarmente affissi a Ravenna, a Milano e a Bergamo (circa quest'ultima, da due anni il sindaco, Giorgio Gori, non risponde all'interrogazione, presentata in merito dal consigliere comunale orobico Filippo Bianchi, che definisce tale prolungato ed ingiustificato silenzio «un'omissione di atti d'ufficio»).UNPLANNED, LA VERA STORIA DI ABBY JOHNSON (2022)Passiamo al mondo dei media: inutile soffermarci sulla derisione, sullo scherno, sull'aggressione, sull'ostilità, di cui nei talk show ed in molti programmi "d'informazione" presunta sono oggetto e bersaglio la morale ed i valori cattolici, poiché gli esempi sono per quantità, qualità e frequenza tanto numerosi, da non necessitare nemmeno di spiegazioni: a chiunque, accendendo il televisore, sarà prima o poi capitato d'imbattersi in casi di questo tipo. Ma anche nel cinema, benché ambiente più composto ed ovattato, non sono un mistero le difficoltà incontrate da due pellicole in particolare ovvero la prima nel 2013, Cristiada, sulle violente persecuzioni patite negli Anni Venti del secolo scorso dai cattolici messicani a causa del governo anticlericale e massonico del presidente Plutarco Elías Calles e la seconda nel 2021, Unplanned, che racconta la vera storia di Abby Johnson, ex- dipendente di una delle cliniche della multinazionale Planned Parenthood, divenuta pro-life convinta dopo aver scoperto cosa realmente accada, al di là delle menzogne, durante un aborto. Entrambi i film, pur potendo contare su cast d'eccezione e sull'impatto emotivo di vicende autentiche, benché "scomode", sono state rifiutate, boicottate, ignorate in molti, troppi casi, nelle sale e sulla stampa. Ad Unplanned, oltre tutto, il Ministero dei Beni Culturali ha inflitto un'assurda censura, vietandone la visione ai minori di 14 anni, negli stessi giorni in cui al Festival di Venezia veniva premiata col Leone d'Oro una pellicola filo-abortista, assolutamente frutto di fantasia. A 14 anni, a quanto pare, in Italia si può abortire, ma non guardare un film, che spieghi cosa sia davvero l'aborto e quali le sue conseguenze.UNIVERSITARI PER LA VITA (2022)Venendo ai nostri giorni è possibile annoverare tra i fatti di (triste) cronaca la Sala della Promoteca in Campidoglio negata a fine ottobre ai promotori pro-family di un convegno sui temi della disforia di genere e della riassegnazione sessuale; la vile aggressione perpetrata lo scorso 20 ottobre da una ventina di membri del Collettivo femminista di Scienze Politiche dell'Università La Sapienza di Roma ai danni di cinque studenti dell'associazione Universitari per la Vita, "rei" soltanto di aver volantinato contro l'aborto nel piazzale antistante l'ingresso dell'Ateneo, peraltro con regolare autorizzazione della Questura (riprovevole episodio, che fa il bis con quanto avvenuto nell'ottobre del 2018 nella medesima Università); l'esclusione dell'associazione ProVita&Famiglia onlus dal Consiglio delle Donne di Bergamo, organo consultivo del consiglio comunale. La sua richiesta di adesione è stata bocciata con 11 no, 6 sì e 16 astensioni: un fatto senza precedenti, un esito fortemente voluto dalle Sinistre, una decisione «molto grave - come ha commentato Filippo Bianchi, consigliere comunale di Fratelli d'Italia - Il Consiglio delle Donne, presieduto e partecipato a maggioranza dalle Sinistre, si dimostra ancora una volta strumento politico di censura, che non tollera il confronto ed il pluralismo, ma soprattutto discriminatorio nei confronti dei soggetti e delle iniziative a difesa dei valori della vita e della famiglia». Già nel febbraio 2019, però, sempre a Bergamo, all'ultimo minuto, il Consiglio delle Donne con un solo voto in più (16 sì, 15 no, 1 astenuto) escluse il presidente di FederVita Lombardia, Paolo Picco, dal novero dei relatori al convegno «Nascere a Bergamo: presente e prospettive future» con una motivazione, a dir poco, discriminatoria e aberrante: per non rendere cioè «il Consiglio delle Donne ostaggio dell'azione di conservatori e anti-abortisti, portatori di una visione retrograda e svilente della donna e dei suoi diritti», come dichiarato dalle ultrafemministe di Non una di meno, sigla che peraltro non faceva nemmeno parte di detto organismo consultivo del consiglio comunale orobico, da cui si dimisero a quel punto, prendendone le distanze, molti membri, non condividendo più il modo di procedere, dichiaratamente ideologico.Patrocini e spazi negati, norme e regolamenti ignorati, manifesti strappati, eventi "silenziati", film censurati, boicottaggi, aggressioni, relatori "scomodi" cancellati, organismi pubblici vietati contro qualsiasi regola, zero copertura massmediatica... I casi sono due: o in Italia la democrazia è schiava di un'ideologia contraria alla vita, alla famiglia ed alla fede cattolica, il che sarebbe molto grave, configurando una situazione di dittatura de facto, di odio etico e religioso: oppure è la democrazia in quanto tale ad essere malata, avvelenata, corrotta dal cancro di un'ideologia onnipervasiva, il che sarebbe ancora più grave, ponendo un serio problema istituzionale. In entrambi i casi, possiamo davvero dire che in Italia morale, valori ed ideali cattolici non siano vittime di una persecuzione reale, sia pur fatta coi guanti di velluto (ovviamente rosso...)?