È un magazine di approfondimento dell’attualità politica, culturale, sociale. Interviene sulla stretta attualità di giornata, solo in casi particolari, di grande rilevanza. Dà spazio anche a tematiche di interesse pubblico o a quante vengono trascurate dai grandi media. Il taglio è storico–sociologi…
RSI - Radiotelevisione svizzera

«Non si può combattere seriamente la mafia se non c'è l'impegno generale dello Stato, senza delegare sistematicamente, caricare di aspettative una sola persona o solo un intero organo», diceva Paolo Borsellino in un'intervista alla RSI del 1987. Cinque anni dopo, il 19 luglio del 1992, a Palermo in via D'Amelio una Fiat 126 imbottita di tritolo viene fatta esplodere sotto la casa di sua madre. Muore il magistrato, muoiono gli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. In questa puntata di Laser incontriamo sua figlia, Fiammetta Borsellino, che è convinta, come il magistrato, che la lotta alla mafia debba partire dai giovani. A loro, in Italia e in Europa, lei racconta la storia di suo padre e la battaglia per la verità sulla strage di via D'Amelio dove c'è stato, secondo i giudici, «il più colossale depistaggio della storia d'Italia».Fiammetta Borsellino sarà ospite di un incontro organizzato dall'USI per le scuole ticinesi di quarta media e scuole superiori in programma giovedi 4 dicembre. Nel corso dell'incontro con gli studenti sarà proiettato il film Falcone e Bosellino, il fuoco della memoria. Ospite dell'incontro anche il prof. Costantino Visconti, titolare della cattedra di diritto penale all'Università di Palermo.undefined

® “L'origine delle specie” ha rivoluzionato il mondo della biologia, e il modo di studiare e di avvicinarsi alla scienza. Ma il saggio, pubblicato nel 1859, ha conosciuto una gestazione lunghissima, a causa della riluttanza dell'autore nel mettere le sue ricerche nero su bianco. E quando lo ha fatto, il suo lavoro è inizialmente passato inosservato. Il divulgatore scientifico David Quammen ripropone il suo fortunato “L'evoluzionista riluttante”, ritratto privato di Charles Darwin e la nascita della teoria dell'evoluzione, a vent'anni dalla prima pubblicazione (Raffaello Cortina editore). Una nuova traduzione e la prefazione del Prof. Telmo Pievani, per comprendere come quella figura, che ha riscritto la storia del mondo naturale che ci circonda, sia ancora oggi largamente incompresa. Non si può collocare Darwin al di fuori del suo tempo e della realtà vicino a lui. E' necessario comprendere dubbi, incertezze, ritrosie del naturalista ed esploratore britannico per posizionare davvero il suo pensiero nella giusta prospettiva.Prima emissione 13 giugno 2025

In Cina sono già una realtà quotidiana: le auto senza conducente attraversano metropoli dense di traffico, riconoscono pedoni, biciclette e semafori. Ora questi robotaxi stanno arrivando in Svizzera, dove l'innovazione procede a passo misurato e ogni tecnologia deve conquistare la fiducia del cittadino prima di entrare nella vita di tutti i giorni. Il colosso della tecnologia cinese Baidu porta i suoi taxi senza conducente dal caos organizzato delle metropoli cinesi alle strade ordinate e rurali della Svizzera orientale, portando con sé sfide, paure e opportunità. La diffusione dei robotaxi riaccende anche il dibattito sul futuro, tra scetticismo verso la sostituzione dell'uomo e fiducia nei benefici dell'innovazione.

®Dopo il suo approdo alla Casa Bianca Donald Trump non ha atteso molto per compiere atti politicamente clamorosi. Ha liquidato le iniziative promosse in vista dell'inclusione e ha rigettato la cultura dell'identità fluida. Tira aria di ritorno all'ordine e sono in molti a chiedersi quali ripercussioni avrà in Europa questo rifiuto della differenza, che era stata negli ultimi decenni la parola d'ordine delle battaglie delle forze progressiste. Qualcuno ritiene che proprio avere abbracciato le cause dell'identità fluida e del politicamente corretto abbia contribuito alla crisi delle sinistre. Nel corso della trasmissione ricostruiremo la crisi dell'universalismo che aveva caratterizzato le rivoluzioni sette-ottocentesche, con le battaglie borghesi per il popolo e quelle socialiste per le classi lavoratrici. Oggi anche questo ciclo sembra essere giunto al termine e l'elezione di Trump in America e il dilagante sovranismo in Europa annunciano forse una nuova stagione, in cui i diritti delle maggioranze riprenderanno quota.In questo Laser su una questione destinata a pesanti ricadute nella vita della società civile si confronteranno uno storico della società americana, un esperto di guerre culturali e una pedagogista che ha approfondito i temi della disabilità e dell'inclusione.Prima emissione: 6 marzo 2025.

Il reportage racconta il viaggio di due giornaliste al monastero e al villaggio di Santa Caterina, nel cuore della penisola del Sinai, luoghi sacri e remoti circondati da una forte spiritualità e complesse dinamiche sociali e politiche. Dopo vari tentativi falliti di parlare con i monaci, le due incontrano Ramadan, beduino custode delle chiavi del monastero, che spiega l'antica convivenza tra la tribù dei Jabaliya e i monaci greco-ortodossi. Il legale del monastero, Christos Kobiliris, rivela la recente sentenza che ha sottratto allo stesso una parte dei terreni, trasferendoli allo Stato egiziano e minacciando la sopravvivenza della comunità monastica. C'è il rischio che, per attirare soldi e turisti, il complesso sia trasformato in un museo. Il monastero è inoltre al centro del Grande Progetto di Trasfigurazione, un mega-piano edilizio lanciato dal governo alcuni anni fa che sta trasformando radicalmente la valle. Le autrici riescono, infine, a parlare con Padre Pavlos, un giovane monaco che descrive la vita spirituale del luogo. Nella valle adiacente incontrano anche Saeed e Abu Salem, beduini impegnati a preservare agricoltura e tradizioni minacciate dal cemento. Le nuove costruzioni devastano il paesaggio e mettono a rischio l'equilibrio tra monaci e beduini. Molti abitanti temono di essere lentamente espulsi da lì.

®In Myanmar, Paese strategico del sud est asiatico incastonato tra l'India e la Cina, è in corso un conflitto civile che in tre anni ha provocato oltre 55mila vittime e più di 2,6 milioni di sfollati. Conflitto che non si è fermato nemmeno con il devastante terremoto che ha interessato il paese.La guerra è esplosa dopo che il primo febbraio del 2021 i militari birmani hanno preso il potere con un colpo di stato instaurando uno dei regimi più brutali e repressivi del nostro presente, interrompendo la breve vita della democrazia che, seppur imperfetta, ha permesso alle nuove generazioni di aprirsi al mondo e comprendere il significato di parole come libertà e diritti. In questo momento il conflitto in Myanmar vede da un lato le forze della giunta, supportate da Mosca, Pechino e Nuova Dehli e dall'altro quella della resistenza, che hanno il controllo di oltre il 50% del Paese, composte principalmente da giovani che hanno lasciato le città, abbandonando le loro vite, e si sono recati sulle montagne dove hanno iniziato una lotta contro la dittatura con l'obiettivo di abbattere l'esecutivo dei militari e ripristinare il governo democraticamente eletto che era in carica prima del golpe. Oltre il 75% dei 55 milioni di birmani vivono oggi in condizioni di disagio economico, con 13,3 milioni di individui prossimi alla fame. Il Myanmar, dopo il colpo di stato, è divenuto uno degli stati più inaccessibili al mondo per la stampa e il solo modo per poter andare a raccontare la lotta per la democrazia della gioventù birmana, è farlo clandestinamente, attraversando la giungla che separa la Birmania dalla Thailandia e testimoniare una guerra lontana dai riflettori dei media.Prima emissione: 01.04.205

La guerra nel Corno d'Africa è passata sul corpo delle donne, una storia di violenza raccontata della fotografa italiana Cinzia Canneri, premiata nell'ultima edizione del World Press Photo.Negli ultimi 30 anni centinaia di migliaia di persone sono fuggite dall'Eritrea nel tentativo di raggiungere, soprattutto, l'Europa. Fuggono da dittatura, detenzioni arbitrarie e sparizioni forzate diffuse e sistematiche, da un governo che impone un servizio militare obbligatorio a tempo indeterminato, anche alle donne. Una vera diaspora secondo Siid Negash, attivista eritreo, portavoce della Ong “Eritrea Democratica”, che combatte contro la violazione dei diritti umani in Eritrea. Donne che fuggono, con i figli, dalle violenze che sono proseguite nonostante l'accordo di cessazione delle ostilità firmato nel 2022. Una storia di impunità a cui si è opposta l'attivista etiope per i diritti delle donne e musicista Meseret Hadush, originaria del Tigray che nel 2023 ha fondato la l'Ong Hiwyet che si batte per perseguire i responsabili delle violenze.

Nel nord della Tanzania, la tutela della natura si è trasformata in una macchina di espulsione. Sotto la bandiera della “conservazione ambientale”, lo Stato ha riclassificato vaste aree abitate dai Maasai — come l'area di conservazione di Ngorongoro e le nuove riserve di Pololeti e del lago Natron — in territori dove ogni attività umana è vietata, ma dove prosperano la caccia al trofeo e il turismo di lusso.Il reportage frutto di una lunga inchiesta ricostruisce come il sistema di conservazione tanzaniano sia diventato un laboratorio di controllo territoriale e speculazione economica. Analizzando piani governativi, politiche di riclassificazione fondiaria e concessioni legate a investitori del Golfo e a fondi europei, il reportage rivela un modello in cui la protezione dell'ambiente e l'interesse commerciale si sovrappongono.Attraverso testimonianze sul campo, immagini satellitari, documenti ufficiali e atti riservati, emerge un sistema opaco di governance che, in nome della natura, produce esclusione, sfratti e violazioni dei diritti umani. Le nuove restrizioni nel Ngorongoro e la creazione di riserve come Pololeti o Natron diventano così strumenti per liberare territori destinati al turismo d'élite e alla caccia sportiva, espellendo le comunità che li abitano da secoli.Questo reportage radiofonico è frutto di un'inchiesta realizzata in collaborazione con FADA Collective e Placemarks, con il sostegno del Pulitzer Center on Crisis Reporting e dell'IJ4EU – Investigative Journalism for Europe.

Il governo spagnolo guidato da Pedro Sanchez ha dato il via al programma di eventi destinati a celebrare il ritorno della libertà nel paese, arrivata alla morte di Francisco Franco, il 20 novembre del 1975. Oltre 200 iniziative per festeggiare i 50 anni di libertà in una Spagna, che poi vedrà arrivare la democrazia, solo alla fine del 1978, con il varo della Costituzione. Ma in questi 50 anni dalla morte, il fantasma del Caudillo continua ad agitare la politica e le famiglie delle vittime di rappresaglie e repressione. Malgrado l'introduzione della legge sulla Memoria Democratica, sostenuta dai governo socialisti, i conti con le ferite del passato sono ancora aperti. L'avanzata delle destre (tra Vox e PP) in alcune comunità autonome, bloccano il lavoro sulla memoria. Il silenzio cala sulle atrocità commesse dal regime, guidato da un generale che ha esercitato il potere dittatoriale fino alla fine, comprese le cinque condanne a morte firmate due mesi prima di morire. Il paese è disseminato da fosse comuni con migliaia di corpi di persone morte nella Guerra Civile o uccise nelle rappresaglie del regime. Sepolti anonimamente e mai identificati. Una sofferenza ancora viva per migliaia di famiglie, parenti delle vittime. A raccontarlo ai nostri microfoni Antonio Ayala e Mariluz Ferrero, dell'Associazione Montañas de Libertad di Barcellona. Fondamentale però nella Spagna di oggi, anche l'impegno degli storici nella ricostruzione del passato sotto la dittatura come il lavoro di Queralt Solé, professoressa di storia contemporanea dell'Università di Barcellona; di Xavier Menéndez i Pablo, direttore generale del Programma Memoria Democratica di Barcellona e di Jordi Oliva, in prima linea da trent'anni nelle indagini sulle fosse comuni in Catalogna.

®Per lungo tempo, le antiche meraviglie della Siria hanno attirato studiosi e archeologi occidentali, intenzionati a dare lustro a monumenti risalenti a civiltà, da cui si vantavano di risalire. Poi è arrivata la guerra. Bombe, proiettili e le mani spietate dell'ISIS hanno distrutto siti, statue e manufatti secolari. È stato in quel momento che Maamoun Abdulkarim, ex Direttore generale per le antichità e i musei, nonostante gli immensi pericoli e le pesanti accuse di collaborare con il regime, decise di rimanere in Siria, per provare a salvare centinaia di migliaia di manufatti a rischio, sparsi per tutto il Paese. L'8 dicembre 2024 le forze di opposizione hanno liberato la Siria dalla dittatura e da allora il popolo siriano sta cautamente cercando di dare risposte nuove a domande centrali per la propria identità. Un quesito che aleggia ovunque è: il patrimonio culturale può essere solo pietre e rovine? O è qualcosa di più?Eva Ziedan, ex archeologa, ricercatrice e attivista, sostiene che la vera eredità della Siria risieda nelle conoscenze tramandate e nella saggezza popolare. La giornalista Zeina Shahla le fa eco, documentando le tante storie comuni a comunità diverse che il regime e la guerra hanno provato in tutti i modi ad allontanare. Così, mentre la Siria lotta per ridefinire sé stessa, il suo passato non è più una reliquia ma un campo di battaglia per l'identità, la memoria e il futuro.Prima emissione: 28 marzo 2025.

®Inattitudine alla vita militare, scelte errate dei comandanti, traumi psicologici, impossibilità di dimettersi dall'esercito. Più la guerra va avanti, più il fenomeno delle diserzioni in Ucraina diventa una questione pubblica. Serhii Hnezdilov è uno di loro. Dopo cinque anni di permanenza nell'esercito, dichiara pubblicamente la sua diserzione. Nel giugno 2014 il Parlamento ucraino ha fatto una legge per regolare e comprendere questo fenomeno e favorire il rientro volontario di chi ha in precedenza disertato. Un viaggio nel cuore di una questione complessa e delicata. L'obiettivo è capire quali sono le motivazioni, le paure e le disillusioni che possono portare un uomo a voltare le spalle alla propria patria in un momento così critico.Prima emissione: 5 marzo 2025 undefined

Mentre a Londra il Victoria and Albert Museum ha deciso di aprire al pubblico il suo stesso magazzino, che è così diventato una sorta di museo nel museo, a Parigi il Centre Pompidou rimarrà chiuso per cinque anni per restauri, pur cercando di far vivere la sua collezione fuori dalle sue storiche mura. Due opposte storie che portano alla ribalta il futuro degli spazi museali. Non è solo una questione di luoghi però: in questi anni spesso i musei hanno raccontato con nuovi sguardi il nostro passato artistico, storico e culturale, ma oggi c'è chi li accusa di essere troppo politicizzati.Ma qual è allora il ruolo dei musei? Ne parlano Alessandra Quarto, direttrice del Museo Poldi Pezzoli di Milano, Simone Verde, storico dell'arte e direttore degli Uffizi di Firenze, e Chus Martinez, direttrice dell' Institute Art Gender Nature di Basilea nonché membro del CIMAM, network globale di esperti di arte moderna e contemporanea.

L'Oceano artico rischia l'infarto. Sul tetto del mondo, nei pressi del Polo Nord, dove il mare è congelato per buona parte dell'anno, c'è uno specchio d'acqua grande come l'Austria che rimane sempre aperto. Il nome scientifico è North Water Polynya ed è considerato il cuore dell'artico perché produce ghiaccio, smuove grandi masse d'acqua che alimentano le correnti marine globali e funziona come una specie di oasi in un deserto glaciale: è qui che i grandi mammiferi artici come i narvali, gli orsi e i trichechi si radunano per respirare e mangiare, permettendo all'uomo di sopravvivere della loro caccia. A queste latitudini, però, i cambiamenti climatici sono accelerati e stanno alterando le condizioni che hanno permesso alla polynya di fiorire per secoli, mettendo a rischio l'equilibrio del suo ecosistema e minacciando le comunità Inuit che vivono ai margini. Laser ha visitato Qaanaaq, in Groenlandia, uno degli insediamenti più a nord della terra affacciato sulla North Water Polynya, per scoprire gli effetti di questo collasso. Perché l'Artico è il campanello d'allarme del Pianeta: il riscaldamento a quelle latitudini è quattro più veloce che altrove. Osservare quello che accade lì oggi, aiuta a prevedere ciò che avverrà nel resto del mondo domani. E fa capire ancora una volta l'urgenza di agire per mitigare gli effetti dei cambiamenti che verranno.Documentario realizzato grazie a Arctic Times Project, organizzazione no-profit che promuove progetti di giornalismo nell'Artico.

C'è anche la Svizzera quando i cinesi si mettono a tavola. Certo, dalla zuppa di pinne di pescecane ai video virali sul “cibo strano”, l'immaginario occidentale sulla cucina cinese resta ancora pieno di cliché. Ma dietro gli stereotipi si nasconde un mondo culinario sorprendente, ricco e in continua evoluzione. Le otto grandi cucine regionali e l'infinita varietà di ingredienti, piatti e ricette non hanno nulla a che vedere con l'idea di riso in bianco e insetti fritti. In Cina, cucinare e mangiare sono riti sacri, di rispetto per la tradizione di famiglia e per il piacere della condivisione. E oggi, tra globalizzazione, viaggi, social media e la curiosità delle nuove generazioni, le abitudini alimentari dei cinesi si sono ampliate e spaziano dall'Asia fino al resto del mondo. La chef confederata Michaela Frank lo ha vissuto in prima persona, portando un assaggio della sua cucina svizzera a Pechino.

®Questo reportage racconta la drammatica realtà delle donne congolesi impiegate nel settore minerario artigianale, in un Paese segnato da guerre, sfruttamento e profonde disuguaglianze di genere.Nel Nord e Sud Kivu, regioni ricche di minerali preziosi, il gruppo armato M23 ha preso il controllo di importanti città, mentre il settore minerario continua a essere teatro di abusi. Dopo la chiusura della compagnia nazionale SOMINKI nel 1996, molte donne sono entrate nel settore artigianale, svolgendo lavori durissimi e pericolosi, spesso senza alternative.Tra queste c'è Furaha Myamungo, una “mama twangaise” di Kamituga, che racconta le condizioni disumane del lavoro: giornate interminabili, discriminazione, malattie respiratorie e HIV contratti per la polvere di quarzo e la miseria che spinge alla prostituzione.Nonostante tutto, emergono storie di resistenza e cambiamento. Emilienne Intongwa, minatrice e vedova, è riuscita a ottenere un proprio sito minerario e ha fondato l'associazione KOKA per tutelare le lavoratrici. Angelique Nyirasafari, ex operatrice umanitaria, è oggi una delle poche donne membro attivo di una cooperativa mineraria, impegnata a dare più diritti alle minatrici.Sebbene il sistema sia ancora profondamente maschilista e corrotto, mostra anche segnali di una lenta emancipazione femminile, fondamentale per cambiare il volto dell'industria mineraria in Congo.Prima emissione: 04 aprile 2025.

®Quale il ruolo della letteratura russa nella realtà ucraina? In un momento in cui la nazione ucraina cerca di ritagliarsi una identità nazionale attraverso la lingua e la riscoperta di grandi autori e poeti poco conosciuti durante la presenza sovietica, la scrittrice ucraina Jevhenija Kononenko (membro dell'associazione degli scrittori ucraini e assistente di ricerca presso l'Ukrainian Center for Cultural Studies) ci racconta una realtà molto più complessa, in cui la letteratura russa è ancora parte integrante della realtà letteraria e sociale della nazione.Certo, l'ucraino è una realtà ben radicata, sul territorio e nel mondo della cutlura, ma non si può dimenticare il ruolo che l'altro idioma, quello russo, e l'altra letteratura, quella di Pushkin ad esempio, hanno avuto ed ancora hanno nella realtà ucraina. La Kononenko crea un personaggio sulle impronte proprio di Pushkin, ridando vita al protagonista di un suo racconto di grande successo e “trapiantandolo” nella nostra epoca. A dispetto del titolo (Una storia russa) il romanzo è decisamente ucraino, un invito a comprendere la realtà ucraina attraverso la letteratura e i grandi classici che ancora oggi fanno parte della nostra vita.Con Jevhenija Kononenko, scrittrice, e Alessandro Achilli, traduttore del lavoro e Professore associato di slavistica all'Università di Cagliari.Prima emissione: 11 settembre 2025.

La grammatica è glamour (anche etimologicamente, come scopriremo) e fa magie, crea mondi, ci rende liberi. La grammatica non è un'arida e fissa sequenza di regole, ma è l'arte di dire le cose giuste al momento giusto: saper padroneggiare una lingua vuol dire saper esprimersi in tanti modi diversi, quanti sono i contesti in cui ci troviamo. Perché in questione c'è l'efficacia comunicativa. Il mago delle parole è il titolo di un saggio, recentemente uscito da Einaudi, del linguista Giuseppe Antonelli: con lui parleremo di questa magia, riflettendo anche su come le parole e le modalità con cui le usiamo si siano trasformate nell'epoca che stiamo vivendo.

I data center non sono più semplici fabbriche di dati: sono titani affamati di energia, capaci di consumare quanto una città di milioni di abitanti.Ma quanto possiamo davvero permetterci queste infrastrutture? E quali strategie stanno nascendo per contenere i consumi di elettricità e acqua, dalle soluzioni di raffreddamento a liquido al riciclo del calore per riscaldare quartieri interi, fino ai micro-reattori nucleari già progettati negli Stati Uniti?In questo approfondimento ne discutiamo con Marina Natalucci, direttrice degli Osservatori Data Center e Cloud del Politecnico di Milano, che racconta la sfida europea della sostenibilità; con Nicola Moresi, imprenditore ticinese che ha costruito il primo data center pubblico in Svizzera e conosce da dentro le sfide energetiche quotidiane; con Sergio Milesi, presidente della Swiss Data Center Association, impegnato a promuovere il riuso del calore e nuovi standard di efficienza; e con Marco Bettiol, professore dell'Università di Padova, che studia i costi nascosti del digitale, dalle emissioni indirette all'impatto delle filiere hardware. Titani Affamati di Energia racconta il lato invisibile ma decisivo della rivoluzione digitale: senza energia, l'intelligenza artificiale non esiste.

®In Europa le confraternite religiose sono trentamila, con sei milioni di confratelli; e diverse hanno sede anche nel nostro cantone, per esempio ben quattro a Lugano. Le confraternite alternano fini religiosi, assistenziali e caritativi attraverso la preghiera pubblica, le opere di misericordia, la penitenza; molte, come le Misericordie toscane, offrono assistenza ai poveri, agli ammalati, ai moribondi, ai pellegrini.L'abito, di solito una semplice sopraveste di vario colore, è parte essenziale nella vita della confraternita. Da un lato esprime l'appartenenza collettiva, dall'altro nasconde sotto al cappuccio l'identità del singolo confratello, perché non possa prendersi merito delle opere di bene compiute. E proprio gli abiti storici delle confraternite sono esposti nella mostra Habitus Fidei, allestita nel Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi a Pisa (in seguito la mostra approderà a Lucca e infine a Lugano, a Villa Ciani, in novembre). Il due curatori, Alessandro Tosi e Lorenzo Cantoni, approfondiscono i contenuti della mostra e il retroterra teologico che la sostiene; intervengono anche Gian Paolo Vigo, Priore della Confraternita della Santissima Trinità e San Giovanni Battista di Serravalle Scrivia (Alessandria) e la stilista Cinzia Moresi.Prima emissione: 9 luglio 2025.

Il GEM è stato ufficialmente inaugurato. Dopo anni di difficoltà incontrate durante la sua costruzione, il presidente egiziano Al Sisi l'ha presentato al mondo in una grande cerimonia. La collezione degli artefatti esposti è imponente, e ha un ospite di eccezione: il tesoro di Tutankhamon. Questa inaugurazione ci porta nuovamente a riflettere su quanto l'Egitto e il mondo siano intrecciati, per motivi economici ma anche per l'eredità di un passato colonialista...che tanto passato non è.Quali sono, inoltre, le aspettative che il governo ripone in questa nuova opera? Quanto spazio lascia all'importanza della ricerca archeologica? Il museo che tutti aspettavano è l'inizio di un nuovo capitolo per il paese e un passo in più nella corsa a imporsi nel panorama geopolitico internazionale.

®Il collega Gianluca Diana ha vinto il prestigioso premio giornalistico internazionale Marco Luchetta, nella sezione dedicata ai programmi radiofonici. Il concorso premia lavori dedicati alla tematica delle violenze e delle sopraffazioni sui bambini. La preparazione artigianale del sapone è una tradizione di lunga data in Sierra Leone. Ad inizio anni Novanta viene abbandonata la vecchia ricetta che prevedeva l'utilizzo di ingredienti naturali in favore dell'utilizzo della soda caustica. Nasce in quel momento l'Africana Soap che allo stato liquido si presenta trasparente come l'acqua e in quello solido, sotto forma di polvere bianca, esattamente uguale a zucchero e sale. La possibilità di essere confuso è un rischio concreto che progressivamente diviene una vera e propria piaga sociale. Ad oggi, sono migliaia le persone che ingerendo l'Africana Soap, non possono più alimentarsi normalmente per il resto della vita. Soprattutto i piccoli pazienti in età neonatale e infantile, che vengono chiamati “bambini soda”. Per continuare a mangiare, nel migliore dei casi sono costretti a continue dilatazioni dell'esofago per via endoscopica, nel peggiore e più frequente, possono alimentarsi unicamente con un tubo da gastrostomia che si immette direttamente nello stomaco. L'unico luogo dell'intero paese dove è possibile intervenire è l'ospedale di Emergency di Goderich, centro nazionale di riferimento sia per le ustioni all'esofago causate dall'ingestione di soda caustica che per la traumatologia. Le storie dell'Africana Soap dalla realizzazione alla vendita, dalla cura all'assistenza, dallo stigma della disabilità fino ad una geniale resilienza, sono raccontate da donne e uomini sia fuori che dentro il nosocomio presente in Sierra Leone dal 2001.Prima emissione: 23 aprile 2025undefined

Che sia la scatola dei “Giochi riuniti” che allietava le riunioni famigliari negli anni Settanta, che siano le miriadi di Board Games contemporanei, che siano i grandi classici del Novecento come Monopoli o Scarabeo, i giochi da tavolo non conoscono tramonto, così come le carte, nelle versioni tradizionali o in quelle di mazzi cumulabili, come Pokemon o Magic. Si gioca dagli albori dell'umanità, non se ne può fare a meno, perché, come molti filosofi hanno sottolineato, giocare riguarda l'apprendimento, la relazione con l'altro, la creatività, la costruzione di sé. I giochi rispecchiano la cultura di un'epoca e al contempo contribuiscono a plasmarla: la storia del gioco riguarda la politica, l'etica, l'immaginario collettivo. In Svizzera, a La-Tour-de-Peilz, nel Canton Vaud, c'è un museo dedicato alla storia culturale del gioco, il Museo Svizzero del gioco : vi invitiamo a visitarlo, in compagnia del suo direttore, Selim Krichane.E da poco è uscito un bel saggio che ripercorre i giochi più iconici del Novecento: Un secolo di giochi (Edizioni Carocci), scritto da Andrea Angiolino, uno dei più importanti esperti del mondo ludico. Anche Andrea Angiolino sarà ospite di questa puntata.

Un tavolino di legno apparecchiato. Due posti, uno in fronte all'altro. Quella sera del 1° novembre 1975, verso le 23, uno solo mangiò: Giuseppe Pino Pelosi, 17 anni. Qualche ora più tardi fu arrestato con l'accusa di aver ucciso Pier Paolo Pasolini, che fu ritrovato il giorno dopo all'Idroscalo di Ostia con la testa fracassata.Nel 50esimo dalla morte dell'intellettuale, scrittore, poeta, regista, bolognese di nascita e romano d'adozione, Francesca Torrani è tornata al Biondo Tevere, la trattoria che Pasolini frequentava e da cui passò anche quell'ultima sera. Nel ristorante c'è ancora il tavolo a cui Pasolini sedette, e dove consumò solo una birra, aspettando che Pelosi terminasse il suo pasto. L'oste di adesso, Roberto Panzironi, nel 1975 aveva 18 anni e già lavorava ai tavoli. A servire però c'era suo padre, in cucina sua madre. Racconta cosa avvenne, cosa mangiò Pelosi, e ricorda di quando - in quegli anni - al Biondo Tevere ci andavano, oltre a Pasolini, Alberto Moravia, Elsa Morante, Dario Bellezza. Pezzi di storia lungo la via Ostiense.

Alla vigilia del 50esimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, torniamo nelle periferie romane.La “Città eterna” è fatta anche delle sue periferie, nate ai bordi della città ma oggi al centro di tante storie di resistenza e rinascita.Il Quarticciolo, costruito negli anni quaranta del secolo scorso come borgata popolare, resta un luogo simbolo di vita comunitaria e orgoglio di quartiere.Bastogi, con le sue case popolari sorte negli anni Ottanta, racconta invece la fatica e la solidarietà di chi vive ai margini di una metropoli in continua trasformazione.Il Corviale, il celebre “Serpentone” lungo un chilometro, fu progettato come città nella città, ma divenne presto sinonimo di isolamento e disagio, oggi al centro di progetti di rigenerazione urbana.E poi c'è Garbatella, nata un secolo fa come borgata giardino per gli operai e oggi divenuta quartiere alla moda, senza mai perdere la sua anima popolare.Dalle periferie storiche a quelle contemporanee, Roma continua a raccontarsi attraverso i suoi margini: luoghi difficili, ma vivi, dove la città ritrova la propria umanità.

È stata la meta di centinaia e centinaia di pittrici e pittori tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. Artisti provenienti da tutto il mondo, alcuni dimenticati altri diventati famosissimi. L'hotel Spaander a Volendam, nel Paesi Bassi, li ha accolti e ha consentito loro di utilizzare questo villaggio di pescatori, a pochi chilometri da Amsterdam, come ispirazione per dipinti che hanno segnato la storia mondiale dell'arte.Lo scrittore olandese Jan Brokken ci aiuta a scoprire questo hotel e chi vi ha soggiornato. Ogni cliente ha lasciato storie e ricordi unici, ha contribuito a dare una identità irripetibile al piccolo centro e alla sua gente. E l'autore ci guida lungo le strade, le stanze, i protagonisti, trasformando le pagine in un museo originale e avvincente.

Spesso quando perdiamo una persona cara sono le piccole cose a mancarci: la voce, il profumo, la risata. In certi casi però vorremmo solo poter parlare ancora una volta con chi ci ha lasciato, raccontare quel che ci è successo, condividere un poco di quotidianità. A Milano è nata la cassetta della posta per scrivere a chi non c'è più. Un'iniziativa molto speciale: una cassetta della posta per scrivere lettere ai defunti. Si chiama “Alstones” ed è stata ideata dalla psicologa e psicoterapeuta Maria Ferraro Bianchi. Con lei e con Martino Gozzi, scrittore e direttore didattico della Scuola Holden, parliamo dell'importanza della scrittura per risolvere dei traumi e di come nella nostra società parlare di morte sia ancora tabù e, spesso, il lutto rimane qualcosa di non affrontato.

®Da quasi quindici anni la Confederazione domina le classifiche mondiali dei paesi più innovativi. Una leadership conquistata grazie all'impegno di università, centri di ricerca e politecnici, in grado di attirare anche talenti che arrivano dall'estero. L'identità nazionale passa anche e soprattutto attraverso la capacità di presentare al mondo questa attitudine, e il padiglione svizzero all'esposizione universale di Osaka valorizza appieno lo spirito innovativo che contraddistingue la Svizzera. undefinedLASER porta l'ascoltatore a visitare il padiglione svizzero, intitolato “da Heidi all'Hi-Tech”, nel quale è presente in modo importante anche l'Università della Svizzera italiana. Quella di Osaka 2025 è un'edizione dell'esposizione universale di grande successo, per numero di paesi presenti (quasi 160) e di pubblico. Per visitare alcuni padiglioni è necessario aspettare in coda diverse ore. Il record di nove ore di attesa è detenuto dal padiglione che ospita l'Italia.Prima emissione: 31 luglio 2025undefined

® La promozione della cultura ha dei costi importanti, ma rappresenta anche un investimento sociale a lungo termine con importanti ricadute economiche sul territorio locale e regionale, come dimostrano i casi di Basilea, la città dei musei, e di Bienne, città bilingue e di frontiera. Sostenere la cultura significa gestire molteplici ambiti, dalla creazione artistica alla tutela del patrimonio, dal finanziamento di manifestazioni musicali alle di biblioteche multiculturali di quartiere. Quali criteri adottare per coniugare accessibilità, qualità e resa economica? Come trovare fondi? Abbiamo scoperto progetti pionieristici e modelli sperimentali per far vivere, anche in epoca di tagli ai bilanci della cultura, un settore necessario forse tanto più oggi, in un momento storico in cui sembriamo aver perso la capacità di confronto. Gli ospiti di Laser sono la direttrice del Dipartimento cultura di Basilea Città Katrin Grögel, il delegato alla cultura della città di Bienne Valentin Grosjean e il direttore dell'Antikenmuseum di Basilea Andrea Bignasca.Prima emissione: 22 agosto 2025

®Dormiamo sempre meno e sempre peggio. Non è una semplice percezione, a indicarlo con certezza sono i dati: secondo l'indagine sulla salute in Svizzera 1997-2022, nell'arco di venticinque anni i disturbi del sonno di media entità e quelli patologici sono aumentati del 5%, e a soffrire di insonnia è ormai uno svizzero su tre. Un problema che colpisce anche i giovani, confrontati con livelli sempre maggiori di ansia. Ma come mai si sta verificando quella che gli esperti definiscono una “riduzione del sonno globale”? Ha a che fare con quelle luci azzurre che ciascuno di noi porta in tasca, e che può accendere non appena viene colto da un risveglio notturno? O con lo spirito performativo della nostra società? E soprattutto: cosa si può fare davvero per curare un disturbo del sonno? Diario personale - semiserio ma mai serioso - di due giornaliste che si sono messe alla prova. Con Anna Castelnovo, capoclinica in medicina del sonno all'EOC, e con Mauro Manconi, viceprimario del servizio di medicina del sonno dell'Istituto di Neuroscienze cliniche della Svizzera italiana.Prima emissione 15 aprile 2025

®La famiglia dei compositori Strauss – Johann Strauss padre, Johann Strauss figlio, Josef e Eduard – ha dominato l'Ottocento viennese ed è riuscita poi a conquistare il mondo, grazie anche al Concerto di Capodanno, che dal Musikverein di Vienna ogni primo gennaio raggiunge milioni di appassionati.Soprattutto Johann Strauss figlio ci ha lasciato centinaia di opere di successo, prime fra tutte il valzer Sul bel Danubio blu e l'operetta Il Pipistrello. Ma chi era quel figlio d'arte, nato nel 1825 e morto nel 1899? E com'era la Vienna del suo tempo? Come fu che il valzer diventò uno dei balli più amati? E quali sono gli ingredienti alla base della sua fama, che già ai suoi tempi era internazionale?Nell'anno del bicentenario della nascita di Johann Strauss figlio, che a Vienna vede un gran numero di eventi a lui dedicati, Flavia Foradini si è messa sulle sue tracce. Con l'aiuto del musicologo Thomas Aigner, della storica Lisa Noggler-Gürtler e della divulgatrice Clara Kaufmann delinea lo sfondo storico della capitale asburgica nel diciannovesimo secolo, da cui emerse il fenomeno Strauss, e disegna un ritratto di un artista che seppe essere un'icona della musica viennese e una vera e propria popstar ante litteram.Prima emissione: 22 maggio 2025undefined

®La famiglia dei compositori Strauss – Johann Strauss padre, Johann Strauss figlio, Josef e Eduard – ha dominato l'Ottocento viennese ed è riuscita poi a conquistare il mondo, grazie anche al Concerto di Capodanno, che dal Musikverein di Vienna ogni primo gennaio raggiunge milioni di appassionati.Soprattutto Johann Strauss figlio ci ha lasciato centinaia di opere di successo, prime fra tutte il valzer Sul bel Danubio blu e l'operetta Il Pipistrello. Ma chi era quel figlio d'arte, nato nel 1825 e morto nel 1899? E com'era la Vienna del suo tempo? Come fu che il valzer diventò uno dei balli più amati? E quali sono gli ingredienti alla base della sua fama, che già ai suoi tempi era internazionale?Nell'anno del bicentenario della nascita di Johann Strauss figlio, che a Vienna vede un gran numero di eventi a lui dedicati, Flavia Foradini si è messa sulle sue tracce. Con l'aiuto del musicologo Thomas Aigner, della storica Lisa Noggler-Gürtler e della divulgatrice Clara Kaufmann delinea lo sfondo storico della capitale asburgica nel diciannovesimo secolo, da cui emerse il fenomeno Strauss, e disegna un ritratto di un artista che seppe essere un'icona della musica viennese e una vera e propria popstar ante litteram.Prima emissione: 21 maggio 2025undefined

® Laser ripropone il lavoro di Barbara Camplani che il 19 ottobre 2025, si è aggiudicato il prestigioso premio internazionale di giornalismo “Carla Agustoni”, premio dedicato ai prodotti giornalistici che si occupano di impegno civile e diritti umani.L'attivista basilese Bruno Manser è stato il primo a dare voce alla foresta pluviale del Borneo – tra le più antiche e biodiverse al mondo – e al popolo indigeno dei Penan, che per millenni l'ha abitata. Nato nel 1954 a Basilea, Bruno Manser visse per sei anni nella foresta del Sarawak, in Malaysia, insieme a una comunità Penan (1984-1990), aderendo alla loro lotta per proteggere le loro terre, vittime di una deforestazione selvaggia. Dichiarato nemico pubblico dal governo malaisiano che aveva posto una taglia sulla sua testa, negli anni Novanta Bruno Manser tornò in Svizzera, dove svolse un grande lavoro di sensibilizzazione sulla sorte dei Penan e sul commercio dei legni tropicali, dai vertici della politica del nuovo mondo globalizzato alla popolazione: scolaresche, forestali, operatori ed operatrici ambientali.Nel 2000 è disperso nel Sarawak.undefinedA 25 anni dalla sua scomparsa, ripercorriamo tracce e impronte del suo straordinario cammino con coloro che lo hanno conosciuto, stimato e che portano avanti lo stesso impegno: Pia Giorgetti, educatrice ambientale e responsabile della mediazione culturale del Museo cantonale di storia naturale di Lugano; Lukas Straumann, direttore della Bruno Manser Fonds di Basilea, e Antonio Cassina, co-fondatore e già presidente dell'associazione Capriasca Ambiente.Con la voce di Bruno Manser, in un'intervista di archivio della RSI del 1998, e la gentile concessione dei suoni e delle voci della foresta registrate da Bruno Manser e conservate dalla Bruno Manser Fonds. Montaggio e sound design di Davide PerucconiPrima emissione 20 giugno 2025, vincitore del premio “Carla Agustoni”

®I campi profughi saharawi, rintracciabili nei pressi di Tindouf, nel sud-ovest dell'Algeria, sono sull'orlo di una crisi alimentare di dimensioni epocali. Causa scatenante è il conflitto Ucraina - Russia e gli esiti che da questo seguono: il blocco per mesi dell'invio di grano da Kiev e dintorni ed il conseguente rialzo dei prezzi sia delle merci che dei cereali, hanno impattato drammaticamente sulla fornitura di aiuti umanitari. L'impegno pluridecennale profuso dalla cooperazione internazionale che dal mercato ucraino si rifornisce, è messo alla dura prova. Lo status di insicurezza alimentare riguarda quasi il novanta percento dei rifugiati, drammatico è l'esito su minori, donne in gravidanza ed allattamento. Nel mentre gli stoccaggi delle derrate alimentare sono al lumicino, al punto tale che UNHCR, UNICEF e World Food Programme, hanno lanciato un grido di allarme ribadito anche dal segretario generale dell'ONU. A peggiorare la situazione incorre anche il carico dei rifugiati in fuga dai territori liberati del Western Sahara, a seguito della guerra ancora in corso tra Repubblica Araba Saharawi Democratica e Marocco. Cosa stia accadendo lo raccontano le voci dei profughi in viaggio e quella di Buhubeini Yahya, responsabile della ong Media Luna Roja Saharawi che si occupa della distribuzione degli aiuti alimentari negli accampamenti.Prima emissione: 21 febbraio 2023

Pochi giorni per organizzare una conferenza che avrebbe segnato i destini dell'Europa e della diplomazia. La conferenza di Locarno (che si concluse esattamente cento anni fa), riunì attorno ad un tavolo le nazioni vincitrici della prima guerra mondiale e la Germania, uscita sconfitta dal conflitto. L'idea era quella di ottenere un risultato migliore degli accordi di Versailles di sei anni prima, nei quali la Germania era stata umiliata, costretta a impossibili risarcimenti e alla demilitarizzazione di un'ampia parte del proprio territorio.undefinedLocarno fornì l'atmosfera giusta per dialogare, confrontarsi, comprendere le speranze e le esigenze di tutti i paesi coinvolti. Nel nome della pace e della prosperità del continente. La Svizzera non fu presente alla conferenza, come imposto dalla neutralità, ma l'esperienza di democrazia e confronto pacifico e costruttivo rossocrociato aiutò i partecipanti. Una lezione di generosità e di coraggio riconosciuta anche dal resto del mondo. Ai protagonisti di quell'esperienza fu infatti assegnato nel 1925 e nel 1926 il premio Nobel per la pace.undefinedCon il segretario generale del Consiglio d'Europa ed ex Consigliere federale Alain Berset, e gli storici Emilio Gentile e Maurizio Binaghi.

®Abbiamo perso la voglia di capire il mondo? Sembrerebbe di sì, almeno a giudicare dai tanti, troppi, confusi stimoli che piombano ogni giorno nelle vite di ciascuno di noi, strillati da social, titoli di giornali e notifiche del cellulare. Un'insalata di parole in cui la crisi economica viene raccontata (e scrollata velocemente) dopo l'ultimo tutorial di makeup, in cui gli influencer pretendono di spiegarci la vita e nemmeno i politici e le personalità che dovrebbero fungere da guida sembrano immuni dalla tendenza a spararla grossa. E forse in questo non c'è nulla di casuale: Paolo Guenzi, docente di marketing all'Università Bocconi di Milano, non ha nessun dubbio, la mala educazione è diventata un prodotto richiestissimo. E, a tal proposito, ha pubblicato un saggio, intitolato proprio Il marketing dell'ignoranza. Cosa comporta vivere in una società simile? Quali sono i virus a cui ci esponiamo, più o meno consapevolmente?E cosa pensa, di tutto questo, la maggiore imputata, ovvero la tecnologia - e nella fattispecie l'intelligenza artificiale? Una conversazione a più voci (umane e virtuali) su un tema di grande attualità, che deve farci rimanere vigili.Prima emissione 2 aprile 2025

Lo scrittore britannico Ken Follett ha tenuto domenica 12 ottobre un incontro pubblico al teatro Carcano di Milano. Davanti a mille spettatori ha presentato il suo nuovo romanzo Il cerchio dei giorni (Mondadori), dialogato con il saggista e giornalista Pier Luigi Vercesi e risposto alle domane rivolte dal pubblico.Laser ha avuto la possibilità di registrare la serata. Il cerchio dei giorni torna indietro nel tempo di quattro millenni, e si svolge nei pressi di Stonehenge. Uno dei manufatti più affascinanti e misteriosi diventa la quinta di un racconto avvincente e coinvolgente, dove la protagonista Joia, sacerdotessa, conduce lettrici e lettori in una realtà lontanissima nel tempo ma vicinissima a noi per le emozioni e le sensazioni che regala.Il pubblico ha ascoltato con attenzione le spiegazioni sull'origine del lavoro e le ragioni che hanno portato Ken Folett ad occuparsi di Stonehenge. E le domande che ancora oggi non trovano risposta da parte degli archeologi, trovano percorsi plausibili nella fantasia dello scrittore britannico.

®Da George Clooney a Barack Obama al più recente Pedro Pascal: i maschi con i capelli grigi sono percepiti come maturi e autorevoli, se non addirittura sexy. Nelle donne, invece, il capello grigio o bianco è ancora piuttosto un tabù, segno di un invecchiamento da nascondere il più a lungo possibile, grazie a tinture bionde, more o rosse e alla complicità (a pagamento) di un bravo parrucchiere. Eppure, soprattutto a partire dal covid, ci sono donne di 50 o 40 anni, o anche più giovani, che decidono di smettere di tingersi. Una scelta minoritaria e controcorrente rispetto ai canoni estetici e sociali vigenti, che ha dato vita anche a dei veri e propri movimenti sui social media, come #Grombre o #Grayhair.Quali sono le ragioni che animano queste donne? E come vivono, da grige, in un mondo in cui il capello bianco femminile costituisce ancora un'eccezione?A partire dall'intervista alla fotografa Ghislaine Heger, autrice della mostra fotografica Silver power. Des Romandes fières de leurs cheveux gris, andiamo a conoscere le storie di Bianca, Giulia, Patricia e Yasmina: quattro donne della Svizzera italiana con i capelli grigi.Prima emissione: 9 settembre 2025.

In occasione della Giornata mondiale della salute mentale.““Ti mandano a Mendrisio”, in Ticino, questa frase ha sempre avuto un significato preciso: essere ricoverati in psichiatria. Perché Mendrisio, più che una città, per molti ha voluto dire una clinica. Un luogo al confine, sospeso tra cura e reclusione. In questo podcast voglio raccontarvi la storia – o meglio, le storie – di questa istituzione. Una vicenda spesso rimossa, dimenticata. Una storia fatta di sofferenze e abusi. Ma c'è anche un'altra storia, che merita di essere raccontata. Quella delle trasformazioni, delle battaglie per i diritti, dei pazienti che diventano protagonisti, delle operatrici e degli operatori che hanno lottato per un'altra idea di psichiatria. È la storia di Casvegno. Una piccola, grande rivoluzione.Laser presenta una versione editata del primo episodio di un'audiofiction di sette puntate disponibili su www.rsi.ch/casvegno.Questo podcast è realizzato in occasione del 50° anniversario del Club ‘74, con il sostegno del Club ‘74, della Fondazione Svizzera per la Radio e la Cultura, di JournaFonds e dell'Associazione REC.Un podcast originale di Olmo Cerri, prodotto da Francesca Giorzi per la RSI Radiotelevisione svizzera. Sonorizzazione di Thomas Chiesa e musiche di Giovanni Bedetti.undefinedundefined

Nel prossimo fine settimana si conclude in Spagna la stagione delle corride. Tutto esaurito in tutte le arene, segno che ha ancora un forte seguito la tradizione della tauromachia, nella penisola iberica.Nel 2026 ricorre il centenario di Fiesta, Il sole sorge ancora, il romanzo che fece di Hemingway una superstar della letteratura americana e lanciò il mito dello scrittore aficionado di tori e toreri. A partire dalla sua passione per i tori, si sviluppa anche una immagine machista di Hemingway: lo scrittore appassionato di corride in Spagna, di caccia in Africa, di pesca a Cuba, reporter di guerra durante la guerra civile in Spagna e la seconda guerra mondiale in Francia.Ma dalla metà degli anni Ottanta, dopo la pubblicazione di Il Giardino dell'Eden e di nuove biografie, un nuovo filone di indagine si è sviluppato soprattutto negli Stati Uniti e soprattutto grazie a studiose donne, che hanno ribaltato sia la sua immagine misogina sia quella di macho. Oggi molti studi hemingwayani si concentrano sulle tematiche di fluidità di genere e queerness presenti in molti racconti e scritti. Questa nuova lettura è possibile anche con la tauromachia, al centro di Fiesta, il romanzo che ha contribuito alla fama mondiale dei Sanfermines, la fiesta di Pamplona.Questa puntata di Laser nasce da un intervento presentato alla XX Conferenza Internazionale della Hemingway Society a San Sebastián e Bilbao nel 2024, intitolato “A little death in the afternoon - Tauromachy and gender fluidity in The Sun Also Rises” (Una piccola morte nel pomeriggio - Tauromachia e fluidità di genere in Il sole sorge ancora), incentrato su una interpretazione del rito taurino secondo l'analisi dell'antropologo catalano Manuel Delgado e dello scrittore ed etnografo francese Michel Leiris, arricchita da conversazioni con il filosofo e ricercatore Rafael Sánchez-Mateos Paniagua e con la danzatrice Luz Arcas (La Phármaco), e dalla visione di Pomeriggi di Solitudine, il documentario del regista Albert Serra dedicato al torero peruviano Andrés Roca-Rey.Alla luce di questi riferimenti antropologici-psicoanalitici, i personaggi del romanzo appaiono impegnati in dinamiche dalla forte connotazione androgina e omo-erotica, in particolare il quadrilatero formato da Jake Barnes, il reporter ferito in guerra, Brett Ashley, la scandalosa protagonista femminile, il torero Pedro Romero e, naturalmente, il toro.

Se volevo vivere sotto pressione nascevo pentola è il titolo che i ragazzi di Sentieri Selvaggi hanno scelto per l'installazione performativa che debutta l'8 ottobre all'interno della programmazione del Festival Internazionale del Teatro di Lugano. Ma di quali Sentieri stiamo parlando, chi sono questi ragazzi, e soprattutto, perché si sono messi in gioco? Ce lo racconta con il Laser Cartoline dai Sentieri Selvaggi Valentina Grignoli, dando voce alle ragazze e ai ragazzi, a Camilla Parini, l'artista che li ha accompagnati durante questi nove mesi di creazione artistica e Paola Tripoli, la direttrice artistica del FIT che produce lo spettacolo.Sentieri Selvaggi è un progetto triennale del Festival che dà la parola ai più giovani, quelli che gridano e che nessuno ascolta e quelli che anche quando parlano nessuno li sente. Ogni anno un artista professionista cura come guida e tutor un gruppo di adolescenti, permettendo loro di mettere in forma artistica quel che ha da dire e di fare una reale esperienza di ricerca e processo creativo. Questo era il primo.Nel documentario le voci di Chiara, Linda, Alisina, Jayron, Mohammad, Katarina, Edy, Eleonora, Serena, Beatrice, Timmothy, Manila, Giulia e Arianna durante questi nove mesi. Ci sono i loro sogni, i canti, le ansie, le storie, i viaggi, i fallimenti e le speranze, insomma, i loro sentieri selvaggi. Nel loro essere poeticamente disordinate, armomiosamente stonate, accavallate, allegre e arrabbiate, queste voci raccontano anche che le diversità fanno sentire uguali, le paure forti, tanti soli fanno un grande insieme e la scrittura può gridare.Tutto nasce da una manciata di cartoline sparse su un tavolo, che riportano frasi scritte sui muri come Le monde est a vous nous!, o appunto Se volevo vivere sotto pressione nascevo pentola. Da qui in poi, il mondo è in mano ai ragazzi!Il progetto triennale Sentieri selvaggi è sostenuto da UFC Ufficio Federale della Cultura, Stanley Thomas Johnson Stiftung, Cornelius Knüpffer Stiftung, Fondazione Weak Ends e dal contributo annuale alla creazione artistica 2025 del Cantone Ticino, DECS/Fondo Swisslos.Lo spettacolo di quest'anno è realizzato anche in collaborazione con Istituto Sant'Anna di Lugano e ILI, Scuola di lingua e cultura italiana, sempre a Lugano.

Due anni fa un attacco del gruppo terroristico palestinese Hamas in Israele provocò la morte di 1'200 persone, in maggioranza civili. 250 persone vennero rapite e portate nella Striscia di Gaza. Con lo storico israeliano Ilan Pappé, autore di numerosi saggi sulla questione israelo-palestinese, tra cui “Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina dal 1882 ad oggi”, cercheremo di comprendere le conseguenze per Israele di quella vicenda, che ha segnato la storia del Medio Oriente come pochi altri eventi dalla fine del secondo conflitto mondiale.Pappé sottolinea la vulnerabilità della nazione, parla apertamente di crepe nella società e nelle fondamenta di Israele, e ripercorre la storia del paese e della regione. Una storia condivisa fatica ad essere scritta, e quindi anche la comprensione del ruolo che ogni comunità potrebbe e dovrebbe avere per trovare una soluzione alla realtà attuale. Lo storico riconosce gli errori dell'Europa del passato, che si trascinano ancora oggi. Alle ragioni umanitarie e del diritto internazionale si sostituiscono ragioni ideologiche e questo cambio di prospettiva non contribuisce certo alla ricerca di una visione per il futuro.Nel corso della puntata del 7 ottobre sarà presentato il nuovo libro dello storico: “La fine di Israele, il collasso del sionismo e la pace possibile in Palestina” (Fazi editore)undefined

Due anni fa un attacco del gruppo terroristico palestinese Hamas in Israele provocò la morte di 1'200 persone, in maggioranza civili. 250 persone vennero rapite e portate nella Striscia di Gaza. Con lo storico israeliano Ilan Pappé, autore di numerosi saggi sulla questione israelo-palestinese, tra cui “Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina dal 1882 ad oggi”, cercheremo di comprendere le conseguenze per Israele di quella vicenda, che ha segnato la storia del Medio Oriente come pochi altri eventi dalla fine del secondo conflitto mondiale.Pappé sottolinea la vulnerabilità della nazione, parla apertamente di crepe nella società e nelle fondamenta di Israele, e ripercorre la storia del paese e della regione. Una storia condivisa fatica ad essere scritta, e quindi anche la comprensione del ruolo che ogni comunità potrebbe e dovrebbe avere per trovare una soluzione alla realtà attuale. Lo storico riconosce gli errori dell'Europa del passato, che si trascinano ancora oggi. Alle ragioni umanitarie e del diritto internazionale si sostituiscono ragioni ideologiche e questo cambio di prospettiva non contribuisce certo alla ricerca di una visione per il futuro.Nel corso della puntata del 7 ottobre sarà presentato il nuovo libro dello storico: “La fine di Israele, il collasso del sionismo e la pace possibile in Palestina” (Fazi editore)undefined