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Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Stiamo seguendo, nella prima lettura, la storia di Mosè, il quale ora si trova di fronte alla difficile missione che Dio gli affida. Egli comprende quanto sia ardua l’impresa alla quale il Signore lo manda. Vorrebbe rinunciare a questo incarico, opponendo tante difficoltà che prevede nella loro realtà, sia da parte del faraone sia da parte del suo popolo, di dura cervice. Gli si obietterà: “Chi ti manda a liberarci? Come si chiama questo Dio che ti ha parlato?”. Tu dirai al popolo: “IO SONO mi manda”. È un nome che manifesta tutta l’infinitezza e la pienezza di vita del Creatore, ma anche la sua infinita bontà e misericordia verso il suo popolo oppresso. Mosè dovrà chiedere il permesso al faraone di recarsi nel deserto, a tre giorni di cammino, per sacrificare al loro Dio: il faraone negherà questo permesso, e allora interverrà la potenza dell’Altissimo. Il breve brano del Vangelo è un invito dolce e consolante alla fiducia per quanti vivono sotto il peso della sofferenza. Gesù è venuto a guarirci dai nostri peccati, le cui conseguenze deleterie sono le afflizioni di vario genere che tormentano la povera umanità. Egli ci insegna la via per la quale possiamo trovare la nostra pace anche nelle tempeste che agitano la nostra vita: accettare la propria esistenza così come si svolge, con cuore mite e umile, come ce ne offre l’esempio Lui stesso. Forse abbiamo tante volte fatto l’esperienza che la croce accettata con amore si raddolcisce e diventa meno pesante; presa invece con animo ribelle, diventa insopportabile. Vogliamo vivere sereni? Il Maestro ci indica la via: mitezza e umiltà di cuore.
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Nella prima lettura continua la storia di Mose: Mosè, lasciato l’Egitto, si ritira nel deserto, dove rimane a servizio di Ietro, sacerdote di Màdian, diventandone anche il genero. Si reca nel deserto fino al monte Oreb a pascolare il gregge del suocero, quando nota una cosa strana: un roveto che arde senza consumarsi. Vuole avvicinarsi per osservare questo fenomeno, ma viene trattenuto da una voce che lo chiama per nome: “Non avvicinarti… lèvati i sandali… poiché il suolo su cui tu stai è una terra santa… Sono il Dio dei tuoi padri… Ho udito il grido degli Israeliti… io stesso ho visto l’oppressione con cui gli Egiziani li tormentano… Ora va! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire il mio popolo dall’Egitto”. Mosè, dinanzi a questa proposta e missione, rimane sconcertato… ma la voce di Dio insiste: “…quando avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte”. Ogni vocazione sgomenta e getta nel turbamento… ma come Dio ha dato certezza della riuscita a Mosè, così la dà anche a noi, se sappiamo obbedire alla sua voce. Però il Signore vuole anime docili, pronte a fidarsi di Lui. Gesù, nel breve brano evangelico, ringrazia il Padre perché agli umili di cuore rivela i misteri più profondi del suo essere e della vita. Ognuno di noi ha una chiamata, una vocazione, a realizzare • in noi e in quanti ci sarà concesso di incontrare nella vita • il piano di salvezza del Signore. Nulla avviene a caso, come nulla è avvenuto a caso nella vita di Mosè. Sia il nostro impegno quello di essere di aiuto ai fratelli nel cammino spirituale, con l’esempio della vita e la testimonianza della parola.
Pascal Denault - Psaume 39 RÉSUMÉ: Dans le psaume 39, David poursuit sa réflexion amorcée au psaume 37 concernant l'irritation que le juste peut vivre face au méchant. La prière du psalmiste nous rappelle à la fois les plaintes de Job et les réflexions de l'Ecclésiaste face aux souffrances de l'homme sous le soleil et à la vanité de son existence. Cependant, David n'est pas un amer ou désespéré, au contraire, il accepte le sort que Dieu lui réserve tout en espérant en l'Éternel pour un salut au-delà de cette présente existence. PLAN: 1. Silence face au monde (v.1-4) 2. Abaissement devant Dieu (v.5-6) 3. Souffrance sous la providence (v.7-12) 4. Espérance hors du monde (v.13-14) QUESTIONS: 1. Comment le Psaume 39 est-il structuré? 2. Pourquoi David reste-t-il en silence? 3. Quel est le lien entre l'irritation de David et sa prière? 4. Comment David présente-t-il la vanité de l'existence? 5. Comment se comparent l'espérance des méchants et celle des justes? 6. Qu'est-ce que la fin de ce psaume nous enseigne concernant la vie comme pèlerin? 7. Quelles applications pouvons-nous faire du psaume 39? Textes complémentaires: Job 14 ; Psaume 90 (repas du Seigneur)
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Con la prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo, inizia la storia di Mosè, salvato dalle acque del Nilo per l’intervento provvidenziale della figlia del faraone. Dopo lo svezzamento, egli vive ed è educato alla corte del faraone… ma quando viene a conoscere la sua vera origine, ha il coraggio di rinunciare ai privilegi che la sua posizione gli riserva, per sentirsi solidale con il suo popolo, oppresso ingiustamente da leggi razziali. In questa solidarietà con il suo popolo disprezzato vediamo una figura della kènosi, dell’annientamento del Figlio di Dio che, nascondendo la sua divinità, si fa simile a noi, poveri peccatori, in tutto, eccetto che nel peccato. Ma il popolo ebreo non è pronto a intraprendere il cammino della libertà; perciò Mosè, dopo aver dimostrato il suo zelo nel difendere un connazionale maltrattato ingiustamente da un Egiziano, deve scegliere la via dell’esilio per salvare la propria vita. Quante rassomiglianze con Gesù, che non viene accolto dalla sua gente… fino a decretarne la morte. Questa condotta sorda ai richiami del Signore interessa anche la vita di ciascuno di noi. Gesù ci richiama a questa responsabilità rimproverando le città di Corazin, di Betsàida e di Cafàrnao, dove tanti segni compiuti dalla sua bontà e onnipotenza non sono riusciti a convincere gli animi della popolazione a convertirsi al meglio. Chi ha più ricevuto, si prepari a rendere di più. Non potrebbe essere un avvertimento anche per noi, che viviamo al centro della cristianità e che tanto abbiamo ricevuto dalla grazia del Signore, a differenza di altri popoli che vivono ai margini della Chiesa?
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l'uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa». Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Il ricordo del beneficio ricevuto dovrebbe suscitare nell’animo sentimenti di riconoscenza e di gratitudine. Non di rado, invece, esso induce alla dimenticanza o, quel che è peggio, a rimuovere completamente la situazione di bisogno vissuta, perché giudicata come offensiva alla propria reputazione personale. È, lo sentiamo nella prima lettura di oggi, il comportamento degli Egiziani nei confronti degli Ebrei, discendenti di Giuseppe e dei suoi fratelli. La loro presenza, stimata come una benedizione di Dio nel momento della carestia, ora pesa sul popolo, preoccupato del numero in continuo aumento degli Israeliti, come una terribile minaccia. Che cosa fare? Rendere loro la vita sempre più difficile con lavori pesanti e sopprimere fin dalla nascita tutti i loro bambini maschi. Ma Dio non cessa di benedire il suo popolo. Il discorso si fa molto più aspro nelle parole che Gesù rivolge ai suoi discepoli. Non solo vi saranno contrasti tra nazione e nazione, tra le diverse etnie, ma la spada della divisione giungerà fin nell’ambito familiare. Nel nuovo Regno, i nemici dell’uomo saranno i suoi stessi familiari. Anzi, il discepolo deve essere pronto a preferire il Signore Gesù ai propri genitori, ai figli o ai parenti: una scelta che non ammette eccezioni. Chi si comporta diversamente, “non è degno di me”. La persona del discepolo diventa sacra come quella del Maestro: accoglierlo è come accogliere Gesù stesso, anzi, il Padre. E non resterà senza ricompensa nemmeno un bicchiere d’acqua fresca offerto in suo nome. Appartenere a Lui costa alla natura umana, ma è anche un guadagno: viene identificata con la persona di Gesù, invitata a vivere la sua stessa consacrazione al Padre. È il caso di ripetere con i Padri della Chiesa: considera, o cristiano, la tua vocazione!
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: "Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?". Costui rispose: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso". Gli disse: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai". Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è mio prossimo?". Gesù riprese: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno". Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?". Quello rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' così".
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
La liturgia della Parola di questa domenica è molto ricca e molto attuale. Mosè afferma che la Parola di Dio è molto vicina all’uomo: non occorre andarla a cercare lontano, perché essa è nel suo stesso cuore, nella sua coscienza. Nella seconda lettura, san Paolo, scrivendo ai Colossési, rivela la vera essenza della persona di Gesù, immagine del Dio invisibile. Per mezzo di lui sono state create tutte le cose. Egli è prima di tutto e tutte le cose sussistono in lui. Nella parabola del buon samaritano, Gesù ci presenta un esempio meraviglioso di amore verso il prossimo, anzi, verso il nemico. Come il dottore della legge, anche noi siamo tentati a volte di chiederci: chi è il mio prossimo? Siamo pronti a dimostrarci pieni di preoccupazione per le persone lontane, per i bisognosi del mondo, per combattere la fame nei vari continenti… senza poi accorgerci che intorno a noi, forse tra i nostri familiari o parenti, vi sono persone alle quali neghiamo amore, aiuto e comprensione. È facile amare chi è lontano, che non disturba la nostra vita… ma quanto è difficile donarci disinteressatamente a chi vive al nostro fianco, che con le proprie esigenze potrebbe portare pesanti cambiamenti ai nostri programmi di vita. Voglia il Signore aprirci gli occhi! Ogni uomo è nostro prossimo perché figlio dello stesso Padre, ma la nostra carità e comprensione devono iniziare in famiglia, nella comunità, tra i parenti, nelle nostre associazioni, in parrocchia, e così estendersi sempre di più in tutte le direzioni. Accade spesso che, uscendo di casa, ci mettiamo una maschera di perbenismo, da cui ci liberiamo appena rientrati tra le mura domestiche, dove ci sentiamo in dovere di essere nervosi, irascibili, intrattabili. Quale ipocrisia! Gesù ce la rimprovera pesantemente, come a moderni farisei…
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Nel brano che ci viene proposto oggi, il vecchio Giacobbe termina i suoi giorni. Una morte circonfusa di mistero, ma anche di tanta luce. Egli viene riunito ai suoi antenati. Non c’è ancora la luce di Cristo che fa pensare alla risurrezione, ma Giacobbe, con gli altri Patriarchi, aspetta quel momento felice in cui la morte sarà vinta proprio dall’Autore della vita. La morte è sempre un grande mistero… la Bibbia ce la presenta come un passaggio: andare incontro al Signore. È anche il momento dei grandi messaggi, che dovrebbero perpetuare la memoria dei padri. Raccomandazioni, consigli, dettati sul letto di morte, sono come un’eredità preziosa che, mentre mantiene viva la memoria, spinge a far rivivere nelle scelte dei figli le gesta virtuose degli antenati e costituisce un legame che fa parte della nostra storia. La scomparsa di Giacobbe getta un grande timore nell’animo dei suoi figli, colpevoli di aver venduto schiavo il fratello Giuseppe per una insana invidia. Questi li rassicura con animo mite e pieno di affetto, interpretando la loro indiscussa cattiveria come una permissione del Signore per i suoi fini, che si sono manifestati nella grande carestia. Verrà il momento in cui il popolo israelita lascerà l’Egitto per ritornare nella terra di Canaan. Allora anche i resti mortali di Giuseppe riceveranno sepoltura nel sepolcro di famiglia, vicino ad Abramo, Isacco, Sara… e al padre Giacobbe. Nel brano del Vangelo, Gesù esorta i suoi discepoli a mantenersi fedeli alla sua parola e al suo insegnamento. La predicazione del Regno attirerà loro persecuzioni e incomprensioni, a volte anche prigionia e morte. Egli li rassicura: non temete chi ha il potere di uccidere il corpo; temete invece chi può far perire l’anima e il corpo. Ogni vita umana vale più dei passeri. E un incoraggiamento ancora più forte: chi mi avrà confessato presso gli uomini, sarà da me riconosciuto dinanzi al Padre mio. Vivere in questa fiducia significa dare pace e serenità al nostro spirito. Qualunque sia la mia situazione, io valgo più di tanti passeri… Ti ringrazio, Signore, della tua paterna e… materna tenerezza!
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Ci fa da guida in questo giorno particolarmente solenne per noi monaci e per tutta la chiesa, la splendida immagine evangelica della vite e dei tralci. La leggiamo nel contesto monastico e ci lasciamo guidare dallo stesso Patriarca S. Benedetto. Egli con un linguaggio altamente teologico e biblico vede la vita del monaci come un faticoso e gioioso "ritorno" a Dio, da cui ci eravamo allontananti per la disobbedienza. Il ritorno, come accadde al popolo d'Israele, implica una liberazione dalla schiavitù, un passaggio attraverso le acque del mare rosso, un lungo percorso nel deserto e l'approdo finale nella terra promessa. È un cammino di conversione e di salvezza, è un prodigioso innesto alla vite nuova che è Cristo. È la splendida esperienza di veder rinverdita l'esistenza, è ancora una gioiosa corsa verso Cristo con "il cuore dilatato". La vita del monaco, ma ciò vale anche per ogni cristiano, mediante l'ascolto, la preghiera, la lettura sapienziale della parola di Dio, la ricerca incessante della perfezione e la sequela di Gesù, è proposta e vissuta come una gioiosa esperienza pasquale. Ciò scaturisce come naturale esigenza dell'innesto alla vite: per essere con Cristo dobbiamo essere disposti a seguirlo coraggiosamente ovunque, fino alla croce, fino al sepolcro per avere così la certezza che l'innesto ha prodotto il suo splendido frutto, la vita nuova in Cristo, la nostra personale risurrezione. In questa prospettiva la preghiera e il lavoro, che scandiscono essenzialmente la vita del monaco, ma che ogni cristiano in situazioni diverse sperimenta quotidianamente, diventano motivi di fecondità e di gioia. La sua Regola, non solo ha ispirato ed ispira ancora la vita di migliaia di monaci in ogni parte del mondo, ma ha fatto il suo ingresso in ogni ambiente, nelle famiglie, nelle caserme, ultimamente nelle fabbriche e ovunque si trovano adunate persone che cercano un sano equilibrio nelle mutue relazioni e una vera santificazione del lavoro; per questo le Abbazie e i Monasteri a loro volta si stanno aprendo sempre più all'accoglienza per operare un nuovo e vitale innesto tra la vita del mondo e quella dei consacrati. Per ricordare e rinsaldare questo innesto, già operato gloriosamente nei secoli passati, S. Benedetto è stato proclamato meritatamente Patrono d'Europa. Anche questo è un innesto che deve però trovare ancora la piena realizzazione in altre realtà della vita sociale. Molti, pare, vogliano ignorare le radici storiche e religiose che hanno evangelizzato e civilizzato la nostra Europa. Speriamo di non dover costatare che il distacco dalla vite feconda non riduca i tralci alla essiccazione e alla sterilità.
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
La sofferenza ha uno scopo? Oggi la lettura dell’Antico Testamento pare dirci che tutto ha un senso, che tutto si risolve secondo i piani di Dio. Giuseppe, dopo essere stato venduto come schiavo ed essere diventato un “pezzo grosso” alla corte del faraone, diventa mezzo per salvare gli stessi fratelli, eredi della promessa, che lo hanno tradito. Sembra una storia un po’ troppo già definita, dove tutto avviene secondo schemi precostituiti e in cui nessuna libertà è concessa, nemmeno quella del male, che si volge • come già in altre parti del medesimo libro • in bene. È, in tutti i modi, un grande messaggio di speranza per l’uomo. Invece, leggendo il brano evangelico, sembra proprio che non vi sia possibilità di salvezza per chi rifiuta l’annuncio del Regno. Ma vi è anche fiducia in Dio, che non abbandona chi si mette al suo servizio. Una magnifica lezione di fedeltà da parte di Dio ci viene da queste due letture. I personaggi non sono grandi, le situazioni non sono epiche e i fatti sono ordinari: l’unica grandezza viene da Dio, che, nonostante tutto, mantiene la parola data e • come nel Vangelo • porta l’uomo a collaborare al suo piano di salvezza.
Pascal Denault - Psaume 38 RÉSUMÉ: Dans cette prédication nous examinerons deux fois le Psaume 38. Nous méditerons d'abord sur les effets destructeurs du péché dans la vie du pécheur. Puis nous verrons comment Jésus-Christ a pleinement assumé ces souffrances à notre place, pour nous en délivrer. PLAN: A. Les souffrances du pécheur 1. Le péché amène la colère de Dieu (v.2-3) 2. Le péché engendre la mort du corps et de l'âme (v.4-11) 3. Le péché isole socialement (v.12-13) 4. Le péché rend muet et sans excuse (v.14-15) 5. Le péché n'a qu'un seul remède (v.16-23) B. Les souffrances du Sauveur 1. Christ a pris sur lui le péché et a subi la colère de Dieu (v.2-3) 2. Christ a enduré la mort dans son corps et son âme (v.4-11) 3. Christ a été abandonné et persécuté (v.12-13) 4. Christ a accepté ce châtiment sans se défendre (v.14-15) 5. Christ a été abandonné puis secouru (v.16-23) QUESTIONS: 1. Le péché est-il sans conséquence pour nous puisque Jésus a porté toutes les conséquences? 2. Quel est le lien entre la colère de Dieu et la conviction de péché? 3. Quelles sont les différentes souffrances causées par le péché? 4. Comment le Psaume 38 peut-il s'appliquer à Christ? 5. Quelles applications peut-on faire du Psaume 38? Textes complémentaires: Deutéronome 28.15-68 ; Ésaïe 53
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Lo ricordiamo tutti come l'Apostolo incredulo, come colui che volle mettere la mano al posto della ferita della lancia e il dito al posto dei chiodi. Egli volle così attingere la fede piena alla fonte stessa dell'amore. È importante credere alla altrui testimonianza, ma non possiamo assolutamente condannare chi vuole comprendere il prezzo dell'amore e toccare i segni della grazia. Molto probabilmente Tommaso, più degli altri era rimasto salutarmene scosso dalle parole che il suo Gesù aveva pronunciato non molti giorni prima, nella sera dell'ultima cena: "questo è il mio corpo, questo è il mio sangue sparso per voi". Ora Tommaso vuole comprendere fino in fondo, per quanto è possibile alla fragilità umana, il significato pieno di quel dono. Volendo toccare il corpo di Cristo con i segni della sua passione, egli vuole stabilire una intensa ed indefettibile comunione con Cristo. Egli vuole riconoscere quel corpo, che non aveva visto inchiodato alla croce, ma che desidera legare e fondere con il suo, per essergli poi fedele fino alla morte. I segni dei chiodi e le ferite del costato che egli tocca gli consentono di salire con il suo maestro fino al Calvario, fino alla croce per poi godere nel vederlo vivo e risorto, lì presente dinanzi a lui, ancora pronto a fugare ogni dubbio. L'intensità dell'amore talvolta supplisce alla debolezza della fede. Vediamo infatti nella storia di Tommaso l'esplosione simultanea della fede e dell'amore quando dichiara che Cristo è il suo Signore e il suo Dio: «Mio Signore e mio Dio!». E', tutto considerato, un bel percorso quello che Tommaso compie; egli volge lo sguardo e poi tocca Colui che hanno trafitto. Ci porge un invito che tutti possiamo raccogliere: guardare il crocifisso per immergerci in Cristo, per imprimere nel nostro cuore i germi fecondi della gratitudine della fede e dell'amore.
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Alla luce delle Sacre Scritture, nessuno può dubitare della presenza di satana nella storia dell’umanità. Fa la sua funesta apparizione sin dal principio: appare come il menzognero, il nemico di Dio e dell’uomo, capace di insinuarsi in modo subdolo nelle nostre scelte per indurci al male. Ha vari nomi: il serpente, il maligno, satana, diavolo, lucifero, tentatore; è ribelle a Dio, avendo rifiutato il progetto dell’incarnazione di Cristo e il progetto di salvezza che Egli, come Padre, ha pensato per noi nella sua infinita misericordia. Ha osato tentare lo stesso Cristo dopo il digiuno di quaranta giorni nel deserto e nel momento della sua agonia sulla croce. Ha creato il suo regno in aperta contrapposizione a quello di Dio. In esso domina l’odio, il disordine, il tormento e la morte. Si scaglia contro di noi nel tentativo di vanificare l’opera redentiva di Cristo e attirarci a sé, nel suo inferno. Talvolta, con particolare violenza, s’insinua nello spirito dell’uomo, sostituendosi alla sua volontà, infliggendogli ogni sorta di tormento e inducendolo al male verso se stesso e verso gli altri. È capace di pervadere vasti strati della nostra società; semina ovunque zizzania, anche nel campo della Chiesa, dove lo stesso Signore sparge a piene mani il seme buono della sua parola e della sua grazia. Oggi ascoltiamo il grido satanico contro Cristo: «Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?». Non c’è più comunione tra Dio e satana, e la Verità di Cristo, il suo essere vero Dio e vero uomo, il suo essere salvatore del mondo e liberatore dal male, la sua stessa presenza gli è motivo di tormento e causa di rovina. Pur essendo nella menzogna, non possono fare a meno di riconoscere Cristo vero Dio, ammettere la sua missione liberatrice per l’uomo e sentire che Egli ha la forza di scacciarli dagli indemoniati: «Se ci scacci, mandaci in quella mandria». Egli disse loro: «Andate!». Ed essi, usciti dai corpi degli uomini, entrarono in quelli dei porci; ed ecco, tutta la mandria si precipitò dal dirupo nel mare e perì nei flutti. Dobbiamo comprendere lo stile evangelico e il reale significato che Matteo vuol dare alla narrazione: andare nei porci significa che lì, nell’immondizia, il male ha la sua dimora, e precipitare nel burrone ci induce a pensare agli inferi, al luogo della morte e dei dannati. Ciò che però più interessa è convincerci che Cristo è il nostro liberatore, che Egli è più forte del male e che tutta la sua missione è un annuncio e una realizzazione storica e perenne di salvezza. Va anche riscoperta la verità sul demonio alla luce della Rivelazione, purificando ogni tendenza a misconoscerne la presenza nel nostro mondo o ad attribuirgli poteri che non gli appartengono.
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
È sorprendente leggere nel Vangelo di oggi che Gesù dorme mentre si sta scatenando una violenta tempesta che scaglia onde minacciose sulla barca dei suoi discepoli. È ancora più sorprendente constatare, nella storia e nella vita, che lo stesso Signore appaia talvolta disinteressato e assente mentre vicende minacciose si abbattono sul mondo, sulla sua Chiesa e sulle singole persone. Quel sonno e quel distacco hanno scandalizzato e scandalizzano molti, hanno generato e generano spesso crisi di fede, hanno indotto molti a parlare del silenzio di Dio, dell’assenza di Dio dal nostro mondo. Qualcuno è giunto a parlare della «morte di Dio» e, sulla stessa scia, ha fortemente dubitato del suo amore per noi. Forse ci siamo dimenticati della causa della primordiale paura, già percepita in modo intenso dai nostri progenitori quando si sono ritrovati fuori del paradiso terrestre: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». È stato prima l’uomo a nascondersi a Dio: egli si è accecato nella presunzione di diventare come lui. Il rapporto uomo-Dio era basato sull’amore; dopo il peccato lo vediamo contrassegnato dalla paura e dalla nudità. Il recupero avviene ora mediante la fede, che ci consente di vedere solo attraverso un velo. Quando manca la fede, le burrasche assumono dimensioni distruttive. È quasi sempre l’uomo a scatenarle, ma non è capace di riconoscere le proprie responsabilità, di apportare i necessari rimedi; anzi, le attribuisce a Dio e osa incolparlo, emana condanne contro quel Dio che egli volutamente ignora. Non è quindi il silenzio o il disinteresse, o ancor meno l’assenza o la morte di Dio, la causa delle nostre disfatte, ma l’oscuramento dell’anima, il buio della fede, che genera tempeste, violenze, sopraffazioni; ed è ancora la stessa mancanza a scatenare la paura in coloro che le subiscono. È di qualche giorno fa l’ammonimento del Signore che ci ricordava di non aver paura di coloro che possono uccidere il corpo, ma piuttosto di coloro che possono distruggerci dentro, creando l’inferno nella nostra vita. Ai nostri giorni malessere profondo e decantato progresso convivono assurdamente insieme, e sono pochi coloro che, con intelligenza e sapienza, ne sanno scrutare difetti e valori. Il salmista così ci ammonisce: «Non vantatevi!». E agli empi: «Non alzate la testa! Non alzate la testa contro il cielo, non dite insulti a Dio». Lo stesso Signore, dopo la sua passione e risurrezione, così ci rassicura: «Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!».
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Quando si rimane affascinati da qualcuno o un ideale forte preme dentro di noi, ci accompagna spesso la convinzione che stiamo per intraprendere un percorso pieno di sicurezze e di garanzie. Non accade così con il Signore: egli, cominciando da Abramo, chiama a sé, propone il suo progetto, ma senza dare indirizzi precisi e, ancor meno, prospettive di successo. Allo scriba che gli si accosta e, mosso da sicura ammirazione, fa la sua offerta di mettersi alla sua sequela: «Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai», Gesù risponde: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». Egli così sta proclamando non tanto la sua povertà, ma il necessario e indispensabile distacco dalle cose del mondo. Sta ribadendo al suo interlocutore, e a tutti noi, che dobbiamo cercare tesori che non periscono. Dobbiamo guardare le cose di lassù e non quelle della terra. Vuole ancora dirci che in lui dobbiamo riporre ogni nostra fiducia: è lui il tesoro nascosto che ci è dato di scoprire, lui la nostra vera ricchezza. Gesù lo scandirà ancora ai suoi, quando affiderà loro la missione di andare ad annunciare il suo Regno: «Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». La caratteristica del cristiano è il distacco dai beni del mondo per mettere al primo posto il Signore. I suoi ministri hanno il dovere di andare “sgombri” di ogni peso e liberi da ogni umana preoccupazione. È difficile, oggi, convincersi che il distacco dai beni materiali e l’abbandono fiducioso alla provvidenza divina possano essere motivo di interiore libertà e garanzia di vera ricchezza. Gesù mette sullo stesso piano, per chi vuole seguirlo nel suo Regno, il distacco dalle umane sicurezze e quello dagli affetti umani: «Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Sèguimi e lascia ai morti seppellire i loro morti». San Benedetto dice ai suoi monaci che nulla debbono anteporre all’amore di Cristo; questo, però, vale anche per ogni cristiano.
Pascal Denault - Psaume 37 RÉSUMÉ: Dans la première partie du psaume 37, nous avons vu la lutte intérieure du juste par rapport au méchant. Dans la deuxième partie, nous verrons quatre tableaux qui mettent en contraste le juste et le méchant, leur chemin respectif et leur fin. Au terme de ce psaume, il est évident que le juste n'a rien à envier au méchant... PLAN: 1. Le juste donne, le méchant prend (v.21-22) 2. Le juste avance, le méchant recule (v.23-29) 3. Le juste parle, le méchant tue (v.30-34) 4. Le juste demeure, le méchant passe (v.35-40) QUESTIONS: 1. Comment structurer la deuxième moitié du Psaume 37? 2. Quels sont les trois angles pour comprendre le verset 21? 3. Que sait-on à propos de l'intégrité du juste (v.23-29)? 4. Comment se comparent la bouche du juste et celle du méchant (v.30-34)? 5. Comment les versets 35-40 concluent la comparaison entre le juste et le méchant? Textes complémentaires: Proverbes 1 ; Matthieu 5.38-48
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
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In Dio sono perfette sia l’unità che la Trinità. Dio è unico nell’unità di una sola natura e trino nelle persone. Siamo di fronte al mistero. I misteri di Dio ci si svelano nella misura in cui siamo capaci, accogliendo i doni di grazia e lasciandoci illuminare dallo stesso Spirito, di viverli e incarnarli in noi. San Giovanni ci dice che Dio è amore, ma aggiunge che per amore Egli ha dato la vita per noi, e non esiste amore più grande di questo. Se osserviamo i suoi comandamenti, se diventa continua e crescente la nostra comunione con il Padre, con il Figlio Gesù Cristo e con lo Spirito Santo, allora la Trinità beata viene a noi e prende dimora presso di noi. San Paolo lo diceva ai primi cristiani: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi”. È vero che esiste un limite invalicabile oltre il quale la mente umana non può vedere, ma è anche vero che Dio non pone ostacoli alla sua conoscenza, non pone limite alcuno al suo amore. Siamo noi a perdere di vista le realtà del cielo perché invischiati nelle cose della terra o offuscati dal male. Il peccato è la vera barriera che noi costruiamo verso Dio Uno e Trino. L’esperienza cristiana ci dice che la fedeltà di Dio non viene mai meno, neanche quando la nostra naufraga penosamente. Egli vuole rivelarsi e farsi conoscere per essere da noi riconosciuto e amato. Egli non solo nella Scrittura sacra si rivela, ma meglio e ancor più nella vita di ogni giorno, nella storia del mondo e in particolare in quella della Chiesa. Splende nei suoi santi la gloria della Trinità. Nella nostra redenzione viene esaltato l’amore misericordioso. Nei travagli e nelle vittorie della Chiesa splende la luce dello Spirito Santo, che la rende martire ma invincibile. Nella comunione fraterna concretamente espressa, la Trinità trova la migliore espressione. Quello che perfettamente vive nei cieli si trasferisce per noi sul nostro mondo. E noi siamo il tempio di Dio, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”; “No, no”; il di più viene dal Maligno».
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Il raggiro, la doppiezza, il sotterfugio, l’inganno, la menzogna sgorgano sempre da un animo inquinato interiormente, da chi ha bisogno di nascondere la verità, di prevaricare sull’altro, di difendersi o difendere qualcun altro in modo maldestro e mendace per le proprie o altrui malefatte. Si può arrivare fino a stravolgere totalmente la verità, minando in radice la giustizia. Sappiamo delle bugie dei bambini, che spesso hanno tutte le caratteristiche di una legittima difesa dalle violenze indebite degli adulti, ma conosciamo anche le bugie dei grandi, quelle che causano gravi danni alle persone. Il ricorso al giuramento è proprio di chi dubita della verità o vuole farla riconoscere come tale anche quando è palese menzogna. Si vuole chiamare Dio a testimone di quanto asseriamo, e non è difficile comprendere come si incorra nello spergiuro quando poi non si proclama la verità. È un grave peccato, che trova le sue reali dimensioni nell’offesa che si reca a Dio • convocato e nominato invano e inopportunamente • e nel danno che si procura con la falsità proclamata. Talvolta siamo chiamati a giurare anche nei tribunali del mondo, che hanno il compito di definire la giustizia in fatti contenziosi: anche lì, il nostro dire deve assolutamente essere conformato alla verità che conosciamo, anche se nella stragrande maggioranza dei casi, in quelle circostanze, non si giura più su Dio o sul Vangelo. Il cristiano comunque, come ci dice lo stesso Signore, non deve giurare affatto: “Né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”. Teniamolo oggi in mente.
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Già guardare una donna con desiderio significa commettere adulterio con lei. Il peccato, come anche le opere di bene, provengono dalle nostre interiori convinzioni, dall’orientamento che abbiamo impresso nel nostro cuore. L’azione che ne segue è solo la manifestazione esteriore di ciò che prima è maturato dentro di noi. I nostri occhi, definiti la finestra dell’anima, ci trasferiscono immagini e causano sensazioni che, se non filtrate dalla nostra coscienza • che deve operare una selezione • ci spingono all’azione cattiva, non conforme alla norma divina. Ecco perché il Signore arriva a dirci che, se il nostro occhio ci è motivo di scandalo, dobbiamo essere pronti anche a cavarlo pur di entrare nel regno dei cieli. L’inquinamento dell’anima è un fatto molto più debilitante della perdita di un nostro organo fisico, come l’occhio o la mano. Siamo così sollecitati a considerare con la migliore attenzione i valori del nostro corpo, pur meritevoli di cure e attenzioni, e quelli dello spirito, che dobbiamo conservare integro per la vita eterna. Viene da pensare che, ai nostri giorni, talvolta siano più affollati gli ambulatori dei medici che non i confessionali e le chiese. Spesso capita di vedere gente che si affanna più per la dimora terrena che non per quella definitiva e celeste. Soffriamo momenti di confusione e di capovolgimento dei valori, anche perché il nostro sguardo non è più assuefatto a svolgere con sapienza la dovuta introspezione dell’anima. C’è troppo chiasso intorno, e la fretta morde il nostro incedere nel mondo. Riflettere, meditare, esaminarsi interiormente è virtù di pochi. Forse anche per questo il discorso sulla fedeltà coniugale, per molti • come ai tempi di Cristo • non è più un valore. Diamo noi invece la buona testimonianza rendendo gloria a Dio per ogni bellezza creata.
Pascal Denault - Psaume 37 ➡️ RÉSUMÉ: Le Psaume 37 aborde la tension vécue par les justes face à l’apparente prospérité des méchants. Ce sentiment d’injustice soulève une lutte intérieure, mais Dieu nous donne, dans ce psaume (et dans son miroir, le Psaume 73), une perspective de foi et de paix. En exposant les vingt premiers versets, nous verrons comment le juste est appelé à garder son cœur, pendant que Dieu agit contre le méchant et pour celui qui espère en lui. PLAN: 1. Le combat intérieur du juste (v.1-8) 2. Le sort final du méchant (v.9-11) 3. La conduite présente du méchant (v.12-15) 4. Le triomphe improbable du juste (v.16-20) QUESTIONS: 1. Comment l'histoire de Richard Wurmbrand illustre-t-elle les vérités du Psaume 37? 2. En quoi consiste le combat intérieur du juste face au méchant? 3. Quelles les vertus à pratiquer pour remporter ce combat? 4. Comment faut-il voir la portée de la terre promise dans ce Psaume? 5. Que peut-on noter à propos de la conduite présente du méchant envers le juste? 6. Pourquoi le triomphe du juste semble-t-il improbable? 7. Pourquoi le peu du juste est-il préférable à n'importe quoi? Textes complémentaires: Psaume 73 ; Matthieu 5.3-12
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Dopo quaranta giorni dalla Risurrezione, Gesù, vincitore del peccato e della morte, come aveva ripetutamente preannunciato ai suoi discepoli, sale glorioso e trionfante al cielo. “Vado a prepararvi un posto”, aveva detto loro. Verrebbe da pensare a una conclusione, a una fine, a un distacco o a un addio, ma non è così: Egli ci precede nella gloria, ma ci attende tutti nella stessa beatitudine eterna. Mai come oggi possiamo comprendere fino in fondo il significato che Gesù voleva dare alla parola “via” quando diceva: “Io sono la via, la verità e la vita”. La via è Cristo stesso, che ci indica il cielo come meta finale dell’esistenza umana, l’approdo verso cui tendere. È stato Lui a renderci possibile il ritorno al Padre: è il frutto della redenzione, il trionfo dell’amore di Dio per noi peccatori. Il cielo si riapre, e l’uomo ritrova la sua patria; rientra in comunione con il Padre e, con la forza dello Spirito Santo, vede alimentata la speranza nel possesso dei beni futuri. Oggi, per tutti i credenti, si innalza la preghiera di Cristo: Egli implora l’unità perfetta e la vera fraternità tra i suoi, chiede al Padre che tutti siano con Lui, che tutti possano contemplare la sua gloria, che tutti diventino testimoni dell’amore. Gesù ripropone ancora oggi la via del cielo, ci indica con chiarezza lo scopo ultimo della vita. A noi, ancora immersi nel tempo, parla di cielo, di eternità, di paradiso; cerca di distoglierci almeno un poco dalle cose della terra per farci contemplare i cieli aperti e la gloria di Dio. Desideriamolo quel posto promesso, desideriamolo davvero quel cielo, dove, con il Padre e nello Spirito Santo, Egli ci attende con la corona della vita eterna.
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La festa della Visitazione, che prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II si celebrava il 2 luglio, è stata anticipata al 31 maggio per concludere il mese dedicato alla Madonna e armonizzarla meglio con la sequenza evangelica dell’anno liturgico, collocandola tra l’Annunciazione del Signore (25 marzo) e la nascita di San Giovanni Battista (24 giugno). I testi liturgici proposti alla nostra meditazione ci invitano ad ammirare lo spirito di carità di Maria verso la parente Elisabetta, anch’essa in attesa, ma anche il suo desiderio ardente di farsi missionaria del Signore che porta in grembo. La sua presenza nella casa di Elisabetta rende viva la profezia di Sofonìa: “Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente”. L’incontro tra Maria ed Elisabetta è segnato da un’intensa gioia profetica, dove lo Spirito Santo agisce e rivela: Elisabetta, piena di Spirito Santo, riconosce in Maria la Madre del Salvatore e la proclama beata per la sua fede: “Beata te che hai creduto…”. Giovanni Battista, ancora nel grembo, esulta, e Maria, confusa e umile di fronte a un tale saluto, innalza il suo “Magnificat”, un canto di lode che esalta la misericordia divina, proclama le grandi opere del Signore e afferma con umiltà il proprio nulla. Maria, nel suo “Fiat” all’angelo, ha accolto la volontà di Dio con piena disponibilità, rendendosi umile serva del progetto divino. Con la sua fede semplice e salda, ha dato al mondo il Verbo incarnato, cooperando in modo unico e irripetibile al disegno della salvezza. In lei vediamo la prima discepola, colei che, per prima, ha risposto all’amore di Dio con totale fiducia, diventando modello perfetto di obbedienza e dedizione. In ciascuno di noi, Dio continua a compiere meraviglie; riconoscerle è il primo passo per lodare il Padre della misericordia, che non cessa di chiamarci a collaborare alla nostra e all’altrui salvezza.
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In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla».
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Quante volte ci assale la tentazione di credere che coloro che vivono lontani da Dio e camminano per i propri sentieri, ignari di ogni norma e incuranti di qualsiasi legge, siano più felici di noi e godano della vera libertà. L’allegria del mondo, per quanto falsa possa apparire, ci affascina comunque. Il tutto e subito può persino dare l’illusione dell’onnipotenza. Se però proviamo a scrutare con maggiore intelligenza, non ci vuole molto a scoprire che, sotto le mentite spoglie di una superficiale allegria, si nasconde il vuoto di una profonda insoddisfazione. Gesù predice ai suoi: “Il mondo si rallegrerà, voi sarete afflitti”. Subito però aggiunge: “Ma la vostra afflizione si cambierà in gioia”. Solo nella prospettiva futura emergerà la verità. Il travaglio della vita è paragonato al travaglio del parto, che provoca momentanea sofferenza alla madre, ma poi la gioia della maternità fa dimenticare ogni dolore. È evidente che Gesù voglia ricordarci la sua crudelissima passione per farci comprendere e gustare la gioia della sua risurrezione. Il suo percorso ora è la nostra via: anche noi dobbiamo inevitabilmente portare i nostri pesi, anche quelli che ci feriscono e ci inducono al pianto, ma non possiamo e non dobbiamo dimenticare che quei pesi, portati con Cristo e offerti a Lui, diventeranno la nostra forza per risorgere. Con quei pesi costruiamo i nostri calvari: sono sacchi di terra arida e riarsa che, irrigati dal Redentore divino, si trasformano in terra fertile dove crescono alberi frondosi e fecondi. I sacchi di terra arida che invece restano sulle spalle degli uomini ignari di Cristo e della sua croce, diventano sempre più pesanti fino a farli crollare, trasformandosi così nella tomba buia di ciascuno: lì si annida la più profonda tristezza. È l’inferno costruito dalle mani dell’uomo. La nostra gioia, invece, si vive prima nella fede e nella speranza cristiana, poi nella patria beata. Nell’attesa, siamo chiamati a esercitare la virtù della pazienza e a nutrirci di comunioni con Cristo, così intense da anticipare sin da ora la gioia futura.
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In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos'è questo che ci dice: "Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete", e: "Io me ne vado al Padre"?». Dicevano perciò: «Che cos'è questo "un poco", di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: "Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete"? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
“Voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.” Solo alla luce della storia di Cristo e della sua Chiesa ci è dato comprendere il significato recondito di queste parole, che risuonano ancora come un paradosso, cariche di apparenti contraddizioni. Il pianto e l’afflizione, nella nostra esperienza umana, sono generati da un malessere interiore, dal sentirsi inadeguati di fronte agli impegni della vita, da tutto ciò che contrasta e ostacola le nostre migliori aspirazioni. E nessuno di noi, con le proprie forze, è in grado di tramutare la tristezza in gioia e l’afflizione in gaudio. Gesù, con discrezione, allude alla sua passione e morte, ma ci orienta verso la gioia della risurrezione, della sua e nostra Pasqua. Egli vuole ribadire che, misteriosamente e secondo un disegno arcano di Dio, tutta la fatica dell’uomo, il peso della vita e il dolore del mondo sono ormai definitivamente innestati nel sacrificio redentore di Cristo. Da Lui, liberati dal peccato, attingiamo la vera gioia e la salvezza definitiva. Ce ne danno testimonianza, dopo di Lui, la schiera innumerevole dei santi e dei martiri, compresi quelli dei nostri giorni.
Levi Loewen - Jean 10:1-18 ➡️ Description : Il y a beaucoup de bergers et beaucoup de troupeaux, mais il n'y a qu'un seul Bon Berger qui est le Christ. Il connaît ses brebis et ses brebis le connaissent. C'est lui seul qu'elles suivront. Il les conduit, les protège de tout danger et leur donne la vie éternelle, qu'il a achetée en donnant sa vie pour ses brebis. Le Christ est le Bon Berger qui prend soin de ses brebis. Plan 1. Le Bon Berger connaît ses brebis 2. Le Bon Berger conduit ses brebis 3. Le Bon berger protège ses brebis 4. Le Bon berger meurt pour ses brebis Textes complémentaires: Psaume 23
Levi Loewen - Jean 10:1-18 ➡️ Description : Il y a beaucoup de bergers et beaucoup de troupeaux, mais il n'y a qu'un seul Bon Berger qui est le Christ. Il connaît ses brebis et ses brebis le connaissent. C'est lui seul qu'elles suivront. Il les conduit, les protège de tout danger et leur donne la vie éternelle, qu'il a achetée en donnant sa vie pour ses brebis. Le Christ est le Bon Berger qui prend soin de ses brebis. Plan 1. Le Bon Berger connaît ses brebis 2. Le Bon Berger conduit ses brebis 3. Le Bon berger protège ses brebis 4. Le Bon berger meurt pour ses brebis Textes complémentaires: Psaume 23
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Una frase di Gesù, tra le più conosciute e anche tra le più enigmatiche, nella sua semplicità e completezza. Con tre sostantivi, Gesù descrive il suo mistero, accostando tra loro realtà completamente diverse. La via rappresenta la materialità, un essere concreto. La verità indica un concetto astratto, che in Cristo diventa però concretezza in un preciso riferimento. La vita ci proietta in un mistero che non è conoscibile solo con le facoltà umane. Gesù non mette semplicemente una realtà vicina alle altre, ma indica una precisa relazione che trova in Lui il vero fondamento. Senza di Gesù, la nostra vita è un rincorrere affannoso di tante strade, che non trovano una vera meta. Tra le tante vie che troviamo davanti, la verità in Cristo ci indica un percorso sicuro per la nostra vita. Tra le tante verità che il mondo ci propone, in Cristo troviamo l’unica Verità che ci fa percorrere la Via per la Vita eterna. La Vita indica che la nostra esistenza non è legata alla sola temporalità e alla contingenza terrena. La Vita Eterna, donata da Cristo, è la Vita in Dio, nella comunione del suo Amore Eterno e infinito. Come fare però per rinnovare la Vita? Lo strumento è la Verità che Cristo ci fornisce. La sua Parola è la vera Parola che rinnova, perché contiene l’unica Verità che non muore mai. I suoi insegnamenti, per la Vita, sono la Verità. Come usare questi strumenti? Come realizzare questa Parola di Vita Eterna nella nostra esistenza? Gesù, con il suo esempio, ci fornisce la strada. Impariamo dalla sua misericordia, dalla sua mitezza, dalla sua disponibilità, dalla sua docilità, e scopriamo le virtù da realizzare concretamente.
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[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro: «In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: "Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno". Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».
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Oggi, a mo' di flash qualche spunto per la meditazione personale... Gesù, che trascende la storia mentre vi s’inserisce, stabilisce anche la continuazione fra la sinagoga e la Chiesa, fra il mondo giudaico e i Gentili. Gesù è colui che coordina, nel piano dell’amore, la storia anche attuale di tutti i popoli e di tutte le Chiese nell’unicità della Sua Chiesa. È Gesù il traguardo degli interventi di Dio. Servire con Gesù è una beatitudine. Poi il tragico accenno al traditore, in conformità con le Scritture. E, infine, colui che si presenta in nome di Gesù tiene il suo posto, e colui che riceve l’apostolo in nome di Gesù, riceve Egli stesso. Tanto Gesù ama identificarsi con quelli che sono i suoi. Gesù lava i piedi ai discepoli: egli si presenta non come il Signore, ma come il servo. Essi, i discepoli, saranno beati se con fede imiteranno il senso del suo gesto d’umiltà. In realtà, non tutti lo comprenderanno. Deve venire il tradimento, la passione e la morte atroce. Quello che invece importa è l’accogliere Gesù come l’ “Io sono”, come il Figlio di Dio: il Dio che così si è rivelato e ha parlato nel roveto ardente a Mosè.
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È molto bello e significativo che il giorno della festa di un Apostolo, oggi San Mattia, la liturgia ci faccia riascoltare le parole di Gesù: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore". È l'ennesima dichiarazione esplicita da parte di Gesù per uno dei suoi prediletti. Quell'amore che non ha limiti nè confini, tocca gli accenti più elevati ed intensi quando il Maestro divino si rivolge a coloro che egli stesso ha prescelto e chiamato all'intimità della sua vita. È un amore della stessa natura e della stessa intensità di quello che unisce nella perfezione divina il Padre al Figlio; è un amore che è la terza persona della Trinità, lo Spirito Santo. I destinatari privilegiati di oggi siamo noi Sacerdoti, noi, in cui Egli ha riposto la sua fiducia per essere i primi testimoni, che debbono doverosamente incarnare in tutta la persona, quella stessa di Cristo. Ha chiesto a Mattia, a tutti i suoi discepoli, a tutti noi, di rimanere nel suo amore; questa è la condizione indispensabile per essere come lui e poter agire fedelmente in sua vece. Ci ha scelti e consacrati per renderci capaci di consacrare, benedire, assolvere, educare e testimoniare la fede. Ci ha chiesto di diventare pane per tutti, di essere disposti a versare il nostro sangue, ad essere disponibili a fare di tutta la nostra vita una sacra celebrazione, una eucaristia continua. Il memoriale di Cristo infatti si perpetua e si attualizza nei suoi sacerdoti e per mezzo loro e con loro in tutti i fedeli. Sono essi perciò che debbono brillare come lampade poste sul lucerniere, sono essi che hanno, per divina disposizione, il compito di guidare, orientare, sostenere, amare tutti incondizionatamente. Per questo il Signore Gesù ha riversato amore particolare su ciascuno di essi, perché a loro volta siano capaci di spargere amore nel mondo, nel cuore di ogni uomo. La sublimità della missione la si comprende solo vivendola giorno dopo giorno, messa dopo messa. Sentirsi come Cristo non è quindi un privilegio di cui vantarsi, ma una missione da compiere in un atteggiamento di profonda umiltà, in una vera prostrazione, sempre pronti a lavare i piedi e a detergere ogni lacrima, ogni miseria, con l'acqua salutare e salvifica che incessantemente sgorga dal costato di Cristo. Rimanere nell'amore di Cristo allora significa comprendere la predilezione di cui indegnamente siamo stati fatto degni, significa sentire l'urgenza della testimonianza, significa soprattutto una intimità indissolubile di comunione con Lui, che ci consenta di somigliargli nel modo migliore possibile. Dobbiamo essere rigenerati dalla Madre di Dio, solo lei, piena di Spirito Santo, può plasmarci ad immagine del suo Figlio. Solo con lei possiamo a nostra volta generare Cristo sui nostri altari. È sempre lei la Madre, è suo per sempre il compito di dare alla luce il suo Figlio per noi. Solo lei può colmare il nostro cuore dai probabili vuoti, derivanti dalla nostra condizione. Sola la Vergine può essere la nostra Madre e la nostra Sposa. Con lei abbiamo la certezza di poter rimanere nell'amore di Cristo e saper spargere amore come Cristo.
Pascal Denault - Psaume 36 ➡️ RÉSUMÉ: Le psaume 36 offre un puissant contraste entre l’homme livré à lui-même et le Dieu de miséricorde. Tant que l'homme demeure spirituellement aveugle, il n'aperçoit ni les ténèbres de son cœur ni la lumière du Dieu de vérité. Mais celui qui a été restauré par la grâce implore Dieu de le préserver dans sa grâce (v.11-13). PLAN: 1. Les ténèbres de l'homme (v.2-5) 2. La lumière de Dieu (v.6-10) 3. La prière du juste (v.11-13) QUESTIONS: 1. De quoi parle le Psaume 36 et comment se divise-t-il? 2. Qu'est-ce que ce psaume nous révèle à propos de la dépravation de l'homme? 3. Comment les attributs divins sont-ils présentés? 4. De quelle façon ce psaume parle-t-il de l'Évangile et du paradis restauré? 5. Que contient la prière finale du psalmiste face à cette double révélation? Textes complémentaires: Romains 3 ; Éphésiens 4.17-5.1 (Cène)
Pascal Denault - Psaume 36 ➡️ RÉSUMÉ: Le psaume 36 offre un puissant contraste entre l’homme livré à lui-même et le Dieu de miséricorde. Tant que l'homme demeure spirituellement aveugle, il n'aperçoit ni les ténèbres de son cœur ni la lumière du Dieu de vérité. Mais celui qui a été restauré par la grâce implore Dieu de le préserver dans sa grâce (v.11-13). PLAN: 1. Les ténèbres de l'homme (v.2-5) 2. La lumière de Dieu (v.6-10) 3. La prière du juste (v.11-13) QUESTIONS: 1. De quoi parle le Psaume 36 et comment se divise-t-il? 2. Qu'est-ce que ce psaume nous révèle à propos de la dépravation de l'homme? 3. Comment les attributs divins sont-ils présentés? 4. De quelle façon ce psaume parle-t-il de l'Évangile et du paradis restauré? 5. Que contient la prière finale du psalmiste face à cette double révélation? Textes complémentaires: Romains 3 ; Éphésiens 4.17-5.1 (Cène)
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell'incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Le mie pecore ascoltano la mia voce (...). Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano (Gv 10, 28-29). La voce di Gesù ha annunziato la buona novella del Vangelo sulla quale fondare la nostra vita. Egli non ha detto parole inutili, ma parole di vita e di verità. «L’ascoltare la sua voce di Pastore» significa accogliere la sua Parola, capace di trasformarci nel profondo e di orientare tutta la nostra vita nella luce del bene; significa affidarsi alle sue mani, tempio di ogni nostra pace, dove deve risuonare la lode continua della nostra fede. Gesù, attraverso la sua incarnazione, ci ha reso visibile il grande amore del Padre e la sua predilezione per noi. Egli, che si è manifestato a noi come uomo, rivela il Padre: «Chi vede me, vede il Padre» (Gv 12,45). Il Padre viene a noi con voce e membra umane. Sono appunto la voce e la mano del Pastore che ci attraggono e ci guidano nel cammino. Non è una voce qualunque, ma è quella del Figlio di Dio; non sono mani qualsiasi, ma quelle inchiodate a una croce, che ci hanno salvato e grazie alle quali non ci perderemo mai. Sono mani che in eterno portano i segni della passione. Gesù ci mostra le sue mani ogni giorno attraverso quelle del sacerdote: il pane e il vino, ricevendo la Parola e i gesti del Signore, si trasformano nel suo vero corpo e nel suo vero sangue: «Prese il pane nelle sue mani sante e venerabili» (Preghiera eucaristica I). Queste mani ci benedicono, ci assolvono dai peccati, amministrano i sacramenti. Lui stesso si è consegnato nelle mani del Padre nel momento della morte. La liturgia, ogni sera nella preghiera di Compieta, ci invita a ripetere quelle parole per ricordarci non solo che il riposo notturno è affidato a lui, ma che tutta la nostra vita deve essere un atto di fede e abbandono in Lui, e che ogni momento ci prepara al meraviglioso dono della vita nuova ed eterna. La mano del Signore è rifugio sicuro, è guida e spinta a predicare nel suo nome e a testimoniare con la vita che crediamo nel suo amore che salva. «E la mano del Signore era con loro», con ogni suo discepolo, per annunziare la sua Parola e per «perseverare con cuore risoluto nel Signore».
Pascal Denault - Psaume 35 ➡️ RÉSUMÉ: En citant le Psaume 35 (cf. Jn 15.25), Jésus fait siennes les paroles du psalmiste qui sont une prière contre ses adversaires. Nous verrons que la portée de ce psaume d'imprécation dépasse éternellement le contexte de David et s'étend contre tous ceux qui s'opposent au Fils de David. Ce psaume s'applique également au peuple du Messie qui souffre avec lui dans ce monde afin d'être glorifié avec lui lors de son avènement. PLAN: 1. Eternel! défends-moi contre mes adversaires (v.1-10) - Dieu le défenseur (v.1-3) - Les ennemis vaincus (v.4-8) - La joie du salut (v.9-10) 2. Ils me rendent le mal pour le bien (v.11-18) - La prière pour les ennemis (v.11-16) - Seigneur! Jusqu’à quand? (v.17-18) 3. Eternel, ne reste pas en silence! (v.19-28) - Les ennemis sans cause (v.19-21) - La défense de Dieu (v.22-26) - L'allégresse des justes (v.27-28) QUESTIONS: 1. Comment peut-on résumer ce psaume en une seule phrase? 2. Sur quelle base peut-on interpréter ce psaume comme la prière de Christ contre ses ennemis? 3. Comment Christ devait-il vaincre ses ennemis? 4. Qu'est-ce que le livre des Psaumes révèle à propos de l'ange de l'Éternel? 5. Comment les ennemis de Christ envisageaient-ils sa mort? Qu'en est-il réellement? 6. Comment Christ a-t-il agi envers ses ennemis? 7. Comment Dieu a-t-il secouru Christ? 8. Que peut-on noter à propos de la troisième prière du Messie dans le Psaume 35? 9. Comment pouvons-nous appliquer le Psaume 35 à nos vies? Textes complémentaires: Jean 15.18-16.4 ; 1 Pierre 2.19–25
➡️ DESCRIPTION : Les 6 jours de la création sont divisés en 2 triades de jours. Chaque élément de la triade 1 (Jours 1-3) correspond à l’un des éléments de la triade 2 (Jours 4-6). Dans ce sermon, nous expliquerons les 5 premiers jours de la création (Ge 1.1-23). Nous expliquerons d’une part, les périodes de création (Héb : bara) et d’autre part, les périodes de différenciation appliquées aux différentes sections du processus créatif. Nous conclurons avec quelques applications spirituelles du texte, concernant la lumière spirituelle (2 Co 4.6), l’adoration et l’importance de l’étude, de la réflexion et de la médiation sur l’univers et la création. Textes complémentaires: Prédicateur: André Pinard
Pascal Denault - Psaume 33 ➡️ RÉSUMÉ: Il arrive que nos coeurs soient en panne d'inspiration pour louer Dieu convenablement. Le Psaume 33 vient alors à notre secours en stimulant notre louange par de nombreuses raisons pour célébrer l'Éternel et lui offrir un cantique nouveau. Nous pourrions résumer ce psaume en une seule phrase: le Psaume 33 nous invite à louer l’Éternel pour ce qu’il est et ce qu’il fait, et à lui confier entièrement notre cœur. PLAN: 1. Chantez à l'Éternel (v.1-3) 2. Célébrez ce qu'il est et ce qu'il fait (v.4-19) - Le créateur et la création - Le souverain et la providence - Le rédempteur et l'élection 3. Confiez-vous en lui de tout votre coeur (v.20-22) QUESTIONS: 1. Qu'est-ce que la louange et comment pouvons-nous la stimuler? 2. Quel est le lien entre les Psaumes 32 et 33? 3. Que peut on noter à propos du cantique nouveau? 4. Quelle est la relation entre ce que Dieu est et ce que Dieu fait? 5. Qu'est-il dit de Dieu en tant que Créateur? 6. Quelle est la relation entre les desseins des hommes et les plans de Dieu? 7. Quel est le but de la création et de la providence de Dieu? 8. Quelle est la réponse appropriée que Dieu attend de nous? Textes complémentaires: 2 Chroniques 29.1-11, 18-30 ; Apocalypse 14.1-5
Pascal Denault - Psaume 32 ➡️ DESCRIPTION: David explique l'essence de la joie véritable qui mène à la félicité. Ce bonheur repose sur le pardon des péchés et la vie nouvelle qui en découle. Dieu conduit à la repentance tous ses enfants, il leur enseigne l'obéissance et leur accorde la joie du salut. PLAN: 1. Bonheur du pardon (v. 1-2) 2. Conviction et repentance du péché (v. 3-5) 3. Réflexions à propos du salut (v. 6-11) - L'offre du salut (v. 6-7) - L'obéissance du salut (v. 8-9) - La joie du salut (v. 10-11) QUESTIONS: 1. Quel est le problème avec les bonheurs recherchés par les hommes? 2. Qu'est-ce que le premier mot du Psaume 32 exprime? 3. Quels sont les termes employés pour le péché et le pardon? 4. Comment ce psaume est-il utilisé dans le NT pour présenter la justification? 5. Qu'est-ce qui vient avec la justification? 6. À quoi ressemblent une conviction de péché et une vraie repentance? 7. Quelles sont les réflexions de David à propos du salut qu'il a reçu? Textes complémentaires: 2 Samuel 11.1-12.13 ; Romains 3.21-4.8
Pascal Denault - Psaume 31 ➡️ DESCRIPTION: Le psaume 31 est une prière de David où sont entremêlées la détresse et l'espérance. Les circonstances derrières cette prière sont incertaines, mais non seulement elles préfigurent les celles qui accompagneront Christ jusqu'à la croix, mais également celles qui accompagneront jusque dans la gloire tous ceux qui marcheront dans ses traces. PLAN: 1. L'espérance du malheureux (v. 1-6) 2. L'espérance dans la souffrance (v. 7-11) 3. L'espérance dans la solitude (v. 12-19) 4. L'espérance dans la louange (v. 20-25) QUESTIONS: 1. Que sait-on sur le contexte du Psaume 31 et la façon de diviser ce psaume? 2. En quoi consiste l'espérance du malheureux? 3. Que doit apprendre à faire le malheureux justifié? 4. Comment les idoles sont-elles une cause de souffrance? 5. Quel est le lien entre le corps et l'âme dans la souffrance? 6. Quelle est la durée de la souffrance? 7. Y a-t-il une espérance face à la solitude? 8. Quelle est l’utilité de la louange dans notre souffrance? 9. Pourquoi Dieu est-il digne de louanges malgré nos souffrances? Textes complémentaires: 1 Samuel 23 ; 2 Corinthiens 4.7-11
Pascal Denault - Psaume 30 ➡️ DESCRIPTION: Ce psaume anticipe magnifiquement la délivrance de toutes nos tristesses par la résurrection du Christ dans laquelle nous participons. Tous ceux qui sont l'objet de ce salut élèvent leur voix dans l'adoration joyeuse en attendant la plénitude de leur propre délivrance. PLAN: 1. La délivrance du Messie (v. 1-4) 2. La louange des saints (v. 5-6) 3. La colère sur le Messie (v. 7-11) 4. La délivrance du Messie (v. 12-13) QUESTIONS: 1. Quel est le lien entre nos soucis quotidiens et le Psaume 30? 2. Qu'est-ce que la suscription de ce psaume nous apprend? 3. Comment ce psaume trouve-t-il son accomplissement en Jésus? 4. Qui sont les saints et que doivent-ils faire? 5. Pourquoi la colère de Dieu fut-elle sur David et comment cela anticipa l'Évangile? 6. Quelles applications pouvons-nous faire du Psaume 30? Textes complémentaires: 2 Sam 24 ; És 38.16-20
Daniel Méthot-Pinel - Jean 18.37-38 ➡️ Description: Est-ce que tu as déjà eu un doute que la foi chrétienne est vraie ? Est-ce que tu t’es déjà demandé, si tout ce que nous croyons est simplement une tradition humaine qui a évolué avec le temps, et qui prétend être d’origine divine ? Après tout, beaucoup de gens croient sincèrement en des religions que nous considérons comme fausse, pourquoi ne pourrions-nous pas être parmi ces gens ? Il est normal d’avoir des doutes, tous les chrétiens de tous les âges en ont eu. Dans ce message, nous verrons comment nous pouvons savoir que notre foi est vraie. Dieu ne nous demande pas d’avoir une foi aveugle, il nous a créé rationnel et intelligent, capable de discerner le vrai du faux. Nous verrons tous les moyens que Dieu nous a donnés pour savoir qu’il a envoyé son fils dans le monde pour nous laver de nos péchés et nous réconcilier avec lui. Structure: 1) Prouver que la foi chrétienne est vraie. 2) Prouver que Dieu existe. 3) Prouver que Christ est ressuscité. 4) Des applications concrètes de la vérité de la foi chrétienne. Textes complémentaires: 1 Cor 15:1-41, Esaïe 53:1-5
Pascal Denault - Psaume 29 ➡️ DESCRIPTION: Lors d'un puissant orage qui frappe tout le pays, David est ému face à la puissance des éléments qui se déchaînent. Cette scène lui rappelle le déluge et l'amène à contempler le Dieu qui règne au-dessus de la tempête. Au travers des coups de tonnerres qui grondent, David trouve refuge dans la voix de l'Éternel qui manifeste sa gloire par le salut au travers du jugement. PLAN: 1. Rendez à l'Éternel gloire et honneur (v.1-2) 2. La voix de l'Éternel retentit (v.3-9) 3. L’Éternel règne éternellement et établit la paix (v.10-11) QUESTIONS: 1. D'où vient le titre à propos des sept tonnerres? 2. Comment ce psaume est-il divisé? 3. Qui sont les fils de Dieu? 4. Que décrivent les versets 3 à 9? 5. Comment David et le NT voient-ils le déluge? 6. Comment l'arc-en-ciel est-il rappelé dans le Psaume 29? Textes complémentaires: Genèse 6-7 ; 2 Pierre 3.1-13
➡️ DESCRIPTION : Le chrétien qui désire approfondir sa communion avec le Seigneur ne doit pas seulement apprendre à prier en tout temps et avec l’église réunie ; il doit aussi apprendre la grâce de la prière secrète. C’est enfermé dans le secret, cherchant la face de notre Père par la foi, que nous découvrons l’une des plus grandes subtilités d’avoir accès à un Dieu infiniment satisfaisant. PLAN: 1. L'individualité de la prière secrète. 2. L'occasion de la prière secrète. 3. La solitude de la prière secrète. 4. La communion de la prière secrète. 5. La récompense de la prière secrète. Textes complémentaires: Psaumes 73 ; 27.4-8 Prédicateur: Vincent Lemieux