POPULARITY
Iain Dale talks to journalist and historian Connor Hand about the extraordinary life of rule of Yugoslavua's post war ruler, Tito, who started out in life as Josip Broz.
El 4 de mayo de 1980 murió Josip Broz, conocido como el mariscal Tito por su rango militar, fue un político, militar comunista y presidente de Yugoslavia desde el final de la Segunda Guerra Mundial hasta su muerte.
Josip Broz wird 1892 in Kroatien geboren, das damals zu Österreich-Ungarn gehörte. Unter dem Kampfnamen Tito steigt er vom Partisanenführer zum Staatschef Jugoslawiens auf. Als er 1980 stirbt, hinterlässt er ein Machtvakuum - der Vielvölkerstaat zerfällt. Ernst, Sonja www.deutschlandfunk.de, Kalenderblatt
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=807510 FEBBRAIO: IL GIORNO DEL RICORDO, PER NON DIMENTICARE LE FOIBE di Roberto de Mattei Il 10 febbraio di ogni anno si commemorano le vittime dei massacri delle foibe e dell'esodo della popolazione della Venezia Giulia e della Dalmazia. La "Giornata del ricordo", istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, ha infatti stabilito questa data per "conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale".Le foibe nel loro significato geografico sono delle voragini, strette e profonde, che si aprono nei territori dell'Istria, della Dalmazia e del Friuli Venezia-Giulia, Ma sotto l'aspetto storico, la parola foibe indica le efferate violenze compiute in queste regioni dai partigiani comunisti jugoslavi, tra l'autunno del 1943 e il 1947, ben dopo la conclusione della guerra. Migliaia di italiani vennero "infoibati" ovvero gettati in queste orrende cavità, dopo essere stati assassinati, ma spesso ancora vivi, morendo tra atroci sofferenze.Questo assassinio di massa faceva parte del progetto politico di Josip Brosz Tito, segretario generale del Partito Comunista di Jugoslavia, che, con l'aiuto della Russia sovietica, a partire dal 1941, si mise alla testa di un Esercito popolare di Liberazione contro le forze di occupazione italo-tedesche. Il maresciallo Tito fu poi capo della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia dal 1945 fino alla sua morte nel 1980.Il piano di Tito prevedeva l'annessione della Venezia-Giulia e di altre terre allora italiane alla nuova Jugoslavia comunista, come in parte avvenne. Per raggiungere l'obiettivo era necessario eliminare fisicamente ogni possibile oppositore, indipendentemente dalle sue complicità con i tedeschi e il passato regime fascista. Si trattava soprattutto di distruggere la vecchia classe dirigente, come avveniva in tutti i paesi in cui il comunismo prendeva il potere. Furono prese di mira dunque anche personalità di orientamento moderato e antifascista, compresi alcuni cattolici e liberali che militavano nel Comitato di Liberazione Nazionale (CNL). Tutti coloro che venivano ritenuti contrari al progetto di espansione slavo-comunista venivano trucidati o avviati nei campi di concentramento.IL MASSACROGli storici stimano che oltre 10 mila persone furono gettate vive o morte nelle foibe, tra l'8 settembre 1943 e il 10 febbraio 1947, giorno della firma dei Trattati di Pace di Parigi, che assegnavano alla Jugoslavia, i territori, già italiani dell'Istria, del Quarnaro, della città di Zara con la sua provincia e della maggior parte della Venezia Giulia. L'occupazione jugoslava fu causa non solo del fenomeno delle foibe, ma anche di massicce deportazioni nei campi di concentramento jugoslavi e dell'esodo di circa 300mila giuliani, istriani, fiumani e dalmati.Il massacro ebbe inizio in Istria dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Nel momento in cui l'esercito italiano si sbandò, i partigiani di Tito, avviarono il terrore, con arresti, uccisioni, infoibamenti di italiani. Il 16 settembre fu arrestato dalle milizie comuniste il parroco di Villa di Rovigno Angelo Tarticchio. Dopo averlo torturato, i partigiani lo trascinarono presso Baksoti (Lindaro), dove assieme a 43 prigionieri, legati con filo spinato, venne ucciso con una raffica di mitragliatrice e gettato in una cava di bauxite. Quando un mese più tardi il corpo fu riesumato dai Vigili del Fuoco di Pola, lo si trovò nudo, con una corona di spine conficcata sulla testa e i genitali tagliati e conficcati nella bocca.Pochi giorni dopo, il 25 settembre, venne catturata a Visinada, insieme ad altri membri della sua famiglia, Norma Cossetto, una giovane ventitreenne. Dopo essere stata sottoposta a brutali sevizie da parte dei suoi carcerieri, nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943, la giovane fu gettata viva, legata a altre vittime, nella foiba di Villa Surani.In Istria, nell'antico castello Montecuccoli di Pisino, era insediato un feroce tribunale rivoluzionario. I condannati venivano legati con filo di ferro spinato e trasportati sull'orlo delle foibe dove erano uccisi a colpi di mitra e di fucile. In molte occasioni, prima dell'esecuzione, i prigionieri erano obbligati a spogliarsi completamente in modo da cancellare ogni possibile traccia della loro identità.FOIBA DI BASOVIZZA VANDALIZZATA DI RECENTELa seconda ondata di infoibamenti avvenne nel 1945, quando l'esercito di Tito invase la Venezia Giulia, giungendo a Trieste prima delle forze Alleate. Simbolo di queste stragi è la cosiddetta "Foiba di Basovizza", un pozzo minerario che, nel maggio 1945, divenne un luogo di esecuzioni sommarie per prigionieri, militari, poliziotti e civili, arrestati dai partigiani comunisti. A Basovizza arrivavano gli autocarri della morte con il loro carico di disgraziati. Questi, con le mani straziate dal filo di ferro e spesso avvinti fra loro a catena, venivano sospinti a gruppi verso l'orlo dell'abisso. Una scarica di mitra ai primi faceva precipitare tutti nel baratro.Il termine genocidio, con cui si intende definire il deliberato sterminio di un popolo o di una parte di esso, non è improprio per connotare questa "pulizia etnica". Bisogna ricordare però che la violenza dei partigiani di Tito non si limitò a colpire gli italiani, colpevoli di difendere la propria identità nazionale, ma si estese anche contro tutti quei militari e civili, sloveni e croati, che si opponevano all'instaurazione di una Repubblica comunista in Jugoslavia. La dimensione ideologica dell'eccidio era per certi versi più profonda di quella etnica e nelle foibe, italiani, tedeschi e slavi mischiarono spesso il loro sangue.Il dramma delle foibe va inserito all'interno di un processo rivoluzionario che ha le sue origini in Francia nel 1789. Il primo genocidio sistematico dalla storia fu infatti quello del popolo vandeano, che tra il 1793 e il 1797 si oppose alla Rivoluzione francese. Il maresciallo Tito attuava i principi della Rivoluzione francese e di quella comunista, secondo cui tutti i nemici della libertà e dell'uguaglianza, anche se solo "sospetti", vanno drasticamente eliminati. I crimini contro l'umanità che ancora oggi insanguinano il mondo sono figli di questa filosofia rivoluzionaria. E la giornata della memoria dedicata alle foibe ci ricorda anche questo.Nota di BastaBugie: Lorenza Formicola nell'articolo seguente dal titolo "Foibe: oltraggio alle vittime, pensioni d'oro ai carnefici" parla di Tito, dittatore comunista e medaglia al merito della Repubblica Italiana, onorificenza mai revocata così come i vitalizi pagati dall'INPS ai suoi soldati che divennero i boia dei loro connazionali.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 10 febbraio 2025:Sabato 8 febbraio, a quarantott'ore dal Giorno del Ricordo, e ottant'anni dall'inizio dei fatti, la foiba di Basovizza a Trieste è stata vandalizzata. Tre le frasi con l'inchiostro rosso: "Trieste è nostra", il motto usato dai comunisti; "Trieste è un pozzo", in riferimento alle foibe; "Morte al fascismo, libertà al popolo".E poi il numero 161, che sta per AFA, il collettivo antifascista internazionale d'ispirazione comunista. Ma l'oltraggio alle vittime delle foibe viene anche dai riconoscimenti istituzionali e dalle pensioni elargite ai loro carnefici.L'articolo 2 dello Statuto dell'Ordine «Al merito della Repubblica italiana», che disciplina il conferimento della più importante onorificenza del nostro Paese, prevede che il Presidente della Repubblica possa conferirla per «benemerenze di segnalato rilievo (...) e per ragioni di cortesia internazionale». La stessa «cortesia internazionale» che nell'ottobre 1969 (con il socialdemocratico Saragat al Quirinale e la Democrazia Cristiana al governo) consegnò la più alta delle onorificenze dello Stato italiano al dittatore Josip Broz, alias il maresciallo Tito, il dittatore comunista, assassino di nostri connazionali.Cinquantasei anni dopo, quella medaglia al merito è ancora lì, in palese contraddizione con una legge dello Stato che nel 2004, grazie al presidente Berlusconi, istituiva il Giorno del Ricordo per mantenere viva la memoria dei 10.000 italiani infoibati, della pulizia etnica d'Istria, Fiume e Dalmazia e dell'esodo di 350.000 italiani costretti a scappare dalle loro case. Insomma, mentre ricordiamo la tragedia degli italiani del Nord-Est ancora celebriamo la memoria dell'assassino Tito che li ha infoibati e costretti alla fuga.In questa legislatura ci sono due proposte di legge, alla Camera, primi firmatari Rizzetto (FdI) e Rampelli (FdI), e al Senato, primo firmatario Bizzotto (Lega), per revocarla post mortem. Sarebbe, infatti, un cavillo burocratico ad impedire di cancellare l'onorificenza di Tito: è morto. La legge già prevede di togliere l'onorificenza per «indegnità», come è stato fatto con al-Assad quando nel 2010 Napolitano gli aveva appuntato sul petto la stessa decorazione di Tito. Eppure, per un misterioso disegno, oltre che per ottusa burocrazia, da decenni, nessuno osa toccare quella medaglia che è un'offesa all'Italia.La nostra Penisola ha persino strade dedicate al comunista Tito. Un po' come se a Berlino, o in qualsiasi altro angolo d'Europa, ci fosse qualche piazza dedicata ad Hitler e nel mentre si celebrasse comunque la Giornata della Memoria. Con l'aggravante che per sessant'anni, in Italia, di
Piše Marija Švajncer, bereta Višnja Fičor in Renato Horvat. Na začetku zbirke Mateja Krajnca Josip Broz se je ustavil na Klanjškovi je navedeno pesnikovo pojasnilo, komu je pesniška zbirka namenjena. Prvi del je za deloholike in uslužbence na matičnih uradih, v oklepaju sta dodani besedi bratstvo in enotnost, drugi del pa je konstituiran za napitnine in pavšale, v oklepaju piše: 'vidim polja što se žitom zlate'. O Josipu Brozu Titu je poet napisal samo nekaj skoraj enakih pesmi, le njihov konec je vsakič drugačen. Klanjškova ulica je poimenovana po Jožetu Klanjšku – Vasji, slovenskem prvoborcu in narodnem heroju; njegovo življenje se je izteklo leta 1965. Ulico s Klanjškovim priimkom je mogoče najti v Celju, morda še kje drugje v Sloveniji. Matej Krajnc se je sicer rodil v Mariboru, toda prvo izobrazbo je dobil prav v Celju. Kot pesnik si je vzel umetniško svobodo in navedel, da se je predsednik nekdanje Jugoslavije na Klanjškovi ulici ustavil leta 1992. Maršalovo življenje se je, kot vemo, končalo leta 1980. Matej Krajnc je zbirko razdelil na cikle in jih označil z letnicami: 1981–1991, 1992–2002, 2003–2013 in 2014–2019. O dogajanju v teh obdobjih govorijo zgoščeni stihi, pravzaprav nizanje besed o popkulturi, potrošništvu z natančnim imenovanjem prodajnih artiklov, zlasti avtomobilov, o imenih skladateljev, popevkarjev in popevkaric in drugih ljudi, ki so vstopali v javnost. Avtor navaja verze iz otroških, ljudskih in partizanskih pesmi, ne brani se angleških, nemških in francoskih izrazov, tudi nekaterih iz nekdanje tako imenovane srbohrvaščine in še kakšnih, manj znanih, svoj prostor dobijo tudi zaznamovane besede. Pesnik se predaja ludizmu ter preseneča z novimi in novimi domiselnimi nonsensi, paradoksi in duhovitimi besednimi igrami. Pooseblja predmete, oponaša različne glasove in vse skupaj popestri z medmeti. Umetnikov polet domišljije je neustavljiv, vendar ne gre prezreti, da je v vrvenju in zgoščenosti mogoče začutiti in razbrati duh časa. Matej Krajnc je načrtno močno slovenski. Če bi njegove pesmi prevedli v tuje jezike, bralke in bralci po vsej verjetnosti ne bi vedeli, kdo sta Bedanec in Marta Pestator, zakaj so ptičice zbrane, kaj je povzročilo, da je reka mrtva, kateri izdelki so na voljo v Lesnini, kdo sta bila Blaže in Nežica, kako smo se odzvali na Jazbinškov zakon in kaj nam pomenita žalost in nostalgija v Sepetovi popevki Poletna noč. Poznali pa bi tuje svetovno znane glasbene skupine, like iz risank, filme, igralke, literate in še marsikaj drugega, kar se pojavlja v verzih Mateja Krajnca. Da bi bilo sporočilo bolj nazorno in udarno, avtor nekatere besede zapisuje z velikimi črkami in v krepkem tisku, tudi s tremi klicaji, na primer PRASCI!!!, druge v svetlejši tiskarski barvi, tu in tam kako besedo napiše kar z roko, da je vsa vegasta in skrivenčena. V zbirko je uvrstil različne simbole, del notnega črtovja, prometni znak in fotografije, na primer figurice Pez in naslovnice pesniške zbirke Milana Jesiha. Pomen notranje razgibanih Krajnčevih pesmi je treba razvozlavati, približno na polovici zbirke pa nam v ležečem tisku sam pojasni, za kaj bi lahko šlo: »pričujoča knjižica je pravzaprav svojevrstno nadaljevanje večkrat nagrajene zbirke verzov s popustom (vzporedna Jenkova e-nagrada 2018, virtualna nagrada Prešernovega sklada 2018, pesniški jerbas za najbolje opremljeno knjižico formata 12 x 18), ki je izkazala nekatere pomembne filozofske prelome v krajnčevem pesništvu, med drugim tudi zavračanje lezenja v nebeško kraljestvo skoz šivankino uho z bogastvom ali brez njega. ko beremo nove pesmi, si predstavljamo šivankino uho kot križišče, na katerem stoji pesnikov tovariš iz naslova in izbira sukanec.« Že res, da je v naslovu pesniške zbirke omenjen Josip Broz Tito, toda vsebina ni ne ideološka in ne politično poudarjena. Predsednik je pač prišel, prisluhnil kitari in si prižgal cigaro, z nami je in si misli svoje. Že res, da imajo baje komunisti sedežni red, božji odposlanci na zemlji pa prostor na odru, vendar se iz tega ne izcimi nič posebno kritičnega. Pesnik je tudi konkreten: obudi spomin na služenje vojaškega roka in pri tem začuti, da se mora zahvaliti mami, saj ga je naučila, da je treba vse pojesti. To mu je med vojaško obveznostjo prišlo prav. Niso ga tepli, spremljati pa je moral televizijska poročila. In kaj danes misli o sebi? »velikan sem / imam štampiljko / družba me uliva v bron / ker nihče v njej o meni ne misli tako« Navrže, da nismo malenkostni. Njegove pesmi so dinamične, ironične in vihrave. Čeprav nas prepričuje, da stvari ne smemo jemati pretirano resno, je slutiti, da se pesnik v kaotičnem svetu počuti ogroženega. Vase vpija dogajanje okrog sebe in skuša ohranjati svoj pesniški jaz ter biti glasnik ali pa morda zanikovalec nesmiselnega početja. »kaj zapisati / v jutrišnjo številko / lokalnega biltena / če so najlepši vrt / požrli termiti« Odgovor ni preprost. Toliko vsega se je nakopičilo, toda vredno je vztrajati, pa čeprav z ironijo, ujeto v verze, nagajivostjo in pomenljivim védenjem.
El final de la Primera Guerra Mundial y la paz de Versalles provocaron muchos cambios en el mapa de Europa. Uno de ellos fue la creación desde cero de un nuevo Estado que nunca antes había existido: el reino de los Serbios, Croatas y Eslovenos. Se construyó con retales tomados al fenecido Imperio Austrohúngaro en torno al antiguo reino de Serbia, un Estado nacido a finales del siglo XIX cuando el imperio Otomano se estaba deshaciendo en el continente europeo. La creación de esta nueva monarquía, heredera directa de la de Serbia, constituía un auténtico hito histórico ya que era la primera vez que los pueblos eslavos del sur conformaban un Estado soberano. Pedro I de Serbia, un rey soldado que había participado personalmente en la guerra combatiendo contra las potencias centrales, fue su primer monarca. Pero para poder existir como Estado independiente necesitaban que la comunidad internacional les reconociese. Ese reconocimiento llegó cuatro años más tarde, en 1922. El nombre del Estado era demasiado largo y difícil de pronunciar así que unos años después, ya con Alejandro I en el trono, el país cambió su nombre oficial por el de Reino de Yugoslavia, un término de nuevo cuño que significaba “país de los eslavos del sur”. La vida política de este reino fue breve y agitada. El rey fue asesinado y unos años después, en 1941, alemanes e italianos lo invadieron. Como había sucedido un cuarto de siglo antes, los yugoslavos se vieron metidos de lleno en un conflicto mundial. Los invasores desmembraron el país creando un Estado croata separado, lo que dio lugar a una guerra civil en la que llegó a haber tres Gobiernos yugoslavos: uno controlado por los alemanes, otro con apoyo británico y estadounidense, y otro más formado por partisanos que recibía ayuda de la Unión Soviética. Tras el término de la contienda Yugoslavia volvió a nacer e incluso creció territorialmente. Los aliados les entregaron la península de Trieste y parte de la Venecia Julia, que antes habían formado parte de Italia. El que no regresó fue el monarca, Pedro II, que se exilió en Estados Unidos y allí moriría muchos años más tarde. En su lugar se creó una república popular: la Yugoslavia Federal Democrática presidida con mano de hierro por un antiguo partisano croata llamado Josip Broz, aunque era conocido simplemente como Tito. La nueva Yugoslavia estaba formada por seis repúblicas que gozaban de cierto nivel de autogobierno: Serbia, Croacia, Eslovenia, Bosnia Herzegovina, Macedonia y Montenegro. Durante los primeros años de posguerra fue un caso de éxito. Tito marcó distancias con la Unión Soviética de Stalin y mantuvo buenas relaciones con Occidente. Llegó a ser un personaje muy popular e influyente en todo el mundo. La muerte de Tito en 1980 coincidió con una aguda crisis económica que no tardó en trasladarse al plano político. Resurgió el nacionalismo y los conflictos étnicos. La república se tornó ingobernable. La llegada de la Perestroika y la caída del muro de Berlín en 1989 se sumaron a los problemas internos y Yugoslavia saltó por los aires. Eslovenia y Croacia propusieron transformarlo en una confederación, pero no se llegó a acuerdo a alguno porque los serbios se negaban. Unos meses más tarde, en junio de 1991 estalló la guerra en Eslovenia, la primera de una serie de conflictos localizados en las diferentes repúblicas que se extenderían durante una década. Yugoslavia, que había nacido tras una guerra mundial que comenzó en los Balcanes, despareció tras una prolongada y sangrienta guerra civil dando lugar a un conjunto de siete Estados independientes. En El ContraSello: - El reino visigodo de Toledo - Polonia y su historia - Santiago Posteguillo Bibliografía: - "El sueño de Yugoslavia" de Jordi Cumplido - https://amzn.to/3OlT13p - "The Serbs: History, Myth and the Destruction of Yugoslavia" de Tim Judah - https://amzn.to/498En7O - "Yugoslavia: A Concise History" de L. Benson - https://amzn.to/3vN6tXD - "Yugoslavia: A History of its Demise" de Viktor Meier - https://amzn.to/3Sevq5L · Canal de Telegram: https://t.me/lacontracronica · “Hispanos. Breve historia de los pueblos de habla hispana”… https://amzn.to/428js1G · “La ContraHistoria de España. Auge, caída y vuelta a empezar de un país en 28 episodios”… https://amzn.to/3kXcZ6i · “Lutero, Calvino y Trento, la Reforma que no fue”… https://amzn.to/3shKOlK · “La ContraHistoria del comunismo”… https://amzn.to/39QP2KE Apoya La Contra en: · Patreon... https://www.patreon.com/diazvillanueva · iVoox... https://www.ivoox.com/podcast-contracronica_sq_f1267769_1.html · Paypal... https://www.paypal.me/diazvillanueva Sígueme en: · Web... https://diazvillanueva.com · Twitter... https://twitter.com/diazvillanueva · Facebook... https://www.facebook.com/fernandodiazvillanueva1/ · Instagram... https://www.instagram.com/diazvillanueva · Linkedin… https://www.linkedin.com/in/fernando-d%C3%ADaz-villanueva-7303865/ · Flickr... https://www.flickr.com/photos/147276463@N05/?/ · Pinterest... https://www.pinterest.com/fernandodiazvillanueva Encuentra mis libros en: · Amazon... https://www.amazon.es/Fernando-Diaz-Villanueva/e/B00J2ASBXM #FernandoDiazVillanueva #yugoslavia #serbia Escucha el episodio completo en la app de iVoox, o descubre todo el catálogo de iVoox Originals
This week Johnboy concludes the saga of Yugoslavia's long-reigning communist dictator, Tito! We see Josip Broz liberate the country from the Nazi occupation, exile the monarchy, survive multiple assassination attempts from Stalin and create a unique economic, cultural and geopolitical landscape all singularly Tito! Sources: https://www.slobodenpecat.mk/en/foto-site-zheni-koi-neuspeale-da-mu-odoleat-na-tito/ https://medium.com/@_lommol_/the-cult-of-tito-8907a0b4ff28 https://www.barrons. com/news/five-things-about-tito-thefather-of-communist-yugoslavia-01588211703 https://yugotour.com/blog/tito-leader/ https://www.kristinalang.uk/post/five-loves-of-josip-broztito-pet-ljubavi-josipa-broza-tita https://www.bbc.co.uk/history/worldwars/wwtwo/partisan_fighters 01.shtml#: https ://www.youtube.com/watch_?v=9goS_1_n_HM_-E&t= 708s https://content.time.com/time/subscriber/article/0,33009,868972,00.html https://en.wikipedia.org/wiki/Josip_Broz_Tito https://en.wikipedia.org/wiki/Yugoslavia_and_the_NonAlignedMovement https://en.wikipedia.org/wiki/Yugoslav_training_ship_Galeb https://rm.coe.int/079317-queer-in-europe-during-thesecond-world-war-web-web/16808e4a53
Ein Gespräch mit der Historikerin Marie-Janine Calic über ihre Biographie „Tito. Der ewige Partisan“ (C.H. Beck, 2020), die sich mit dem wohl wichtigsten politischen Akteur in der Geschichte Jugoslawiens auseinandersetzt: Josip Broz (1892-1980), besser bekannt als Tito. Wir sprechen über zentrale Stationen, Konflikte und Wendepunkte im Leben des langjährigen jugoslawischen Staatschefs, der bis in die Gegenwart als Freiheitskämpfer und Integrationsfigur verehrt, aber auch als Massenmörder und Diktator verunglimpft wird.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=12&testo_ricerca=porzusLE RESPONSABILITA' DEL PARTITO COMUNISTA NELLA STRAGE DI PORZUSIl proditorio agguato e l'assassinio di ventuno persone fra le quali una donna sono il tragico epilogo di una fra le più spietate vicende della guerra civile condotta dalla parte comunista, italiana e slovena, appoggiata dalle truppe di Josip Broz, il Maresciallo Tito, contro chiunque non aderisse al loro sciovinismo e non accettasse la loro violenza di classe.I fatti accaddero il 7 febbraio 1945 e furono poi a lungo celati e depistati fino al giugno del 1993, quando l'ex comandante e deputato comunista italiano Mario Lizzero, già commissario delle divisioni comuniste Garibaldi e Friuli, dichiarò testualmente: «Porzûs più che una colpa è stato per i comunisti un errore mostruoso».I FATTINelle Malghe di Topli Uork sopra Canebola, in provincia di Udine, comunemente note come Malghe di Porzûs, in località Bosco Romagno furono massacrati partigiani della divisione Osoppo appena giunti in ricognizione e fatti prigionieri. Furono uccisi subito il comandante "Bolla", capitano Francesco De Gregori, il delegato politico "Enea", tenente Gastone Valente, la giovane Elda Turchetti, già denunziata come spia da Radio Londra, che si era costituita al comando della Osoppo qualche tempo prima e, sottoposta a istruttoria sommaria sul posto, era stata assolta, e il giovane Giovanni Comin "Gruaro", che quel giorno era diretto alle Malghe per arruolarsi nelle formazioni della stessa Osoppo. Altri quattordici furono fatti prigionieri, condotti in pianura e brutalmente passati per le armi nei pressi di Spessa di Cividale. Fra di essi Guido Pasolini detto "Ermes", esponente del Partito d'azione, fratello di Pier Paolo Pasolini, lo scrittore comunista. A costoro vanno aggiunti altri tre partigiani trucidati nei pressi di Drenchia.Della brigata Osoppo facevano parte, in prevalenza, cattolici, uomini del Partito d'azione, ex ufficiali e soldati del disciolto esercito italiano, altri aderenti a idee moderate e riformiste di tendenza socialista. In quel periodo operano nella zona friulana dodici battaglioni comunisti garibaldini; quattro battaglioni della divisione Natisone, che accetterà la disposizione di unificarsi sotto il comando slavo; sette battaglioni che appartengono alla Osoppo, accusati di essere in trattative, inesistenti, con i fascisti e che comunque agiscono in base alle direttive del governo nazionale del Sud e dei comandi anglo-americani.Tre furono i sopravvissuti, poi testimoni di accusa nei procedimenti penali del 1952, 1954 e 1957, nei quali furono condannati all'ergastolo e alcuni a trent'anni i comandanti e partigiani della brigata comunista dei Gap, i Gruppi d'azione patriottica, denominata "13 martiri di Feletto": Mario Toffanin detto "Giacca", già militante nelle formazioni armate titoiste, Juro detto "Marco", Tabosso detto "Ultra" assieme ad altri 36 imputati, tutti ritenuti responsabili dell'eccidio.A sera, dopo aver depredato le Malghe e asportato tutti i documenti e spogliati i cadaveri, gli armati dei Gap piegarono verso la zona del Collio. Furono riconosciuti e, interrogati, dissero che avevano «fatto un'operazione di disarmo di quei porci di badogliani». Il giorno dopo l'eccidio, un abitante di Porzûs scoprì casualmente i cadaveri dei trucidati e con l'aiuto di alcuni volonterosi provvide al trasporto delle salme nel paese di Racchiuso e poi a Savorgnano.INQUINAMENTI E DEPISTAGGIDa allora cominciò il contorto periodo dei depistaggi. Il 12 febbraio, cinque giorni dopo la strage, il Pci di Udine si dichiara impegnato a smascherare la dirigenza della Osoppo, «con una campagna sistematica per isolare quel gruppo di sciovinisti antigaribaldini, anticomunisti, antisloveni». Sempre da fonte comunista si diffonde la notizia, inattendibile perché subito smentita da testimoni oculari, che la strage è avvenuta ad opera di un fantomatico reparto di nazisti camuffati da partigiani.L'«ALTRA» INDAGINEIl comando della Osoppo decide invece di compiere una sua prima indagine. Intanto si fa strada una nuova versione della Federazione comunista di Udine nella quale si sostiene che l'eccidio sarebbe stato un «colpo di testa del comandante partigiano "Giacca"». Il 25 giugno 1945 viene infine presentata la denunzia della Osoppo per omicidio aggravato continuato, saccheggio, sequestro di persona, tradimento, quest'ultimo secondo gli articoli 112 e 241 del Codice penale. Vengono imputate dinnanzi alla corte d'Assise di Lucca cinquanta persone. Dopo vari rinvii, determinati da incidenti e adempimenti procedurali come l'invocazione della legittima suspicione e la riunione con altri procedimenti, ha inizio il processo.Il 5 aprile del 1952 la corte d'Assise di Lucca commina tre ergastoli e altre pene variabili da 22 a 12 anni di reclusione per gli altri 26 imputati. Ma nell'anno 1959 la corte d'Assise di Perugia applica su tutti l'amnistia denominata di Togliatti.Ma qual è l'atteggiamento dei vertici comunisti? In coincidenza con l'eccidio delle Malghe di Porzûs e cioè lo stesso 7 febbraio 1945, il ministro della Giustizia Togliatti aveva inviato una lettera al Presidente del Consiglio del governo del Sud, onorevole Ivanoe Bonomi, con la minaccia di «reazioni ingovernabili degli iscritti al Pci se il Comitato di Liberazione Alta Italia avesse ordinato agli italiani di prendere sotto controllo la Venezia Giulia per evitare l'occupazione jugoslava».Va precisato che in precedenza, cioè il 24 settembre 1944, da Mosca e a nome espresso di Togliatti, Vincenzo Bianco "Vittorio" (che allora era l'alter ego di Togliatti) in una lettera aveva stabilito che tutte le unità italiane che si trovavano nel territorio friulano dovevano porsi sotto il comando del IX Corpus jugoslavo e che in relazione ai contrasti sorti tra i Gap e la Osoppo «bisognava fare repulisti in essa di tutti gli elementi fascisti e imperialisti».L'orrore suggellò questa tragica disposizione.Massimo Caprara(segretario di Palmiro Togliatti, leader storico del Partito Comunista Italiano)Fonte: Il Timone n. 45 Luglio-Agosto 2005
English Learning for Curious Minds | Learn English with Podcasts
Tito, the former president of Yugoslavia, survived 21 assassination attempts, fought in two world wars, and managed to stand up to Josef Stalin and live to tell the tale. In this episode we tell the tale of the fascinating life of Josip Broz, 'Tito'. Full transcript, key vocabulary, and bonus episodes available on www.leonardoenglish.com
Armut, Ausgrenzung und Hass gegen ethnische Minderheiten. Noch heute leiden die Menschen im ehemaligen Jugoslawien an den Folgen des Bürgerkrieges. Warum ist Jugoslawien zerfallen? Einen Verbund verschiedener Staaten in Mittel- und Südosteuropa hatte es in unterschiedlicher Form bereits seit 1918 in einem Königreich gegeben. 1941 überfiel das nationalsozialistische Deutschland die Region und überzog mit Hilfe des kroatischen Ustascha-Regimes das Königreich mit Terror. Juden, Roma und Menschen aus anderen Volksgruppen wurden systematisch ermordet. Die kommunistischen jugoslawischen Partisanen bekämpften die Faschisten in der Region und befreiten das Land von den Besatzern. Der Führer der Partisanen war Josip Broz, genannt Tito. Der charismatische Politiker war seit der Gründung der Sozialistischen Föderativen Republik Jugoslawien im Jahr 1945 bis zu seinem Tod 1980 der Staatschef Jugoslawiens. Der Vielvölkerstaat Jugoslawien war ein vielfältiger, multi-ethnischer Staatenverbund mit einem starken wirtschaftlichen Gefälle zwischen dem Norden und dem Süden. Bereits 1971 gab es erste Forderungen nach Unabhängigkeit in den Teilstaaten. Während der 1990er Jahre forderten immer mehr Republiken ihre Unabhängigkeit. Das politisch dominante Serbien und seine Machthaber antworteten mit Unterdrückung und Gewalt. In allen Teilrepubliken Jugoslawiens wurden ethnische und nationalistische Gefühle der Menschen mobilisiert, um territoriale Ansprüche durchzusetzen. Der blutige Bürgerkrieg, der zum Zerfall Jugoslawiens führte, dauerte 10 Jahre. Der Film geht den Ursachen für die Auflösung Jugoslawiens nach und zeigt, welche Auswirkungen der Konflikt bis heute hat. (Online-Signatur Medienzentren: 4986277)
In today's episode, Javit and Shannon tell the story of Josip Broz, former leader of Yugoslavia.
Es ist eigentlich kaum möglich, über die Geschichte Jugoslawiens zu sprechen ohne auch über Josip Broz alias Tito zu reden. Wie keine zweite Persönlichkeit prägte der "Schlosser aus Kumrovec" die Geschichte Jugoslawiens im 20. Jahrhundert. In dieser ersten von zwei Episoden widmen sich Krsto und Danijel dem Aufstieg des späteren jugoslawischen Präsidenten vom Sohn einer armen Bauernfamilie aus Nordkroatien zum Kopf der Kommunistischen Partei Jugoslawiens und schließlich zum Anführer der Partisanenbewegung im Zweiten Weltkrieg. Als "Wegweiser" dient dabei die Tito-Biografie von Joze Pirjevec. Darüber hinaus erfahrt Ihr, wie Eure beiden Lieblingspodcaster erstmals mit "Marschall Tito" in Berührung gekommen sind und was Krsto von der Westbalkan-Konferenz hält. Und - kaum zu glauben - es gibt Nachrichten aus Slowenien.
Karine Mannerfelt återvänder till personer och platser hon besökte under kriget. Sarajevo var belägrat i närmare fyra år mellan 1992 och 1996. Sarajevoborna blev kända för sin värdighet mitt i detta kaos. Men vad hände sen? – Vi vann belägringen, men förlorade ändå, säger Suada Kapic som allt sedan belägringen jobbat med att skapa ett virtuellt museum över krigsåren. Bosnien är ännu inte en fungerande stat. Daytonavtalet som slöts i slutet av 1995 gjorde slut på kriget, men inte på konflikten som fortfarande är densamma. Men där finns de som känner sig kallade att försöka reparera det som skadats under kriget. En av dem är Svetlana Broz, barnbarn till det socialistiska Jugoslaviens ledare Josip Broz, kallad Tito. Efter 20 år som hjärtläkare i Serbiens huvudstad Belgrad har hon flyttat till Sarajevo där hon – som hon själv uttrycker det – nu reparerar själar i stället för hjärtan. Följ med Karine Mannerfelt när hon vandrar i sina egna fotspår genom staden hon besökte 1995, mitt under belägringen.