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Saranno Federico Zilio, ricercatore e docente dell'Università di Padova, e Paolo Forzan, medico generalista, consulente in cure palliative e componente del Comitato Etico dell'istituto Opera della Provvidenza di Sant'Antonio, i protagonisti della serata di oggi voluta dal Circolo del Partito Democratico di Piovene Rocchette: "Comprendere il fine vita per una scelta consapevole", con inizio alle 20.30 nella sala conferenze della Biblioteca di Piovene Rocchette.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8126LA STORIA DELL'UOMO RISPARMIATO AD AUSCHWITZ GRAZIE A PADRE KOLBE di Paola Belletti Franciszek Gajowniczek, prigioniero numero 5659, è morto quasi centenario 30 anni fa. Un nome, il suo, che immediatamente ai più forse non dice nulla, come il numero con il quale i destinati alla soluzione finale venivano umiliati privandoli della loro identità e del loro rango di persone. Non era così agli occhi di un sacerdote - e per molti, moltissimi altri che hanno illuminato come diamanti le tenebre e l'orrore dei campi di concentramento nazisti. Per padre Massimilano Kolbe quell'uomo era tanto prezioso e meritevole di amore anche in quella condizione di sofferenza e crudeltà estreme che per lui offrì in sacrificio la propria vita e, miracolo, la sua offerta fu accolta.Ne ripercorre la storia il National Catholic Register: «Il 29 luglio 1941, nel piazzale dell'appello di Auschwitz, un grido straziante squarciò la gola di Franciszek Gajowniczek: "Ho pietà di mia moglie e dei miei figli!"». L'uomo era stato scelto insieme ad altri nove, senza criterio di giustizia alcuna, per essere lasciato morire di fame: la loro sorte era nella logica del campo di sterminio una perversa riparazione per il tentativo di fuga di un altro prigioniero. «Pochi istanti dopo, accadde un evento straordinario. Dalle fila dei prigionieri uscì il francescano conventuale Padre Massimiliano Kolbe: "Sono un prete; voglio morire per lui!" La sua offerta fu accettata. Gajowniczek sopravvisse alla guerra, ma la sua vita fu segnata dal dolore e dalla sofferenza.»IL GIOVANE FRANCESCANO E IL SOLDATOIl sacerdote, proclamato santo il 10 ottobre del 1982 da Giovanni Paolo II, morì pronunciando come ultime parole le prime della preghiera mariana per eccellenza: "Ave Maria". La sua vita era stata tutta tesa a diffondere il Vangelo e la devozione all'Immacolata, una missione realizzata con ingegno e creatività e in nome della stessa fede che lo ha portato a compiere il sacrificio estremo come naturale compimento del suo cammino. La sua storia ha come svelato l'intreccio invisibile ma reale che lega l'uomo al suo fratello, una trama che l'Incarnazione di Cristo ha riparato ed elevato al Cielo, fino a farsi carico della tutela del bene così prezioso della vita altrui, in vista del bene ultimo della vita eterna.«Gajowniczek proveniva da una povera famiglia polacca. Nacque il 15 novembre 1901 a Strachomin, un villaggio a circa 62 miglia a est di Varsavia. Attratto dall'esercito, prestò servizio nel 36° reggimento di fanteria della Legione accademica a Varsavia e fu persino ferito nel 1926 durante un colpo di stato politico in Polonia. A quel tempo, l'esercito era tutta la sua vita. Padre Maximilian Kolbe, di qualche anno più grande di Gajowniczek, nacque l'8 gennaio 1894 nella città industriale di Zduńska Wola. Iniziò il noviziato nel 1910, prendendo il nome di Maximilian. Quando si presentò l'opportunità per la Polonia di riconquistare l'indipendenza, intendeva lasciare l'ordine per combattere per una patria libera, ma la Provvidenza decise diversamente».DUE STORIE DESTINATE A INTRECCIARSIQuando incontrò e si innamorò di Helena il giovane Franciszek trovò nel matrimonio la forma decisiva della sua vita: ebbero due figli e godettero della dolcezza della vita familiare. Nel frattempo il giovane Kolbe stampava e distribuiva quasi un milione di copie del Cavaliere dell'Immacolata pubblicazione della Milizia Mariana, da lui fondata quando studiava a Roma. Allo scoppio del conflitto mondiale Gajowniczek era sergente e si impegnò nella difesa della prima città polacca attaccata dai tedeschi dimostrando un coraggio eccezionale.«Dopo che la sua unità fu distrutta, cadde prigioniero dei tedeschi ma fuggì per unirsi alla resistenza clandestina. La Gestapo lo catturò mentre tentava di raggiungere l'Ungheria. Prima di arrivare ad Auschwitz, sopportò sette mesi di brutali interrogatori, entrando nel campo nel settembre 1940». La moglie non sapeva nulla di lui se non che era stato deportato in un campo. Sorte che toccò anche il giovane e battagliero sacerdote: la sua opera di soccorso e aiuto ai numerosi ebrei espulsi rifugiatisi nel monastero di Niepokalanów attirò le nefaste attenzioni naziste e venne arrestato. «Nel febbraio 1941, fu mandato nella prigione di Pawiak e in seguito ad Auschwitz».LA PRIGIONIA AD AUSCHWITZ E IL SACRIFICIO DI SAN MASSIMILIANO KOLBEIn quell'inferno che fu il campo di concentramento di Auschwitz i destini dei due uomini si incontrarono. Durante l'appello durato meno di un minuto per destinare 10 prigionieri al bunker della fame san Massimiliano Kolbe levò la voce con quell'insolita offerta che lasciò nello stupore gli altri prigionieri e soprattutto ottenne il consenso dei militari impegnati nell'esecuzione. La salvezza che Kolbe ottenne per Gajowniczek lo preservò in una vita però piena di prove, pericoli mortali dai quali lui e gli altri vollero strapparlo a tutti i costi perché, dirà lo stesso Franciszek non voleva rendere vano il suo sacrificio. «La volontà di vivere di Gajowniczek era straordinaria. Sopravvisse ad Auschwitz e a Sachsenhausen, un altro campo di concentramento nazista. Sopravvisse a una marcia della morte due settimane prima della fine della guerra: 12 giorni senza cibo né acqua, sopravvivendo con erba secca e ortiche. Non sapeva ancora che una tragica notizia lo attendeva a casa».Una volta tornato in Polonia si ricongiunse con la moglie e seppe della morte dei due figli. La moglie si era assentata per spedire un pacco al marito mentre i ragazzi perirono in un bombardamento dell'Armata Rossa, a guerra quasi finita. Una beffa del destino che amareggiò profondamente l'uomo che addirittura rimpianse di essere stato salvato perché se lui fosse morto sua moglie non avrebbe avuto nessuno a cui spedire provviste. Si arrese però alla imperscrutabile volontà di Dio che invece aveva disposto diversamente.LA TESTIMONIANZA DI GAJOWNICZEKFino a che lo stesso Gajowniczek non mandò la sua testimonianza alla rivista della Milizia Mariana del padre di famiglia per cui Padre Kolbe si era sacrificato non si sapeva nulla: «Come il Cavaliere dell'Immacolata sia arrivato nelle mani di Gajowniczek resta un mistero. Ciò che è certo è che, nel maggio del 1946, pubblicò la sua testimonianza, "La voce del sopravvissuto". Il suo passaggio finale spicca: "Sono cresciuto in un clima religioso; ho mantenuto la mia fede nei momenti più difficili; la religione era il mio unico sostentamento e la mia unica speranza in quel momento. Il sacrificio di Padre Massimiliano Kolbe ha ulteriormente intensificato la mia religiosità e devozione alla Chiesa cattolica, che dà vita a tali eroi"». Rimasto vedovo nel 1982, morì il 13 marzo del 1995 all'età di 94 anni con a fianco la seconda moglie Janina. «Al funerale, il vescovo disse: "Era una reliquia vivente rimasta dopo Padre Massimiliano"».
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10 cose che devi sapere sui Promessi Sposi di Alessandro Manzoni per superare l'interrogazione: scopri quali sono i punti da tenere a mente.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8120GIOVANNI DI DIO, COLUI CHE RIVOLUZIONO' L'ASSISTENZA AI MALATI di Antonio Tarallo Un folle della carità. Un amore, il suo, riflesso del grande Amore di Dio per l'umanità. Una mano aiuta un'altra mano, un cuore soffre per un altro cuore sofferente: è questa la sintesi estrema della biografia di san Giovanni di Dio, del quale oggi ricorre la memoria liturgica. La sua figura affascinerà persino Lope de Vega, il famoso drammaturgo spagnolo che scriverà un'opera in versi su di lui. Ma la follia di cui stiamo parlando denota caratteri, in senso buono, rivoluzionari. Qual è stata la "rivoluzione", la novità che san Giovanni di Dio ha portato nel mondo?Fondatore dell'Ordine ospedaliero che reca il suo nome, detto anche dei Fatebenefratelli, il santo spagnolo di origini portoghesi ci ha lasciato un nuovo modello di attenzione al malato e al bisognoso. Un modello nel quale ogni uomo è accolto e assistito con amore. Un termine, soprattutto, ha fatto la differenza rispetto ad altri sistemi di accoglienza - contemporanei a san Giovanni di Dio - degli ammalati: "totalità", matrice e motore di radicali novità nel sistema assistenziale dell'epoca.L'assistenza pastorale e sanitaria, per lui, partiva da Cristo, unica origine di salute e salvezza. E l'accompagnamento spirituale degli ammalati e dei bisognosi, dei loro familiari e dei collaboratori, era parte integrante della sua missione ospedaliera. Francisco de Castro, suo primo biografo, scrive che san Giovanni di Dio «si occupava tutto il giorno in diverse opere di carità, e la sera, quando tornava a casa, per quanto stanco fosse, non si ritirava mai senza aver prima visitato tutti gli infermi, uno per uno, e chiesto loro com'era andata la giornata, come stavano e di che cosa avevano bisogno, e con parole molto amorevoli li confortava spiritualmente e corporalmente». Duplice impegno, duplice visione: spiritualmente e corporalmente. Queste due parole dicono tutto della sua visione di assistenza medica.GUARDARE A OGNI SINGOLA PERSONAIn san Giovanni di Dio, "ospitalità" non voleva dire solamente accogliere gli ammalati, ma era guardare a ogni singola persona, con il proprio bisogno: un "sistema sanitario" (così lo definiremmo oggi) attento all'individualità del singolo. Lo stile che aveva san Giovanni di Dio nella gestione delle sue opere è possibile trovarlo descritto in tante testimonianze. Come ad esempio questa: «Comprò letti ed accolse i poveri e mise infermieri che potessero accudirli e un cappellano che li confessava e amministrava i sacramenti». I confratelli che lo aiutavano nell'opera assistenziale «curavano e davano loro tutto il necessario, come medici, medicinali e tutto il necessario» (in José Sánchez Martínez O.H., Kénôsis-diakonía en el itinerario espiritual de San Juan de Dios, Fundación Juan Ciudad, Madrid, 1995).Uomo soprattutto del fare, Giovanni non ci ha lasciato molti scritti se non una raccolta di sei lettere indirizzate a Luigi Battista, al nobile Gutierre Lasso e alla Duchessa di Sessa. Il santo era loro direttore spirituale. Tra confidenze personali e insegnamenti evangelici, in queste pagine dallo stile semplice e diretto, troviamo la sua visione di assistenza ai malati, moderna e pragmatica, senza mai però trascurare l'aspetto spirituale che per lui ricopriva il primo posto. Colpisce l'incipit, uguale per tutte le lettere: «Nel nome di nostro Signore Gesù Cristo e di nostra Signora la Vergine Maria sempre intatta; Dio prima di tutto e sopra tutte le cose del mondo». Dio, prima di tutto, e la Sua Santa Madre, la Vergine Maria: per il santo, tutto deve iniziare da questo pensiero.Altro punto in comune delle lettere, il poco tempo che san Giovanni di Dio può riservare alla scrittura di queste, perché totalmente assorbito nelle opere di carità: «Scrivo questa lettera in fretta per spedirla subito, e ho tanta premura che quasi non ho tempo di raccomandare la cosa a Dio; ed è necessario raccomandarla molto a nostro Signore Gesù Cristo e con più tempo di quanto io ne abbia». In una lettera indirizzata a Gutierre Lasso ci lascia una fotografia della sua prima casa d'accoglienza a Granada: «Essendo questa una casa per tutti, vi si ricevono indistintamente persone affette da ogni malattia e gente d'ogni tipo, sicché vi sono degli storpi, dei monchi, dei lebbrosi, dei muti, dei matti, dei paralitici, dei tignosi e altri molto vecchi e molti bambini; senza poi contare molti altri pellegrini e viandanti che vengono qui e ai quali si danno il fuoco, l'acqua, il sale e i recipienti per cucinare il cibo da mangiare. Per tutto questo non vi è rendita alcuna, ma Gesù Cristo provvede a tutto».FATEBENEFRATELLIStrumenti di questa Provvidenza furono molte volte proprio Lasso e la Duchessa di Sessa: il santo sa bene che per portare avanti l'opera di assistenza agli ammalati e ai bisognosi vi sono delle necessità materiali. In una lettera alla Duchessa di Sessa, ad esempio, troviamo scritto: «Gesù Cristo vi ricompensi in cielo dell'elemosina e della santa carità che sempre mi avete elargita». E ancora: «L'anello (scrive riguardo ad un anello donato dalla duchessa, ndr) è stato utilizzato così bene che, col denaro ricavato, ho vestito due poveri piagati e ho comprato anche una coperta».Tutto questo lavoro per il Signore e per i bisognosi non è andato sepolto con la morte del santo spagnolo († 8 marzo 1550), che tra l'altro non lasciò nessuna Regola scritta all'Ordine ospedaliero. Ma l'organizzazione era già chiara. Ne sono testimonianza queste righe del suo primo biografo, il già citato Francisco de Castro: «In questa casa di Granata ordinariamente vi sono da diciotto a venti fratelli. Alcuni di essi lavorano nelle infermerie assistendo i poveri, altri nei vari uffici della casa. Altri, invece, vanno a chiedere elemosina per la città, ripartita in parrocchie, chiedendo ciascuno nella propria. Altri vanno fuori per le campagne e i paesi a chiedere grano, orzo, formaggio, olio, uva passa, e le altre cose necessarie alla vita».Si presenta, dunque, nuovamente agli occhi di noi contemporanei un fatto preciso: l'eredità della moderna concezione ospedaliera di san Giovanni di Dio è nell'aver formato, con il suo esempio, i suoi confratelli. Un'eredità che ancora oggi perdura grazie alla presenza dei religiosi dell'Ordine e a quella degli operatori sanitari appartenenti alle strutture ospedaliere dei Fatebenefratelli che, con amore e dedizione, prestano la loro opera nel mondo.Nota di BastaBugie: Ermes Dovico nell'articolo seguente dal titolo "La carità di san Giovanni di Dio verso le prostitute" ricorda che l'8 marzo è la festa del fondatore dei Fatebenefratelli. Oltre a prendersi cura di poveri e malati, liberò molte prostitute dagli sfruttatori, puntando al loro recupero integrale e quindi alla loro salvezza eterna.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l' 8 marzo 2025:Il fondatore dei Fatebenefratelli, san Giovanni di Dio (1495 - 8 marzo 1550), è conosciuto soprattutto come patrono dei malati, degli ospedali e degli infermieri. Patronati evidentemente di estrema importanza, che condivide con un altro grande santo: l'italiano Camillo de Lellis (25 maggio 1550 - 14 luglio 1614), fondatore dei Ministri degli Infermi (comunemente detti Camilliani), nato appena due mesi e mezzo dopo la morte di Giovanni, come in una singolare e provvidenziale "successione" nella Chiesa universale.Non si dirà mai abbastanza della carità che san Giovanni di Dio (come anche san Camillo) esercitò verso i malati: non solo la Chiesa ma il mondo intero ha bisogno che si diffonda la conoscenza del suo esempio, tanto più in un'epoca come la nostra in cui si sta propagando una mentalità utilitaristica che dimentica che il malato è una persona umana, unione di corpo e anima. Da trattare e amare come faceva il nostro santo: come se avesse davanti Gesù in persona.Ma qui vogliamo soffermarci su un altro aspetto importante, eppure poco conosciuto, della vita di san Giovanni di Dio: la sua carità verso le prostitute. Molte furono coloro che il santo strappò dalle mani del demonio, conducendole a quelle del Signore. Basti leggere quanto riferisce il suo primo biografo, Francisco de Castro, sacerdote e rettore dell'Ospedale di Granada, che scrisse la vita del santo a una trentina d'anni dalla sua morte.Per amore di Gesù e della Passione che ha sofferto per noi, Giovanni - a un certo punto del suo apostolato a Granada - prese l'abitudine di andare, ogni venerdì, nei postriboli della città, con il fine di aiutare qualche prostituta a salvarsi l'anima. Abitualmente, appena entrato nel bordello, si rivolgeva alla donna che gli sembrava più lontana da Dio e le chiedeva solo di ascoltarlo, promettendole che le avrebbe dato anche più degli altri clienti. Quindi, riferisce il Castro, «la faceva sedere ed egli si inginocchiava per terra dinanzi a un piccolo crocifisso che portava con sé a tale scopo; ed ivi cominciava ad accusarsi dei propri peccati e, piangendo amaramente, ne chiedeva perdono a nostro Signore, con tanto affetto, che anche in essa suscitava contrizione e dolore delle sue colpe. E così, con questo accorgimento, attirava la sua attenzione ad ascoltarlo e cominciava a narrare la passione di nostro Signore Gesù Cristo, con tanta devozione, che la commuoveva fino a farle versare lacrime».
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Episode Hors-série : Le challenge du Tarot bootcamp avec Jade Provvidenza @sorciere.urbaine Dans le cadre de cet évènement, tous les jours sur le Magicien du 22 au 29 Novembre, découvre le contenu du Bootcamp en pratiquant avec nous. Aujourd'hui, Jade te propose un super tirage business qui peux aussi être très utile pour tous les projets créatifs !! Le tirage pour dégommer les croyances limitantes ! C'est aussi l'occasion de parler de son programme exclusif que tu peux retrouver dès lundi dans le Tarot bootcamp !
Abbandonarsi totalmente alla Provvidenza di Dio non è un di più, bensì è la sostanza di una vera vita di fede.
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La Congregazione dei Chierici Regolari di San Paolo, conosciuta con il nome di Barnabiti, festeggia il terzo sabato del mese di novembre la Madonna della Divina Provvidenza, Mater Divinae Providentiae, alla quale riserva una particolare venerazione. Dopo la morte del fondatore di quest'ordine, sant'Antonio Maria Zaccaria (1502-1539), il culto alla Divina Provvidenza venne espresso dalla devozione verso un quadro dal titolo "Mater Divinae Providentiae", dipinto da Scipione Pulzone da Gaeta intorno al 1580, ed esposto in ogni casa e cappella barnabita. Nel 1744 Benedetto XIV concesse una messa della beata Vergine Maria, Madre della Divina Provvidenza, venerata a Roma nella Chiesa di san Carlo detta «ai Catinari», da celebrarsi il sabato che precede la terza domenica di novembre. Il 5 agosto 1896, padre Benedetto Nisser, Superiore Generale dei Barnabiti, stabilì che ogni chierico regolare doveva avere una copia di tale dipinto nella propria residenza.
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L'Atalanta non riesce a sfondare la muraglia scozzese del Celtic, mentre un'Inter forse fin troppo rimaneggiata strappa i tre punti solo nel recupero in casa dello Young Boys, grazie ai subentrati Dimarco e Thuram. Questa sera tra Europa League e Conference League tocca ad altre tre italiane andare a caccia di punti pesanti. Ne parlano Luca Tumminello e Tommaso Murdocca.Potrero, dove tutto ha inizio. Un podcast sul calcio italiano e internazionale.Su Mola (www.mola.tv) nel 2024 potrete seguire in diretta ed in esclusiva le partite della Copa Libertadores, Copa Sudamericana, Recopa, Liga Profesional Argentina, Copa de la Liga Profesional Argentina, Brasileirao ed Eredivisie. Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/potrero--5761582/support.
Le benedizioni di Dio non sono limitate alla ricchezza materiale, ma comprendono aspetti spirituali, emotivi e relazionali. In Deuteronomio 28, Dio promette benedizioni a chi obbedisce ai Suoi comandamenti, come prosperità nelle città, nei campi e protezione dai nemici. Altri segni che dimostrano di essere sotto le benedizioni di Dio includono: 1. Pace incrollabile: anche in mezzo alle difficoltà, si sperimenta una pace che supera la comprensione umana. 2. Provvidenza divina: Dio provvede ai nostri bisogni esattamente nel momento giusto. 3. Favori immeritati: si sperimentano opportunità e successi che vanno oltre le proprie capacità. 4. Frutto spirituale: si nota crescita spirituale e influenza positiva sugli altri. 5. Saggezza e comprensione spirituale: si acquisisce una maggiore conoscenza della volontà di Dio. 6. Protezione divina: anche le battute d'arresto possono essere segni della protezione di Dio. 7. Gioia e contentezza: si prova gioia profonda, indipendentemente dalle circostanze. Le benedizioni di Dio sono segnali della Sua presenza costante nella nostra vita, che ci guida e protegge.
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Considerate come crescono i gigli della campagna ... non vestirà egli molto più voi. Matteo 6:28-30
Si conclude il commento integrale al primo libro della Bibbia, esplorando l'ultimo capitolo di Genesi che si concentra sugli eventi che circondano la morte di Giacobbe e poi di Giuseppe. Attraverso una lettura approfondita, analizziamo come la Bibbia suggerisca l'idea di un Dio capace di trasformare il male in bene, rivelando un piano che trascende le intenzioni umane. Vedremo come Giacobbe e Giuseppe siano stati sepolti secondo i rituali egiziani, nonostante le usanze ebraiche, e come questi racconti richiamino le speranza e le attese future del popolo d'Israele. Infine, scopriremo come le promesse divine per gli autori di Genesi si manifestino, più che in miracoli e apparizioni, soprattutto nel tempo, offrendo una prospettiva generale di comprensione della natura profonda della fede.
Che cos'è la Provvidenza? un concetto non facile da spiegare ma ben raccontato dal capitolo 45 del libro di Genesi.
La storia di Giuseppe si distingue come un capolavoro della letteratura antica, una narrazione che delicatamente intreccia il tema della Provvidenza divina senza necessitare di un'intervento diretto di Dio all'interno del tessuto narrativo. Questa peculiarità offre una prospettiva unica sull'operato divino, presentando Dio come un autore supremo che disegna gli eventi con un fine ultimo ben chiaro, pur rimanendo nell'ombra, senza imporsi direttamente nella vicenda.
Ci sono soltanto due modi di rispondere all'aiuto offertoci nella Parola di Dio. Predica il Pastore Daniel Ransom. Registrato presso il Centro Evangelico Battista di Perugia il 21 Luglio 2024.Titolo del messaggio: "La provvidenza dell'aiuto e il contrasto tra i due modi di rispondere"PROVERBI 1:20 - 2:2220 La saggezza grida per le vie,fa udire la sua voce per le piazze; 21 negli incroci affollati essa chiama,all'ingresso delle porte, in città,pronuncia i suoi discorsi: 22 «Fino a quando, ingenui, amerete l'ingenuità?Fino a quando gli schernitori prenderanno gusto a scherniree gli stolti avranno in odio la scienza? 23 Volgetevi ad ascoltare la mia correzione;ecco, io farò sgorgare su di voi il mio Spirito,vi farò conoscere le mie parole. 24 Poiché, quando ho chiamato avete rifiutato d'ascoltare,quando ho steso la mano nessuno vi ha badato, 25 anzi avete respinto ogni mio consiglioe della mia correzione non ne avete voluto sapere, 26 anch'io riderò delle vostre sventure,mi farò beffe quando lo spavento vi piomberà addosso; 27 quando lo spavento vi piomberà addosso come una tempesta,quando la sventura v'investirà come un uraganoe vi cadranno addosso l'afflizione e l'angoscia. 28 Allora mi chiameranno, ma io non risponderò;mi cercheranno con premura ma non mi troveranno. 29 Poiché hanno odiato la scienza,non hanno scelto il timore del SIGNORE, 30 non hanno voluto sapere i miei consiglie hanno disprezzato ogni mia correzione, 31 si pasceranno del frutto della loro condotta,e saranno saziati dei loro propri consigli. 32 Infatti il pervertimento degli insensati li uccidee la prosperità degli stolti li fa perire; 33 ma chi mi ascolta starà al sicuro,vivrà tranquillo, senza paura di nessun male».2:1 Figlio mio, se ricevi le mie parolee serbi con cura i miei comandamenti, 2 prestando orecchio alla saggezzae inclinando il cuore all'intelligenza; 3 sì, se chiami il discernimentoe rivolgi la tua voce all'intelligenza, 4 se la cerchi come l'argentoe ti dai a scavarla come un tesoro, 5 allora comprenderai il timore del SIGNOREe troverai la scienza di Dio. 6 Il SIGNORE infatti dà la saggezza;dalla sua bocca provengono la scienza e l'intelligenza. 7 Egli tiene in serbo per gli uomini retti un aiuto potente,uno scudo per quelli che camminano nell'integrità, 8 allo scopo di proteggere i sentieri della giustiziae di custodire la via dei suoi fedeli. 9 Allora comprenderai la giustizia, l'equità,la rettitudine, tutte le vie del bene.10 Perché la saggezza ti entrerà nel cuore,la scienza sarà la delizia dell'anima tua, 11 la riflessione veglierà su di te,l'intelligenza ti proteggerà; 12 essa ti scamperà così dalla via malvagia,dalla gente che parla di cose perverse, 13 da quelli che lasciano i sentieri della rettitudineper camminare nelle vie delle tenebre, 14 che godono a fare il malee si compiacciono delle perversità del malvagio, 15 i cui sentieri sono contortie percorrono vie tortuose. 16 Ti salverà dalla donna adultera,dalla infedele che usa parole seducenti, 17 che ha abbandonato il compagno della sua gioventùe ha dimenticato il patto del suo Dio. 18 Infatti la sua casa pende verso la morte,e i suoi sentieri conducono ai defunti.19 Nessuno di quelli che vanno da lei ne ritorna,nessuno riprende i sentieri della vita.20 Così camminerai per la via dei buonie rimarrai nei sentieri dei giusti.