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Simona Segoloni Ruta"Madri"Edizioni Messaggero Padovawww.edizionimessaggero.itL'esperienza delle madri ci tocca tutti, perché ci conduce all'origine della nostra esistenza ed evoca sentimenti e valori profondi. Eppure è difficile trovare una realtà tanto falsificata da stereotipi e luoghi comuni, per non parlare di vere e proprie devianze, quanto la maternità. Restituire l'esperienza dell'essere madri alle donne che partoriscono e/o crescono qualcuno/a, dare voce ai loro corpi e imparare il loro linguaggio, è l'unica via perché la maternità si liberi da ciò che la mistifica e si dischiuda a significati capaci di raccontarci l'umano, la chiesa, il mondo e Dio, grembo e nutrice di ogni vita.Simona Segoloni Ruta, vive a Perugia con il marito e i 4 figli ed è professoressa full time di ecclesiologia all'Istituto teologico Giovanni Paolo II di Roma. È membro del Consiglio direttivo dell'Associazione teologica italiana e vicepresidente del Coordinamento teologhe italiane. Si dedica intensamente alla formazione ecclesiale a diversi livelli ed è autrice di numerose pubblicazioni, fra le quali Gesù maschile singolare (EDB, 2020).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.
Dopo la morte di Papa Francesco, appresa con dolore e commozione da tutto il mondo, si guarda al Vaticano per l'elezione del successore, ma come vengono scelti i cardinali papabili per la successione? Cosa succede durante il conclave nella Cappella Sistina? In questo video spieghiamo passo dopo passo come avviene l'elezione del nuovo papa nella Chiesa cattolica. Dal significato del conclave alle regole della sede vacante, fino alla famosa fumata bianca. Con animazioni 3D inedite, analizziamo chi può diventare papa, chi vota, come funziona lo scrutinio e quali sono le regole stabilite da Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, mostrando uno dei momenti più solenni e importanti per il Vaticano e per milioni di fedeli in tutto il mondo. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Gli scandali sessuali hanno segnato la storia recente della Chiesa, e gettano un'ombra sul papato di Francesco che si è appena concluso. Il Vaticano sa, ha sempre saputo, anceh e soprattutto durante gli anni di Jorge Mario Bergoglio, quando i problemi tanto a lungo nascosti sono emersi. Papa Benedetto XVI, una volta libero dalla tutela di Giovanni Paolo II che silenziava tutto per ragioni geopolitiche, ha iniziato ad affrontare lo scandalo degli abusi, ma ne è stato travolto. Francesco ha promesso tolleranza zero, ha cambiato la normativa per facilitare le denunce, ma le regole non valgono più quando l'abusatore può contare su un “amico vestito di bianco”. Cioè quando ad abusare o insabbiare è qualcuno che gode della protezione del ponefice, allora l'unica urgenza diventa quella di silenziare le vittime e tacitare lo scandalo. I casi di Marko Rupnik, di Gustavo Zanchetta, ma anche di monsignor Rosario Gisana rivelano sia l'arbitrio assoluto che Papa Francesco ha esercitato in materia di abusi che l'ossessione che la Chiesa ha per il sesso. Il potere, dal Vaticano in giù, ha bisogno degli scandali sessuali per costruire quella rete di ricatti, minacce, omertà e angoscia che compatta le gerarchie ecclesiastiche ma soffoca lentamente la comunità dei fedeli. Dopo il successo de La Confessione, un nuovo lavoro di giornalismo investigativo sul tema degli abusi nella Chiesa firmato da Stefano Feltri, Giorgio Meletti e Federica Tourn La produzione di questo podcast è sostenuta dalle abbonate e dagli abbonati alla newsletter Appunti dove potete leggere le inchieste di Federica Tourn e gli approfondimenti dei temi trattati nel podcast. Poiché nessun editore vuole parlare di questo tema, abbiamo lavorato da soli, sostenendo i costi di questo progetto. Se vuoi contribuire puoi farlo sostenendo Appunti o con una donazione per il podcast sulla piattaforma di crowdfunding Go Fund Me La Scomunica è un podcast di giornalismo investigativo disponibile su Spotify e tutte le principali piattaforme di Stefano Feltri, Giorgio Meletti e Federica Tourn Inchiesta sul campo di Federica Tourn Story editor Giorgio Meletti Consulenza musicale e sonora: Stefano Tumiati Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8144I VERI PATRONI D'EUROPA, ALTRO CHE URSULA VON DER LEYEN di Cristina Siccardi I patroni d'Europa non sono Ursula von der Leyen, Roberta Metsola, António Costa, Kaja Kallas e neppure Macron e Steinmeier, bensì i santi Benedetto da Norcia, Cirillo e Metodio, Brigida di Svezia, Caterina da Siena e Teresa Benedetta della Croce, sui quali il Senato della Repubblica italiana scriveva nel 2017 in una pubblicazione dal titolo Patroni d'Europa. Percorsi di unità, di pace, di cultura: «In modi speciali essi sono stati tutti profondamente europei [...]. Se pace, cultura, dialogo, difesa dei diritti umani sono oggi imperativi morali per tutti i cittadini d'Europa, e non solo per chi si professa credente, dobbiamo riconoscere il merito a straordinari precursori. La loro voce, a distanza di secoli, ancora ha molto da dirci e da insegnarci». Leggendo queste considerazioni, occorre fare alcuni doverosi distinguo. L'allora presidente del Senato, Pietro Grasso, aveva riconosciuto il patronato dell'Europa dei santi menzionati; tuttavia, ha compiuto un'operazione conforme a tutti coloro che da molti anni cercano di assorbire le figure dei santi nell'agone del liberalismo laicista politico e religioso, strumentalizzando i loro insegnamenti.I santi patroni d'Europa hanno operato nella pace di Cristo e non del mondo; hanno tessuto le loro relazioni non in un vacuo dialogo, ma sulle linee costruttive del Vangelo; non hanno pensato e agito in modalità antropocentrica, ma evangelica e con spirito soprannaturale alla luce della Grazia di Dio; hanno dato priorità alla Gloria di Dio e non del mondo, concentrandosi sulla salvezza delle anime, considerando lesive le proposte e tentazioni mondane. Essi non sono stati «straordinari precursori» dell'ideologia europeista anticristiana, bensì Maestri nell'instaurare il Regno di Dio attraverso Cristo Re.San Benedetto da Norcia (480-547) è stato dichiarato «Santo patrono di tutta l'Europa» da papa Paolo VI il 24 ottobre 1964 con la lettera apostolica Pacis Nuntius. Cirillo e Metodio sono stati proclamati compatroni da papa Giovanni Paolo II il 31 dicembre 1980 con la lettera apostolica Egregiae virtutis; lo stesso Papa ha inoltre proclamato compatrone d'Europa santa Brigida di Svezia, santa Caterina da Siena e santa Teresa Benedetta della Croce il 1º ottobre 1999.SAN BENEDETTO, SANTI CIRILLO E METODIOLa statura umana e cristiana di san Benedetto resta nella Storia un luminoso punto di riferimento in un'epoca di profondi mutamenti (come la nostra), quando l'antico ordinamento romano stava ormai crollando e stava per nascere una nuova era sotto l'impulso di nuovi popoli emergenti all'orizzonte dell'Europa. Attraverso la fondazione delle abbazie e dei monasteri nel continente, san Benedetto risanò le anime, bonificò i villaggi, promuovendo la coltivazione razionale delle terre, offrendo lavoro alle famiglie che vivevano e lavoravano intorno ai centri benedettini; salvò l'antico patrimonio culturale e letterario greco-romano, influì sulla trasformazione dei costumi dei barbari. La Regola benedettina portò ordine e civilizzazione grazie a due parole profondamente applicate «Ora et labora», che instillarono il senso del dovere, stando attenti alla propria coscienza e allo sguardo di Dio (ciò implicava, conseguentemente, il rispetto per i legittimi diritti altrui) e che promossero responsabilizzazione, coraggio, determinazione, tutto ciò, disse Giovanni Paolo II durante la sua visita pastorale a Norcia il 23 marzo 1980, «sulla base e in forza di una vita spirituale di fede e di preghiera assolutamente intensa ed esemplare».La missione dei fratelli Cirillo (826/827-869) e Metodio (815/825-885), evangelizzatori bizantini dei popoli slavi in Moravia e Pannonia (antica regione compresa tra i fiumi Danubio e Sava, che comprendeva la parte occidentale dell'attuale Ungheria, il Burgenland oggi Land austriaco, fino a Vienna, la parte nord della Croazia e parte della Slovenia), produsse nel IX secolo l'invenzione dell'alfabeto glagolitico, noto come «cirillico», dal nome del suo inventore e nato dal geniale sforzo di conciliare le lingue latina, greca e slava. Come san Benedetto aveva posto le basi dell'Europa latina, i due fratelli di Tessalonica innestarono nel continente la tradizione greca e bizantina, come riconobbe papa Pio XI con la Lettera Apostolica Quod Sanctum Cyrillum del 1927, definendoli «figli dell'Oriente, di patria bizantini, d'origine greci, per missione romani, per i frutti apostolici slavi».Le nazioni europee, con le loro lingue, le loro culture, i loro usi e costumi furono unite sotto il Sacro Romano Impero, che si instaurò sotto l'egida e il faro del Cristianesimo, un credo non rivoluzionario, non distruttivo, ma forte nei suoi principi e nei suoi valori del Dio Uno e Trino, di patria, di famiglia e proprietà privata. È di tutta evidenza che il collante di tante diversità fu la Fede religiosa, che rispettava ogni identità, a differenza della surrettizia Unione Europea che vuole imporre, senza rispetto di quelle identità, il livellante pensiero unico alle genti europee.Aver eliminato il Cristianesimo dalla linfa europea, come ben vediamo, ha trasportato il continente nel baratro del pensiero neonietzschiano, che nega verità oggettive, imponendo una pluralità di prospettive opinabili, in cui le “verità soggettive” e i presunti diritti sono legati all'ideologia schizofrenica di chi domina con politiche sovranazionali, tiranniche e schiavizzanti, che vanno contro le Leggi di Dio, ma anche contronatura, riproponendo in definitiva il «non serviam» di matrice luciferina. Se l'Europa era stata ferita e incrinata dalla rivoluzione protestante, oggi la presunta Unione Europea, claudicante e persa in un labirinto di confusione, è il frutto del suo tradimento a se stessa.SANTA BRIGIDA DI SVEZIA ED EDITH STEINSanta Brigida di Svezia (1303-1373) fu sposa, madre, monaca, mistica, donna di grande carità e coordinatrice di ordine e di pace dentro e fuori la Chiesa. Si recò a Roma per celebrare l'Anno Santo del 1350 e qui trovò una situazione drammatica: il Papa si era trasferito ad Avignone e il popolo romano era come un gregge senza pastore. C'era la peste e in Europa infuriava il conflitto tra Francia e Inghilterra. Nelle stanze di Palazzo Farnese e nelle chiese romane ricevette rivelazioni divine, intanto parlava direttamente al Papa, ai cardinali, ai governanti europei, anche per intercedere per la pace in Europa al fine di porre termine alla guerra dei Cent'anni. Si prodigò per il ritorno del Pontefice a Roma, come fece anche vigorosamente la mistica domenicana e sua contemporanea santa Caterina da Siena (1347-1380), la quale, sopravvivendole, sarà testimone del ritorno definitivo a Roma di Gregorio XI nel 1377. Particolarmente devota della Passione di Cristo, giunse il tempo dei pellegrinaggi brigidini: da Assisi al Gargano, arrivando poi in Terra Santa, quando aveva quasi settant'anni.Cinque santi medioevali come patroni d'Europa ed una dell'età moderna, l'ebrea Edith Stein (1891-1942), atea convertita al Cattolicesimo, che divenne carmelitana scalza. Dalla brillante intelligenza, scelse il ramo universitario della filosofia e dopo essere stata allieva di Edmund Husserl, divenne membro della facoltà di Friburgo. Un giorno rimase folgorata quando vide una donna con i sacchetti della spesa entrare in una chiesa per pregare... un atto semplicissimo, ma che a Edith rivelò che Dio può essere pregato in qualsiasi momento e quindi apprese, grazie a quella donna, che il punto centrale del Credo cristiano è lo stabilire un rapporto personale fra l'anima e il Padre Creatore. Nel 1921, durante una vacanza, lesse l'autobiografia della mistica carmelitana Teresa d'Avila e da allora abbracciò Santa Romana Chiesa, ricevendo il battesimo il 1° gennaio 1922. Dopo un periodo di discernimento spirituale, entrò nel monastero carmelitano di Colonia nel 1934, prendendo il nome di Teresa Benedetta della Croce e qui scrisse il libro metafisico Endliches und ewiges Sein (Essere finito ed Essere eterno) con l'obiettivo di conciliare le filosofie di san Tommaso d'Aquino e di Husserl.Per proteggerla dalle leggi razziali, l'Ordine delle Carmelitane scalze la trasferì nei Paesi Bassi, ma non fu sufficiente: il 26 luglio 1942 entrò in vigore l'ordine di Hitler che anche gli ebrei convertiti dovevano essere catturati e internati. Fu così che Edith e sua sorella Rosa, anche lei divenuta cattolica, furono deportate nel campo di concentramento di Auschwitz, dove vennero uccise nelle camere a gas il 9 agosto 1942 e i loro corpi furono bruciati nei forni crematori.ROBERTO BENIGNI ESALTA IL MANIFESTO DI VENTOTENEAlcuni giorni fa Roberto Benigni ha teatralmente declamato e inneggiato con lo spettacolo intitolato «Il Sogno» il Manifesto di Ventotene per un'Europa libera e unita, manifesto che è stato protagonista di una ormai nota manifestazione progressista a Roma, ma anche di molteplici polemiche politiche e mediatiche. Nel decantare l'Europa culturale e l'indiscutibile suo primeggiare nel mondo, Benigni si è però completamente “scordato” di far presente che è stata la religione cristiana ad aver dato vita ad uno straordinario sviluppo dell'arte, della letteratura, della musica nel segno della bellezza; ma ha anche “scordato” di dire che è stato il Cristianesimo ad avviare lo studio scientifico degli esseri animati e inanimati, si pensi alle realtà monastiche che si sono occupate della catalogazione del mondo vegetale e animale, nonché dello studio medico delle erbe officinali; ma si pensi anc
Non andare troppo lontano ...E' mancato Papa Francesco. L'uomo che non ha lasciato dubbi: la guerra è male, i problemi si risolvono parlando.In casa, in famiglia, in politica interna, in politica estera.Ci ha dato un metodo.Chiunque dice: "non si può fare diversamente" è un illiberale, un antidemocratico.Ma soprattutto non crede nelle vita eterna.Nelle arti e nella storia i potenti di ogni età avevano pensieri per la morte. Non finisce tutto cosi', dovrò rispondere di quanto faccio.Permetteva di avere dei limiti. Sapere di vivere per sempre significa sapere di dover rispondere di quello che si fa.E' venuto da lontano, è stato vicino a tanti.Ha unito le persone di pace con un attivismo verbale, e fattuale, che ricordermo.IusOnDemand ha raccolto molte sue frasi su pregaognigiorno.it il nostro contributo di fede.Umiltà, comprensione, non giudicare gli altri.Era più bravo di noi. Ha saputo dire. Ha saputo perdonare. Ha saputo non giudicare."Non dobbiamo avere paura di scendere in campo, di metterci in gioco: 'Vai – ti ripete Gesù ogni giorno – non fermarti e non spaventarti mai, perché io sarò sempre con te!'. Davvero, Lui è sempre al nostro fianco, nei momenti belli e in quelli tristi."Papa FrancescoHa consacrato Russia e Ucraina a Maria, che lo chiedeva da anni. Giovanni Paolo II lo fece, Francesco lo ha sbandierato.Grazie.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8126LA STORIA DELL'UOMO RISPARMIATO AD AUSCHWITZ GRAZIE A PADRE KOLBE di Paola Belletti Franciszek Gajowniczek, prigioniero numero 5659, è morto quasi centenario 30 anni fa. Un nome, il suo, che immediatamente ai più forse non dice nulla, come il numero con il quale i destinati alla soluzione finale venivano umiliati privandoli della loro identità e del loro rango di persone. Non era così agli occhi di un sacerdote - e per molti, moltissimi altri che hanno illuminato come diamanti le tenebre e l'orrore dei campi di concentramento nazisti. Per padre Massimilano Kolbe quell'uomo era tanto prezioso e meritevole di amore anche in quella condizione di sofferenza e crudeltà estreme che per lui offrì in sacrificio la propria vita e, miracolo, la sua offerta fu accolta.Ne ripercorre la storia il National Catholic Register: «Il 29 luglio 1941, nel piazzale dell'appello di Auschwitz, un grido straziante squarciò la gola di Franciszek Gajowniczek: "Ho pietà di mia moglie e dei miei figli!"». L'uomo era stato scelto insieme ad altri nove, senza criterio di giustizia alcuna, per essere lasciato morire di fame: la loro sorte era nella logica del campo di sterminio una perversa riparazione per il tentativo di fuga di un altro prigioniero. «Pochi istanti dopo, accadde un evento straordinario. Dalle fila dei prigionieri uscì il francescano conventuale Padre Massimiliano Kolbe: "Sono un prete; voglio morire per lui!" La sua offerta fu accettata. Gajowniczek sopravvisse alla guerra, ma la sua vita fu segnata dal dolore e dalla sofferenza.»IL GIOVANE FRANCESCANO E IL SOLDATOIl sacerdote, proclamato santo il 10 ottobre del 1982 da Giovanni Paolo II, morì pronunciando come ultime parole le prime della preghiera mariana per eccellenza: "Ave Maria". La sua vita era stata tutta tesa a diffondere il Vangelo e la devozione all'Immacolata, una missione realizzata con ingegno e creatività e in nome della stessa fede che lo ha portato a compiere il sacrificio estremo come naturale compimento del suo cammino. La sua storia ha come svelato l'intreccio invisibile ma reale che lega l'uomo al suo fratello, una trama che l'Incarnazione di Cristo ha riparato ed elevato al Cielo, fino a farsi carico della tutela del bene così prezioso della vita altrui, in vista del bene ultimo della vita eterna.«Gajowniczek proveniva da una povera famiglia polacca. Nacque il 15 novembre 1901 a Strachomin, un villaggio a circa 62 miglia a est di Varsavia. Attratto dall'esercito, prestò servizio nel 36° reggimento di fanteria della Legione accademica a Varsavia e fu persino ferito nel 1926 durante un colpo di stato politico in Polonia. A quel tempo, l'esercito era tutta la sua vita. Padre Maximilian Kolbe, di qualche anno più grande di Gajowniczek, nacque l'8 gennaio 1894 nella città industriale di Zduńska Wola. Iniziò il noviziato nel 1910, prendendo il nome di Maximilian. Quando si presentò l'opportunità per la Polonia di riconquistare l'indipendenza, intendeva lasciare l'ordine per combattere per una patria libera, ma la Provvidenza decise diversamente».DUE STORIE DESTINATE A INTRECCIARSIQuando incontrò e si innamorò di Helena il giovane Franciszek trovò nel matrimonio la forma decisiva della sua vita: ebbero due figli e godettero della dolcezza della vita familiare. Nel frattempo il giovane Kolbe stampava e distribuiva quasi un milione di copie del Cavaliere dell'Immacolata pubblicazione della Milizia Mariana, da lui fondata quando studiava a Roma. Allo scoppio del conflitto mondiale Gajowniczek era sergente e si impegnò nella difesa della prima città polacca attaccata dai tedeschi dimostrando un coraggio eccezionale.«Dopo che la sua unità fu distrutta, cadde prigioniero dei tedeschi ma fuggì per unirsi alla resistenza clandestina. La Gestapo lo catturò mentre tentava di raggiungere l'Ungheria. Prima di arrivare ad Auschwitz, sopportò sette mesi di brutali interrogatori, entrando nel campo nel settembre 1940». La moglie non sapeva nulla di lui se non che era stato deportato in un campo. Sorte che toccò anche il giovane e battagliero sacerdote: la sua opera di soccorso e aiuto ai numerosi ebrei espulsi rifugiatisi nel monastero di Niepokalanów attirò le nefaste attenzioni naziste e venne arrestato. «Nel febbraio 1941, fu mandato nella prigione di Pawiak e in seguito ad Auschwitz».LA PRIGIONIA AD AUSCHWITZ E IL SACRIFICIO DI SAN MASSIMILIANO KOLBEIn quell'inferno che fu il campo di concentramento di Auschwitz i destini dei due uomini si incontrarono. Durante l'appello durato meno di un minuto per destinare 10 prigionieri al bunker della fame san Massimiliano Kolbe levò la voce con quell'insolita offerta che lasciò nello stupore gli altri prigionieri e soprattutto ottenne il consenso dei militari impegnati nell'esecuzione. La salvezza che Kolbe ottenne per Gajowniczek lo preservò in una vita però piena di prove, pericoli mortali dai quali lui e gli altri vollero strapparlo a tutti i costi perché, dirà lo stesso Franciszek non voleva rendere vano il suo sacrificio. «La volontà di vivere di Gajowniczek era straordinaria. Sopravvisse ad Auschwitz e a Sachsenhausen, un altro campo di concentramento nazista. Sopravvisse a una marcia della morte due settimane prima della fine della guerra: 12 giorni senza cibo né acqua, sopravvivendo con erba secca e ortiche. Non sapeva ancora che una tragica notizia lo attendeva a casa».Una volta tornato in Polonia si ricongiunse con la moglie e seppe della morte dei due figli. La moglie si era assentata per spedire un pacco al marito mentre i ragazzi perirono in un bombardamento dell'Armata Rossa, a guerra quasi finita. Una beffa del destino che amareggiò profondamente l'uomo che addirittura rimpianse di essere stato salvato perché se lui fosse morto sua moglie non avrebbe avuto nessuno a cui spedire provviste. Si arrese però alla imperscrutabile volontà di Dio che invece aveva disposto diversamente.LA TESTIMONIANZA DI GAJOWNICZEKFino a che lo stesso Gajowniczek non mandò la sua testimonianza alla rivista della Milizia Mariana del padre di famiglia per cui Padre Kolbe si era sacrificato non si sapeva nulla: «Come il Cavaliere dell'Immacolata sia arrivato nelle mani di Gajowniczek resta un mistero. Ciò che è certo è che, nel maggio del 1946, pubblicò la sua testimonianza, "La voce del sopravvissuto". Il suo passaggio finale spicca: "Sono cresciuto in un clima religioso; ho mantenuto la mia fede nei momenti più difficili; la religione era il mio unico sostentamento e la mia unica speranza in quel momento. Il sacrificio di Padre Massimiliano Kolbe ha ulteriormente intensificato la mia religiosità e devozione alla Chiesa cattolica, che dà vita a tali eroi"». Rimasto vedovo nel 1982, morì il 13 marzo del 1995 all'età di 94 anni con a fianco la seconda moglie Janina. «Al funerale, il vescovo disse: "Era una reliquia vivente rimasta dopo Padre Massimiliano"».
I titoli: - Il mondo e la Chiesa celebrano Giovanni Paolo II nel ventennale della morte: l'editoriale del nostro direttore Andrea Tornielli - Guerra dei dazi: stasera l'annuncio di Donald Trump. L'Ue: presto daremo una risposta - Israele allarga le operazioni nella Striscia di Gaza: oltre 40 le vittime , colpita anche la clinica dell'UNRWA a Jabalia
VIDEO: Pierina Morosini ➜ https://www.youtube.com/watch?v=Rnj0rXeoC1E&list=PLolpIV2TSebVM7CoAHtiTvbPX4t2opTUUTESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8103BEATA PIERINA MOROSINI, MARTIRE DELLA PUREZZA COME SANTA MARIA GORETTIPrimogenita di nove figli, a 16 anni partecipa a Roma alla beatificazione di Santa Maria Goretti e dieci anni dopo un giovane tenta di violentarla, ma respinto la uccide (VIDEO: Pierina Morosini)di Gianpiero Pettiti ed Emilia Flocchini Pierina Morosini nasce il 7 gennaio 1931 a Fiobbio di Albino, nella bergamasca; viene battezzata il giorno seguente, coi nomi di Pierina Eugenia. È la primogenita di una famiglia di nove figli. Suo padre, Rocco Morosini, rimane invalido e guadagna qualcosa facendo il guardiano notturno in uno stabilimento. Sua madre, Sara Noris, invece bada, oltre che ai figli propri, anche a quelli degli altri, solo in cambio del pane con cui riempire la bocca della sua nidiata.Con simili premesse Pierina cresce, imparando da subito ad archiviare i sogni senza troppi rimpianti: deve rinunciare a studiare ed a diplomarsi maestra, anche se ne avrebbe i numeri; deve rinunciare a entrare tra le Suore delle Poverelle di Bergamo, anche se tutti trovano che la sua vocazione sia solida e ben fondata; deve rinunciare anche al sogno missionario, il cui solo pensiero le fa battere il cuore come se fosse il primo amore.Il 18 marzo 1946, poco più che quindicenne, fu assunta nel Cotonificio Honegger di Albino, un'azienda di circa 1300 dipendenti. Qui cominciò a lavorare prima come addetta alle pulizie del reparto e dei telai, poi come apprendista e aiutante delle altre operaie, infine divenne operatrice ai telai. Questo stipendio è l'unica entrata fissa su cui può contare la sua famiglia. Per il primo turno deve svegliarsi alle quattro del mattino, ma invariabilmente trova ancora il tempo di prendere un "pezzo" di Messa e soprattutto di fare la Comunione, che l'accompagnerà per tutto il giorno. Pierina prega lungo la strada, prega quando è al telaio, prega quando riesce a scappare per qualche minuto in chiesa. Durante un ricovero ospedaliero dovuto a un incidente sul lavoro, conobbe padre Luciano Mologni, del Convento dei frati minori Cappuccini di Albino, che sarebbe diventato il suo padre spirituale. Pierina viene nominata dirigente parrocchiale di Azione Cattolica ed è attivissima in parrocchia, il suo specifico campo di apostolato. Trova, così, in famiglia, il convento cui ha dovuto rinunciare; nella fabbrica, la scuola in cui aveva sperato di insegnare; nella sua parrocchia, la missione in cui aveva sognato di andare.PICCOLO REGOLAMENTO QUOTIDIANOSi dà un regolamento di vita e soprattutto traccia per se stessa alcuni propositi che, nella loro semplicità, danno la misura di quest'anima innamorata di Dio. Tra le altre cose, si propone di «tener la pace in famiglia», di «mostrarsi sempre allegra» e di «cercare di non sapere le cose altrui». Tra i suoi appunti spicca una frase in cui è condensata tutta la sua vita: «il mio amore, un Dio Crocifisso; la mia forza, la Santa Comunione; l'ora preferita, quella della Messa; la mia divisa, essere un nulla; la mia meta, il cielo». In questo periodo manifestò alla mamma il desiderio di farsi suora ma venne distolta da questo proposito in quanto il suo lavoro e la sua presenza erano necessari alla famiglia.Nel 1947 è a Roma, per la beatificazione di Maria Goretti, la piccola martire delle Paludi Pontine, che su indicazione di papa Pio XII venne proposta come modello di virtù cristiane per le nuove generazioni. Alla nuova beata e futura santa Pierina "ruba" il segreto che l'ha portata sugli altari, lasciandolo maturare lentamente in lei. L'8 dicembre, festa dell'Immacolata, professò i voti privati di castità, povertà e obbedienza. Nel 1948 approfondì il suo impegno spirituale e il suo servizio alla Chiesa. S'iscrisse all'Apostolato della Riparazione e alle Figlie di Maria. Indossò lo scapolare carmelitano e aderì al Terz'Ordine francescano. Nel 1950 provò ancora una volta a chiedere ai genitori il permesso di entrare tra le Suore delle Poverelle di Bergamo, ma anche questa volta ricevette un fermo diniego. Continuò senza soste il suo impegno in famiglia, sul lavoro e a servizio della parrocchia; diventò zelatrice dell'Opera San Gregorio Barbarigo che aiuta il seminario diocesano di Bergamo.IL MARTIRIODieci anni dopo la beatificazione di Maria Goretti confida ad uno dei suoi fratelli: «Piuttosto che commettere un peccato mi lascio ammazzare». Che questo non sia solo un pio desiderio lo dimostra appena un mese dopo aver pronunciato questa frase. Pierina, nella freschezza dei suoi 26 anni, anche se volutamente vestita in modo dimesso, non può nascondere la sua avvenenza, che accende insani desideri in una mente malata.Il 4 aprile 1957, pochi minuti prima delle 15, Pierina è di ritorno dal suo turno di lavoro in fabbrica. Lungo i sentieri solitari del monte Misna, viene assalita dal violentatore nel castagneto che abitualmente, due volte al giorno, attraversa da undici anni per recarsi al lavoro. È inutile il suo tentativo di fuga, perché l'uomo le fracassa il cranio a colpi di pietra. Trasportata in ospedale a Bergamo, vi muore due giorni dopo, senza aver ripreso conoscenza.È fin troppo facile, per la gente, vedere in lei una nuova Maria Goretti; ed è infatti proprio la sua gente ad impedire che Pierina resti a lungo sottoterra e che il suo omicidio venga semplicemente archiviato come un pur tragico fatto di cronaca nera.Così, mentre la giustizia umana compie il suo corso nei confronti del giovane di Albino individuato come l'omicida, la Chiesa comincia invece ad interessarsi di lei. Il vescovo di Bergamo, monsignor Clemente Gaddi, l'8 dicembre 1975 avvia l'iter per la causa di beatificazione. [...] Il 3 luglio 1987 il Papa san Giovanni Paolo II ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui l'uccisione di Pierina Morosini era da considerare un autentico martirio. Lo stesso Pontefice ha celebrato la sua beatificazione il 4 ottobre 1987, durante l'assemblea del Sinodo dei Vescovi dedicata al tema «Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo», proponendola come autentica icona di un laicato maturo e coerente, anche a costo della vita.Nella diocesi di Bergamo la memoria liturgica della Beata Pierina Morosini si celebra il 6 maggio, un mese dopo la sua nascita al Cielo, perché il 6 aprile può corrispondere ai giorni della Settimana Santa o dell'Ottava di Pasqua.Il 10 aprile 1983 i resti mortali di Pierina erano stati traslati dal cimitero di Fiobbio alla chiesa parrocchiale, dedicata a Sant'Antonio di Padova, e posti in un sarcofago di marmo bianco, situato vicino al banco dove solitamente lei s'inginocchiava a pregare. Dopo la beatificazione, sono stati collocati sotto l'altare maggiore della chiesa di Sant'Antonio di Padova a Fiobbio.Nota di BastaBugie: negli scritti di Pierina si trovano il prezioso "Piccolo regolamento quotidiano" e "I sette propositi". Eccoli qui riportati.I SETTE PROPOSITI1) Mi sforzerò di tenere la pace nella famiglia.2) Quando la stanchezza m'avrà vinta, mi mostrerò sempre allegra.3) Avrò sommo rispetto verso la mamma, la obbedirò e non risponderò sgarbatamente.4) Non prenderò nessuna golosità.5) Durante la giornata mi terrò alla presenza di Dio, farò Comunioni spirituali e reciterò giaculatorie.6) Non cercherò di sapere cose altrui.7) Non dirò mai parola in mia lode e procurerò di star nascosta agli occhi degli uomini.PICCOLO REGOLAMENTO QUOTIDIANO1) Mi alzerò per tempo, senza poltrire e, vestendomi modestamente, offrirò la mia giornata a Gesù per le mani di Maria SS.2) Preghiere del mattino - Santa Messa e - possibilmente, Comunione quotidiana.3) Meditazione di almeno 15 minuti raccoglimento, amore, propositi pratici per il giorno.4) Tornata a casa, attenderò con la massima fedeltà e serenità alle mie faccende domestiche e al mio lavoro.5) Al suono di ogni ora penserò a Gesù e a Maria con una giaculatoria o uno sguardo d'amore.6) Ogni mia azione la farò in unione con Maria; e nelle contrarietà mi abbandonerò, come una bambina sul suo Cuore materno, invocando il suo aiuto e quello del mio caro Angelo custode.7) Dirò il S. Rosario o almeno una corona, secondo le mie possibilità.8) Ogni giorno mi sforzerò di offrire a Maria Santissima qualche "fiore" profumato e nascosto una mortificazione di lingua, di occhi, di gola, soprattutto di volontà.9) Non mi metterò mai a tavola senza aver fatto una piccola preghiera, né mai mi alzerò senza aver compiuto una mortificazione di gola.10) Mi sforzerò di sorridere a tutti e di cedere, con amabilità, al giudizio degli altri, specialmente dei miei genitori e superiori.11) Curerò sommamente la modestia nel vestito, nello star seduta e nel camminare; con nessuno mi permetterò leggerezze di parole o di mani.12) Prima di coricarmi, secondo le possibilità, farò un po' di lettura spirituale e scriverò il resoconto dell'esame di coscienza; quindi, recitata la preghiera della sera mi addormenterò pensando alla Comunione dell'indomani o a qualche buona cosa.N.D. Tutto questo mi propongo di metterlo in pratica fedelmente, con amore e gioia, ma senza eccessive preoccupazioni; pronta ad omettere qualche devozione o ad interromperla, quando l'ubbidienza ai superiori o ai miei doveri lo richiede, sicura che la Madonna preferisce da me, sua piccola schiava d'amore, l'offerta del mio cuore e della mia volontà in tutte le circostanze della vita.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8045OFFRE LA VITA PER SALVARE L'ANIMA DELL'ASSASSINO DI SUO PADRE di Rino Cammilleri Si chiamava Maria del Carmen Gonzàlez Valerio y Sàenz de Heredia. Perché un cognome così lungo? Perché sono due: gli spagnoli dei tempi cattolicissimi aggiungevano anche quello della madre, dimostrando alle femministe odierne di essere molto più "avanzati" di loro.Diciamo subito che si tratta di uno di quei bambini malatissimi che, inspiegabilmente (a viste umane), sono tutti per Gesù. E morendo non lasciano i genitori nello strazio, come la gioia serena della madre di Carlo Acutis dimostra. Se Dio ragionasse come noi, il Cielo sarebbe pieno di soli centenari. Eppure, anche i pagani sapevano che chi muore giovane è caro agli dei. E veniamo a noi. María del Carmen, così chiamata perché alla nascita consacrata alla Madonna del Carmelo, era madrilena e figlia di nobili. Era la seconda di cinque e nacque nel 1930.Dati i brutti tempi che correvano (e che di li a poco avrebbero portato alla guerra civile) si pensò di cresimarla alla svelta, cosa che fu effettuata quando lei aveva solo due anni per mano personale del nunzio apostolico Todeschini, che aveva consuetudine col cattolicissimo capofamiglia don Julio González Valerio. L'inferno scatenato dagli anarco -comunisti del Fronte popolare in quegli anni è cosa nota ai lettori del Timone (omicidi di preti, incendi di chiese, distruzione di opere d'arte religiose...), cosi saltiamo direttamente al 1936, quando la Spagna si divise in due parti, l'una contro l'altra armate. I miliziani rojos non persero tempo e scelsero proprio il giorno dell'Assunta per arrestare don Julio, che aveva il grado di capitano d'artiglieria. La colpa? Niente, semplice pulizia etnica, anzi religiosa: non era dei loro, quindi era contro di loro (diabolus simia Dei, il diavolo è la scimmia di Dio). Il carcere in cui lo rinchiusero dava sulla strada della sua casa, e la bimba poteva vedere sgomenta suo padre dietro a una finestra con le sbarre. Fino al giorno in cui non lo vide più. Alla moglie, che ne chiedeva notizie, fu risposto di andare a cercare all'obitorio.MISTERI DIVINIMaricarmen (così in famiglia), sebbene avesse solo sei anni sapeva che il responsabile ultimo dell'assassinio di suo padre era il premier repubblicanoManuel Azaña Díaz. Ma, beata innocenza, chiedeva a sua madre se l'anima di costui si sarebbe salvata (!). La madre, trattenendo le lacrime, le rispondeva che ci volevano molti fioretti. Intanto, sistemava i figli presso vari parenti e lei si rifugiava nell'ambasciata belga. Maricarmen fu messa in un collegio di suore irlandesi (tra le poche che i rivoluzionari lasciarono in pace, non volendo complicazioni internazionali). Ed era l'unica alunna a frequentare la Messa delle suore al mattino presto.Pare che durante la Settimana Santa, il Giovedì per l'esattezza, abbia offerto la sua vita a Dio in cambio dell'anima di chi l'aveva resa orfana. Qui non mi si chieda di avanzare spiegazioni, sarebbero un'arrampicata sugli specchi tanto inutile quanto fuorviante. Si tratta di mistica, della quale dichiariamo di nulla sapere e capire. Certo, sul retro di qualche santino si trova sempre il volo pindarico clericale che "spiega" l'inspiegabile. E l'inspiegabile è questo: come può venire in mente a una bambinetta di fare una cosa del genere e, per giunta, perseverarvi? Misteri divini. Sì, perché o così, o niente.Solo Dio può inculcare un desiderio siffatto, che implica una certezza adamantina nella realtà della vita eterna. Puoi stringere i denti e sopportare, sì, ma quando sai che la sofferenza è a termine. Come l'evangelica donna che partorisce e alla vista del neonato dimentica di aver patito da urlare.SAPEVA DI DOVER MORIREL'offerta di Maricarmen fu evidentemente accettata, infatti si prese la scarlattina. Era il 1939 e mancavano pochi mesi alla vittoria dei nazionalisti, che lei di fatto non vide mai. La scarlattina fece presto a degenerare in chissà che cosa: le si formò una specie di tumore all'orecchio, che si riempì di pus.Gli antibiotici ancora non esistevano, i medici non si raccapezzavano, cercavano di curala con certe flebo che però non bastavano mai. Prima tre volte al giorno, ed era roba dolorosa quando entrava in circolo. Arrivarono a venti al giorno. E ogni volta che l'ago le entrava nel braccio quella obbligava i presenti a dire un Pater noster con lei. Dopo otto giorni gettarono la spugna e la rimandarono a casa. La casa, però, era quella della zia Sofia, sorella della madre, la quale stava ancora, per sicurezza, nell'ambasciata belga. Qui gli agi di famiglia le permisero l'assistenza di due infermiere, ma era sempre peggio. Si ridusse a un'unica piaga in tutto il corpo. La madre la invitava a chiedere a Gesù la guarigione e lei diceva di star pregando perché si facesse la di Lui volontà. Sapeva di dover morire e, anzi, disse che le sarebbe piaciuto andarsene il giorno della Madonna del Carmine. Solo che, saputo che proprio allora si sarebbe sposata sua zia, posticipò. Infatti, come da lei predetto, morì il 17 luglio 1939, alle quindici, l'ora di Cristo. Lo stesso giorno, quattro anni prima, era scoppiata la guerra civile.IL PRIMO MIRACOLOAzaña? Morì l'anno dopo, in esilio a Montauban, in Francia. Il vescovo di Tolosa, monsignor Theas, gli impartì gli ultimi sacramenti e testimoniò che il presidente della Seconda repubblica spagnola era morto da buon cristiano. Grazie a una bambina di nove anni che si era sacrificata per lui. Anche santa Teresina di Lisieux, prima di entrare nel Carmelo a quindici anni (con dispensa speciale), aveva pregato per un famoso delinquente senzadio che, tra le bestemmie, stava offrendo il collo alla ghigliottina.E quello, un attimo prima, si era voltato verso il crocifisso che il cappellano gli tendeva e lo aveva baciato. Ma, con tutto il rispetto, santa Teresina non aveva offerto in cambio la sua vita (lo farà dopo, per i missionari), né quello le aveva ucciso il padre. La conversione di Azaña in articulo mortis fu solo il primo dei miracoli di Maricarmen, la cui efficace intercessione ha costretto i responsabili delle cliniche abortive di Madrid a chiedere l'intervento della polizia per il vistoso calo di affari.Il sito armatabianca.org registra diversi miracoli della piccola madrilena, andate a vedere. Giovanni Paolo II l'ha dichiara Venerabile. Per il momento.Nella sua borsetta da bimba c'era un'agendina di pelle rossa. Dentro frasi del tipo: «29 agosto. Oggi hanno ucciso mio padre», «Viva España, Viva Cristo Rey!», «6 aprile 1939. Mi sono offerta nella parrocchia del Buon Pastore». Faceva collezione di santini e giocava insegnando alle sue bambole a farsi il segno della croce. Sapeva a memoria il Rosario in latino e perfino le sterminate Litanie lauretane. Mari, prega per la nostra conversione.
L'intelligenza artificiale rappresenta una delle tecnologie più dirompenti del nostro tempo e sta trasformando profondamente il panorama economico e sociale a livello globale. Se questo sarà un bene o un male lo scopriremo solo vivendo, “AI” posteri l'ardua sentenza.Al momento, con i dati a nostra disposizione, non possiamo che credere che il mondo può trarre enormi benefici da questa rivoluzione tecnologica. Sud Italia e Puglia non sono escluse da questi benefici e, anzi, potrebbero trarne linfa per colmare il divario che ci trasciniamo da sempre rispetto al nord d'Italia e d'Europa. Nel corso di questo appuntamento di Hey Sud abbiamo parlato dell'impatto dell'intelligenza artificiale sul tessuto produttivo e sociale della Puglia, esplorando come questa tecnologia possa favorire innovazione, crescita economica e competitività territoriale. Abbiamo discusso delle opportunità che l'IA offre per le imprese locali, con incentivi che potrebbero sostenere l'automazione dei processi, la trasformazione digitale e la creazione di nuovi modelli di business data-driven. La Puglia, che già si distingue per la sua capacità di attrarre fondi e investimenti strategici, si prepara a un ulteriore salto di qualità. L'introduzione di tecnologie basate sull'intelligenza artificiale permetterà alle imprese pugliesi di migliorare la loro efficienza operativa, stimolare la competitività e favorire l'internalizzazione dei loro prodotti e servizi.Gli assi strategici del piano regionale per l'AI si concentrano su tre ambiti fondamentali: crescita tecnologica, formazione dei talenti e inclusione. Oltre un miliardo di euro sarà destinato allo sviluppo di progetti legati all'IA, con un focus specifico sulla trasformazione digitale delle PMI, l'integrazione di sistemi di intelligenza artificiale nelle filiere industriali e la creazione di nuove startup tecnologiche nel settore dell'AI.Al centro della nostra discussione, è stato posto anche il tema della formazione dei talenti. La Puglia si impegna a sostenere lo sviluppo di competenze digitali avanzate attraverso investimenti in percorsi di formazione e collaborazioni con università e centri di ricerca, creando così un bacino di professionisti qualificati pronti a guidare la rivoluzione tecnologica. Un altro asse prioritario riguarda l'inclusione sociale e il supporto alle fasce deboli.L'intelligenza artificiale può infatti essere utilizzata per migliorare l'accessibilità ai servizi pubblici, l'efficienza dei sistemi sanitari e delle infrastrutture, con benefici concreti per tutti i cittadini. L'obiettivo auspicato è quello di trasformare la Puglia in un hub per l'intelligenza artificiale e l'innovazione tecnologica, creando un ecosistema in grado di attrarre investimenti nazionali e internazionali e stimolare uno sviluppo sostenibile e inclusivo.Grazie a queste iniziative, la Puglia potrà rafforzare la sua competitività a livello globale e affrontare con decisione le sfide dei prossimi anni, promuovendo un modello di sviluppo che integra tecnologia, talento e coesione sociale.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7977IL VANGELO NON AMMETTE NEUTRALITA' O COMPROMESSId i Roberto MarchesiniPer diversi anni ho riflettuto su un atteggiamento ecclesiastico che possiamo definire con due slogan: «Cercare ciò che unisce e non ciò che divide» e «costruire ponti e non muri». Traduco: si può dialogare con la modernità; il Mondo non è pregiudizialmente ostile ai cattolici; gran parte della cultura contemporanea è neutrale, rispetto al Vangelo. C'è quindi la possibilità, se non di evangelizzare il secolo, per lo meno di dialogarci.Con il passare del tempo mi sono convinto che questo atteggiamento sia eccessivamente ottimista e, forse, un po' ingenuo. E mi sono accorto che la soluzione del problema era già data in una lapidaria affermazione evangelica: «Chi non è con me è contro di me» (Mt 12, 30; Lc 11, 23).Parlando con alcuni amici, scettici riguardo alla mia risoluzione, mi è stato fatto notare che nel Vangelo di Marco la frase era diversa: «Chi non è contro di noi è per noi» (Mc 9, 40). C'è, dunque, chi non è contro di noi, la neutralità nei confronti del Vangelo è possibile. Non solo: San Paolo afferma che possiamo trovare qualcosa di buono dappertutto: «Vagliate tutto e tenete ciò che è buono» (1Ts 5, 21). Purtroppo queste citazioni non permettono di sostenere la costruzione di ponti. Partiamo dalla prima. Essa è semplicemente una riproposizione della frase di Matteo e di Luca: non ammette una neutralità. Anche per Marco è necessario schierarsi: con Cristo o contro di Lui. Chi non è con Cristo non è neutro: è contro di lui; chi non è contro Cristo non è neutro, è con lui. Cristo divide, chiede di prendere posizione, non ammette neutralità.La stessa cosa vale per san Paolo, il quale invita a vagliare tutto e a tenere ciò che è buono, integralmente buono; non ciò che ha una parte buona. Ricordiamo, infatti, che l'errore ha sempre una parte di verità; e che l'eresia non consiste nel rigetto totale della Verità, ma solo di una sua parte.Ammettere una possibile neutralità nei confronti del Vangelo, inoltre, significa sminuirne l'importanza. L'incarnazione di Cristo ha diviso la storia in prima (a. C.) e un dopo (d. C.); allo stesso modo, ha diviso in due l'umanità e la cultura. È stato un avvenimento così importante che necessariamente richiede che si prenda posizione nei suoi confronti.Sono confortato, nella mia posizione, da due importanti santi della Chiesa che hanno messo in evidenza il significato meta-storico dell'affermazione evangelica. In quella breve frase, infatti, è condensato un intero trattato di teologia della storia e la chiave di lettura per capire il rapporto tra Vangelo e modernità. Partiamo da san Giovanni Bosco, che ha scritto: «L'unica vera lotta nella storia è quella pro o contro la Chiesa di Cristo». È questa lotta che permette di capire tutta la storia dell'umanità, perlomeno degli ultimi cinquecento anni; ed è la storia del conflitto tra la Chiesa di Cristo e il Mondo.Anche Giovanni Paolo II, nell'Evangelium Vitae, ha dato una lettura meta-storica del conflitto tra la luce di Cristo e le tenebre. Nei brani che seguono, il papa polacco sottolinea le implicazioni per la difesa della vita di questo scontro; ma non manca uno sguardo più profondo: «Questo orizzonte di luci ed ombre deve renderci tutti pienamente consapevoli che ci troviamo di fronte ad uno scontro immane e drammatico tra il male e il bene, la morte e la vita, la "cultura della morte" e la "cultura della vita". Ci troviamo non solo "di fronte", ma necessariamente "in mezzo" a tale conflitto: tutti siamo coinvolti e partecipi, con l'ineludibile responsabilità di scegliere incondizionatamente a favore della vita (§ 28). [...] Nelle prime ore del pomeriggio del venerdì santo, "il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra... Il velo del tempio si squarciò nel mezzo" (Lc 23, 44.45). È il simbolo di un grande sconvolgimento cosmico e di una immane lotta tra le forze del bene e le forze del male, tra la vita e la morte. Noi pure, oggi, ci troviamo nel mezzo di una lotta drammatica tra la "cultura della morte" e la "cultura della vita". Ma da questa oscurità lo splendore della Croce non viene sommerso; essa, anzi, si staglia ancora più nitida e luminosa e si rivela come il centro, il senso e il fine di tutta la storia e di ogni vita umana (§ 50). [...] Maria aiuta così la Chiesa a prendere coscienza che la vita è sempre al centro di una grande lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre (§ 104)». Giovanni Paolo II scrive di una immane lotta tra le forze del bene e le forze del male, tra la luce e le tenebre; e della «l'ineludibile responsabilità» di schierarsi dalla parte del bene e della luce. Chi non prende posizione, semplicemente, permette che il male accada e si diffonda; quindi, nuovamente, chi non è per Cristo è inevitabilmente contro di Lui.C'è poco da illudersi, siamo in guerra. È una guerra totale, senza quartiere, nella quale non ci sono neutrali o indifferenti. Abbandoniamo le ingenuità e le favole disneyane, accettiamo la realtà.
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7924IL BEATO SCHUSTER, ARCIVESCOVO DI MILANOdi Roberto de MatteiIl 30 agosto sono ricorsi i 70 anni dalla morte del beato cardinale Ildefonso Schuster, monaco benedettino, cardinale di Santa Romana Chiesa e arcivescovo di Milano.Fu battezzato con il nome di Alfredo Ludovico a Roma, dove nacque il 18 gennaio 1880, primogenito di Giovanni, zuavo pontificio di origine bavarese, e della sua terza moglie, Maria Anna Tutzer di Bolzano. A nove anni, perse il padre e per interessamento del barone Pfiffer d'Altishofen, colonnello delle guardie svizzere, venne mandato a studiare presso i benedettini del monastero romano di S. Paolo fuori le Mura. Qui ebbe come maestro il beato Placido Riccardi (1844-1915), rettore dell'abbazia di Farfa, che lo aiuto a discernere la vocazione religiosa. Entrato come novizio nell'ordine benedettino col nome di Ildefonso prese i voti nel 1899, si laureò in filosofia al Collegio di S. Anselmo e nel 1904 divenne sacerdote.Mostrò, fin da giovanissimo, grandi qualità di studioso, nei campi della storia, dell'archeologia, della liturgia, della musica sacra, ma soprattutto si distinse per una grande pietà ed esattezza nell'osservanza della disciplina monastica. Gli vennero perciò affidati importanti incarichi, come il rettorato del Pontificio istituto Orientale e la missione di visitatore apostolico in Lombardia, Campania e Calabria. Il 26 marzo 1918, a soli 38 anni, fu eletto abate del monastero romano di S. Paolo fuori le Mura, incarico che mantenne fino a quando, nel 1929, Pio XI lo scelse come arcivescovo di Milano, creandolo cardinale. Fu il primo vescovo a prestare giuramento di fedeltà davanti a Vittorio Emanuele III, come prevedevano i Patti Lateranensi appena firmati tra Italia e Santa Sede l'11 febbraio dello stesso anno.Il cardinale Schuster osservò una posizione di lealismo nei confronti delle legittime autorità politiche, che in quel momento erano rappresentate dal sovrano sabaudo e dal Duce del fascismo Benito Mussolini. Ciò non gli impedì di resistere ai tentativi di ingerenza del regime fascista nella vita della sua diocesi e di denunciare il razzismo hitleriano come "un'eresia", in una celebre predica dal pulpito del Duomo, il 13 novembre 1938, che suscitò la protesta del regime (Angelo Majo, Schuster, una vita per Milano, NED, Milano 1994, pp. 64-65).UN PASTORE ESEMPLAREFu un pastore esemplare del popolo a lui affidato. Milano era una diocesi di 1000 parrocchie servite da 2000 sacerdoti. Schuster compì in venticinque anni ben cinque Visite Pastorali, consacrando 280 nuove chiese, ma senza mai mancare alla Messa Capitolare di ogni domenica e di ogni festa.Durante la Seconda guerra mondiale appartenne a quel gruppo di coraggiosi Pastori, come i cardinali Elia Dalla Costa (1872 - 1961), arcivescovo di Firenze, e Antonio Santin (1895-1981), arcivescovo di Trieste, ai quali fu applicato il titolo di "defensor civitatis", per l'impegno con cui difesero la loro diocesi nelle ore più buie del conflitto. Nell'aprile 1945, alla caduta della Repubblica Sociale Italiana, il cardinale propose una trattativa tra i rappresentanti partigiani e Mussolini, ma quest'ultimo invece di consegnarsi agli alleati, preferì partire verso quel confine svizzero dove trovò la morte. Quando i corpi di Mussolini e dei gerarchi fascisti furono esposti a piazzale Loreto, Schuster ne condannò lo scempio e li benedisse per il rispetto che si deve a qualsiasi cadavere. Nel dopoguerra fu eletto primo presidente della Conferenza episcopale italiana e nel 1954, ammalato, si ritirò nel seminario di Venogono, da lui fatto costruire, dove si spense il 30 agosto di quell'anno. Fu beatificato il 12 maggio 1996 da Giovanni Paolo II, che ne fissò la memoria liturgica al 30 agosto. E' sepolto nel Duomo di Milano, dove è continuo il flusso davanti ai suoi resti mortali.Il cardinale Schuster fu sempre e innanzitutto un figlio di San Benedetto, di cui meditò a fondo la Regola, basata sull'Ora et labora. Egli era convinto che questa Regola, che fonde in un armonioso equilibrio la preghiera e l'azione, potesse plasmare la vita non solo dei monaci, ma di chiunque sia disposto a vivere nel mondo, ispirandosi alla spiritualità benedettina. Prese certamente come modello uno dei suoi predecessori più illustri nel governo della diocesi di Milano, san Carlo Borromeo, ma non bisogna dimenticare, un'altra eminente figura a lui particolarmente cara, il beato benedettino, Giuseppe Benedetto Dusmet, dei marchesi de Smours (1818 - 1894), cardinale-arcivescovo di Catania, pastore amatissimo del popolo della città etnea.RTANTI STUDI SUI SACRAMENTI E SULLA LITURGIAIl cardinale Schuster va ricordato inoltre per i suoi importanti studi sui sacramenti e sulla liturgia, come il Liber Sacramentorum (Marietti, Torino 1919-1929), un commento storico-liturgico in 9 volumi al Messale Romano, frutto delle lezioni tenute presso il Pontificio Istituto di Musica sacra. Il vescovo Cesario d'Amato, che di lui fu successore alla guida dell'abbazia di San Paolo, racconta di aver avuto, per due anni, l'onore di servire la Messa al futuro cardinale nel suo oratorio privato e riferisce che Schuster "[...] subito si metteva allo scrittoio a scrivere rapidamente il commento alla messa del giorno. La maggior parte del Liber Sacramentorum è nata così, per dirlo con una frase che gli piaceva: «sulle ginocchia».Al centro della vita spirituale del cardinale Schuster è Gesù Cristo, Verbo Incarnato e Re della storia. Questo è il titolo delle sue Lezioni di storia ecclesiastica, in cui scrive: "la storia della società cristiana esige (...) un primo principio di azione tutto divino, onnipotente e sapiente che noi ammaestrati dalla Teologia riconosciamo nello Spirito di Colui che ci ha promesso che sarebbe rimasto tra noi sino alla fine dei secoli" (Gesù Cristo nella storia. Benedictina Editrice, Roma 1996, pp. 34-35).Ai seminaristi di Venegono, poco prima di morire, disse: «Altro ricordo non ho da darvi che un invito alla santità. La gente pare che non si lasci più convincere dalla nostra predicazione, ma di fronte alla santità, ancora crede, ancora si inginocchia e prega. La gente pare che viva ignara delle realtà soprannaturali, indifferente ai problemi della salvezza. Ma se un santo, o vivo o morto, passa, tutti accorrono al suo passaggio» (Angelo Majo, Schuster, una vita per Milano, p. 32).Vivo o morto. La distinzione è importante. Non sempre infatti nella vita di un santo tutti accorrono al suo passaggio. Sappiamo bene che molti attraversano il proprio tempo, ignoti o incompresi dai più. Ma tutti accorrono al passaggio dei santi dopo la loro morte, amandoli e onorandoli, soprattutto quando la Chiesa ne ha decretato le virtù. Così accade oggi per il beato cardinale Ildefonso Schuster, di cui chiediamo l'intercessione.
A quasi quarant'anni di distanza, dopo numerosi alti e bassi, riaperture del caso e rese, il Vaticano compie un gesto importante, che potrebbe essere anche decisivo per fare chiarezza su un caso molto noto. Ebbene sì, perché la notizia è che Il promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi, insieme con la Gendarmeria, ha riaperto ufficialmente le indagini sul caso di Emanuela Orlandi, la ragazza di Città del Vaticano scomparsa il 22 giugno 1983 all'età di soli 15 anni. A voler fare chiarezza sul caso è prima di tutto il pontefice, Papa Francesco, che prosegue in quella ricerca della trasparenza che era stata invocata anche dal suo predecessore Giovanni Paolo II. Nel frattempo, però, la famiglia della ragazza scomparsa afferma di non saperne niente e di non essere stati contattati dal Vaticano… Ma questa riapertura sarà davvero in grado di portare, finalmente, degli elementi risolutivi per questo caso che ha segnato la storia italiana? Proviamo a scoprirlo insieme ad Eleonora Quarchioni, web editor, detentrice di un master in Media e Intrattenimento all'Università Luiss di Roma, ma soprattutto podcaster e autrice della serie “Italia Nera”. Iscriviti al gruppo Telegram per interagire con noi e per non perderti nessuna delle novità in anteprima e degli approfondimenti sulle puntate: https://t.me/LucePodcast Se vuoi ascoltarci senza filtri e sostenere il nostro lavoro, da oggi è possibile abbonarsi al nostro canale Patreon e accedere a contenuti bonus esclusivi tramite questo link: patreon.com/LucePodcast
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7897HUSSERL E LE OPPOSTE VITE DEI SUOI DISCEPOLI PIU' FAMOSI: HEIDEGGER ED EDITH STEIN di Roberto de MatteiAgli inizi del Ventesimo secolo, una nuova scuola filosofica si presentava alla ribalta in Europa, nel tentativo di portare il pensiero moderno alla sua "maturità critica". Fondatore della nuova scuola era Edmund Husserl (1859-1938), professore a Gottinga e a Friburgo in Breslavia, che cercava nella coscienza umana l'oggettività della conoscenza e dei valori.Nella cerchia dei collaboratori di Husserl si distinguevano due giovani studiosi, Edith Stein e Martin Heidegger, i cui opposti itinerari intellettuali ed esistenziali sembrano riassumere emblematicamente le diverse possibilità che ha di fronte a sè la filosofia e la civiltà moderna. Martin Heidegger, nato cattolico, percorse fino in fondo l'itinerario teorico dell'immanentismo moderno, approdando ad un nichilismo tanto ambiguo quanto radicale; successe a Husserl nella cattedra, aderì al nazionalsocialismo e dopo la guerra concluse la sua esistenza, acclamato filosofo; oggi è un controverso profeta della Sinistra postmoderna.Edith Stein, la discepola prediletta di Husserl, nata ebrea, dopo una sofferta ricerca personale, si convertì al cattolicesimo; voltò le spalle ad una brillante carriera universitaria e trovò la pienezza della Verità e della Vita alla quale anelava nella filosofia dell'Essere di san Tommaso d'Aquino e nella profondità interiore del Carmelo. Suggellò con il martirio la sua adesione totale a Cristo. La sua figura merita di essere ricordata.Edith Stein, nacque a Breslavia, in Germania nel 1891, undicesima figlia di una coppia di ferventi ebrei. Nel 1910, dopo aver concluso brillantemente gli studi liceali, si iscrisse all'Università di Breslavia. Nel 1913 si trasferì all'Università di Gottinga, dove incontrò il filosofo Husserl, di cui divenne assistente, assieme a Martin Heidegger, di due anni maggiore di lei.QUESTA È LA VERITÀLa Autobiografia di santa Teresa d'Avila, letta in una notte d'estate del 1921, cambiò la sua vita. Edith era sola nella casa di campagna di alcuni amici, che si erano assentati brevemente. Ella stessa racconta: "Presi casualmente un libro dalla biblioteca; portava il titolo "Vita di santa Teresa narrata da lei stessa". Cominciai a leggere e non potei più lasciarlo finché non ebbi finito. Quando lo richiusi, mi dissi: questa è la verità".Contro la volontà dei suoi genitori, Edith ricevette il battesimo e la prima comunione nel giorno di Capodanno del 1922. Voltò le spalle a un futuro di successo e il 14 ottobre 1933, mentre il nazismo andava al potere in Germania, entrò nel monastero delle Carmelitane di Colonia, con il nome di suor Teresa Benedetta della Croce. Il padre Cornelio Fabro, scrisse di Lei: "La vita carmelitana le infondeva una pace di spirito, una pienezza di vita, una gioia del cuore inesprimibile che s'irradiava su quanti poterono in rare occasioni avvicinarla: colpiva, nell'aspetto chiaro e giovanile, una dignità di semplicità, una caritatevole affabilità, una fraterna comprensione che dava quel gaudio e quel pungolo insieme da cui siam colpiti ogni volta che in questa grama esistenza ci tocca qualche autentico raggio del Bene infinito» (Edith Stein, dalla filosofia al supplizio, in "Ecclesia", IX, 7 ,1949, pp. 344-346).Il 21 aprile dello stesso 1933 Martin Heidegger, su proposta di un gruppo di docenti nazionalsocialisti era stato eletto rettore alla Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo. Il 21 aprile 1938, suor Teresa Benedetta della Croce emise la professione perpetua nell'ordine del Carmelo. Qualche giorno dopo, il 26 aprile, morì a Friburgo il suo maestro, Edmund Husserl, pronunciando parole di abbandono in Dio. Martin Heidegger, dopo una torbida relazione sentimentale con la sua allieva Hannah Arendt, morirà a Friburgo, a ottantasei anni, nel 1976.RAPPRESAGLIA CONTRO L'EPISCOPATO OLANDESELa notte del 30 dicembre 1938, per sfuggire alle persecuzioni razziali, Edith abbandonò il Convento delle Carmelitane di Colonia per rifugiarsi nel Carmelo di Echt, in Olanda. Così scriveva: "Ho un pensiero persistente: quaggiù non ci sono dimore permanenti. Non desidero nulla, se non che si compia in me e attraverso di me la volontà di Dio: quanto tempo mi lascerà qui e che cosa succederà in seguito? Tutto questo dipende da Lui e perciò non devo preoccuparmi affatto. È però importante pregare molto, per restare fedeli in ogni circostanza". "Fin da adesso - scrive nel suo testamento - accetto la morte che Dio mi ha destinato, con gioia e con una totale sottomissione alla sua santissima volontà. Prego il Signore di voler accettare la mia vita e la mia morte per la sua gloria e glorificazione [...], per il popolo ebreo affinché il Signore sia accolto dai suoi e venga il suo regno [...] Per la salvezza della Germania e per la pace nel mondo; infine, per i miei parenti, vivi e morti, e per tutti coloro che Dio mi ha affidato: perché nessuno si perda".Dopo lo scoppio della Seconda Guerra mondiale, nel maggio 1940, l'Olanda venne occupata dai tedeschi. Il 2 agosto 1942, il commissario del Reich fece arrestare tutti i religiosi e le religiose non ariane presenti nei conventi, in tutto circa 300, come atto di rappresaglia contro l'episcopato olandese che si era opposto pubblicamente alle persecuzioni contro gli ebrei. Suor Teresa Benedetta, assieme alla sorella Rosa, fu internata nel campo di concentramento di Auschwitz, dove morì, in una camera a gas, il 10 agosto 1942.Suor Teresa Benedetta della Croce, monaca carmelitana, vergine e martire, fu proclamata beata nel 1987 da Giovanni Paolo II, canonizzata nel 1998 ed elevata alla dignità di co-patrona d'Europa insieme a santa Caterina da Siena e a santa Brigida di Svezia.La grandezza di Edith Stein, più ancora che nel suo martirio, fu nella scelta eroica con cui, decise di voltare le spalle allo spirito del mondo, per immergersi nella profondità spirituale del Carmelo. La grazia del martirio fu la ricompensa di questo ardente amore per la Verità che costituì il filo conduttore della sua vita.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7882LA SCOMUNICA, UNA PENA MEDICINALE CHE AFFONDA LE RADICI NEL VANGELOLa scomunica consiste nell'esclusione dell'autore di un delitto canonico dalla comunione con la Chiesa (per stimolare il ravvedimento del colpevole)di Giuseppe ComottiNegli anni successivi al Concilio Vaticano II, in molti ambienti ecclesiali era stato messo in discussione il sistema penale canonico, vale a dire la previsione da parte della Chiesa di "pene" da infliggere ai fedeli colpevoli di comportamenti particolarmente gravi, non qualificabili solamente come peccati sul piano morale, bensì come delitti sul piano giuridico, per via della loro rilevanza per l'intera comunità cristiana, analogamente a quanto avviene nell'ambito del diritto penale degli Stati. Tale sistema era infatti avvertito come espressione di un modello ecclesiale sorpassato, troppo simile a quello statuale e soprattutto antitetico al messaggio evangelico.In quegli anni era in corso la revisione del Codice di diritto canonico: nel testo alla fine promulgato da san Giovanni Paolo II nel 1983, frutto della consultazione con l'episcopato mondiale, l'intero Libro VI era dedicato alla disciplina penale della Chiesa, che vide così confermata la compatibilità ed anzi l'intima connessione con la natura e la storia della comunità cristiana; nel nuovo Codice, peraltro, il ricorso all'inflizione di pene canoniche veniva presentato come extrema ratio, rimessa in sostanza alla valutazione dei singoli vescovi diocesani o dei superiori maggiori degli istituti di vita consacrata, quando avessero potuto constatare l'inutilità di altri strumenti suggeriti dalla sollecitudine pastorale per raggiungere quelli che nella Chiesa sono i fini propri della pena: la riparazione dello scandalo suscitato tra i fedeli dal comportamento delittuoso di un membro della comunità, il ristabilimento della giustizia violata, il ravvedimento del colpevole (cfr. can. 1341).In realtà, nonostante la conferma teorica nel Codice del 1983, l'esercizio della funzione punitiva da parte dell'autorità ecclesiastica si fece sempre più raro nella pratica, almeno fino a quando, all'inizio degli anni 2000, la drammatica emersione del terribile fenomeno degli abusi del clero sui minori e l'incalzante attenzione ad esso riservata dall'opinione pubblica hanno suscitato un rinnovato interesse per il diritto penale canonico, facendo percepire quanto dannosi fossero stati per la Chiesa l'erronea e fuorviante contrapposizione tra giustizia e carità e il sostanziale abbandono del ricorso alle pene canoniche da parte dei pastori.LA PENA DELLA SCOMUNICAFu così che san Giovanni Paolo II, nel 2001, riservò alla competenza esclusiva della Congregazione (ora Dicastero) per la Dottrina della Fede la trattazione di alcuni gravi delitti (tra cui l'abuso sessuale dei chierici sui minori); Benedetto XVI avviò poi nel 2007 una revisione della disciplina penale canonica, che è stata portata a termine da Francesco con la promulgazione del nuovo Libro VI del Codice, avvenuta il 23 maggio 2021 mediante la costituzione apostolica Pascite gregem Dei.Nel nuovo testo normativo continua ad essere prevista per alcuni gravi delitti la scomunica, la pena canonica più grave e peculiare del diritto della Chiesa, che affonda le proprie radici nell'epoca apostolica. La scomunica consiste, come dice il termine stesso, nell'esclusione dell'autore di un delitto canonico dalla comunione ecclesiastica, cioè dalla partecipazione attiva alla vita della Chiesa: lo scomunicato non può celebrare né ricevere i sacramenti, né può celebrare i sacramentali o compiere altre cerimonie del culto liturgico; gli è inoltre proibito esercitare uffici, incarichi ministeri o altre funzioni ecclesiastiche (can. 1331 §1).La pena della scomunica riguarda ovviamente solo i cattolici e non si applica quindi ai fedeli di altre confessioni cristiane; come per ogni delitto canonico, l'applicazione della scomunica presuppone che il colpevole abbia compiuto 16 anni e che il comportamento delittuoso sia a lui gravemente imputabile per dolo, che cioè egli lo abbia commesso con piena consapevolezza e libera volontà. Attualmente non è prevista la scomunica per delitti colposi, commessi cioè per negligenza o superficialità.Una peculiarità del sistema penale canonico è che non sempre l'applicazione della scomunica richiede una previa pronuncia di condanna da parte della competente autorità (si parla in tal caso di scomunica ferendae sententiae), ma nelle ipotesi espressamente previste dalla legge ecclesiastica vi si può incorrere automaticamente (latae sententiae), per il semplice fatto di avere commesso il delitto. In tal caso, la pronuncia di condanna da parte dell'autorità competente è solo eventuale e semplicemente dichiarativa del fatto che un fedele è già incorso nella scomunica; agli effetti pratici, peraltro, in assenza di una pronuncia espressa dell'autorità ecclesiastica, chi è incorso nella scomunica latae sententiae è chiamato in coscienza ad "autoapplicarsi" la pena, specie nel caso in cui il delitto sia occulto, cioè non conosciuto dalla comunità.Questo aspetto della scomunica ne evidenzia la peculiare natura di pena medicinale, volta cioè principalmente non tanto a punire, bensì a "curare" il colpevole, facendogli percepire - nel suo stesso interesse - l'estrema gravità del proprio comportamento ed indurlo in tal modo a desistere dallo stesso ed a convertirsi.In ragione di tale finalità, la pena della scomunica non è per sua natura perpetua né è mai stabilita per un periodo predeterminato, ma a tempo indefinito, venendo meno una volta raggiunto lo scopo, cioè il pentimento ed il fattivo ravvedimento del colpevole.SCOMUNICA E PENE ESPIATORIEIn questo la scomunica si distingue dalle cosiddette pene "espiatorie", nelle quali è più evidente la finalità di riparare lo scandalo provocato e ristabilire la giustizia violata, indipendentemente dal fatto che il colpevole si sia nel frattempo sinceramente pentito. Ad esempio, per il delitto di atti sessuali compiuti da un membro del clero con persone minori non è prevista la scomunica, ma - nei casi più gravi - la dimissione dallo stato clericale: è una pena espiatoria, che comporta la privazione in perpetuo dei diritti e doveri discendenti dall'ordine sacro; se anche il colpevole manifestasse un sincero pentimento, la sua esclusione definitiva dall'esercizio del ministero sacerdotale può infatti rivelarsi l'unico strumento adatto a riparare lo scandalo suscitato nella comunità cristiana e ristabilire la giustizia, soprattutto nei confronti delle vittime.Il Codice di diritto canonico, pur lasciando spazio alla previsione di altri casi di scomunica da parte dei vescovi diocesani con proprie leggi, espressamente stabilisce la scomunica latae sententiae per i più gravi delitti contro la fede e l'unità della Chiesa (can. 1364 §1), che sono - sin dall'antichità - l'apostasia (cioè il ripudio totale della fede cristiana), l'eresia (l'ostinata negazione di una verità di fede), lo scisma (il deliberato rifiuto di riconoscere l'autorità del Romano Pontefice). Tra i delitti contro le autorità ecclesiastiche, l'unico per il quale si incorre nella scomunica latae sententiae è quello commesso da chi usa violenza fisica nei confronti della persona del Papa (can. 1370 §1).Diversi sono invece i casi riguardanti i delitti contro i sacramenti: la profanazione delle specie eucaristiche (can. 1382 §1); l'assoluzione da parte del confessore di chi è stato suo complice in un peccato contro il sesto comandamento (can. 1384); la violazione diretta da parte del confessore del sigillo sacramentale (can. 1386 §1): la consacrazione di un vescovo senza mandato pontificio (can. 1387) nonché l'attentato conferimento dell'ordine sacro ad una donna (can. 1379 §3).Tutti questi delitti sono riservati alla Sede Apostolica, per cui la remissione della scomunica spetta unicamente ad essa (normalmente al Dicastero per la Dottrina della Fede o alla Penitenzieria Apostolica, salvo che intervenga direttamente il Pontefice).SCOMUNICA LATAE SENTENTIAETra i delitti contro la vita, il Codice prevede la scomunica latae sententiae per chi procura volontariamente l'aborto (can. 1397 §2); nel 2016 papa Francesco, a conclusione del Giubileo della Misericordia, ha concesso a tutti i sacerdoti la facoltà di assolvere quanti hanno commesso questo delitto, in precedenza attribuita solo al vescovo diocesano.Mentre in articulo mortis ogni sacerdote può rimettere qualsiasi tipo di censura, compresa la scomunica, normalmente (salvo i casi riservati alla Santa Sede) la remissione spetta all'ordinario che ha promosso il giudizio penale o all'ordinario del luogo in cui si trova lo scomunicato, qualora la scomunica sia stata pronunciata con sentenza; se si tratta invece di scomunica latae sententiae non ancora dichiarata, essa può essere rimessa dall'ordinario ai propri sudditi (cioè dal vescovo diocesano oppure dal vicario generale ai fedeli della propria diocesi) o dall'ordinario del luogo in cui si trova lo scomunicato. Qualsiasi vescovo in sede di confessione sacramentale può rimettere una scomunica non ancora dichiarata, purché non riservata alla Santa Sede.Ovviamente, la scomunica raggiunge il suo scopo se ad essa consegue il ravvedimento del colpevole, che è dunque la condizione imprescindibile affinché tale pena possa essere rimessa ed ogni pentimento, se è sincero, non può escludere la disponibilità effettiva a fare il possibile per riparare lo scandalo provocato ed a risarcire i danni causati.In tali finalità intrinsecamente connesse trova ragione ultima l'intero sistema penale canonico, che, come incisivamente ha sottolineato papa Francesco nella già citata costituzione apostolica Pascite
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Un Alto en el Camino: Conversaciones para crecer en la fe. Verónica Brunkow Un testimonio de vocación y de entrega a la vida consagrada. Con presencia en redes sociales, evangelizando y llevando las bellezas de la Iglesia Católica. Verónica Brunkow: Un testimonio de vocación y de entrega a la vida consagrada. Es licenciada en educación y desarrollo por la universidad Anáhuac, en ciencias religiosas por el Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Master en ciencia de la familia del Pontificio Istituto Teológico Giovanni Paolo II., Master en Missiologia de la Potifical Gregorian University, es Consagrada del Regnum Christi. Con presencia en redes sociales evangelizando y llevando las bellezas de la Iglesia católica. Además, conduce vivos en Instagram con historias de conversión e historias de amor. Trabaja actualmente en el Dicasterio de la Comunicación del Vaticano. --- Support this podcast: https://podcasters.spotify.com/pod/show/un-alto-en-el-camino/support
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7827APOSTOLO DEL SACRO CUORE E PADRE SPIRITUALE DI SANTA MARGHERITA MARIA ALACOQUE di Roberto de MatteiLa devozione al Sacro Cuore che caratterizza il mese di giugno è legata soprattutto alla figura di santa Margherita Maria Alacoque, (1647-1690), suora dell'ordine della Visitazione, fondato da san Francesco di Sales e santa Giovanna di Chantal. Fu a questa umile suora che la Provvidenza affidò un grande rimedio soprannaturale contro una nuova eresia che nasceva nel XVII secolo.Questa nuova eresia era il giansenismo, una corrente religiosa che sul piano dogmatico stravolgeva la dottrina cattolica della grazia, spingendola verso il calvinismo, e sul piano morale rinchiudeva la vita cristiana in un tetro e insopportabile rigorismo. I giansenisti ignoravano il ruolo della misericordia, appellandosi solo alla implacabile giustizia divina. Ma al di là degli errori teologici e morali, la peggiore insidia giansenista stava nel suo tentativo di voler riformare la Chiesa dall'interno e non più dall'esterno, come aveva cercato di fare il protestantesimo. Il giansenismo intendeva rimanere dentro la Chiesa, senza essere condannato, ma cercando anzi la condanna dei suoi avversari che, in quel momento, erano soprattutto i gesuiti, i più fedeli difensori dell'ortodossia romana.I disegni della Divina Provvidenza sconvolsero questo programma di distruzione della Chiesa. Margherita Maria Alacoque, lo strumento di questo straordinario intervento della grazia, nacque in Borgogna nel 1647, e dovette vincere la resistenza dei genitori per entrare, a ventiquattro anni, nelle visitandine del convento di Paray-le-Monial, dove fu incompresa dalle consorelle e malgiudicata dai superiori, finché, nel 1675 fu nominato Rettore del Collegio gesuita di Paray-le-Monial il padre Claudio de La Colombière, che aveva allora 34 anni, ma si era già distinto per la sua pietà e la sua dottrina. D'accordo con il suo Superiore, oltre al voto di obbedienza al Papa, il padre de La Colombière aveva pronunciato quello, eroico, di osservare sotto pena di peccato tutte le regole del suo OrdineUN INCARICO APPARENTEMENTE SECONDARIOI superiori gli affidarono un incarico apparentemente secondario, perché sapevano che nel Monastero della Visitazione, si trovava una religiosa favorita da rivelazioni del Cielo. Margherita Maria, da parte sua, aspettava che il Signore adempisse la promessa di inviarle un suo "servo fedele e amico perfetto ", per realizzare la missione alla quale la destinava: manifestare al mondo le ricchezze imperscrutabili del suo amore.Giunto nella sua nuova destinazione il padre de La Colombière, incontrò suor Margherita Maria e ne divenne direttore spirituale, orientandola nella sua vita spirituale e suggerendogli di mettere per iscritto tutto ciò che passava nella sua anima. Durante l'ottava del Corpus Domini 1675, Gesù, mostrando il suo Cuore a Margherita, le disse: "Ecco quel Cuore che ha tanto amato gli uomini e in contraccambio non riceve che ingratitudini, disprezzo, irriverenze, sacrilegi e freddezza in questo Sacramento d'amore ".Quella del giansenismo era una concezione di Dio oppressiva ed angosciante. Il Sacro Cuore appare a santa Margherita Maria Alacoque affermando, invece, che bisogna abbandonarsi al suo Amore, e formulando la grande promessa dei primi Nove Venerdì del mese: "Io ti prometto nell'eccesso della misericordia del mio Cuore che il mio Amore onnipotente concederà a tutti quelli che si comunicheranno al primo venerdì del mese, per nove mesi consecutivi, la grazia della perseveranza finale; essi non morranno nella mia disgrazia, né senza ricevere i Sacramenti, servendo loro il mio cuore di asilo sicuro in quell'ora estrema ". Il Signore disse poi alla religiosa visitandina: "Rivolgiti al mio servo, il Padre de La Colombière, e digli da parte mia di fare il possibile per propagare questa devozione e di fare questo piacere al mio Cuore divino... Sappia che è onnipotente colui che diffida interamente di se stesso per confidare solo in me ".Margherita comunicò il suo messaggio al Padre e tutti e due, il 21 giugno, si consacrarono al Cuore di Gesù e moltiplicarono i loro sforzi per diffondere questa devozione. La loro fu un'inscindibile amicizia spirituale dai frutti straordinari.Dopo un anno e mezzo di permanenza a Paray-le-Monial, nel 1676 il padre de La Colombière fu destinato a Londra, come cappellano della giovane duchessa di York, Maria Beatrice d'Este, nota in Inghilterra come Mary of Modena, perché era figlia del duca di Modena Alfonso d'Este. Maria di Modena aveva sposato Giacomo Stuart, duca di York, che, alla morte del fratello Carlo II, nel 1685, avrebbe regnato con il nome di Giacomo II, fino alla Rivoluzione del 1688, che stroncò la possibilità di una restaurazione cattolica dell'Inghilterra. Giacomo si era segretamente convertito al cattolicesimo, mentre la moglie Maria subiva una dura opposizione a causa della sua fede cattolica.LA MISSIONE A LONDRANella Londra ferocemente protestante, esisteva però un'enclave cattolica, che aveva il suo centro nella chiesa di St. James nella Spanish Place dove, dal 1676 al 1679 il padre de La Colombière, predicò, dedicandosi all'istruzione nella vera fede di cattolici o ex-cattolici inglesi. In questa Chiesa sarebbe stato battezzato, due secoli dopo, l'11 ottobre 1865, Rafael Merry del Val, futuro cardinale di Santa Romana Chiesa.Improvvisamente, alla fine del 1678, il padre de La Colombière fu arrestato sotto l'accusa calunniosa di essere coinvolto in uno pseudo "complotto papale ". Fu imprigionato nel carcere di King's Bench, dove restò durante tre settimane, sottoposto a gravi privazioni, ma in virtù della sua posizione a corte e della sua cittadinanza francese, sfuggì alla condanna a morte e fu espulso dall'Inghilterra. Tornò a Paray-le-Monial dove morì, a soli 41 anni, il 15 febbraio 1682. Da quel giorno, nella sua preghiera personale, alle litanie dei santi santa Margherita Maria aggiungeva: "San Claudio, prega per noi! "Nel 1929, Claudio de La Colombière fu beatificato da papa Pio XI e nel 1992 canonizzato da Giovanni Paolo II. La casa editrice AdP ha ripubblicato nel 2023 il suo Diario spirituale, che merita di essere letto da chiunque voglia approfondire la devozione al Sacro Cuore, ma anche da chiunque voglia capire come vivere in spirito di completo abbandono alla Divina Provvidenza. Nel Diario, san Claudio traccia questo programma: "Vivere giorno per giorno. Sperare di morire nell'occupazione che svolgiamo ". Cercare, in una parola, la perfezione nel momento presente, non preoccupandoci del nostro domani e affidandoci ciecamente a Dio. "Mio Dio, - scrive - sono intimamente persuaso che non sarà mai troppa la fiducia che ho in Te e che, ciò che otterrò da Te, sarà sempre al di sopra di ciò che avrò sperato ".Lo spirito di abbandono alla Provvidenza e la devozione ai Sacri Cuori di Gesù e di Maria, sono più che mai necessari per infondere vita e calore soprannaturale in un'epoca, come la nostra, in cui le anime sembrano così spesso raggelate e prive del fuoco dell'Amore divino.
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai”».
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7772SEI MIRACOLI SORPRENDENTI DEL SANTO ROSARIO di Manuela AntonacciNella lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, san Giovanni Paolo II ha espresso in modo eloquente il suo pensiero riguardo la bella e santa devozione del Rosario. «Il Rosario, pur distinguendosi per il suo carattere mariano, è una preghiera cristocentrica», aggiungendo anche che «attraverso il Rosario il credente ottiene grazie abbondanti, come se le ricevesse dalle mani stesse della Madre del Redentore». Ovviamente si tratta di Grazie che hanno come fine quello di avvicinarci a Dio: benedizioni personali che cambiano la nostra vita e quella degli altri.La straordinaria potenza del Rosario ha ottenuto anche molti grandi miracoli che hanno cambiato le sorti del mondo. Alcuni sono documentati. Christine Galeone, dal portale Beliefnet, presenta alcuni sei sorprendenti miracoli associati al Rosario. Il primo è quello che riguarda san Domenico e gli Albigesi. Siamo in Francia, tra il 1100 e il 1200, periodo in cui imperversava la setta eretica degli albigesi che convinsero molti cattolici a suicidarsi per poter essere liberati dai loro corpi, considerati fonte di male. Fu così che intorno al 1214, la Beata Vergine donò il rosario a San Domenico per sconfiggere quelle terribili menzogne. E così avvenne. San Domenico, inoltre, da quel momento, si prodigò nella diffusione della devozione mariana.Ne Il segreto del Rosario, san Luigi Maria Grignion de Montfort racconta proprio la devozione mariana di san Domenico: «Come ricompensa ricevette da lei [la Madonna N.d.R.] innumerevoli grazie. Esercitando il suo grande potere di Regina del Cielo, coronò le sue fatiche con molti miracoli e prodigi. Dio Onnipotente gli ha sempre concesso ciò che chiedeva tramite la Madonna. L'onore più grande di tutti è stato quello di averlo aiutato a schiacciare l'eresia albigese e di averlo reso il fondatore di un grande ordine religioso».IL MIRACOLO DEL SOLE A FATIMAMa facciamo un salto in avanti nella storia e veniamo al miracolo del sole a Fatima, nel 1917, quando la Madonna apparve ai tre pastorelli: Giacinta, Francesco e Lucia, nella Cova da Iría, a Fátima. Nell'arco di alcuni mesi, tra il 13 maggio e il 13 ottobre del 1917, la Beata Vergine apparve ai bambini sei volte. Non solo chiese loro di pregare il Rosario ogni giorno per portare la pace nel mondo e porre fine alla Prima Guerra Mondiale, ma si presentò come "Nostra Signora del Rosario" tenendo tra le mani un Rosario radioso.Il 13 ottobre 1917, poi compì, poi, un grande miracolo, mantenendo la promessa che aveva fatto a Lucia, perché nessuno più dubitasse delle apparizioni: circa 70.000 persone osservarono il sole che girava in cielo, compiendo una specie di danza, andando poi quasi a lanciarsi tra la folla, asciugando loro tutto il fango e gli indumenti inzuppati di pioggia, prima di riprendere il suo volo. Alcune persone furono guarite dalle malattie, molti altri si convertirono. Il messaggio della Madonna di Fatima ha avuto un ruolo molto importante anche in un altro miracolo associato al Rosario, che si colloca agli inizi degli anni ‘60, in Brasile, quando il presidente Joao Goulart si preparava a diffondere il comunismo in tutto il paese.Sembrava un destino ormai inesorabile, proprio come era successo a Cuba. Tuttavia non tutti erano disposti ad arrendersi: il cardinale de Barros Camara invitò il popolo brasiliano a fare penitenza, secondo le indicazioni date dalla Madonna a Fatima, per poter scongiurare il pericolo ormai all'orizzonte. Fu così che il presidente del Brasile e convinto comunista Joao Goulart venne rovesciato dopo la cosiddetta "Marcia della famiglia con Dio verso la libertà", formata da più di 600.000 donne che leggevano libri di preghiere e sgranavano rosari mentre marciavano con striscioni anticomunisti.LA BOMBA ATOMICADal rovesciamento di un potenziale regime dittatoriale, alla salvezza di un re, anche questo ha ottenuto la preghiera del rosario. Parliamo di Alfonso, re di León e della Galizia che portava costantemente un grande rosario legato alla cintura per ispirare gli altri a pregarlo e onorare la Madonna, anche se non lo pregava lui stesso. Un giorno, dopo essersi ammalato così tanto che si pensava non sarebbe vissuto a lungo, ebbe una visione in cui veniva giudicato e stava per essere gettato all'inferno, quando la Madonna intercedette per lui.San Luigi Maria Grignion de Montfort descrisse ciò che accadde dopo. Ne Il segreto del Rosario scrive: «Lei chiese una scala e su una scala mise i suoi peccati, mentre sull'altra mise il rosario che lui aveva sempre usato, insieme a tutti i rosari che aveva detto. Si scoprì che i rosari superavano i suoi peccati». Così guardandolo con grande benevolenza, la Vergine gli disse che la sua vita era stata allungata di alcuni anni e preservata dall'inferno, per aver diffuso la devozione del rosario. Un'altra guarigione importante venne ottenuta, tramite la recita de rosario, dal sacerdote Patrick Peyton, a cui nel 1938 fu diagnosticata una tubercolosi avanzata, all'epoca incurabileDopo che la sorella gli suggerì di pregare la Beata Vergine, si consacrò a Maria e cominciò a pregare devotamente il Rosario. Con stupore dei suoi medici, guarì completamente e miracolosamente, e promise alla Beata Vergine che avrebbe passato la vita a promuovere il Rosario. La scamparono bella, invece, durante la grande tragedia di Hiroshima, dei sacerdoti gesuiti che vivevano in una casa parrocchiale ad un miglio e mezzo dalla città dove venne sganciata la bomba atomica.Mentre la chiesa accanto alla canonica fu completamente distrutta e migliaia di persone morirono e altre migliaia soffrirono tremendamente per l'esposizione alle radiazioni, la casa dei gesuiti rimase in piedi e i religiosi devoti del rosario, non furono colpiti né dalla bomba e nemmeno dalle radiazioni Negli anni successivi all'esplosione furono visitati molte volte e vissero ancora per molti anni. E quando i religiosi sono stati intervistati, hanno ripetutamente spiegato il motivo per cui credevano di essere sopravvissuti: lo attribuivano al fatto di vivere fedelmente il messaggio di Fatima, dedicandosi alla recita quotidiana del santo rosario.
Tintoria è il podcast di @sandanieletinti e @StefanoRapone, prodotto da @thecomedyclub.Ottieni NordVPN qui: https://nordvpn.com/tintoria --------------------------------------INFO e BIGLIETTI per le Registrazioni LIVE: https://bit.ly/tintoriapodcastINFO E BIGLIETTI PER I PROSSIMI LIVE DI RAPONE: https://bit.ly/RaponeTOURINFO E BIGLIETTI PER I PROSSIMI LIVE DI TINTI: https://bit.ly/DanieleTintiTOUROspite della 203esima puntata di @tintoriapodcast Giancarlo Magalli, conduttore, autore e attore. Abbiamo parlato della sua infanzia sulle ginocchia di Humphrey Bogart, della gavetta sui set di Aldo Fabrizi e Totò, della carriera di imitatore negli spettacoli scolastici e dei suoi compagni di classe eccellenti, da Christian De Sica a Carlo Verdone passando per Mario Draghi, dell'esperienza pionieristica con l'animazione nei primi villaggi vacanze, degli inizi in radio insieme a Gianni Boncompagni e l'arrivo in televisione, in veste di autore prima per passare davanti alla telecamera poi, e degli incontri improbabili con Maria Teresa di Calcutta e Giovanni Paolo II insieme a Raffaella Carrà. Non sono mancate rivelazioni sulla vita sentimentale del Cavaliere e lezioni apprese intervistando Ivana Trump e Latoya Jackson.Puoi seguire Tintoria qui: https://www.instagram.com/tintoriapodcast/Puoi seguire Rapone qui: https://www.instagram.com/grandiraponi/Puoi seguire Tinti qui: https://www.instagram.com/sandanieletinti/Puoi seguire Giancarlo Magalli qui: https://www.instagram.com/magallinobellino/Puoi seguire The Comedy Club qui: https://www.instagram.com/thecomedyclub.it/Tintoria è anche su TikTok: https://www.tiktok.com/@tintoriapodcastRegia e montaggio: Enrico Berardi ( @enricoberardivideographer-3126 ) https://focusaziende.itRiprese: Leonardo PicozziAudio:Antonio ArcieriLa sigla di Tintoria è a opera di Di Gregorio (https://open.spotify.com/artist/72kN7wU0KWqEDkHYrvT6Vi)Sigla animata:Crocopie Studiowww.206lab.com/crocopie-studiowww.instagram.com/crocopie_studio
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7726FRANCIA, L'ABORTO IN COSTITUZIONE E' LA NEGAZIONE DEI DIRITTI UMANI di Eugenio CapozziL'approvazione a larghissima maggioranza, da parte dei due rami del parlamento francese riuniti in seduta comune, della norma che inserisce nella Costituzione la garanzia del diritto ad abortire è un fatto storico di enorme importanza e gravità. Lo è perché per la prima volta in una democrazia liberale occidentale non solo l'interruzione volontaria di gravidanza viene depenalizzata e consentita, come avviene ormai da tempo in gran parte di esse, ma viene addirittura elevata a diritto fondamentale, che dunque da ora in poi nessuna legge ordinaria potrà revocare.Lo è perché la formulazione scelta, quella per cui l'aborto è una "libertà" della donna che dev'essere comunque garantita dalla legge, implica l'improponibilità sostanziale di qualsiasi sua limitazione, e dunque prefigura da un lato ulteriori suoi ampliamenti, dall'altra la crescente difficoltà a difendere, sul piano costituzionale, il diritto all'obiezione di coscienza.Lo è perché la modifica costituzionale è stata fortemente voluta e promossa dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, e assume il valore di un provvedimento "bandiera".Lo è per la solennità che si è voluto conseguentemente dare all'approvazione della norma, con la convocazione del parlamento riunito a Versailles, la disposizione dei parlamentari in ordine alfabetico e non per gruppo - a sottolineare l'aspetto di "unità nazionale" della scelta - , persino l'illuminazione della torre Eiffel per festeggiarla.Lo è, infine, per la già citata, amplissima maggioranza, che travalica gli schieramenti politici e la divisione tra destra e sinistra.Con questo passaggio, la Francia macroniana si pone idealmente a capo della sempre più aggressiva tendenza del progressismo occidentale a considerare l'aborto un vero e proprio dogma, un totem, un feticcio intoccabile, inestricabilmente connesso all'emancipazione femminile e quasi sinonimo di essa. Una tendenza che corrispettivamente si traduce, secondo il costume dell'estremismo woke, nella demonizzazione di chiunque metta in discussione il dogma su basi etiche o religiose, additato come sessista, "patriarcale", "bigotto", "medioevale", fautore dell'asservimento delle donne.ARGINI SEMPRE PIÙ CONTESTATILa negazione di qualsiasi possibilità di argomentazione intorno al tema pretende di cancellare e rinnegare d'un colpo non soltanto millenni di storia in cui l'aborto è stato condannato pressoché unanimemente al pari dell'infanticidio, ma anche le tormentate modalità attraverso le quali si è giunti, in molti paesi occidentali, alla sua legalizzazione a partire da poco più di mezzo secolo fa. Nell'accanito dibattito avviato allora sotto la spinta dei movimenti femministi si confrontavano, infatti, posizioni diverse, le quali però almeno convergevano nel ritenere che nell'affrontare la questione fosse inevitabile considerare più punti di vista, e che occorresse in qualche modo bilanciare il diritto delle donne a una maternità "consapevole" con la tutela della vita del nascituro e quella della maternità nell'interesse della società.Conseguentemente le leggi che autorizzavano, entro certi limiti, l'aborto - come proprio la legge francese Simone Veil approvata nel 1975, e la legge 194 approvata in Italia nel 1978 - non consideravano affatto la legalizzazione come un diritto soggettivo, ma semmai come un modo per conseguire la "riduzione del danno" connesso agli aborti clandestini e ai danni provocati in taluni casi da una maternità non voluta alla salute fisica e psichica delle donne: un esito, comunque, non obbligato, rispetto al quale dovevano essere almeno considerate delle alternative, e che comportava almeno un dilemma morale.Tuttavia nei decenni successivi questi argini sono stati sempre più contestati, rifiutati, erosi dalla marea montante di una concezione dei diritti integralmente relativista e soggettivista, secondo cui l'unico soggetto in gioco in materia di gravidanza è la donna, il concepito rappresenta soltanto un potenziale ostacolo alla sua libera volontà, e il potere di "interrompere la gravidanza" (fuori di eufemismi, sopprimere la vita del nascituro) deve essere inteso come pressoché assoluto e automatico, senza filtri né mediazioni, attuabile facilmente in forma sia chirurgica che farmacologica, anche al di sotto della maggiore età, e sempre più esteso rispetto allo stadio della gravidanza stessa.Una concezione la cui progressiva diffusione ed egemonia si è andata saldando alla crescente disgregazione dei legami familiari, al crollo delle nascite, alla trasformazione di comunità fondate sulla stabilità dei nuclei familiari e sulla continuità generazionale in somme aritmetiche di individui isolati concentrati sulle proprie auto-rappresentazioni e gratificazioni personali.DIRITTO NON NEGOZIABILEIn essi la rabbiosa rivendicazione di un potere assoluto dei soggetti "forti" sulla vita nascente (ma anche parallelamente sul "fine vita") si concretizza in una generale pulsione mortifera, una vera e propria implosione, evidente se si confrontano i trend demografici occidentali con quelli di altre società.Che la punta di lancia di tale corto circuito tra diritto, potere e soppressione della vita sia oggi la Francia, e più in generale l'Europa continentale, e che il corto circuito si traduca nella formulazione dell'aborto come "diritto costituzionale", non deve stupire. Infatti l'idea del diritto alla vita come prerogativa assoluta e non negoziabile di ogni essere umano ha preso forma storicamente nella tradizione costituzionale anglosassone, dove è stato introdotto da John Locke (insieme a quello alla libertà e alla proprietà) e dalla Dichiarazione d'Indipendenza americana del 1776 (insieme alla libertà e al libero perseguimento della felicità).Si deve a quella tradizione, imperniata innanzitutto sulla limitazione del potere, la sua riproposizione nella Dichiarazione universale dei diritti umani dell'Onu del 1948. Nel costituzionalismo francese di origine rivoluzionaria, viceversa, il diritto alla vita non viene mai nominato, e ogni libertà individuale viene subordinata alla sovranità della nazione e al monopolio del potere statuale. Le costituzioni continentali, e la cultura politica prevalente in quei paesi, hanno continuato a risentire più dell'esempio francese che di quello anglosassone. Ecco perché oggi in Francia - e, temiamo, ben presto altri paesi seguiranno l'esempio di Parigi - il diritto alla vita del bambino concepito può essere impunemente calpestato assolutizzando quello alla sua eliminazione, spacciando quest'ultima come libertà, mentre si tratta del trionfo di un potere illimitato sulla vita, che è condizione necessaria per la libertà.Nei paesi anglosassoni - come, per altro verso, nel mondo latinoamericano - nonostante le spinte del progressismo "dirittista" in senso abortista la radice cristiana dell'idea di diritti fondamentali, implicante la difesa della vita in ogni stadio, è rimasta complessivamente viva e attiva. Nella cultura politica liberale e conservatice le posizioni antiabortiste hanno continuato a essere presenti, apertamente rivendicate e molto spesso prevalenti. Ed è grazie a questo che la depenalizzazione per via giuridica dell'aborto sancita nel 1973 dalla sentenza Roe v/s Wade ha potuto essere arginata dopo mezzo secolo dalla Corte Suprema statunitense, riaprendo radicalmente il dibattito sul tema.Le destre europee, al contrario, si mostrano in gran parte subordinate, come è avvenuto ora a Parigi, al progressismo nichilista, intimidite dalla sua aggressività, timorose di esserne delegittimate, e incapaci di proporre una visione alternativa.Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "Francia, la democrazia totalitaria realizzata" spiega perché, con l'inserimento del diritto all'aborto nella Costituzione, la Francia dimostra di aver realizzato la democrazia totalitaria che ha nell'illuminismo la sua filosofia ispiratrice.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 9 marzo 2024:Nel 1950 usciva il famoso libro di Jacob Talmon "La democrazia totalitaria". Egli parlava di Rousseau, Robespierre, Morelly, Mably, Babeuf... ossia dell'illuminismo che, non per accidente ma per sua natura, diventava totalitario. Oggi, la Francia di Macron rimane su quella linea e la conferma. Dopo l'assunzione in Costituzione del diritto all'aborto, la Francia dimostra di aver realizzato proprio quella democrazia totalitaria dei suoi fondatori descritta da Talmon. Le previsioni dei pontefici dell'Ottocento, le allerte di Giovanni Paolo II, gli avvertimenti di Benedetto XVI sulla dittatura del relativismo sono oggi completamente confermate in Francia. L'episcopato francese ha pubblicato un comunicato in vista del voto parlamentare, ha invitato i giovani e le comunità cristiane alla preghiera, dopo il voto ha espresso in una breve nota la propria tristezza ma finora non ha avviato nessuna approfondita riflessione sul concetto di democrazia totalitaria.La costituzionalizzazione del diritto all'aborto comporta che porlo in essere sarà un dovere, come accade per ogni diritto. Ne consegue che l'obiezione di coscienza non potrà più essere ammessa. Il diritto ad abortire viene inteso, per fare un esempio, come il diritto a non essere discriminati per il colore della pelle, davanti a cui nessuno può pretendere di opporre obiezione di coscienza e lo Stato deve impedire che questo avvenga, imponendone il rispetto e l'applicazione.
Radio Vaticana con Voi! Ogni mattina, dopo il gr delle 8, due ore di diretta con i vostri messaggi di testo e vocali da inviare al numero 335.1243722! Ospiti, rassegna stampa, musica e molto altro ancora per iniziare insieme la giornata! Conduce Andrea De Angelis. Oggi con noi: Bruno Vespa, giornalista, conduttore e autore televisivo, scrittore, per ricordare - in occasione dei 70 anni della Rai - la telefonata di Giovanni Paolo II nella trasmissione "Porta a Porta" del 13 ottobre 1998; Alessandro Guarasci, collega di Radio Vaticana - Vatican News; Gianluca Biccini, collega de L'Osservatore Romano, che presenta l'inserto quotidiano del giornale della Santa Sede; padre Adrian Danca, caporedattore della redazione in lingua romena di Radio Vaticana - Vatican News; Jacques Mourad, arcivescovo di Homs, in Siria; Daniela Fiordalisi, Disability Manager, volontaria di “Bambini in Braille”, in occasione della Giornata internazionale sul Braille; Pierluigi Morelli, responsabile della redazione Musicali di Radio Vaticana - Vatican News.
E’ un discorso che vi sconsigliamo di affrontare al pranzo di Natale, ma è giusto sapere che oggi non è oggi. Nel senso, per quanto sia una certezza inconfutabile secondo il nostro calendario, in realtà non c’è alcuna certezza storica riguardo al fatto che Gesù sia nato il 25 dicembre. Sconvolti? Beh anche noi, però Giovanni Paolo II ci aiuterà sicuramente a capire meglio come sono andate le cose.See omnystudio.com/listener for privacy information.
Fa un effetto strano da quaggiù vedere quegli aerei in volo passare quasi in silenzio sopra il ritmo frenetico di paesi e città che non si fermano mai. Dove andranno? Chi c'è a bordo? E chissà quante volte lo avrà pensato Daniela Zuccollo, a parte inverse, scrutando da un oblò quelle luci accendersi, quel senso di casa che per una vita è stato più che altro un ricordo custodito nel cuore e nascosto sotto una divisa che richiede lucidità e presenza. Oltre trent'anni da hostess per lei, iniziati alla fine degli anni Ottanta quando gli assistenti di volo nella provincia di Vicenza si contavano in una mano: una professione abbracciata quasi per caso per quella ragazza bionda e un po' introversa partita da Cogollo del Cengio.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7603EMILIA KACZOROWSKA, LA MAMMA DI SAN GIOVANNI PAOLO II di Renzo AllegriLa madre di Giovanni Paolo II, Emilia Kaczorowska, era figlia di un sellaio lituano, ma era nata in Slesia il 26 marzo 1884. Aveva otto fratelli. La famiglia si trasferì a Cracovia quando Emilia era ancora piccola e fu bersagliata da dolori e disgrazie. In pochi anni, Emilia perse quattro fratelli e anche i genitori. Per alcuni anni crebbe in un Collegio delle suore della Misericordia. Poté frequentare solo le scuole elementari. Poi dovette pensare a guadagnarsi da vivere facendo la sarta.Era gracile e cagionevole di salute, ma era molto bella.Maria Janina, una coetanea di Emilia, nel 1978, subito dopo l'elezione a Pontefice di Karol Wojtyla, ricordava: «Emilia Kaczorowska, da ragazza, era la più bella ed elegante di Wadovice. Abitavamo nella stessa casa. Era snella, aveva profondi occhi neri e un sorriso disarmante. Di carattere era gaia e sempre serena. Vestiva modestamente, ma era distinta, molto femminile. Si confezionava lei stessa i vestiti. Aveva capelli lunghi e si pettinava, come si usava allora, puntandoli tutti in alto».Il padre del Papa si chiamava Karol. Al figlio poi diede il proprio nome, come si usava spesso allora. Era nato nel 1879. Era figlio di un sarto e anche lui aveva imparato il mestiere del sarto, ma poi lo aveva abbandonato per un posto di ufficiale di carriera nell'esercito.«Era alto, con spalle molto dritte e aveva un incedere armonioso», raccontava Maria Janina, la vicina di casa. «Gli stivali lunghi e la divisa militare con le scintillanti tre stellette di sottufficiale sul colletto gli davano fascino ed eleganza. Era molto ammirato dalle ragazze. Anche Emilia si era nascostamente innamorata di lui, e fu felicissima quando Karol la scelse come fidanzata».I due giovani si erano conosciuti nella chiesa cattolica di Cracovia che entrambi frequentavano. Emilia se ne era innamorata subito. Secondo un rapporto dell'esercito austriaco, dove Karol prestava servizio, egli era «onesto, leale, serio, educato, modesto, retto, responsabile, generoso e instancabile». Era anche un affascinante parlatore. Tutte doti preziose, immediatamente apprezzate da Emilia.IL MATRIMONIO E I FIGLISi sposarono il 10 febbraio 1904 e subito dopo si trasferirono a Wadowice, dove aveva sede un prestigioso reggimento di fanteria in cui Karol Wojtyla svolgeva compiti amministrativi.Nell'agosto del 1906, Emilia diede alla luce un maschietto, che fu chiamato Edmund. Ma già fin da quel primo parto risultò che Emilia aveva una salute gracile e che successive maternità potevano essere fatali per lei. I medici quindi le consigliarono di non avere altri figli.La vita dei coniugi Wojtyla a Wadowice trascorreva serena. Lo stipendio di Karol non era pingue ma sufficiente. Emilia lo amministrava con oculatezza. Lavorava anche lei come sarta contribuendo al bilancio familiare. Amava vestire bene il suo bambino e andava a comperargli qualche vestitino a Cracovia.Edmund era intelligente, studiava con profitto. Emilia decise che quel suo ragazzo doveva frequentare l'università e diventare importante. Era orgogliosa di lui.Nel 1914 però Emilia rimase di nuovo incinta. La gravidanza questa volta fu difficile, il parto complicato e nacque una bambina che visse poche ore. Emilia la volle chiamare Olga, come la propria sorella morta a soli 22 anni.Quella difficile maternità e la perdita della bambina segnarono molto Emilia. Fisicamente ma anche psicologicamente. Era diventata una donna molto sofferente. Andava soggetta a fortissimi mal di schiena che le impedivano perfino di reggersi in piedi. Inoltre veniva presa da improvvisi capogiri, svenimenti che le facevano perdere conoscenza. Quando arrivavano quelle crisi, doveva restare a letto anche per quattro cinque giorni di fila. Doveva essere trasportata a Cracovia, per essere assistita da medici specialisti. Le assenze duravano anche una settimana e allora era il marito a sbrigare le faccende domestiche, fare da mangiare, lavare i piatti, pulire la casa.I medici dicevano che aveva i reni compromessi e il cuore malandato. Doveva condurre un'esistenza tranquilla, serena, non doveva affaticarsi e neppure lontanamente pensare ad altre maternità.IL RIFIUTO DELL'ABORTO TERAPEUTICOMa alla fine del 1919 si accorse di aspettare un nuovo bambino. Aveva già 35 anni e mezzo e la nuova gravidanza si annunciò subito difficile. I medici dissero che era pericolosa per lei e per il nascituro: doveva interromperla. Ma Emilia era una donna di fede. Con grande semplicità, si affidò al buon Dio. Mai avrebbe impedito a quel suo bambino di venire al mondo: per lui era disposta a morire.I nove mesi di gestazione furono pieni di complicazioni per la salute cagionevole di Emilia. Il parto, avvenuto il 18 maggio 1920, fu difficile. Il bambino però nacque sano e venne chiamato Karol, come il padre.Da quel momento l'esistenza di Emilia divenne precaria. I disturbi al cuore e ai reni peggiorarono, i gonfiori alle gambe le impedivano di restare a lungo in piedi. Doveva egualmente provvedere alla casa e ai figli. Si sacrificava in silenzio. «Sopportava il dolore con fede», raccontò la sua coetanea Maria Janina. «Non parlava mai dei suoi disturbi e riusciva sempre a tenere un sorriso dolce e sereno sulle labbra, anche nei momenti di maggior sofferenza».Il piccolo Karol crebbe sereno e vezzeggiato. Nel 1926 cominciò ad andare a scuola. Aveva difficoltà in matematica, ma con l'aiuto del fratello maggiore, che era già universitario, riuscì a superarle e divenne uno dei migliori allievi.Nell'inverno del 1928 le condizioni di salute di Emilia si aggravarono. Karol, che aveva compiuto otto anni, cominciò a capire e ad avere il terrore di perdere la mamma. Un suo insegnante di allora raccontò che il bambino era spesso pensieroso e assente. La mattina del 13 aprile 1929, Karol, dopo aver fatto colazione, era uscito presto come il solito per andare a scuola. Verso mezzogiorno arrivò nella sua classe il preside e disse all'insegnante che doveva parlare con il piccolo Wojtyla. Fuori dell'aula, Karol vide una vicina di casa. Capì che era accaduto qualcosa di grave alla sua mamma e scoppiò a piangere. La signora Emilia, infatti, era spirata poco dopo aver mandato a scuola il bambino.La salma esposta nella casa, i funerali, la sepoltura nel cimitero, impressionarono tremendamente il piccolo Karol. Quel lutto segnò la sua vita per sempre. Gli fece scoprire il dolore di perdere la persona più cara. Tutti gli amici di Karol Wojtyla sono concordi nel dire che egli rimase sconvolto dalla perdita della madre al punto di non riuscire quasi mai a parlare di lei. Solo una volta, al giornalista francese André Frossard, che era suo amico, confidò:«La morte di mia madre è sempre profondamente scolpita nella mia mente». Il suo amore tenero e vivo lo dimostrò tenendo sempre con sé alcuni oggetti che erano appartenuti a sua madre: un tavolino e la cesta di vimini che Emilia usava per raccogliere la biancheria.In seguito, quando Karol Wojtyla era anche diventato un famoso poeta, scrisse, in ricordo della madre questa poesia:«Sulla tua tomba bianca / Fioriscono bianchi fiori della vita.Oh, quanti anni sono stati senza di te, / Quanti anni fa?Sulla tua tomba bianca / Da tanti anni già chiusa:Come se in alto qualcosa si innalzasse, / Come la morte incomprensibile.Sulla tua tomba bianca, / O madre, mio spento amore,Con tanto affetto filiale / Faccio preghiera: Dio, donale eterno riposo».Versi densi di un tremendo dolore mai venuto meno.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7600IL RUOLO FONDAMENTALE DELLE SANTE MADRI PER LA SANTITA' DEI FIGLI di Antonio TaralloSul tema "mamma", la letteratura di ogni genere ed epoca è assai vasta: testi teatrali, poesie, racconti e romanzi. Per non parlare degli antichi adagi popolari che costituiscono una cultura millenaria. Più volte, nel nostro quotidiano, abbiamo sentito ripetere frasi come: "La mamma è sempre la mamma"; "di mamma ce n'è una sola" o ancora "chi dice mamma non s'inganna". E si potrebbe continuare ad libitum perché l'immaginario collettivo su questo tema così universale è davvero colmo di scene e sentimenti. Le madri sono, infatti, da sempre figure centrali per ognuno, per ogni vivente: si nasce da un grembo materno. E, prima di nascere, si è legati alla madre tramite il cordone ombelicale, unione vitale e spirituale con la propria mamma. E non è certo "un caso" se Dio stesso, per incarnarsi, ha pensato al grembo della Vergine Maria, la Mamma per eccellenza.Nella storia del cristianesimo, dunque, la figura della madre ha avuto un ruolo fondamentale fin dal principio. E lo sapevano bene quei santi che hanno avuto nelle madri testimoni importanti di fede. L'agiografia è colma di esempi di spose e madri che hanno trasmesso ai propri figli una fede salda, ben radicata in Dio, in Cristo, nella Madonna. Madri che per prime hanno trasmesso il messaggio del Vangelo ai figli, e questi, a loro volta, hanno così voluto intraprendere un cammino spirituale tutto particolare, speciale, fino a divenire santi. Così è accaduto a san Gregorio Magno, papa Gregorio I: la madre, santa Silvia (della quale oggi ricorre la memoria liturgica), secondo quanto lo stesso pontefice santo ha riferito nei suoi scritti, raggiunse il vertice della vita di preghiera e di penitenza, divenendo per lui una colonna della sua stessa fede.SANTA MONICA, MADRE DI SANT'AGOSTINOAltra figura centrale per la storia del cristianesimo è senza dubbio santa Monica, madre di sant'Agostino, dottore della Chiesa. Monica ha 22 anni quando nasce il primogenito Agostino, il futuro santo vescovo d'Ippona. Le vicende della sua biografia sono così strettamente legate a quelle del figlio che i due nomi si fondono, si confondono quasi, diventando un binomio inscindibile nella storia della Chiesa. Anche le loro memorie liturgiche si susseguono una dopo l'altra: Monica è celebrata il 27 agosto (sale al Cielo il 27 agosto 387); Agostino il 28 agosto (sale al Cielo il 28 agosto 430). Questa incredibile storia di madre e figlio è affascinante: quando Agostino si trasferisce per i suoi studi di retorica a Cartagine, si concede con sfrenata libertà ai piaceri della vita. La sua è una quotidianità fatta di piaceri smodati. Le sue Confessioni raccolgono diversi episodi riguardo a questo periodo. Monica, allora, cerca di riportarlo sulla retta via, ma niente da fare: Agostino, pur amando profondamente la madre, continua la sua vita smodata. Finiti gli studi, Agostino decide di spostarsi con la sua famiglia a Roma, capitale dell'impero. Monica, caparbia, decide di seguirlo, ma il figlio le sfugge. Ed è a questo punto della storia che avviene un fatto fondamentale: Monica trascorre una notte intera a pregare presso la tomba di san Cipriano. Sarà proprio la perseveranza della preghiera di santa Monica a convertire il figlio. Ma non sarà Roma la tappa decisiva della conversione, bensì Milano. Nella città lombarda, Agostino conosce sant'Ambrogio, vescovo di Milano. Monica comincia così a intravedere un po' di luce nella vita del figlio: è la Luce di Cristo che comincia a squarciare le tenebre del cuore del figlio dissoluto. Agostino verrà battezzato nel 387. Diventerà vescovo d'Ippona e sarà ricordato per la sua imponente e importante opera teologica.SANTA BRIGIDA E SANTA CATERINA DI SVEZIAFacciamo un salto nel Medioevo: in quest'epoca ci imbattiamo nella storia di santa Brigida e santa Caterina di Svezia, madre e figlia. Anno del Signore 1349: dalla fredda Svezia, Brigida, dopo la morte del nobile marito Ulf Gudmarsson, giunge a Roma. La seguirà la figlia, Caterina. Le due donne saranno da quel momento in poi sempre più unite nel Signore, nell'amore per i bisognosi. Abiteranno, fra preghiere e opere di carità, in Piazza Farnese. Qui si trova ancora oggi il palazzo dove avevano preso dimora: due stanze attigue, metafora della loro vicinanza spirituale. E proprio nel palazzo di Piazza Farnese - sede dell'Ordine del SS. Salvatore di Santa Brigida - è conservata una tela (vedi immagine in fondo) che può darci un'istantanea delle loro biografie: il quadro presenta santa Caterina mentre accompagna l'uscita del corpo di santa Brigida dalla chiesa romana di San Lorenzo in Panisperna. Brigida era stata sepolta lì, prima di ritornare in patria: viene colta nel sonno della luminosa morte, mentre Caterina, mesta, con il capo reclinato e le mani giunte, prega il Signore mentre accompagna la madre nel suo ultimo viaggio.MARGHERITA OCCHIENA, MADRE DI SAN GIOVANNI BOSCOAnche il Novecento riesce a donarci bellissime storie di madri che con la loro testimonianza di fede hanno avuto una grande influenza sui propri figli. Basterebbe pensare alla venerabile Margherita Occhiena, madre di san Giovanni Bosco: sarà lei la guida per il figlio e per i primi ragazzi di Valdocco. Quando Giovanni confidò al parroco di sentir nascere in lui la vocazione religiosa, il sacerdote lo comunicò subito alla madre. Lei, allora, si rivolse al figlio con queste parole: «Io voglio solamente che tu esamini attentamente il passo che vuoi fare e poi segui la tua vocazione senza guardar ad alcuno. La prima cosa è la salvezza della tua anima. [...] Non prenderti fastidio per me. Io da te voglio niente; niente aspetto da te. Ritieni bene: sono nata in povertà, sono vissuta in povertà, voglio morire in povertà. Anzi te lo protesto. Se ti decidessi per lo stato di prete secolare, e per sventura diventassi ricco, io non verrò neppure a farti una sola visita, anzi non porrò mai piede in casa tua. Ricordalo bene».Passiamo dal Nord al Sud d'Italia. Un altro esempio di grande e genuina fede: è Maria Giuseppa Di Nunzio Forgione, madre di san Pio da Pietrelcina. La sua, una vita da terziaria francescana che sicuramente influì sul figlio Francesco (chiamato così in onore di san Francesco d'Assisi), il futuro santo cappuccino con le stimmate.Altra madre importante è la serva di Dio Emilia Kaczorowska, mamma di Karol Wojtyła, il futuro pontefice Giovanni Paolo II. Il ginecologo di fiducia aveva avvisato della pericolosità del parto di quel bambino e le aveva indicato di abortire. Ma Emilia era una donna di fede: affidò tutto a Dio e alla Madonna: quel bambino, che rischiava di non nascere, diventerà appunto san Giovanni Paolo II, colosso della fede e della Chiesa.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4255QUATTRO BUONE RAGIONI A FAVORE DELLA MONARCHIA di Corrado GnerreIn occasione del 70° anniversario della Repubblica Italiana offro qualche riflessione in merito non alla Repubblica ma alla Monarchia, più specificamente alla Monarchia Cristiana. Prima però mi preme fare due premesse.La prima è più specifica. Confesso (ma penso sia cosa abbastanza prevedibile) di non nutrire alcuna simpatia per Casa Savoia per una serie di motivazioni, prima fra tutte il fatto che essa ha svolto un ruolo decisivo in quel processo, cosiddetto "Risorgimento", che altro non è stato che una sorta di "piemontizzazione" dell'Italia.La seconda premessa è più generale. La Dottrina Cattolica tradizionale (quindi non contaminata da derive modernistiche) accetta diverse forme di governo, sempre che non cadano in derive totalitarie. Ricordo che anche la democrazia, non intesa in senso classico, bensì come puro "democraticismo" (pretesa di poter tutto decidere con il criterio del numero anche cosa è oggettivamente bene e cosa è oggettivamente male) cade inevitabilmente nel totalitarismo, come è ben affermato da Giovanni Paolo II nell'enciclica Centesimus Annus al punto 46: "Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia."Fatte queste due premesse, vengo al dunque. Le buone ragioni della Monarchia sono quattro. La prima è "sociale", la seconda "antropologica", la terza "religiosa" e la quarta "filosofica". Ho utilizzato le virgolette perché il significato di queste aggettivazioni è in senso ampio. 1) RAGIONE SOCIALEUna delle più precise definizioni di Monarchia è "governo di una famiglia su tante famiglie". Infatti, la Monarchia altro non è che la "centralità politica" della Famiglia. Qui ovviamente il riferimento è alla concezione tradizionale e vera della società. Secondo questa concezione la società non può che avere una dimensione comunitaria. Essa non è un insieme di individui ma di famiglie: è una "famiglia di famiglie". La concezione individualistica della società è invece un prodotto tipicamente "moderno". Ed è proprio la forma repubblicana ad esprimere chiaramente l'impostazione individualistica, cioè il governo di uno su tanti, di un individuo su tanti individui.Relativamente a questo discorso va detto che la concezione vera della Monarchia -o meglio: la concezione della Monarchia vera- si espresse non a caso nel medioevo cristiano, che fu un periodo tutto all'insegna della dimensione comunitaria e "familiare". Le stesse corporazioni erano strutturate sul modello familiare.In merito alla famiglia bisogna fare un'altra considerazione. A differenza di altre forme di governo, nella Monarchia Cristiana il Re è tenuto, anche se indirettamente, a render conto di come gestisce la propria famiglia che è parte integrante della sua rappresentatività politica; il tutto nella convinzione che non si può pretendere di governare uno Stato se non si è capaci di saper governare la propria famiglia.2) RAGIONE ANTROPOLOGICAPassiamo adesso ad un'altra buona ragione della Monarchia, che possiamo definire "antropologica". Dico subito che qui il discorso si fa molto più "delicato", non solo nel senso che va ben capito, ma anche perché sembrerebbe offrire argomenti un po' troppo "sottili". Ma si tratta ugualmente di una questione importante.Governare è qualcosa di impegnativo: è un'arte che è difficile improvvisare. Ebbene, nella Monarchia vige il riconoscimento del principio secondo cui sin da piccoli bisogna prepararsi a governare. Può sembrare una sciocchezza, ma non lo è. Lasciamo stare la misteriosa incompetenza di molti politici dei nostri giorni, "misteriosa" perché assume proporzioni tali da sembrare voluta. Spesso mi viene la tentazione di pensare che coloro che ci comandano formalmente siano volutamente scelti per la loro pochezza da coloro che ci comandano sostanzialmente (che stanno dietro le quinte) affinché possano essere più facilmente gestibili. Ma, lasciando stare questo discorso che porterebbe molto lontano, resta il fatto che l'arte del governo è anche l'esito di un apprendimento, di una scuola, di un'educazione. San Luigi IX (che a detta del famoso medievista di formazione laica, Jacques le Goff, è stato il più il più grande Re di Francia) così scrive al figlio che dovrà ereditare il Regno: "Caro Figlio, la prima cosa che ti raccomando è che tu metta tutto il tuo cuore nell'amare Dio. Se Dio ti manda delle avversità, sopportale pazientemente. Confessati spesso e scegli confessori prudenti. Mantieni i buoni costumi del regno e combatti quelli cattivi. Prendi cura di avere in tua compagnia tutti uomini prudenti, sia religiosi, sia secolari. Non sopportare che si dica davanti a te nessun oltraggio verso Dio, né ai Santi. Rendi sovente grazie a Dio di tutti i doni che Egli ti ha fatto, affinché tu sia degno di averne ancora. Le tue genti vivano in pace e in rettitudine sotto te, anche i religiosi e tutte le persone della Santa Chiesa. Dona i benefici di Santa Chiesa. Pacificati piuttosto che porre guerre, sia coi tuoi, sia coi tuoi sudditi, come faceva San Martino. Sii diligente di avere buoni preposti e buoni podestà e buoni inquisitori. Sforzati di impedire il peccato e cattivi giuramenti; fa distruggere le eresie contro il tuo potere. Fa in modo che le spese del tuo palazzo siano ragionevoli. Infine, caro figlio, io ti do tutte le benedizioni che un buon padre pietoso può dare a suo figlio, e che sia benedetta la Santissima Trinità e tutti i Santi ti guardino e ti difendano da ogni male; e che Dio ti dia la Grazia di fare sempre la sua volontà, in modo che Egli sia sempre onorato da te". 3) RAGIONE RELIGIOSASe Dio esiste (ed esiste!) la realtà è gerarchica; e per logica tutto deve essere riconducibile alla sovranità di Colui che è il Re di tutto: il Re dei Re. Se Dio esiste (ed esiste!) la realtà non è né "repubblicana" né "democratica", ma inevitabilmente "monarchica".Qui c'è da aggiungere una cosa interessante. Prima abbiamo detto che simbolicamente la Monarchia rappresenta la centralità politica e sociale della Famiglia; ebbene il Cristianesimo parla di un Dio che è Unico ma anche Comunione, in quanto Trinitario. Dunque, è proprio nel Cristianesimo, più di ogni altra religione, che la Monarchia, come centralità politica della Famiglia, trova il suo fondamento teologico. Possiamo in un certo qual modo dire che il Cristianesimo è strutturalmente monarchico e che la Monarchia è strutturalmente cristiana. 4) RAGIONE FILOSOFICALa Monarchia esprime anche un'altra conformazione, ed è quella alla realtà. Ecco la ragione "filosofica" che è legata al "realismo filosofico", unico criterio per una corretta speculazione razionale.La dimensione gerarchica è nell'ordine naturale delle cose; tant'è che anche negli ambienti che ne teorizzano l'illegittimità e l'innaturalità, questa, cacciata dalla porta, rientra in un certo qual modo dalla finestra. Provare per credere: finanche negli ambienti anarchici il leader finisce sempre con l'emergere.E' nella natura delle cose riconoscere che chi comanda può comandare per sempre, che sui talenti che il Signore dona non c'è data di scadenza. Se la politica diventa un bene di consumo, allora sì che esiste il rischio che vada a male; ma se la politica è promozione e difesa del bene comune (tradizionalmente e metafisicamente inteso) allora non c'è rischio né che vada a male né che possa passare di moda.
Nel 1979 conobbi la dottoressa Wanda Poltawska, una esponente di primo piano del mondo pro-life europeo, molto legata a Giovanni Paolo II. La dottoressa mi raccontò di essere stata miracolosamente guarita da un cancro all'intestino grazie a padre Pio, al quale mons. Karol Wojytila, vescovo ausiliare di Cracovia, sapendo che la sua amica stava in condizioni disperate, aveva scritto nel 1962 affinché “Dio per intercessione della Beatissima Vergine mostrasse la sua misericordia a lei e alla sua famiglia”. Wanda Poltawska, già sopravvissuta al terribile campo di concentramento di Ravensbruck, venne guarita da padre Pio e oggi ha felicemente raggiunto il traguardo dei cento anni, Fu lo stesso Giovanni Paolo II, a beatificare padre Pio nel 1999 e a proclamarlo santo nel 2002. E dire che nel 1961, un anno prima della lettera di mons. Wojtila, il domenicano Paul Philippe, consultore del Sant'Uffizio, dopo avere interrogato padre Pio, lo definiva “un disgraziato sacerdote, che approfitta della sua reputazione di santo per ingannare le sue vittime”. Fino alla sua morte, avvenuta il 23 settembre 1968 padre Pio, all'interno della Chiesa fu considerato da molti un visionario o, peggio ancora un imbroglione
VIDEO: Testimonianze di Eduardo Verástegui ➜ TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7533EDUARDO VERASTEGUI SI CANDIDA ALLA PRESIDENZA DEL MESSICODopo una vita di successo si converte al cattolicesimo e recita in Bella, Cristiada e Il circo della farfalla, poi produce Sound of Freedom (VIDEO: testimonianze di Eduardo Verástegui)di Francesca Romana PoleggiTra i film più belli in cui ha recitato c'è Bella, Cristiada e prima di tutto e soprattutto Il circo della farfalla. Come produttore cinematografico lo ricordiamo per il recente Sound of Freedom, il bellissimo film - denuncia contro la pedofilia e la tratta dei bambini.Stiamo parlando di Eduardo Verástegui, che ha annunciato di aver presentato la sua candidatura alla presidenza del Messico. Le elezioni si terranno il 2 giugno 2024.Ha preso la decisione «Dopo un periodo di discernimento».«La mia battaglia è per la vita. La mia lotta è per la libertà. È tempo di rimuovere dal potere le solite cose vecchie. Il nostro Paese ha bisogno di un nuovo modo di fare politica, per sradicare la corruzione e l'impunità», ha detto.Verástegui, cresciuto in Messico, è un devoto cattolico fermamente pro-vita.Il suo annuncio segue la recente legalizzazione dell'aborto da parte della Corte Suprema del Messico che ha definito un diritto umano l'uccisione di esseri umani prima della nascita.Già 12 stati federati avevano legalizzato l'aborto, ma questa decisione ora lo consente a livello nazionale.Giovanni Paolo II, nell'Evangelium Vitae, insegna che quando uno Stato emana una legge ingiusta (come quella che legalizza aborto, eutanasia ecc), la responsabilità morale della cosa è certamente di chi l'ha proposta e l'ha votata, ma anche di tutta la società che in qualche modo - in un sistema democratico - ha accettato supinamente la decisione dell'organo legislativo. Peggio se si adegua e considera quel male come una cosa inevitabile, se non "normale".Verastegui ha dimostrato in modo eclatante che lui quella responsabilità non la vuole.E noi?
➨ Iscrivetevi al nostro canale Telegram: https://t.me/spazio_70Viareggio, 22 giugno 2023. Presentazione del libro «Atto di dolore. Il caso di Emanuela Orlandi è una partita ancora aperta». L'evento, organizzato in occasione del quarantennale della scomparsa della cittadina vaticana, si è tenuto presso i locali della Lega Maestri D'Ascia e Calafati. Si ringrazia la giornalista Paola Baiocchi, per la moderazione dell'incontro, e Gabriele Cajano per l'eccellente montaggio. Per approfondimenti sul caso Orlandi: https://spazio70.com/author/t-nelli/Tra gli argomenti toccati durante il dibattito: 1) «Siamo rimasti fermi a 40 anni fa»; 2) La compagna della scuola di musica mai(?) identificata; 3) Il ruolo di suor Dolores; 4) I cambi di versione di almeno due studentesse sulla sera del 22 giugno 1983; 5) «Corso Rinascimento? Sicuramente è uno dei luoghi meno adatti nei quali compiere un rapimento»; 6) Il primo appello di Giovanni Paolo II e la cosiddetta «pista del terrorismo internazionale»; 7) L'ultimatum del 20 luglio 1983; 8) Un corpo mai ritrovato; 9) L'entrata in scena del cosiddetto «fronte anticristiano di liberazione Turkesh»; 10) Vatican Girl; 11) L'accostamento dei casi Orlandi e Gregori; 12) La lentezza della macchina investigativa durante le prime fasi delle indagini; 13) La recente riapertura delle indagini; 14) La Banda della Magliana. Una pista fasulla; 15) Le tante incongruenze nelle dichiarazioni di Sabrina Minardi; 16) «La ragione della sepoltura di De Pedis in Sant'Apollinare? Ignota»; 17) Lo strano riserbo tra le amicizie vaticane di Emanuela; 18) «La pista vaticana? È quella dove va cercata la verità»Questo show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/4704678/advertisement
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7530IL RIFIUTO DEI LEFEBVRIANI DI SOTTOMETTERSI AL PAPA E' UN ATTO SCISMATICO di Luisella ScrosatiAd emergere in modo preoccupante nelle repliche, spesso scomposte, al dossier della Bussola sulla Fraternità Sacerdotale San Pio X è l'insufficiente comprensione della natura della Chiesa e dell'appartenenza al Corpo mistico di Cristo. Pio XII nell'enciclica Mystici Corporis insegnava che la natura giuridica della Chiesa è l'espressione della dimensione visibile della Chiesa. Ed è nell'unione della dimensione visibile ed invisibile che la Chiesa «presenta una perfettissima immagine di Cristo», il quale "nascondeva" la sua divinità invisibile nell'umanità visibile: Dio agiva mediante la carne assunta. Qui si radica la sacramentalità della Chiesa, così come la sua azione sacramentale. Ora, sottolinea ancora Pio XII, è proprio «in virtù di quella missione giuridica per la quale il divin Redentore mandò nel mondo gli Apostoli come egli stesso era stato mandato dal Padre», che Cristo continua ad agire tramite la Chiesa.Chi ci accusa di essere formalisti, legalisti, non comprende il senso della struttura giuridica della Chiesa. Ed è in ragione di questa dimensione essenziale che mai la Chiesa ha approvato l'esercizio del ministero clericale "slegato" dalla sua struttura giuridica. La posta in gioco non è semplicemente canonica, ma di fede. Ed è bene ricordare che le norme canoniche scaturiscono non solo dalla giustizia, ma spesso e volentieri dai dogmi della fede. Così come è da tenere presente che la costante disciplina canonica è sempre stata considerata come un locus theologicus, ossia un elemento della sacra Tradizione. Pensiamo, tra le tante attestazioni di questa verità, al fatto che Giovanni Paolo II si riferì proprio alla costante pratica della Chiesa per sostenere l'impossibilità di ordinare delle donne. La logica secondo cui, siccome l'elezione dei vescovi è questione disciplinare, allora non riguarda la fede, è decisamente sbagliata; e, ironia della sorte, si pone nella stessa linea del presente pontificato che ha sganciato completamente tra loro prassi e dottrina.CONSACRATO CONTRO LA VOLONTÀ DEL PAPAL'istituzione di un vescovo è prerogativa del Papa: non si è vescovi cattolici semplicemente con la consacrazione (come non si è sacerdoti cattolici solo con l'ordinazione). E nemmeno semplicemente con la dottrina. Qualcuno ha questionato sul fatto che l'obbligatorietà della nomina dei vescovi da parte del Papa sia contraddetta dalla storia. Abbiamo già avuto modo di distinguere la modalità di elezione dalla nomina; e parimenti nessuno intende sostenere che debba essere il Papa in persona a consacrare. Nemmeno è richiesto che questa designazione del vescovo provenga esplicitamente dal Papa, ma è assolutamente chiaro che nessuno può consacrare un vescovo contro la volontà del Papa e nessuno può essere considerato un vescovo cattolico se il Capo del Collegio episcopale non lo accoglie nel Collegio. Questo è un aspetto chiave del primato del Papa, da cui deriva anche la sua potestà di deporre un vescovo, ovunque si trovi. Un pontefice può certamente abusare di questo suo potere, ma, come si suol dire, l'abuso non toglie l'uso.È proprio perché si va contro la legge divina e non quella semplicemente umana, che il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, nella Nota sulla scomunica per scisma in cui incorrono gli aderenti al movimento del Vescovo Marcel Lefebvre, chiariva che «non si dà mai una necessità di ordinare Vescovi contro la volontà del Romano Pontefice, Capo del Collegio dei Vescovi. Ciò infatti significherebbe la possibilità di "servire" la Chiesa mediante un attentato contro la sua unità in materia connessa con i fondamenti stessi di questa unità». Mai. Sostenere il contrario significherebbe pensare che Nostro Signore, disponendo in questo modo le cose, non sia stato in grado di prevedere tutte le situazioni e circostanze che si sarebbero verificate nella storia della sua Chiesa. Ecco perché rifarsi allo "stato di necessità" per andare contro un diritto divino è un controsenso.Ci sono due lettere di papa Innocenzo I (+417) che attestano l'impossibilità di concepire l'episcopato senza la sua connessione con il Papa. Nella lettera 29, indirizzata al Concilio di Cartagine, egli parla della Sede Apostolica «a quo ipse episcopatus et tota auctoritas nominis hujus emersit» (PL 20, 583). L'episcopato e la sua autorità provengono dalla Sede Apostolica. Nella lettera successiva, indirizzata al Concilio di Milevi, il Pontefice afferma inoltre che i vescovi «ad Petrum (...) sui nominis et honoris auctorem referre debere» (PL 20, 590); Pietro è quindi l'autore sia del nome che della dignità dei vescovi.Si potrebbero aggiungere anche altri testi che vanno nella stessa direzione: nei primi secoli, quando ancora non c'era tecnicamente il mandatum, né c'era un codice di diritto canonico che prevedeva sanzioni, era già chiaro che un episcopato contro la volontà del Papa è semplicemente una contraddizione; come risulta un nonsenso la teorizzazione della separazione tra potere d'ordine e potere di giurisdizione (separazione, non distinzione). Per la Chiesa la semplice questione della validità di un sacramento non è mai stata questione dirimente il fatto che lo si possa ricevere o esercitare. Un vescovo validamente consacrato contro la volontà del Papa semplicemente non è un vescovo cattolico.LA GIURISDIZIONE PROVIENE SOLO DAL PAPAUn altro chiarimento: supponiamo che la tesi della separazione tra potere d'ordine e giurisdizione sia possibile. Ne consegue che mons. Lefebvre non ha voluto trasmettere alcuna giurisdizione, come la Fraternità Sacerdotale San Pio X afferma. Ma allora, perché la Fraternità Sacerdotale San Pio X agisce come se l'avesse ricevuta dal Papa, mentre il Papa non solo non gliel'ha data, ma gliel'ha espressamente rifiutata? Lo stato di necessità non può dare alcuna giurisdizione: è di fede che la giurisdizione provenga solo dal Papa. Quali fonti magisteriali o della Tradizione può esibire la Fraternità Sacerdotale San Pio X per affermare che lo stato di necessità, per se stesso, conferisce la giurisdizione?Dunque, perché mons. Lefebvre ha istituito - e la Fraternità Sacerdotale San Pio X continua ad avere - un Tribunale Canonico che usurpa i diritti di chi invece ha giurisdizione? Perché, a quanti si rivolgono a questi tribunali per ricevere una sentenza sulla validità del proprio matrimonio o sulla dispensa dai voti, si fa firmare una dichiarazione nella quale si promette «di non rivolgermi ad un tribunale ecclesiastico ufficiale per fargli esaminare o giudicare il mio caso», il tutto giurando con la mano sul Vangelo? Perché la Fraternità solleva i fedeli dal precetto domenicale che impone l'assistenza alla Messa, qualora questi non possano ricorrere a delle Messe nel rito antico? Perché impedisce ai propri sacerdoti ogni tipo di partecipazione attiva, inclusa quella di assistere in coro con la cotta, alle Messe con il rito riformato ed anche alle Messe in rito antico celebrate dai sacerdoti ex-Ecclesia Dei? Perché non ammette il culto pubblico dei santi canonizzati dai papi post-conciliari, per la ragione che tutto quello che viene dopo il Concilio è dubbio? Perché non accetta il Codice di Diritto canonico, rifiuta la Professio Fidei, e insegna essere dubbio tutto il Magistero dopo il Vaticano II? La lista, purtroppo, potrebbe continuare. Se ci sono cose che la Fraternità Sacerdotale San Pio X ha nel frattempo corretto, ne saremmo sinceramente contenti. Ma sarebbe bene dirlo pubblicamente, soprattutto di fronte ai propri fedeli.UN ATTO SCISMATICO: IL RIFIUTO DELLA SOTTOMISSIONE AL PAPAUn'altra obiezione riguarderebbe il fatto che la Fraternità Sacerdotale San Pio X non sarebbe in scisma, perché mons. Lefebvre non aveva l'intenzione di compiere un atto scismatico. Qui c'è una confusione piuttosto evidente tra il finis operis ed il finis operantis. Lo scisma - lo si è già visto - è essenzialmente «il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti» (CIC, can. 751). Non in teoria, ma nella pratica. L'autore classico di riferimento è il Cajetanus, che trova la specificità dello scisma nel voler agire non come una parte, regolata dall'autorità, ma come un corpo autonomo, indipendente. Per distinguere lo scisma dalla disobbedienza, egli spiegava che il rifiuto di obbedire non riguarda l'ordine che viene dato (e che dunque si presume sbagliato), ma il fatto di non riconoscere il Papa come superiore, anche se lo si crede tale (non recognoscens eum ut superiorem, quamvis hoc credat).
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7528IL MINISTERO DEI SACERDOTI LEFEBVRIANI E' ILLEGITTIMO di Luisella ScrosatiUn primo chiarimento all'articolo "Delusi da Roma, ma seguire i lefebvriani non è la soluzione" è d'obbligo. Allorché si afferma la prerogativa esclusiva del Papa di nominare un vescovo, non si intende che spetti direttamente al Papa eleggere un vescovo. La modalità elettiva ha conosciuto e conosce concretizzazioni diverse: elezione del candidato da parte di un Sinodo (per le chiese orientali), del Capitolo cattedrale, presentazione di una terna da parte di una Conferenza episcopale, etc.Quello che rimane sempre fermo e non derogabile è il diritto del Papa di nominarlo e concedere il mandatum apostolicum, senza il quale la consacrazione, pur essendo valida, risulta illegittima. Nessun vescovo può essere consacrato contro la volontà del Papa, né può esercitare il suo ministero se il Papa non ne accetta la consacrazione, unendolo in tal modo al Collegio dei vescovi. Ora, nel caso di mons. Lefebvre, Giovanni Paolo II aveva esplicitamente rifiutato di conferire il mandatum ‒ e spiace davvero che, all'inizio del rito consacratorio, l'allora Superiore della FSSPX, l'abbé Franz Schmidberger, avesse invece confermato di avere il mandatum apostolicum. Inoltre, una volta avvenute le consacrazioni, lo stesso Papa non ha accolto questi vescovi nel Collegio.Nemmeno si può invocare l'analogia con i vescovi ausiliari: i quattro vescovi consacrati nel 1988 non sono ausiliari, in quanto mons. Lefebvre non era un Ordinario; né la FSSPX aveva alcun diritto di incardinare i propri membri sacerdoti (ordinati illecitamente). E se pure li si considerasse arbitrariamente tali, si deve ricordare che anche i vescovi ausiliari devono essere nominati (non eletti!) dal Papa, necessitano del mandatum apostolicum e devono essere confermati dalla Sede apostolica.Si è visto come la revoca delle scomuniche da parte di Benedetto XVI non abbia comportato alcun cambiamento quanto alla situazione scismatica. Ma, scisma o non scisma, un altro punto fondamentale da comprendere è che i sacerdoti della FSSPX esercitano un ministero illegittimo.Proprio quel Papa che aveva deciso di rimettere la più grave sanzione canonica ai quattro vescovi consacrati da mons. Lefebvre, aveva anche spiegato che «finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri - anche se sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica - non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa».Si tratta di una mera questione disciplinare? Di una semplice "irregolarità canonica"?LA STRUTTURA GIURIDICA DELLA CHIESALa Chiesa cattolica insegna che per esercitare legittimamente il proprio ministero, il clero dev'essere parte della struttura giuridica della Chiesa; non è sufficiente un'ordinazione valida, ma è necessario ricevere una missione giuridica, da parte del Papa per i vescovi, e da parte dell'Ordinario per i sacerdoti e i diaconi (incardinazione). Per evitare fraintendimenti, sottolineiamo subito che non si tratta di semplici questioni di diritto ecclesiastico: alla base c'è la dottrina sulla Chiesa, un'ecclesiologia, che si distingue nettamente da quella protestante, proprio perché afferma la necessità di essere parte della Chiesa cattolica visibile, mediante il triplice vincolo della vera fede, dei veri sacramenti e della sottomissione alle legittime autorità. L'appartenenza alla struttura giuridica della Chiesa è requisito necessario e per il clero si traduce nel fatto di ricevere una missione canonica da parte delle legittime autorità.Di nuovo, non è una questione puramente "formale", se con questo termine si intende qualcosa di non essenziale; è il Concilio di Trento, nei canoni sul sacramento dell'Ordine, a colpire con l'anatema quanti affermano che «quelli che, senza essere stati regolarmente ordinati o inviati (rite ordinati nec missi sunt) dall'autorità ecclesiastica e canonica, ma provenendo da altri, sono legittimi ministri della parola e dei sacramenti» (Denz. 1777). Dunque è questione di fede e non di semplice disciplina; o, meglio, di quella disciplina che nasce dalla retta fede.Pio XII, nella Mystici Corporis, spiegava il senso profondo della dimensione giuridica della Chiesa. Parlando del «modo con cui Gesù Cristo vuole che l'abbondanza dei suoi doni dalla propria divina pienezza affluisca nella Chiesa», sottolineava che la Chiesa dev'essere intesa «secondo tutto il suo modo di vivere, quello visibile e quello invisibile». Questa visibilità della Chiesa si connette con la sua struttura giuridica, da cui deriva la missione giuridica. Per questo, Pio XII poté affermare che è «in virtù di quella missione giuridica per la quale il divin Redentore mandò nel mondo gli Apostoli come egli stesso era stato mandato dal Padre (cfr. Gv 17, 18; 20, 21)», che nella vita della Chiesa è Cristo stesso «che battezza, insegna, governa, assolve, lega, offre, sacrifica, per mezzo della Chiesa».Come si può notare, l'elemento giuridico è tutt'altro che secondario e discutibile: esso appartiene alla costituzione stessa della Chiesa, così come Cristo l'ha voluta, e connette la gerarchia con la missione che Egli ha ricevuto dal Padre: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). I successori degli Apostoli devono, come gli Apostoli stessi, ricevere questa missione da Cristo, a cui «è stato dato ogni potere in cielo e in terra» (Mt 28, 18). Senza quell'«andate dunque e ammaestrate...» (Mt 28, 19), ricevuto da Cristo per mezzo del suo Vicario in terra, nessuno può esercitare alcun legittimo ministero. Nella Chiesa cattolica si può trasmettere solo se prima si ha ricevuto; un vescovo non può "mandare" i suoi sacerdoti se a sua volta non è stato "mandato" dal Papa, né tanto meno un vescovo o un sacerdote possono inviare se stessi.NEL CUORE DELLA CHIESASi comprende che qui siamo nel cuore della Chiesa, nel cuore della sua unità: la sua natura giuridica e la missione giuridica sono strettamente collegate e sono inseparabili. Se si colpisce la seconda, se la si ignora, se la si disattende inevitabilmente si colpisce la natura stessa della Chiesa, perché la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica visibile, e riconoscibile proprio grazie agli elementi visibili che scaturiscono dalla natura giuridica.Ora, la FSSPX, dalla sua soppressione nel 1975, non ha alcuna realtà giuridica nella Chiesa cattolica. I suoi sacerdoti non sono incardinati e i suoi vescovi non hanno alcuna missione canonica. È per questa ragione che il loro ministero rimane illegittimo. Nella visione cattolica, non basta che i sacramenti siano validi: devono essere anche legittimamente amministrati.Qualcuno potrà sollevare l'obiezione che queste siano tutte considerazioni ormai inutili, dal momento che papa Francesco ha concesso loro la giurisdizione per il sacramento della Penitenza e l'autorizzazione agli Ordinari «perché possano concedere anche licenze per la celebrazione di matrimoni dei fedeli che seguono l'attività pastorale della Fraternità» (la delega è concessa ad un sacerdote della diocesi e, solo dove ciò non sia possibile, direttamente ad sacerdote della FSSPX).Iniziamo con la cosa più evidente: se il Papa ha concesso queste autorizzazioni «in modo da assicurare la validità e la liceità del sacramento da loro amministrato e non lasciare nell'inquietudine le persone», lo ha fatto perché senza queste autorizzazioni i due sacramenti non sono validi. Con questo atto, il Papa non ha riconosciuto la validità di quei sacramenti fino ad allora amministrati, ma li ha resi validi; anteriormente al 27 marzo 2017, non lo erano. Purtroppo. La FSSPX, di nuovo, ha usurpato un diritto che appartiene solo al Papa e all'Ordinario, "prendendosi" la giurisdizione per le confessioni e le deleghe per assistere ai matrimoni, giurisdizione che nessuna legittima autorità ha dato loro.In secondo luogo, facciamo notare che ritenere che la discutibile decisione di papa Francesco significhi che la FSSPX non sia più in scisma o che i suoi sacerdoti possano esercitare legittimamente il loro ministero (e dunque che i fedeli vi possano ricorrere) è del tutto errato. Che si condivida o meno la decisione del Papa, la Chiesa può dare facoltà per singoli sacramenti anche a sacerdoti scismatici in situazioni particolari, per il bene delle anime. Questo è evidente nel can. 844 §2, dove si riconosce la validità del sacramento della Penitenza da parte dei ministri delle chiese orientali non in comunione con la Chiesa cattolica. Il che significa che il Papa ha concesso a questi sacerdoti giurisdizione per questo sacramento, che altrimenti sarebbe invalido (ricordo che la Penitenza e il Matrimonio sono gli unici due sacramenti che per essere validi, devono anche essere legittimamente amministrati).
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Pino Nicotri"Emanuela Orlandi. Il rapimento che non c'è"Baldini + Castoldihttps://baldinicastoldi.itIl 22 giugno del 1983, dopo essere andata a lezione di musica, la quindicenne Emanuela Orlandi scompare misteriosamente in pieno centro a Roma. Oggi, a quarant'anni di distanza, non ne sappiamo niente di più. Sulla vicenda si è scritto e detto di tutto, come se ognuno avesse una sua verità a portata di mano: Emanuela rapita per essere scambiata col terrorista turco Alì Agča, che l'anno prima in piazza San Pietro aveva sparato a Giovanni Paolo II ferendolo gravemente; o per ricattare il papa, fortemente schierato contro i sovietici; sequestrata dalla Banda della Magliana o per farsi restituire i soldi prestati allo IOR o per fare un piacere a qualche pezzo grosso del Vaticano, forse lo stesso pontefice; e ancora, Emanuela vittima di un sistema pedofilo interno al Vaticano… Le congetture sono state moltissime e moltissime sono state le dichiarazioni di «supertestimoni» in cerca di visibilità, gli appelli, le «confessioni» e le «rivelazioni» clamorose, i «ricordi» tardivi e provvidenziali. Niente di tutto questo, però, ha contribuito ad arrivare a una soluzione; al contrario, ha spalancato una finestra sul fenomeno del «malogiornalismo», che a furia di avallare ogni pista e di dare spazio a ogni mitomane ha alimentato un circo mediatico tale da rappresentare un vero e proprio depistaggio delle indagini.Pino Nicotri di questo «rapimento che non c'è» ha iniziato fin dal 2002 a demolire le montature e gli scoop, additando come probabile l'unica pista incredibilmente ignorata dalla famiglia, dai media e dalle forze dell'ordine: la stessa che provoca la morte e la scomparsa di tanti e tante minorenni nel nostro Paese e non solo. Corredato da documenti inediti e dati certi e dimostrabili, questo libro ricostruisce l'intera vicenda Orlandi con una serietà e una precisione che troppo a lungo sono mancate nella trattazione del caso. Non per avvalorare facili dietrologie, ma per fare una volta per tutte chiarezza su cosa è successo a Emanuela Orlandi al netto delle congetture più fantasiose.Pino Nicotri è stato corrispondente dal Veneto di «Repubblica», tra i fondatori del «Mattino di Padova», ideatore e conduttore di programmi di tv private venete, e per trentacinque anni giornalista dell'«Espresso». Per Dalai editore nel 2010 ha pubblicato Cronaca criminale. La storia definitiva della banda della Magliana.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.itQuesto show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/1487855/advertisement
Caso Orlandi - Il collegamento con la Banda della Magliana e con l'attentato al papa. Il 22 giugno 1983, dopo essere andata a lezione di musica, la quindicenne Emanuela Orlandi scompare misteriosamente in pieno centro a Roma. Oggi, a quarant'anni di distanza, non ne sappiamo niente di più. Sulla vicenda si è scritto e detto di tutto, come se ognuno avesse una sua verità a portata di mano: Emanuela rapita per essere scambiata col terrorista turco Alì Agča, che l'anno prima in piazza San Pietro aveva sparato a Giovanni Paolo II ferendolo gravemente; o per ricattare il papa, fortemente schierato contro i sovietici; sequestrata dalla Banda della Magliana o per farsi restituire i soldi prestati allo IOR o per fare un piacere a qualche pezzo grosso del Vaticano, forse lo stesso pontefice; e ancora, Emanuela vittima di un sistema pedofilo interno al Vaticano…In questa prima puntata si approfondisce ragioni e dubbi sul coinvolgimento nella scomparsa di Emanuela Orlandi di Enrico De Pedis, uno dei boss dell'organizzazione mafiosa romana Banda della Magliana. E sul collegamento di questa sparizione con l'attentato a Giovanni Paolo II da parte di Ali Ağca.Pino Nicotri di questo «rapimento che non c'è» ha iniziato fin dal 2002 a demolire le montature e gli scoop, additando come probabile l'unica pista incredibilmente ignorata dalla famiglia, dai media e dalle forze dell'ordine: la stessa che provoca la morte e la scomparsa di tanti e tante minorenni nel nostro Paese e non solo. Pino Nicotri ha nel libro “Emanuela Orlandi. Il rapimento che non c'è” (Baldini+Castoldi) ricostruito l'intera vicenda Orlandi, corredandolo con documenti inediti e dati certi e dimostrabili.In questo podcast vi proponiamo, per gentile concessione di Angelo Marotta TV, le ricostruzioni del giornalista sulla vicenda. Pino Nicotri è stato corrispondente dal Veneto di «Repubblica», tra i fondatori del «Mattino di Padova», ideatore e conduttore di programmi di tv private venete, e per trentacinque anni giornalista dell'«Espresso». Per Dalai editore nel 2010 ha pubblicato Cronaca criminale. La storia definitiva della banda della Magliana.A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale Eventi e luoghi------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- YouTube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura
Il 22 giugno 1983 scompariva la figlia 15enne di un dipendente del Vaticano. Una sparizione che ha alimentato teorie di ogni tipo, intrecciate a vicende epocali di quel periodo: l'attentato a papa Giovanni Paolo II del maggio 1981, la Banda della Magliana, le guerre di potere in Vaticano e quelle dei servizi segreti di mezzo mondo, come racconta Fiorenza Sarzanini. Tutto inutile, anche se l'apertura di due nuove fascicoli d'indagine fa ben sperare Pietro, il fratello di Emanuela.Per altri approfondimenti:Emanuela Orlandi, aperta nuova inchiesta dalla Procura di Roma, in collaborazione col VaticanoCaso Orlandi, la Camera approva la Commissione parlamentare d'inchiestaEmanuela Orlandi, una spy story lunga 40 anni: ecco il ruolo dei servizi segreti
Chi è stato veramente Padre Pio da Pietralcina? La sua figura attraversa tutto il ‘900, fino alla santità voluta da papa Giovanni Paolo II, e attira su di sé non solo la venerazione dei credenti per i suoi presunti miracoli e il suo potere taumaturgico, ma anche l'attenzione di medici e di molti esponenti ecclesiastici che lo ritenevano un ciarlatano. Ma chi è stato davvero Padre pio e come entrano prodigi, misteri e politica nella vita di un frate? Era realmente capace di produrre miracoli o la sua storia ha più ombre che luci?Aderisci alla pagina PATREON e sostieni i miei progetti e il mio lavoro: http://patreon.com/massimopolidoroPartecipa e sostieni su TIPEEE il progetto del mio Tour 2022 in tutta Italia: https://it.tipeee.com/massimopolidoroScopri il mio Corso online di Psicologia dell'insolito:https://www.massimopolidorostudio.comRicevi l'Avviso ai Naviganti, la mia newsletter settimanale: https://mailchi.mp/massimopolidoro/avvisoainavigantie partecipa alle scelte della mia communitySeguimi:Instagram: https://www.instagram.com/massimopolidoro/Gruppo FB: https://www.facebook.com/groups/MassimoPolidoroFanClubPagina FB: https://www.facebook.com/Official.Massimo.PolidoroTwitter: https://twitter.com/massimopolidoroSito e blog: http://www.massimopolidoro.comIscriviti al mio canale youtube: https://goo.gl/Xkzh8A
Emanuela Orlandi sparisce il 22 giugno 1983, quel giorno Giovanni Paolo II si trova in Polonia. Cinque mesi prima del viaggio del pontefice in Polonia si mette in moto l'operazione triangolo per screditarlo. Intanto a casa oirlandi chiamano Pierluigi e Mario. Vuoi approfondire? Vai alle seguenti playlist: https://www.youtube.com/playlist?list=PLjklKhxhc2tndVRNM4bfgXY-8rB-a0HDR #italiamistero #emanuelaorlandi #vaticano www.italiamistero.it
Paride CandelaresiAssessore alla Cultura di Asti"Asti, Capitale di Cultura?"Asti con le Langhe e il Monferrato Candidata a Capitale Italiana della Cultura 2025 Dove si coltiva la Cultura È la città di Asti a contendersi la designazione di Città Capitale italiana della Cultura 2025. Radici antiche, attaccamento alla terra e capacità di proiettarsi verso il futuro caratterizzano Asti con le Langhe e il Monferrato, Patrimonio Unesco. Vigneti a perdita d'occhio, borghi, casali e cantine secolari, torri e castelli d'origine medioevale, il Palio più antico d'Italia che nel 2025 compie 750 anni, ma anche un valore culturale legato all'inventiva, alla laboriosità, al genio, a quel “saper fare” che ancora oggi identificano le genti astigiane, così come magistralmente canta Paolo Conte - “…per noi. Che stiamo in fondo alla campagna” – uno tra gli astigiani più famosi nel mondo. Coltivare e crescere. Questa è la strategia culturale di ASTI 2025 ovvero mettere i giovani al centro, per favorirne la permanenza sul territorio e attirare nuovi talenti. Ed è a partire da questo claim che sono stati ideati e proposti oltre 170 progetti inseriti lungo 10 percorsi tematici costruiti all'insegna dell'inclusione sociale, sostenibilità ambientale, partecipazione e innovazione. Asti guarda al futuro delle giovani generazioni richiamando anche il valore delle tante figure innovatrici che, attraverso le loro opere e imprese, hanno dato lustro a questa terra e l'hanno fatta conoscere oltre i propri confini. Asti è la terra natale di Vittorio Alfieri, a lui è intitolato il teatro cittadino, vero e proprio cuore pulsante del capoluogo che in queste settimane è stato anche il set de “La legge di Lidia Poet”, la fiction Netflix che vede come protagonista Matilda de Angelis nei panni della prima avvocatessa italiana. Un piccolo borgo della provincia di Asti, Castelnuovo Don Bosco, ha dato i natali a Don Bosco, “padre e maestro della gioventù” come lo definì Giovanni Paolo II. Ad Asti è nato anche Guglielmo Caccia detto il Moncalvo il pittore della Controriforma di cui nel 2025 ricorrono i 350 anni dalla nascita. Un Giro di Lombardia, tre Roma-Napoli-Roma, tre Giri del Piemonte e una Milano-Torino: sono questi i traguardi raggiunti dal Diavolo rosso del Monferrato, Giovanni Gerbi (classe 1855), un altro figlio di questa terra che fu uno dei primi ciclisti su strada, uno dei più popolari dell'epoca pionieristica di questo sport. In Piemonte, e precisamente a Torino, è custodita la Sacra Sindone, ma forse non molti sanno che dietro a quell'immagine c'è ancora una volta un astigiano, Secondo Pia, un avvocato e fotografo dilettante che per primo, nel 1898 l'ha immortalata in uno scatto che ora ne è l'immagine riconosciuta e uffciale. E naturalmente non possiamo non citare gli astigiani contemporanei: oltre al già citato Paolo Conte il giornalista Bruno Gambarotta e l'inviato Domenico Quirico, ricordiamo Giorgio Faletti, lo scrittore e attore scomparso quasi dieci anni fa che nel 2025 avrebbe compiuto 75 anni e che Asti omaggerà con un Premio a lui intitolato. Asti con le Langhe e il Monferrato 2025, una candidatura che prende forza dalla sua Terra intesa come Madre, come origine della crescita e dei successi di un territorio e di coloro che la abitano, a cui mostrare riconoscenza. Non è un caso che nel 2001, in occasione di una visita al vecchio casale dove aveva vissuto la sua famiglia, Papa Francesco chieda di portare con sé un pugno di quella terra che ha sfamato i suoi avi e rappresenta l'origine della sua vita.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.itQuesto show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/1487855/advertisement
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La società ha bisogno di modelli giusti a cui ispirarsi. Un tempo i modelli erano i santi, e i santi ci sono anche oggi. Due esempi molto vicini a noi: Giovanni Paolo II e Madre Teresa di Calcutta.
Intervistato da Rosario Carello, il cardinale Angelo Comastri racconta alcuni episodi della sua vita, ricordando in particolare la propria famiglia, Madre Teresa di Calcutta e Giovanni Paolo II. L'intervista risale all'ottobre 2012. Il cardinale ha raccontato la propria vita nel libro “Dio scrive dritto. L'avventura umana e spirituale di un cardinale”.
Il cardinal Comastri ripercorre alcune tappe della vita di Giovanni Paolo II, meditandole ed arricchendo il discorso con ricordi personali. La conferenza si è tenuta a Viterbo il 30 agosto 2013.
San Leopoldo (nato Bogdan) Mandić nacque il 12 maggio 1866 a Castelnuovo, nella Dalmazia meridionale, all'epoca appartenente all'Impero Austro-ungarico. Era piccolo di statura, curvo e malfermo di salute. Si dedicò soprattutto al ministero della Confessione e in particolare a confessare altri sacerdoti. Dal 1906 svolse questo compito a Padova. Era apprezzato per la sua straordinaria mitezza. La sua salute man mano si deteriorò, ma fino a quando gli fu possibile non cessò di assolvere in nome di Dio e di indirizzare parole di incoraggiamento a quanti lo accostavano. Morì il 30 luglio 1942. La sua tomba, aperta dopo ventiquattro anni, ne rivelò il corpo completamente intatto. Paolo VI lo ha beatificato nel 1976. Giovanni Paolo II, infine, lo ha canonizzato nel 1983. San Leopoldo è stato riconosciuto il 6 gennaio 2020 dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti patrono dei malati d'Italia colpiti da tumore. La notizia è stata diffusa dalla diocesi di Padova l'8 febbraio 2020. L'omelia è stata proclamata nel corso della Santa Messa nel Santuario di san Leopoldo Mandić a Padova, il 12 maggio 2014, nel corso delle celebrazioni della festa di San Leopoldo, che a Padova ricorre il 12 maggio. In generale la Chiesa lo ricorda il 30 luglio, anniversario della sua nascita al Cielo.
[Versione corretta] Catechesi di mons. Comastri su Edith Stein (Santa Teresa Benedetta della Croce), (Breslavia, 12 ottobre 1891 – Auschwitz, 9 agosto 1942). Fu una religiosa cristiana, filosofa e mistica tedesca dell'Ordine delle Carmelitane Scalze, vittima della Shoah. Di origine ebraica, si convertì al cattolicesimo dopo un periodo di ateismo che durava dall'adolescenza. Venne arrestata nei Paesi Bassi dai nazisti e rinchiusa nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau dove, insieme alla sorella Rosa, terziaria carmelitana scalza, nel 1942 venne trucidata. Nel 1998 papa Giovanni Paolo II la proclamò santa e l'anno successivo la dichiarò patrona d'Europa.
13 maggio 1917: prima apparizione della Madonna ai pastorelli di Fatima, 13 maggio 1981: attentato a Giovanni Paolo II che rimane gravemente ferito. Miracolosamente, però, il Papa ha salva la vita. Quando, il 27 dicembre dello stesso anno, Giovanni Paolo II andò in carcere a trovare l'attentatore Mehmet Ali Ağca, quest'ultimo gli chiese: «Perché non sei morto?» e il Papa gli rispose: «Sopra il potere della tua rivoltella c'è il potere del Signore e c'è il potere della mano di Maria, lei ha guidato quel proiettile, ecco perché sono vivo».
13 maggio del 1981, piazza San Pietro - papa Giovanni Paolo II si accascia sulla papamobile mentre fa il giro tra i fedeli. Tra la folla si scatena il panico: qualcuno ha sparato al Papa. Ad esplodere i due colpi di pistola è stato un sicario turco di nome Ali Ağça, in seguito catturato e messo sotto arresto. Ma il mistero su chi fossero i mandanti e quale fosse lo scopo dell'aggressione rimane aperto e proveremo a farvi luce durante questa puntata assieme a Giacomo Brunoro, autore di libri e audiolibri e direttore editoriale della casa editrice californiana LA CASE Books. Iscriviti al canale Telegram per non perderti nessuna delle novità in anteprima e degli approfondimenti sulle prossime puntate: t.me/TenebraPodcast