"Il Corsivo" di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca.
Oggi il vertice di Istanbul sulla pace in Ucraina. E' il giorno della verità. A Istanbul Stati Uniti, Russia e Ucraina si giocano la propria immagine internazionale. L'orologio della Storia ci riporta esattamente all'aprile 2022 quando, proprio in Turchia, si tennero i primi tentativi di negoziati, falliti dopo poche ore senza alcun accordo. Le trattative tra Russia e Ucraina, iniziate subito dopo l'inizio della guerra erano culminate in una dichiarazione congiunta in dieci punti, stilata con la mediazione turca. L'Ucraina si impegnava a restare neutrale e non entrare nella NATO. La Russia cedeva sulle pretese di smilitarizzazione, con l'adozione di una legge specifica e, inoltre, dava il proprio benestare all'ingresso dell'Ucraina nell'Unione Europea. L'Ucraina chiedeva inoltre garanzie sulla propria indipendenza. Nella sostanza, a fine marzo 2022 tutto era pronto per la pace, ma il primo ministro inglese Boris Johnson e la diplomazia americana sono intervenuti presso il governo ucraino per far saltare l'accordo, incitando gli ucraini a continuare la guerra. Nulla è avvenuto di ciò che era scritto nel documento di Istanbul del 2022 e la guerra è arrivata fino ad oggi. La diplomazia sospesa tra speranze e incertezze. Il vertice di Istanbul parte tra speranze e profonde incertezze, perché le posizioni rimangono distanti e alcune reciproche richieste sono indubbiamente inconciliabili. Il rischio di un flop è altissimo. Sul piano militare i russi stanno avanzando e gli ucraini sono in difficoltà per il rallentamento delle forniture di armi promesse dagli americani e dagli europei. Putin vorrebbe comunque cercare di conseguire la condizione più vantaggiosa possibile prima di iniziare a discutere con i propri avversari. Gli ucraini, pur essendo maggiormente interessati di Mosca all'avvio di un eventuale negoziato, sembrerebbero ancora nutrire la speranza che un ulteriore prolungamento della guerra possa finire per svantaggiare i propri nemici anziché avvantaggiare Mosca. In particolare, Zelensky conta di ricevere maggiori aiuti di carattere militare e di ottenere le nuove sanzioni nei confronti della Federazione Russa nel caso in cui questo tentativo della diplomazia di intraprendere una soluzione negoziale dovesse fallire a causa del Cremlino. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Referendum, eredità della Costituzione, partecipazione. Un giorno ebbi l'occasione di intervistare Tina Anselmi, prima ministra donna, esponente democristiana, presidente della Commissione P2, staffetta durante gli anni della lotta di Liberazione. Le chiesi qual era la sua eredità politica. Mi rispose così: " Il valore più importante resta la partecipazione. Battersi perché questa libertà permanesse nel tempo, per le generazioni a venire, a futura memoria". Si riferiva alla Resistenza e a quella partecipazione negata dal fascismo e che esponenti politici di Governo e delle istituzioni vorrebbero escludere con la campagna di astensione per il referendum dell'8 e 9 giugno sui diritti del lavoro e sulla cittadinanza. L'astensione e il potere del voto. In generale penso male dell'astensionismo nelle consultazioni elettorali, anche se rispetto chi, deluso dalla rappresentanza politica, dai partiti, preferisce andare al mare. Ogni volta che preferiamo voltarci da un'altra parte, siamo già sconfitti. Figuriamoci quando a chiamarsi fuori dalla competizione politica sono membri delle istituzioni. Almeno in teoria, l'invito a disertare le urne è in contrasto con l'art. 48 della Costituzione e con l'art. 98 del testo per l'elezione della Camera che vieta di indurre gli elettori all'astensione. I presidenti di Regione Eugenio Giani (Toscana), Michele De Pascale (Emilia-Romagna), Michele Emiliano (Puglia), Stefania Proietti (Umbria) e Alessandra Todde (Sardegna), chiedono, da punti di vista diversi, la partecipazione degli italiani al voto di giugno. Hanno ragione. Comunque la si pensi, qualsiasi sia la propria posizione, non esercitare l'arma del voto è già una sonora sconfitta dello Stato. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Verso il vertice di Istanbul tra Russia e Ucraina I colloqui di pace tra Russia e Ucraina tornano a Istanbul da giovedì 15 maggio, nella prima sede dove si erano tenuti i primi negoziati all'inizio del conflitto. Allora i tempi non erano maturi per sedersi uno davanti all'altro e cercare se non una pace duratura, almeno un cessate il fuoco di media durata: la guerra era appena partita, alla guida degli Stati Uniti c'era Joe Biden che armava Kiev, la Russia era pesantemente sanzionata, l'Europa, pur divisa nella sostanza, manteneva un asse politico tra Draghi, Macron e Scholtz. Oggi lo scenario geopolitico è cambiato: russi e ucraini non hanno vinto la guerra, a Washington c'è Donald Trump che ha fatto del cessate il fuoco un cruccio personale esibito in campagna elettorale. Così Erdogan, il dittatore che usa la democrazia come una clava per colpire ogni forma di opposizione in Turchia, è diventato di nuovo l'ago della bilancia diplomatica quanto meno per aver offerto a Putin e Zelensky il luogo dove riprendere i trattati. Il cambio di scenario Non di soli auspici vive una proposta diplomatica, che vive anche per quanto è sostenuta con determinazione: l'appello di papa Leone XIV, le minacce di Trump alla Russia, il gruppo dei sostenitori di Zelensky deciso ad andare avanti nel progetto dei cosiddetti volonterosi. Putin, convocando i giornalisti in piena notte e annunciando il vertice di Istanbul, potrebbe aver compreso che margini di nuove perdite di tempo non ce ne sono e che è giunto il tempo di trattare ancora da vincitore, per tracciare vecchi e nuovi confini, per avviare con la Cina e gli Stati Uniti un nuovo ordine mondiale politico, economico e militare. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Leone XIV e la sfida all'intelligenza artificiale. Leone XIV non ha utilizzato mezze parole per descrivere le sfide della Chiesa e al primo posto ha messo l'intelligenza artificiale. Del resto, la scelta del nome indicato da Robert Francis Prevost va esattamente in questa direzione: il richiamo a Leone XIII, alla Rerum Novarum obbliga la Chiesa ad avviare una grande riflessione sulla modernità, sulla rivoluzione tecnologica, la robotica. Gli sviluppi dell'intelligenza artificiale comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro. Il Papa parte da qui. La riscoperta della dottrina sociale. Quella di Robert Francis Prevost è una chiamata missionaria per tutta la Chiesa. E in questo percorso c'è la riscoperta della dottrina sociale, avviata proprio da papa Pecci, Leone XIII, con il testo promulgato il 15 maggio 1891 nel quale per la prima volta il magistero dei pontefici affronta i temi delle questioni operaie, delle condizioni di lavoro, del diritto allo sciopero, dell'equità dei salari. Certo, a quel tempo la Chiesa intendeva rispondere all'avanzata delle teorie socialiste, ma presentava proposte concrete, a partire dall'associazionismo. La stessa Rerum novarum afferma che "per riformare una società in decadenza, è necessario riportarla ai principi che le hanno dato l'essere". Nella sostanza, deviare dallo scopo primitivo è corruzione, tornare a esso è salvezza. Prevost, Bergoglio e l'intelligenza artificiale. Non c'è solo il richiamo alla dottrina sociale di Leone XIII. Con la promessa di affrontare in primis i temi etici della modernità, Prevost si collega direttamente a quanto affermato da Bergoglio in numerosi vertici internazionali pubblici. A Davos e a Lima, in Perù, Francesco si era concentrato sul rischio che questi sistemi possano distorcere la nostra percezione della realtà, tramite fake news, deepfake. Prevost si incammina dunque lungo la linea tracciata da Bergoglio secondo cui la tecnologia potrebbe far aumentare le disuguaglianze, dare vita a una “dittatura tecnologica”, causare la diffusione di realtà fasulle, conferire un potere spropositato alle macchine. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il Conclave sceglie il successore di Francesco: è Robert Francis Prevost. Il Conclave ha scelto il successore di Francesco: è Robert Francis Prevost, Leone XIV. E' il 267 esimo pontefice della storia della Chiesa cattolica, il primo americano. Dopo la fumata nera di mercoledì, anche nel secondo giorno erano ripartite le votazioni. Nelle prime, in nessun caso era stato raggiunto il quorum dei due terzi dei cardinali elettori, fissato a 89, necessario per eleggere il successore di papa Francesco. Poi alle 18.08 è arrivata la fumata bianca. Il nome Leone XIV non è stato scelto a caso dal nuovo papa che lo lega alla spinta verso il rinnovamento della società che Leone XIII aveva indicato nella Rerum Novarum. Chi è Robert Francis Prevost. Nato 69 anni fa a Chicago da una famiglia di origini italiana, francese e spagnola, Robert Francis Prevost è stato nominato a sorpresa da papa Francesco, nel 2023, prefetto del potente dicastero dei vescovi, l'ufficio vaticano che seleziona i vescovi mondiali. Questo sacerdote agostiniano ha trascorso venti anni in Perù, dapprima come missionario poi, nominato da Bergoglio, come vescovo. Gran capacità di ascolto, riservato, pragmatico, è difficile trovare sue dichiarazioni sui temi caldi. È apprezzato da molti cardinali di varie aree, e per questo suo lavoro è riuscito a far convogliare sulla sua figura quella Chiesa lontana da Roma. Una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Nel suo primo discorso pubblico, Prevost si incammina sul solco teologico, culturale e politico di Francesco. Parla di una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante, collegandosi direttamente alle ultime parole di Bergoglio che aveva affermato che non può esserci pace senza un disarmo unilaterale. E per proseguire le indicazioni di Bergoglio, anche Prevost intende costruire ponti con dialoghi, incontri, per essere un solo popolo in pace. Il primo a congratularsi con il nuovo papa è stato Donald Trump, ma il pensiero di Prevost resta distante da quello del presidente americano, soprattutto su migranti e diritti civili. Due posizioni assolutamente inconciliabili. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Fumata nera. Il Conclave non trova l'accordo su successore di Francesco. Il successore di Francesco ancora non c'è, ma si sta delineando la sua figura spirituale, culturale, politica. I 133 cardinali riuniti da ieri in Conclave non trovano un accordo, ma la votazione non resta inutile, vuota, come scrive qualche distratto analista di cose vaticane. La prima votazione, nei fatti, serve a ridurre il numero dei candidati e a concentrare le forze su chi potrebbe unire la Chiesa cattolica lungo il cammino indicato da Bergoglio, perchè il complesso sistema che determina il governo vaticano non si può permettere divisioni lacerante. Del resto, la presenza di 50 mila fedeli in piazza San Pietro in attesa dell'esito della votazione e il pellegrinaggio di una consistente massa di persone provenienti da tutto il mondo, dimostrano le aspettative di credenti e atei dopo il pontificato di Francesco. Il primo scrutinio dunque non ha raggiunto il quorum di 79 voti, ma nessuno realmente se lo aspettava. Sarebbe stato un vero plebiscito sul nome favorito, quello del segretario di stato Pietro Parolin. Il mistero del ritardo. La prima fumata del Conclave 2025 è arrivata alle 21 di ieri. Il ritardo, rispetto all'orario ipotizzato, è di quasi 2 ore: rispetto all'ultimo Conclave che nel 2013 elesse Papa Francesco un'ora e 20 minuti in più. Da quello che trapela, i motivi del ritardo sarebbero dovuti alla lunghezza della meditazione tenuta dal cardinale Raniero Cantalamessa, durata 45 minuti, ma anche il fatto che i porporati, oltre ad essere diciotto in più rispetto al 2013, nella maggior parte sono neofiti e diversi di loro non parlano italiano. Quindi le operazioni di voto hanno preso decisamente più tempo. Si riprende oggi con quattro turni di voto, due al mattino (10.30 e 12.30) e due al pomeriggio (17 e 20). "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La pista neofascista alla base della riapertura dell'inchiesta sull'omicidio di Fausto e Iaio. Non è cosa semplice riaprire un'inchiesta 47 anni dopo un duplice omicidio politico come quello di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, uccisi a Milano, il 18 marzo 1978, in pieno rapimento di Aldo Moro. I ragazzi vennero attesi in via Mancinelli, nel quartiere Casoretto, da tre killer provenienti da Roma, due con l'impermeabile chiaro e uno con il giubbotto marrone. Uno di loro sparò contro i due ragazzi di sinistra otto colpi di pistola utilizzando la tecnica del sacchetto di plastica per trattenere i bossoli. Le vie di fuga percorse, le moto utilizzate, dimostrano che l'agguato era stato preparato con cura da una rete logistica composta da neofascisti milanesi. In una intercettazione ambientale nel Bar Pirata, luogo di raduno di destra, gli investigatori ascoltarono la telefonata di uno che aveva dimenticato nel locale un impermebile bianco. I poliziotti di Roma perquisirono la casa di un noto esponente della destra e vi trovarono fotografie di Fausto e Iaio, oltre a lettere e documenti compromettenti. L'ultima inchiesta. La giustizia parte oggi dove aveva fallito nell'anno 2000, dal decreto della Gup Clementina Forleo che archiviò l'indagine su Massimo Carminati, l'uomo poi coinvolto nell'inchiesta su Mafia capitale, Claudio Bracci e Mario Corsi detto Marione, oggi popolare conduttore sportivo romano. Su questi tre nomi, e su altri non ancora identificati, ripartono i nuovi accertamenti. In particolare saranno comparati due documenti di rivendicazione: quello per l'omicidio di Fausto e Iaio e per l'attentato contro la sezione del Pci del quartiere Balduina a Roma, il 29 maggio 1978, entrambi firmati "Esercito nazionale rivoluzionario-Brigata combattente Franco Anselmi". Verranno verificate vecchie e nuove testimonianze di collaboratori di giustizia dell'estrema destra, analizzati documenti e indumenti sequestrati durante le perquisizioni del 1978, e molto altro ancora, con le tecnologie moderne. E' l'ultima possibilità per scoprire uno dei pochissimi omicidi politici degli anni Settanta rimasti irrisolti sul piano giudiziario, come l'assassinio di Valerio Verbano, avvenuto a Roma, il 22 febbraio 1980. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La guerra di Netanyahu contro la popolazione di Gaza. Benjamin Netanyahu avvia una nuova azione militare contro la popolazione di Gaza, favorendo così il piano di Donald Trump che vorrebbe spostare i palestinesi nei paesi confinanti e trasformare i territori occupati in una riviera per ricchi. Secondo Netanyahu, l'operazione punta a sconfiggere Hamas nella Striscia di Gaza, nel caso falliscano i negoziati sugli ostaggi: il presidente israeliano assicura che il blitz sarà intenso e la popolazione dell'enclave palestinese sarà spostata per la sua stessa protezione. Il falco ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, assicura che quella di Gaza sarà una vera e propria occupazione. La nuova ingiustificata mossa israeliana arriva mentre viene diffuso l'ultimo orribile bilancio : 52.567 morti, 118.610 feriti palestinesi, il 65% delle vittime sono bambini e donne, migliaia di persone risultano ancora disperse e sono presumibilmente morte. La guerra di Netanyahu e dell'ultradestra israeliana. L'annuncio di Netanyahu riceve una valanga di durissime critiche da parte di stati, istituzioni e associazioni mondiali, dimostrando che ormai quella di Gaza resta ormai la guerra di Netanyahu e dell'ultradestra israeliana contro i palestinesi. In migliaia partecipano alla protesta antigovernativa fuori dalla Knesset a Gerusalemme: la polizia ha disperso con la forza i dimostranti che bloccano la strada che conduce all'ufficio del primo ministro Netanyahu. Israele controlla già circa la metà del territorio di Gaza, compresa una zona cuscinetto lungo il confine con Israele e tre corridoi che corrono da est a ovest lungo la Striscia. Il via libera al piano è giunto in seguito all'annuncio della mobilitazione di decine di migliaia di riservisti per l'espansione delle operazioni a Gaza. Israele vuole aumentare la pressione su Hamas affinché negozi un cessate il fuoco più in linea con le sue condizioni. Idf non è d'accordo e chiede che l'operazione si svolga non dove sono ancora presenti gli ostaggi. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Trump ci ripensa: tra Putin e Zelensky c'è troppo odio, pace impossibile. Dalla pace in 24 ore alla pace forse impossibile è un attimo. Donald Trump è passato in pochi mesi dalla certezza di redimere in poco tempo le cause del conflitto tra Russia e Ucraina all'ammissione che Putin e Zelensky si odiano a tal punto di rendere un cessate il fuoco duraturo inprobabile. La faceva facile il presidente americano quando in piena campagna elettorale aveva convinto il mondo di essere in grado di fermare la guerra, omettendo, per mero calcolo politico, che le condizioni di una trattativa tra le due parti erano troppo radicate da far apparire, anche l'utilizzo della miglior tecnica diplomatica, una mera chimera irrealizzabile. Infatti le posizioni restano distanti. “Putin è cinico, dice di volere la tregua e continua ad attaccare", afferma Zelensky. “La riconciliazione è inevitabile, è solo questione di tempo. Le armi nucleari in Ucraina? Potrebbe non essere necessario usarle”, risponde Putin. Le manovre americane. Per comprendere lo stato confusionale in cui versa l'amministrazione americana basta osservare le ultime manovre di Washington. Kiev riceverà da Trump un sistema di difesa aerea Patriot, precedentemente diretto in Israele: sarà inviato in Ucraina dopo essere stato ricondizionato. Non solo. Gli alleati occidentali stanno discutendo la logistica di un eventuale trasferimento di un altro sistema Patriot da parte di Germania o Grecia. Il Dipartimento della Difesa ha dichiarato in una nota di "continuare a fornire equipaggiamento all'Ucraina da pacchetti precedentemente autorizzati", riferendosi ad armamenti prelevati dalle scorte esistenti e a nuovi acquisti. Nella sostanza, da una parte ci si prepara allo scenario peggiore, dall'altra si mettono le aventi: la pace tanto agognata, con ogni probabilità non ci sarà. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Vi ricordate di quanto a lungo abbiamo dovuto subire la fandonia propagandistica, secondo la quale quella tra Mosca e Kiev era essenzialmente una guerra “per procura”, combattuta cioè dagli stolti Ucraini, i quali si lasciavano abbindolare da un aggressivo Occidente che, cinicamente, li manovrava contro un Paese pacifico e democratico come la Russia di Putin? Davvero strano – ci siamo subito domandati allo scoppio del conflitto – che l'Unione Europea volesse assurdamente rimanere al freddo e rallentare i giri del suo motore economico, andando a molestare proprio il suo principale fornitore di gas a prezzi che, tra l'altro, erano, generalmente, sempre stati piuttosto ragionevoli…Strano anche che gli Stati Uniti, con tutti i problemi che, da anni, dichiarano di avere sullo scacchiere indo – pacifico, dispiegassero intenzionalmente tanti mezzi finanziari e militari per contrastare un'economia che in fondo – non dimentichiamolo – ha pur sempre un PIL che non eguaglia neanche quello della Spagna e che, quindi, in definitiva, agli occhi di Washington – come a suo tempo ben chiarito dall'ex presidente Obama – rappresenta prevalentemente una potenza regionale. Eppure, questa visione distorta della realtà dei fatti, ha pericolosamente preso campo in strati abbastanza larghi delle società europee, tanto da coinvolgere, ai massimi livelli, anche qualche esponente religioso che si è spinto fino a parlare – vogliamo, di cuore, sperare per disinformazione e non per pregiudizio ideologico – di una NATO che, da troppo tempo, avrebbe abbaiato ai confini della Federazione Russa. Strano allora che, nel 2014, dinanzi all'annessione della Crimea – avvenuta certamente al di fuori delle regole del diritto internazionale – l'Occidente si fosse lasciato sfuggire un'occasione così ghiotta per regolare i conti con il Cremlino, preferendo, invece, fare assolutamente finta di non vedere quanto stesse succedendo… E poi, diciamocelo francamente, che razza di “guerra per procura” sarà mai quella in cui le armi vengono fornite a Zelensky con ritardi, vincoli e severi ammonimenti a farne un uso esclusivamente difensivo, al fine di non nuocere troppo al nemico? A ben riflettere, ci viene da ipotizzare che, forse, di “guerra per procura” se ne possa magari cominciare a discutere – sia pure a parti invertite – solamente adesso: soprattutto alla luce della delega che Putin sembra conferire all'emissario di Trump ogni volta che questo si reca a Mosca e, dopo aver ingoiato inospitali anticamere di otto ore, entra nella sala presidenziale, presentandosi all'autocrate russo con la mano appoggiata sul cuore in segno di devozione…Se questi sono i mediatori inviati da Trump, diventa allora corretto parlare di “guerra” o di “diplomazia” per procura, nel senso che, giunti ad un punto di così avvilente svendita della dignità americana, Putin può tranquillamente trattenere a casa i suoi ministri ed i suoi ambasciatori, perché tanto c'è l'Amministrazione Trump a sostenere la validità delle ragioni che lo hanno indotto ad aggredire uno Stato sovrano confinante… E a Zelensky non resta altro che fare buon viso a cattivo gioco, perché, in caso contrario, è ormai chiaro che il palazzinaro newyorkese non esiterà neanche un attimo ad abbandonarlo al suo destino…che poi, è quello, già segnato, dell' agnello sacrificale da dare in pasto all'orso moscovita."Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il nuovo anti Trump si chiama JB Pritzker: non daremo pace ai repubblicani. Non ci sono solo il vecchio Bernie Sanders e la giovane Alexandria Ocasio - Cortez, esponenti della sinistra democratica, che riempiono le piazze da mesi contro l'amministrazione guidata da Donald Trump. La nuova stella nascente dell'opposizione democratica si chiama JB Pritzker, miliardario ed erede degli alberghi Hyatt. Il governatore dell'Illinois ha chiesto agli americani di organizzare una mobilitazione di massa, una protesta continua. “I repubblicani non devono conoscere un attimo di pace”. La dichiarazione di JB Pritzker è diventata virale sui social e ha provocato le dure critiche dei conservatori, che lo hanno accusato di voler scatenare la guerra civile. "Quando era Donald Trump a invocare la rivolta, per i repubblicani era un legittimo gesto politico, se lo fanno gli oppositori diventa un atto illegale e pericoloso”, afferma Pritzker. Chi è JB Pritzker. JB Pritzker ha sessant'anni, laureato alla Duke University e con un dottorato in legge alla Northwestern University. Parla a molti settori del Paese: è stato un imprenditore di successo, investitore nelle startup tecnologiche, esperto di industria e servizi sanitari. Da sempre nel partito democratico, il miliardario, a cui è attribuito da Forbes un patrimonio personale di 3,7 miliardi di dollari, da politico ha mostrato di essere molto vicino alla base. Tra gli elettori democratici molti cominciano a vedere in lui il candidato ideale nel 2028. In un recente intervento nel New Hampshire, il governatore ha criticato quelli che definisce “democratici inconcludenti" che vogliono dare la colpa delle sconfitte alla difesa dei neri, dei ragazzi trans e degli immigrati, invece che alla mancanza di coraggio e determinazione. Le parole incendiarie di JB Pritzker hanno riacceso l'entusiasmo nella base democratica, dopo lunghi mesi di sbandamento. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Conclusa la sesta congregazione dei cardinali. E' terminata la sesta Congregazione dei cardinali in Vaticano in vista del Conclave che inizierà il 7 maggio alle 16.30. I cardinali scendono a 133 e si abbassa il quorum per l'elezione a 89 voti. Il cardinale Becciu ha annunciato il suo passo indietro. Secondo molti analisti e cardinali, questa volta il Conclave che sceglierà il nuovo papa sarà breve, massimo due o tre giorni. I cardinali ultraconservatori premono per un loro Papa, segnando quindi un'inversione rispetto alla linea tracciata da Francesco. Le voci su una svolta a destra dopo Francesco riflettono piuttosto i desideri di una piccola e rumorosa parte della Chiesa americana. C'è Raymond Burke, vescovo conservatore del Wisconsin e convinto sostenitore della Messa in latino. Dall'Africa, appartengono a questo gruppo due conservatori intransigenti, il cardinale Robert Sarah della Guinea e il cardinale Peter Turkson del Ghana. Tre italiani forti: Zuppi, Parolin, Pizzaballa. La domanda che ci facciamo tutti è se si continuerà sulla scia di Francesco. Penso che indietro non si debba tornare, perché il solco tracciato da Bergoglio marcia intorno a tre valori fondamentale: pace, solidarietà, sviluppo sostenibile. Infatti i tre cardinali forti in continuità con Francesco sono tutti italiani: Matteo Zuppi, presidente della Cei e Arcivescovo di Bologna, Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, e Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme. I tre candidati rappresentano però la sparuta minoranza degli italiani, 19 su 135, il 14 per cento. Erano 28 su 115 nel Conclave del 2013 che ha eletto papa Francesco, 20 su 115 in quello che elesse Benedetto XVI, 26 su 111 nel voto che incoronò Wojtyla. Fine diplomatico, Parolin è capace di collezionare consensi trasversali. È stato il Segretario di Stato voluto da papa Francesco. Zuppi proviene da Sant'Egidio, ha il profilo del pastore gioviale. Spirito sessantottino e capacità di navigazione democristiana, empatia nel contatto personale. Pierbattista Pizzaballa, il carismatico francescano a capo del Patriarcato latino di Gerusalemme che ha trascorso trent'anni in Medio Oriente. Su loro tre si accende la speranza della parte più progressista della Chiesa, ma la differenza la farà il voto moderato. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Putin annuncia tre giorni di tregua, ma Trump vuole un cessate il fuoco permanente. Putin adotta la tecnica della strategia della tensione in Ucraina, attacca e poi rallenta i raid, tanto che annuncia una tregua provvisoria di 3 giorni, dall'8 al 10 maggio, per le festività” del Giorno della Vittoria russa sul nazifascismo. Ma il presidente americano Trump vorrebbe un cessate il fuoco permanente e gli ucraini chiedono a Putin lo stop sia immediato e per almeno 30 giorni. Per Mosca, Kiev deve riconoscere la Crimea ai russi, compresi i territori conquistati. Secondo Trump, Zelensky sarebbe pronto a fare queste concessioni. Mosca dichiara la sua disponibilità a negoziati di pace senza precondizioni, miranti ad eliminare le cause di fondo della crisi ucraina e all'interazione costruttiva con i partner internazionali, ma questa volontà è sulla carta, non nei fatti. Intanto Ucraina e Stati Uniti stanno facendo progressi relativamente all'accordo sulle terre rare, anche se l'accordo definitivo, più volte dichiarato, non è mai stato raggiunto. Ora pare si possa giungere alla firma nei prossimi giorni, ma i vari aspetti del contratto restano ancorati allo scenario più globale su una pace duratura. Una tregua limitata e inesistente. La tregua imposta da Putin resta limitata ai soli tre giorni di maggio ed è nei fatti inesistente, come avvenuto a Pasqua, perché con ogni probabilità gli attacchi andranno avanti anche durante la breve sosta. Il Wall Street Journal rivela che in realtà il presidente russo sta espandendo basi e truppe ai confini Nato. A circa 160 chilometri dal confine con la Finlandia, nella città russa di Petrozavodsk, gli ingegneri militari russi stanno allargando gli spazi delle basi militari: Mosca prevede di creare un nuovo quartier generale dell'esercito per supervisionare decine di migliaia di soldati nei prossimi anni. Il Cremlino sta ampliando il reclutamento militare, rafforzando la produzione di armi e potenziando le linee ferroviarie nelle zone di confine. E' una guerra di lunga durata e i venti di pace sono lontani. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il Conclave e lo scontro all'interno della Chiesa. Da oggi le congregazioni generali della Chiesa cattolica affronteranno il nodo della successione di Francesco. Dovranno scegliere in primo luogo la data di inizio Conclave. Non si tratta solo di applicare le rigide norme procedurali che determinano la nomina di un nuovo Papa, ma anche di intrecciare calcoli politici e sensibilità ecclesiali delle varie correnti. I cardinali già presenti a Roma nei giorni tra la morte di Francesco e i suoi funerali hanno già avuto modo di confrontarsi sul futuro della Chiesa, ma il progressivo ingrossarsi delle file di porporati internazionali potrebbe orientare in modo diverso il voto. Il percorso del Conclave. Il Conclave può iniziare tra i quindici e i venti giorni dopo l'inizio della sede vacante. Bergoglio è morto il 21 aprile e la finestra di avvio del Conclave dovrebbe essere dal 5 al 9 maggio. Così prevedono le norme emendate da Joseph Ratzinger in anni ormai lontani, che avevano dato al collegio cardinalizio la facoltà di anticipare l'inizio del Conclave se consta della presenza di tutti i Cardinali elettori. Lo scontro tra continuità con Francesco e conservazione. Di certo non sarà facile scegliere tra un Papa in continuità con Francesco e un candidato espressione della parte più conservatrice che vorrebbe riportare la Chiesa ad una fase pre rivoluzionaria. Non è una questione di nazioni, lingue, culture, ma di annunciare il Vangelo al mondo di oggi, magari non esattamente come papa Francesco, ma nella sua linea teologica. Le istituzioni ecclesiali dovranno anche valutare con attenzione il caso del cardinale sardo Becciu a cui Francesco aveva tolto i diritti. Potrà comunque entrare in Conclave? I cardinali possono intervenire su una materia sulla quale si è espresso il Papa? Ai cardinali lontani da Roma non interessa granchè il caso, piuttosto pare più propensi a formare un gruppo di moderati per influenzare la decisione finale. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il popolo di Francesco invade San Pietro. Camminano per ore in fila, attendono il loro turno ordinati, giovani e vecchi, volti di gente comune. E' il popolo di Francesco che invade la basilica e piazza San Pietro. Alcuni hanno compiuto lunghi viaggi in aereo, altri ancora hanno preso i treni, altri hanno solo attraversato il centro di Roma. Quello che conta è essere lì a testimoniare per essere responsabili. C'è la suora venuta da lontano accanto all'operaio di Torino, l'imprenditore della bassa padana vicino al pensionato spagnolo, i clochard Paolo, Mario e Angelo che avevano descritto al Papa la loro situazione a fianco di Teresa 16 anni, secondo cui Francesco "gli piaceva il calcio, era contro la guerra, difendeva i poveri", la ristoratrice veneta e lo studente universitario napoletano, il prete di strada genovese e il precario milanese. Un popolo che si identifica nella figura di Francesco. Uno di noi, si sente dire durante questo omaggio a Francesco. Quella apparsa a Roma in questi giorni, in forma spontanea o organizzata, è certamente una massa variegata, impossibile da quantificare, che attraversa ogni ceto sociale, identità religiosa o non credente, che mette insieme dialetti e lingue diverse, accomunati da due parole che da sole sarebbero un manifesto politico: solidarietà e pace. Uno di noi, significa anche l'identificazione di un popolo nella figura di Francesco. E questo, nella storia della chiesa, è accaduto ben poche volte. Ci vorrà tempo per comprendere anche sul piano sociologico questo fenomeno straordinario. Certo è che, in un mondo pieno di leader che assomigliano più a piccoli dittatorelli in cerca di un posto nel mondo, nella Storia Francesco ci era finito molto prima della sua morte terrena, nonostante fosse uno di noi. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Le nuove minacce di Trump a Zelensky: accordo o perdere il paese. Il presidente statunitense Trump parla di un accordo vicino con Putin sul conflitto tra Mosca e Kiev, ma intende imporre la sua pace al leader ucraino Zelensky che però non accetta gli aut aut. Allora Trump lo minaccia: o firmi l'accordo oppure perdi il paese. "La situazione per l'Ucraina è disastrosa: può ottenere la pace o può combattere per altri tre anni prima di perdere l'intero Paese", sostiene Trump". Il tono è quello che Trump ci ha abituato da quando è entrato alla Casa Bianca. In particolare, Trump critica Zelensky per quella che definisce una posizione "incendiaria" sulla Crimea che mette a repentaglio i colloqui di pace: l'Ucraina non riconoscerà l'annessione russa della Crimea. Le conseguenze sono immediate. Fallisce il vertice di Londra sul cessate il fuoco dopo il forfait del segretario Usa Rubio forfait. Trump manda avanti Vance e specifica la posizione americana: “Mosca e Kiev trovino un accordo sullo scambio di territori o ci ritiriamo”. Ma per Zelensky il primo obiettivo è quello di fermare le uccisioni. I negoziati restano ad un punto fermo. La narrazione trumpiana sostiene che l'accordo è vicino, ma quale idea di pace ha in mente? I nodi da sciogliere sono molteplici e di difficile soluzione, a meno di un ripensamento dei vari negoziatori sul piano geopolitico. Qualcosa potrebbe muoversi tra venerdì e sabato a Roma intorno alle esequie di Francesco. Zelensky ha chiesto a Trump un bilaterale. Stessa cosa potrebbe avvenire tra il presidente americano e Macron e con Starmer. Sarebbe un'occasione importante, forse unica, ma è una corsa contro il tempo che potrebbe rimanere per molti una desiderata. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
80esimo della Liberazione in un paese smemorato. Ottant'anni fa, proprio in queste ore, venivano impartiti gli ordini delle insurrezioni popolari delle città di Genova, Torino e Milano organizzate dai comitati di liberazione territoriali. Gli Alleati sono sulle rive del Po. Bologna e la Romagna sono libere. Genova, Torino, Milano si preparano all'insurrezione generale. Berlino è accerchiata dall'Armata Rossa. 25mila tra cannoni e mortai sono pronti ad aprire il fuoco. Le poche avanguardie partigiane del 1943, due anni dopo sono diventate un esercito con armi, munizioni, artiglieria leggera e pesante. La Resistenza non è più la somma della forza e del coraggio di partiti e movimenti antifascisti (comunisti, socialisti, democristiani, liberali, repubblicani, anarchici, monarchici), ma il progetto politico di una nazione che intende voltar pagina, cacciare i nazisti occupanti e i fascisti che li avevano serviti fino in quel momento. Almeno 250mila tra effettivi, staffette, fiancheggiatori. Oggi restano in vita ben pochi di quei partigiani protagonisti delle pagine epiche della Resistenza. Una memoria non sempre condivisa. Dai primi degli anni Novanta,ha preso forza il fenomeno del revisionismo, o peggio ancora del rovescismo dove i liberatori diventano carnefici e i veri carnefici si trasformano in vincitori. A questa operazione di maquillage hanno contribuito politici di centrodestra e centrosinistra, giornalisti, ricercatori, storici. Prima l'equiparazione tra i ragazzi di Salò e i resistenti dell'allora presidente della Camera Luciano Violante. Poi i libri del giornalista di sinistra Giampaolo Pansa intrisi di notizie vere, verosimili, visibilmente false, comunque non verificate. Fino ad arrivare ai nazisti del Reggimento Bozen uccisi dai gappisti in via Rasella in un atto di guerra contro un nemico occupante, trasformati in una banda musicale di semi pensionati, secondo il presidente del Senato Ignazio La Russa, e la lettura acritica del manifesto di Ventotene da parte della premier Giorgia Meloni. Il 25 aprile è scomodo e ancora divisivo perché, per un pezzo di italiani, il fascismo rimane una opzione possibile. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
L'eredità di Francesco, un papa rivoluzionario. Un papa rivoluzionario sul piano spirituale, culturale, politico. Così dovrebbe essere ricordato Francesco, la cui eredità difficilmente potrà essere contesa a breve, al di là dall'esito del Conclave dei primi di maggio. E' vero, il 70% dei cardinali nominati da Francesco porteranno anche nel segreto dell'urna il concetto di continuità, ma è altrettanto chiaro che un pezzo consistente del sistema ecclesiale si era cimentato in una strenua opposizione alle idee del papa durante il suo pontificato. A quella Chiesa tradizionale, conservatrice, non piaceva la visione del mondo di Francesco: la forte critica verso il capitalismo consumistico e globalizzato, senza etica; il richiamo alla manutenzione del Creato, alla bellezza, al rapporto tra uomo e ambiente; la lotta alla povertà, alle disuguaglianze; l'appello continuo alla pace tra i popoli e al disarmo mondiale. Una vita dedicata alla difesa degli ultimi e dei diseredati. Francesco ha vissuto lungo la linea sottile tra pace e militanza, lui che era giunto alla guida della Chiesa provenendo dal cono Sud dell'America, quello più povero, dei quartieri più degradati delle megalopoli come Buenos Aires. Quei gesti di comprensione per gli ultimi della Terra rimangono l'ultimo sforzo d'un uomo consumato dalla sua missione di fratellanza. Francesco era soprattutto un poeta, uno scrittore, un comunicatore, una persona dotata di una inarrestabile umanità.Un combattente fino all'ultimo, un uomo che non voleva morire nel letto di un ospedale, ma sul campo, in battaglia. E così è avvenuto. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La tregua di Putin pasquale non ferma la guerra Quella decisa da Putin, alla quale ha aderito anche Zelensky, è una tregua di immagine, solo apparente. Solo dopo l'annuncio del leader russo si sono contati almeno 64 attacchi di Mosca in varie parti dell'Ucraina, e Kiev ha violato la tregua colpendo le città di Donetsk e di Gorlovka. Non c'è la volontà da parte russa e ucraina di porre fine al conflitto, e nemmeno esistono le condizioni politiche e militari per allungare di altri trenta giorni la tregua più volte annunciata da Trump. Una pace lontanissima Le azioni diplomatiche e le trattative di Riad restano soltanto sogni e promesse elettorali, e i documenti elaborati sono carta straccia. I soldati restano in trincea in attesa di nuovi ordini: la Casa Bianca incassa il segnale di tregua ma tace; Francia e Regno Unito non si fidano e proseguono il progetto dei 30mila cosiddetti volenterosi; l'Europa pensa a come neutralizzare Trump sui dazi commerciali, ma è sempre più divisa, con il nuovo asse del dissenso che corre lungo la linea Parigi, Madrid, Varsavia. La strategia russa è quella di tirare dritto con l'offensiva verso Zaporizhya. Per Kiev i margini sono ridotti all'osso: il Kursk è perso, gli aiuti militari americani sono nei fatti bloccati, il piano di riarmo europeo è solo sulla carta in attesa di una definizione della situazione della guerra commerciale. In ogni caso finché il cessate il fuoco non sarà formalizzato e non diventerà una condizione obbligatoria per i negoziati, la leadership russa manterrà la capacità di interrompere o continuare il conflitto, appendendo la situazione al filo sottile della propria scelta."Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Tra Trump e Meloni molta stima, ma solo annunci e pochi fatti. La premier Giorgia Meloni incassa la stima personale e politica di Donald Trump ("è una persona eccezionale, l'Italia è il principale alleato americano finchè resta lei"), ha detto il tycoon, ottiene dal presidente americano il via libera alla trattativa sui dazi su scala europea con un vertice a Roma, conferma la soglia del 2% delle spese militari e l'investimento di 10 miliardi da parte delle imprese italiane negli Stati Uniti. Il resto rimangono annunci spray e buoni propositi, tanta comunicazione e propaganda, ma fatti intorno allo zero. Un incontro in linea con l'atlantismo italiano. Chi pensava l'incontro tra Trump e Meloni come un D-Day oggi si deve ricredere. Certo, Meloni è la prima leader europea a parlare con Trump dopo la guerra commerciale, ma la nostra premier non aveva alcun mandato europeo per trattare sui dazi, anche se aveva concordato con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen alcune indicazioni da seguire, quindi si è mossa esattamente come avevano fatto tutti gli altri presidenti del consiglio italiani nel corso della Storia, seguendo la linea atlantista nel senso più ortodosso. Non poteva che andare così. Del resto l'Italia è un paese a sovranità limitata e controllata dagli Stati Uniti, e chiunque governi a Washington, democratici o repubblicani, a Roma va bene. Così è avvenuto nel passato, così abbiamo visto in queste ore nello studio ovale della Casa Bianca. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Oggi l'incontro tra Meloni e Trump. Una partita complicata e delicata Con il viaggio a Washington e l'incontro con Donald Trump, Giorgia Meloni si gioca la sua immagine di leader internazionale che pazientemente si è cucita addosso dal 2022, quando ha vinto le elezioni politiche. Ma questa volta la partita è complessa e delicata perché la situazione resta instabile, e sarà difficile convincere Trump in un ripensamento della guerra commerciale. Con il presidente americano Meloni parlerà essenzialmente di dazi, spese militari, ruolo della Nato, Ucraina e Medio Oriente. La premier è consapevole di non avere un mandato formale e pieno dall'Unione Europea, ma di avere concordato il suo viaggio con Ursula von der Leyen. Secondo la portavoce della Commissione europea Arianna Podestà, "i contatti con l'amministrazione Trump sono estremamente positivi e quindi la presidente e la premier si sono coordinate". La scelta tra simpatia ideologica e interesse del paese La missione di Giorgia Meloni avviene in un periodo differente dalla sua recente visita a Mar-a-Lago, quando aveva rafforzato il legame con Trump e Musk. Ma si Sto arrivando!, il mondo cambia di giorno in giorno, e ora dovrà scegliere tra le simpatie ideologiche di destra che la accomunano con Trump e i suoi seguaci, e gli interessi del suo paese e dell'Unione Europea, quest'ultima reduce dal sostanziale fallimento della trattativa sui dazi. Si tratta di un bivio che oggi Meloni non può ignorare. Se dovesse optare per la seconda ipotesi metterebbe finalmente da parte la perenne propaganda elettorale per tentare la strada della riduzione dei danni che i dazi, applicati alla lettera, potrebbero provocare all'Italia. Giudicheremo dai risultati che riuscirà a portare a casa, al netto delle dichiarazioni di facciata. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il fallimento degli accordi di pace tra Stati Uniti, Russia e Ucraina. Lo scorso 25 marzo Stati Uniti, Russia e Ucraina annunciavano a Riad, con dichiarazioni separate, di aver raggiunto un accordo complessivo per garantire la sicurezza della navigazione, eliminare l'uso della forza e impedire l'uso di navi commerciali per scopi militari nel Mar Nero, per vietare gli attacchi contro le strutture energetiche di Russia e Ucraina, per il raggiungimento di una pace duratura e sostenibile. A distanza di 23 giorni nulla di ciò che è stato scritto e comunicato è stato raggiunto. Anzi in questi ultimi giorni l'offensiva russa contro l'Ucraina si è fatta più marcata con la strage di Sumy, i bombardamenti di Kharkiv e di altre città. Una trattativa complicata. Le posizioni non sono mai state così distanti come ora. Il capo dei servizi segreti esteri russi, Sergei Naryshkin, ha ribadito le condizioni poste da Mosca per porre fine alla guerra in Ucraina: Kiev dovrà rinunciare all'adesione alla Nato, accettare lo status di Paese neutrale e privo di armamenti nucleari, oltre a cedere i territori occupati e annessi da Mosca. Il leader ucraino Zelensky segna sulla cartina del suo paese una linea rossa oltre la quale non intende andare, e si rivolge direttamente a Witkoff, l'inviato di Trump: "Tutti i territori appartengono allo Stato unitario dell'Ucraina. Pertanto, ancora una volta, solo il popolo ucraino può parlare dei territori del nostro Stato". L'ultima mossa di Trump è il rifiuto di sostenere un comunicato di condanna del G7 all'attacco russo a Sumy citando il desiderio di continuare le trattative con Mosca. Per l'eccidio di Sumy, il presidente americano Donald Trump ha parlato di un errore, ma con le sue parole nasconde un fallimento politico, diplomatico, militare e anche di immagine fin troppo evidente. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Le mosse cinesi contro Donald Trump. La Cina risponde ai dazi commerciali di Donald Trump con alcune mosse strategiche che tendono a salvaguardare il suo mercato e quello dei suoi partner. Le ultime in ordine di tempo sono il blocco delle esportazioni di terre rare dalla Cina e l'attivismo del presidente cinese Xi Jinping, che ha avviato ad Hanoi, in Vietnam, un tour del Sud Est Asiatico che mira a solidificare ampiezza e profondità della sfera d'influenza di Pechino. In particolare, l'offensiva sulle terre rare è la più sofisticata delle reazioni cinesi alle tariffe decise da Trump. Nella visione di Pechino, rispondere ai dazi con altri dazi è servito a rifiutare la posizione di subalternità a cui Trump vorrebbe costringere ogni sua controparte negoziale, ma sono le nuove regole per esportare 7 dei 17 elementi “rari” della tavola periodica, centrali in così tante produzioni ad alto contenuto tecnologico, che sono destinate a fare più male. La lista dei prodotti cinesi soggetti a restrizioni dell'export. Le spedizioni di samario, gadolinio, terbio, disprosio, lutezio, scandio, ittrio e dei magneti permanenti che incorporano alcuni di loro sono di fatto bloccate e nessuno si azzarda a fare previsioni sui tempi per ottenere una licenza per l'esportazione. Anche se bastassero poche settimane, gli stock disponibili al di fuori della Cina si ridurrebbero sensibilmente. Non tanto in Giappone, dove un precedente blocco mirato all'export deciso da Pechino ha consigliato prudenza negli stoccaggi, quanto negli Stati Uniti dove le scorte a magazzino sono storicamente più risicate. Le limitazioni all'export si faranno sentire non solo perché la Cina ha di fatto il monopolio della raffinazione di questi elementi, ma anche perché produce il 90% dei magneti che li utilizzano e che sono indispensabili nella produzione di motori elettrici. Proprio in previsione delle temute difficoltà negli approvvigionamenti, a marzo le esportazioni di terre rare dalla Cina sono aumentate del 20,31% a oltre 5.666 tonnellate, mostrando in forma amplificata un fenomeno osservato in diverse altre categorie merceologiche. Complessivamente il mese scorso le esportazioni cinesi sono aumentate del 12,4%, in larga misura perché gli importatori hanno chiesto di anticipare le spedizioni in vista dei dazi. Di queste mosse cinesi Trump dovrà tenere conto se non vuole che i suoi dazi contro il Dragone si trasformino in un clamoroso boomerang. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il viaggio di Meloni a Washington. La proposta a Trump: mercato unico senza tariffe. La premier Giorgia Meloni si prepara al viaggio a Washington del prossimo 17 aprile con una proposta a Donald Trump: un mercato unico senza dazi e tariffe. Con il presidente americano Meloni metterà sul tavolo dell'incontro il progetto lanciato da Ursula von der Leyen e Elon Musk: un'area a “dazi zero”, un mercato unico e di libero scambio tra Europa e Stati Uniti capace di rafforzare la cooperazione tra alleati. Anche il commissario al commercio Ue Maros Sefcovic, in visita negli Stati Uniti, in queste ore proverà ad avviare la trattativa con questo obiettivo. Meloni si prepara a dover incassare alcune critiche del presidente americano. La più importante riguarda la web tax, voluta da Bruxelles e adottata dall'Italia. Si tratta di una misura ormai difficilmente negoziabile. Trump chiederà a Meloni maggiori spese militari. Roma non ha ancora raggiunto il target del 2%. Meloni assicurerà che l'asticella sarà superata entro il vertice dell'Alleanza di giugno all'Aia, e prometterà ulteriori sforzi nella prossima finanziaria, per avvicinare al massimo il 2,25%. L'Italia stretta tra l'alleanza con gli Stati Uniti e l'identità europea divisa. Bruxelles si trova nel mezzo tra Washington e Pechino. L'Italia di Giorgia Meloni guarda agli Stati Uniti, ma i suoi partner europei lanciano segnali di dialogo verso la Cina. Lo spagnolo Pedro Sanchez intende assecondare frizioni di politica interna. Francia e Germania vogliono difendere i propri interessi commerciali con la Cina. La scommessa di Giorgia Meloni è che i leader europei prima o poi dovranno risolvere il dilemma geopolitico, scegliendo l'alleanza con la Casa Bianca. E lo faranno non tanto per convinzione, ma per ragioni economiche e di sicurezza. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il rock contro Trump: la protesta dell'altra America alza il tiro. Joan Baez torna sul palco con Neil Young a fianco di Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez che da alcune settimane incendiano le praterie d'America con un tour contro gli oligarchi e in opposizione all"amministrazione di Donald Trump. In pochi giorni le centomila persone di Denver, Las Vegas sono diventate almeno 2 milioni dello scorso week end, e da domani la protesta assume le forme tipiche dell'opposizione di piazza. Il ritorno di Joan Baez e Neil Young. Dalle marce contro le guerre in Vietnam e Iraq alle lotte per i diritti civili, delle donne, LGBTQ, Joan Baez è stata la colonna sonora, simbolo di libertà e attivismo. E a 84 anni, dopo aver annunciato il ritiro dalle scene nel 2009, ha deciso di tornare sulle barricate. "La nostra democrazia sta andando in fiamme … siamo gestiti da un gruppo di miliardari davvero incompetenti, dice la Baez.. Con lei a Lis Angeles ci sarà Neil Young, altro grande alfiere delle battaglie contro le multinazionali, le guerre e le ingiustizie. Insieme metteranno le loro chitarre e le loro voci al servizio del pensiero critico e a sostegno della sinistra democratica. Fino a dove si potrà spingere questo movimento che nasce dal basso è difficile prevederlo. Certo è che la rapidità degli eventi, dovuti alla guerra dei dazi commerciali imposti da Trump, ha accelerato lo scontro, costringendo anche i settori moderati progressisti alla scesa in campo popolare. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Trump sospende per 90 giorni i dazi reciproci, ma fa salire al 125% quelli contro la Cina. Il disastro economico finanziario con decine di migliaia di miliardi bruciati a Wall Street e nelle borse mondiali, dovuto all'imposizione di dazi commerciali reciproci, impone a Donald Trump un serio ripensamento, una pausa di 90 giorni, che rimangono però alla soglia minima del 10% con effetto immediato. Per tutti, tranne che per la Cina contro cui si scaglia la redda rationem con un nuovo rialzo delle tariffe al 125%. Lo stato confusionale in cui versa l'amministrazione Trump è a dir poco preoccupante. Il presidente degli Stati Uniti aveva detto che più di 75 Paesi avevano chiesto di negoziare i dazi, poi ha spiegato di avere autorizzato una pausa di 90 giorni e una tariffa reciproca sostanzialmente ridotta durante questo periodo, pari al 10%, anch'essa con effetto immediato. Wall Street riprende fiato, anche i future delle borse europee salgono, dopo essere crollate. Pochi secondi dopo l'annuncio di Trump Wall Street vola, riprende fiato. i future di Piazza Affari sono schizzati al rialzo con molte ore di anticipo sull'avvio della seduta di domani, guadagnando oltre il 7,4%, così come i future dei vicini Cac in Francia (+2,4%) e del Dax a Francoforte (+3,3 per cento). Ma i mercati finanziari globali restano in uno stato di tensione permanente, con una volatilità e incertezza altissimi. La sospensione di 90 giorni delle tariffe e le negoziazioni con alcuni partner storici del sud-est asiatico (Vietnam, Corea del Sud, Giappone) confermano le parole del segretario Bessent sulla volontà di creare un fronte per aumentare la pressione sulla Cina. Nella guerra dei dazi, soprattutto tra Cina e Usa, continuano gli acquisti sull'oro, bene rifugio per eccellenza durante le tempeste finanziarie ed economiche. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Lo scontro tra Musk e Trump sui dazi. Elon Musk è intervenuto personalmente ma il tentativo di far cambiare strategia al presidente Usa in materia di dazi è andato a vuoto. Nessuna marcia indietro, Donald Trump va avanti e non sembra disposto a ritirare l'ondata di dazi doganali che sta sconvolgendo i mercati finanziari. Musk ha reso esplicita sulle reti sociali la sua opposizione alla politica dei dazi, ma per ora i suoi tentativi di influenzare le scelte di Trump sono falliti. Non poteva andare diversamente, anche perchè, nelle ultime ore, sui dazi americani, è andato in scena il gioco del poliziotto buono, Elon Musk, e cattivo, Donald Trump, dove entrambi fanno finta di litigare, ma alla fine procedono sostanzialmente sullo stesso cammino. Le preoccupazioni di Musk. I dazi colpiscono Tesla, l'azienda di auto elettriche di Musk, che ha in Cina importanti centri produttivi e rilevanti quote di mercato. Nei giorni scorsi l'imprenditore si è espresso a favore di una politica di "dazi zero", ha condiviso un vecchio filmato di Milton Friedman che spiegava i benefici del libero mercato con la storia della produzione di una matita e ha attaccato in modo diretto il consigliere della Casa Bianca per il commercio, Peter Navarro, artefice della radicale svolta di Washington. In particolare Musk ha deriso il curriculum universitario di Navarro e ha scritto su X che "un PhD in economia ad Harvard è una cosa negativa, non una cosa positiva". Tesla nel 2020 arrivò addirittura a denunciare l'amministrazione Trump per i dazi. Musk, spiega la testata americana, fece poi marcia indietro per il timore di apparire allineato alla Cina e contrario alle politiche “America First”. Dall'inizio dell'anno la capitalizzazione di mercato di Tesla ha perso oltre il 38%. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La pausa di 90 giorni per l'applicazione dei dazi americani era una fake. In questi giorni di incertezze economiche e finanziarie, dovute all'applicazione dei dazi reciproci annunciati lo scorso 2 aprile da Donald Trump, in molti giocano con il fuoco: la tensione incendia i mercati, fa crollare le borse, genera panico tra gli investitori. Quello che è accaduto ieri è senza precedenti nella storia delle borse americane. Le borse reagiscono con entusiasmo al presunto annuncio di Kevin Hassett, direttore del Consiglio economico nazionale degli Stati Uniti, secondo cui Trump sarebbe pronto a una pausa di 90 giorni nei dazi. L'annuncio fa il giro dei social grazie al tweet di Walter Bloomberg, che però non ha nessun legame con l'agenzia di notizie. Hassett, nell'intervista alla Fox da cui tutto avrebbe avuto inizio, non risponde "sì" alla domanda sullo stop di 90 giorni. Usa solo un intercalare. Walter Bloomberg cancella il post e sostiene che la prima a dare la notizia sarebbe stata l'agenzia Reuters. Comunque sia, la Casa Bianca smentisce l'idea dei 90 giorni di pausa, e i mercati tornano a crollare, esattamente come avevano fatto nelle ore precedenti. Migliaia di miliardi vengono bruciati. Cosa accade veramente? Al di là delle narrazioni, molti analisti internazionali sono convinti che i mercati stiano esprimendo un'incertezza totale legata alla perdita di fiducia verso le politiche dell'Amministrazione Trump: sono del tutto politicizzate e la base dal punto di vista economico è debolissima. Nel fine settimana, gli investitori speravano che da Washington arrivassero segnali di apertura, come uno slittamento dei dazi reciproci previsti per il 9 aprile. Ma tutta questa speculazione non ha trovato riscontri nella realtà e ora i mercati fanno i conti col contraccolpo economico. Ora lo spettro della recessione entro la fine del 2025 è sempre più reale. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Dalla costa orientale a quella occidentale, dai confini con il Canada alla bordeline con il Messico, i progressisti degli Stati Uniti hanno trovato il coraggio e il senso della protesta. In realtà qualcosa si era già visto le scorse settimane, nel tour del vecchio Bernie Sanders, Alexandria Cortez e altri parlamentari della sinistra america, da Denver, a Las Vegas, in Colorado, California e Arizona, ma in queste ultime ore l'altra America è scesa in piazza contro le politiche sovraniste, oligarchiche e suprematiste di Donald Trump. Non e un movimento organizzato, uno schieramento che possa rappresentare ora un'alternativa, non si intravedono a breve leader in grado di invertire il corso della Storia . Da quello che si capisce sommando le tante sigle di formazioni politiche e associazioni che compongono il variegato fronte di opposizione, è un primo segnale di sfiducia contri Trump. È ancora presto per definirlo un fiume in piena che si abbatte sulla Casa Bianca, travolta dalle reazioni dei mercati ai forsennati dazi. Ciò che resta dei democratici sceglie una proesta tranquilla, ma non inutile. Saranno i prossimi cortei a determinare chi e come guiderà la probabile vittoria democratica alle prossime elezioni di midterm. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Sembra svanire decisamente la pazienza con la quale, fino alla scorsa settimana, gli Stati Uniti avevano fatto buon viso a cattivo gioco, dinanzi alla sostanziale indifferenza mostrata dai Russi nei confronti dei loro sforzi per il raggiungimento di almeno un breve “cessate il fuoco” in Ucraina. E non ci riferiamo tanto allo stato di forte irritazione espresso, a inizio settimana, da Donald Trump proprio nei riguardi di Vladimir Putin, quanto alle nuove sanzioni che sono appena state ipotizzate da una proposta di legge bipartisan – presentata cioè, da cinquanta senatori (25 repubblicani e 25 democratici) – che prevede l'imposizione di una tariffa (fino al 500 per cento !) sulle importazioni dai Paesi che continueranno a fare scambi commerciali con la Russia, acquistando il suo gas o il suo petrolio. Tali misure punitive – spiegano a Washington – verranno applicate se il Cremlino non compirà “passi significativi” sulla strada che porta alla fine del conflitto. Non c'è dubbio sul fatto che l'introduzione (o, comunque, la minaccia) di queste sanzioni, segni un infastidito cambio di atteggiamento degli Stati Uniti, fino a ieri rimasti fin troppo accomodanti rispetto alle furberie diplomatiche di cui la Russia si è servita esclusivamente per guadagnare tempo utile all'avanzata – per la verità assai lenta - dei suoi soldati . Naturalmente, data l'umoralità dell'uomo che, per i prossimi quattro anni, governerà il Paese più potente del mondo, sarebbe, comunque, azzardato parlare di un vero e proprio rimescolamento di carte tra Mosca e Washington: tuttavia non si può neanche negare il fatto che, ultimamente, Donald Trump sia apparso sempre più insofferente verso certi giochetti di prestigio che, forse, Vladimir Putin si è illuso di poter portare avanti all'infinito. Tra le tante promesse che il Tycoon aveva venduto agli elettori statunitensi durante la sua campagna elettorale, c'era, infatti, anche quella di poter chiudere la questione ucraina in quattro e quattr'otto, grazie, soprattutto, all'esistenza di un suo presunto feeling con l'autocrate russo. Feeling che, invece, si sta evidentemente rivelando ben poco contraccambiato... Trump, per andare incontro alle esigenze del suo interlocutore russo, si era esposto fino al punto di addebitare a Zelensky le responsabilità principali circa lo scoppio della guerra: ma neanche questo è bastato, perchè Putin, in cambio, non gli ha neppure concesso lo striminzito contentino di quei 30 giorni di sospensione dei combattimenti che gli avrebbero almeno permesso di sbandierare un minimo di risultato utile in faccia ai suoi detrattori politici: sia in America, che altrove. Pertanto, visto lo stato di imbarazzante confusione in cui sembrano procedere le trattative tra Cremlino e Casa Bianca, è più che comprensibile che un risentito senso di frustrazione si stia, adesso, impossessando dell'animo di Donald Trump. Staremo, quindi, a vedere come evolveranno le cose, ma è certo che il testo di legge presentato al Senato di Washington – se approvato – andrebbe veramente a colpire la Russia dove fa più male, prevedendo sanzioni così drastiche proprio a carico di quei Paesi che - anche se non direttamente - di fatto sostengono l'espansionismo militare del Cremlino. Come, ad esempio, India e Cina che sono, al momento, tra i maggiori clienti di Mosca per quanto concerne gli acquisti di gas e petrolio: e tutti sappiamo come le esportazioni di energia e di altre materie costituiscano le sue principali fonti di finanziamento della guerra. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Mai come in questo periodo, il mondo si è diviso tra quanti vedono i dazi come il fumo negli occhi e propongono, pertanto, una reazione uguale e contraria nei confronti di chi pretende di applicarli e quanti, invece, optano per un atteggiamento più morbido, che si sforzi, in sostanza, di dare vita ad un negoziato utile per limitare i danni. In realtà, anche per le guerre commerciali, dovrebbe valere il principio che informa un po' tutte le cose della vita e che ci spiega come, in generale, i torti, le ragioni ed i vantaggi non stiano mai da una sola parte. Ad esempio, nel caso dei dazi, chi decide di porli in essere farebbe bene a considerare non soltanto le sue aspettative più positive (e cioè, maggiori entrate per lo Stato che consentano sgravi sui prelievi fiscali interni e incremento delle produzioni e dei livelli occupazionali), ma anche altri elementi della questione che dovrebbero, invece, indurre ad un minimo di prudenza in più. Infatti, un'imposta sui beni prodotti all'estero comporta certamente un aumento dei loro prezzi, ma non necessariamente anche una diminuzione dei loro consumi. Questo perché, se si tratta di beni indispensabili, la loro domanda interna tenderà, comunque, a rimanere praticamente invariata e così gli inevitabili aggravi di prezzo dovuti alle barriere doganali non potranno fare altro che andare ad alleggerire i portafogli dei consumatori. I quali, loro malgrado, si vedranno, egualmente, sempre costretti a non interrompere i loro acquisti. I dazi possono, dunque, risultare decisamente penalizzanti soprattutto per le fasce di popolazione meno abbienti, dal momento che chi si può permettere di pasteggiare a Champagne difficilmente smetterà di farlo soltanto perché la bottiglia è aumentata di una manciata di dollari...Altra è, invece, la condizione in cui verrebbero a trovarsi le persone che, già normalmente, stentano ad arrivare alla fine del mese... Ma se sulle spalle del paese importatore rischiano di abbattersi questi guai di natura inflattiva, altri non meno seri (ma di tipo recessivo) incombono, invece, sulle economie dei paesi esportatori, i quali, con ogni probabilità, dovranno registrare un calo delle loro produzioni e, di conseguenza, anche l'aumento della disoccupazione. Due tipi di malattie, queste, che, messe insieme, concorrono a favorire la formazione di un quadro economico decisamente temuto a livello globale: quello cioè, della “stagflazione”. Ossia, di una situazione nella quale coesistono sia un aumento generale dei prezzi, che una mancanza di crescita dell'economia in termini reali. Pertanto, i dazi – almeno nel breve periodo – causano danni sia chi li applica, che a chi li subisce: e non sarà nemmeno l'adozione di politiche ritorsive ad attenuarne gli effetti negativi. Anzi, in questi casi, la tentazione di ripagare della stessa moneta chi ci ha aggrediti commercialmente, non farebbe altro che aggiungere ulteriori incertezze a quelle che già ci sono. E non a caso, tra un proclama bellicoso di Washington ed una levata di scudi da parte di Bruxelles, in questi ultimi tempi, l'andamento di tutte le principali Borse del mondo ha espresso, in modo più che chiaro, quanto siano pessimistiche le previsioni della finanza globale, in merito agli sviluppi che potranno scaturire da questa, sostanzialmente, immotivata ondata di protezionismo. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il tribunale di Parigi ha, dunque, giudicato colpevole Marine Le Pen, unitamente ad altri otto esponenti del suo partito, per aver fatto un uso illecito di fondi europei (circa 2,9 milioni di euro) per retribuire alcuni funzionari del suo Rassemblement National che, in realtà, con l'Europa non avevano nulla a che vedere. Tra le sanzione inflitte alla signora della Destra francese, quella che fa più male è rappresentata senz'altro dall' ineleggibilità per cinque anni da qualsiasi carica pubblica: pena che va a complicare terribilmente le cose per una forza politica che, come mai prima d'ora, aveva coltivato concrete speranze di affermazione alle prossime elezioni presidenziali del 2027. Certo, ricorreranno tutti in appello, ma ormai il danno di immagine potrebbe risultare difficile da cancellare per questa lucida leader che, in pochi anni, è riuscita a condurre su un terreno di maggiore presentabilità politica, quel partito xenofobo e sostanzialmente fascista ereditato dal padre, guidandolo, abilmente, fino a superare il 34% dei consensi elettorali, alle ultime legislative. L'incidente di percorso è particolarmente grave, specialmente per una forza politica che - come quella di Marine Le Pen – ha, in larga misura, costruito le proprie fortune elettorali denunciando proprio la corruzione dei politici ed i presunti sprechi dell'Unione europea: il tutto, seguendo il solco di quella tradizione, tipica dell'estrema destra, che, da sempre, rivendica la propria superiorità morale rispetto all'arroganza congenita a quelle élite cosmopolite, che sarebbero capaci soltanto di ingannare e sfruttare la gente comune. Adesso però, dopo anni di indagini, la magistratura francese ha portato alla luce alcune inconfessabili responsabilità del Rassemblement National, il quale avrebbe messo a punto un bel meccanismo di truffa - per importi milionari - ai danni del tanto esecrato Parlamento europeo (e, quindi, in definitiva, anche dei contribuenti europei, Italiani compresi). Noi, da garantisti incrollabili quali pensiamo di essere, eviteremo di gettare la croce addosso alla Le Pen fino a che non ci sarà, nei suoi confronti, una sentenza di secondo grado che confermi i contenuti di quella che è stata appena emessa dal Tribunale di Parigi e che sembra, in pratica, aver posto una pietra tombale sulla sua carriera politica. Se le accuse dovessero, infatti, trovare conferma anche in appello, allora, per lei, diventerebbe davvero difficile continuare a presentarsi come l'unica Giovanna d'Arco pulita, in grado di contrapporsi ad un sistema politico marcio. Ironia della sorte, sappiamo che la richiesta di un tipo di norma che prevedesse l'ineleggibilità a vita “per tutti quelli che sono stati condannati per fatti commessi grazie o in occasione del loro mandato”, aveva costituito, per tanti anni, proprio uno dei cavalli di battaglia più usati dalla Le Pen: anzi, si può dire che la legge in base alla quale è stata lei stessa ora condannata, altro non è se non il frutto di una forte pressione esercitata, nel 2016, dal suo partito e da altre formazioni populiste e forcaiole... Insomma, osservando il “caso Le Pen”, viene sul serio da pensare che la dantesca “legge del contrappasso” conservi ancora del tutto inalterata la sua plurisecolare volontà di metterci tutti di fronte alle nostre contraddizioni. E la esercita, a quanto pare, non solo sulle rive dell'Arno, ma, evidentemente, anche su quelle della Senna... "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Se c'è una cosa che non si può rimproverare a Donald Trump, è proprio l'imprevedibilità. Quella, ad esempio, con cui, come un fulmine a ciel sereno, è sembrato cambiare decisamente orientamento sul come impostare le sue relazioni con Putin. Dopo una sterile serie di lusinghe politiche e di avances di tipo affaristico rivolte al leader del Cremlino, il presidente americano incomincia forse a stancarsi di essere preso in giro come fosse un povero babbeo da manipolare in lungo e in largo. Pertanto, viste le difficoltà fino ad oggi incontrate dalla trattativa - da lui fortemente voluta - per porre almeno una pausa al conflitto in Ucraina , il Tycoon decide ora di cambiare registro e di parlare chiaro, dicendosi , apertamente, “molto arrabbiato” con un Putin che adesso se ne viene anche fuori avanzando l'ipotesi – non concordata insieme - di un governo di transizione a Kiev, da costituirsi sotto l'egida dell'ONU. Sappia, quindi, il non più tanto amico, Valdimir Putin, che se “per colpa della Russia” non si dovesse raggiungere un accordo per “fermare lo spargimento di sangue in Ucraina”, allora gli Stati Uniti applicheranno ulteriori sanzioni al suo Paese. Per la verità, non sono pochi i commentatori che si chiedevano da tempo cosa sarebbe mai successo nel momento in cui Trump avesse perso la pazienza nei confronti dei “tira e molla” abilmente portati avanti dall'ex colonnello del KGB. Prima o poi, doveva per forza capitare, considerato che, almeno fino ad oggi, i Russi non avevano concesso a Washington sostanzialmente nulla: nemmeno uno striminzito “cessate il fuoco”di 30 giorni. Di conseguenza e giunti a questo punto, può Trump continuare a far finta di ignorare che la Russia tutto vuole tranne che una tregua? D'altra parte, è stato lo stesso Putin – al quale non si può certo negare il pregio della schiettezza con la quale espone sempre i suoi programmi – a chiarire, più volte, che quello che chiede ai suoi interlocutori americani non è un contentino tanto per tornarsene a casa dopo aver perso la faccia davanti al resto del mondo, ma è invece, “la risoluzione del problema alla radice”: e cioè, l'annessione dei territori ucraini attualmente occupati e la riduzione ad uno stato praticamente coloniale di ciò che resterebbe di una Ucraina, da lui, ideologicamente, mai riconosciuta come un'entità nazionale autonoma. E' difficile che due nazionalismi riescano ad andare d'accordo fra di loro: e la cosa sta emergendo anche in questa tragica partita che due pokeristi, abituati a “spennare” il pollo di turno, stanno oggi giocando sulla pelle di migliaia di cadaveri sia russi, che ucraini. Trump, sinora, si era illuso di poter contare su un “ottimo rapporto” con l'autocrate russo, senza però accorgersi del fatto che si è sempre trattato di un'intesa più teorica, che concreta. Certo, i due sono accomunati dallo stesso disprezzo per l'Europa e dal medesimo approccio nel concepire i rapporti internazionali come delle situazioni che si modellano soprattutto con l'uso della mano militare: tuttavia, queste affinità ideologiche non sono, comunque, sufficienti quando si passa dalle parole ai fatti. Ed i fatti di questi ultimi due mesi, hanno detto a Mosca che Trump non ha sospeso – se non per due giorni - gli aiuti all'Ucraina e non è nemmeno riuscito a “mandare a cuccia” quei cocciuti Paesi europei che Putin definiva come dei “cagnolini scodinzolanti” al guinzaglio di Washington... Insomma, se il Cremlino comprende che il sogno di una “nuova Yalta” è destinato a rimanere tale, Donald Trump, per il suo Nobel per la Pace, dovrà attendere tempi migliori. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il presidente Trump parla apertamente della necessità, da parte degli Stati Uniti, di prendere il controllo, in una maniera o nell'altra, della Groenlandia, giudicandola una necessità imprescindibile per “la sicurezza nazionale e internazionale”. Tuttavia, non si può certo dire che l'idea avanzata dal Tycoon abbia destato particolari entusiasmi tra i neanche 60mila abitanti della gigantesca isola artica, i quali, in un recentissimo sondaggio, si sono espressi - nella inequivocabile percentuale del 85% - contro ogni prospettiva di sottomissione ai desiderata della Casa Bianca. Anche se, a grande maggioranza, hanno, comunque, preso posizione a favore dell'indipendenza dalla Danimarca: Paese del quale fanno politicamente parte, sia pure a condizioni di grande autonomia amministrativa. Un'aspettativa, questa, che alla lunga potrebbe anche giocare a vantaggio delle mire di Trump, il quale - sebbene sia giunto persino a parlare di un'invasione militare – qualora invece se ne presentasse l'opportunità, preferirebbe senz'altro – o almeno lo vogliamo sperare - ottenere il controllo del territorio artico, attraverso una spontanea associazione della Groenlandia agli Stati Uniti. Magari in una forma che riproducesse, sostanzialmente, i medesimi meccanismi di partnership che uniscono oggi l'Isola nordica al regno di Danimarca. Perché una landa remota come la Groenlandia sia divenuta – per la verità non da oggi - una preda particolarmente attrattiva non solo per gli USA, ma anche per gli altri grandi della Terra, si spiega facilmente, osservando il fatto che, nel suo sottosuolo, sono presenti quantità impressionanti di tutti gli elementi che serviranno per dominare il Pianeta nel futuro: terre rare e minerali per l'industria, petrolio, gas, siti ideali per basi militari, unitamente alle nuove rotte commerciali che, in prospettiva, si apriranno, a causa dello scioglimento dei ghiacci in una regione che si sta scaldando quattro volte più velocemente rispetto al resto del mondo. Stiamo, pertanto, parlando della vera e propria “corsa all'oro” del nostro tempo, poiché in gioco non c'è soltanto l'economia, ma anche l'egemonia tecnologica e militare. Spiace che, purtroppo, in tale scenario, a brillare per la sua afonia (o quasi) sia proprio la voce di un'Europa che, al massimo, riesce a farsi sentire soltanto quando rientra nel coro della NATO. Ed a questo proposito, forse non tutti sanno che, nei mesi scorsi, la Brigata Alpina Taurinense – proprio nell'ambito di un'esercitazione dell'Alleanza Atlantica - ha testato le sua capacità operative in contesti di guerra tra i ghiacci, in una località norvegese che si trova a circa duecento chilometri dai confini russi e nella quale le temperature percepite sono comprese tra i meno 30 ed i meno 40 gradi. Per gli Alpini, si è trattato di un'esperienza mirata ad incrementare le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in un ambiente artico, nelle cosiddette condizioni di “cold weather operations”: ossia nelle operazioni a climi rigidi che comportano situazioni di estremo stress psicofisico. Di conseguenza, alla luce di certe informazioni che ci arrivano in merito alle nostre manovre militari, faremmo forse bene ad abituarci anche all'idea che, per il nostro Paese, la Groenlandia non sarà mai più un pianeta così lontano. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
L'avvento dell'amministrazione Trump si configura ormai, in modo sempre più chiaro, come una seria minaccia alle economie dell'Unione europea la quale, suo malgrado, viene adesso a trovarsi – proprio in quella che è, certamente, la fase più delicata dei suoi ultimi ottant'anni – nella sgradevolissima situazione di sentirsi del tutto impreparata, dinanzi ad un pericolo tanto grave, quanto inatteso. E non stiamo parlando solamente della questione dei dazi che, in realtà, non è altro che un aspetto particolare – sia pure rilevantissimo – della nuova strategia di una Casa Bianca, che non fa più alcun mistero di voler modificare profondamente i suoi rapporti con il Vecchio Continente, non riconoscendolo più come un partner strategico, ma piuttosto – come recentemente emerso anche dalla penosa vicenda del “Signalgate” – alla stregua di una congrega di Paesi “scrocconi”, tenuti insieme soltanto dalla volontà di “fregare gli Stati Uniti”… Dinanzi a certe affermazioni decisamente sconcertanti, cui seguono – quasi ogni giorno – sorprendenti “giri di valzer” della diplomazia americana, viene inevitabile domandarsi se l'unità occidentale possa ancora, in un modo o nell'altro, sopravvivere in presenza di divergenze di opinioni così profonde come, ad esempio, quella che si è venuta a creare in merito alle relazioni con la Russia di Putin. Ed a questo proposito, avvertiamo il rischio molto concreto che, in mancanza di una sua risposta forte ed immediata – sia sul terreno della politica militare, che su quello della salvaguardia dei suoi interessi economici – l'Unione europea sia destinata ad un futuro di sostanziale irrilevanza. E l'Italia, in uno scenario di questo tipo, può davvero permettersi di assistere senza reagire al dissolversi del suo sistema industriale che – non dimentichiamolo – è il secondo in Europa, nonché il più diversificato e il più dinamico? I vincoli e l'incapacità che, solitamente, Bruxelles manifesta quando si tratta di prendere provvedimenti rapidi ed efficaci, inducono purtroppo a dubitare del fatto che saprà rivelarsi, almeno in questi frangenti, effettivamente in grado di elaborare politiche industriali, energetiche o militari unitariamente adeguate alla svolta epocale stiamo vivendo. Naturalmente speriamo di venire smentiti dai fatti, ma se ciò non dovesse accadere, sarebbe pure ragionevole, per il nostro Paese, individuare spazi di manovra autonomi a livello di commercio globale. D'altra parte, parlare di interessi nazionali non significa affatto schierarsi su posizioni anti comunitarie. Anzi, tutti gli Stati europei hanno interessi nazionali e li tutelano (vedi soprattutto Francia e Germania) senza, tra l'altro – spesso e volentieri – guardare in faccia a nessuno… Comunque, rinviamo, per ora, a tempi migliori la nascita degli Stati Uniti d'Europa e limitiamoci a considerare che sarebbe già molto soddisfacente se Bruxelles riuscisse, fin da oggi, a convogliare le svariate istanze nazionali verso un più ampio interesse di dimensione davvero continentale, applicandosi, in particolare, su temi realmente strategici come la difesa militare, le politica energetica, quella industriale ed il ridimensionamento della sua miope burocrazia che – come è noto – è all'origine di tante storture. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
C'erano piani di guerra nelle chat segrete sull'attacco americano contro gli Houthi. Non svaniscono le polemiche sul contenuto delle chat segrete relative all'attacco americano contro gli Houthi nello Yemen, soprattutto dopo la pubblicazione di nuovi documenti da parte del magazine "The Atlantic". Il direttore del giornale Jeffrey Goldberg era stato inserito per errore nel gruppo Signal, una piattaforma di messaggistica non intercettabile, e poi introdotto in un gruppo ristretto, di cui faceva parte anche il vicepresidente J. D. Vance. In queste ore ha pubblicato i piani di guerra contro gli Houthi. Dagli stralci emerge come il capo del Pentagono Pete Hegseth non si era informato su chi facesse parte del gruppo, non si era neppure insospettito per la presenza di un utente sconosciuto come il giornalista Goldberg, comunque ha pubblicato la mattina del 15 marzo tutto il piano d'attacco, trentuno minuti prima che gli F-18 americani entrassero in azione e due ore e un minuto prima che il primo bersaglio Houthi venisse colpito. Le menzogne della Casa Bianca. Oggi Vance commenta: “È molto chiaro che Goldberg ha venduto più di quanto avesse". Ma negli ultimi giorni le figure apicali dell'amministrazione americana avevano affermato menzogne che sono smentite dai fatti, cioè da quello che loro stessi avevano scritto nella chat. Il capo del Pentagono Pete Hegseth aveva dichiarato che nella chat non c'erano piani di guerra. Il capo dell'intelligence Tulsi Gabbard aveva detto alla commissione Intelligence del Senato che non c'era materiale riservato condiviso sul gruppo Signal. Il direttore della Cia, John Ratcliffe, aveva rassicurato la commissione che le sue comunicazioni nel gruppo di messaggi Signal erano assolutamente permesse e legali e non c'erano informazioni riservate. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva difeso il suo staff, affermando che nella chat non c'erano informazioni riservate. Oggi sappiamo invece che i quattro hanno mentito e ci sono le prove. La sensazione è che, in assenza di una opposizione forte e organizzata, tutto passerà in cavalleria ed altre priorità emergeranno nell'agenda di Trump, in grado di distogliere l'attenzione su una sorta di Watergate moderno. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Irpef, il governo ammette l'errore. In arrivo nuova norma e aliquote. Alla fine, dopo un lungo tira e molla con la Cgil, il Governo ha ammesso che norma e aliquote Irpef era totalmente sbagliate e bisogna ora rimediare all'errore. Nella sostanza l'acconto Irpef era stato ricalcolato con le vecchie aliquote Irpef più alte. Quindi tutto da rifare. Si, ma come? L'esecutivo annuncia di voler intervenire anche in via normativa per consentire l'applicazione delle nuove aliquote del 2025. Si creerebbe un buco da 250 milioni anche se la cifra però non viene confermata dal ministero dell'Economia: il dicastero di Giorgetti sostiene che l'intervento normativo sarà realizzato in tempo utile per evitare ai contribuenti aggravi in termini di dichiarazione e di versamento delle tasse. Già così, il pasticcio tecnico-politico è fin troppo evidente anche perché un errore grossolano non è mai avvenuto nella storia della Repubblica italiana. Come nasce l'errore. Tutto nasce dal decreto legislativo 216 del 30 dicembre 2023: il provvedimento che ha ridotto da quattro a tre gli scaglioni dell'Irpef riducendo l'aliquota dal 25 al 23% per i redditi tra 15 mila e 28 mila euro. E alzando le detrazioni da lavoro dipendente da 1.880 a 1.995 euro per redditi da lavoro dipendente fino a 15 mila euro. Nel decreto si prevede anche – per gli anni 2024 e 2025 – di ricalcolare le dichiarazioni dei redditi con le vecchie aliquote e detrazioni per determinare se il contribuente è in debito col fisco e quindi deve un acconto. I tecnici di Camera e Senato avevano manifestato un dubbio e chiesto al governo che ne fosse quantificato l'effetto di cassa. Poi in molti se ne sono scordati. I numeri della Cgil. La denuncia della Cgil parlava di un impatto profondo, fino all'intero importo stanziato dal governo per tagliare le tasse e pari a 4,3 miliardi. Il ministero dell'Economia sin da subito aveva invece circoscritto le conseguenze ai soli lavoratori dipendenti titolari di altri redditi. Il sindacato però aveva contestato Giorgetti perché invece ritiene coinvolti pure autonomi e pensionati, anche senza altre entrate oltre a quelle di lavoro e pensione. Per la Cgil la cifra eventuale di 250 milioni non è oggettivamente credibile. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il monito di Mattarella: l'Europa creata da statisti coraggiosi. L'Europa? Messa insieme da statisti coraggiosi. Il Capo dello Stato Sergio Mattarella non nomina la premier Giorgia Meloni, neppure i membri della maggioranza che hanno citato, a sproposito, il manifesto di Ventotene scritto da Altiero Spinelli e Eugenio Rossi insieme a Ernesto Colorni, ma delinea chi per primo ha avuto l'idea di Europa. Secondo Mattarella, bisogna riflettere sul contesto in cui si muoveva l'idea europea in quegli anni. “Nel 1945 – sottolinea Mattarella – l'Italia usciva da una guerra devastante. Vi erano state brutali dittature e l'abisso dell'olocausto”. E proprio in questo periodo di tragedie, di disperazioni ci sono stati alcuni statisti lungimiranti che cercarono di capovolgere la situazione con una rivoluzione di pensiero: mettere insieme il futuro dell'Europa. L'Europa si deve aggiornare. Il Presidente della Repubblica Mattarella tiene a precisare che si tratta di un modello imitato nel mondo e dimostra quanto sia stata un'esperienza di successo, anche se ha lacune da colmare come processi decisionali più veloci. Quindi per Mattarella servono risposte veloci e tempestive, perché l'Europa ha bisogno di aggiornarsi. Il Capo dello Stato ricorda anche che quello della nascita dell'Ue è stato un grande fenomeno storico a cui si è aggiunto l'Euro, uno strumento senza il quale i Paesi europei sarebbero stati travolti dalla crisi finanziaria. La moneta comune li ha protetti, ma ora con i dazi di Trump avverrebbe la stessa cosa? Per Mattarella, i mercati aperti corrispondono alla pace e ai nostri interessi vitali di esportazione. I mercati contrapposti mettono in pericolo la fiducia tra i Paesi e la collaborazione internazionale, mentre mercati aperti con commerci comuni creano rapporti di fiducia, di conoscenza, una tessitura di collaborazione che garantisce la pace. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La sfida di Bernie Sanders a Donald Trump: in marcia con i giovani contro le oligarchie Nell'immobilismo totale del Partito democratico americano, non ancora ripreso dalla bruciante sconfitta del novembre 2024, cresce negli ultimi giorni un movimento di protesta dal basso contro le oligarchie. Il capo di questa rivolta rimane il vecchio Bernie Sanders, senatore democratico di ispirazione socialista, che incendia le praterie d'America insieme ad un nutrito gruppo di giovani e di rappresentanti al Congresso come Alexandria Ocasio- Cortez. Dai 34mila di Denver ai 24mila di Tucson, agli 11mila di Greeley in Colorado, ai 13mila di Tempe in Arizona, ogni tappa di questo tour anti oligarchico raccoglie sempre più consensi e rappresenta, al momento, l'unica forma di opposizione popolare, fuori dai partiti, che si oppone al pensiero unico di Trump. Il popolo di Sanders La forza di Bernie Sanders sta nelle nuove generazioni che si sentono attratte e rappresentate da questo anziano senatore del Vermont, l'anima più a sinistra del Partito democratico americano . Alcuni sono figli del movimento Black Lives Matter, altri partecipano alle rivolte universitarie proPal, altri ancora sono giovani precari e lavoratori sottopagati. Sono neri e bianchi. Dentro la loro protesta c'è un ragionamento semplice: l'1% più alto può avere enormi ricchezza e potere, ma è solo l'1%; quando il 99% è unito, si può trasformare il Paese. Sanders recupera i vecchi slogan di Occupy Wall Street e li riporta ad oggi: no all'avidità di Trump e dei suoi oligarchi, all'avidità di Wall Street, dei giganti del combustibile fossile, dell'industria sanitaria e bellica. E' politica dal basso che si muove tra un populismo di sinistra e una piattaforma che ha come priorità la difesa dei diritti dei lavoratori licenziati. Per il momento il Partito democratico americano, per quello che conta, sta a guardare dal balcone. Man mano che questo nuovo movimento, guidato da un vecchio che porta un cappello blu e comunica con un megafono, crescerà ancora di numeri dovrà ammettere che qualcosa negli Stati Uniti sta cambiando. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Consiglio europeo a 26 senza l'Ungheria: sostegno incrollabile a Kiev Alla fine, le conclusioni sull'Ucraina sono adottate dal Consiglio europeo con il sostegno di 26 paesi, senza il consenso dell'Ungheria di Orban. L'Italia si allinea nella sostanza a tutti gli altri stati membri dell'Unione e firma senza discutere il documento finale. L'unico punto che ha sottolineato Giorgia Meloni a Ursula von der Leyen è la partecipazione del capitale privato, attraverso il modello InvestEu, e l'avvio di strumenti europei comuni che non pesino direttamente sul debito degli Stati. L'Europa si attende ora un accordo di pace globale, che rispetti l'indipendenza, la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina, accompagnato da credibili garanzie di sicurezza per l'Ucraina, al fine di scoraggiare future aggressioni russe. L'Unione europea è pronta a contribuire alle garanzie di sicurezza, in particolare sostenendo la capacità dell'Ucraina di difendersi efficacemente, sulla base delle rispettive competenze e capacità, in linea con il diritto internazionale. Un sostegno a Kiev che gli europei definiscono incrollabile. Il braccio di ferro con l'Alto rappresentante Kaja Kallas Le conclusioni del documento del Consiglio europeo sono arrivate dopo un lungo braccio di ferro con l'Alto rappresentante Ue Kaja Kallas che ha ceduto su un punto scoperto che rischiava di far saltare l'intero accordo. Kallas ha infatti rimosso il principio della proporzionalità dei contributi al suo piano di aiuti militari a Kiev, ora rimodulato a 5 miliardi di euro e dedicato alla munizioni di artiglieria, rispetto all'economia dei Paesi partecipanti, benché su base volontaria. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Meloni, il manifesto di Ventotene e le amnesie della Storia La presidente del Consiglio Giorgia Meloni conosce la storia europea o fa finta di conoscerla? Le dimande sono legittime dopo ciò che è accaduto ieri davanti ai parlamentari, alla vigilia del Consiglio europeo di oggi. Meloni si è lanciata in una improvvida serie di citazioni del Manifesto di Ventotene, scritto durante il confino imposto dal fascismo, da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, chiudendo con una frase lapidaria e inaspettata per una istituzione del nostro paese: " Questa non è la mia idea di Europa". Le opposizioni sono insorte, la maggioranza ha fatto quadrato intorno alla premier, e la seduta è stata sospesa. Un testo sacro dell'Europa libera. In una sede istituzionale come la Camera dei deputati che doveva autorizzare la posizione del Governo al Consiglio europeo sul piano di riarmo proposto da Ursula von der Leyern, Giorgia Meloni è apparsa più una leader di un partito di estrema destra che una presidente del Consiglio. Non so se Meloni sa che il titolo originario del Manifesto di Ventotene era in realtà "Per un'Europa libera e unita". Per quella idea di Europa centinaia di migliaia di persone sono state arrestate, torturate, assassinate, e altre confinate dal Fascismo: gente come Sandro Pertini, Umberto Terracini, Camilla Ravera, Giuseppe Di Vittorio, gli stessi che anni dopo pensarono di scrivere la nostra Costituzione. Su quella Costituzione Meloni ha giurato, così come tutti i suoi ministri, davanti al Capo dello Stato. Scordare la prerogativa istituzionale della sua posizione, magari per recuperare la compattezza di una maggioranza divisa in tema di investimenti all'industria bellica, sarebbe un po' come venire meno al ruolo che Meloni ha ricevuto dal popolo italiano e dai suoi stessi elettori. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Trump e Putin trovano l'accordo sul futuro dell'Ucraina. L'accordo trovato da Trump e Putin dopo una telefonata di un'ora e mezza sul futuro dell'Ucraina pare il primo passo verso una tregua di un mese. I due leader hanno trovato la quadra su alcuni punti generali. Si trovano in sintonia sulla necessità di un cessate il fuoco, sul fatto che questo conflitto debba terminare con una pace duratura, soprattutto stabiliscono l'inizio di un dialogo tra Stati Uniti e Russia almeno nelle relazioni bilaterali. In primis, Putin blocca i raid contro le infrastrutture energetiche ucraine per 30 giorni e invia questo ordine con effetto immediato ai suoi vertici militari. Ucraina e Russia scambiano 175 prigionieri per lato in segno di distensione già a partire da oggi. Saranno programmati a breve negoziati tecnici in Medio Oriente sull'attuazione di un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero, e una pace permanente. La fragile tregua. Quello tra Trump e Putin è il primo di una lunga serie di altri incontri le cui accelerazioni si vedranno sul campo militare e della diplomazia. La pace giusta e però lontana, ma non impossibile. Stati Uniti e Russia concordano una fragile tregua, ma non risolvono le cause che hanno scatenato il conflitto. Certo, molti analisti pensano sia già molto rispetto a tre anni di guerra con morti tra militari e civili, distruzioni di importanti infrastrutture, allarmi sulle centrali nucleari. Così Trump e Putin delineano i paletti oltre i quali questa fragile tregua salterebbe in un sol giorno: Putin, in particolare, chiede di fermare la mobilitazione ucraina e l'invio di armi a Kiev, perché Mosca rileva gravi rischi legati all'incapacità di negoziare da parte di Kiev, che, secondo Putin, avrebbe ripetutamente sabotato e violato gli accordi raggiunti. Ma Zelensky è in pressing e sostiene che il rafforzamento dell'esercito è una "priorità". Intanto salgono a oltre 30 i Paesi pronti alla “coalizione dei volenterosi” di Starmer, e l'Italia potrebbe aderire solo dopo la tregua e con l'Onu, mentre l'Ue cerca l'unità sul piano Kallas per gli aiuti volontari. C'è ancora molto da fare per giungere alla fine della guerra. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Una memoria non condivisa: Ramelli e Fausto e Iaio. Il 13 ottobre 2022, nel suo discorso di insediamento a Palazzo Madama, Ignazio La Russa aveva ricordato quattro nomi uccisi negli anni Settanta (il commissario Luigi Calabresi, il giovane missino Sergio Ramelli, i ragazzi del Leoncavallo Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci detto Iaio), chiedendo una pacificazione. Per Ramelli c'è una giustizia penale. Per Tinelli e Iannucci non c'è alcun processo. E la memoria resta non non può essere condivisa. I fatti. Il 13 marzo 1975, Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù, venne ucciso a colpi di chiave inglese da uno spezzone del servizio d'ordine di "Avanguardia Operaia", sotto la sua abitazione milanese. Morì il 29 aprile dello stesso anno. Per il suo assassinio si tenne un processo con sentenza passata in giudicato: i responsabile dell'aggressione vennero identificati dieci anni dopo l'aggressione durante l'inchiesta dell'allora giudice istruttore Guido Salvini. Il 18 marzo 1978, sempre a Milano, nel quartiere Casoretto, due giorni dopo il rapimento di Aldo Moro e l'uccisione degli uomini della sua scorta, un commando di killer formato da tre persone con ogni probabilità giunti da Roma, aiutati da altri camerati di Milano, ammazzano con otto colpi di pistola Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due ragazzi che frequentavano il Centro sociale Leoncavallo. Un duplice omicidio senza colpevoli. Le indagini iniziarono male e proseguirono ancora peggio. Numerosi magistrati aprirono e chiusero il fascicolo, fino all'archiviazione del Gup Clementina Forleo del 2000: "Pur in presenza dei significativi elementi indiziari a carico della destra eversiva ed in particolari degli attuali indagati, appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio del limite appunto indiziario di questi elementi, e ciò soprattutto per la natura de relato delle pur rilevanti dichiarazioni". Dal gennaio 2024 si è aperta l'ultima inchiesta della Procura di Milano su richiesta dell'intero consiglio comunale di Milano e del sindaco Sala. Un paese civile darebbe ai familiari di Fausto e Iaio non solo una verità storica, ma anche un processo, una giustizia, anche molti anni dopo, per uno dei tanti, troppi omicidi politici e stragi rimasti irrisolti, con assassini ancora impuniti. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La piazza che divide. Pietro Nenni, uno dei padri del socialismo italiano, dopo le elezioni del 18 aprile 1948 vinte a man bassa dalla Democrazia Cristiana contro il Fronte popolare, aveva declamato una frase che dipingeva in modo preciso la difficile ricerca dell'unità della sinistra italiana: piazze piene, urne vuote. Nel corso di 77 anni della storia italiana, queste parole sono state spesso evocate per smorzare i facili entusiasmi, dinanzi ai più vistosi momenti di mobilitazione popolare. È vero che in alcuni passaggi storici, le piazze piene della sinistra hanno trovato un riscontro nelle urne, ma per diversi decenni non è più accaduto, così come dal 22 settembre 2022, da quando cioè la destra è andata al potere. La sinistra in cerca di una identità. Sabato pomeriggio due piazze si sono riempite a Roma, piazza del Popolo e piazza Barberini, ma le urne restano sempre più aride e l'orizzonte dei partiti che potenzialmente fanno riferimento a quelle piazze appare ancora fosco. I leader che compongono la frammentata e rissosa coalizione di centrosinistra, e di sinistra, si sono affacciati alla piazza in cerca di visibilità, per tentare di colmare il vuoto tra il loro elettorato e la crisi di rappresentanza politica. Si sono viste le bandiere di una Europa che approva un investimento di 800 miliardi nel settore degli armamenti e quelle della pace. Ognuno ha portato in quelle piazze le sue idee di Europa, ma anche le contraddizioni nette, radicali, tra un mondo proiettato verso la guerra permanente, uno che continua a credere ad una pace vera e uno che sta a guardare dalla finestra. Per dirla come il prof. Francesco Barbera nel suo libro 'Piazze vuote, Ritrovare gli spazi della politica', “il distacco tra partiti e fermento sociale è anche dovuto a un meccanismo di auto-esclusione dovuto al intrinseca gratificazione che queste esperienze trasmettono a chi le anima… È, in altri termini, il buon funzionamento della micro-politica che può contribuire a disincentivare la presa in carico in prima persona dell'azione nella politica istituzionale”. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it