"Il Corsivo" di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca.
"Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
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Gli Stati Uniti annunciano sanzioni contro Francesca Albanese dell'Onu: accusa gli israeliani di genocidio a Gaza. Francesca Albanese è la relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori Palestinesi. Denuncia tutti i giorni, da molti mesi, quello che il mondo dovrebbe vedere attraverso le testimonianze dei pochi media non schierati e dai volontari che operano a Gaza: lo sterminio di un popolo colpito dai bombardamenti di Israele, dalla fame, la risposta sproporzionata in termini di vite umane dell'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Ora il segretario di Stato americano Rubio annuncia sanzioni contro Albanese. Il motivo? "La sua campagna di guerra politica ed economica contro gli Stati Uniti e Israele non sarà più tollerata. L'iniziativa è dovuta agli sforzi di Albanese per fare pressione sulla Corte Penale Internazionale affinché agisca contro funzionari, aziende e leader statunitensi e israeliani", spiega Rubio. Le accuse di Francesca Albanese. Albanese ha denunciato il "genocidio" a Gaza e chiesto di fermare il flusso di armi a Israele. Pochi giorni fa ha presentato un rapporto Onu a Ginevra “Dall'economia dell'occupazione all'economia del genocidio”, che accusa numerose imprese di contribuire al "progetto" di Israele di "sfollamento e sostituzione dei palestinesi nei territori occupati" e chiede agli Stati membri di imporre un embargo totale sulle armi a Israele e di sospendere tutti gli accordi commerciali e le relazioni di investimento. La reazione di Francesca Albanese. In un post su X, la relatrice speciale Onu non ha affrontato direttamente le sanzioni, ma ha scritto qualcosa che riguarda il ruolo della Corte Penale Internazionale a cui non aderiscono Stati Uniti e Israele : "Oggi più che mai: mi schiero con fermezza e convinzione dalla parte della giustizia, come ho sempre fatto. Provenire dal Paese fondatore della Corte, dove avvocati e giudici hanno difeso la giustizia a caro prezzo e spesso a rischio della propria vita. Intendo onorare questa tradizione". Le si può dare solo ragione. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il caso Almasri e la decisione del Tribunale dei ministri. Sul caso dell'arresto a Torino e della successiva liberazione e riconsegna alla Libia del criminale libico generale Osama Almasri, accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l'umanità, arriva a giorni la decisione del Tribunale dei ministri. Le indagini della magistratura vedono coinvolti la premier Giorgia Meloni, il sottosegretario Alfredo Mantovano e i ministri Carlo Nordio (Giustizia) e Matteo Piantedosi (Interno) per favoreggiamento, peculato e, per il solo Guardasigilli, omissione di atti d'ufficio. Cosa dicono le carte del Tribunale dei ministri. Intorno alle ore 14 di domenica 19 gennaio, il Capo di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi, era a conoscenza dell'arresto di Almasri, fermato dalla Digos di Torino all'alba dello stesso giorno. La conferma giunge dall'allora capo del Dipartimento degli Affari di Giustizia (DAG), Luigi Birritteri, che in una mail segnala la mancanza dell'autorizzazione al fermo del ricercato e il modo per convalidarlo ai fini del mandato della Cpi. La convalida non arriverà mai. Poco dopo, Bartolozzi risponde a Birritteri di essere già informata, raccomandando “massimo riserbo e cautela”, e l'utilizzo di Signal, una chat criptata, evitando mail e protocolli ufficiali per “non lasciare alcuna traccia”. La fragile posizione di Nordio. I nuovi documenti rendono la posizione del ministro Guardasigilli decisamente più fragile. Il 5 febbraio davanti al Parlamento Nordio aveva detto di aver ricevuto solo una “comunicazione assolutamente informale di poche righe” il 19 gennaio e il “complesso carteggio” solo il giorno successivo, lunedì 20: alle 12:40 dal procuratore generale della Corte d'Appello di Roma e alle 13:57 dall'ambasciata italiana all'Aja. In realtà, il magistrato di collegamento presso l'ambasciata italiana in Olanda aveva inviato l'atto d'accusa della Cpi con tutti gli allegati già la domenica pomeriggio, tramite la piattaforma Prisma. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il ministro dell'Interno Piantedosi respinto dalla Libia e accusato di ingresso illegale. Indesiderabili. Con questa motivazione la Libia respinge il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, con gli omologhi di Malta, Byron Camilleri, e della Grecia Thanos Plevris e il commissario europeo Mark Brunner, che ieri avevano in programma un incontro con i ministri del generale Haftar in tema di flussi di migranti. Alla fine sono stati bloccati in aeroporto e invitati a lasciare immediatamente il Paese. L'annuncio giunge in modo formale dal governo di Osama Hamad, premier della Cirenaica non riconosciuto dalla comunità internazionale ma con cui da tempo Italia e Ue hanno avviato relazioni. Le accuse contro i ministri e i commissari europei. I tre ministri e il commissario Ue avevano in programma un incontro con Trebelsi, responsabile degli Interni di Tripoli, poi con il suo omologo in Cirenaica. Avevano chiesto maggiori sforzi nel bloccare le partenze. Il vertice con il governo Ddbeibeh non ha avuto problemi, mentre quello con il governo Hamad non è andato storto. Alla fine, ministri e commissario sono stati accusati di violazione di norme diplomatiche e convenzioni internazionali e “azioni che rappresentano una mancanza di rispetto per la sovranità nazionale libica”, oltre che di “omissione delle procedure che regolano ingresso, circolazione e residenza dei diplomatici stranieri”. La ricostruzione opaca. Per il Viminale si tratta di una incomprensione protocollare e il problema non ha mai riguardato la componente italiana della delegazione e i rapporti bilaterali con l'Italia. Ma le varie versioni non sono chiare. Il commissario Ue non avrebbe gradito la presenza in aeroporto di una delegazione ufficiale del governo libico, che formalmente la comunità non riconosce. Brunner si sarebbe rifiutato di accettare il benvenuto pubblico e ufficiale. Un'altra versione ancora suggerisce invece che il maggiore risentimento sia nei confronti dell'Italia considerata troppo timida nel perorare pubblicamente la causa della Cirenaica e del suo padrone, Haftar. Insomma, la ricostruzione di ciò che è accaduto in territorio libico risulta opaca. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Dazi: a poche ore dalla scadenza solo tre intese preliminari. Vi ricordate l'annuncio di Trump che prometteva 90 accordi in 90 giorni sui dazi? Era il 5 aprile scorso. Trump si trovava in un comizio in Michigan, e aveva appena stabilito una tregua di tre mesi sui dazi reciproci presentati solo tre giorni prima dal Giardino delle rose della Casa Bianca. Nulla di tutto questo si è al momento avverato. Mancano poche ore alla scadenza del conto alla rovescia di domani, e al netto di qualche probabile accordo dell'ultimo minuto, il bilancio dei successi ottenuti è a dir poco modesto: Trump ha portato a casa solo tre intese preliminari, con Regno Unito, Cina e Vietnam. Nessun accordo ha la forma di un trattato internazionale, necessaria per concretizzare davvero uno scambio sul commercio. E le trattative con gli altri Paesi e con la Ue non hanno prodotto alcun risultato concreto. Le intese con Gran Bretagna, Cina e Vietnam. Il primo annuncio riguarda il Regno Unito. Si tratta di un'intesa per ridurre alcune barriere tariffarie su beni industriali e agricoli statunitensi. Downing Street ha chiarito che non ci sono tagli tariffari già operativi. A fine giugno il tentativo di de-escalation con la Cina ha preso la forma di uno scheletro di intesa che prevede da parte cinese un ampliamento delle licenze per l'export di terre rare e un rafforzamento dei controlli su chip e tecnologie dual use, in cambio di una riduzione parziale delle restrizioni americane sull'export high-tech e un allentamento dei visti per studenti. In base all'intesa con il Vietnam, gli Stati Uniti applicheranno un dazio del 20% su tutte le importazioni con un supplemento del 40% sulle merci che risultano “trasbordate” dalla Cina per eludere i relativi dazi. In cambio, Hanoi si impegna a garantire l'accesso senza dazi ai prodotti americani. Trump invia le lettere sui dazi: 25% a Corea del Sud e Giappone. Intanto sono arrivate a mercati europei chiusi, le prime lettere di Donald Trump che fissano i nuovi dazi decisi dalla Casa Bianca. Giappone e Corea riceveranno tariffe sulle loro merci esportate negli Usa al 25%. Se non verrà trovato un accordo prima, l'1 agosto le dogane Usa inizieranno a riscuotere l'importo stabilito dalla missiva. Bessent ha assicurato che nei prossimi giorni verranno annunciate diverse intese, e di aver ricevuto molte proposte solo nelle ultime ore. Staremo a vedere. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La terza via di Musk: un partito conservatore tra repubblicani e democratici. Un partito conservatore che si interpone tra repubblicani e democratici. Questa è la terza via politica di Elon Musk, grande finanziatore di Donald Trump, cacciato dalla guida del Doge dopo le forti critiche sulla controversa legge finanziaria approvata dal presidente americano. America Party di Musk rompe la tradizione secolare dello scontro tra repubblicani e democratici e si rivolge ad un elettorato essenzialmente moderato che va a votare turandosi il naso oppure non si sente rappresentato dal radicalismo di Trump e dal movimento Maga. Le difficoltà del progetto di Musk. Sul piano del marketing politico, America Party, almeno teoricamente, potrebbe portare via voti ai repubblicani, favorendo i democratici in quei due-tre seggi del Senato e otto-dieci della Camera dove si dovrebbe concentrare l'impegno di Musk. America Party può certamente contare su un flusso finanziario notevole, ma gli ostacoli maggiori restano le barriere istituzionali e le regole per l'accesso alle schede elettorali. Il partito dovrà inoltre definire il proprio ambito d'azione, smarcarsi dall'agenda dell'amministrazione di Trump, gestire le divisioni tra il potenziale elettorato, costruire nuove alleanze politiche. Si tratta di un percorso non facile. Il piano di Musk è quello di investire fiumi di denaro per sostenere alcuni candidati, come la battaglia per la rielezione del deputato Thomas Massie (R-Ky.) nel mirino di Trump, e costruire un pacchetto di parlamentari. Secondo Musk, sarebbe sufficiente per avere il voto decisivo sulle leggi controverse. Infine c'è la minaccia di Trump di rispedire Musk in Sudafrica e tagliare i contratti governativi alle sue aziende. La vulnerabilità delle imprese di Musk ai contratti governativi risulta alta. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Ci è capitato ieri di leggere alcuni dati pubblicati dall'Energy Institute di Londra, secondo i quali, per la prima volta dal 2006, la domanda di energia nel mondo è cresciuta in tutte le sue componenti: dal carbone al nucleare, dal petrolio alle rinnovabili. La cosa, ovviamente, comporta, anche un netto aumento delle emissioni di CO2 dovute al maggiore utilizzo degli idrocarburi e del carbone che, non a caso, nel 2024, raggiungono il loro record storico. La Cina, come è noto, rimane il più grande emettitore di CO2 al mondo - con almeno un terzo di tutte le emissioni planetarie - realizzando più del 60% della sua produzione elettrica attraverso il carbone: ed a questo proposito, va ricordato che, proprio mentre scriviamo queste nostre righe, sono sulla rampa di lancio cinese almeno 100 nuove centrali elettriche a carbone. Per contro, sempre la Cina guadagna anche il primato nel campo degli impianti fotovoltaici ed eolici, ospitandone non meno del 50% di quelli presenti in tutto il pianeta. Quindi il Paese asiatico è allo stesso tempo il più grande protagonista al mondo nelle energie rinnovabili, ma anche il più grande inquinatore di CO2. Inoltre, sempre lo scorso anno, si è pure toccato un nuovo picco di produzione petrolifera negli Stati Uniti, con oltre 20 milioni di barili al giorno che - pensate un po' - da soli rappresentano una quantità che è pari alla somma di quelli che, solitamente, riescono a sfornare Russia e Arabia Saudita messe insieme. E pure per quanto concerne il gas naturale, le produzioni globali sono rimaste assai elevate, con gli USA che, anche in questo campo, guidano la classifica internazionale con oltre 1000 miliardi di metri cubi prodotti. Tutto questo significa, essenzialmente, che la crescita dell'economia mondiale non può fare a meno di continui aumenti di produzione energetica, ai quali però non è possibile far fronte ricorrendo esclusivamente alle fonti rinnovabili: intanto perchè queste ultime non sono sufficienti rispetto all'aumento della domanda e poi perché la loro caratteristica specifica è proprio quella di essere discontinue, non programmabili e, quindi, inadeguate per rispondere a esigenze di tipo costante quali sono, ad esempio, quelle peculiari a settori come sanità o trasporti. In questo contesto, diventa, dunque, abbastanza chiaro come l'ostinarsi a sognare il raggiungimento, in tempi brevi, di un mondo totalmente decarbonizzato, significhi, più che altro, non voler fare, assolutamente, i conti con la realtà. Così come appare del tutto velleitaria la pretesa europea di toccare lo stesso traguardo, entro il 2050: a meno che, non si voglia optare per una decrescita economica che, comunque – stiamone certi - nelle sue conseguenze sociali, non sarebbe affatto “felice”. Pertanto, se il Vecchio Continente si accontenta di poter vantare qualche sterile primato morale, faccia pure... tanto, il problema delle emissioni inquinanti, nella sua dimensione globale, resterebbe sostanzialmente inalterato, visto che quelle europee non raggiungono neanche il 7% delle complessive e visto anche che, ben difficilmente, Paesi come USA, Cina, India, Russia o Indonesia, saranno mai disposti a seguire il nostro nobile, ma irresponsabile esempio. Ed a conferma di quanto stiamo dicendo, basti considerare che, se da un momento all'altro, tutte le industrie europee sparissero nel nulla, dal punto di vista delle emissioni globali di CO2 le conseguenze sarebbero praticamente irrilevanti. Rifletta bene, quindi, Bruxelles prima di mettere in gioco tutto ciò che, fino ad oggi, ha definito e caratterizzato il nostro essere europei. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Tace la diplomazia, ma parlano i morti. Mentre le tragicomiche 24 ore preannunciate da Donald Trump in campagna elettorale sono ormai trascorse da qualche minutino e mentre anche il velleitario Emanuel Macron prova ad attaccare un bottone telefonico di circa due ore a Vladimir Putin, la guerra in Ucraina non accenna minimamente a fermarsi. Anzi, in trincea si continua a morire da una parte e dall'altra, i droni ed i missili russi arrivano sulle città ucraine con l'intensità di un temporale e – stando almeno a quanto rivelato dal Wall Street Journal – il Cremlino avrebbe anche ammassato 50mila soldati alle porte della città di Sumy, divenuta uno dei suoi obbiettivi principali in questa fase del conflitto. Con buona pace, quindi, di tutte le illusioni coltivate dal presidente americano sia in merito alle sue tanto millantate capacità negoziali, che su una presunta disponibilità di Putin a trattare qualcosa di diverso dalla completa capitolazione di Kiev, in realtà le effettive intenzioni dello zar, negli ultimi due anni, sono rimaste sempre le stesse: e cioè, quelle di guadagnare tempo, in attesa che Zelensky – preso per sfinimento – si rassegni a riconoscere la piena sconfitta del suo Paese. Nel frattempo, Trump insiste a cullarsi nell'idea che tanto, prima o poi, saranno i prezzi del petrolio in calo a costringere il Cremlino alla tregua...Ma pensiamo davvero che l'uomo che The Donald non nasconde di ammirare tantissimo (e forse di invidiare anche un po') non avesse messo in conto i danni provocati alla Russia dal calo delle entrate derivanti dall' export di idrocarburi? Certo che lo aveva fatto e, non a caso, ha trasformato quella del suo Paese in un'economia di guerra, in cui buona parte di quanto si produce è finalizzato proprio al proseguimento del conflitto: al punto che non è azzardato affermare che, probabilmente, oggi Putin avrebbe più problemi nel fermare la guerra, che nel portarla avanti. In sei mesi di governo, Trump ha subito rivelato preoccupanti limiti nella gestione dei rapporti internazionali. Limiti che risiedono nella sua propensione a sopravvalutare l'incidenza dei fattori economici (per non dire affaristici), pure in presenza di questioni che magari affondano storicamente le loro radici in ostilità etniche o incompatibilità ideologiche di lunghissima data. Qualcuno alla Casa Bianca trovi, quindi, il coraggio di spiegare al presidente che un'aspirazione come quella di passare alla storia come il restauratore dell'impero russo non è assolutamente monetizzabile e come, di conseguenza, in un'ottica di questo tipo, assumano scarsissima rilevanza anche le centinaia di migliaia di soldati usati, imperturbabilmente, come carne da cannone. Pertanto, apra gli occhi signor Trump ed osservi attentamente come lo zar che lei crede esserle amico stia, in verità, lavorando in una direzione esattamente opposta a quella di una tregua, proponendo, attraverso i suoi diplomatici, condizioni inaccettabili per Zelensky e prendendosi, quindi, beatamente gioco anche della sua ormai eccessiva benevolenza. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La Cassazione conferma l'ergastolo per Paolo Bellini nel processo contro i mandanti della strage di Bologna. L'ultima sentenza della Cassazione che condanna all'ergastolo Paolo Bellini mette la parola fine al processo sui mandanti della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 (85 morti e 200 feriti). Un attentato di chiara marca fascista, così dicono tutte le sentenze emesse da vari tribunali nel corso di molti anni di indagini, in seguito a clamorosi depistaggi messi in campo da funzionari infedeli dello Stato. La Cassazione ha confermato il fine pena mai per Paolo Bellini e resa certa la ricostruzione, insieme al verdetto anch'esso passato in giudicato su Gilberto Cavallini, sul filo nero che ha collegato l'eversione di destra, la P2 e l'orrore della sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna. I giudici della VI sezione della Suprema corte hanno confermato la condanna a 6 anni per l'ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel per depistaggio e a quattro anni per Domenico Catracchia, amministratore di alcuni condomini di via Gradoli a Roma, per false informazioni al pubblico ministero. Confermate le accuse. Paolo Bellini è un killer a pagamento al soldo della criminalità organizzata e terrorista di destra. Il 2 agosto 1980 organizzò il trasporto dell'ordigno in una valigia contenente 25 chilogrammi di esplosivo tipo Compound B, poi collocata nella sala d'aspetto della stazione. L'elemento principale a carico di Bellini era un fotogramma di un filmino amatoriale, girato da un turista tedesco a Bologna la mattina del 2 agosto 1980, nel quale si vede un volto riconosciuto dall'ex moglie come quello dell'imputato. Quello contro Bellini è un verdetto che arriva poco più di un mese dal 45° anniversario della strage e che contribuisce alla ricostruzione in termini più ampi di quella che fu una stagione anche di terrore e depistaggi. Bellini, in questa ricostruzione, si “unisce” definitivamente ai Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (condannati in via definitiva) e Gilberto Cavallini (condannato all'ergastolo), terroristi finanziati da Licio Gelli e coperti dai servizi segreti. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
A luglio, un ingorgo di sette decreti frena l'iter delle riforme del Governo. Almeno sette decreti legge approdano nell'aula della Camera nel mese di luglio e creano un ingorgo parlamentare in grado di bloccare alcuni provvedimenti definiti in passato urgenti e decisivi dal Governo, come premierato e separazione delle carriere dei magistrati. Sono differimento termini per il danno erariale, infrastrutture strategiche, Campi Flegrei e zone alluvionate, il decreto del Miur, quello del ministero dello Sport, quello fiscale e quello relativo all'ex Ilva. Prima della pausa estiva arriveranno a Montecitorio anche i disegni di legge del governo a cui comunque l'esecutivo tiene, come quello sul sostegno alle zone di montagna o quello sull'Intelligenza artificiale. Le nuove priorità del Governo. Solo un mese fa, alla riunione dei capogruppo, il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani aveva chiesto di inserire il premierato a luglio. Per la separazione delle carriere, ora all'attenzione dell'assemblea del Senato, i più ottimisti avevano pensato ad un iter più celere a Palazzo Madama, così da portare il testo in Commissione Affari costituzionali della Camera ai primi di luglio e in Aula prima delle ferie estive. Ma lo scenario internazionale e le priorità sono cambiati, come hanno stabilito i presidenti dei gruppi parlamentari di Montecitorio. L'iter delle due riforme. Il premierato è stato approvato dal solo Senato ed è in prima lettura in commissione a Montecitorio, dovendo affrontare ancora la fase degli emendamenti. La separazione delle carriere delle toghe ha già ricevuto il sì della Camera e della commissione Affari costituzionali del Senato, che ha confermato il testo Camera; ed anche in Aula la maggioranza è intenzionata a fare altrettanto. Dopo l'approvazione definitiva della riforma, la maggioranza dovrà affrontare il referendum confermativo. Si tratta di un passaggio politico decisivo per le sorti del governo Meloni. Così in queste settimane si è avviato il confronto, per ora informale, tra le forze politiche sulla legge elettorale che, nelle intenzioni della maggioranza, dovrà essere modificata indipendentemente dal premierato. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Superati i 100 mila morti a Gaza. Non è solo questione di mera statistica, perché dietro all'impressionante cifra di 100 mila a Gaza c'è la storia di un vero e proprio genocidio, una strage di vite di uomini, donne, vecchi, bambini, alcuni ancora in fascie, comunque tutti civili uccisi dalla politica militare di Netanyahu e dal suo governo di ultra destra. La risposta israeliana alla terribile strage di Hamas è dieci volte superiore a ciò che avvenne il 7 ottobre 2023, in un rapporto di uno a dieci. Persino la distribuzione di aiuti umanitari “sta uccidendo persone”. Parola del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, secondo cui le operazioni gestite dai mercenari statunitensi della Gaza Humanitarian Foundation sono “intrinsecamente insicure”. In circa un mese, dalla ripresa dell'ingresso di beni di prima necessità nella Striscia, l'esercito israeliano e gli stessi contractor americani hanno colpito decine e decine di civili colpevoli di cercare cibo per loro e per la propria famiglia. Qatar e Stati Uniti spingono per la tregua, Israele va avanti. L'amministrazione americana ed il Qatar starebbero spingendo per raggiungere la tregua, convinti che si debba sfruttare lo slancio del cessate il fuoco di questa settimana con l'Iran per lavorare ad uno stop delle ostilità anche nella Striscia. Ma i tentativi di rinvigorire gli sforzi diplomatici, si scontrano con i numeri delle vittime negli attacchi di Tel Aviv. A raffreddare gli entusiasmi sono scesi in campo alti funzionari israeliani coinvolti nei colloqui per un accordo sugli ostaggi, che affermano di non comprendere i motivi dell'ottimismo del presidente Donald Trump, secondo cui un cessate il fuoco a Gaza potrebbe essere raggiunto già la prossima settimana. Dunque Israele va avanti e, al momento, la tregua a Gaza sembra un sogno lontano. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Ustica, 45 anni dopo, tra verità storica e mancata giustizia. Il 27 giugno 1980, il Dc9 I-TIGI della compagnia Itavia parte dall'aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna con 113 minuti di ritardo con destinazione Palermo. Il cielo è limpido, calma di vento, orario previsto di atterraggio 21,15. Poco prima delle 21, il velivolo sparisce dai radar dei centri di controllo mentre sorvola la tratta tra Ponza e Ustica, nel luogo aeronautico chiamato Punto Condor. 81 persone, settantasette passeggeri e quattro membri dell'equipaggio sprofondano insieme al DC 9 negli abissi del Mar Tirreno. La verità storica. 45 anni dopo c'è una verità storica, già impressa nella sbobinatura delle conversazioni tra il pilota del Dc9 Domenico Gatti e i vari operatori dei centri di controllo. Nessun cedimento strutturale, nessuna bomba a bordo. Il DC 9 viene abbattuto da un aereo militare di nazionalità sconosciuta nell'ambito di un'azione di guerra a bassa intensità, oppure colpito da altro aereo, in quella che in gergo tecnico viene definita "near collision". La verità giudiziaria. Intorno alla sparizione del DC9 si forma un puzzle frammentato da depistaggi, occultamenti di prove e silenzi istituzionali. Il giudice Rosario Priore, nella sua ordinanza di cinquemila pagine, sostiene che l'aereo viene abbattuto in uno scenario di guerra. I processi assolvono perché il fatto non sussiste i vertici dell'Aeronautica, ma la giustizia civile riconosce le responsabilità dello Stato italiano, e condanna il Ministero dei Trasporti e della Difesa a risarcire i familiari delle vittime per depistaggi e distruzione di prove. La recente archiviazione chiesta della Procura di Roma comunque esclude che ad abbattere il Dc-9 sia stata una bomba nascosta a bordo e anche la pista dell'attentato terroristico. Le dichiarazioni dell'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, dell'ex presidente della Consulta Giuliano Amato e dell'ex generale Nicolò Bozzo, tra gli altri, suggeriscono un coinvolgimento francese e americano nella strage. Tuttavia, nonostante le recenti dichiarazioni di Amato, il Governo italiano non ha ancora presentato nuove rogatorie alla Francia per far luce sulla vicenda. Come affermava Andrea Purgatori, prima di lasciarci, "manca l'ultimo miglio" per ottenere piena giustizia, un passo che spetta alla politica compiere con coraggio. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Zohran Mamdani vince le primarie dem di New York. E' il volto nuovo del movimento anti Trump. Il volto nuovo del movimento anti Trump si chiama Zohran Mamdani che stravince le primarie democratiche per la carica di sindaco di New York contro l'ex Governatore Andrew Cuomo. Mamdami, 33 anni, ha origini ugandesi, possiede un eloquio e uno stile popolare, piace molto ai ragazzi newyorkesi. In poche settimane di campagna elettorale, ha capitalizzato la frustrazione della generazione più giovane e la potenza dei social media, diventando il simbolo di una nuova politica della sinistra americana. La sua candidatura, almeno sulla carta, era fuori dai giochi, dai calcoli dei vertici del partito sconfitti alle elezioni politiche nazionali, che avevano preferito un parruccone della vecchia nomenclatura come Cuomo a un giovane come Zohran sostenuto da Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez e dal movimento contro le oligarchie. Chi è Zohran Mamdami? Nasce in Uganda nel 1991. Figlio del politologo ugandese Mahmood Mamdani e della regista cinematografica Mira Nair, la sua infanzia è segnata da viaggi, prospettive globali e un'impronta culturale multicentrica. A sette anni si trasferisce con la famiglia a New York, città che da allora diventa il suo punto di riferimento. Dopo la laurea in African Studies al Bowdoin College, lavora come consulente per la prevenzione dei pignoramenti immobiliari, aiutando proprietari di case a basso reddito – in particolare afroamericani e latini – a non perdere le loro abitazioni. Qui nasce la sua vocazione politica. Mamdani entra in politica nel 2020, vincendo un seggio nell'Assemblea statale di New York come rappresentante del 36° distretto. Si unisce all'ala sinistra del partito, trovando sostegno nei movimenti per la giustizia sociale esplosi dopo la pandemia e l'omicidio di George Floyd. Tra le proposte principali figurano il congelamento degli affitti per gli inquilini di case stabilizzate; trasporto pubblico gratuito, in particolare sugli autobus; asili nido pubblici e gratuiti per tutti i bambini sotto i sei anni; supermercati municipali che vendano a prezzi all'ingrosso; e un aumento progressivo del salario minimo, con l'obiettivo di arrivare a 30 dollari l'ora entro il 2030. Se sarà eletto, diventerà il primo sindaco musulmano nella storia di New York City, un fatto simbolico in una metropoli che ospita una delle comunità islamiche più grandi d'America. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La tregua fragile tra Iran e Israele. Era illusorio, se non superficiale, pensare che il solo annuncio di Trump di un cessate il fuoco potesse mettere da parte anni di guerre, bombardamenti, sabotaggi, operazioni speciali, avvenuti tra Iran e Israele. Infatti, a poche ore dalle dichiarazioni del presidente americano, i due Paesi continuano ad accusarsi a vicenda di aver violato la tregua entrata in vigore ieri mattina. Iran e Israele sostengono di aver vinto la guerra, come confermano le migliaia di persone partecipanti alla manifestazione "per la vittoria" nella piazza Enghelab di Teheran, come dimostrano le parole del presidente israeliano Isaac Herzog secondo cui l'Iran è un nemico malvagio, ma la sua minaccia è stata eliminata. La guerra è finita davvero? La guerra non è finita perché con la tregua imposta con la forza dagli Stati Uniti non si sono rimosse le cause che hanno scatenato anni di contrapposizione militare tra Iran e Israele: risale almeno ai tempi della Rivoluzione del 1979, quando l'Iran assume una posizione sempre più critica nei confronti di Israele. Nel 1982, si scatena un conflitto per procura quando l'Iran sostiene con armi e finanziamenti i militanti sciiti e palestinesi libanesi durante la guerra del Libano. L'Iran guadagna potere e influenza con altri paesi e gruppi. Il conflitto si evolve con i tentativi israeliani di fermare il programma nucleare iraniano, con l'uccisione di numerosi scienziati e i bombardamenti contro postazioni iraniane in Siria durante la guerra civile. Con l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, Israele prende di mira le truppe iraniane e filo iraniane in Siria. Vengono uccisi il comandante iraniano Razi Mousavi, Sadegh Omidzadeh, insieme ad altri quattro funzionari. Il 1 aprile 2024, Israele bombarda il consolato iraniano a Damasco, l'Iran sequestra la nave MSC Aries, collegata a Israele, e lancia un attacco missilistico allo Stato di Israele il 13 aprile 2024. Le tensioni aumentano in seguito dell'assassinio di Ismail Haniyeh, leader politico di Hamas, avvenuto il 31 luglio 2024 per mano di Israele. Si prosegue fino a questi giorni, quando il 13 giugno 2025 Israele sferra l'attacco contro l'Iran con l'operazione Rising Lion. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Aiea chiede il cessate il fuoco tra Stati Uniti, Iran e Israele. Sospetta danni gravi agli impianti nucleari. Quali danni materiali hanno provocato i bombardamenti americani e israeliani nei siti nucleari iraniani, soprattutto quello di Fordow? "Totalmente distrutti", dice Trump. "Solo parzialmente colpiti", sostengono Cnn, Abc news e Nbc news. "Il materiale nel sito di Fordow era stato già trasportato altrove", afferma l'Iran. Dove sta la verità? Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, vuole vederci chiaro e chiede di fermare le ostilità per permettere ai suoi funzionari di recarsi nei siti colpiti dalle operazioni speciali di Washington e Tel Aviv, proprio ora che il conflitto si allarga di minuto in minuto, in una escalation senza controllo. Cosa è accaduto nell'impianto di Fordow? Alla riunione di emergenza del Consiglio dei governatori dell'Aiea a Vienna, il direttore generale, Rafael Mariano Grossi, ha sottolineato che "accertare i fatti sul campo è un prerequisito per qualsiasi accordo e ciò può essere fatto solo tramite le ispezioni dell'Aiea". In questo momento non è possibile indicare quali danni abbia subito l'impianto di Fordow attaccato dagli Usa. Comunque Grossi prevede danni molto ingenti all'impianto. Considerando la potenza esplosiva utilizzata e l'estrema sensibilità alle vibrazioni delle centrifughe, le conseguenze possono essere di grande entità. AIEA ha anche richiesto l'accesso ai siti nucleari iraniani per determinare la sorte delle scorte di uranio arricchito a un livello prossimo alla soglia di progettazione per una bomba atomica. La verità è che il rischio ambientale dei raid statunitensi contro l'uranio arricchito è limitato. I rischi maggiori derivano dalle bombe sulle centrali nucleari civili. L'Aiea era pronta a collaborare con l'Iran quando Israele ha iniziato a bombardare. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Gli Stati Uniti attaccano l'Iran che organizza ritorsioni. Donald Trump rompe gli indugi, non attende l'eventuale evoluzione diplomatica della crisi con l'Iran, anticipa l'attacco contro tre siti nucleari, inclusi Fordow, Natanz e Esfahan, e si infila in uno dei conflitti più pericolosi della storia contemporanea, con conseguenze e sviluppi imprevedibili. L'azione americana era pronta da settimane, da quando lo stesso Trump aveva annunciato un colpo al cuore del sistema nucleare iraiano proprio per questo fine settimana, distogliendo poi l'attenzione internazionale parlando di uno spostamento del piano di quindici giorni, facendo credere di aver avviato una trattativa con Teheran. Ma si è trattato di un depistaggio. Ad un passo dalla guerra nucleare. L'annuncio di Trump è un mix di profezie religiose, di esaltazione militare, di crociate moderne, una narrazione molto cara al suo elettorato, alla pancia del movimento Maga, ma il presidente americano con questo atto solitario, non autorizzato dal parlamento e da nessuna organizzazione internazionale, ci porta dritti ad un passo dalla guerra nucleare. L'Iran fa sapere che il sito di Fordow non ha subito gravi danni, contrariamente a quanto ha raccontato Trump, e che la maggior parte dell'uranio precedentemente stoccato presso l'impianto di arricchimento di Fordow era stato trasferito in un'altra sede. Ora l'amministrazione Trump si sta preparando a potenziali ritorsioni da parte dell'Iran e i prossimi giorni saranno particolarmente preoccupanti, secondo quanto hanno raccontato anonimi funzionari del Pentagono e della Casa Bianca. Non è chiaro se le ritorsioni riguarderanno località all'estero o nazionali, o entrambe, di certo l'Iran non starà a guardare. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La ribellione dello spagnolo Sanchez contro il 5% del pil per spese militari. Due giorni fa, il segretario della Nato Mark Rutte aveva inviato una lettera agli Stati membri in vista del vertice dell'Alleanza atlantica, in programma a l'Aia a fine mese. Nella missiva, Rutte comunicava la richiesta di aumentare fino al 5% del Pil le spese militari, ma il premier spagnolo Pedro Sanchez respinge al mittente la proposta in quanto irricevibile. “Per la Spagna impegnarsi all'obiettivo del 5% sarebbe non solo irragionevole, ma anche controproducente: allontanerebbe la Spagna dalla spesa ottimale e ostacolerebbe gli sforzi dell'Ue per rafforzare il suo ecosistema di sicurezza e difesa”, scrive Sánchez in risposta a Rutte. Accordo a rischio. L'opposizione di Madrid rischia di far saltare l'accordo, che richiede un voto all'unanimità: si prospettano dunque momenti di tensione al vertice dell'Aja. La linea del governo spagnolo e di altri Paesi Nato, è che l'obiettivo non va stabilito in termini di percentuale fissa di spesa, ma di raggiungimento di determinate capacità. Non si può escludere che l'Europa raggiunga un giorno la soglia del 5% di fronte alla militarizzazione espansionistica della Russia, fissare ora questo target è assolutamente prematuro. La scelta di Sanchez dimostra il coraggio della politica. Per la Spagna, rispettare il target implicherebbe un aumento delle spese per la difesa di ottanta miliardi di euro all'anno, quasi la metà delle uscite per le pensioni. E così funzionerebbe anche per gran parte degli stati che aderiscono all'Alleanza Atlantica. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Aiea smentisce Israele e Stati Uniti: nessuno sforzo in Iran per un'arma nucleare. In Iran non esiste alcun sforzo sistematico per la costruzione di un'arma nucleare. A pochi giorni dalla presentazione del suo rapporto, Rafael Grossi, il direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), conferma che l'Iran sta certamente arricchendo l'uranio al 60%, unico Paese al mondo a farlo, ma non sta costruendo un'arma nucleare. Dunque, Aiea smentisce senza indugio la principale narrazione di Israele e Stati Uniti, secondo cui l'attacco contro Teheran previene la possibilità che gli ayatollah possano intraprendere un'attività finalizzata alla ideazione di un ordigno nucleare. Allora perché si fa questa guerra? Perché Netanyahu ha sferrato un attacco aeronautico senza precedenti contro l?iran? Perché in poche settimane Trump è passato da una posizione diplomatica ad una possibile azione militare? Gli interessi economici. L'attacco di Israele all'Iran mette in difficoltà il debito federale americano e il dollaro, e favorisce le Big Three, il monopolio finanziario in aperto contrasto con Donald Trump. Dopo l'avvio dell'azione contro Teheran, il dollaro infatti sta continuando a perdere terreno e prosegue la vendita dei titoli di Stato americani, costretti a pagare rendimenti crescenti. La tenuta dei conti di un paese come gli Stati Uniti, che ha un debito di 36 mila miliardi di dollari, paga 1200 miliardi di interessi e ha una posizione finanziaria netta negativa di 24 mila miliardi, sta deteriorandosi rapidamente in seguito all'apertura del fronte di guerra iraniano. Non solo. Ieri la Fed di Jerome Powell ha lasciato invariato i tassi d'interesse in una forbice che va dal 4,25 al 4,5%, lo stesso livello al quale sono dallo scorso dicembre, contro la richiesta di Trump. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La guerra di Trump contro l'Iran: sappiamo dov'è Khamenei, ci vuole una resa incondizionata. Durante la sua campagna elettorale, e nei primi mesi del secondo mandato, Donald Trump aveva annunciato di chiudere i conflitti tra Russia e Ucraina e in Medio Oriente in poche ore, con accordi di pace duraturi. Non solo non è riuscito a chiudere in modo diplomatico le due guerre, ma ora gli Stati Uniti appoggiano sul piano militare l'offensiva israeliana e si trovano sempre più al centro dello scontro con l'Iran. Le ultime dichiarazioni di Trump, dettate nei minuti in cui riuniva il consiglio di sicurezza alla Casa Bianca, sono eloquenti. "Sappiamo dov'è Khamenei, urge una immediata resa incondizionata". Nella sostanza, Trump considera probabile l'ipotesi di lanciare un attacco contro le strutture nucleari iraniane, in particolare contro l'impianto sotterraneo di arricchimento dell'uranio a Fordow. E' una delle opzioni prese in considerazione nel vertice con il suo mediatore, Steve Witkoff, il capo di stato maggiore aggiunto Dan Caine, e altri leader militari. La strategia di Israele. L'ultimo dei vertici militari iraniani a cadere è il nuovo capo di stato maggiore Ali Shadmani, nominato solo quattro giorni fa. Israele colpisce i siti di arricchimento dell'uranio e gli scienziati nucleari, e tenta di impedire al suo avversario di avvicinarsi alla costruzione di un'arma atomica che Teheran non possiede e che con ogni probabilità non avrà mai. Per compiere questa nuova azione appoggiata da Trump, gli israeliani hanno ucciso almeno 224 persone da venerdì scorso. L'Iran ha risposto lanciando più di 370 missili e centinaia di dron. Finora si registrano decine di vittime e di feriti in Israele. Ma l'eventuale attacco americano potrebbe unire gli storici amici di Teheran in un'alleanza militare convergente dagli esiti imprevedibili, davanti agli occhi impotenti del mondo e della diplomazia.. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La confusione diplomatica allarga Il conflitto tra Israele e Iran. Israele scatena la guerra contro l'Iran perché sospetta che Teheran intende proseguire gli investimenti sul nucleare. Questa è la versione ufficiale. Sarà così? Lo stato maggiore iraniano minaccia di utilizzare 2.000 missili nei suoi prossimi attacchi contro Israele ma, con ogni probabilità, i numeri sono diversi. US Central Command valuta 3mila missili balistici iraniani, in parte utilizzati negli scontri degli ultimi 20 mesi o ceduti a milizie alleate (come gli Houthi). Non si può escludere che la produzione sia stata potenziata anche per rifornire la Russia impegnata nella guerra in Ucraina, così come non si può affermare che Israele sia davvero riuscito a distruggere un gran numero di rampe, missili balistici e un deposito sotterraneo nella regione di Kermanshah, nell'Iran Occidentale. In realtà Netanyahu è sempre più in calo di consenso, e il genocidio di Gaza lo ha reso sempre più isolato sul piano politico internazionale. Il nuovo fronte con l'Iran tende a riconquistare una sua credibilità contro il nemico di sempre. Il ruolo degli Stati Uniti. Sono almeno 30 anni che statunitensi e israeliani lanciano l'allarme per la bomba atomica che l'Iran potrebbe possedere “in pochi mesi” ed evocano e compiono attacchi al programma nucleare. L'ambiguità, se non l'imbarazzo, di Trump e della sua amministrazione sono evidenti. Si è dissociato dagli attacchi alla vigilia di un nuovo round di negoziati tra USA e Iran sul programma nucleare di Teheran. Poi ha difeso la decisione di Netanyahu negando un ruolo militare americano nell'operazione. Successivamente Trump ha plaudito ai raid israeliani e all'eliminazione dei vertici militari iraniani. Infine è emerso che lo US Central Command statunitense, responsabile per l'area mediorientale, avrebbe fornito supporto di intelligence, aerei radar e da rifornimento in volo ai velivoli da combattimento israeliani. Infine la portaerei Nimitz è in rotta per il Medio Oriente. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il dottor Stranamore ad un passo dalla terza guerra mondiale I nostri ascoltatori ricorderanno la trama di un film di Stanley Kubrick del lontano 1964, Il dottor Stranamore. La pellicola racconta la possibilità di un imminente attacco nucleare all'Unione Sovietica voluto dal folle Jack D. Ripper . Da una base il generale americano impartisce l'ordine, l'aereo prosegue la sua missione (il bombardamento con armi atomiche di varie città russe), i vertici statunitensi cercano di fermarlo. Viene coinvolto il dottor Stranamore, uno scienziato ex nazista naturalizzato americano e direttore per lo sviluppo delle armi nucleari, che spiega al presidente il funzionamento dell'ordigno, aggiungendo che l'effetto deterrente viene meno nel momento in cui il nemico non ne è a conoscenza. La guerra totale Il dottor Stranamore è naturalmente figlio della guerra fredda, ma in questo nuovo conflitto totale che può portarci dritti alla terza guerra mondiale, quanti altri dottori Stranamore dominano la scena internazionale? Ci sono certamente il premier isfraeliano Benjamin Netanyahu, il ministro di estrema destra Itamar Ben Gvir, il presidente americano Donald Trump, il suo omologo russo Vladimir Putin, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, il capo di stato maggiore militare Houthi, Muhammad Al-Ghamari, i leader di Hezbollah e di Hamas. Ognuno pretende uno spazio sul piano economico, politico, militare, e ognuno afferma il potere di chi riesce a fermare i conflitti in cambio di una pace condizionata, e chi invece si cimenta nella continua costruzione di un nemico da abbattere. Perché un dittatore che non ha nemici se li crea. Vi ricordate il film di Kubrick? Gli aspetti comici si concentrano sull'incompetenza degli uomini in comando e la satira sui complessi sistemi politici e militari vulnerabili alle debolezze di chi li controlla. Ed è proprio quello che sta accadendo in queste ore. La guerra incontrollata guidata da personaggi malati di psicopatie gravi. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La morte assistita dello scrittore e musicista, Daniele Pieroni, resa possibile da una legge della regione Toscana attualmente impugnata dal Governo presso la Corte Costituzionale, invita a riflettere su una questione che in Italia, nonostante la sua particolare delicatezza, sul piano legislativo resta ancora, inspiegabilmente, affidata al caso e all'improvvisazione. Di fatto, appare piuttosto evidente come da noi si possa morire, in una maniera o nell'altra, a seconda della regione in cui si risiede... Pieroni, ad esempio, era nato in Abruzzo e se non si fosse trasferito da anni in provincia di Siena, per nessun motivo avrebbe potuto fruire altrove di una opportunità analoga a quella offertagli dalla Toscana. Ci chiediamo come sia possibile che una materia che, in fondo, proprio per la sua indiscutibile trasversalità – ci si ammala e si muore, infatti, sia a destra, che a sinistra – dovrebbe essere regolata da una legge dello Stato, sia rimasta invece, fino ad oggi, disciplinata in ordine sparso su tutto il territorio nazionale...quasi come se si trattasse di un problema da inserire nell'ambito di quella “autonomia differenziata”, di cui si è tanto discusso lo scorso anno. E' vero che in tema di sanità le Regioni dispongono di poteri molto ampi, ma quello di legiferare sul suicidio assistito, almeno a nostro avviso, dovrebbe esulare da questi. Tuttavia, per il momento, non possiamo fare altro che prendere atto del fatto che, sebbene più volte sollecitato dalla Consulta ad intervenire attraverso una normativa nazionale, il nostro Parlamento ha finora colpevolmente evitato di farlo. I partiti stentano, evidentemente, a trovare un'intesa, incapaci di individuare quale sia il modello di fine vita meno divisivo da adottare: quello più radicale che considera il suicidio assistito come un diritto assolutamente acquisito, oppure quello preferito dalle forze politiche e culturali più conservatrici che lo ammetterebbero solo in casi eccezionali? Sono, purtroppo, ormai passati sei anni e quattro governi dal giorno in cui, per la prima volta, la Corte ha chiesto a Camera e Senato di dare certezze e chiarezza agli Italiani, a prescindere dai loro luoghi di residenza. Nel frattempo, al problema irrisolto del fine vita, nei nostri ospedali, viene spesso concretamente data una risposta dai tanti medici che - mossi a compassione dinanzi a certe situazioni irreversibili - ricorrono al metodo della sedazione profonda, intesa come uso di farmaci che inducono all' incoscienza fino a che non sopraggiunga la morte. Sappiamo che il prossimo 17 luglio, a colmare questo logorante vuoto legislativo, dovrebbe, finalmente, arrivare in Senato una proposta unitaria da parte della maggioranza: speriamo bene... "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Continua a non essere certamente ideale, in Iran, il quadro normativo all'interno del quale sono costretti a muoversi i cinofili ed i loro fedeli compagni a quattro zampe. Apprendiamo, infatti, proprio in queste ore, che gli effetti restrittivi e penalizzanti di una direttiva di polizia del 2019 riguardanti, inizialmente, la sola capitale Teheran, saranno adesso estesi anche alle altre 17 città più importanti del Paese. E si tratta di limitazioni a portare i cani a spasso o in macchina per motivi di salute pubblica, ordine sociale e sicurezza: e a sentire certe cose, viene spontaneo pensare che, evidentemente, il miglior amico dell'uomo sia anche uno dei peggiori nemici della Repubblica islamica…Sappiamo che, a partire dalla rivoluzione del 1979, il possesso di cani è stato caldamente osteggiato sia dalle autorità religiose (che li considerano animali “impuri”), che da quelle politiche e amministrative, per le quali rappresentano un simbolo dell'influenza culturale occidentale. Da appassionati sostenitori dei diritti degli animali, non abbiamo certo scordato il momento in cui – era il 2014 – nel parlamento iraniano venne presentato un disegno di legge, in base al quale chiunque avesse condotto un cane in luogo pubblico sarebbe stato sanzionato con una multa da 10 a 100 rial (e cioè da 300 a 3.000 dollari), oppure con l'esecuzione di ben 74 frustate. Per fortuna, non ci risulta che questo crudele disegno sia poi sfociato concretamente in una legge dello Stato, ma l'esempio sta, comunque, ad indicare che tipo di aria tiri da quelle parti nei confronti di chi, nonostante tutto l'ostracismo teologico possibile e immaginabile, si ostina, tuttavia, ad amare ed a rispettare anche creature viventi che non siano umane (e musulmane). Nel 2017, la guida suprema iraniana, l'Ayatollah Ali Khamenei, ci aveva già spiegato che “tenere cani per motivi diversi dalla pastorizia, dalla caccia e dalla guardia” è da considerarsi una cosa riprovevole, poiché questa pratica, adottata dagli infedeli, “promuove la loro cultura, causa danni e disturbi ai vicini e va, quindi, considerata come proibita”. Ed anche un altro grande ayatollah, Nasser Shirazi, ha sentenziato che, secondo gli hadith (ossia i detti del profeta Maometto), il cane è un animale immondo, il cui possesso è peccato e viene, appunto, ammesso esclusivamente per attività come la caccia o la pastorizia. Pertanto, a giudizio dell'autorevole chierico, “i rapporti amichevoli con questi animali sono una cieca imitazione dei costumi occidentali, che amano i propri cani più delle mogli e dei bambini”. Infine, sempre secondo la tradizione islamica, gli angeli non entrerebbero mai in una casa abitata da un cane. Può darsi che sia vero, ma, in tal caso, la scelta dipende dal fatto che tra angeli ci si intende e si evita, quindi, di entrare in una casa dove uno di essi è già presente e sta donando tutta la nobile protezione del suo sconfinato amore. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Greta Thunberg che pensavamo si fosse finalmente decisa a riprendere il suo percorso scolastico precocemente interrotto quando aveva tredici anni, ha invece nuovamente trovato il modo di riapparire sulla scena mediatica, mettendosi al timone di uno yacht alla volta di Gaza, dove intendeva portare alla popolazione locale il preziosissimo – e chissà quanto agognato - contributo della sua solidarietà politica. L'imbarcazione è stata inevitabilmente intercettata dalla marina israeliana, sulla base però – cosa che forse, in Italia, non tutti sanno – non di un atto di pirateria, ma di un blocco navale autorizzato dalle Nazioni Unite. Aggiungiamo che la supponente ragazzotta svedese adesso dichiara di essere stata addirittura “rapita e tenuta in ostaggio”: tuttavia, dalle immagini che un po' tutti abbiamo avuto modo di vedere, pare abbastanza chiaro che si sia, comunque, trattato di un rapimento a base di bibite, dolci e panini imbottiti per rifocillarsi...Un tipo di trattamento abbastanza diverso, quindi, da quello subito dalla ragazza israeliana che, il 7 ottobre, venne rapita sul serio dai militanti di Hamas per poi essere esposta, con le gambe spezzate, nelle strade di Gaza, onde consentire alla folla festante di bastonarla e di sputarle addosso. Detto questo, vogliamo anche aggiungere – e lo facciamo da ormai imbarazzatissimi filo israeliani della prima ora - che, blocco navale più o meno legale, questo episodio dei croceristi fermati nella loro velleitaria iniziativa “umanitaria”, Israele se lo sarebbe potuto proprio risparmiare...Neanche il Gianni Rivera dei tempi migliori avrebbe infatti fornito, su un piatto d'argento, un assist così ben riuscito a tutti coloro che, di professione, fanno gli odiatori dello Stato ebraico. Il fatto è che, purtroppo, come tragicamente dimostra anche la spietata azione militare che da troppo tempo viene esercitata sulla Striscia, in un Paese che, fino ad una ventina di anni fa, veniva definito (come si diceva allora) l' unico “faro di democrazia in Medio Oriente”, sembra adesso essere intervenuta una sorta di mutazione genetica che lo sta portando ad infischiarsene beatamente sia del diritto alla sopravvivenza delle popolazioni arabe, che del giudizio delle opinioni pubbliche a livello internazionale. Prima accennavamo al nostro attuale imbarazzo di fronte a scelte del governo Netanyahu che, oltre ad esasperare ulteriormente (ed in maniera irresponsabile) gli animi in Terra Santa, conducono anche, inspiegabilmente, Israele verso l'isolamento mondiale. Vuole davvero l'eterno Bibi ridurre il suo Paese alla stregua di uno “stato paria” come la Corea del Nord? Vuole proprio andare incontro a sanzioni politiche e commerciali che mettano in ginocchio un'economia tradizionalmente piuttosto brillante? Ci siamo chiesti cosa mai abbia potuto portare ad un cambiamento di indirizzo così radicale nella politica israeliana e pensiamo di aver trovato una risposta soprattutto a livello demografico. Israele è un Paese giovane, con una popolazione in crescita continua e che è composta da quattro gruppi fondamentali: gli ebrei laici (in genere di origine europea), gli arabi con cittadinanza israeliana, gli ebrei ultra-ortodossi e gli ebrei nazional-religiosi. Il primo gruppo, in passato rappresentativo di una netta maggioranza culturale e politica, ora è in fase calante; il secondo è rimasto costante, mantenendosi nella percentuale di circa il 20%. Gli altri due - che prima erano minoritari – stanno adesso, al contrario, prendendo il sopravvento numerico: ecco, dunque, da dove deriva l'affermarsi di un nuovo ordine sociale e di certe idee che prima erano marginali, ma che oggi cominciano, invece, sciaguratamente, a prevalere. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Può essere interessante ricordare che, quando nel 2014 venne approvato il Job Act, il provvedimento passò anche grazie al fattivo impegno di due autorevoli esponenti della CGIL: e stiamo parlando dell'allora presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano e della sottosegretaria al Lavoro,Teresa Bellanova che, in seguito, impareremo a conoscere anche come ministra dell'Agricoltura. In sostanza, si può, quindi, affermare che se il provvedimento in questione è stato soprattutto un prodotto targato PD (area bersaniana compresa), alla sua definizione hanno contribuito anche alcuni parlamentari di estrazione sindacale, lato Corso Italia 25. E forse non guasta neppure rammentare che quando fu Fausto Bertinotti a promuovere, nel 2003, un referendum per estendere la portata dell'art.18 anche alle imprese con meno di 15 dipendenti, gli allora predecessori di Elly Schlein – i vari Fassino, D'Alema & Co – non esortarono certamente i propri militanti a recarsi alle urne...Pertanto, almeno in quella circostanza, puntare sul mancato raggiungimento del quorum sembra non fosse poi tanto un bieco disegno reazionario, ma costituisse, invece, una legittima pratica democratica... Il fatto è che, entrati da alcuni anni (più o meno stabilmente) nella “stanza dei bottoni”, anche i nostalgici dell' Autunno Caldo si erano resi conto che certe regole – magari validissime negli Anni 70 – avevano però, gradualmente, fatto il loro tempo, perché guardavano ancora ad un mondo industriale che era ormai profondamente cambiato. Ed erano regole che, di fatto, alimentavano, tra gli imprenditori, forti ritrosie nell'assumere nuovo personale, nel timore di dover poi essere obbligati a farsi carico del mantenimento in pianta stabile di lavoratori che, per un motivo o per l'altro, fossero risultati inadeguati. Naturalmente, onde evitare che il licenziamento potesse degenerare in un capriccio del datore di lavoro, la norma voluta da Renzi interveniva, prevedendo la corresponsione fino a 36 mensilità, quale indennizzo dovuto al dipendente licenziato. E in effetti, a favore del Job Act, parlano anche i dati forniti recentemente dal Governatore della Banca d'Italia, Fabio Panetta, il quale, nella sua Relazione annuale, ha segnalato gli ottimi risultati che si sono registrati sul nostro mercato del lavoro negli ultimi anni. Contrariamente, infatti, a quanto sostengono Landini e gli altri promotori dei referendum, l'occupazione in Italia è continuata ad aumentare raggiungendo un picco storico, specialmente per quanto concerne i contratti a tempo indeterminato. E a Landini che racconta come a crescere sia stato, più che altro, il lavoro precario, Panetta, risponde testualmente (ed in modo abbastanza esaustivo) che “la crescita dell'occupazione è stata trainata dal lavoro dipendente a tempo indeterminato, a fronte di un calo di quello a termine, che risente maggiormente del ciclo economico.” In conclusione, ci viene da ironizzare pensando che oggi ad esaltare le qualità taumaturgiche dell'art.18 dello Statuto dei Lavoratori siano proprio i nipotini di quelle forze politiche che, a suo tempo, lo osteggiarono sia in Parlamento, che nelle piazze...Era il 1970 ed il ministro del Lavoro, artefice della storica riforma, fu il socialista Giacomo Brodolini. I Landini e le Schlein di allora, votando contro, mostrarono tutta la loro incapacità di percepire l'evoluzione dei tempi. Esattamente come i loro epigoni confermano di non percepirla neanche oggi. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Tra Calcio e Tennis Mentre la Nazionale di pallonara passa da una brutta figura all'altra, alimentando addirittura l'inaccettabile spauracchio della terza esclusione consecutiva dai prossimi Mondiali di Calcio, nel Paese – a livello di passione sportiva - sono in corso cambiamenti impensabili anche soltanto una decina d'anni fa. Noi stessi - che pure siamo appassionati tifosi di una squadra di Serie A - dobbiamo, comunque, confessare che non seguiamo una partita della Nazionale almeno dai tempi degli Europei di Londra, mentre, per nulla al mondo – o quasi, non esageriamo… - rinunceremmo oggi ad una finale di Wimbledon o del Roland Garros. Al momento – che, naturalmente, speriamo sia del tutto passeggero - la nostra gloriosissima Nazionale azzurra, oltre a perdere partite e credibilità, sembra, dunque, avere smarrito anche la capacità di emozionare e di egemonizzare l'interesse del pubblico sportivo, il quale, non a caso, sta cominciando ad orientare le proprie attenzioni verso altri tipi di sport. Su tutti, il Tennis, che, mai come in questo periodo, ha offerto ai giovanissimi delle nuove figure di riferimento nelle quali potersi identificare. Ed a questo proposito, anche i numeri parlano piuttosto chiaro, visto che in Italia, come rilevato da un'indagine di Social Data, nell'ultimo trimestre dello scorso anno, con 34.000 “mention” e 5,6 milioni di interazioni, Sinner si è imposto come il personaggio che maggiormente ha saputo polarizzare – anche in campo digitale - l'ammirazione e l'orgoglio del pubblico. Stiamo, pertanto, parlando di un boom che riflette la crescita di un gioco che, proprio grazie ai successi dello stesso Sinner - ma anche a quelli di altri assoluti protagonisti come Jasmine Paolini, Lorenzo Musetti o Sara Errani - sta ritagliandosi uno spazio sempre più ampio nei gradimenti degli Italiani. Argomenti tradizionalmente divisivi e coinvolgenti come un “fuori gioco” od un rigore non dato, cominciano, infatti, ad essere soppiantati, nei nostri discorsi, da altri tecnicismi quali il “doppio fallo” o il “tie break”, come mai era accaduto prima... Purtroppo, se proviamo ad individuare un calciatore italiano che sappia, oggi, entusiasmare le tifoserie come, in passato, seppero fare i vari Rivera, Mazzola, Riva, Baggio, Totti o Del Piero, non lo troveremo neanche a cercarlo col lanternino...Tuttavia, per quanto riguarda il presunto sorpasso del tennis sul calcio, non possiamo neppure escludere di trovarci, per ora, in presenza di un fenomeno che potrebbe anche essere transitorio, in quanto magari ancora troppo legato agli esaltanti risultati ottenuti sul campo da una straordinaria generazione di giocatori. Campioni che paiono ridestare la passione incontenibile che, mezzo secolo fa, aveva accompagnato i trionfi della mitica “Valanga Azzurra” di Gustav Thoeni and company, quando cioè tutta l'Italia si mise, improvvisamente, a sciare, dando così impulso ad un movimento turistico e ad una crescita commerciale che, da allora – pandemia a parte – non hanno, in effetti, mai conosciuto battute d'arresto. Due esperienze sportive che, tra l'altro, a distanza di circa cinquant'anni l'una dall'altra, si fondano – guarda caso - entrambe sulla leadership di due equilibrati e garbati fuoriclasse altoatesini, che ci hanno insegnato ed insegnano tuttora cosa significhi vincere o perdere con assoluto fair play. E che, oggi, sia proprio lo “stile Sinner” a rappresentare lo sport italiano nel mondo non può che giovare all'immagine del nostro Paese. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it