"Il Corsivo" di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca.
Aiea smentisce Israele e Stati Uniti: nessuno sforzo in Iran per un'arma nucleare. In Iran non esiste alcun sforzo sistematico per la costruzione di un'arma nucleare. A pochi giorni dalla presentazione del suo rapporto, Rafael Grossi, il direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), conferma che l'Iran sta certamente arricchendo l'uranio al 60%, unico Paese al mondo a farlo, ma non sta costruendo un'arma nucleare. Dunque, Aiea smentisce senza indugio la principale narrazione di Israele e Stati Uniti, secondo cui l'attacco contro Teheran previene la possibilità che gli ayatollah possano intraprendere un'attività finalizzata alla ideazione di un ordigno nucleare. Allora perché si fa questa guerra? Perché Netanyahu ha sferrato un attacco aeronautico senza precedenti contro l?iran? Perché in poche settimane Trump è passato da una posizione diplomatica ad una possibile azione militare? Gli interessi economici. L'attacco di Israele all'Iran mette in difficoltà il debito federale americano e il dollaro, e favorisce le Big Three, il monopolio finanziario in aperto contrasto con Donald Trump. Dopo l'avvio dell'azione contro Teheran, il dollaro infatti sta continuando a perdere terreno e prosegue la vendita dei titoli di Stato americani, costretti a pagare rendimenti crescenti. La tenuta dei conti di un paese come gli Stati Uniti, che ha un debito di 36 mila miliardi di dollari, paga 1200 miliardi di interessi e ha una posizione finanziaria netta negativa di 24 mila miliardi, sta deteriorandosi rapidamente in seguito all'apertura del fronte di guerra iraniano. Non solo. Ieri la Fed di Jerome Powell ha lasciato invariato i tassi d'interesse in una forbice che va dal 4,25 al 4,5%, lo stesso livello al quale sono dallo scorso dicembre, contro la richiesta di Trump. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La guerra di Trump contro l'Iran: sappiamo dov'è Khamenei, ci vuole una resa incondizionata. Durante la sua campagna elettorale, e nei primi mesi del secondo mandato, Donald Trump aveva annunciato di chiudere i conflitti tra Russia e Ucraina e in Medio Oriente in poche ore, con accordi di pace duraturi. Non solo non è riuscito a chiudere in modo diplomatico le due guerre, ma ora gli Stati Uniti appoggiano sul piano militare l'offensiva israeliana e si trovano sempre più al centro dello scontro con l'Iran. Le ultime dichiarazioni di Trump, dettate nei minuti in cui riuniva il consiglio di sicurezza alla Casa Bianca, sono eloquenti. "Sappiamo dov'è Khamenei, urge una immediata resa incondizionata". Nella sostanza, Trump considera probabile l'ipotesi di lanciare un attacco contro le strutture nucleari iraniane, in particolare contro l'impianto sotterraneo di arricchimento dell'uranio a Fordow. E' una delle opzioni prese in considerazione nel vertice con il suo mediatore, Steve Witkoff, il capo di stato maggiore aggiunto Dan Caine, e altri leader militari. La strategia di Israele. L'ultimo dei vertici militari iraniani a cadere è il nuovo capo di stato maggiore Ali Shadmani, nominato solo quattro giorni fa. Israele colpisce i siti di arricchimento dell'uranio e gli scienziati nucleari, e tenta di impedire al suo avversario di avvicinarsi alla costruzione di un'arma atomica che Teheran non possiede e che con ogni probabilità non avrà mai. Per compiere questa nuova azione appoggiata da Trump, gli israeliani hanno ucciso almeno 224 persone da venerdì scorso. L'Iran ha risposto lanciando più di 370 missili e centinaia di dron. Finora si registrano decine di vittime e di feriti in Israele. Ma l'eventuale attacco americano potrebbe unire gli storici amici di Teheran in un'alleanza militare convergente dagli esiti imprevedibili, davanti agli occhi impotenti del mondo e della diplomazia.. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La confusione diplomatica allarga Il conflitto tra Israele e Iran. Israele scatena la guerra contro l'Iran perché sospetta che Teheran intende proseguire gli investimenti sul nucleare. Questa è la versione ufficiale. Sarà così? Lo stato maggiore iraniano minaccia di utilizzare 2.000 missili nei suoi prossimi attacchi contro Israele ma, con ogni probabilità, i numeri sono diversi. US Central Command valuta 3mila missili balistici iraniani, in parte utilizzati negli scontri degli ultimi 20 mesi o ceduti a milizie alleate (come gli Houthi). Non si può escludere che la produzione sia stata potenziata anche per rifornire la Russia impegnata nella guerra in Ucraina, così come non si può affermare che Israele sia davvero riuscito a distruggere un gran numero di rampe, missili balistici e un deposito sotterraneo nella regione di Kermanshah, nell'Iran Occidentale. In realtà Netanyahu è sempre più in calo di consenso, e il genocidio di Gaza lo ha reso sempre più isolato sul piano politico internazionale. Il nuovo fronte con l'Iran tende a riconquistare una sua credibilità contro il nemico di sempre. Il ruolo degli Stati Uniti. Sono almeno 30 anni che statunitensi e israeliani lanciano l'allarme per la bomba atomica che l'Iran potrebbe possedere “in pochi mesi” ed evocano e compiono attacchi al programma nucleare. L'ambiguità, se non l'imbarazzo, di Trump e della sua amministrazione sono evidenti. Si è dissociato dagli attacchi alla vigilia di un nuovo round di negoziati tra USA e Iran sul programma nucleare di Teheran. Poi ha difeso la decisione di Netanyahu negando un ruolo militare americano nell'operazione. Successivamente Trump ha plaudito ai raid israeliani e all'eliminazione dei vertici militari iraniani. Infine è emerso che lo US Central Command statunitense, responsabile per l'area mediorientale, avrebbe fornito supporto di intelligence, aerei radar e da rifornimento in volo ai velivoli da combattimento israeliani. Infine la portaerei Nimitz è in rotta per il Medio Oriente. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il dottor Stranamore ad un passo dalla terza guerra mondiale I nostri ascoltatori ricorderanno la trama di un film di Stanley Kubrick del lontano 1964, Il dottor Stranamore. La pellicola racconta la possibilità di un imminente attacco nucleare all'Unione Sovietica voluto dal folle Jack D. Ripper . Da una base il generale americano impartisce l'ordine, l'aereo prosegue la sua missione (il bombardamento con armi atomiche di varie città russe), i vertici statunitensi cercano di fermarlo. Viene coinvolto il dottor Stranamore, uno scienziato ex nazista naturalizzato americano e direttore per lo sviluppo delle armi nucleari, che spiega al presidente il funzionamento dell'ordigno, aggiungendo che l'effetto deterrente viene meno nel momento in cui il nemico non ne è a conoscenza. La guerra totale Il dottor Stranamore è naturalmente figlio della guerra fredda, ma in questo nuovo conflitto totale che può portarci dritti alla terza guerra mondiale, quanti altri dottori Stranamore dominano la scena internazionale? Ci sono certamente il premier isfraeliano Benjamin Netanyahu, il ministro di estrema destra Itamar Ben Gvir, il presidente americano Donald Trump, il suo omologo russo Vladimir Putin, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, il capo di stato maggiore militare Houthi, Muhammad Al-Ghamari, i leader di Hezbollah e di Hamas. Ognuno pretende uno spazio sul piano economico, politico, militare, e ognuno afferma il potere di chi riesce a fermare i conflitti in cambio di una pace condizionata, e chi invece si cimenta nella continua costruzione di un nemico da abbattere. Perché un dittatore che non ha nemici se li crea. Vi ricordate il film di Kubrick? Gli aspetti comici si concentrano sull'incompetenza degli uomini in comando e la satira sui complessi sistemi politici e militari vulnerabili alle debolezze di chi li controlla. Ed è proprio quello che sta accadendo in queste ore. La guerra incontrollata guidata da personaggi malati di psicopatie gravi. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La morte assistita dello scrittore e musicista, Daniele Pieroni, resa possibile da una legge della regione Toscana attualmente impugnata dal Governo presso la Corte Costituzionale, invita a riflettere su una questione che in Italia, nonostante la sua particolare delicatezza, sul piano legislativo resta ancora, inspiegabilmente, affidata al caso e all'improvvisazione. Di fatto, appare piuttosto evidente come da noi si possa morire, in una maniera o nell'altra, a seconda della regione in cui si risiede... Pieroni, ad esempio, era nato in Abruzzo e se non si fosse trasferito da anni in provincia di Siena, per nessun motivo avrebbe potuto fruire altrove di una opportunità analoga a quella offertagli dalla Toscana. Ci chiediamo come sia possibile che una materia che, in fondo, proprio per la sua indiscutibile trasversalità – ci si ammala e si muore, infatti, sia a destra, che a sinistra – dovrebbe essere regolata da una legge dello Stato, sia rimasta invece, fino ad oggi, disciplinata in ordine sparso su tutto il territorio nazionale...quasi come se si trattasse di un problema da inserire nell'ambito di quella “autonomia differenziata”, di cui si è tanto discusso lo scorso anno. E' vero che in tema di sanità le Regioni dispongono di poteri molto ampi, ma quello di legiferare sul suicidio assistito, almeno a nostro avviso, dovrebbe esulare da questi. Tuttavia, per il momento, non possiamo fare altro che prendere atto del fatto che, sebbene più volte sollecitato dalla Consulta ad intervenire attraverso una normativa nazionale, il nostro Parlamento ha finora colpevolmente evitato di farlo. I partiti stentano, evidentemente, a trovare un'intesa, incapaci di individuare quale sia il modello di fine vita meno divisivo da adottare: quello più radicale che considera il suicidio assistito come un diritto assolutamente acquisito, oppure quello preferito dalle forze politiche e culturali più conservatrici che lo ammetterebbero solo in casi eccezionali? Sono, purtroppo, ormai passati sei anni e quattro governi dal giorno in cui, per la prima volta, la Corte ha chiesto a Camera e Senato di dare certezze e chiarezza agli Italiani, a prescindere dai loro luoghi di residenza. Nel frattempo, al problema irrisolto del fine vita, nei nostri ospedali, viene spesso concretamente data una risposta dai tanti medici che - mossi a compassione dinanzi a certe situazioni irreversibili - ricorrono al metodo della sedazione profonda, intesa come uso di farmaci che inducono all' incoscienza fino a che non sopraggiunga la morte. Sappiamo che il prossimo 17 luglio, a colmare questo logorante vuoto legislativo, dovrebbe, finalmente, arrivare in Senato una proposta unitaria da parte della maggioranza: speriamo bene... "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Continua a non essere certamente ideale, in Iran, il quadro normativo all'interno del quale sono costretti a muoversi i cinofili ed i loro fedeli compagni a quattro zampe. Apprendiamo, infatti, proprio in queste ore, che gli effetti restrittivi e penalizzanti di una direttiva di polizia del 2019 riguardanti, inizialmente, la sola capitale Teheran, saranno adesso estesi anche alle altre 17 città più importanti del Paese. E si tratta di limitazioni a portare i cani a spasso o in macchina per motivi di salute pubblica, ordine sociale e sicurezza: e a sentire certe cose, viene spontaneo pensare che, evidentemente, il miglior amico dell'uomo sia anche uno dei peggiori nemici della Repubblica islamica…Sappiamo che, a partire dalla rivoluzione del 1979, il possesso di cani è stato caldamente osteggiato sia dalle autorità religiose (che li considerano animali “impuri”), che da quelle politiche e amministrative, per le quali rappresentano un simbolo dell'influenza culturale occidentale. Da appassionati sostenitori dei diritti degli animali, non abbiamo certo scordato il momento in cui – era il 2014 – nel parlamento iraniano venne presentato un disegno di legge, in base al quale chiunque avesse condotto un cane in luogo pubblico sarebbe stato sanzionato con una multa da 10 a 100 rial (e cioè da 300 a 3.000 dollari), oppure con l'esecuzione di ben 74 frustate. Per fortuna, non ci risulta che questo crudele disegno sia poi sfociato concretamente in una legge dello Stato, ma l'esempio sta, comunque, ad indicare che tipo di aria tiri da quelle parti nei confronti di chi, nonostante tutto l'ostracismo teologico possibile e immaginabile, si ostina, tuttavia, ad amare ed a rispettare anche creature viventi che non siano umane (e musulmane). Nel 2017, la guida suprema iraniana, l'Ayatollah Ali Khamenei, ci aveva già spiegato che “tenere cani per motivi diversi dalla pastorizia, dalla caccia e dalla guardia” è da considerarsi una cosa riprovevole, poiché questa pratica, adottata dagli infedeli, “promuove la loro cultura, causa danni e disturbi ai vicini e va, quindi, considerata come proibita”. Ed anche un altro grande ayatollah, Nasser Shirazi, ha sentenziato che, secondo gli hadith (ossia i detti del profeta Maometto), il cane è un animale immondo, il cui possesso è peccato e viene, appunto, ammesso esclusivamente per attività come la caccia o la pastorizia. Pertanto, a giudizio dell'autorevole chierico, “i rapporti amichevoli con questi animali sono una cieca imitazione dei costumi occidentali, che amano i propri cani più delle mogli e dei bambini”. Infine, sempre secondo la tradizione islamica, gli angeli non entrerebbero mai in una casa abitata da un cane. Può darsi che sia vero, ma, in tal caso, la scelta dipende dal fatto che tra angeli ci si intende e si evita, quindi, di entrare in una casa dove uno di essi è già presente e sta donando tutta la nobile protezione del suo sconfinato amore. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Greta Thunberg che pensavamo si fosse finalmente decisa a riprendere il suo percorso scolastico precocemente interrotto quando aveva tredici anni, ha invece nuovamente trovato il modo di riapparire sulla scena mediatica, mettendosi al timone di uno yacht alla volta di Gaza, dove intendeva portare alla popolazione locale il preziosissimo – e chissà quanto agognato - contributo della sua solidarietà politica. L'imbarcazione è stata inevitabilmente intercettata dalla marina israeliana, sulla base però – cosa che forse, in Italia, non tutti sanno – non di un atto di pirateria, ma di un blocco navale autorizzato dalle Nazioni Unite. Aggiungiamo che la supponente ragazzotta svedese adesso dichiara di essere stata addirittura “rapita e tenuta in ostaggio”: tuttavia, dalle immagini che un po' tutti abbiamo avuto modo di vedere, pare abbastanza chiaro che si sia, comunque, trattato di un rapimento a base di bibite, dolci e panini imbottiti per rifocillarsi...Un tipo di trattamento abbastanza diverso, quindi, da quello subito dalla ragazza israeliana che, il 7 ottobre, venne rapita sul serio dai militanti di Hamas per poi essere esposta, con le gambe spezzate, nelle strade di Gaza, onde consentire alla folla festante di bastonarla e di sputarle addosso. Detto questo, vogliamo anche aggiungere – e lo facciamo da ormai imbarazzatissimi filo israeliani della prima ora - che, blocco navale più o meno legale, questo episodio dei croceristi fermati nella loro velleitaria iniziativa “umanitaria”, Israele se lo sarebbe potuto proprio risparmiare...Neanche il Gianni Rivera dei tempi migliori avrebbe infatti fornito, su un piatto d'argento, un assist così ben riuscito a tutti coloro che, di professione, fanno gli odiatori dello Stato ebraico. Il fatto è che, purtroppo, come tragicamente dimostra anche la spietata azione militare che da troppo tempo viene esercitata sulla Striscia, in un Paese che, fino ad una ventina di anni fa, veniva definito (come si diceva allora) l' unico “faro di democrazia in Medio Oriente”, sembra adesso essere intervenuta una sorta di mutazione genetica che lo sta portando ad infischiarsene beatamente sia del diritto alla sopravvivenza delle popolazioni arabe, che del giudizio delle opinioni pubbliche a livello internazionale. Prima accennavamo al nostro attuale imbarazzo di fronte a scelte del governo Netanyahu che, oltre ad esasperare ulteriormente (ed in maniera irresponsabile) gli animi in Terra Santa, conducono anche, inspiegabilmente, Israele verso l'isolamento mondiale. Vuole davvero l'eterno Bibi ridurre il suo Paese alla stregua di uno “stato paria” come la Corea del Nord? Vuole proprio andare incontro a sanzioni politiche e commerciali che mettano in ginocchio un'economia tradizionalmente piuttosto brillante? Ci siamo chiesti cosa mai abbia potuto portare ad un cambiamento di indirizzo così radicale nella politica israeliana e pensiamo di aver trovato una risposta soprattutto a livello demografico. Israele è un Paese giovane, con una popolazione in crescita continua e che è composta da quattro gruppi fondamentali: gli ebrei laici (in genere di origine europea), gli arabi con cittadinanza israeliana, gli ebrei ultra-ortodossi e gli ebrei nazional-religiosi. Il primo gruppo, in passato rappresentativo di una netta maggioranza culturale e politica, ora è in fase calante; il secondo è rimasto costante, mantenendosi nella percentuale di circa il 20%. Gli altri due - che prima erano minoritari – stanno adesso, al contrario, prendendo il sopravvento numerico: ecco, dunque, da dove deriva l'affermarsi di un nuovo ordine sociale e di certe idee che prima erano marginali, ma che oggi cominciano, invece, sciaguratamente, a prevalere. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Può essere interessante ricordare che, quando nel 2014 venne approvato il Job Act, il provvedimento passò anche grazie al fattivo impegno di due autorevoli esponenti della CGIL: e stiamo parlando dell'allora presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano e della sottosegretaria al Lavoro,Teresa Bellanova che, in seguito, impareremo a conoscere anche come ministra dell'Agricoltura. In sostanza, si può, quindi, affermare che se il provvedimento in questione è stato soprattutto un prodotto targato PD (area bersaniana compresa), alla sua definizione hanno contribuito anche alcuni parlamentari di estrazione sindacale, lato Corso Italia 25. E forse non guasta neppure rammentare che quando fu Fausto Bertinotti a promuovere, nel 2003, un referendum per estendere la portata dell'art.18 anche alle imprese con meno di 15 dipendenti, gli allora predecessori di Elly Schlein – i vari Fassino, D'Alema & Co – non esortarono certamente i propri militanti a recarsi alle urne...Pertanto, almeno in quella circostanza, puntare sul mancato raggiungimento del quorum sembra non fosse poi tanto un bieco disegno reazionario, ma costituisse, invece, una legittima pratica democratica... Il fatto è che, entrati da alcuni anni (più o meno stabilmente) nella “stanza dei bottoni”, anche i nostalgici dell' Autunno Caldo si erano resi conto che certe regole – magari validissime negli Anni 70 – avevano però, gradualmente, fatto il loro tempo, perché guardavano ancora ad un mondo industriale che era ormai profondamente cambiato. Ed erano regole che, di fatto, alimentavano, tra gli imprenditori, forti ritrosie nell'assumere nuovo personale, nel timore di dover poi essere obbligati a farsi carico del mantenimento in pianta stabile di lavoratori che, per un motivo o per l'altro, fossero risultati inadeguati. Naturalmente, onde evitare che il licenziamento potesse degenerare in un capriccio del datore di lavoro, la norma voluta da Renzi interveniva, prevedendo la corresponsione fino a 36 mensilità, quale indennizzo dovuto al dipendente licenziato. E in effetti, a favore del Job Act, parlano anche i dati forniti recentemente dal Governatore della Banca d'Italia, Fabio Panetta, il quale, nella sua Relazione annuale, ha segnalato gli ottimi risultati che si sono registrati sul nostro mercato del lavoro negli ultimi anni. Contrariamente, infatti, a quanto sostengono Landini e gli altri promotori dei referendum, l'occupazione in Italia è continuata ad aumentare raggiungendo un picco storico, specialmente per quanto concerne i contratti a tempo indeterminato. E a Landini che racconta come a crescere sia stato, più che altro, il lavoro precario, Panetta, risponde testualmente (ed in modo abbastanza esaustivo) che “la crescita dell'occupazione è stata trainata dal lavoro dipendente a tempo indeterminato, a fronte di un calo di quello a termine, che risente maggiormente del ciclo economico.” In conclusione, ci viene da ironizzare pensando che oggi ad esaltare le qualità taumaturgiche dell'art.18 dello Statuto dei Lavoratori siano proprio i nipotini di quelle forze politiche che, a suo tempo, lo osteggiarono sia in Parlamento, che nelle piazze...Era il 1970 ed il ministro del Lavoro, artefice della storica riforma, fu il socialista Giacomo Brodolini. I Landini e le Schlein di allora, votando contro, mostrarono tutta la loro incapacità di percepire l'evoluzione dei tempi. Esattamente come i loro epigoni confermano di non percepirla neanche oggi. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Tra Calcio e Tennis Mentre la Nazionale di pallonara passa da una brutta figura all'altra, alimentando addirittura l'inaccettabile spauracchio della terza esclusione consecutiva dai prossimi Mondiali di Calcio, nel Paese – a livello di passione sportiva - sono in corso cambiamenti impensabili anche soltanto una decina d'anni fa. Noi stessi - che pure siamo appassionati tifosi di una squadra di Serie A - dobbiamo, comunque, confessare che non seguiamo una partita della Nazionale almeno dai tempi degli Europei di Londra, mentre, per nulla al mondo – o quasi, non esageriamo… - rinunceremmo oggi ad una finale di Wimbledon o del Roland Garros. Al momento – che, naturalmente, speriamo sia del tutto passeggero - la nostra gloriosissima Nazionale azzurra, oltre a perdere partite e credibilità, sembra, dunque, avere smarrito anche la capacità di emozionare e di egemonizzare l'interesse del pubblico sportivo, il quale, non a caso, sta cominciando ad orientare le proprie attenzioni verso altri tipi di sport. Su tutti, il Tennis, che, mai come in questo periodo, ha offerto ai giovanissimi delle nuove figure di riferimento nelle quali potersi identificare. Ed a questo proposito, anche i numeri parlano piuttosto chiaro, visto che in Italia, come rilevato da un'indagine di Social Data, nell'ultimo trimestre dello scorso anno, con 34.000 “mention” e 5,6 milioni di interazioni, Sinner si è imposto come il personaggio che maggiormente ha saputo polarizzare – anche in campo digitale - l'ammirazione e l'orgoglio del pubblico. Stiamo, pertanto, parlando di un boom che riflette la crescita di un gioco che, proprio grazie ai successi dello stesso Sinner - ma anche a quelli di altri assoluti protagonisti come Jasmine Paolini, Lorenzo Musetti o Sara Errani - sta ritagliandosi uno spazio sempre più ampio nei gradimenti degli Italiani. Argomenti tradizionalmente divisivi e coinvolgenti come un “fuori gioco” od un rigore non dato, cominciano, infatti, ad essere soppiantati, nei nostri discorsi, da altri tecnicismi quali il “doppio fallo” o il “tie break”, come mai era accaduto prima... Purtroppo, se proviamo ad individuare un calciatore italiano che sappia, oggi, entusiasmare le tifoserie come, in passato, seppero fare i vari Rivera, Mazzola, Riva, Baggio, Totti o Del Piero, non lo troveremo neanche a cercarlo col lanternino...Tuttavia, per quanto riguarda il presunto sorpasso del tennis sul calcio, non possiamo neppure escludere di trovarci, per ora, in presenza di un fenomeno che potrebbe anche essere transitorio, in quanto magari ancora troppo legato agli esaltanti risultati ottenuti sul campo da una straordinaria generazione di giocatori. Campioni che paiono ridestare la passione incontenibile che, mezzo secolo fa, aveva accompagnato i trionfi della mitica “Valanga Azzurra” di Gustav Thoeni and company, quando cioè tutta l'Italia si mise, improvvisamente, a sciare, dando così impulso ad un movimento turistico e ad una crescita commerciale che, da allora – pandemia a parte – non hanno, in effetti, mai conosciuto battute d'arresto. Due esperienze sportive che, tra l'altro, a distanza di circa cinquant'anni l'una dall'altra, si fondano – guarda caso - entrambe sulla leadership di due equilibrati e garbati fuoriclasse altoatesini, che ci hanno insegnato ed insegnano tuttora cosa significhi vincere o perdere con assoluto fair play. E che, oggi, sia proprio lo “stile Sinner” a rappresentare lo sport italiano nel mondo non può che giovare all'immagine del nostro Paese. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
L'incognita del referendum tra astensione, partecipazione e distinguo. Si conclude una tra le peggiori campagne referendarie della storia repubblicana, dove sul tavolo delle polemiche c'è tutto e il suo contrario, tranne il contenuto dei quesiti. Il centrodestra invita gli elettori ad andare al mare, a non recarsi ai seggi. La premier Giorgia Meloni riscopre una norma della circolare del Viminale che offre la possibilità di recarsi nella sezione senza ritirare la scheda. Tutti i ministri sostengono l'opzione astensionistica. Pd e Avs sono schierati per i cinque si. Più sfumate restano le posizioni di Azione, Italia Viva, M5s, che, da visioni diverse, comunque si recheranno alle urne. Divisi i sindacati. La CGIL sostiene i referendum per la tutela dei lavoratori e contro la precarietà. Altre organizzazioni sindacali, come la CISL, esprimono posizioni critiche riguardo alla loro adeguatezza rispetto alle attuali necessità del mondo del lavoro. L'appello di artisti e sportivi per la partecipazione. Dalla società civile ma anche da testimonial del mondo artistico o sportivo si moltiplicano gli appelli alla partecipazione. Scende in campo per il referendum sulla cittadinanza il cantante di origini tunisine Ghali. E ancora Malika Ayane, Giorgia, Brunori Sas e Marco Mengoni. Dal mondo sportivo arriva anche l'invito al voto dell'allenatore della nazionale di volley femminile vincitrice delle Olimpiadi di Parigi, Julio Velasco. Il peso politico del referendum. L'unica incognita resta ovviamente il quorum, ma anche se non lo si raggiungesse, un conto sarebbe registrare una partecipazione intorno al 30%, cosa diversa potrebbe toccare quote più alte di elettori, magari intorno al 40-45%. In quel caso la campagna per l'astensione non avrebbe influito granchè sul risultato finale. Noi pensiamo, pur rispettando le idee di tutti, che non esercitare il diritto di esprimersi attraverso il voto faccia male alla democrazia. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
A Gaza chiudono i centri di distribuzione di aiuti umanitari. A Gaza, l'ultima speranza umanitaria si è frantumata e guerra, fame, miseria e morte regnano sovrani. I centri di distribuzione degli aiuti hanno tirato giù le saracinesche. Sono rimasti aperti una sola settimana e sono costati al momento oltre cento morti tra la popolazione civile. Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), la controversa fondazione americana che ha affidato la sicurezza a contractor armati anch'essi statunitensi, annuncia che l'interruzione sarà solo di un giorno e serve per consentire “attività logistiche necessarie ad accogliere un maggior numero di persone”. La consegna dei pacchi del cibo riprenderà oggi, ma con gli stessi problemi organizzativi. Una gestione disastrosa. E' stata una settimana disastrosa per il nuovo sistema umanitario militarizzato, imposto da Israele con il sostegno americano, per estromettere le agenzie delle Nazioni Unite e le ong. “Così possiamo controllare che gli aiuti non vadano ad Hamas”, dicono le autorità israeliane. Martedì scorso aveva aperto il primo sito della Ghf a Tel al Sultan, a ovest di Rafah. Nelle ore successive e fino a ieri, migliaia di palestinesi affamati si sono presentati nei centri di distribuzione per prendere lo scatolone con gli alimenti, arrivando sul posto in anticipo rispetto all'apertura dei cancelli per paura dell'esaurimento delle scorte. La situazione è volutamente fuori controllo. Quattro soli punti di distribuzione per più di due milioni di gazawi sono ovviamente insufficienti: quando il sistema era in mano alle agenzie dell'Onu, i punti erano 400. La cronaca di questi giorni nasconde il progetto di occupazione e di controllo totale della Striscia di Gaza, e la deportazione dei palestinesi negli stati confinanti come chiesto da Trump a Netanyahu. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Trump alza del 50% i dazi di acciaio e alluminio per il resto del mondo La guerra commerciale ingaggiata da Trump non si ferma. Il presidente statunitense firma l'ordine esecutivo che porta dal 25% al 50% i dazi sulle importazioni di alluminio e acciaio per resto del mondo. Tutto avviene mentre le trattative con l'Unione europea e la Cina, aperte dopo la sospensione di parte delle tariffe in seguito alla escalation culminata ad aprile, non sono a buon punto. Trump ha invitato i partner a inviare le loro migliori offerte, per provare a dare una sterzata agli accordi, ma la fase rimane delicata e la sua strategia sui dazi, al momento risulta fallimentare. A distanza di parecchie settimane dal primo annuncio, pochi accordi commerciali si sono chiusi, e il clima di profonda incertezza domina ancora una volta i mercati finanziari. Le preoccupazioni degli investitori Gli investitori restano concentrati sulle tensioni commerciali, cui si affianca la revisione al ribasso delle prospettive di crescita degli Stati Uniti da parte dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. L'Ocse prevede ora un'espansione dell'economia statunitense di appena l'1,6%, in calo rispetto al precedente 2,2%. Le preoccupazioni per lo stato dell'economia statunitense sono aumentate quest'anno, con l'intensificarsi delle tensioni commerciali con altri Paesi, in particolare con la Cina. Nel frullatore dei mercati finiscono così gli stessi ingredienti che stanno segnando le ultime sedute. In testa, le tensioni commerciali tra Usa e resto del mondo (in primis Ue e Cina), mentre si attende già per questa settimana una telefonata distensiva tra Donald Trump e Xi Jiping. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Lo scontro politico tra maggioranza e opposizione sul referendum. Quella della premier Giorgia Meloni non è l'esortazione di Bettino Craxi di "andare al mare" nei giorni del referendum di 8 e 9 giugno, ma la ricerca di una inedita posizione di mezzo, tra astensione e partecipazione: recarsi ai seggi, ma non ritirare la scheda. Non ci sono precedenti nella storia delle nostre istituzioni repubblicane dal 2 giugno 1946 ad oggi. Nessun presidente della Repubblica, presidente del Consiglio, del Senato, della Camera è entrato in una sezione elettorale senza ritirare la scheda. L'atto di disobbedienza istituzionale inventato da Meloni non contribuirà a raggiungere il quorum che resta fissato al 50% più uno degli elettori . Cosa succede se ci si presenta al seggio senza ritirare la scheda? Una circolare del Viminale chiarisce cosa provoca la negazione del ritiro della scheda: “Per quanto attiene la rilevazione del numero degli elettori, appare utile rammentare che coloro che rifiutano la scheda non dovranno essere conteggiati tra i votanti della sezione elettorale”. In particolare, secondo le istruzioni per le operazioni degli uffici di sezione del ministero dell'Interno, "qualora il seggio abbia già registrato l'elettore nella lista o nel registro per l'annotazione del numero di tessera, occorre provvedere, nei relativi riquadri e colonne di tali documenti, a una ulteriore annotazione: non votante. Può inoltre verificarsi che l'elettore chieda che vengano verbalizzati suoi reclami o dichiarazioni di astensione dal voto o di protesta o di altro contenuto.Anche se Giorgia Meloni dovesse entrare nel seggio senza esercitare la sua preferenza per i referendum, la sua presenza non aiuterebbe la formazione del quorum. Ecco perché le opposizioni definiscono la strategia di Meloni come una “furbata”, perché così la premier non contribuirebbe ad aumentare il numero dei votanti e raggiungere la soglia necessaria per validare i risultati della tornata referendaria. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
L'eredità dei 2 giugno è la partecipazione Tra il 2 e il 3 giugno 1946, gli italiani scelgono attraverso un referendum la Repubblica costituzionale come sistema politico italiano. In quelle ore, partecipano 13 milioni di donne e 12 milioni di uomini, l'89,08% degli allora 28 005 449 aventi diritto al voto. Il 10 giugno 1946 la Corte Suprema di Cassazione comunica le percentuali: 54,27% per la Repubblica, 45,73% per la monarchia. Dunque l'opzione monarchica viene definitivamente sconfitta, dopo 85 anni di regno della dinastia dei Savoia, di cui venti di dittatura fascista, conclusa durante la Seconda Guerra mondiale. Dal referendum alla Costituzione Il nuovo corso determina la scelta dei componenti dell'Assemblea Costituente a cui viene affidato il difficile compito di redigere la Carta Costituzionale che entra in vigore il 1 gennaio 1948. A distanza di tutti questi anni, la Costituzione rimane ancora un faro, ma i suoi articoli non vengono applicati in modo completo. Anzi, in molti hanno tentato di renderli inefficienti, nel corso del tempo, con leggi imbrigliate da lacci e lacciuoli, con progetti di riforma dello Stato come il premierato e la nuova ipotetica legge elettorale che, nella sostanza, mettono in crisi il delicato sistema di pesi e contrappesi, la divisione dei poteri, il ruolo del Parlamento e del presidente della Repubblica, che introducono le preferenze. La partecipazione Tra pochi giorni, 8 e 9 giugno, saremo chiamati a scegliere su cinque referendum che riguardano lavoro e diritti, due temi fondamentali che condizionano la nostra vita quotidiana. Comunque la si pensi, quale sia l'orientamento politico, è importante che ci sia una grande partecipazione popolare. Questa è l'eredità che ci giunge dal passato. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Quando si parla di Medio Oriente, le opinioni che tendono a prevalere – anzi, forse addirittura ad uniformarsi – sono quelle che, in maniera sostanzialmente trasversale, ci spiegano che la pace in Terra Santa diventerà una realtà soltanto il giorno in cui Israele accetterà la presenza di uno Stato palestinese ai suoi confini. E se diplomazie, università e media insistono su questo tasto con tanta convinzione, sarebbe sconsiderato non prestare, alle loro argomentazioni, tutta l'attenzione che indubbiamente meritano. A voler essere però storicamente precisi, bisogna pure riconoscere che, in origine, i primi a ragionare in termini di “due stati e due popoli”, sono stati proprio gli Israeliani, i quali, fin dal 29 novembre del 1947, accettarono la Risoluzione 181 dell'ONU che prevedeva la spartizione del territorio palestinese fra due istituendi Stati: uno ebraico, l'altro arabo, con Gerusalemme sotto controllo internazionale. Il rifiuto di questo Piano da parte del mondo arabo condurrà – come noto – allo scoppio della prima guerra arabo / israeliana del 1948. Ed a questo proposito, ricordiamo che le truppe di Egitto, Siria, Libano, Transgiordania e Iraq invasero Israele proprio il giorno dopo la sua nascita ufficiale: il 15 maggio 1948. Passano gli anni (e sono anni insanguinati da entrambe le parti), ma, nel luglio del 2000 – anfitrione il presidente Clinton – a Camp David l'allora premier israeliano Ehud Barak mostra di credere ancora alla soluzione dei “due stati”, offrendo a Yasser Arafat uno Stato palestinese su oltre il 94% della Cisgiordania, tutta Gaza e con capitale a Gerusalemme Est. Una soluzione decisamente favorevole che, tuttavia, il Rais sorprendentemente rifiuta. Otto anni più tardi un nuovo leader israeliano – questa volta si tratta di Ehud Olmert – si spinge persino oltre Camp David, proponendo al presunto “moderato” Abu Mazen, ulteriori scambi di territorio per compensare gli insediamenti, il controllo congiunto sui luoghi sacri di Gerusalemme ed un ritorno parziale dei rifugiati palestinesi. Anche in questo caso però, l'offerta non verrà presa in considerazione. Nel frattempo, nel 2005, Israele – sotto il governo del generale Ariel Sharon, la cui fama non è certamente quella di un mite fraticello di Assisi – ha provveduto al ritiro unilaterale da Gaza, smantellando 21 insediamenti e dislocando altrove oltre 9.000 coloni israeliani. In cambio della rinuncia totale al territorio, Tel Aviv non riceverà mai ringraziamenti o attestati di amicizia, ma dovrà invece accontentarsi di una pressoché quotidiana razione di missili provenienti proprio dalla Striscia, ormai divenuta il feudo di Hamas. Viene, pertanto, legittimo avanzare il sospetto che a dividere gli Arabi dagli Israeliani non siano tanto gli aspetti territoriali, quanto quelli identitari. In altre parole, il popolo palestinese è disposto a coesistere con quello ebraico? A noi pare, quindi, che, se davvero si vuole la pace, oltre a chiedere ad Israele alcune indispensabili concessioni territoriali, sia soprattutto prioritario domandare ai Palestinesi di chiarire, una volta per tutte, se sia maturato o meno il loro “si” ad una coesistenza irreversibile e senza retro pensieri. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Razzismo nella polizia: il Consiglio d'Europa accusa l'Italia Il Governo di Giorgia Meloni affronta una nuova grana diplomatica nei rapporti già tesi con l'Unione europea. Questa volta l'accusa giunge da Bertil Cottier, il presidente della commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza del Consiglio d'Europa (Ecri). "La nostra raccomandazione verso il governo italiano è che conduca al più presto uno studio indipendente sul fenomeno della profilazione razziale nelle sue forze di polizia, per poter valutare la situazione", dice Cottier. Tena Simonovic Einwalter, vicepresidente di Ecri, racconta un fenomeno crescente in molti Paesi europei, agenti di polizia fermano le persone basandosi sulla base del colore della pelle, o sulla loro presunta identità o religione, e tutto ciò viola i valori europei. Italia e Francia sono nel mirino del rapporto. Si sono osservati invece margini di miglioramento nelle forze di polizia britanniche sul fenomeno della profilazione razziale. Uno dei mezzi che ha aiutato molto a migliorare l'operato delle forze dell'ordine, e aiutato la raccolta dati per effettuare studi a riguardo, è l'utilizzo di bodycam da parte degli agenti di polizia. Meloni: accuse vergognose Numerosi casi di cronaca, inchieste e processi hanno dimostrato che il tema sollevato in sede europea non è stato affrontato sul piano politico nel nostro paese. "L'Italia fu, nel 1949, tra i dieci stati fondatori del Consiglio d'Europa. Eppure oggi quello spirito originario sembra smarrito, sostituito da dichiarazioni sempre più faziose e lontane dalla realtà", spiega Giorgia Meloni. No, quello spirito originario permane. Invece di prendere atto che le accuse sono spesso fondate, cioè suffragate da prove e condanne anche giudiziarie, la premier Giorgia Meloni fa quadrato sull'operato di alcuni poliziotti, ma non aiuta a risolvere un problema che si trascina ormai da troppo tempo. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Trump avverte Putin: gioca con il fuoco. Cremlino e Kiev proseguono la guerra. "Ciò che Vladimir Putin non capisce è che se non fosse stato per me, alla Russia sarebbero già successe un sacco di cose brutte, e intendo davvero brutte. Sta giocando col fuoco!”. Così Donald Trump avverte Vladimir Putin. Secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, la Russia agirà per garantire la propria sicurezza indipendentemente dalle dichiarazioni di Donald Trump e dal fatto che sia in corso un processo di pace in Ucraina. "Le azioni di Kiev sono in contrasto con il desiderio di un processo di pace e, ovviamente, le condanniamo; non contribuiscono al progresso verso la pace”, ha sostenuto Peskov accusando Kiev di aver intensificato in modo significativo gli attacchi con droni e razzi occidentali in Russia. Le trattative. Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, in questi giorni a Mosca, andrà a Kiev nei prossimi giorni per colloqui sugli esiti del primo incontro con i russi a Istanbul che viene indicata da fonti russe come sede anche per il secondo round. Dopo aver incontrato Vladimir Putin e il capo negoziatore russo Vladimir Medinsky, Fidan ha parlato con il suo omologo russo, Serghei Lavrov. Sui negoziati interviene anche il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede. “Non è importante dove si terrà il negoziato tra russi e ucraini che tutti auspichiamo. Ciò che veramente importa è che questo negoziato possa finalmente iniziare, perché è urgente fermare la guerra. È urgente innanzitutto una tregua, per mettere fine alle devastazioni, alle città distrutte, ai civili che perdono la loro vita. E poi è urgente arrivare a una pace stabile, giusta e duratura, pertanto accettata e concordata da entrambe le parti”, ha spiegato Parolin. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il centrosinistra vince a Genova e Ravenna al primo turno. Taranto e Matera vanno al ballottaggio. Genova torna al centrosinistra. Silvia Salis agguanta la vittoria al primo turno e diventa sindaco. La stessa cosa avviene a Ravenna con Alessandro Barattoni. Taranto e Matera vanno al ballottaggio, dove comunque i progressisti sono avanti. Per le amministrative, centoventisei comuni al voto, due milioni di elettori hanno eletto nuovi sindaci e consigli comunali. Non c'è stato un crollo dell'affluenza che rimane stabile l'affluenza, al 56,3%. Il metodo Salis. Il risultato premia il metodo utilizzato da Silvia Salis durante la campagna elettorale. Ha messo da parte le polemiche, le divisioni, e ha scelto la strada del dialogo con i partiti, con le associazioni del volontariato laico e cattolico, ed è riuscita a ricompattare la coalizione dopo gli anni di Bucci ora Presidente della Regione Liguria. Si tratta della stessa intuizione che ha portato il centrosinistra, in particolare candidate donne, a riprendersi nei mesi scorsi l'Umbria e Perugia, a vincere a Firenze e in molte altre città. I dati delle amministrative dimostrano che quando il centrosinistra è unito e ha candidati credibili si afferma con maggiore convinzione. Ora il tema vero è come trasferire questa pratica a livello nazionale. E' vero che storicamente il maggioritario a doppio turno che prevede i ballottaggi favorisce il centrosinistra, ma è altrettanto confermato che a fare la differenza è un buon candidato che riesce ad unire, non dividere. Questo risultato è più facile ottenerlo in sede locale, nei territori, nel buon governo. I vari leader dell'opposizione nazionale dovrebbero mettere da parte l'individualismo, il protagonismo, il settarismo, la politica del particolare, e adottare invece la lezione genovese. Il metodo Salis. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Trump su Harvard: "Vogliamo nomi e Paesi degli studenti stranieri". Il presidente americano Donald Trump non recede dalla folle idea di impedire agli studenti stranieri di iscriversi all'Università Harvard, una decisione definita dall'università illegale e sospesa pure da un giudice. Trump vuole sapere chi sono quegli studenti stranieri, da dove provengono, perché l'amministrazione di Washington offre ad Harvard miliardi di dollari. "Harvard ha 52.000.000 di dollari, usateli e smettetela di chiedere al Governo Federale di continuare a concedere soldi a voi!", dice Trump. In realtà quella del tycoon contro Harvard è una vera e propria guerra contro le élite che lui non ha scelto. Uno scontro di potere. Come negli anni bui del maccartismo nella prima metà degli anni Cinquanta, gli Stati Uniti di Trump sprofondano nel nuovo tempo del sospetto, dove ogni opposizione culturale al pensiero dominante deve essere oggetto di repressione. Per Trump tutto è sospetto: la conoscenza, la scienza, l'informazione, la medicina, l'istruzione, l'intero scrigno della sapienza, il deposito di competenza, la trasmissione generazionale di esperienza. Tutto è sospetto perché non è controllabile. Allontanando quelle differenze l'America di Trump si isola e si scosta dai principi scritti nella sua Costituzione. Nella chiusura d'imperio di Harvard agli studenti di altri Paesi, il governo americano colpisce insieme tre bersagli emblematici di Trump: il mondo accademico, gli “stranieri”, lo spirito autonomo e ribelle delle generazioni studentesche che si succedono, vissute dalla Casa Bianca come focolai d'infezione progressista, di febbre ‘antiamericana' e di contagio woke. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La Corte Costituzionale riconosce le due madri di un figlio nato da Procreazione assistita. E' una sentenza destinata a compiere un passo avanti nelle battaglie sui diritti civili nel nostro paese. Il caso è quello di Glenda e Isabella, sposate e mamme di due bambini di tre e due anni: una figlia era stata riconosciuta, l'altro no perchè nato il 3 aprile 2023, un mese dopo la circolare del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, primo caso a Lucca che ne vietava il riconoscimento. Ora la Consulta mette la parola fine a questa vicenda: sostiene che è incostituzionale non riconoscere entrambe le madri di un figlio nato da Procreazione medicalmente assistita (Pma). La sentenza. Nella sostanza, la Corte costituzionale afferma che il mancato riconoscimento fin dalla nascita, con procreazione medicalmente assistita, dello stato di figlio di entrambi i genitori lede il diritto all'identità personale del minore e pregiudica l'effettività del suo “diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”.Non solo. Pregiudica “il suo diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. Quello che è stato stabilito dalla Consulta è un principio di civiltà giuridica nell'interesse di tutti i bambini contro una cultura legata a un unico modello di famiglia. È una sentenza storica che cambia la vita di tutte le donne che, con le compagne o le mogli, vogliono avere un figlio perché non dovranno più sottoporsi alla procedura di adozione. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Israele colpisce una delegazione Ue a Jenin. A Jenin, va in scena l'ultimo attacco di Israele contro gli osservatori internazionali nei territori occupati. L'esercito israeliano spara colpi di avvertimento in aria in presenza di una delegazione formata da almeno 30 fra diplomatici arabi, asiatici e dell'Unione Europea in visita in uno dei principali campi profughi palestinesi. Tra i diplomatici, c'era anche il viceconsole italiano Alessandro Tutino, che sta bene ed è già rientrato a Gerusalemme. Il comandante della divisione della Cisgiordania, il generale Yaki Dolf, ha chiesto un'indagine su quanto accaduto e si dice rammaricato. E pure il generale Hisham Ibrahim, capo dell'amministrazione civile della Difesa, ha ordinato ai suoi ufficiali di contattare immediatamente i rappresentanti dei Paesi coinvolti. Situazione fuori da ogni controllo. Il fatto è gravissimo e non ci sono più scuse. Ormai è chiaro che la macchina militare israeliana si muove al di fuori di ogni accordo umanitario, sopra le leggi, contro ogni controllo internazionale, e la guerra in corso a Gaza e Cisgordania rimane il conflitto personale di Netanyahu e del suo governo di ultradestra che vorrebbe cancellare dalla faccia della terra ogni presenza palestinese. "Le minacce contro i diplomatici sono inaccettabili", dice il ministro degli Esteri Antonio Tajani. “Siamo già in contatto con gli altri paesi colpiti per coordinare congiuntamente una risposta a quanto accaduto", sostiene il governo spagnolo. "Chiediamo a Israele di indagare su questo incidente e di portare davanti alla giustizia i responsabili. Qualsiasi minaccia alla vita dei diplomatici e' inaccettabile", manda a dire l'Alta rappresentante Ue per la Politica estera, Kaja Kallas. Le reazioni dei paesi colpiti da Israele sono dunque modeste, alcune persino imbarazzanti. Pure in Italia la politica rivela il livello modesto del dibattito di ieri con assenze ingiustificate sui banchi di maggioranza e opposizione. Il segno che neppure sotto i colpi del mortaio israeliano il nostro paese ha una politica estera degna d'essere chiamata tale. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La morte di Nino Benvenuti e il mito degli anni 60. Nino Benvenuti non c'è più, è morto a 87 anni: con lui e i trionfi del pugilato italiano , se ne vanno anche i ricordi di un paese innocente e sognatore, protagonista di una rinascita economica senza precedenti. Negli anni Sessanta, le immagini in bianco e nero dei match vinti da Benvenuti uscivano dal piccolo schermo attraverso i primi apparecchi televisivi, posti in bar e negozi. Il televisore era uno dei simboli del miracolo all'italiana dove tutto è possibile, persino raggiungere il settimo posto tra i Paesi più industrializzati. Crescono i settori tessile, siderurgico, meccanico, chimico, edilizio. Vengono scoperte nuove forme di energia. L'Italia sceglie la ricostruzione a tre punte (automobile, gomme e benzina), e la affida a Vittorio Valletta, alla famiglia Pirelli e a Enrico Mattei. Tutti assumono, tutti comprano, tutti consumano. La televisione, la macchina, la casa in affitto saldata con il mutuo, le vacanze al mare e in montagna, agli italiani pare di essere ricchi. E in mezzo a questa euforia sale la popolarità di Nino Benvenuti. Dall'oro olimpico di Roma al mitico Madison Square Garden di New York. La carriera di Nino Benvenuti si snoda lungo l'arco di dieci anni. Oro olimpico ai Giochi di Roma 1960, poi campione mondiale dei pesi superwelter e dei medi tra il 1967 e il 1970, quando perde in un match storico contro l'argentino Carlos Monzon. Negli anni precedenti la grande rivalità con Emile Griffith che lo rende celebre in tutto il mondo. La notte del 17 aprile 1967, almeno 18 milioni di italiani restano svegli, lo vedono battere l'americano Emile Griffith negli attimi in cui diventa campione del Mondo dei pesi Medi. Contro Griffith e Monzon, Benvenuti combatte 5 match entrati nella storia della boxe mondiale. Il ko al terzo round, l'8 maggio 1971 a Montecarlo contro Monzon, è stato l'ultimo incontro da professionista di Benvenu "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La seconda telefonata tra Trump e Putin e la tecnica degli annunci Quella andata di ieri è la seconda telefonata ufficiale tra Donald Trump e Vladimir Putin per tentare di fermare il conflitto tra Russia e Ucraina. Nella prima chiamatadel 18 marzo i due leader avevano concordato che il movimento per la pace inizierà con un cessate il fuoco energetico e infrastrutturale, nonché con negoziati tecnici sull'attuazione di un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero, un cessate il fuoco completo e una pace permanente. Le mosse successive non hanno portato un miglioramento della situazione militare, al di là dei cessate il fuoco il 20 aprile nel periodo pasquale e il 9 maggio durante la cerimonia dell'anniversario della vittoria russa sul nazifascismo. I raid di Mosca e le controffensive di Kiev sono proseguiti provocando stragi. Neppure la disponibilità del Vaticano ad avviare una mediazione ha funzionato. L'Europa resta divisa e comunque esclusa dai timidi negoziati, le maggiori organizzazioni mondiali umanitarie non vengono ascoltate. Due ore senza raggiungere un accordo Due ore è durata la telefonata tra Trump e Putin, ma non c'è un accordo di massima su come procedere con i negoziati. E' la tecnica degli annunci, degli stop and go che Stati Uniti, Russia e Ucraina ci hanno abituato. Mosca si dice pronta a lavorare con l'Ucraina su un memorandum per i futuri colloqui di pace, ma tutto resta etereo, e comunque per i russi un cessate il fuoco sarà possibile solo una volta raggiunti accordi appropriati. Per Putin, alla fine Russia e Ucraina troveranno dei compromessi, ma è necessario eliminare le cause principali della crisi. Nella sostanza, Trump ha espresso la sua posizione sulla cessazione delle ostilità, mentre Putin intende individuare i percorsi più efficaci per raggiungere la pace, Cioè nulla di nuovo. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il Regno Unito si avvicina più all'Europa. Verso la fine dell'isolamento. E' il primo passo dell'uscita dalla Brexit quello che accade oggi a Londra. Regno Unito ed Unione Europea firmeranno il primo grande accordo post Brexit: si tratta di un sensibile riavvicinamento di Londra all'Ue. Keir Starmer e Ursula von der Leyen siglano due documenti complementari su Difesa, sicurezza, giovani under 30, commercio. Ci sarà una dichiarazione comune sulle sfide del futuro. Il patto su difesa e sicurezza. Il punto di svolta è un patto su Difesa e Sicurezza. Gran Bretagna e le sue imprese potranno attingere cospicue risorse al fondo Rearm europeo. Si parla di almeno 150 miliardi di euro, ma a diverse condizioni: le imprese britanniche dovranno formare consorzi con quelle europee per i singoli progetti e il Regno Unito dovrà pagare una retta annuale, come quella prevista da Bruxelles dopo esser rientrata nel programma scientifico comunitario di Horizon, per cui Londra accredita circa 2,5 miliardi di euro all'anno sui conti della Ue. Il Regno Unito parteciperà al cosiddetto “Pesc”, ovvero la piattaforma politica estera e di sicurezza comune dell'Unione Europea. I rapporti commerciali. Verranno poste le basi per controlli fitosanitari, di carne e dei prodotti animali più rapidi, anche per assecondare Starmer e le piccole e medie imprese britanniche del settore che hanno avuto enormi problemi burocratici e finanziari ad esportare in Ue negli ultimi anni. La mobilità giovanile. I giovani europei e britannici under 30 potranno liberamente studiare e lavorare dall'altra parte della Manica, ma per un periodo limitato di tempo, in base a quote di accessi prestabilite e senza avere accesso al welfare. L'Ue ha chiesto fortemente il ritorno dell'Erasmus e delle rette universitarie ridotte per gli europei, ma su questo tema i britannici non hanno ceduto ."Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il Jobs Act, al momento al centro di un acceso dibattito referendario, rappresenta forse l'elemento più qualificante di tutta l'esperienza governativa di Matteo Renzi. Come è noto, si tratta del provvedimento – risalente al 2014 – attraverso il quale venne introdotta, sul mercato del lavoro, una misura che si poneva un duplice obbiettivo: da un lato quello di favorire la flessibilità per le imprese e dall'altro quello di fornire garanzie e tutele ai lavoratori, cercando di ottimizzare la compatibilità delle due esigenze tra di loro. Sui risultati prodotti dal Jobs Act, ci sembra di poter dire che siano stati piuttosto lusinghieri, considerato che, tra il 2015 ed il 2018, al provvedimento dell'esecutivo Renzi è stata attribuita la creazione di oltre un milione di posti di lavoro. Perno della riforma è stato l'introduzione del concetto di “tutele crescenti”, ossia di una forma di contratto a tempo indeterminato, con un meccanismo di protezione progressiva per il lavoratore che, sostanzialmente, costituiva un compromesso ragionevole tra flessibilità e garanzie. Tanto è vero che, nei primi due anni di applicazione del Jobs Act, l'adozione del contratto a tutele crescenti è subito aumentata del 36 %, mentre, contestualmente, diminuivano i contratti a termine. Da allora in poi, questa tendenza si è sempre più rinsaldata, rivelandosi un fattore fondamentale per quanto concerne lo sviluppo dell'occupazione industriale, divenuta ormai un fenomeno alimentato essenzialmente da assunzioni a tempo indeterminato. Certo, è anche vero che il Jobs Act, ha modificato la disciplina dei licenziamenti, abolendo l'obbligo di reintegro in caso di licenziamento illegittimo per sostituirlo con un indennizzo economico...ma ciò è, pur sempre, avvenuto sulla falsa riga di quanto già da tempo era d'uso nelle altre principali economie europee. Ci pare, quindi, di poter parlare di una riforma che diede l'impressione di scaturire da una Sinistra di governo che, sebbene con grave ritardo, aveva finalmente fatto propri i mai tanto rimpianti “meriti e bisogni” di cui Claudio Martelli già parlava al Paese più di quarant'anni fa. Francamente, per quanto possa essere mossa da una incontenibile frenesia di cancellare la stagione del riformismo renziano dalla memoria del suo partito, la scelta di Elly Schlein di sottoscrivere – senza neanche un minimo distinguo – le posizioni di Conte e Landini sul referendum del 25/26 maggio prossimi, ci è parsa sorvolare un po' troppo sulla dignità di tanti parlamentari ed esponenti del PD che, a suo tempo, quella riforma la votarono più che convinti e che oggi devono magari fare buon viso a cattivo gioco per il timore di non essere ricandidati alle prossime elezioni. Pertanto, se ad ispirare la leadership di Elly Schlein sono l'estremismo ambientalista o i recenti e confusi orientamenti in politica estera che hanno portato il PD a differenziarsi dal resto della Socialdemocrazia europea, allora ci pare proprio che Giorgia Meloni possa dormire sonni tranquilli e puntare a restare al potere persino più a lungo della regina Elisabetta. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Oggi il vertice di Istanbul sulla pace in Ucraina. E' il giorno della verità. A Istanbul Stati Uniti, Russia e Ucraina si giocano la propria immagine internazionale. L'orologio della Storia ci riporta esattamente all'aprile 2022 quando, proprio in Turchia, si tennero i primi tentativi di negoziati, falliti dopo poche ore senza alcun accordo. Le trattative tra Russia e Ucraina, iniziate subito dopo l'inizio della guerra erano culminate in una dichiarazione congiunta in dieci punti, stilata con la mediazione turca. L'Ucraina si impegnava a restare neutrale e non entrare nella NATO. La Russia cedeva sulle pretese di smilitarizzazione, con l'adozione di una legge specifica e, inoltre, dava il proprio benestare all'ingresso dell'Ucraina nell'Unione Europea. L'Ucraina chiedeva inoltre garanzie sulla propria indipendenza. Nella sostanza, a fine marzo 2022 tutto era pronto per la pace, ma il primo ministro inglese Boris Johnson e la diplomazia americana sono intervenuti presso il governo ucraino per far saltare l'accordo, incitando gli ucraini a continuare la guerra. Nulla è avvenuto di ciò che era scritto nel documento di Istanbul del 2022 e la guerra è arrivata fino ad oggi. La diplomazia sospesa tra speranze e incertezze. Il vertice di Istanbul parte tra speranze e profonde incertezze, perché le posizioni rimangono distanti e alcune reciproche richieste sono indubbiamente inconciliabili. Il rischio di un flop è altissimo. Sul piano militare i russi stanno avanzando e gli ucraini sono in difficoltà per il rallentamento delle forniture di armi promesse dagli americani e dagli europei. Putin vorrebbe comunque cercare di conseguire la condizione più vantaggiosa possibile prima di iniziare a discutere con i propri avversari. Gli ucraini, pur essendo maggiormente interessati di Mosca all'avvio di un eventuale negoziato, sembrerebbero ancora nutrire la speranza che un ulteriore prolungamento della guerra possa finire per svantaggiare i propri nemici anziché avvantaggiare Mosca. In particolare, Zelensky conta di ricevere maggiori aiuti di carattere militare e di ottenere le nuove sanzioni nei confronti della Federazione Russa nel caso in cui questo tentativo della diplomazia di intraprendere una soluzione negoziale dovesse fallire a causa del Cremlino. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Referendum, eredità della Costituzione, partecipazione. Un giorno ebbi l'occasione di intervistare Tina Anselmi, prima ministra donna, esponente democristiana, presidente della Commissione P2, staffetta durante gli anni della lotta di Liberazione. Le chiesi qual era la sua eredità politica. Mi rispose così: " Il valore più importante resta la partecipazione. Battersi perché questa libertà permanesse nel tempo, per le generazioni a venire, a futura memoria". Si riferiva alla Resistenza e a quella partecipazione negata dal fascismo e che esponenti politici di Governo e delle istituzioni vorrebbero escludere con la campagna di astensione per il referendum dell'8 e 9 giugno sui diritti del lavoro e sulla cittadinanza. L'astensione e il potere del voto. In generale penso male dell'astensionismo nelle consultazioni elettorali, anche se rispetto chi, deluso dalla rappresentanza politica, dai partiti, preferisce andare al mare. Ogni volta che preferiamo voltarci da un'altra parte, siamo già sconfitti. Figuriamoci quando a chiamarsi fuori dalla competizione politica sono membri delle istituzioni. Almeno in teoria, l'invito a disertare le urne è in contrasto con l'art. 48 della Costituzione e con l'art. 98 del testo per l'elezione della Camera che vieta di indurre gli elettori all'astensione. I presidenti di Regione Eugenio Giani (Toscana), Michele De Pascale (Emilia-Romagna), Michele Emiliano (Puglia), Stefania Proietti (Umbria) e Alessandra Todde (Sardegna), chiedono, da punti di vista diversi, la partecipazione degli italiani al voto di giugno. Hanno ragione. Comunque la si pensi, qualsiasi sia la propria posizione, non esercitare l'arma del voto è già una sonora sconfitta dello Stato. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Verso il vertice di Istanbul tra Russia e Ucraina I colloqui di pace tra Russia e Ucraina tornano a Istanbul da giovedì 15 maggio, nella prima sede dove si erano tenuti i primi negoziati all'inizio del conflitto. Allora i tempi non erano maturi per sedersi uno davanti all'altro e cercare se non una pace duratura, almeno un cessate il fuoco di media durata: la guerra era appena partita, alla guida degli Stati Uniti c'era Joe Biden che armava Kiev, la Russia era pesantemente sanzionata, l'Europa, pur divisa nella sostanza, manteneva un asse politico tra Draghi, Macron e Scholtz. Oggi lo scenario geopolitico è cambiato: russi e ucraini non hanno vinto la guerra, a Washington c'è Donald Trump che ha fatto del cessate il fuoco un cruccio personale esibito in campagna elettorale. Così Erdogan, il dittatore che usa la democrazia come una clava per colpire ogni forma di opposizione in Turchia, è diventato di nuovo l'ago della bilancia diplomatica quanto meno per aver offerto a Putin e Zelensky il luogo dove riprendere i trattati. Il cambio di scenario Non di soli auspici vive una proposta diplomatica, che vive anche per quanto è sostenuta con determinazione: l'appello di papa Leone XIV, le minacce di Trump alla Russia, il gruppo dei sostenitori di Zelensky deciso ad andare avanti nel progetto dei cosiddetti volonterosi. Putin, convocando i giornalisti in piena notte e annunciando il vertice di Istanbul, potrebbe aver compreso che margini di nuove perdite di tempo non ce ne sono e che è giunto il tempo di trattare ancora da vincitore, per tracciare vecchi e nuovi confini, per avviare con la Cina e gli Stati Uniti un nuovo ordine mondiale politico, economico e militare. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Leone XIV e la sfida all'intelligenza artificiale. Leone XIV non ha utilizzato mezze parole per descrivere le sfide della Chiesa e al primo posto ha messo l'intelligenza artificiale. Del resto, la scelta del nome indicato da Robert Francis Prevost va esattamente in questa direzione: il richiamo a Leone XIII, alla Rerum Novarum obbliga la Chiesa ad avviare una grande riflessione sulla modernità, sulla rivoluzione tecnologica, la robotica. Gli sviluppi dell'intelligenza artificiale comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro. Il Papa parte da qui. La riscoperta della dottrina sociale. Quella di Robert Francis Prevost è una chiamata missionaria per tutta la Chiesa. E in questo percorso c'è la riscoperta della dottrina sociale, avviata proprio da papa Pecci, Leone XIII, con il testo promulgato il 15 maggio 1891 nel quale per la prima volta il magistero dei pontefici affronta i temi delle questioni operaie, delle condizioni di lavoro, del diritto allo sciopero, dell'equità dei salari. Certo, a quel tempo la Chiesa intendeva rispondere all'avanzata delle teorie socialiste, ma presentava proposte concrete, a partire dall'associazionismo. La stessa Rerum novarum afferma che "per riformare una società in decadenza, è necessario riportarla ai principi che le hanno dato l'essere". Nella sostanza, deviare dallo scopo primitivo è corruzione, tornare a esso è salvezza. Prevost, Bergoglio e l'intelligenza artificiale. Non c'è solo il richiamo alla dottrina sociale di Leone XIII. Con la promessa di affrontare in primis i temi etici della modernità, Prevost si collega direttamente a quanto affermato da Bergoglio in numerosi vertici internazionali pubblici. A Davos e a Lima, in Perù, Francesco si era concentrato sul rischio che questi sistemi possano distorcere la nostra percezione della realtà, tramite fake news, deepfake. Prevost si incammina dunque lungo la linea tracciata da Bergoglio secondo cui la tecnologia potrebbe far aumentare le disuguaglianze, dare vita a una “dittatura tecnologica”, causare la diffusione di realtà fasulle, conferire un potere spropositato alle macchine. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il Conclave sceglie il successore di Francesco: è Robert Francis Prevost. Il Conclave ha scelto il successore di Francesco: è Robert Francis Prevost, Leone XIV. E' il 267 esimo pontefice della storia della Chiesa cattolica, il primo americano. Dopo la fumata nera di mercoledì, anche nel secondo giorno erano ripartite le votazioni. Nelle prime, in nessun caso era stato raggiunto il quorum dei due terzi dei cardinali elettori, fissato a 89, necessario per eleggere il successore di papa Francesco. Poi alle 18.08 è arrivata la fumata bianca. Il nome Leone XIV non è stato scelto a caso dal nuovo papa che lo lega alla spinta verso il rinnovamento della società che Leone XIII aveva indicato nella Rerum Novarum. Chi è Robert Francis Prevost. Nato 69 anni fa a Chicago da una famiglia di origini italiana, francese e spagnola, Robert Francis Prevost è stato nominato a sorpresa da papa Francesco, nel 2023, prefetto del potente dicastero dei vescovi, l'ufficio vaticano che seleziona i vescovi mondiali. Questo sacerdote agostiniano ha trascorso venti anni in Perù, dapprima come missionario poi, nominato da Bergoglio, come vescovo. Gran capacità di ascolto, riservato, pragmatico, è difficile trovare sue dichiarazioni sui temi caldi. È apprezzato da molti cardinali di varie aree, e per questo suo lavoro è riuscito a far convogliare sulla sua figura quella Chiesa lontana da Roma. Una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Nel suo primo discorso pubblico, Prevost si incammina sul solco teologico, culturale e politico di Francesco. Parla di una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante, collegandosi direttamente alle ultime parole di Bergoglio che aveva affermato che non può esserci pace senza un disarmo unilaterale. E per proseguire le indicazioni di Bergoglio, anche Prevost intende costruire ponti con dialoghi, incontri, per essere un solo popolo in pace. Il primo a congratularsi con il nuovo papa è stato Donald Trump, ma il pensiero di Prevost resta distante da quello del presidente americano, soprattutto su migranti e diritti civili. Due posizioni assolutamente inconciliabili. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Fumata nera. Il Conclave non trova l'accordo su successore di Francesco. Il successore di Francesco ancora non c'è, ma si sta delineando la sua figura spirituale, culturale, politica. I 133 cardinali riuniti da ieri in Conclave non trovano un accordo, ma la votazione non resta inutile, vuota, come scrive qualche distratto analista di cose vaticane. La prima votazione, nei fatti, serve a ridurre il numero dei candidati e a concentrare le forze su chi potrebbe unire la Chiesa cattolica lungo il cammino indicato da Bergoglio, perchè il complesso sistema che determina il governo vaticano non si può permettere divisioni lacerante. Del resto, la presenza di 50 mila fedeli in piazza San Pietro in attesa dell'esito della votazione e il pellegrinaggio di una consistente massa di persone provenienti da tutto il mondo, dimostrano le aspettative di credenti e atei dopo il pontificato di Francesco. Il primo scrutinio dunque non ha raggiunto il quorum di 79 voti, ma nessuno realmente se lo aspettava. Sarebbe stato un vero plebiscito sul nome favorito, quello del segretario di stato Pietro Parolin. Il mistero del ritardo. La prima fumata del Conclave 2025 è arrivata alle 21 di ieri. Il ritardo, rispetto all'orario ipotizzato, è di quasi 2 ore: rispetto all'ultimo Conclave che nel 2013 elesse Papa Francesco un'ora e 20 minuti in più. Da quello che trapela, i motivi del ritardo sarebbero dovuti alla lunghezza della meditazione tenuta dal cardinale Raniero Cantalamessa, durata 45 minuti, ma anche il fatto che i porporati, oltre ad essere diciotto in più rispetto al 2013, nella maggior parte sono neofiti e diversi di loro non parlano italiano. Quindi le operazioni di voto hanno preso decisamente più tempo. Si riprende oggi con quattro turni di voto, due al mattino (10.30 e 12.30) e due al pomeriggio (17 e 20). "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La pista neofascista alla base della riapertura dell'inchiesta sull'omicidio di Fausto e Iaio. Non è cosa semplice riaprire un'inchiesta 47 anni dopo un duplice omicidio politico come quello di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, uccisi a Milano, il 18 marzo 1978, in pieno rapimento di Aldo Moro. I ragazzi vennero attesi in via Mancinelli, nel quartiere Casoretto, da tre killer provenienti da Roma, due con l'impermeabile chiaro e uno con il giubbotto marrone. Uno di loro sparò contro i due ragazzi di sinistra otto colpi di pistola utilizzando la tecnica del sacchetto di plastica per trattenere i bossoli. Le vie di fuga percorse, le moto utilizzate, dimostrano che l'agguato era stato preparato con cura da una rete logistica composta da neofascisti milanesi. In una intercettazione ambientale nel Bar Pirata, luogo di raduno di destra, gli investigatori ascoltarono la telefonata di uno che aveva dimenticato nel locale un impermebile bianco. I poliziotti di Roma perquisirono la casa di un noto esponente della destra e vi trovarono fotografie di Fausto e Iaio, oltre a lettere e documenti compromettenti. L'ultima inchiesta. La giustizia parte oggi dove aveva fallito nell'anno 2000, dal decreto della Gup Clementina Forleo che archiviò l'indagine su Massimo Carminati, l'uomo poi coinvolto nell'inchiesta su Mafia capitale, Claudio Bracci e Mario Corsi detto Marione, oggi popolare conduttore sportivo romano. Su questi tre nomi, e su altri non ancora identificati, ripartono i nuovi accertamenti. In particolare saranno comparati due documenti di rivendicazione: quello per l'omicidio di Fausto e Iaio e per l'attentato contro la sezione del Pci del quartiere Balduina a Roma, il 29 maggio 1978, entrambi firmati "Esercito nazionale rivoluzionario-Brigata combattente Franco Anselmi". Verranno verificate vecchie e nuove testimonianze di collaboratori di giustizia dell'estrema destra, analizzati documenti e indumenti sequestrati durante le perquisizioni del 1978, e molto altro ancora, con le tecnologie moderne. E' l'ultima possibilità per scoprire uno dei pochissimi omicidi politici degli anni Settanta rimasti irrisolti sul piano giudiziario, come l'assassinio di Valerio Verbano, avvenuto a Roma, il 22 febbraio 1980. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La guerra di Netanyahu contro la popolazione di Gaza. Benjamin Netanyahu avvia una nuova azione militare contro la popolazione di Gaza, favorendo così il piano di Donald Trump che vorrebbe spostare i palestinesi nei paesi confinanti e trasformare i territori occupati in una riviera per ricchi. Secondo Netanyahu, l'operazione punta a sconfiggere Hamas nella Striscia di Gaza, nel caso falliscano i negoziati sugli ostaggi: il presidente israeliano assicura che il blitz sarà intenso e la popolazione dell'enclave palestinese sarà spostata per la sua stessa protezione. Il falco ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, assicura che quella di Gaza sarà una vera e propria occupazione. La nuova ingiustificata mossa israeliana arriva mentre viene diffuso l'ultimo orribile bilancio : 52.567 morti, 118.610 feriti palestinesi, il 65% delle vittime sono bambini e donne, migliaia di persone risultano ancora disperse e sono presumibilmente morte. La guerra di Netanyahu e dell'ultradestra israeliana. L'annuncio di Netanyahu riceve una valanga di durissime critiche da parte di stati, istituzioni e associazioni mondiali, dimostrando che ormai quella di Gaza resta ormai la guerra di Netanyahu e dell'ultradestra israeliana contro i palestinesi. In migliaia partecipano alla protesta antigovernativa fuori dalla Knesset a Gerusalemme: la polizia ha disperso con la forza i dimostranti che bloccano la strada che conduce all'ufficio del primo ministro Netanyahu. Israele controlla già circa la metà del territorio di Gaza, compresa una zona cuscinetto lungo il confine con Israele e tre corridoi che corrono da est a ovest lungo la Striscia. Il via libera al piano è giunto in seguito all'annuncio della mobilitazione di decine di migliaia di riservisti per l'espansione delle operazioni a Gaza. Israele vuole aumentare la pressione su Hamas affinché negozi un cessate il fuoco più in linea con le sue condizioni. Idf non è d'accordo e chiede che l'operazione si svolga non dove sono ancora presenti gli ostaggi. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Trump ci ripensa: tra Putin e Zelensky c'è troppo odio, pace impossibile. Dalla pace in 24 ore alla pace forse impossibile è un attimo. Donald Trump è passato in pochi mesi dalla certezza di redimere in poco tempo le cause del conflitto tra Russia e Ucraina all'ammissione che Putin e Zelensky si odiano a tal punto di rendere un cessate il fuoco duraturo inprobabile. La faceva facile il presidente americano quando in piena campagna elettorale aveva convinto il mondo di essere in grado di fermare la guerra, omettendo, per mero calcolo politico, che le condizioni di una trattativa tra le due parti erano troppo radicate da far apparire, anche l'utilizzo della miglior tecnica diplomatica, una mera chimera irrealizzabile. Infatti le posizioni restano distanti. “Putin è cinico, dice di volere la tregua e continua ad attaccare", afferma Zelensky. “La riconciliazione è inevitabile, è solo questione di tempo. Le armi nucleari in Ucraina? Potrebbe non essere necessario usarle”, risponde Putin. Le manovre americane. Per comprendere lo stato confusionale in cui versa l'amministrazione americana basta osservare le ultime manovre di Washington. Kiev riceverà da Trump un sistema di difesa aerea Patriot, precedentemente diretto in Israele: sarà inviato in Ucraina dopo essere stato ricondizionato. Non solo. Gli alleati occidentali stanno discutendo la logistica di un eventuale trasferimento di un altro sistema Patriot da parte di Germania o Grecia. Il Dipartimento della Difesa ha dichiarato in una nota di "continuare a fornire equipaggiamento all'Ucraina da pacchetti precedentemente autorizzati", riferendosi ad armamenti prelevati dalle scorte esistenti e a nuovi acquisti. Nella sostanza, da una parte ci si prepara allo scenario peggiore, dall'altra si mettono le aventi: la pace tanto agognata, con ogni probabilità non ci sarà. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Vi ricordate di quanto a lungo abbiamo dovuto subire la fandonia propagandistica, secondo la quale quella tra Mosca e Kiev era essenzialmente una guerra “per procura”, combattuta cioè dagli stolti Ucraini, i quali si lasciavano abbindolare da un aggressivo Occidente che, cinicamente, li manovrava contro un Paese pacifico e democratico come la Russia di Putin? Davvero strano – ci siamo subito domandati allo scoppio del conflitto – che l'Unione Europea volesse assurdamente rimanere al freddo e rallentare i giri del suo motore economico, andando a molestare proprio il suo principale fornitore di gas a prezzi che, tra l'altro, erano, generalmente, sempre stati piuttosto ragionevoli…Strano anche che gli Stati Uniti, con tutti i problemi che, da anni, dichiarano di avere sullo scacchiere indo – pacifico, dispiegassero intenzionalmente tanti mezzi finanziari e militari per contrastare un'economia che in fondo – non dimentichiamolo – ha pur sempre un PIL che non eguaglia neanche quello della Spagna e che, quindi, in definitiva, agli occhi di Washington – come a suo tempo ben chiarito dall'ex presidente Obama – rappresenta prevalentemente una potenza regionale. Eppure, questa visione distorta della realtà dei fatti, ha pericolosamente preso campo in strati abbastanza larghi delle società europee, tanto da coinvolgere, ai massimi livelli, anche qualche esponente religioso che si è spinto fino a parlare – vogliamo, di cuore, sperare per disinformazione e non per pregiudizio ideologico – di una NATO che, da troppo tempo, avrebbe abbaiato ai confini della Federazione Russa. Strano allora che, nel 2014, dinanzi all'annessione della Crimea – avvenuta certamente al di fuori delle regole del diritto internazionale – l'Occidente si fosse lasciato sfuggire un'occasione così ghiotta per regolare i conti con il Cremlino, preferendo, invece, fare assolutamente finta di non vedere quanto stesse succedendo… E poi, diciamocelo francamente, che razza di “guerra per procura” sarà mai quella in cui le armi vengono fornite a Zelensky con ritardi, vincoli e severi ammonimenti a farne un uso esclusivamente difensivo, al fine di non nuocere troppo al nemico? A ben riflettere, ci viene da ipotizzare che, forse, di “guerra per procura” se ne possa magari cominciare a discutere – sia pure a parti invertite – solamente adesso: soprattutto alla luce della delega che Putin sembra conferire all'emissario di Trump ogni volta che questo si reca a Mosca e, dopo aver ingoiato inospitali anticamere di otto ore, entra nella sala presidenziale, presentandosi all'autocrate russo con la mano appoggiata sul cuore in segno di devozione…Se questi sono i mediatori inviati da Trump, diventa allora corretto parlare di “guerra” o di “diplomazia” per procura, nel senso che, giunti ad un punto di così avvilente svendita della dignità americana, Putin può tranquillamente trattenere a casa i suoi ministri ed i suoi ambasciatori, perché tanto c'è l'Amministrazione Trump a sostenere la validità delle ragioni che lo hanno indotto ad aggredire uno Stato sovrano confinante… E a Zelensky non resta altro che fare buon viso a cattivo gioco, perché, in caso contrario, è ormai chiaro che il palazzinaro newyorkese non esiterà neanche un attimo ad abbandonarlo al suo destino…che poi, è quello, già segnato, dell' agnello sacrificale da dare in pasto all'orso moscovita."Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il nuovo anti Trump si chiama JB Pritzker: non daremo pace ai repubblicani. Non ci sono solo il vecchio Bernie Sanders e la giovane Alexandria Ocasio - Cortez, esponenti della sinistra democratica, che riempiono le piazze da mesi contro l'amministrazione guidata da Donald Trump. La nuova stella nascente dell'opposizione democratica si chiama JB Pritzker, miliardario ed erede degli alberghi Hyatt. Il governatore dell'Illinois ha chiesto agli americani di organizzare una mobilitazione di massa, una protesta continua. “I repubblicani non devono conoscere un attimo di pace”. La dichiarazione di JB Pritzker è diventata virale sui social e ha provocato le dure critiche dei conservatori, che lo hanno accusato di voler scatenare la guerra civile. "Quando era Donald Trump a invocare la rivolta, per i repubblicani era un legittimo gesto politico, se lo fanno gli oppositori diventa un atto illegale e pericoloso”, afferma Pritzker. Chi è JB Pritzker. JB Pritzker ha sessant'anni, laureato alla Duke University e con un dottorato in legge alla Northwestern University. Parla a molti settori del Paese: è stato un imprenditore di successo, investitore nelle startup tecnologiche, esperto di industria e servizi sanitari. Da sempre nel partito democratico, il miliardario, a cui è attribuito da Forbes un patrimonio personale di 3,7 miliardi di dollari, da politico ha mostrato di essere molto vicino alla base. Tra gli elettori democratici molti cominciano a vedere in lui il candidato ideale nel 2028. In un recente intervento nel New Hampshire, il governatore ha criticato quelli che definisce “democratici inconcludenti" che vogliono dare la colpa delle sconfitte alla difesa dei neri, dei ragazzi trans e degli immigrati, invece che alla mancanza di coraggio e determinazione. Le parole incendiarie di JB Pritzker hanno riacceso l'entusiasmo nella base democratica, dopo lunghi mesi di sbandamento. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Conclusa la sesta congregazione dei cardinali. E' terminata la sesta Congregazione dei cardinali in Vaticano in vista del Conclave che inizierà il 7 maggio alle 16.30. I cardinali scendono a 133 e si abbassa il quorum per l'elezione a 89 voti. Il cardinale Becciu ha annunciato il suo passo indietro. Secondo molti analisti e cardinali, questa volta il Conclave che sceglierà il nuovo papa sarà breve, massimo due o tre giorni. I cardinali ultraconservatori premono per un loro Papa, segnando quindi un'inversione rispetto alla linea tracciata da Francesco. Le voci su una svolta a destra dopo Francesco riflettono piuttosto i desideri di una piccola e rumorosa parte della Chiesa americana. C'è Raymond Burke, vescovo conservatore del Wisconsin e convinto sostenitore della Messa in latino. Dall'Africa, appartengono a questo gruppo due conservatori intransigenti, il cardinale Robert Sarah della Guinea e il cardinale Peter Turkson del Ghana. Tre italiani forti: Zuppi, Parolin, Pizzaballa. La domanda che ci facciamo tutti è se si continuerà sulla scia di Francesco. Penso che indietro non si debba tornare, perché il solco tracciato da Bergoglio marcia intorno a tre valori fondamentale: pace, solidarietà, sviluppo sostenibile. Infatti i tre cardinali forti in continuità con Francesco sono tutti italiani: Matteo Zuppi, presidente della Cei e Arcivescovo di Bologna, Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, e Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme. I tre candidati rappresentano però la sparuta minoranza degli italiani, 19 su 135, il 14 per cento. Erano 28 su 115 nel Conclave del 2013 che ha eletto papa Francesco, 20 su 115 in quello che elesse Benedetto XVI, 26 su 111 nel voto che incoronò Wojtyla. Fine diplomatico, Parolin è capace di collezionare consensi trasversali. È stato il Segretario di Stato voluto da papa Francesco. Zuppi proviene da Sant'Egidio, ha il profilo del pastore gioviale. Spirito sessantottino e capacità di navigazione democristiana, empatia nel contatto personale. Pierbattista Pizzaballa, il carismatico francescano a capo del Patriarcato latino di Gerusalemme che ha trascorso trent'anni in Medio Oriente. Su loro tre si accende la speranza della parte più progressista della Chiesa, ma la differenza la farà il voto moderato. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Putin annuncia tre giorni di tregua, ma Trump vuole un cessate il fuoco permanente. Putin adotta la tecnica della strategia della tensione in Ucraina, attacca e poi rallenta i raid, tanto che annuncia una tregua provvisoria di 3 giorni, dall'8 al 10 maggio, per le festività” del Giorno della Vittoria russa sul nazifascismo. Ma il presidente americano Trump vorrebbe un cessate il fuoco permanente e gli ucraini chiedono a Putin lo stop sia immediato e per almeno 30 giorni. Per Mosca, Kiev deve riconoscere la Crimea ai russi, compresi i territori conquistati. Secondo Trump, Zelensky sarebbe pronto a fare queste concessioni. Mosca dichiara la sua disponibilità a negoziati di pace senza precondizioni, miranti ad eliminare le cause di fondo della crisi ucraina e all'interazione costruttiva con i partner internazionali, ma questa volontà è sulla carta, non nei fatti. Intanto Ucraina e Stati Uniti stanno facendo progressi relativamente all'accordo sulle terre rare, anche se l'accordo definitivo, più volte dichiarato, non è mai stato raggiunto. Ora pare si possa giungere alla firma nei prossimi giorni, ma i vari aspetti del contratto restano ancorati allo scenario più globale su una pace duratura. Una tregua limitata e inesistente. La tregua imposta da Putin resta limitata ai soli tre giorni di maggio ed è nei fatti inesistente, come avvenuto a Pasqua, perché con ogni probabilità gli attacchi andranno avanti anche durante la breve sosta. Il Wall Street Journal rivela che in realtà il presidente russo sta espandendo basi e truppe ai confini Nato. A circa 160 chilometri dal confine con la Finlandia, nella città russa di Petrozavodsk, gli ingegneri militari russi stanno allargando gli spazi delle basi militari: Mosca prevede di creare un nuovo quartier generale dell'esercito per supervisionare decine di migliaia di soldati nei prossimi anni. Il Cremlino sta ampliando il reclutamento militare, rafforzando la produzione di armi e potenziando le linee ferroviarie nelle zone di confine. E' una guerra di lunga durata e i venti di pace sono lontani. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il Conclave e lo scontro all'interno della Chiesa. Da oggi le congregazioni generali della Chiesa cattolica affronteranno il nodo della successione di Francesco. Dovranno scegliere in primo luogo la data di inizio Conclave. Non si tratta solo di applicare le rigide norme procedurali che determinano la nomina di un nuovo Papa, ma anche di intrecciare calcoli politici e sensibilità ecclesiali delle varie correnti. I cardinali già presenti a Roma nei giorni tra la morte di Francesco e i suoi funerali hanno già avuto modo di confrontarsi sul futuro della Chiesa, ma il progressivo ingrossarsi delle file di porporati internazionali potrebbe orientare in modo diverso il voto. Il percorso del Conclave. Il Conclave può iniziare tra i quindici e i venti giorni dopo l'inizio della sede vacante. Bergoglio è morto il 21 aprile e la finestra di avvio del Conclave dovrebbe essere dal 5 al 9 maggio. Così prevedono le norme emendate da Joseph Ratzinger in anni ormai lontani, che avevano dato al collegio cardinalizio la facoltà di anticipare l'inizio del Conclave se consta della presenza di tutti i Cardinali elettori. Lo scontro tra continuità con Francesco e conservazione. Di certo non sarà facile scegliere tra un Papa in continuità con Francesco e un candidato espressione della parte più conservatrice che vorrebbe riportare la Chiesa ad una fase pre rivoluzionaria. Non è una questione di nazioni, lingue, culture, ma di annunciare il Vangelo al mondo di oggi, magari non esattamente come papa Francesco, ma nella sua linea teologica. Le istituzioni ecclesiali dovranno anche valutare con attenzione il caso del cardinale sardo Becciu a cui Francesco aveva tolto i diritti. Potrà comunque entrare in Conclave? I cardinali possono intervenire su una materia sulla quale si è espresso il Papa? Ai cardinali lontani da Roma non interessa granchè il caso, piuttosto pare più propensi a formare un gruppo di moderati per influenzare la decisione finale. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Il popolo di Francesco invade San Pietro. Camminano per ore in fila, attendono il loro turno ordinati, giovani e vecchi, volti di gente comune. E' il popolo di Francesco che invade la basilica e piazza San Pietro. Alcuni hanno compiuto lunghi viaggi in aereo, altri ancora hanno preso i treni, altri hanno solo attraversato il centro di Roma. Quello che conta è essere lì a testimoniare per essere responsabili. C'è la suora venuta da lontano accanto all'operaio di Torino, l'imprenditore della bassa padana vicino al pensionato spagnolo, i clochard Paolo, Mario e Angelo che avevano descritto al Papa la loro situazione a fianco di Teresa 16 anni, secondo cui Francesco "gli piaceva il calcio, era contro la guerra, difendeva i poveri", la ristoratrice veneta e lo studente universitario napoletano, il prete di strada genovese e il precario milanese. Un popolo che si identifica nella figura di Francesco. Uno di noi, si sente dire durante questo omaggio a Francesco. Quella apparsa a Roma in questi giorni, in forma spontanea o organizzata, è certamente una massa variegata, impossibile da quantificare, che attraversa ogni ceto sociale, identità religiosa o non credente, che mette insieme dialetti e lingue diverse, accomunati da due parole che da sole sarebbero un manifesto politico: solidarietà e pace. Uno di noi, significa anche l'identificazione di un popolo nella figura di Francesco. E questo, nella storia della chiesa, è accaduto ben poche volte. Ci vorrà tempo per comprendere anche sul piano sociologico questo fenomeno straordinario. Certo è che, in un mondo pieno di leader che assomigliano più a piccoli dittatorelli in cerca di un posto nel mondo, nella Storia Francesco ci era finito molto prima della sua morte terrena, nonostante fosse uno di noi. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Le nuove minacce di Trump a Zelensky: accordo o perdere il paese. Il presidente statunitense Trump parla di un accordo vicino con Putin sul conflitto tra Mosca e Kiev, ma intende imporre la sua pace al leader ucraino Zelensky che però non accetta gli aut aut. Allora Trump lo minaccia: o firmi l'accordo oppure perdi il paese. "La situazione per l'Ucraina è disastrosa: può ottenere la pace o può combattere per altri tre anni prima di perdere l'intero Paese", sostiene Trump". Il tono è quello che Trump ci ha abituato da quando è entrato alla Casa Bianca. In particolare, Trump critica Zelensky per quella che definisce una posizione "incendiaria" sulla Crimea che mette a repentaglio i colloqui di pace: l'Ucraina non riconoscerà l'annessione russa della Crimea. Le conseguenze sono immediate. Fallisce il vertice di Londra sul cessate il fuoco dopo il forfait del segretario Usa Rubio forfait. Trump manda avanti Vance e specifica la posizione americana: “Mosca e Kiev trovino un accordo sullo scambio di territori o ci ritiriamo”. Ma per Zelensky il primo obiettivo è quello di fermare le uccisioni. I negoziati restano ad un punto fermo. La narrazione trumpiana sostiene che l'accordo è vicino, ma quale idea di pace ha in mente? I nodi da sciogliere sono molteplici e di difficile soluzione, a meno di un ripensamento dei vari negoziatori sul piano geopolitico. Qualcosa potrebbe muoversi tra venerdì e sabato a Roma intorno alle esequie di Francesco. Zelensky ha chiesto a Trump un bilaterale. Stessa cosa potrebbe avvenire tra il presidente americano e Macron e con Starmer. Sarebbe un'occasione importante, forse unica, ma è una corsa contro il tempo che potrebbe rimanere per molti una desiderata. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
80esimo della Liberazione in un paese smemorato. Ottant'anni fa, proprio in queste ore, venivano impartiti gli ordini delle insurrezioni popolari delle città di Genova, Torino e Milano organizzate dai comitati di liberazione territoriali. Gli Alleati sono sulle rive del Po. Bologna e la Romagna sono libere. Genova, Torino, Milano si preparano all'insurrezione generale. Berlino è accerchiata dall'Armata Rossa. 25mila tra cannoni e mortai sono pronti ad aprire il fuoco. Le poche avanguardie partigiane del 1943, due anni dopo sono diventate un esercito con armi, munizioni, artiglieria leggera e pesante. La Resistenza non è più la somma della forza e del coraggio di partiti e movimenti antifascisti (comunisti, socialisti, democristiani, liberali, repubblicani, anarchici, monarchici), ma il progetto politico di una nazione che intende voltar pagina, cacciare i nazisti occupanti e i fascisti che li avevano serviti fino in quel momento. Almeno 250mila tra effettivi, staffette, fiancheggiatori. Oggi restano in vita ben pochi di quei partigiani protagonisti delle pagine epiche della Resistenza. Una memoria non sempre condivisa. Dai primi degli anni Novanta,ha preso forza il fenomeno del revisionismo, o peggio ancora del rovescismo dove i liberatori diventano carnefici e i veri carnefici si trasformano in vincitori. A questa operazione di maquillage hanno contribuito politici di centrodestra e centrosinistra, giornalisti, ricercatori, storici. Prima l'equiparazione tra i ragazzi di Salò e i resistenti dell'allora presidente della Camera Luciano Violante. Poi i libri del giornalista di sinistra Giampaolo Pansa intrisi di notizie vere, verosimili, visibilmente false, comunque non verificate. Fino ad arrivare ai nazisti del Reggimento Bozen uccisi dai gappisti in via Rasella in un atto di guerra contro un nemico occupante, trasformati in una banda musicale di semi pensionati, secondo il presidente del Senato Ignazio La Russa, e la lettura acritica del manifesto di Ventotene da parte della premier Giorgia Meloni. Il 25 aprile è scomodo e ancora divisivo perché, per un pezzo di italiani, il fascismo rimane una opzione possibile. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
L'eredità di Francesco, un papa rivoluzionario. Un papa rivoluzionario sul piano spirituale, culturale, politico. Così dovrebbe essere ricordato Francesco, la cui eredità difficilmente potrà essere contesa a breve, al di là dall'esito del Conclave dei primi di maggio. E' vero, il 70% dei cardinali nominati da Francesco porteranno anche nel segreto dell'urna il concetto di continuità, ma è altrettanto chiaro che un pezzo consistente del sistema ecclesiale si era cimentato in una strenua opposizione alle idee del papa durante il suo pontificato. A quella Chiesa tradizionale, conservatrice, non piaceva la visione del mondo di Francesco: la forte critica verso il capitalismo consumistico e globalizzato, senza etica; il richiamo alla manutenzione del Creato, alla bellezza, al rapporto tra uomo e ambiente; la lotta alla povertà, alle disuguaglianze; l'appello continuo alla pace tra i popoli e al disarmo mondiale. Una vita dedicata alla difesa degli ultimi e dei diseredati. Francesco ha vissuto lungo la linea sottile tra pace e militanza, lui che era giunto alla guida della Chiesa provenendo dal cono Sud dell'America, quello più povero, dei quartieri più degradati delle megalopoli come Buenos Aires. Quei gesti di comprensione per gli ultimi della Terra rimangono l'ultimo sforzo d'un uomo consumato dalla sua missione di fratellanza. Francesco era soprattutto un poeta, uno scrittore, un comunicatore, una persona dotata di una inarrestabile umanità.Un combattente fino all'ultimo, un uomo che non voleva morire nel letto di un ospedale, ma sul campo, in battaglia. E così è avvenuto. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
La tregua di Putin pasquale non ferma la guerra Quella decisa da Putin, alla quale ha aderito anche Zelensky, è una tregua di immagine, solo apparente. Solo dopo l'annuncio del leader russo si sono contati almeno 64 attacchi di Mosca in varie parti dell'Ucraina, e Kiev ha violato la tregua colpendo le città di Donetsk e di Gorlovka. Non c'è la volontà da parte russa e ucraina di porre fine al conflitto, e nemmeno esistono le condizioni politiche e militari per allungare di altri trenta giorni la tregua più volte annunciata da Trump. Una pace lontanissima Le azioni diplomatiche e le trattative di Riad restano soltanto sogni e promesse elettorali, e i documenti elaborati sono carta straccia. I soldati restano in trincea in attesa di nuovi ordini: la Casa Bianca incassa il segnale di tregua ma tace; Francia e Regno Unito non si fidano e proseguono il progetto dei 30mila cosiddetti volenterosi; l'Europa pensa a come neutralizzare Trump sui dazi commerciali, ma è sempre più divisa, con il nuovo asse del dissenso che corre lungo la linea Parigi, Madrid, Varsavia. La strategia russa è quella di tirare dritto con l'offensiva verso Zaporizhya. Per Kiev i margini sono ridotti all'osso: il Kursk è perso, gli aiuti militari americani sono nei fatti bloccati, il piano di riarmo europeo è solo sulla carta in attesa di una definizione della situazione della guerra commerciale. In ogni caso finché il cessate il fuoco non sarà formalizzato e non diventerà una condizione obbligatoria per i negoziati, la leadership russa manterrà la capacità di interrompere o continuare il conflitto, appendendo la situazione al filo sottile della propria scelta."Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it