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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8145OMELIA II DOM. DI PASQUA - ANNO C (Gv 20,19-31) di Don Stefano Bimbi Oggi il Vangelo ci mette davanti a un'immagine potente: le porte chiuse. I discepoli sono chiusi in casa. Non per comodità, ma per paura. Paura dei Giudei di fare la fine di Gesù, paura forse anche di sé stessi, per essere scappati via ed aver abbandonato il Figlio di Dio. Potrebbe essere che anche noi ci sentiamo così. Chiusi in qualche stanza interiore. Bloccati da dubbi, da delusioni, da una fede che a volte non sentiamo più. Oppure feriti, scoraggiati, arrabbiati con Dio, o semplicemente stanchi. Ed è lì, esattamente lì, che Gesù entra. Non bussa. Non rimprovera. Non dice: "Ehi, dove eravate quando ero sulla croce?". Entra. Si mette in mezzo. E dice: "Pace a voi". È la prima parola del Risorto. Non un'accusa, ma un dono. Non un "vi siete comportati male", ma un "sono qui per voi".Iniziamo a farci delle domande profonde. Dove nella mia vita sto tenendo le porte chiuse a Gesù? Ho il coraggio di lasciarlo entrare nella mia paura, nella mia confusione?Gesù nel Cenacolo fa un gesto strano ma essenziale: mostra le mani e il fianco. Non nasconde le ferite. Le ferite sono testimonianza della Passione e trofei della Resurrezione. Sono la prova che l'amore è sempre unito al dolore. Se vogliamo amare realmente dobbiamo essere pronti a soffrire per la persona amata. Lo sa bene una mamma che va a partorire. Lo sa ogni padre di famiglia che si sacrifica ogni giorno per dare sicurezza e benessere ai suoi cari.IL PERDONO DEI PECCATI ATTRAVERSO LA CONFESSIONECristo poi invia gli apostoli: "Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". Non dice: "Aspettate quando sarete più preparati e vi sentirete pronti". Li manda così come sono, ma pieni di Spirito Santo. La forza viene da Dio, non dalle capacità dei singoli apostoli. Tra l'altro la parola "apostolo" in greco significa "inviato". Per cosa Gesù invia gli apostoli nel mondo? Per portare la sua Parola e i sacramenti, segni efficaci della Grazia di Dio. Dice Gesù ai dodici: "Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati". Gesù dona lo Spirito Santo per rimettere i peccati. Da notare che il Signore stabilisce che il perdono dei peccati deve passare dalla Chiesa che, non a caso, è apostolica. E non dice: "A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, ci penserò io direttamente". Ma dice: "A coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati". L'insegnamento è chiaro. Chi vuole essere perdonato non può dire: "Non mi fido della Chiesa e poi i sacerdoti sono più peccatori di me, quindi io mi confesso direttamente da Gesù". Assolutamente no. No Chiesa? No confessione al sacerdote? Niente perdono dei peccati. Il Vangelo non poteva essere più chiaro di così!TOMMASO APOSTOLOPoi arriva Tommaso. Lui non era lì con gli altri la prima volta che è apparso Gesù risorto. Non ci sta a credere solo per sentito dire. Vuole toccare. Vuole vedere. E Gesù non si scandalizza. Anzi, otto giorni dopo torna, entra ancora a porte chiuse, e dice la stessa cosa: "Pace a voi". Poi si rivolge proprio a lui: "Metti qui il tuo dito... e non essere incredulo, ma credente". Gesù non ha paura del nostro dubbio. Lo incontra.Ciascuno di noi deve chiedersi se sta davvero cercando Dio, se approfondisce i temi della fede o è fermo a quello che ha imparato da piccolo. Avere un padre spirituale e fare un cammino di fede è essenziale per fare passi avanti. Altrimenti nella vita spirituale, se non si va avanti, si va indietro.Tommaso tocca, vede, e non dice: "Ah, ok, ora ho la prova, avevano ragione gli altri ora gli chiedo scusa". No, dice: "Mio Signore e mio Dio!". È un grido d'amore. È il momento in cui la Fede diventa un rapporto personale. Non più solo teoria. È relazione con Gesù.Dobbiamo chiederci se anche noi diciamo con Tommaso e nella verità: "Mio Signore e mio Dio". Oppure la nostra Fede è ancora solo una cosa esterna, fatta di abitudini?Il Vangelo di questa domenica in Albis ci chiama a fare pace con la nostra paura, a credere anche con le ferite addosso, a non avere vergogna dei nostri dubbi, ma soprattutto a fidarci di un Dio che continua a entrare, anche quando le porte sono chiuse.Beati noi - dice Gesù - se crediamo anche senza vedere. Beati noi se lo lasciamo entrare, ogni volta, anche nella penombra della vita di ogni giorno.SANT'IGNAZIO DI LOYOLAConcludiamo con una storia vera, di un uomo che non cercava affatto Dio, ma che lo ha incontrato proprio quando le speranze erano finite e tutto sembrava crollare.Il suo nome è Ignazio di Loyola. Da giovane non aveva nessuna intenzione di diventare santo. Era un nobile, un cavaliere. Gli interessavano la gloria, la fama, le armi e le donne. Voleva spaccare il mondo, essere ammirato, vincere battaglie. Non c'era spazio per la fede vera. Era cristiano di nome, come tanti oggi, ma il centro della sua vita era lui stesso. Poi, in una battaglia a Pamplona, fu gravemente ferito da una cannonata. Tutto crollò in un attimo. Costretto a letto per mesi, solo, immobile, con il futuro distrutto. Le sue "porte" erano chiuse: quelle dei sogni, della carriera, delle certezze. Ma lì, in quella stanza ferma, buia, noiosa, Ignazio cominciò a leggere. Cercava romanzi cavallereschi, ma trovò solo una Vita di Cristo e un libro sui Santi. All'inizio li leggeva per passare il tempo, poi… qualcosa cominciò a toccarlo.Ogni volta che immaginava le imprese dei cavalieri, si esaltava… ma poi gli restava dentro un vuoto. Ogni volta che pensava a vivere come San Francesco o come Sant'Agostino, invece, sentiva una pace nuova, più profonda. Fu il primo segnale.Non una visione, non un miracolo, ma un cambiamento dentro. Era Gesù che entrava, come nel Cenacolo, a porte chiuse. E da lì iniziò un cammino lungo, difficile, fatto anche di cadute, dubbi, lotte interiori. Ma quello che Ignazio cercava nel mondo, finalmente lo trovò in Cristo: la vera grandezza, la vera libertà, la vera gioia.E cosa disse alla fine della sua vita? "Prendete, Signore, e accettate tutta la mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza e tutta la mia volontà… a voi, Signore, restituisco tutto."Un uomo che voleva comandare su tutto, alla fine si consegna a Dio con tutto sé stesso. Questo è il potere dell'incontro. Questo è ciò che accade quando Cristo entra nonostante le porte chiuse.Anche noi, come Ignazio, abbiamo i nostri sogni, i nostri castelli, i nostri dubbi. Ma forse proprio lì, dove tutto sembra fermarsi, Cristo ci aspetta per cominciare qualcosa di nuovo. Oggi, se avremo il coraggio di dire come Tommaso: "Mio Signore e mio Dio", se ci fidiamo di quel "Pace a voi", anche noi possiamo cambiare rotta, ricominciare da dentro.Non è mai troppo tardi per incontrare Cristo. Lui entra anche se noi non lo stiamo cercando. Anzi, spesso entra proprio allora. Basta che noi lo riconosciamo come nostro unico salvatore!
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8122SANTA MARIA MADDALENA DE' PAZZI: IN PARADISO NON SI VA IN CARROZZA di Don Stefano Bimbi Come mai facciamo tanta fatica ad accettare la vita cristiana per quello che è: una via crucis che ha come obiettivo la risurrezione?Santa Maria Maddalena de' Pazzi (1566-1607), al secolo Caterina, nacque a Firenze in una nobile famiglia. Fin dall'infanzia, Caterina dimostrò una profonda inclinazione spirituale e una sensibilità straordinaria verso la preghiera e la contemplazione. All'età di nove anni faceva veglie e digiuni impensabili per una bambina. Trascorreva ore in adorazione del Santissimo Sacramento ed aveva visioni celesti. Subito dopo la prima comunione fece voto di verginità.A 16 anni entrò nel monastero delle Carmelitane Scalze di Santa Maria degli Angeli a Firenze, assumendo il nome di Maria Maddalena. Qui si dedicò a un'esistenza di preghiera, penitenza e servizio. La sua vita fu caratterizzata da intensi fenomeni mistici con cui Dio la preparava a soffrire per riparare l'ingratitudine degli uomini verso Gesù.A diciannove anni, iniziò il suo Calvario. Il Signore le chiese di cibarsi di solo pane, di dormire solo cinque ore, di indossare la veste più povera possibile e fare a meno di scarpe e calze. In una apparizione Gesù le mise sulla testa una corona di spine che le provocò un continuo mal di testa che aumentava ogni venerdì, giorno in cui si ricorda la passione e morte di nostro Signore. Una volta rimase quaranta ore in estasi e sperimentò la presenza di Maria al sepolcro potendo tenere tra le braccia il corpo esanime di Gesù.L'INFERNODal 1585 visse l'esperienza dell'inferno per cinque anni: udiva risate sguaiate, grida e bestemmie. Aveva visioni di diavoli che le causavano una grande tristezza. Un demonio la picchiava per diverse notti e la faceva cadere spesso dalle scale. Cercava la protezione di Dio, ma ne era allontanata da una forza sovrumana. Anche la vita religiosa le era diventata noiosa e per questo sentiva la spinta ad uscire dal monastero. Tutto sembrava inutile ed ebbe la tentazione di uccidersi con un coltello. La salvò all'ultimo momento il pensiero della Madonna che veniva spesso a trovarla per darle il coraggio di affrontare queste tremende prove. Per questo Maria Maddalena riusciva con pazienza a sopportare tutto. Nel 1590 fu finalmente liberata dalle persecuzioni diaboliche. Come premio Dio le dette la speciale grazia di vedere sempre Gesù al suo fianco.Grazie al suo esempio di vita riuscì a convincere tutte le consorelle del monastero a riformarlo per mirare solo alla gloria di Dio e a offrirsi eroicamente a Lui e ad amarsi le une le altre accettando qualunque sofferenza e umiliazione. La vita del monastero tornò ad essere austera come aveva insegnato santa Teresa d'Avila per la riforma dell'Ordine carmelitano.Un giorno una voce le disse che le restavano pochi anni da vivere. Sapendo che in Paradiso non si soffre più, con il permesso della superiora, chiese ancora sofferenza a Gesù, come se fosse poco quello che aveva vissuto. Gesù accettò la sua richiesta. Da allora la sua anima sperimentò l'aridità e fino alla morte fu bloccata a letto provando enormi dolori fisici. Diceva spesso: "La mia anima non è capace che della sofferenza".Morì il 25 maggio 1607, a soli 41 anni, lasciando un'eredità spirituale di rara profondità. Fu canonizzata nel 1669 da Papa Clemente IX, diventando testimone della spiritualità carmelitana e della devozione mistica. Le sue lettere e scritti riflettono un'intensa intimità con Dio e un amore ardente per l'umanità. È venerata come patrona delle malattie mentali e invocata per la guarigione spirituale.IN PARADISO NON SI VA IN CARROZZALa vita di Santa Maria Maddalena de' Pazzi non può lasciarci indifferenti e suscita delle domande importanti riguardanti la nostra fede. Per noi con il telefonino in mano è difficile accettare così tanto dolore. Ci sembra una prova tanto grande e può sembrare strano che Dio la permetta in una creatura che Egli ama. Però, a pensarci bene, lei è una santa e quindi se le nostre idee sul dolore e su Dio contrastano con la sua vita, forse dobbiamo cambiare noi le nostre idee. Non si può cambiare il fatto che la sua vita è questa e che è stata proclamata santa dalla Chiesa.Con un po' di sforzo, dobbiamo abbandonare l'idea che in paradiso ci si vada in carrozza, che Dio perdoni sempre e che ci chieda soltanto di andare alla Messa, di dire qualche preghiera e di mandare i figli a catechismo. Certo sono cose buone, ma non bastano per essere cristiani. Gesù dice chiaramente nel vangelo: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9,23). Evidentemente per seguire Gesù dobbiamo rinnegare noi stessi e quindi non puntare a "realizzare noi stessi", ma abbandonare la nostra realizzazione come scopo di vita e rinunciare alle comodità, alla vita agiata, a soddisfare ogni nostro desiderio. Del resto tutti i santi ci insegnano che sono diventati tali con forti privazioni e scelte radicali.Ma anche rinunciare a noi stessi non è sufficiente. Prendere la croce ogni giorno è necessario e comporta grandi sacrifici. Del resto se vogliamo seguire Gesù non possiamo non seguirlo nella via della croce. Se poi ci chiediamo come Dio padre possa aver permesso le grandi sofferenze di Maria Maddalena de' Pazzi, beh allora dobbiamo prima chiederci come ha potuto permettere che suo figlio morisse in croce tra atroci sofferenze come sono state ben rappresentate nel film della Passione di Mel Gibson. E poi la sofferenza di Maria in vedere così straziato il figlio? Flagellato, crocifisso e morto. Beh anche la Madonna ha sofferto tantissimo.ACCETTAZIONE DELLA SOFFERENZAInsomma la vita cristiana è tutto questo. E se uno dicesse «se è così, non voglio essere cristiano perché non voglio soffrire tanto», la cosa sarebbe curiosa in quanto anche i non cristiani soffrono. La differenza è che il cristiano sa perché soffre - per avere il paradiso - ed ha accanto a sé Gesù e la Madonna che lo confortano. Invece il non cristiano soffre, ma non sa il perché e non ha a chi rivolgersi... se non allo Stato per chiedere l'eutanasia.Insomma la vita cristiana non è una roba per stomaci delicati, una minestrina riscaldata che non sa di nulla. Il cristianesimo è fatto per uomini (e donne, ovviamente) veri e forti. E la forza non ci viene dalla nostra buona volontà, ma dall'aiuto che Gesù ci da facendoci partecipare al suo sacrificio. In fondo la Santa Messa è proprio questo: partecipare al sacrificio di Cristo che viene attualizzato nella consacrazione del pane e del vino. Lo dice anche il sacerdote prima della consacrazione: «il mio e il vostro sacrificio sia gradito a Dio padre onnipotente». Non è riferito al sacrificio di andare alla Messa, ma il sacrificio della nostra vita unito al sacrificio di Cristo sulla croce.Questo è il cristianesimo di cui ci parlano i santi. Santa Maria Maddalena è un fulgido esempio di accettazione della sofferenza per amore di Cristo. Del resto l'amore può esprimersi solo con la sofferenza per l'amato. Santa Gianna Beretta Molla che ha sacrificato la sua vita per partorire la quarta figlia (rimandando le cure per non far morire la figlia nel suo grembo) diceva: «Se amare non ci costa nulla, significa che non si ama veramente». Del resto ogni mamma che partorisce il figlio soffre per il parto, ma siccome sa perché soffre, accetta la sofferenza per amore del figlio. Insomma non c'è amore se non c'è sofferenza. Santa Maria Maddalena è un fulgido esempio di accettazione della sofferenza per amore di Cristo. Se è difficile per noi accettarlo, chiediamo a Dio la forza. Il Signore vincerà la resistenza che facciamo ad accettare l'amore come legge suprema della nostra vita.
Dal Vangelo secondo MarcoMc 12,28b-34In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual'è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". Il secondo è questo: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Non c'è altro comandamento più grande di questi».Lo scriba del Vangelo era preoccupato. Voleva sapere, tra tutti i comandamenti e i precetti quotidiani della Legge, quale è il più importante. Cercava, nella classifica dei comandamenti, quelli che può tralasciare; un po' come facciamo noi, quando vogliamo faticare meno nel credere. Puntava sulla cosa che conta di più o la più essenziale, si potrebbe dire. Voleva una via breve che raggruppasse tanti precetti per stare a posto con l'osservanza dei comandamenti. Ma quella scorciatoia ricordatagli da Gesù, ovvero “amare Dio, il prossimo e se stesso” è tutto, fuorché meno esigente. Supera sacrifici ed olocausti ingannevoli offerti a Dio. L'Amore vero è il compendio di tutta la vita cristiana. In effetti, nello spiegare il grande comandamento dell'Amore, Gesù mette in guardia contro tre rischi che corriamo costantemente, quando pensiamo alla fede e alle nostre relazioni interpersonali: pretendere di amare Dio fino a disinteressarci degli altri, illuderci di amare gli altri fino a dimenticare Dio, amare noi stessi al punto di diventare egoisti. I tre amori andrebbero sempre insieme, per una vera edificazione del Regno di Dio già su questa terra. Se hai capito anche tu, che è il tuo cuore a dover funzionare bene, amando sempre più concretamente Dio, il prossimo e te stesso; allora stai camminando nella direzione giusta. Buon fine settimana.D. Arthur S
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Fluent Fiction - Italian: Lost in History: A Pizza's Journey Through the Ancient City Find the full episode transcript, vocabulary words, and more:fluentfiction.org/lost-in-history-a-pizzas-journey-through-the-ancient-city Story Transcript:It: Bolliva Roma, quel bel pomeriggio di luglio, come una pentola borbottante e fumante di sugo rosso.En: Bustling Rome, that beautiful July afternoon, was like a bubbling and steaming pot of red sauce.It: Marco, un ragazzo bello ma un po' svampito, era in viaggio nella città eterna, lontano dalla sua abituale tana di Milano.En: Marco, a handsome but slightly absent-minded boy, was on a trip in the eternal city, far from his usual den in Milan.It: A ventidue anni, amante di sport, video games e pizza, aveva sempre vissuto avvolto dalle brume del nord, e ora avrebbe voluto esplorare i tesori del meridione.En: At twenty-two years old, a lover of sports, video games, and pizza, he had always lived enveloped in the mists of the north, and now he longed to explore the treasures of the south.It: Quel giorno, il profumo di Roma era un perfido miscuglio di aromi. Muretti di pietra caldi, erbe aromatiche, fumi d'auto... e, soprattutto, il seducente odore delle pizze cotte in forno a legna. Il suo stomaco scoppiava d'impazienza, e non aspettava altro che quella pizza del sud che tanto sognava.En: That day, the scent of Rome was a deceptive mix of aromas. Warm stone walls, aromatic herbs, car fumes... and above all, the enticing smell of pizzas cooked in a wood-fired oven. His stomach rumbled with impatience, and he couldn't wait for that southern pizza he had been dreaming of.It: Marco camminava lungo i sampietrini scintillanti di Via dei Fori Imperiali, il sole nel cuore e il vento nei capelli.En: Marco walked along the sparkling cobblestones of Via dei Fori Imperiali, with the sun in his heart and the wind in his hair.It: Però, quel suo senso dell'orientamento non era molto amico con le strade romane. Cercava una pizzeria consigliata da un amico, 'La Sfinge', ma senza un filtro GPS, si stava perdendo.En: However, his sense of direction was not very friendly with the Roman streets. He was looking for a pizzeria recommended by a friend, 'La Sfinge', but without a GPS filter, he was getting lost.It: Davanti a lui sorgeva un monumento vasto e circolare, con i suoi arcoscenici vuoti che evocavano le antiche glorie dei gladiatori di Roma, era il Colosseo. Un enorme errore di valutazione girò nella testa di Marco. "È uno strano nome per una pizzeria, ma..." pensò Marco, e senza pensarci due volte, entrò nel Colosseo, convinto di trovarvi la pizza più gustosa della città.En: In front of him stood a vast, circular monument, with its empty arches evoking the ancient glories of Rome's gladiators, it was the Colosseum. A huge miscalculation crossed Marco's mind. "It's a strange name for a pizzeria, but..." Marco thought, and without thinking twice, he entered the Colosseum, convinced he would find the most delicious pizza in the city.It: Ha passato ore là dentro, meravigliandosi della sua architettura. Già si immaginava pizzaiole in abiti romani a servire pizze nel mezzo dell'arena. "Quale scenario!" si esclamò. Ma dove erano i tavoli, le sedie, i cuochi e, soprattutto, la pizza? L'attesa stava diventando insostenibile.En: He spent hours inside, marveling at its architecture. He could already imagine pizza makers in Roman attire serving pizzas in the middle of the arena. "What a scenario!" he exclaimed. But where were the tables, chairs, cooks, and, above all, the pizza? The wait was becoming unbearable.It: Infine, un custode del sito storico, vedendo la sua confusione, gli spiegò l'errore. Marco si sentiva un po' stupido, ma anche sollevato. Aveva vissuto un'esperienza unica, perdendosi in un luogo pieno di storia pensando che fosse una pizzeria.En: Finally, a custodian of the historical site, seeing his confusion, explained his mistake. Marco felt a bit foolish, but also relieved. He had experienced something unique, getting lost in a place full of history, thinking it was a pizzeria.It: Ridendo di se stesso, ha fiutato una nuova traccia di pizza dal vento e ritrovato la strada verso "La Sfinge". Alla fine della giornata, con una pizza alle olive e bufala tra le mani, pensò a tutto il bel casino che aveva creato.En: Laughing at himself, he caught a whiff of pizza in the wind and found his way back to "La Sfinge". At the end of the day, with an olive and buffalo mozzarella pizza in his hands, he thought back to all the chaos he had caused.It: "Certo che ho preso una strada lunga per arrivare alla pizza!" pensò ridendo. Quella sera, Roma bruciava con un colore rosso più vivace, e la pizza di Marco non era mai stata così deliziosa. E da quel giorno in poi, Marco non ha mai più dimenticato il suo percorso verso la pizzeria. Anche se, ogni tanto, ancora rischia di fare una capatina in qualche museo pensando che sia il suo ristorante preferito.En: "Well, I took a long way to get to the pizza, that's for sure!" he thought, laughing. That evening, Rome burned with a more vibrant shade of red, and Marco's pizza had never been so delicious. And from that day on, Marco never forgot his way to the pizzeria. Although, every now and then, he still risks making a detour to some museum, thinking it's his favorite restaurant. Vocabulary Words:Bustling: BollivaRome: Romabeautiful: belloJuly: luglioafternoon: pomeriggiobubbling: borbottantesteaming: fumantepot: pentolared sauce: sugo rossohandsome: belloabsent-minded: svampitoboy: ragazzotrip: viaggioeternal city: città eternausual den: tana abitualeMilan: Milanolover: amantesports: sportvideo games: video gamespizza: pizzalived: vissutoenveloped: avvoltomists: brumenorth: nordlonged: volutoexplore: esploraretreasures: tesorisouth: meridione
Cercava parcheggio - Ospite Niccolò Valandro aka Johnny FainaQuesto show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/5496778/advertisement
Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand'ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Elisabetta RosaspinaEnigma Evita"Storia della donna che ammaliò il mondoMondadorihttps://www.mondadori.it/Giovedì 2 settembre 1971. Un carro funebre, partito dal cimitero Maggiore di Milano, sfreccia lungo la Riviera italiana e francese in direzione del confine spagnolo. L'autista non sa ancora chi sta portando a Madrid. I documenti identificano la defunta come Maria Maggi vedova De Magistris, ma l'eccentrico personaggio che accompagna il feretro, e si presenta come il fratello, sa che quelle carte mentono. Nella bara c'è il corpo mummificato di Evita, che per quattordici anni è stata sepolta sotto falso nome. Sta tornando dal marito, Juan Domingo Perón, l'ex presidente dell'Argentina, esule nella Spagna di Francisco Franco dopo essere stato deposto nel 1955 dalla Revolución Libertadora.Inizia così, con i ricordi tuttora vividi dello chauffeur italiano che inconsapevolmente contribuì a trafugare la mummia più ricercata al mondo, la biografia della donna che in patria continua a essere venerata come una santa. Oppure odiata come un'arrampicatrice senza scrupoli. Quel viaggio, in fondo, è anche la metafora della vita di Eva Duarte: un'esistenza vissuta a tutta velocità, bruciata dall'ansia di arrivare. Viva o morta, il suo traguardo è sempre stato Perón.Le intense pagine di Elisabetta Rosaspina la seguono da quando, sedicenne, partì dall'anonimato e dalla povertà della pampa verso il suo riscatto, nella Buenos Aires degli anni Trenta e Quaranta. Cercava fortuna come attrice, l'avrebbe trovata come politica e filantropa, fino a diventare la donna più potente dell'America Latina, capace di riscuotere l'ammirazione dell'Europa intera, allorché, nell'immediato dopoguerra, girò la Spagna, l'Italia, il Vaticano, la Francia, il Portogallo e la Svizzera in settantanove giorni di lussi e di misteri.Ha «regnato» sull'Argentina appena sette anni, consacrandosi all'amore per i suoi descamisados e all'odio per l'oligarchia, eppure sarà sempre circondata da intrighi e sospetti, idolatria e maldicenza. Persino sulle sue spoglie, «eternizzate» da un medico spagnolo, si scateneranno battaglie, e sulla sua memoria continueranno a scontrarsi sostenitori e detrattori. L'enigma di Evita, agli occhi del mondo, non è mai stato svelato.Elisabetta Rosaspina, giornalista, ha lavorato alla «Notte», al «Giornale» e al «Corriere della Sera». Nel 2019 ha pubblicato da Mondadori Margaret Thatcher, con cui ha vinto il premio Comisso nella sezione BiografiaIL POSTO DELLE PAROLEAscoltare fa Pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
Una nuova favola per dormire profondamente in pochi minuti. Questa volta seguiremo le avventure di un passerotto che ama ascoltare storie riguardanti i draghi tanto da volerne cercare uno a tutti i costi. Riuscirà il passerotto a trovare questo animale leggendario? Buon Ascolto Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Luciano Floridi"Festival Filosofia"https://www.festivalfilosofia.it/Festival FilosofiaVenerdì 17 settembre 2021, ore 16:00lezioni magistraliLuciano FloridiSovranità digitaleprenota il tuo posto: https://www.festivalfilosofia.it/Qual è l'impatto etico delle tecnologie digitali? Chi controlla le informazioni nell'infosfera?Luciano Floridi, Federico Cabitza"L'intelligenza artificiale"L'etica necessariaBompiani Editorehttps://www.bompiani.it/Una sera d'autunno del 1998, nell'Aula Magna dell'Università degli Studi di Milano, Carlo Maria Martini presentava con trepidazione il tema della decima Cattedra dei non credenti, dal titolo "Orizzonti e limiti della scienza". Martini esprimeva il desiderio di ascoltare da persone coinvolte in vario modo nell'impresa scientifica come vivessero le frontiere della loro conoscenza. Cercava una riflessione che si collocasse sull'orlo della scienza, una testimonianza sul conoscere al limite del non conoscere e sul credere al limite del non credere. La nuova edizione della Martini Lecture Bicocca vuole raccogliere l'eco di quella trepidazione. Luciano Floridi, una delle voci più autorevoli della filosofia contemporanea, e Federico Cabitza, tra i maggiori esperti di intelligenza artificiale, ci aiutano a scrutare un orizzonte che sembra sconfinato, ma davanti al quale ci si sente smarriti. Mentre si celebrano le "magnifiche sorti e progressive" dell'intelligenza artificiale una domanda si fa pressante: concorrerà alla costruzione di una nuova umanità o a un ecosistema nel quale l'uomo sarà ai margini?"Il mosaico della fraternità"Pensieri sull'enciclica "Fratelli Tutti"Antoine Courbain, Luciano Floridi, Roberto Repole, Rosanna VirgiliEdizioni QiqajonComunità di Bosehttps://www.monasterodibose.it/edizioni-qiqajonL'enciclica Fratelli tutti, impiantata nel “vangelo della creazione”, non lascia fuori nessuno. Siamo fratelli e sorelle perché condividiamo un anelito, una speranza, e perché siamo coinvolti tutti nel dinamismo della carità, dell'amore gratuito e oblativo che resta il segreto del mondo. Il cuore della fraternità è sentirci noi fratelli del creato e di ogni uomo e di ogni donna. Una fraternità universale perché uno solo è il Padre che è nei cieli e che tutti ha creato e tutti mantiene in vita con il suo infinito amore.(dalla “Prefazione” di Corrado LoreficeLuciano Floridi è professore di Filosofia ed Etica dell'Informazione, Direttore del Digital Ethics Lab dell'Oxford Internet Institute, all'Università di Oxford, e Turing Fellow presso l'Alan Turing Institute, nonché professore di Sociologia della comunicazione presso l'Università di Bologna. La sua ricerca riguarda principalmente l'etica dell'informazione e del computer, la filosofia dell'informazione e la filosofia della tecnologia. È presidente dell'Ethics Advisory Board dell'European Medical Information Framework. Tra le sue opere più recenti tradotte in lingua italiana: Infosfera. Filosofia e etica dell'informazione (Torino 2009); La rivoluzione dell'informazione (Torino 2012); La quarta rivoluzione. Come l'infosfera sta trasformando il mondo (Milano 2017); Pensare l'infosfera. La filosofia come design concettuale (Milano 2020); Il verde e il blu. Idee ingenue per migliorare la politica (Milano 2020); L'intelligenza artificiale. L'etica necessaria (con F. Cabitza, in pubblicazione, Milano 2021).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6487OMELIA XII DOMENICA T. ORD. - ANNO B - (Mc 4,35-41)Spesso il Vangelo ci presenta un Gesù dominatore delle malattie e delle potenze demoniache. Nel brano di oggi il suo potere si allarga fino ad abbracciare gli elementi della natura nella loro raffigurazione più grandiosa e potente: il mare. Il tema è fondamentalmente uguale, perché nel simbolismo della Bibbia, il mare, pur sottomesso al dominio di Dio, rimane un mondo carico di misteri e di pericoli, a motivo della profondità dei suoi abissi, dell'amarezza delle sue acque, del perpetuo fluttuare delle sue onde, della sua potenza distruttrice quando si scatena. Esso diventa perciò anche l'immagine più eloquente ed efficace delle forze del male, orgogliose e minacciose, che trovano una plastica raffigurazione nei mitici e favolosi mostri che la fantasia popolare colloca nei suoi abissi.DIO, IL SIGNORE DELLE FORZE DELLA NATURAEppure il mare, questa realtà potente e tumultuosa, è sottomessa a Dio. Dio era là quando nacque uscendo dal seno della terra; come un bambino indifeso lo avvolse di fasce (caligine) e lo vestì (nube). Il salmo responsoriale ed il vangelo, mentre sottolineano la signoria di Gesù sul mare, ci suggeriscono l'invocazione fiduciosa a Dio nel pericolo, e lo stupore e il timore di fronte alla potenza del Signore che comanda.Entrambi i brani scritturistici presentano lo stesso schema letterario: la situazione di pericolo (lo scatenamento delle forze del mare), l'invocazione fiduciosa di Dio, l'intervento miracoloso del Signore, l'azione di grazie (salmo), lo stupore e il timore (vangelo). Il tema della fede-fìducia nelle prove diventa centrale nel vangelo. Gesù fa agli apostoli la domanda-rimprovero: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?».È strano che Gesù rimproveri di mancanza di fede proprio quando essi gli si rivolgono pieni di fiducia. Evidentemente qui Gesù rimprovera non tanto la fiducia, quanto l'atteggiamento interessato per cui la fiducia è tutta rivolta ad ottenere qualcosa. Questa fede è troppo imperfetta.NON IL TUTORE DELL'ORDINE NATURALE...L'uomo primitivo aveva istintivamente il senso del sacro, viveva i suoi rapporti con la natura come se esseri divini presiedessero al divenire implacabile degli avvenimenti di cui lui si scopriva lo zimbello. Il mondo divino lo affascinava, ma gli ispirava una specie di sacro terrore. Cercava perciò di propiziarsi la divinità con riti magici. L'uomo moderno ha raggiunto un notevole dominio sulle forze naturali, e lo aumenta di giorno in giorno. La natura non gli incute più timore; vi si sente a suo agio, la sceglie come quadro e materia di un'opera storica da compiere con le sue proprie forze. L'atteggiamento dei suoi antenati gli appare come una sorgente di alienazione. Anche quando si trova dinanzi ad avvenimenti inattesi - un terremoto ad esempio - la sua reazione istantanea è quella di ricercarne la spiegazione scientifica e non più quella di rivolgersi al mondo divino.Questo comporta un mutamento (ed una purificazione) dell'immagine stessa di Dio. Dio non è visto più soltanto o principalmente come fondamento, garante e vindice dell'ordine della natura. Il Dio della fede è «altro» dal mondo, sta al di là delle sue leggi e non può essere raggiunto a partire soltanto dal mondo e dai suoi eventi.... MA IL DIO CHE IMPEGNA NELLA FEDEIl Dio vero non è il dio delle false sicurezze umane. Non è la formula risolutiva delle nostre difficoltà e dei nostri problemi: sarebbe un dio alienante, un surrogato, il dio tappabuchi. La nostra fede in lui non è né fuga né disimpegno. Ci sarebbe da sospettare di una fede tranquilla, facile, senza difficoltà. La fede è impegno continuo, proprio perché crede nonostante le tempeste in cui viene continuamente messa alla prova.Sarebbe una falsa fede quella che cercasse Dio solo come consolazione individuale e come soluzione diretta delle difficoltà nelle quali ci troviamo. Alla base di questa fede non ci sarebbe la disponibilità assoluta nei confronti di Dio, ma il tentativo di «utilizzare» Dio ai fini della nostra sicurezza. Aver fede significa abbandonarsi a Dio anche quando lui «dorme», perché sappiamo che nessuna difficoltà può vincerci; Dio le ha già vinte. Questo, però, non ci isolerà dal mondo fino a saltare i problemi del mondo, perché sappiamo che il piano di Dio è quello di liberare il mondo dal male, e che in questo processo di liberazione il cristiano è chiamato a collaborare, lottando al suo fianco, prendendo sul serio i problemi del mondo, senza perdersi di coraggio.
Estratto da "Occhi di marrone" di Iacopo MaccioniGiovane Holden Edizioni - www.giovaneholden.it"Tutti in fila. Molti col capo chinato in avanti. Tutti in fila, senza colori. Processione di morti, sequenza d’individui privati di voce. Hanno la bocca ma non parlano, orecchie e non odono, narici ma non odorano, mani e non palpano. Piedi. Piedi che non camminano. Simulacri. Uomini e donne trasformati in simulacri. Simulacri generati da un’esperienza nefasta, da una storia sventurata, da una sorte disgraziata, funesta, fatale. Tutti in fila pazienti, rassegnati, remissivi, sottomessi, sconfitti. Abdicati a un destino inimmaginabile, nascosto alla coscienza dai più. Forse da tutti. Simulacri.Cercava tra la folla quel volto. Cercava tra la folla gli occhi che spesso aveva incrociato coi suoi."Il 27 gennaio del 1945 le truppe dell'Armata Rossa, impegnate in un'offensiva in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.L'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1º novembre 2005 ha stabilito che il 27 gennaio diventasse il Giorno della Memoria, per commemorare le vittime dell'Olocausto.
Estratto da "Occhi di marrone" di Iacopo MaccioniGiovane Holden Edizioni - www.giovaneholden.it"Tutti in fila. Molti col capo chinato in avanti. Tutti in fila, senza colori. Processione di morti, sequenza d'individui privati di voce. Hanno la bocca ma non parlano, orecchie e non odono, narici ma non odorano, mani e non palpano. Piedi. Piedi che non camminano. Simulacri. Uomini e donne trasformati in simulacri. Simulacri generati da un'esperienza nefasta, da una storia sventurata, da una sorte disgraziata, funesta, fatale. Tutti in fila pazienti, rassegnati, remissivi, sottomessi, sconfitti. Abdicati a un destino inimmaginabile, nascosto alla coscienza dai più. Forse da tutti. Simulacri.Cercava tra la folla quel volto. Cercava tra la folla gli occhi che spesso aveva incrociato coi suoi."Il 27 gennaio del 1945 le truppe dell'Armata Rossa, impegnate in un'offensiva in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.L'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1º novembre 2005 ha stabilito che il 27 gennaio diventasse il Giorno della Memoria, per commemorare le vittime dell'Olocausto.
Ciao Italiani veri! Questa volta, sull'invito di Max, il saluto "Vero" e sentito lo fa Paolo. Max pensa che potreste essere un po' stufi di sentirlo fare sempre da lui. Sara non è per niente d'accordo! Ci piace la tempera e la simpatia di Max, vero? Piace anche a suo cugino che, come racconta Max, lo chiama con affetto "peparuolo" e lo "minaccia" di continuo "mo ti cresemo". Paolo e Sara si divertono tanto con questo siparietto
Giacomo Locci (pisano, ma ormai ferrarese di adozione da anni) ha imparato che per chi vive in Emilia il 25 Aprile è al Monte Sole e aveva piacere che fosse una storia narrata dagli animali perché la montagna, secondo Giacomo, è da sempre legata agli animali più che agli uomini. Cercava qualcosa che fosse adatto a tutti, anche ai più piccoli e che, fra le righe, potesse parlarci anche di quello che stiamo vivendo in questi giorni: le nostre speranze, le nostre paure, l'attesa di quello che sarà. Ha pescato da musiche e suoni della Resistenza, ma per chiudere ha scelto una canzone, Simonetta, che parla di altre frontiere del resistere e del partecipare, a scuola e nei quartieri.Queste letture fanno parte dell'evento Resis75nza - un racconto virtuale: https://www.facebook.com/events/253747542477463/
Un cargol vol saber on surt el sol, i en el seu viatge farà una colla d'amics que, plegats veuran cada dia d'on surt el sol. Conte amb cançó
"Tutti erano convinti e tutti speravano in una sentenza assolutoria che finalmente potesse spazzare via anni e anni di inchieste. È una verità che era ed è troppo scomoda per essere ricordata. Mentre saltavano in aria i nostri giudici, una parte dello Stato cercava Totò Riina e i suoi successori per capire cosa volessero per fermare quest’escalation di violenza". Lo ha detto l’ex pm di Palermo, Nino Di Matteo, in un dibattito a Milano durante la presentazione del libro “Il Patto sporco”, edito da Chiarelettere. "Delle stragi sappiamo tanto ma non sappiamo ancora tutto. Tutti dovrebbero fare uno sforzo decisivo per capire se assieme agli uomini di cosa nostra nelle stragi ebbero un ruolo soggetti non mafiosi, come io ritengo che sia molto probabile. La politica ha dimenticato. La grande stampa ha dimenticato," ha affermato Di Matteo.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5646REGGIO EMILIA: FRUSTA LA MOGLIE PER CONVERTIRLA ALL'ISLAM di Benedetta SalsiUn anno e otto mesi di reclusione (che non farà, perché la pena è sospesa), tremila euro di risarcimento e la revoca del divieto di avvicinarsi all'ex moglie e alla figlia.Questa la condanna inflitta ieri al marocchino di 36 anni accusato di aver preso a cinghiate la moglie italiana, pur di convincerla a convertirsi alla religione islamica.Erano nella stessa aula, ieri mattina. Lui da una parte, che continuava a scuotere la testa. Lei, 32 anni, sta di fianco al suo avvocato di parte civile, intenta a cercare di non incrociare mai il suo sguardo.Come giudica la sentenza?«Non sono tranquilla riguardo la revoca della misura, conosco l'elemento - risponde la vittima davanti al tribunale -. Ho una bimba da proteggere. Non mi fido... So che potrei trovarmelo in giro. Per questo ora chiederò al mio avvocato (Silvia Angelicchio, ndr) di inoltrare al giudice una nuova richiesta per il divieto di avvicinamento. La stessa che ha avuto fino a oggi».Ci racconti il suo calvario.«All'inizio, quando l'ho conosciuto, era un angelo; molto premuroso, avvolgente. Ma si è dimostrato un lupo travestito da agnello. Due mesi dopo il matrimonio ha iniziato a cercare di convincermi a convertirmi all'Islam».In che modo?«Cercava di far leva sul fatto che io sono una donna. 'Le italiane sono sporche e vanno purificate', mi diceva; 'altrimenti ti aspetta l'inferno eterno'. Continuava a ripetermi: 'Mi sei servita e basta, lo sai. Ti ho sempre usato e ho sempre approfittato di te'. Si rende conto? Per la cittadinanza. Quando eravamo fidanzati non era così. Altrimenti non l'avrei mai sposato».In che cosa ha modificato il suo stile di vita?«Mi ha addirittura fatto cambiare lavoro. Non potevo fare l'estetista perché ero troppo a contatto con i corpi e con gli uomini. Oggi faccio la commessa. Non potevo salutare i miei amici per strada. Ho chiuso diverse conoscenze: tutte quelle maschili; altre anche con alcune ragazze, diceva che erano troppo esuberanti e non voleva che le frequentassi».Ma l'ha condizionata anche sull'aspetto fisico?«Sì, mi obbligava a essere trascurata. Non potevo truccarmi, solo in maniera leggera. Mi diceva come dovevo vestirmi, voleva che mettessi il velo. Quando siamo andati in Marocco mi ha obbligato a indossare la tunica. Sennò, diceva, si vedono troppo le forme. E non potevo sedermi a gambe incrociate: era troppo provocante».La sua famiglia d'origine all'inizio era contraria al vostro rapporto.«Infatti tendeva anche ad allontanarmi dalla mia famiglia. Non potevo chiamare i miei genitori, che si erano trasferiti lontano, se non per cinque minuti a settimana. E se tornava a casa e mi vedeva triste erano botte; cinghiate, su un fianco. Mi aveva fatto un livido enorme».E altre violenze.«Una sera, senza motivo, per una futile discussione, mi ha rovesciato una teglia ancora calda piena di pollo e patate sulla testa. Per fortuna non sono rimasta ustionata; non era più così calda. Ma il segno lo porto dentro».Un altro uomo rispetto a quello che aveva conosciuto?«Un altro. Questo era sempre irascibile. Beveva. Ma il peggio, era la sua dipendenza da videopoker. Non lavorava e mi chiedeva sempre soldi. In una sola sera è stato capace di spendere anche mille euro alle macchinette».Crede di avere avuto giustizia?«Lui non aveva precedenti, per cui sono abbastanza soddisfatta. Ma vorrei che ripristinassero il divieto di avvicinamento. Spero davvero che stia lontano. Sono preoccupata. Ma ora almeno l'ho capito... L'amore è un'altra cosa. E devo essere forte, la vita continua».
- By Luca Severini, 3A Liceo Scientifico - Gli sembrava una giornata come le altre. L'unica differenza è che quel giorno c'era il sole e si sentivano cinguettare gli uccellini. Camminava sulla poca neve rimasta a terra, di ritorno dal lavoro. "Crack, crack, crack". Tirava dritto verso casa. Nella monotonia della sua vita, quel giorno gli appariva come una rinascita. Non era solo l'arrivo della primavera, avvertiva in sé una rinascita spirituale. Sì, forse era un po' metereopatico. Camminado si sentiva persino coccolato dal traffico cittadino, che non era molto intenso in quel tratto di strada. Stranamente era più eccitato del solito. Che fosse solo il tempo? No...Aveva fatto qualcosa che non doveva, qualcosa di stupido, che però lo faceva sentire vivo. Nell'armonia dei suoni, cominciò poco a poco a diventare paranoico. Sentì una macchina passargli vicino e frenare bruscamente. Nello stesso momento, lo distrassero le voci che fuoriuscivano dal bar lì a due passi. Quel solo istante ruppe completamente l'armonia dei suoni."Che quella macchina avesse frenato per me? Cercava me? Ma era subito ripartita! Impossibile! Resta calmo, calmati”, si diceva. “E quei tizi che parlavano al bar? Forse qualcuno mi stava osservando. Mi sta osservando qualcuno adesso?”, continuava a dirsi. “Devo solo continuare a camminare, devo solo arrivare a casa." ripeteva ossessivamente nella testa.Quella pacatezza che aveva all’ inizio della camminata ormai era solo un ricordo. I rumori nell'ultimo tratto di strada erano gli stessi, ma era lui a non essere più lo stesso. Cosa aveva fatto? Perché era così paranoico?Era arrivato a casa. Mentalmente annientato. Sconquassato emotivamente. Aprì la porta e la chiuse velocemente. I rumori del mondo fuori si spensero, e rimase in silenzio coi soli rintocchi dell'inquietudine.Nei giorni precedenti era entrato nel deep web, solo per curiosità, per sfizio. Aveva parlato con chi non avrebbe mai dovuto parlare, né trattare. Prese un pezzetto di carta e accese il computer. Voleva rimediare ai suoi errori. Cancellarsi dal sito a cui s'era iscritto ed evitare che le cose degenerassero. Cominciò a prendere appunti, scriveva velocemente, era nel panico; batteva forte le dita sulla tastiera senza tregua. Il pensiero della morte lo tormentava. Scriveva e pigiava tasti. Non si calmava. Improvvisamente qualcuno spaccò il vetro della finestra. Frantumi di vetri e poi Pam!...Pam!...Pam! Tre colpi di pistola silenziata alla schiena.Era morto, accasciato sulla scrivania, col braccio che penzolava giù.Dalla finestra rotta, la natura estasiata tornò a farsi sentire. L’assassino selezionò qualcosa con il mouse sul computer della vittima. Intanto, terribile era il gocciolio del sangue sul pavimento...
Da otto giorni Bernardo il Nero, nero, in verità, di pelle, di capelli, di peli fitti fin sulle mani grosse e nodose, si aggirava nei boschi di castagni e di quercie della sua regione, come un orso fuggito dalla gabbia. E a volte avrebbe ringhiato come un vero orso, di ira e di ferocia, se la sua missione non lo avesse costretto ad esplorare nel più perfetto silenzio le macchie e gli anfratti del luogo precipitoso. Cercava un nemico. Nemico in questo senso che egli, Bernardo, custode carcerario, padre di famiglia, integerrimo nelle sue funzioni di guardiano d'uomini, era stato sospeso per tre mesi dall'impiego, accusato di aver favorito, o almeno permesso, la fuga dal penitenziario, e precisamente dall'infermeria dove giaceva malato o finto malato, di un giovane pericolosissimo delinquente suo conterraneo. [...]
Se una notte * Storie dalle Storie di Erodoto * Viaggi e Meraviglie
Da otto giorni Bernardo il Nero, nero, in verità, di pelle, di capelli, di peli fitti fin sulle mani grosse e nodose, si aggirava nei boschi di castagni e di quercie della sua regione, come un orso fuggito dalla gabbia. E a volte avrebbe ringhiato come un vero orso, di ira e di ferocia, se la sua missione non lo avesse costretto ad esplorare nel più perfetto silenzio le macchie e gli anfratti del luogo precipitoso. Cercava un nemico. Nemico in questo senso che egli, Bernardo, custode carcerario, padre di famiglia, integerrimo nelle sue funzioni di guardiano d'uomini, era stato sospeso per tre mesi dall'impiego, accusato di aver favorito, o almeno permesso, la fuga dal penitenziario, e precisamente dall'infermeria dove giaceva malato o finto malato, di un giovane pericolosissimo delinquente suo conterraneo. [...]
Da otto giorni Bernardo il Nero, nero, in verità, di pelle, di capelli, di peli fitti fin sulle mani grosse e nodose, si aggirava nei boschi di castagni e di quercie della sua regione, come un orso fuggito dalla gabbia. E a volte avrebbe ringhiato come un vero orso, di ira e di ferocia, se la sua missione non lo avesse costretto ad esplorare nel più perfetto silenzio le macchie e gli anfratti del luogo precipitoso. Cercava un nemico. Nemico in questo senso che egli, Bernardo, custode carcerario, padre di famiglia, integerrimo nelle sue funzioni di guardiano d'uomini, era stato sospeso per tre mesi dall'impiego, accusato di aver favorito, o almeno permesso, la fuga dal penitenziario, e precisamente dall'infermeria dove giaceva malato o finto malato, di un giovane pericolosissimo delinquente suo conterraneo. [...]
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Una borta ci fiat - una volta c'era - Novelline popolari sarde, di Francesco Mango
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COME TOMMASO NELLE PIAGHE GLORIOSE DI CRISTO SIAMO ACCOLTI NELLE VISCERE DI MISERICORDIA DELLA CHIESA PER RINASCERE A UNA VITA NUOVA----Una fede oltre la carne. Come quella di San Pietro, come quella imparata da San Paolo. E' questa la parola del vangelo di oggi. Gesù oltrepassa la porta sprangata delle paure e dei dubbi, il velo ostinato che copre occhi e mente e cuore ed impedisce di riconoscere, oltre le apparenze, nelle pieghe della carne e della storia, la presenza certa e amorevole del Signore. Dio è. Dio è oltre la morte, oltre il peccato, oltre la contingenza che ci atterrisce. Ma per crederlo, ovvero sperimentarlo e appoggiare tutta la nostra vita su di Lui, occorre un supplemento d'anima, uno sguardo diverso, una testimonianza piantata nel cuore. Occorre una rivelazione celeste, che ci è donata per mezzo dell'effusione in noi dello Spirito Santo. Ecco quello che è mancato a Tommaso, come probabilmente a noi oggi: la fede. Ma la fede si impara: "La stessa professione della fede è un atto personale ed insieme comunitario. E’ la Chiesa, infatti, il primo soggetto della fede. Nella fede della Comunità cristiana ognuno riceve il Battesimo, segno efficace dell’ingresso nel popolo dei credenti per ottenere la salvezza... «Io credo»: è anche la Chiesa nostra Madre, che risponde a Dio con la sua fede e che ci insegna a dire «Io credo», «Noi crediamo»” (Benedetto XVI, Porta Fidei). Per questo Gesù non rimprovera Tommaso, ma lo invita a porsi in cammino, a diventare un "credente", ad imparare la fede, quella che oltrepassa la carne. E questo si può solo nella comunità! Tommaso era fuori quando, la domenica di Pasqua, Gesù è apparso agli altri apostoli. Gemello del Signore, Tommaso (questo significa Didimo), stava cercando, come tutti i gemelli, la parte di sé che gli era venuta meno! Cercava un segno nelle piaghe di Gesù, perché cercava un senso alle sue ferite, al dolore della sua vita: infatti, "colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all'assemblea canterò le tue lodi... Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch'egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che dalla morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita" (cfr. Eb. 2, 11-14). Tommaso, mosso dalla carne, dal bisogno di toccare e vedere, era andato a cercare il suo gemello, l'unica parte di sé che poteva dare compimento e completezza alla sua ita, ma lo era andato a cercare lontano dalla verità, dallo stesso corpo di Cristo che è la comunione,la comunità dei suoi fratelli. Forse voleva un rapporto diverso ed esclusivo, forse voleva seguire il suo istinto, gli schemi mondani, forse, semplicemente, era andato alla tomba, ancora incredulo. Di certo, come ciascuno di noi, Tommaso era andato a cercare il Signore, l'unico che poteva dare Pace alla sua vita, laddove la carne lo aveva guidato. E, come noi, aveva dimenticato che l'unico luogo dove ricevere la virtù soprannaturale della fede, dove toccare e vedere Cristo risorto, dove sperimentare il suo amore più forte della morte, è la Chiesa, la comunità. Ma il Signore ama Tommaso, e ama noi. E ci attende con pazienza, e viene a cercarci ancora. Tommaso torna nella comunità, ascolta l'annuncio, non crede, ma è lì, con i suoi fratelli. E tanto basta, e questo è tutto. Perchè esù torna dai suoi, e si fa presene, come il giorno di Pasqua, in questo giorno che,per il suo apparire, diviene un unico giorno, il grande giorno della vittoria sul peccato e la morte! Si, quest'oggi, domenica in albis, la Chiesa lo vive come il giorno di Pasqua, stesse antifone, stesso prefazio, ed è il segno dell'amore di Cristo che, risorto, dilata il tempo sino a che esso raggiunga anche ommaso, raggiunga ogni uomo. E così ogni domenica è Pasqua, perchè la resurezione, il perdono, la vittoria di Cristo attiri e assorba anche gli uomini più lontani, i tanti gemelli di Gesù dispersi a cercare quella parte di sé che manca perchè essi siano felici. E oggi i segni che Gesù stesso ha mostrato agli altri apostoli una settimana prima, i sacramenti della sua risurrezione, sono ora davanti a Tommaso. Ma, soli, non bastano. E' necessario, come lo è stato per i suoi fratelli, ricevere lo Spirito Santo, la Rivelazione del Padre che ha fatto beato Pietro, quel supplemento d'anima che libera lo sguardo oltre le ferite nella carne e induce ad oltrepassare le porte della sola ragione, della propria carne esigente di prove e conferme. E' l'amore di Dio, l'amore di Cristo sigillato dallo Spirito Santo, lo stesso che ha fatto conoscere a San Paolo Cristo non più secondo la carne, e lo ha colmato della speranza che non delude.E' lo Spirito Santo che, nel cammino della storia, condurrà san Tommaso, e ciascuno di noi, a riconoscere il nostro Signore e il nostro Dio, nelle nostre stesse piaghe, nelle ferite della nostra vita. La Croce gloriosa, la vita oltre la morte. E' questo il senso più profondo del Vangelo di questa Domenica, della stessa figura di Tommaso, un gemello nel cui cuore risuona sempre l'eco della presenza del proprio fratello. Gemello di Cristo, come ciascuno di noi. Per questo le sue ferite sono le nostre, e la fede non si ferma ad un evento registrato dai sensi, ma va al di là, alla presenza misteriosa eppure concreta e reale, della sua vittoria, della sua vita dentro la nostra vita. Nella Chiesa, nella comunità appare allora la fede: in essa si possono toccare le ferite di Cristo, le proprie ferite, e vederle trasfigurate, gloriose della gloria risorta. Toccare il dolore salvato, le piaghe gloriose della propria storia perché,invece di generare i peccati che colmino il vuoto e leniscano il dolore, i peccati generati dalla paura della morte, esse divengano la fonte di una vita nuova, donata a Cristo e ai fratelli. Nella Chiesa si impara dunque la fede adulta, che ama, che spera, che vive nella verità, che obbedisce, che non resiste al male, che si apre alla vita, che vive le relazioni nella castità e nel rispetto, libera dagli idoli di questo mondo. "Mio Signore e mio Dio", è la fede che vede l'amore di Dio in ogni piaga, e può abbandonarsi ad esso con fiducia, insieme con i propri fratelli, gemelli di Cristo. Credente, ovvero in cammino nella notte oscura dei santi, senza consolazioni, senza prove carnali, con la sola certezza sigillata istante dopo istante, quella della fede, di un amore che mai ci abbandona, mai.