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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8145OMELIA II DOM. DI PASQUA - ANNO C (Gv 20,19-31) di Don Stefano Bimbi Oggi il Vangelo ci mette davanti a un'immagine potente: le porte chiuse. I discepoli sono chiusi in casa. Non per comodità, ma per paura. Paura dei Giudei di fare la fine di Gesù, paura forse anche di sé stessi, per essere scappati via ed aver abbandonato il Figlio di Dio. Potrebbe essere che anche noi ci sentiamo così. Chiusi in qualche stanza interiore. Bloccati da dubbi, da delusioni, da una fede che a volte non sentiamo più. Oppure feriti, scoraggiati, arrabbiati con Dio, o semplicemente stanchi. Ed è lì, esattamente lì, che Gesù entra. Non bussa. Non rimprovera. Non dice: "Ehi, dove eravate quando ero sulla croce?". Entra. Si mette in mezzo. E dice: "Pace a voi". È la prima parola del Risorto. Non un'accusa, ma un dono. Non un "vi siete comportati male", ma un "sono qui per voi".Iniziamo a farci delle domande profonde. Dove nella mia vita sto tenendo le porte chiuse a Gesù? Ho il coraggio di lasciarlo entrare nella mia paura, nella mia confusione?Gesù nel Cenacolo fa un gesto strano ma essenziale: mostra le mani e il fianco. Non nasconde le ferite. Le ferite sono testimonianza della Passione e trofei della Resurrezione. Sono la prova che l'amore è sempre unito al dolore. Se vogliamo amare realmente dobbiamo essere pronti a soffrire per la persona amata. Lo sa bene una mamma che va a partorire. Lo sa ogni padre di famiglia che si sacrifica ogni giorno per dare sicurezza e benessere ai suoi cari.IL PERDONO DEI PECCATI ATTRAVERSO LA CONFESSIONECristo poi invia gli apostoli: "Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". Non dice: "Aspettate quando sarete più preparati e vi sentirete pronti". Li manda così come sono, ma pieni di Spirito Santo. La forza viene da Dio, non dalle capacità dei singoli apostoli. Tra l'altro la parola "apostolo" in greco significa "inviato". Per cosa Gesù invia gli apostoli nel mondo? Per portare la sua Parola e i sacramenti, segni efficaci della Grazia di Dio. Dice Gesù ai dodici: "Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati". Gesù dona lo Spirito Santo per rimettere i peccati. Da notare che il Signore stabilisce che il perdono dei peccati deve passare dalla Chiesa che, non a caso, è apostolica. E non dice: "A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, ci penserò io direttamente". Ma dice: "A coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati". L'insegnamento è chiaro. Chi vuole essere perdonato non può dire: "Non mi fido della Chiesa e poi i sacerdoti sono più peccatori di me, quindi io mi confesso direttamente da Gesù". Assolutamente no. No Chiesa? No confessione al sacerdote? Niente perdono dei peccati. Il Vangelo non poteva essere più chiaro di così!TOMMASO APOSTOLOPoi arriva Tommaso. Lui non era lì con gli altri la prima volta che è apparso Gesù risorto. Non ci sta a credere solo per sentito dire. Vuole toccare. Vuole vedere. E Gesù non si scandalizza. Anzi, otto giorni dopo torna, entra ancora a porte chiuse, e dice la stessa cosa: "Pace a voi". Poi si rivolge proprio a lui: "Metti qui il tuo dito... e non essere incredulo, ma credente". Gesù non ha paura del nostro dubbio. Lo incontra.Ciascuno di noi deve chiedersi se sta davvero cercando Dio, se approfondisce i temi della fede o è fermo a quello che ha imparato da piccolo. Avere un padre spirituale e fare un cammino di fede è essenziale per fare passi avanti. Altrimenti nella vita spirituale, se non si va avanti, si va indietro.Tommaso tocca, vede, e non dice: "Ah, ok, ora ho la prova, avevano ragione gli altri ora gli chiedo scusa". No, dice: "Mio Signore e mio Dio!". È un grido d'amore. È il momento in cui la Fede diventa un rapporto personale. Non più solo teoria. È relazione con Gesù.Dobbiamo chiederci se anche noi diciamo con Tommaso e nella verità: "Mio Signore e mio Dio". Oppure la nostra Fede è ancora solo una cosa esterna, fatta di abitudini?Il Vangelo di questa domenica in Albis ci chiama a fare pace con la nostra paura, a credere anche con le ferite addosso, a non avere vergogna dei nostri dubbi, ma soprattutto a fidarci di un Dio che continua a entrare, anche quando le porte sono chiuse.Beati noi - dice Gesù - se crediamo anche senza vedere. Beati noi se lo lasciamo entrare, ogni volta, anche nella penombra della vita di ogni giorno.SANT'IGNAZIO DI LOYOLAConcludiamo con una storia vera, di un uomo che non cercava affatto Dio, ma che lo ha incontrato proprio quando le speranze erano finite e tutto sembrava crollare.Il suo nome è Ignazio di Loyola. Da giovane non aveva nessuna intenzione di diventare santo. Era un nobile, un cavaliere. Gli interessavano la gloria, la fama, le armi e le donne. Voleva spaccare il mondo, essere ammirato, vincere battaglie. Non c'era spazio per la fede vera. Era cristiano di nome, come tanti oggi, ma il centro della sua vita era lui stesso. Poi, in una battaglia a Pamplona, fu gravemente ferito da una cannonata. Tutto crollò in un attimo. Costretto a letto per mesi, solo, immobile, con il futuro distrutto. Le sue "porte" erano chiuse: quelle dei sogni, della carriera, delle certezze. Ma lì, in quella stanza ferma, buia, noiosa, Ignazio cominciò a leggere. Cercava romanzi cavallereschi, ma trovò solo una Vita di Cristo e un libro sui Santi. All'inizio li leggeva per passare il tempo, poi… qualcosa cominciò a toccarlo.Ogni volta che immaginava le imprese dei cavalieri, si esaltava… ma poi gli restava dentro un vuoto. Ogni volta che pensava a vivere come San Francesco o come Sant'Agostino, invece, sentiva una pace nuova, più profonda. Fu il primo segnale.Non una visione, non un miracolo, ma un cambiamento dentro. Era Gesù che entrava, come nel Cenacolo, a porte chiuse. E da lì iniziò un cammino lungo, difficile, fatto anche di cadute, dubbi, lotte interiori. Ma quello che Ignazio cercava nel mondo, finalmente lo trovò in Cristo: la vera grandezza, la vera libertà, la vera gioia.E cosa disse alla fine della sua vita? "Prendete, Signore, e accettate tutta la mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza e tutta la mia volontà… a voi, Signore, restituisco tutto."Un uomo che voleva comandare su tutto, alla fine si consegna a Dio con tutto sé stesso. Questo è il potere dell'incontro. Questo è ciò che accade quando Cristo entra nonostante le porte chiuse.Anche noi, come Ignazio, abbiamo i nostri sogni, i nostri castelli, i nostri dubbi. Ma forse proprio lì, dove tutto sembra fermarsi, Cristo ci aspetta per cominciare qualcosa di nuovo. Oggi, se avremo il coraggio di dire come Tommaso: "Mio Signore e mio Dio", se ci fidiamo di quel "Pace a voi", anche noi possiamo cambiare rotta, ricominciare da dentro.Non è mai troppo tardi per incontrare Cristo. Lui entra anche se noi non lo stiamo cercando. Anzi, spesso entra proprio allora. Basta che noi lo riconosciamo come nostro unico salvatore!
Margherita Loy"Tutto ciò che resta"Postfazione di Dario VoltoliniHopefulmonster Edizioniwww.hopefulmonster.netSi può dire che la lingua madre di Margherita Loy sia direttamente l'italiano letterario. In questi tre nuovi racconti gli elementi portanti sono la possibilità della scrittura di essere semplice ma di aprire improvvise complessità, il gioco dei richiami tra il passato e il presente, la tensione tra la scena narrata e quella vista che si liquefà nel vissuto della parola, la rarefazione che è evocata con termini nitidi e precisi, i riverberi di infinite letture abitate da sempre, refoli bassaniani, il pensiero che gioca con le parole. E soprattutto la presenza dell'oggetto emblematico che catalizza verso sé le storie perdute e ne rende disponibile la narrazione.Abbiamo tre gioielli in questa raccolta. Ciascuno racchiude un mondo, conserva relazioni e affetti, vite irripetibili. Ma la loro essenza di gioielli riverbera su mondi, relazioni, affetti e vite il pregio del valore delle loro pietre, dell'oro, delle perle.Margherita Loy è una narratrice che nutre un personale rispetto nei confronti delle storie che racconta. Questo è un dato caratteriale che permea la sua prosa e la impreziosisce, sebbene la scrittrice mantenga con cura affilato il rasoio e appuntito il bulino al cospetto dei dolori e delle sofferenze. Margherita Loyo è nata a Roma nel 1959 e da molti anni vive nella campagna lucchese. Ha condotto programmi sui libri per l'emittente Videomusic, programmi culturali su Rai Radio Tre, tradotto libri per Astrolabio-Ubaldini Editore e pubblicato racconti sulla rivista “Paragone Letteratura” e nell'antologia Parole apparecchiate (2011) edita da Trasciatti Editore. Ha inventato libri d'arte per bambini per Gallucci Editore: La cameretta di van Gogh (2015, 2023); Magritte. Questo non è un libro (2021); Pop al pomodoro (2021). Per Zona Franca Edizioni ha pubblicato la raccolta di racconti V.O.L.A., Vino, olio, latte e acqua (2013), per Atlantide Edizioni i romanzi Una storia ungherese (2018), La dinastia dei dolori (2020) e Dio a me ha dato la collina (2022), mentre per l'editore Barta è uscito nel 2023 il romanzo Delia o mattino di giugno. Attualmente tiene un blog di letteratura e arte su “Il Fatto Quotidiano”.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.
OGNUNO HA UN DONODio conferisce a ciascuno dei doni che molto spesso portiamo con noi senza scartare.I doni motivazionali sono doni sempre attivi che al momento della conversione vengono canalizzati nell'opera di Dio.Romani 12:6-8La potenza della chiesa sta nell'insieme. Ciascuno di noi ha doni differenti e funzioniamo in base a questi.1. Il dono di profezia é discernimento e riconoscimento della volontà di Dio con la proclamazione della Sua verità.2. Il dono di ministero ha a che fare con un cuore che brucia per la cura della chiesa e per il servizio agli altri.3. Il dono di insegnamento dà capacità di studiare, insegnare e indirizzare gli altri alla Parola.4. Il dono di esortazione si manifesta con incoraggiamento, sprono e conforto alle persone.5. Il dono del dare riguarda un cuore con l'attitudine di spendere tempo e risponde per il Regno6. Il dono di presiedere e organizzare é proprio dei veri leader che delegano e stanno in prima linea7. Il dono di misericordia é un dono di azione e attenzione al bisogno.Past Catherine Labate23-02-2025
Pau, Drigo e Mac sono gli ospiti di questa puntata di Betty Senatore. Ciascuno dei membri dei Negrita ha il suo film del cuore da guardare la sera, da un noir francese a una commedia musicale grande classico del cinema, passando per una pellicola italiana che ha fatto la storia e vinto tre Premi Oscar: “La vita è bella”.See omnystudio.com/listener for privacy information.
Alessandro Garigliano"A ciascuno il suo terrore"Terrarossa Edizioniwww.terrarossaedizoni.itDurante la proiezione in piazza di una finale di Champions League, il protagonista è al centro di un presunto attentato: una massa di gente fugge impazzita e lui e la donna che ama si perdono travolti dalla confusione. La storia è ritmata da un montaggio alternato: da un lato il narratore indaga sul terrorismo per avvicinarsi a colui che sembra avere scatenato il caos, dall'altro si racconta di una sconvolgente serie tv che lo cattura completamente e affronta uno degli orrori più perturbanti dell'umanità. In questa contemporanea discesa agli inferi le ossessioni del protagonista vengono esasperate e gli equilibri di coppia diventano sempre più fragili… Garigliano ci conduce con questo romanzo ad affrontare alcuni dei tabù della società contemporanea e a fare i conti con l'inquietudine che ci attanaglia.Alessandro Garigliano è nato a Misterbianco, in Sicilia; dopo aver svolto diversi lavori in disparati ambiti, attualmente è un insegnante precario. Ha esordito con Mia moglie e io (LiberAria Edizioni, 2013), segnalato al Premio Calvino, a cui è seguito Mia figlia, Don Chisciotte (NN Editore, 2017).Lettore ideale: chi è in grado di affondare i denti nelle proprie paure; chi apprezza la commistione di realtà e finzione alla quale ci hanno abituati autori come Truman Capote, Emmanuel Carrère, Andrea Tarabbia.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.
Quando comprendi che ogni tuo singolo gesto di gentilezza può avere un impatto importante nella vita di qualcuno allora la tua consapevolezza alimenterà questa tua abitudine felice. Viviamo in un mondo che tende a spegnere la bellezza della reciprocità, dell'empatia amorevole e della gentilezza. Ciascuno di noi può però dissolvere questo buio accendendo con le proprie azioni momenti di felicità. In questo episodio vi parlo dei progetti della mia Associazione LELEFANTE APS. Se desiderate essere protagonisti delle azioni d'amore che l'Associazione svolge potete cliccare qui e scoprire di più sulle attività. Grazie per il vostro amorevole contributo a sostegno delle nostre attività umanitarie.Visita https://www.lelefanteaps.org/Scopri di più sul mondo di RichardSe desideri ricevere informazioni per attivare un percorso di coaching con Richard o uno dei suoi Coach scrivi a info@richardromagnoli.comLibri:Le Nove Leggi Spirituali per un Business di SuccessoEra scritto nelle foglie del destino (Richard Romagnoli/ROI Edizioni)Ho imparato a ridere (Richard Romagnoli/ROI Edizioni)Corsi online con Richard:Sito RichardSe desideri contattarmi inviami una mail a: info@richardromagnoli.comRimani in contatto con me, seguimi sui miei social:FacebookInstagramLinkedInYouTubeTelegram
La nostra cultura ha sempre tenuto la morte, e più in generale l'impermanenza, a debita distanza, quando invece è un aspetto naturale della vita. Ciascuno di noi è già morto infinite volte. Viviamo un'illusione di continuità che è insita nella nostra mente, ma sei davvero la stessa persona di qualche anno fa? Lascia un commento nella nostra community! https://discord.gg/hDVGVd2
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
La vocazione dei Dodici è finalizzata alla missione e Gesù sta all'origine dell'una e dell'altra. Ora Egli compie un gesto decisivo per la continuazione della Chiesa: “chiamò a sé i Dodici”. Dal folto gruppo dei discepoli che erano attorno a lui, Gesù fa una 'scelta' e a questo gruppo di 'chiamati' conferisce poteri, affida una missione. “Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi”. L'invito ha come scopo la predicazione del Regno, come quella di Gesù, accompagnata dai segni che rendevano evidente la novità predicata. Per Luca vi è stretta connessione fra annuncio e opere: il regno di Dio viene dove è stata operata una liberazione dal potere maligno. Gli apostoli partono senza equipaggiamento confidando solo sulla parola del Maestro. Tutto infatti è subordinato all'annuncio della buona novella. Non sono portatori di una dottrina, né maestri di una filosofia religiosa. Sono annunciatori di un messaggio, sono araldi di un proclama: il regno di Dio è arrivato nella venuta di Gesù di Nazareth. Comprendiamo allora che quelle poche norme date al vero evangelizzatore, preludevano alla visione del suo ultimo e doloroso viaggio verso la morte. Egli sapeva che in quel viaggio non avrebbe fato miracoli, ma da quel viaggio tutto il male sarebbe stato inesorabilmente sconfitto. Grande lezione per tutti noi. Non dilateremo il regno di Dio con l'abbondanza dei beni materiali e con l'abilità delle nostre capacità, sia pure unite a quelle di Cristo, ma con la generosità di un amore crocifisso. Ciascuno di noi ha certo un po' di amore crocifisso da mettere a disposizione del regno di Dio, perché la vita, in qualche modo, tutti ci crocifigge, ma sempre per la Risurrezione.
Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Con questo passo del vangelo di Matteo si entra in un punto cruciale dello svolgimento della narrazione e del discorso sul Regno di Dio. L'identità di Gesù appare sfocata benché vi siano state parole e fatti che l'àbbiano manifestata. Tuttavia, per gli altri rimane un grande profeta, un taumaturgo. La persona di Gesù, anche per coloro che ne hanno fatto esperienza diretta, resta contraddittoria, indefinibile. C'è qui però la risposta di Pietro che dà una svolta decisiva e pone Gesù come il Messia, il Salvatore. Ma l'affermazione di Pietro non ha niente a che fare con una semplice comprensione umana o amicale, essa si pone su un altro livello. Il Cristo lo si può conoscere e proclamare, come sottolineerà lo stesso Gesù, solo attraverso la fede e la luce che ci viene da questa. La profondità del Cristo ci è rivelata lungo un cammino che passa per la croce e ci conduce alla pienezza della conoscenza. Questo è sottolineato dal fatto che nel medesimo passo è detto che Gesù inizia a parlare apertamente della sua passione. L'esperienza di fede non è una passeggiata senza impegno, ma interpella tutto il nostro essere e richiede una risposta (di vita) che non può essere vaga! Ciascuno deve lasciare un segno del proprio passaggio su questa terra...
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7839OMELIA XVII DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 6,1-15) di Giacomo BiffiAbbiamo ascoltato una bella e famosa pagina del Vangelo di Giovanni. Il Signore ci conceda di arrivare a comprendere con la nostra intelligenza illuminata dalla sua luce non solo il fatto, ma anche la sua verità. Il fatto è uno dei pochissimi che è testimoniato concordemente da tutte e quattro le narrazioni evangeliche. Il che ci rivela quanto il ricordo sia rimasto vivo nella coscienza dei primi discepoli, che avevano visto coi loro occhi il prodigio, e quanta importanza l'avvenimento abbia avuto nella catechesi della comunità primitiva. L'episodio avviene di primavera. Giovanni ci ha fatto sapere che era vicina la Pasqua, e Marco, col suo modo pittoresco e un po' infantile di scrivere, nota nel suo racconto che la gente si siede sull'erba verde. Una grande folla è come affascinata da Gesù e lo segue tenacemente, fino a trovarsi lontano dall'abitato e fino a trascurare addirittura la necessità di nutrirsi. C'è solo un ragazzo con cinque pani d'orzo e due pesci; certo un ragazzo con una madre previdente, che, prima di lasciarlo partire da casa al mattino per le sue libere scorribande, gli ha preparato un piccolo canestro con un po' del cibo dei poveri.Dopo l'intervento di Gesù, cinquemila persone si saziano, e ancora avanzano dodici canestri di pane. Il fatto poi si conclude, un po' malinconicamente, con una incomprensione: la gente, avendo incontrato uno capace di mantenerla tanto a buon mercato, pensa subito ad affidargli il governo della cosa pubblica e vuol prenderlo per farlo re. Gesù, che aveva avuto ben altra intenzione e voleva portarli invece alla fede nel “pane di vita”, sfugge al loro entusiasmo interessato, e si ritira sulla montagna tutto solo. Tutto solo, perché nessuno è con lui; ma più ancora e più profondamente perché nessuno lo ha saputo davvero capire. Vediamo adesso di saper trovare tra le pieghe del racconto un po' di quella luce che è vitale per l'anima nostra, riflettendo con molta semplicità su alcuni particolari del testo.L'INAPPETENZA SPIRITUALE DELL'UOMO CONTEMPORANEOUna grande folla lo seguiva: una folla che avvertiva fortissimo il bisogno di lui e della sua parola. Pare quasi di veder avverato qui quanto aveva preannunciato un profeta d'Israele molti secoli prima: Ecco, verranno giorni – dice il Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane né sete di acqua, ma d'ascoltare la parola del Signore (Am 8,11). A noi purtroppo questa fame manca. Arricchiti di proteine e vitamine, noi siamo spesso dei sazi sul piano fisico e degli inappetenti sul piano spirituale. Se ci mettiamo ad ascoltare la parola di Dio, lo facciamo talvolta con la sufficienza e il tedio di chi ritiene di non venire a sapere niente di nuovo e comunque niente di interessante. E mentre lasciamo che quotidianamente si rovesci sul nostro spirito l'alluvione delle parole vuote e delle cognizioni inutili, non sappiamo metterci seriamente in cerca della verità sull'uomo, sul mondo, sul nostro destino; cioè in cerca delle conoscenze che davvero contano per la nostra vita e per la sua significanza. È proprio curioso il comportamento che ci è imposto dal conformismo imperante (anche se molte volte è vestito di appariscente anticonformismo): uno può parlare due ore con gli amici dei fatti di cronaca nera, rosa, sportiva; ripetere le sempiterne idiozie che ci passiamo continuamente tra noi; non evadere mai coi suoi discorsi dalla futilità, ed è ritenuto un uomo normale e piacevole. Basterebbe che parlasse cinque minuti del senso ultimo dell'esistenza e della vita eterna, e sarebbe giudicato subito una persona strana e noiosa.DIO AMA COINVOLGERE L'UOMO NEL SUO OPERAREDove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare? Gesù si accorge del disagio degli altri. Egli non ha mai promesso pane e il suo compito non è quello di dar da mangiare alla gente. Egli ha sempre parlato del Padre che è nei cieli e ci aspetta, e del Regno di Dio, che ci è dato in sorte; non ha mai confuso il Vangelo, cioè l'annuncio della salvezza totale dell'uomo, con l'annuncio della giustizia terrena, della liberazione politica, del benessere sociale. Ma davanti alla fame si commuove e si preoccupa. Di fronte alla sua fame nel deserto, aveva risposto: Non di solo pane vive l'uomo. Di fronte alla fame degli altri, trova il modo di dar da mangiare. Perché la fame del mio fratello non è più per me una questione puramente economica o sociale: è una questione religiosa, che interpella l'autenticità, la vivacità, la concretezza della mia fede. Gesù dunque interviene. Ma quando decide di intervenire, vuole che sia la gente stessa a dare prima di tutto quello che ha. Potrebbe fare tutto da solo; ma sceglie di associarci nelle sue grandi imprese, ed esige che abbiamo a mettere a disposizione della sua sconfinata potenza la nostra incapacità e la nostra miseria. È il suo stile: ci coinvolge sempre, perché anche noi con lui abbiamo a diventare protagonisti. Cinque pani e due pesci. Che cos'è questo per tanta gente?, dice Andrea. È certamente poco, pochissimo; ma è tutto quello che c'è. Il Signore, per operare i suoi miracoli, non ha bisogno che ciò che possiamo dargli sia molto; ha solo bisogno che sia tutto. Nessuno di noi deve dire: sono troppo piccolo, debole, miserabile, per servire ai disegni di Dio, perché questo a Dio non importa. Purché la donazione sia totale: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze. Sembra avaro il Signore, che, per incominciare a intervenire nella situazione, ha voluto quasi confiscare la merenda di quel ragazzo. Ma non è avarizia, è desiderio di farci efficacemente partecipare. Tanto è vero che poi non misura la sua generosità: dopo che tutti furono saziati, ancora avanzano dodici ceste ricolme.LA PREZIOSITA' DI OGNI FRAMMENTO AGLI OCCHI DI DIOMa c'è ancora una sorpresa. Che cosa se ne può fare del pane avanzato, colui che ha sfamato di colpo cinquemila persone? Eppure se ne preoccupa: Raccogliete i frammenti avanzati – dice – perché nulla vada perduto. Con quest'ultima frase Gesù ci rivela stupendamente la sua insaziabile sete della nostra salvezza e la sua attenzione a tutto ciò che in qualche modo e per qualche aspetto contiene un valore, anche se è solo un valore parziale. Egli costruisce il Regno di Dio con tutti i frammenti di verità, di giustizia, di bontà, che riesce a trovare nel cuore dell'uomo. Nessuno di noi possiede in assoluto l'integralità della divina ricchezza. Ciascuno di noi, speriamo, è dentro di sé un frammento, piccolo o grande, di quell'ideale di uomo, che pienamente si è avverato soltanto in Cristo, il Figlio di Dio crocifisso e risorto. Oggi, tra le altre cose, la parola di Dio ci comunica una notizia consolante: anche i frammenti sono preziosi agli occhi del Signore, il quale vuole che nulla vada perduto. Se anche ci sono giorni in cui ci sentiamo soltanto dei rottami, questa verità evangelica deve rianimarci e darci fiducia. Purché naturalmente non ci compiacciamo o vantiamo della nostra condizione di rottami, ma aspiriamo ogni giorno a costruire dentro di noi l'uomo perfetto. Il Signore Gesù ci dà, per aiutarci in questa quotidiana fatica di inseguimento dell'ideale, il cibo della sia eucaristia, il Pan di vita, che è in grado di donare sostegno e vigore al popolo pellegrinante di Dio.
Carlo Invernizzi-Accetti"Vent'anni di rabbia"Come il risentimento ha preso il posto della politicaMondadori Editorewww.mondadori.itIn tutto l'Occidente, i primi vent'anni del XXI secolo sono stati segnati da una serie di movimenti di protesta e manifestazioni di frustrazione collettiva: dal movimento no-global d'inizio anni 2000 a quello no-vax durante la pandemia di COVID-19, passando per il «Vaffanculo-Day» di Beppe Grillo, gli Indignados spagnoli, Occupy Wall Street, il voto per la Brexit, l'elezione di Donald Trump, i Gilets jaunes francesi e le proteste legate a #MeToo e #BlackLivesMatter. Ciascuno di questi eventi ha ovviamente una storia particolare, ma c'è anche un filo rosso che li unisce: la rabbia nei confronti delle istituzioni. Nonostante la frenesia attivistica, queste mobilitazioni si sono rivelate, nella maggior parte dei casi, prive di finalità concrete, mentre è stata evidente la loro dimensione spettacolare e dimostrativa, volta a esprimere una condizione di risentimento diffuso nei confronti dell'ordine costituito, secondo una logica che tende a dividere la società in «amici» e «nemici», «buoni» e «cattivi». Ma come si spiega questa animosità crescente, dati i livelli di benessere materiale e di diritti acquisiti storicamente senza precedenti? Ridurre la rabbia odierna a un'espressione di emotività irrazionale o all'ignoranza delle masse, avverte Carlo Invernizzi-Accetti, è un errore. Per uscire dal vortice in cui siamo caduti è necessario comprenderne le ragioni. Nel fornire un'interpretazione di ciò che Hegel avrebbe chiamato lo Zeitgeist , cioè lo «spirito del tempo», "Vent'anni di rabbia" propone una rilettura storico-filosofica degli ultimi due decenni che apre nuove prospettive di azione sul futuro.Carlo Invernizzi-Accetti è professore ordinario di Scienze politiche alla City University of New York e visiting professor alla Columbia University. Esperto di politica comparata e di storia delle ideologie, collabora con diverse testate italiane e internazionali, tra cui «The New York Times», «Financial Times», «The Guardian», «la Repubblica», «Domani», «Le Monde Diplomatique» e «Le Grand Continent». È autore di numerose pubblicazioni, tra cui What is Christian Democracy? Politics, Religion and Ideology (Cambridge University Press, 2019) e Technopopulism. The New Logic of Democratic Politics (Oxford University Press, 2021).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.
Ciascuno di voi, con umiltà, stimi gli altri superiori a sé stesso, avendo ciascuno di voi riguardo non alle cose proprie, ma anche a quelle degli altri.Filippesi 2:3, 4
MILANO (ITALPRESS) - "La realtà della pubblica amministrazione è multiforme: io dico sempre che dobbiamo pensare alla pubblica amministrazione non solo in riferimento alle amministrazioni centrali, ma soprattutto dobbiamo dedicarci agli entiterritoriali". Lo ha detto il ministro della pubblica amministrazione Paolo Zangrillo commentando la firma del protocollo d'intesa per la costituzione e la gestione del polo formativo territoriale SNA assieme al presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana. "Lo spirito è quello di fare squadra, di creare delle comunità di pratica capaci di dialogare con realtà come le università. Io aspiro a consolidare dei sistemi territoriali dove il mondo del sapere dialoga con quello delle imprese - ha aggiunto - Ciascuno di questi poli avrà tra l'altro un indirizzo preciso e ciascuno si specializzerà su un tema: in Calabria sull'immigrazione, in Abruzzo sui temi che riguardano gli eventi sismici, in Piemonte su intelligenza artificiale e qui in Lombardia sulla sanità".(ITALPRESS).xh7/trl/gsl
MILANO (ITALPRESS) - "La realtà della pubblica amministrazione è multiforme: io dico sempre che dobbiamo pensare alla pubblica amministrazione non solo in riferimento alle amministrazioni centrali, ma soprattutto dobbiamo dedicarci agli entiterritoriali". Lo ha detto il ministro della pubblica amministrazione Paolo Zangrillo commentando la firma del protocollo d'intesa per la costituzione e la gestione del polo formativo territoriale SNA assieme al presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana. "Lo spirito è quello di fare squadra, di creare delle comunità di pratica capaci di dialogare con realtà come le università. Io aspiro a consolidare dei sistemi territoriali dove il mondo del sapere dialoga con quello delle imprese - ha aggiunto - Ciascuno di questi poli avrà tra l'altro un indirizzo preciso e ciascuno si specializzerà su un tema: in Calabria sull'immigrazione, in Abruzzo sui temi che riguardano gli eventi sismici, in Piemonte su intelligenza artificiale e qui in Lombardia sulla sanità".(ITALPRESS).xh7/trl/gsl
Il Messaggio di Oggi: "CONVERTITEVI CIASCUNO DALLA SUA VIA MALVAGIA" • 2 Cronache 7: 17 • Salmo 1 • Giosuè 24: 15 • 3 Giovanni 2 • Geremia 35: 15 • Geremia 35: 14 • Geremia 7: 13 • Geremia 7: 25 • Geremia 35: 16 • Romani 6: 16 • Romani 6: 15 • Geremia 17: 5-6 • Atti 5: 29 • Atti 4: 19 • Ebrei 3: 7 • Atti 5: 32 • Geremia 17: 5-6 • Geremia 17: 7-8 • Atti 1 :8 • Atti 6: 7 • Salmo 1 :1-3 • 3 Giovanni 1: 2 • Salmo 1 :3 • Geremia 17: 8 • Matteo 15: 13-14 • Deuteronomio 30: 19 • Giosuè 24: 15 • Giosuè 24: 22 • Ebrei 3: 7-8 • Atti 6: 7 --Guarda Canale 245 | Tivùsat 454 | Sky 854Scopri di più su www.paroledivita.org/linkinbio
Acquirente Unico (la società pubblica che compra l'energia per il mercato tutelato) ha diffuso i risultati delle aste per la fornitura di elettricità agli utenti che il 1/o luglio usciranno dalla tutela e non avranno scelto un operatore di mercato libero.A Enel sono andate 7 aree (il massimo assegnabile), 7 a Hera, 4 a Edison Energia, 3 a Illumia, 2 ad A2A, 2 a Iren, 1 a Eon. Si tratta di circa 4,5 milioni di persone che dovranno lasciare l operatore che fornisce loro energia elettrica dal primo luglio per passare a un altro fornitore, il quale si è aggiudicato a inizio gennaio pacchetti di clienti in asta. Ospite Stefano Besseghini, Presidente ARERA.Grossi investimenti nell'intelligenza artificiale. Germania in testa. L'Italia resta a guardare?La premier Giorgia Meloni, nella giornata del suo incontro con il primo ministro giapponese Fumio Kashida in occasione del G7 in una intervista ad un quotidiano locale ha sollevato lo spinoso tema dell'intelligenza artificiale che può generare grandi opportunità ma può anche nascondere enormi rischi per le nostre società. Facciamo il punto con Alessandro Plateroti, direttore di Newsmondo.itStellantis: Elkann vede Mattarella, Giorgetti e Panetta. Smentita ipotesi fusione con RenaultÈ stata una giornata fitta di incontri istituzionali a Roma per il presidente di Stellantis John Elkann, che - secondo quanto risulta all'Ansa - ha visto il ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti, il capo dello Stato Sergio Mattarella, l'ambasciatore Usa in Italia Jack Markell, il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri Teo Luzi e il Governatore di Bankitalia Fabio Panetta. Gli incontri, programmati da tempo, hanno offerto l'occasione per fare il punto sulle attività italiane del gruppo. Elkann ha ribadito l'impegno per realizzare i progetti industriali in atto e per le attività di comune interesse oggetto del tavolo al Mimit. Ne parliamo con Edoardo Pavesio, Presidente di Sila Group.
A “Gandalf for President” inneggiavano gli striscioni dei giovani che in America manifestavano contro la guerra nel Vietnam, “Campi Hobbit” si intitolavano le manifestazioni organizzate in Italia dai giovani di estrema destra: com'è possibile che di John Ronald Reuel Tolkien ci si sia appropriati da ambiti così diversi? Tolkien è un grande cantore di miti e di fiabe, e questo patrimonio ancestrale affonda le proprie radici negli archetipi di tutta l'umanità, parla al cuore di ognuno, per questo le sue opere sono amate universalmente, ben oltre le pervicaci strumentalizzazioni. Ma Tolkien, oltre ad essere autore di indiscussi capolavori, fu un uomo che sapeva apprezzare le piccole gioie domestiche, e un filologo e linguista apprezzatissimo dai suoi studenti di Oxford. A Tolkien - uomo, professore, autore - è dedicata una mostra inauguratasi a fine 2023 (per i 50 anni dalla morte) alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma, che poi sarà visibile, per tutto il 2024, in varie città italiane. La percorreremo, in questo Laser, insieme al curatore, Oronzo Cilli. Una sezione della mostra è dedicata alla storia editoriale del Signore degli Anelli in Italia, dove giunse solo nel 1970 (dopo ben due rifiuti in Mondadori, tra cui quello celebre di Elio Vittorini). Di questa singolare avventura editoriale parleremo con Velania La Mendola, autrice di un interessante saggio appena uscito da Luni Editrice: Tolkien e il Signore degli Anelli. Storia editoriale di un capolavoro.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7657OMELIA II DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 1,35-42)di Giacomo BiffiUno dei rimproveri che la cultura contemporanea, più o meno consapevolmente, rivolge a Dio è quello di stare sempre zitto. Perché non parla? Perché non dice il suo parere sui fatti del mondo? Perché non interviene nei dibattiti che spesso oppongono tra loro perfino gli uomini della stessa fede? È un silenzio - vien fatto di pensare - che sembra quello di un morto. In realtà il rimprovero non è fondato. Prima di tutto perché Dio ha già parlato con la sua Rivelazione, che è culminata con la missione tra noi del Figlio suo, la sua Parola sostanziale che non cessa più di risonare. A questa Parola, che esprime tutto quanto è esprimibile della divinità, non ha più niente da aggiungere. Piuttosto adesso è il tempo della nostra risposta. E forse, reclamando l'intervento di Dio, vogliamo in fondo sfuggire all'impegno e alla responsabilità del rispondere a lui con la nostra preghiera, con la nostra riflessione, con la nostra condotta, con le nostre scelte, con la nostra vita. Press'a poco come ci è più facile e meno inquietante mettere sotto accusa la società, le "strutture", gli "altri", gli uomini del passato, la storia, che non mettere sotto accusa noi stessi nel segreto e nella verità dei nostri esami di coscienza. In secondo luogo, il rimprovero non è fondato perché il Signore parla ancora ai singoli, anzi li "chiama", cioè si propone a ciascuno di noi come l'interlocutore del dialogo più appassionato e più decisivo che possa avere un uomo, e come la mèta e la ragione di ogni singola esistenza umana. Le letture di oggi, presentandoci delle "chiamate" (quella antica di Samuele, e poi quella di Andrea, di Giovanni, di Pietro), ci invitano a riflettere sulla nostra vocazione. Ciascuno di noi ha la sua vocazione, ed è la cosa più importante che abbia. Perché il senso e il valore di un uomo non consistono in quello che lui pensa di se stesso nel tempo, ma in quello che Dio ha pensato di lui nell'eternità. Le chiamate del Signore hanno alcune caratteristiche, che mette conto di considerare. - Sono di solito "discrete": nel silenzio notturno, come per Samuele; o nell'aria immobile e assorta di un afoso pomeriggio palestinese, come per Andrea. Perciò molti non le sentono (e poi magari si lamentano del silenzio di Dio): il tumulto dei sensi, o lo stridere dei rancori, o anche semplicemente il vivere distratti, senza mai un momento di silenzio interiore, impediscono che la voce del Dio che chiama arrivi fino al cuore dell'uomo. - Le chiamate di Dio di solito sono all'inizio timide e quasi esitanti. Aspettano il principio di una risposta prima di farsi più chiare e più forti. Che cercate?, dice Gesù ai due che lo seguono; e attende, prima di proseguire, che siano loro a esprimere il desiderio di entrare in un rapporto più vivo. Samuele!, chiama Dio nella notte, e non prosegue a parlare fino a che il ragazzo non risponde, dichiarando esplicitamente di essere pronto e disposto ad ascoltare. - Quando però dispiegano tutta la loro intrinseca energia, le chiamate di Dio sono trasformanti: Samuele diventa un capo (acquistò autorità); Andrea diventa un apostolo; Simone diventa "Pietro", cioè la roccia su cui poggia tutta la Chiesa di Cristo. L'augurio da fare a noi stessi, e la grazia da chiedere a questo punto, è che si avveri anche per noi quanto è scritto di Samuele: Il Signore non lasciò andare a vuoto una sola delle parole che gli aveva detto.IL PROGETTO D'AMORE SU CIASCUNO DI NOI DETERMINA IL SENSO DELLA NOSTRA VITAIl progetto d'amore su ciascuno di noi determina il senso della nostra vita. Nella pagina che abbiamo ascoltato (e in genere nella narrazione dei primi tre giorni di vita pubblica di Gesù) il quarto Evangelo raccoglie tutto il tema della vocazione (che nei primi tre Evangeli si trova distribuito in vari punti), così come raccoglierà nella "sezione pasquale" tutto il tema della missione. E non appare tanto, come nei sinottici, "vocazione all'apostolato", quanto "vocazione alla sequela di Cristo". Su questo argomento, che vale per tutti gli uomini e acquista una particolare intensità nella vita di speciale consacrazione, fissiamo alcune essenziali considerazioni.Su di noi c'è una "vocazione". Qui c'è la prima connotazione, che determina tutto l'orientamento della vita: la persuasione che la scelta fondamentale sta tra il voler ritenere che su di noi c'è il silenzio di un universo vuoto (e quindi l'esistenza è l'assurdità di un camminare senza mèta) e il convincersi che su ciascuno di noi c'è una voce che chiama per nome.La chiamata implica che su di noi ci sia anche un "disegno". E questa è la seconda persuasione: la scelta fondamentale sta tra il voler ritenere che alle nostre spalle ci sia il caso (e allora è logico vivere "a caso", ed è inutile e insignificante ogni impegno) e il convincersi che alle nostre spalle c'è un progetto d'amore. Badate: non solo un progetto generale che vale per tutti gli uomini, ma un progetto particolare e specifico, che è stato pensato e voluto per me.L'esistenza di un "disegno" implica che il senso vero e la realizzazione di una vita stia nell'obbedienza al disegno. Va notato a questo punto l'irriducibile contrasto che c'è tra il Vangelo e la "mitologia" corrente e imperante, per la quale il senso e la realizzazione della vita sta nella "libertà", cioè nel fare ciò che si vuole ed essere svincolati da ogni superiore progetto. Anche nel cristianesimo la "libertà" è un grande ed essenziale valore, purché sia intesa non come la condizione astratta e vuota di contenuti di chi non ha impegni con nessuno, ma come la positiva ricchezza di chi si rende capace di rispondere per amore (non per costrizione, non per convenzionalità, non per inerzia) al disegno d'amore del Padre, che ci è rivelato nella parola, nei gesti, nella personalità di Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio crocifisso e risorto, dal segreto lavoro dentro di noi dello Spirito Santo. Andrea dice: Abbiamo trovato il Messia. Anche noi "abbiamo trovato". Abbiamo trovato in Cristo il senso vero di tutto l'universo, che è di essere il frutto di un atto eterno d'amore e di possedere una "chiamata" come molla e guida della sua storia; abbiamo trovato il senso vero della nostra vita, che è di essere una obbedienza a questa "chiamata" e a questo eterno atto d'amore.
Daniele Bresciani"Cosa farò da grande"Gino PaoliI miei primi 90 anniBompiani Editorewww.bompiani.itGino Paoli ha attraversato le stagioni più straordinarie della canzone italiana da protagonista eppure in modo sempre un po' sghembo, ironico, forse disilluso. La sua storia corre insieme a quella del nostro Paese, risorto dalle ceneri della dittatura e della guerra per dare avvio a un'epoca di inesauribile creatività, dove un giovane uomo di genio e sregolatezza alterna enormi successi a momenti di crisi, ma tutte le volte che cade si rialza più fiero di prima. Paoli scrive canzoni indimenticabili, ama donne baciate dal talento e dalla bellezza, guida auto troppo veloci, dipinge, esplora le profondità marine, mette al mondo quattro figli, assiste alla morte di amici carissimi e la sfiora lui stesso, come quando, nel 1963, si spara: ma la pallottola si ferma nel pericardio, dove sta ancora anche se “non rompe più le scatole facendo suonare il metal detector, deve essersi arrugginita”. In questa passeggiata sul tetto dei ricordi – dalle bombe americane su Genova all'esordio per l'etichetta discografica del mitico Nanni Ricordi, dal Cantagiro a Sanremo, da Luigi Tenco a Ornella Vanoni, da Stefania Sandrelli a Fabrizio De André, dalla gatta Ciacola agli amati cani che oggi tengono compagnia a lui e alla moglie Paola – Gino Paoli si racconta all'amico Daniele Bresciani con schiettezza. E non esita a porsi domande difficili: “Sono quello di oggi o quello di cinquant'anni anni fa? Il tenero paroliere o il pittore spiantato? L'idiota diciottenne, il marito, il padre? L'oste o il bevitore? L'incosciente capace di sbagasciarsi in un giorno una paga intera o il cantante di successo?” Per concludere con la sua inconfondibile, ruvida poesia: “Una risposta non c'è. Ciascuno di noi è tutti e nessuno. Resta l'amore, forse, a dirci chi siamo.”Daniele Bresciani è giornalista e romanziere, ha lavorato alla Gazzetta dello Sport ed è stato vicedirettore di Vanity Fair e Grazia. Oggi è responsabile dei contenuti editoriali di Ferrari. Tra i suoi libri Ti volevo dire (Rizzoli 2013, vincitore del premio Rhegium Julii e del premio Rieti), Nessuna notizia dello scrittore scomparso (Garzanti 2017), Anime trasparenti (Garzanti 2020) e Testimone la notte (Bompiani 2022).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/show/tracce-di-il-posto-delle-parole_1/support.
Nel suo discorso di fine anno, il Capo dello Stato Sergio Mattarella sprona gli italiani alla partecipazione politica. "E' il voto che decide", sostiene Mattarella. Il presidente della Repubblica comprende, più di molti altri leader di partito e di Governo, che il vero nemico della nostra fragile democrazia è proprio la disaffezione alla politica, l'aumento consistente dell'astensione. "Non sono i social o i sondaggi che definiscono la strada che dobbiamo percorrere", dice Mattarella. L'altra sera ha dedicato molto spazio ai diritti calpestati, al lavoro che manca, quello sottopagato, le liste d'attesa per visite ed esami, i femminicidi, i rincari degli affitti per gli studenti. Secondo il pensiero di Mattarella la regressione dei diritti è la conseguenza di un arretramento della partecipazione alla vita pubblica, non solo quindi della disaffezione al voto. E' il monito di Mattarella ad una società rassegnata, sempre meno incline a far rispettare i propri diritti, dove prevale una solitudine individuale e collettiva. Ma come reagire? Il Capo dello Stato tutti noi possiamo fare qualcosa per il Paese, partendo dai valori fondanti della Repubblica, quelli scritti nella nostra Costituzione: la solidarietà, la partecipazione. La democrazia è composta dall'esercizio della libertà. "Prima che un dovere, partecipare alla vita e alle scelte della comunità è un diritto di libertà. Anche un diritto al futuro. Alla costruzione del futuro. Partecipare significa farsi carico della propria comunità. Ciascuno per la sua parte". Gli si può solo dare ragione. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Nel suo discorso di fine anno, il Capo dello Stato Sergio Mattarella sprona gli italiani alla partecipazione politica. "E' il voto che decide", sostiene Mattarella. Il presidente della Repubblica comprende, più di molti altri leader di partito e di Governo, che il vero nemico della nostra fragile democrazia è proprio la disaffezione alla politica, l'aumento consistente dell'astensione. "Non sono i social o i sondaggi che definiscono la strada che dobbiamo percorrere", dice Mattarella. L'altra sera ha dedicato molto spazio ai diritti calpestati, al lavoro che manca, quello sottopagato, le liste d'attesa per visite ed esami, i femminicidi, i rincari degli affitti per gli studenti. Secondo il pensiero di Mattarella la regressione dei diritti è la conseguenza di un arretramento della partecipazione alla vita pubblica, non solo quindi della disaffezione al voto. E' il monito di Mattarella ad una società rassegnata, sempre meno incline a far rispettare i propri diritti, dove prevale una solitudine individuale e collettiva. Ma come reagire? Il Capo dello Stato tutti noi possiamo fare qualcosa per il Paese, partendo dai valori fondanti della Repubblica, quelli scritti nella nostra Costituzione: la solidarietà, la partecipazione. La democrazia è composta dall'esercizio della libertà. "Prima che un dovere, partecipare alla vita e alle scelte della comunità è un diritto di libertà. Anche un diritto al futuro. Alla costruzione del futuro. Partecipare significa farsi carico della propria comunità. Ciascuno per la sua parte". Gli si può solo dare ragione. "Il Corsivo" a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell'angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Ciascuno di noi custodisce nella propria memoria esperienze e momenti di felicità, di bellezza, di serenità. Tutte le volte che ci riconettiamo con quelle esperienze ne riviviamo le sensazioni e attiviamo non soltanto delle importanti connessioni neurali ma anche straordinarie emozioni ed energie. Rivivere quei momenti di felicità non è un'azione nostalgica ma terapeutica. Gli antichi ci hanno insegnato di cogliere l'attimo - il carpe diem. Quell'attimo vive in noi sottoforma di ricordi che nutrono l'anima portando serenità nelle nostre menti. In questo episodio del podcast ti insegno la pratiche delle tre domande.Se desideri scrivermi invia una email a: info@richardromagnoli.comSe vuoi lasciarti guidare dalla mia voce nelle più rilassanti meditazioni guidate scegli la tua preferita su https://imhappy.shop/collections/meditazioni-guidate-richard-romagnoliRimani in contatto con me, seguimi sui miei social:FacebookInstagramLinkedInYouTubeTelegram
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7594OMELIA XXXIII DOM. T. ORD. - ANNO A (Mt 25,14-30) di Giacomo BiffiQuesto è un momento di grazia; noi ci troviamo riuniti attorno all'altare del Signore come figli che aspettano dal padre la loro porzione di cibo. E il Signore ce la dispensa con puntualità, perché sa che senza il suo nutrimento nessuno di noi riesce a sopravvivere, senza l'alimento della sua parola nessuno ha più motivi per continuare a sperare, senza il pane sostanzioso della sua verità nessuno di noi si regge in questo faticoso pellegrinaggio della vita. Ed è un momento di gioia, perché poche cose sono belle e dolci come il ritrovarsi insieme dei fratelli che, allontanata ogni ragione di ansia e di tristezza, si espongono al caldo sole dell'amore di Dio. Oggi, ancora una volta, il Signore Gesù ci propone i suoi insegnamenti vitali sotto le vesti pittoresche di una parabola, nella concretezza eloquente di un racconto: la verità ci è offerta incarnata ed espressa in un episodio di vita. Ed è anche questo un magistero: è l'invito a imparare a leggere in ogni semplice fatto, in ogni situazione, in ogni creatura nella quale ci imbattiamo l'eterna sapienza di Dio che dà senso e gusto a tutte le cose e di tutte si serve per metterci in comunione con la sua verità. L'episodio è quello di un ricco che, dovendo partire e prevedendo una lunga assenza, non vuole che il suo capitale resti infruttifero e perciò lo distribuisce tra alcuni suoi amministratori perché si diano da fare a farlo rendere. La distribuzione è diseguale: il padrone conosce la diversa capacità dei suoi servi e riparte il suo denaro in modo da correre i minori rischi possibili. E difatti i primi due sono abili e attivi, tanto da riuscire a raddoppiare la somma; il terzo invece è pigro, privo di iniziativa, inutilmente pauroso, e non riesce ad assicurare reddito alcuno. E in più è convinto di essere nel giusto, di aver agito con oculata prudenza e quindi di meritare gratitudine e apprezzamento. Il padrone invece lo punisce duramente, mentre riserva un'altissima ricompensa a quelli che l'hanno servito bene. Il messaggio contenuto in questa parabola è agevole da scoprire e ci offre una serie di certezze decisive per il buon uso della nostra vita. Nella prospettiva dell'ultimo incontro col Signore Gesù, che verrà un giorno a porre finalmente i sigilli alla vicenda ingarbugliata e tragica della storia umana, questa pagina evangelica ci sollecita a riflettere sul tempo che ci è dato e a trovare in esso un dono, un invito all'impegno operoso, una preparazione al rendiconto.NULLA CI APPARTIENE PERCHE' TUTTO E' DONOTutto ciò che abbiamo, tutto ciò che siamo, è un dono. Tutto è stato ricevuto (intelligenza, affettività, salute, carattere, abilità, doti di comunicazione); tutto ciò che costituisce la nostra personalità è un regalo di Dio. Basta questo pensiero a ridimensionare ogni considerazione troppo orgogliosa o vanitosa e ogni pensiero depresso e scoraggiato. Non possiamo insuperbirci perché non abbiamo niente di nostro; e non dobbiamo avvilirci, perché ciascuno di noi è un'opera mirabile del Creatore, e ogni tristezza è un disconoscimento di quanto sia nobile e prezioso ciò che ci è stato donato. Come il padrone della parabola, Dio non fa mai agli uomini delle elargizioni uguali. Ciascuno è un caso a sé; ciascuno ha le sue ricchezze e le sue povertà, i suoi limiti e le sue qualità. È inutile perciò guardarsi intorno e confrontarsi: ogni paragone è impossibile e ogni giudizio rischia di essere ingiusto. Ciascuno di noi è solo di fronte al suo Dio; e non ha tanto importanza l'entità dei regali con cui è cominciata la nostra avventura terrestre, quanto l'impegno con cui ci si è dati da fare.L'OMISSIONE, LA PIU' INSIDIOSA DELLE COLPEL'impegno è però indispensabile. Gesù nella parabola condanna l'atteggiamento di chi si limita a evitare le perdite; cioè l'atteggiamento di chi si crede a posto con la propria coscienza e con Dio, perché non ha fatto niente di male. Chi si preoccupa solo di evitare il male, alla fine verrà condannato, perché non ha schivato la più insidiosa delle colpe, la colpa di omissione, che è la più pericolosa di tutte, perché di solito non lascia rimorsi. Sicché siamo invitati tutti a perfezionare i nostri esami di coscienza: a domandarci non soltanto se ci sono degli errori e delle macchie, ma anche a chiederci che cosa di bene positivamente abbiamo fatto. E il bene, secondo l'insegnamento evangelico, sta tanto nella coscienza, nell'amore, nella lode di Dio, quanto nell'aiuto, nell'interessamento fattivo, nella simpatia offerta ai nostri fratelli.IL RENDICONTO FINALEInfine in questa pagina di Vangelo c'è l'idea del rendiconto. Un'idea che ritorna frequentemente nei discorsi del Signore, e che è fondamentale nella visione cristiana. Un uomo che dica (e quante volte abbiamo tutti la tentazione di dirlo): "Io non devo rendere conto a nessuno", è un uomo molto lontano dalla parola di Cristo e dalla verità delle cose. Tutti i servi, a uno a uno, sono chiamati dal padrone, appena ritorna; tutti, ricchi o poveri, intelligenti o ritardati, potenti o deboli, prepotenti o miti, fortunati o sfortunati, tutti alla fine incontriamo un giudizio. E quello sarà veramente il momento della giustizia, alla quale ogni cuore d'uomo aspira invincibilmente. Ed è l'unico momento della giustizia del quale il Signore ci ha parlato e del quale ci ha dato precise e invincibili garanzie. Se lasciamo impallidire dentro di noi il pensiero di questo giudizio o lo lasciamo sottinteso e inoperante nella nostra coscienza, non siamo veri discepoli del Signore. Domandiamo la grazia di saper vivere in questa attesa vigilante e operosa, perché possiamo ascoltare anche noi la parola consolante, che ci ripagherà di ogni afflizione: Prendi parte alla gioia del tuo padrone. Noi siamo fatti per la gioia, ed è un destino di gioia eterna e sovrumana, quello che il Signore ci assicura per una esistenza che è stata veramente spesa per lui.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7536OMELIA XXIV DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 18,21-35) di Giacomo BiffiQuesta volta l'argomento trattato dalla pagina evangelica è senza possibilità di dubbio il perdono delle offese ricevute. E se la scorsa domenica le raccomandazioni di Gesù avevano come destinatari i capi della comunità, oggi si rivolgono certissimamente a tutti e singoli i suoi discepoli, cioè si rivolgono a tutti noi. Faremo oggetto della nostra attenzione successivamente: la risposta data a Pietro, il racconto della parabola, il suo significato profondo nella nostra vita.LA NECESSITA' DI PERDONARE SENZA MISURASignore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?Questo interrogativo suppone che l'argomento del perdono sia già stato ripetutamente trattato dal Maestro. Pietro conosce già il pensiero di Cristo in questa materia, sa già che bisogna perdonare; e, quasi per mostrare di avere imparato bene la lezione, propone lui una misura che, a suo avviso, nella sua esagerazione esprime bene la dottrina cristiana, davvero rivoluzionaria, della misericordia: Sette volte. Sette è per gli ebrei il numero della perfezione; Pietro dunque vuol far sapere che non è uno scolaro ottuso o distratto: sa che bisogna perdonare perfettamente, senza riserve, senza esitazioni. Ma la risposta di Gesù riesce a oltrepassare e a dimostrare insufficiente anche ciò che sembra il massimo: Settanta volte sette. Il che significa: la misericordia verso chi sbaglia e si fa ingiusto verso di noi, va esercitata oltre ogni misura umanamente pensabile, oltre ogni tentazione di tenere il conto. Anzi, dal momento che Gesù non ricorda qui nessuna condizione particolare (come il pentimento o la domanda di scusa), il perdono appare come una norma assoluta, che va applicata verso tutti, in ogni caso, in ogni circostanza. Questo insegnamento di Cristo francamente ci sgomenta, tanto è remoto dal nostro modo di pensare e soprattutto dal nostro modo di vivere. È così raro un perdono seriamente concesso, un perdono che non si rivesti di sottigliezze verbali sempre un po' farisaiche ("perdono ma non dimentico"), un perdono che consenta la rinascita effettiva nel nostro cuore dell'amore verso il fratello colpevole; è così raro, che ancora una volta siamo costretti a riconoscere la lontananza della nostra vita dall'ideale cristiano. Sicché la meditazione non può che risolversi in preghiera perché ci sia dato come regalo di Dio quanto è così contrastante con la nostra natura.IL DOVERE DI PERDONARE DERIVA DAL NOSTRO CONTINUO BISOGNO DI FARCI PERDONARE DA DIOIl Signore però vuole aiutarci a capire; e, mentre si rifiuta di stabilire una misura massima al dovere di perdonare, non si rifiuta di spiegare con la concretezza di una parabola quale sia il fondamento e la ragione ultima di questa sua legge difficile. La parabola di oggi - come spesso accade ai racconti di Cristo - è vivace nella descrizione e chiara nel concetto che vuol esprimere, anche se largamente inverosimile nel suo significato letterale. Un re ha un servo che gli deve diecimila talenti: una somma enorme, più che una ventina di miliardi delle nostre lire. E mentre all'inizio senza tanti complimenti lo vuol vendere schiavo con la moglie e i figli per risarcirsi in qualche modo, alla fine gli condona il debito, addirittura senza richiedere nessun impegno e nessuna garanzia per il futuro. Sennonché il debitore graziato vanta a sua volta un credito da un suo compagno di servizio: un credito irrisorio (qualche decina di migliaia di lire), ma che gli basta - contro tutte le plausibilità - per farlo gettare in carcere. In tal modo, conclude Gesù, per la crudeltà verso il collega questo servo perde il favore e il condono del re. Così noi veniamo a sapere che la necessità di perdonare i debiti degli altri deriva dalla più grande e più radicale necessità che tutti abbiamo di farci perdonare i nostri debiti verso Dio. E per il Signore questo ragionamento è così decisivo, che ci ha costretto a esprimerlo quotidianamente nella preghiera: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori.LA NOSTRA PERPETUA CONDIZIONE DI FALLIMENTO NEI CONFRONTI DI DIOQuesta parabola getta anche una luce nuova sul nostro essere più intimo e più vero. Il nostro primo rapporto con Dio è quello di servo a padrone, anche se noi cerchiamo di non ricordarlo. Certo l'amore incredibile di Dio ha sovrapposto a questo il rapporto di figlio a padre, ma senza che il primo e fondamentale rapporto abbia perso niente della sua verità. Siamo servi, e siamo servi che devono tutto al loro Signore: l'esistenza, la vita, la luce, la possibilità di sperare, la capacità di resistere al male, l'audacia di amarlo. Ciascuno di noi è, per così dire, un debito vivente nei confronti di Dio; e ogni giorno del nostro tempo, sempre carico di imperfezioni, ogni atto della nostra condotta, che non corrisponde mai del tutto a quello che si dovrebbe fare, non fa che crescere le dimensioni del nostro dissesto. Ma per fortuna, se grande è il debito, più grande è la misericordia del Creatore per noi; e noi la richiamiamo ogni volta che ci raduniamo in preghiera. Coltivare quotidianamente questi pensieri ci aiuterà a essere più intelligenti e più umili nella nostra vita religiosa e ci incoraggerà nell'arte difficile della pietà verso gli altri, i quali sono sempre vicini, legati, accomunati a noi tanto nel servizio di Dio quanto nella nostra perpetua situazione di fallimento nei confronti del nostro grande e generoso Signore.
Chi è la strega? Esistono molte streghe, in verità. La parola stessa, oggigiorno, nell'immaginario collettivo derivato dalle opere letterarie, assume innumerevoli significati. Ciascuno di noi, infatti, immagina una strega diversa...Lorenzo Manara è scrittore di libri storici e fantasy. Leggi subito il mio ultimo romanzo: La Stirpe delle Ossa!
A Piccoli Sorsi - Commento alla Parola del giorno delle Apostole della Vita Interiore
- Premi il tasto PLAY per ascoltare la catechesi del giorno e condividi con altri se vuoi -+ Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi +Fratelli, tenete presente questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia.Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene. Sta scritto infatti:«Ha largheggiato, ha dato ai poveri,la sua giustizia dura in eterno».Colui che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, darà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia.Parola del Signore.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7451OMELIA XVII DOM. TEMPO ORD. - ANNO A (Mt 13,44-52) di Giacomo BiffiAncora una volta l'odierna pagina evangelica offre alla nostra meditazione alcune delle così dette "parabole del Regno". Sono brevi racconti (qualche volta addirittura brevissimi) coi quali Gesù rivela con semplicità e quasi con discrezione - si direbbe nell'intento di illuminare senza abbagliare i nostri poveri occhi - il progetto di salvezza del Padre verso di noi; un progetto che comincia ad avverarsi qui in terra e troverà il suo compimento nel mondo definitivo (nel "Regno", appunto).Il "tesoro nascosto". Un uomo - dice Gesù - scopre un grande tesoro in un campo altrui, e decide furbescamente il da farsi. La legge prescrive che in questi casi si divida il ritrovato a metà tra lo scopritore e il proprietario. Allora egli decide di comprarsi il campo, prima di rivelare la notizia della scoperta, in modo da assicurarsi l'intera proprietà del tesoro. Per far questo vende tutti i suoi averi: vende tutto quello che ha per poter fare l'acquisto. Il sacrificio è grande, ma poi il tesoro lo ripagherà ampiamente di ogni sua rinuncia. È interessante notare che il comportamento del protagonista della parabola è certamente scorretto, anzi è francamente disonesto. Ma Gesù non intende qui darci un insegnamento sulla morale degli affari. Qui, come nella parabola analoga della perla di grande valore, vuole insegnarci che l'adesione al Vangelo non patisce mezze misure. Vende tutto quello che ha: questa è la frase più importante del testo. Se si vuole mettersi davvero alla sequela di Gesù, tutto deve essere sacrificato: diventare discepoli di un Salvatore crocifisso impone che tutto nella nostra esistenza sia trasformato. In fondo, queste due parabole sono il commento - e quasi la raffigurazione scenica - del primo e fondamentale comando della legge antica: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze; o anche della sconcertante frase di Gesù: Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me. Noi siamo toccati sul vivo da questo insegnamento. Siamo tutti - chi più chi meno - maestri del compromesso: tentiamo sempre di salvare qualcosa da questo sacrificio totale che ci viene richiesto. Nella vita spirituale siamo dei mercanti che mirano sempre a tirare di prezzo, in modo da non rinunciare proprio a tutto, di quello che abbiamo, di quello che siamo, di quello che ci è particolarmente caro. Ciascuno ha le sue allergie e le sue incompatibilità. Come Rachele, pur essendoci dedicati al culto del Dio vivo e vero, teniamo nascosto qualche idoletto nella sella del nostro cammello. Invece il Signore, di fronte alla esigente volontà del Padre, ci propone una resa senza condizioni e una totalità di donazione.
Dopo le iniziative recenti a Santorso e Zugliano che hanno fatto da tappe di avvicinamento, entra nel vivo ora la 14esima edizione dell'evento multicolore che ogni anno riempie la città di Thiene di gente, prodotti etnici e spunti di riflessione. Tema per il 2023 saranno le radici, sul piano simbolico, per arrivare a parlare di ambiente e di rispetto del prossimo. Domenica 28 maggio il clou.
Federico Canaccini"Il Medioevo in 21 battaglie"Editori Laterzahttps://laterza.it"La Storia tra le righe"Festival di Letteratura StoricaLegnanoSabato 15 Aprile 2023, ore 17:00Federico Canaccini, noto storico medievista, ripercorre le 21 battaglie più importanti del Medioevo, le evoluzioni tecnologiche, le trame politiche e le strategie militari che hanno caratterizzato i cosiddetti “Secoli bui”;Cavalieri, fanti, arcieri e poi armi, strategie, tecniche. Questi sono gli elementi che fanno una battaglia. Ma se osserviamo con attenzione il ‘volto della guerra' ci riconosciamo molto altro: emozioni, cultura, contesti, personalità e caratteristiche individuali. Un nuovo racconto del Medioevo in 21 momenti fatali che hanno deciso la Storia.Quando pensiamo al Medioevo, automaticamente ci vengono in mente immagini di spade, castelli e armature. Quasi ogni cosa che ricordiamo di questo periodo storico ha a che fare con battaglie, duelli o assedi. Mai come nei mille anni dell'Età di Mezzo, la guerra ha occupato uno spazio così centrale nella vita degli uomini. In queste pagine troveremo tutte le battaglie più famose, da Hastings ad Azincourt, da Poitiers a Bouvines, ma più volte ci stupiremo inoltrandoci in luoghi lontani, sconosciuti e affascinanti: dalle umide pianure indiane alle gole del Tagikistan, dalle acque del Giappone fino alle inesplorate valli dell'Impero azteco, dai ghiacci del Baltico fino al profondo deserto d'Arabia. Ciascuno di questi 21 ‘fatti d'arme' diventa un prisma attraverso il quale conosciamo gli avanzamenti dell'῾arte della guerra', ma anche uomini, culture, contesti. Un libro che piacerà a tutti gli appassionati di storia militare e che ha l'ambizione di proporre uno sguardo nuovo, capace di coinvolgere tutti coloro che amano la storia.Federico Canaccini, medievista, si occupa da anni di storia comunale italiana, con una particolare attenzione al conflitto tra le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini. Ha insegnato Storia della guerra nel Medioevo alla Catholic University of America di Washington, Paleografia latina alla LUMSA di Roma e attualmente insegna Paleografia e Filosofia medievale alla Università Pontificia Salesiana di Roma. In qualità di ricercatore all'Università di Princeton ha intrapreso un lavoro di edizione critica di Questioni quodlibetali e di trattati astrologici inediti. È assiduo collaboratore della rivista “Medioevo”, di cui cura la rubrica d'apertura. Tra le sue pubblicazioni, Ghibellini e ghibellinismo in Toscana da Montaperti a Campaldino (2007), Matteo d'Acquasparta tra Dante e Bonifacio VIII (2008) e Al cuore del primo Giubileo (2016). Per Laterza è autore di 1268. La battaglia di Tagliacozzo (2018) e 1289. La battaglia di Campaldino (2021).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.itQuesto show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/1487855/advertisement
Erano nati da un vecchio mestolo di stagno. Erano venticinque fratelli, valorosi e temerari soldatini di stagno. Ciascuno aveva in spalla il fucile e lo sguardo fiero in avanti, ordinati e perfetti nell'inconfondibile uniforme rossa e blu. “Soldatini di Stagno, son soldatini di stagno” fu il grido che sentirono risuonare nella scatola in cui stavano conservati in bella mostra, ed era l'urlo di un bambino che dalla felicità tremava tutto e applaudiva. Era il giorno del suo compleanno e li aveva ricevuti in dono. Subito li tirò fuori e li mise in fila sul tavolo. Continue reading
Messa in voce di Gaetano Marino Erano nati da un vecchio mestolo di stagno. Erano venticinque fratelli, valorosi e temerari soldatini di stagno. Ciascuno aveva in spalla il fucile e lo sguardo fiero in avanti, ordinati e perfetti nell'inconfondibile uniforme rossa e blu. “Soldatini di Stagno, son soldatini di stagno” fu il grido che sentirono risuonare nella scatola in cui stavano conservati in bella mostra, ed era l'urlo di un bambino che dalla felicità tremava tutto e applaudiva. Era il giorno del suo compleanno e li aveva ricevuti in dono. Subito li tirò fuori e li mise in fila sul tavolo.
Parole di Storie - Storie di Paura, dal classico alla notte di Halloween
Messa in voce di Gaetano Marino Erano nati da un vecchio mestolo di stagno. Erano venticinque fratelli, valorosi e temerari soldatini di stagno. Ciascuno aveva in spalla il fucile e lo sguardo fiero in avanti, ordinati e perfetti nell'inconfondibile uniforme rossa e blu. “Soldatini di Stagno, son soldatini di stagno” fu il grido che sentirono risuonare nella scatola in cui stavano conservati in bella mostra, ed era l'urlo di un bambino che dalla felicità tremava tutto e applaudiva. Era il giorno del suo compleanno e li aveva ricevuti in dono. Subito li tirò fuori e li mise in fila sul tavolo.
Niccolò Nisivoccia"Il silenzio del noi"Mimesis Edizionihttps://mimesisedizioni.itIl silenzio non abita più qui, per queste strade. Lo abbiamo rotto, violato, smarrito. Era dentro un pomeriggio d'estate: nell'aria immobile di giorni brucianti, al confine fra un'epoca e l'altra – Moro era morto da poco, ma in breve l'Italia sarebbe tornata a far festa, la paura sarebbe stata dimenticata. Era fra le mani dei nostri padri, che solo molti anni più tardi avremmo capito; di padri che non avevano bisogno di parlare, né intendevano farlo. Ma non è forse vero che altrove si parlava comunque tantissimo? Si parlava nelle riunioni di partito, nelle aule e nelle palestre scolastiche, nei dibattiti pubblici. Ciascuno parlava per sé, naturalmente, ma anche per un'idea. Erano idee messe al servizio non di sé stessi, come individui, ma di un soggetto comune, di un “noi”, nel quale le individualità potevano e dovevano confluire. Da un certo momento in avanti ciascuno ha preso a parlare solo per sé, senza più pretendere né desiderare di parlare anche per altri; senza più aspirare alla condivisione delle parole, dentro un silenzio che le accogliesse. Ed ecco dove e quando è sparito il silenzio dei nostri padri: è sparito insieme a noi, è crollato insieme al “noi”.Niccolò Nisivoccia (Milano, 1973). Avvocato e scrittore. Collabora con “il manifesto” e con “Il Sole 24 Ore”. È autore, oltre che di molte pubblicazioni scientifiche, di tre raccolte poetiche: Sulla fragilità (2019), Variazioni sul vuoto (2020), Quasi una cosmologia (2021) e coautore, con Adolfo Ceretti, di Il diavolo mi accarezza i capelli (2020).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.itQuesto show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/1487855/advertisement
La comunità di Trastevere avvia l'iniziativa in aiuto a chi non ha casa e ha bisogno di protezione. Carlo Santoro: cerchiamo di coinvolgere tutti in questa catena di solidarietà, chiunque può fare la sua parte avvicinando chi si trova in difficoltà e cercando di stabilire un rapporto umano. Servono coperte e sacchi a pelo La Comunità di Sant'Egidio si mobilità nuovamente e chiama a raccolta tutti coloro che voglio dare un segno di vicinanza. "Vogliamo coinvolgere tutti - spiega Santoro - in questa catena di solidarietà per la raccolta di coperte, indumenti caldi e sacchia pelo e per farlo tutti i nostri centri si sono attivati". In zona San Pietro "dalle 18:30, ogni ogni sera, sarà possibile portare i materiali necessari ad affrontare il freddo presso Palazzo Migliori, che è la casa per i poveri aperta dal Papa 3 anni fa". La raccolta è però avviata in tutta la capitale, in diversi centri della città, il cui elenco si può trovare sul sito internet della Comunità oppure si può conoscere contattando direttamente Sant'Egidio all'indirizzo info@santegidio.org. Vincere la diffidenza e la paura Talvolta è necessario farsi coraggio per affrontare la povertà e portare un aiuto. Alcune delle persone che vivono per la strada, soprattutto all'inizio, sono molto diffidenti e non accettano di andare nei dormitori. "Negli anni scorsi - spiega Carlo Santoro - non c'era molta disponibilità di posti letto nella città di Roma, oggi le cose sono un po' migliorate. Ciascuno può fare comunque la sua parte avvicinando chi si trova in difficoltà e cercando di stabilire un rapporto umano. Non ci dobbiamo mai fermare, nessuno di noi, di fronte a un primo rifiuto". Cercasi volontari I volontari della Comunità di Sant'Egidio hanno intensificato le uscite serali per portare assistenza ai bisognosi, ma tutti coloro che vogliono aiutare sono bene accetti. Di qui l'invito di Carlo Santoro: "È sempre possibile darci una mano! Ognuno di noi può fare qualche cosa. Il fatto di avvicinarsi, il fatto di portare una coperta è un gesto importante, un gesto fondamentale che può salvare una vita". Servizio di Vatican News
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7280OMELIA IV DOMENICA DEL TEMPO ORD. - ANNO A (Mt 5,1-12a)Il brano del Vangelo di oggi è la celebre pagina delle Beatitudini. Gesù per proclamare le Beatitudini sale su di un monte vicino a Cafarnao, il monte Tabor. Questo è un particolare piuttosto importante. Infatti, come per dare la legge al popolo d'Israele, Mosè era salito sul monte Sinai, così Gesù, per dare compimento alla Legge antica e indicare a tutti la perfezione, sale sul monte Tabor. C'è una grande differenza tra il Sinai e il Tabor: il Sinai è un monte molto aspro e deserto che simboleggia molto bene l'austerità della Legge mosaica; mentre il Tabor, più che un monte, è un colle dall'aspetto dolce e verdeggiante che indica la soavità della Legge evangelica, una legge d'amore.Gesù inizia il lungo discorso riportato nel capitolo quinto dell'evangelista Matteo con le otto Beatitudini che possono essere considerate come la "Magna Charta" del Cristianesimo, come il documento d'identità di ogni cristiano. Ciascuno di noi le dovrebbe sapere a memoria e, più ancora, meditare assiduamente e mettere in pratica. Le Beatitudini ci indicano innanzitutto come è vissuto Gesù e come dovrebbe vivere ciascuno di noi. Esse ci indicano il cammino della felicità, ci indicano dove possiamo trovare la felicità che tutti bramano ma che pochi riescono a raggiungere.Le Beatitudini comportano un capovolgimento del nostro modo di pensare e di agire. Il mondo proclama beati i ricchi e i gaudenti, i forti e i prepotenti; Gesù fa il contrario: Egli, innanzitutto, proclama "beati i poveri in spirito" (Mt 5,3). Chi sono questi poveri in spirito? Povero in spirito è colui che, libero da ogni impaccio terreno, ripone la sua speranza unicamente in Dio. Povero in spirito è colui che non è attaccato alle ricchezze di questa terra e che si fida della Provvidenza divina. Non è la ricchezza che ci può rendere felici, ma la fiducia in Colui che sa ciò di cui abbiamo veramente bisogno.La seconda Beatitudine proclama felici "quelli che sono nel pianto" (Mt 5,4). Questi sono coloro che soffrono per le miserevoli condizioni di un mondo senza Dio. Soffrono perché l'amore di Dio non è compreso. A questi afflitti Gesù promette consolazione, una consolazione proporzionata all'afflizione. Subito dopo, Gesù proclama "beati i miti perché erediteranno la terra" (Mt 5,5). I miti non sono i paurosi, ma quelli che non serbano rancore, quelli che trovano la forza nella serenità. Coloro che "hanno fame e sete della giustizia" (Mt 5,6) sono quelli che desiderano la santità al di sopra di tutte le altre cose. Nel linguaggio della Bibbia, la parola giustizia significa perfezione, santità. Gesù ci insegna perciò a desiderare vivamente la santità perché la santità equivale ad amare Dio e il prossimo.I "misericordiosi" (Mt 5,7) sono quelli che, imitando il Padre Celeste, sanno comprendere e perdonare il prossimo, sanno soccorrerlo in ogni circostanza, irradiando attorno a loro l'amore di Dio di cui hanno fatto esperienza. I "puri di cuore" (Mt 5,8) sono tutti coloro che combattono tenacemente contro il vizio che si annida dentro tutti gli uomini, fino ad estirparlo. Gesù nel Vangelo ci insegna che è dall'intimo dell'uomo che esce ogni iniquità. Il male è si nel mondo, ma è soprattutto dentro di noi (cf Mt 23,27-28). Ci vuole pertanto una profonda purificazione interiore: solo così potremo essere autenticamente felici.Gli "operatori di pace" (Mt 5,9) di cui parla la settima Beatitudine non sono i grandi diplomatici, ma quelli che hanno capito l'unico modo per garantire la pace. Quest'unico modo è la piena comunione con Dio, l'armonia dell'uomo con Dio. Se dentro al nostro cuore non vi è questa armonia, non si può pensare alla pace sulla terra. Bisogna prima eliminare dalla nostra vita il peccato, ogni peccato, anche il più nascosto, solo così saremo autentici operatori di pace. Quando uno si innalza, innalza tutti; quando uno si abbassa, danneggia tutti. Pertanto ogni peccato, anche il più nascosto, misteriosamente alimenta l'odio che vi è nel mondo. Diceva Madre Teresa di Calcutta che se per un giorno solo non vi fossero più aborti, finirebbero tutte le guerre sulla terra. Riflettiamo bene su queste parole e vogliamo essere anche noi veri operatori di pace.Infine, con l'ultima Beatitudine, Gesù proclama felici i "perseguitati" (Mt 5,10). Questa è la più grande Beatitudine. È la Beatitudine di tutti i Martiri che, anche in mezzo alle sofferenze del martirio, hanno sperimentato la vicinanza con la grande Vittima del Calvario, con Gesù Crocifisso. Lungo i secoli vi sono stati moltissimi Martiri. L'ultimo secolo da poco trascorso, così civile e progredito, è stato quello che ne ha dati più di tutti gli altri secoli messi insieme. Gesù l'ha detto chiaramente: "Se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi" (Gv 15,20).Con questa pagina delle Beatitudini abbiamo il più bel ritratto di Gesù. Così è vissuto Lui sulla terra e così dobbiamo impegnarci a vivere anche noi. L'Immacolata, Madre di Gesù e Madre nostra, ci aiuti in questa impresa così grande.
La paura è un'emozione che ci accompagna spesso nella nostra vita. Ciascuno di noi trova le proprie strategie per poterla gestire nel migliore dei modi. Spesso però le strategie che utilizziamo sono infantili e peggiorano più che migliorare Una di queste strategie per gestire la paura è il pensiero magico.Attraverso il pensiero magico noi cerchiamo di andare oltre le nostre paure, ma lo facciamo in modo infantile. Difronte agli accadimenti della vita abbiamo la possibilità di comportarci seguendo due vie: quella adulta e quella bambina.Se scegliamo la via adulta, scegliamo fondamentalmente la via evoluta, la via dell'accettazione, scegliamo di vedere le cose per come sono. Scegliere la via del bambino vuol dire, invece, affidarsi al pensiero magico, ad una via fatta di pretese, illusioni e soluzioni facili.Il pensiero magico infatti è un pensiero infantile. Pensare, illudersi di eliminare la sofferenza dalla nostra vita la aumenta e la perpetua. Ognuno di noi utilizza il pensiero magico per esorcizzare le proprie paure, sperando in un intervento esterno, magico appunto, che risolva problemi, paure e sofferenza.Ma questo è impossibile. Opporsi alla sofferenza vuol dire in estrema sintesi opporsi alla vita stessa, alla possibilità di apprendere, di crescere ed evolvere attraverso le prove.
A metà degli anni '80 del secolo scorso, fu scoperta una nuova forma di trattamento per salvare le vittime del morso di serpente; il New York Times riferisce che, dal punto di vista scientifico, è una sfida. Tale rimedio prevede una serie di scosse elettriche che per mezzo di una pistola stordente modificata vengono somministrate all'area di un morso a circa 5-10 secondi di distanza. Ciascuno dei 34 casi trattati ha mostrato prove di morsi velenosi che penetravano nella pelle della vittima. I ricercatori hanno spiegato che, quando il trattamento è stato somministrato entro mezz'ora da un attacco, nessuna delle vittime ha mostrato le solite gravi complicazioni mediche e non si sono verificati decessi fra quelle trattate. I ricercatori hanno anche notato che, entro 15 minuti dalla terapia, il dolore causato dai morsi velenosi è scomparso. Un sollievo simile è stato ottenuto anche in 2 casi in cui le vittime non sono state curate fino a 2 ore dopo aver subito morsi velenosi. Oltre ai morsi di serpente, dicono i ricercatori, anche i morsi di formiche velenose e scorpioni possono essere trattati con successo con la terapia d'urto. --- Send in a voice message: https://anchor.fm/corgiov/message
Mugugni, lamentele, critiche e risposte sgarbate. Succede di perdere il controllo e succede di dimenticarsi quanto sia bella la vita. Anche nel più semplice dei giorni di scuola. Socrate - senza mezzi termini - ce lo ricorda. L'elfo Socrate 2 - episodio 12Ciascuno al proprio postodi Elisa Giordano
Erano nati da un vecchio mestolo di stagno. Erano venticinque fratelli, valorosi e temerari soldatini di stagno. Ciascuno aveva in spalla il fucile e lo sguardo fiero in avanti, ordinati e perfetti nell'inconfondibile uniforme rossa e blu. “Soldatini di Stagno, son soldatini di stagno” fu il grido che sentirono risuonare nella scatola in cui stavano conservati in bella mostra, ed era l'urlo di un bambino che dalla felicità tremava tutto e applaudiva. Era il giorno del suo compleanno e li aveva ricevuti in dono. Subito li tirò fuori e li mise in fila sul tavolo Continue reading
Emiliano Poddi, Eleonora Sottili"I Dialoghi di Trani"https://www.idialoghiditrani.com/Dialoghi di TraniSabato 23 Settembre 2022Laboratorio di scrittura creativacon Emiliano Poddi e Eleonora Sottili"Scrivere di sé (e non sbagliare persona)Prenota qui:https://www.idialoghiditrani.com/programma/23-settembre-2022/?wpf3569_12=23-09-22%20|%20Scrivere%20di%20se%27%20%28e%20non%20sbagliare%20persona%29A volte basta una domanda, a volte una fotografia o un profumo, o persino quella marca di dentifricio che usavamo da bambini: c'è sempre un punto da cui possiamo iniziare a raccontare la nostra storia e prima di tutto bisogna trovarlo. Joseph Conrad si affacciava alla finestra, Frank Gerhy guardava nuotare delle carpe nella vasca da bagno, Bob Dylan invece mangiava pancakes e succo d'acero.Ciascuno di noi può mettersi davanti alla finestra – o alla vasca da bagno – per esplorare quel territorio ricco e illimitato che è la nostra vita di tutti i giorni.A cura della Scuola HoldenEmiliano Poddi"Quest'ora sommersa"Feltrinelli Editorehttps://www.feltrinellieditore.it/A centouno anni Leni Riefenstahl nuota tranquilla a quindici metri di profondità, alle Maldive: è la sua ultima immersione, l'ultima volta in cui potrà catturare con i suoi scatti le creature della barriera corallina. Appena dietro di lei c'è Martha Krems, biologa marina trentanovenne, che ha il compito di scortarla sott'acqua. In effetti, Martha non è lì per caso: è da moltissimo tempo che segue Leni, sia pure a distanza. Per anni ha raccolto notizie sulla "regista di Hitler" e le ha riordinate in schede divise per argomenti – citazioni, abitudini sessuali, incidenti... –, tutti disperati tentativi di classificazione cui quella donna enigmatica sembra regolarmente sfuggire. In particolare Martha è ossessionata da Tiefland, un film che Leni ha girato nel 1941 utilizzando come comparse alcuni internati – soprattutto bambini – di un campo per rom e sinti, destinati, finite le riprese, alla deportazione ad Auschwitz. E ora, finalmente, Martha ha l'occasione di studiare Leni da vicino, di tornare indietro, di starle addosso. Di scoprire, forse, perché nel '41 ha fatto quello che ha fatto alla sua famiglia. Quest'ora sommersa mette in scena il confronto fra due donne diverse per età, origini, indole e scelte etiche. Autoritaria, manipolatrice, pronta a sacrificare qualunque cosa all'estetica la prima; figura dolorosa la seconda, che sceglie la vita contro la morte, la biologia contro la storia: entrambe immerse in un mondo liquido dove il respiro e i movimenti seguono altre leggi, dove un'ora può dilatarsi fino ad abbracciare cento anni.Emiliano Poddi è nato a Brindisi nel 1975. Autore teatrale e radiofonico, ha scritto i romanzi Tre volte invano (selezione Premio Strega), Alborán e, per Feltrinelli, Le vittorie imperfette (2016). Insegna alla scuola Holden di Torino. Eleonora Sottili"Senti che vento"Einaudi Editorehttps://www.einaudi.it/«La nonna tagliava il salame e distribuiva le fette. A un tratto mi disse: "Sembra di essere in guerra. Tu saresti morta subito, in guerra". Aveva ragione, lo sapevo. Poi aggiunse: "Certo all'aceto potevate pensarci". Quindi, come se le cose fossero collegate: "Mi sa che domenica prossima non ti riesci mica a sposare". Fu allora che la mamma fece scattare la lama del suo coltello a serramanico, e per un momento mi sembrò che le scappasse un sorriso». Nonna Fulvia ha i capelli di ferro e ruggine, non sopporta le zucchine liguri e definisce Agata "un nientino". La mamma invece sta china sui suoi atlanti a incrociare paralleli e meridiani, cercando instancabile un posto dove sua figlia potrebbe avere una vita sorprendente. «Io con loro non c'entro niente», pensa Agata. Tanto domenica si sposa e finalmente sarà al sicuro, lontana dalle intermittenze dell'una e dalle forze contrarie dell'altra. Ma il fiume arriva a confondere i confini tra le cose, e Agata scopre di essere molto piú vicina alle donne della sua famiglia di quanto credeva. Un segreto, del resto, ce l'ha anche lei: la collezione di appartamenti vuoti dove ha fatto l'amore con un ragazzo che non è lo stesso che sta per sposare. Con una scrittura nitida e leggera, piena di magia, Eleonora Sottili ci racconta di come l'inaspettato s'intrufola nella nostra vita regalandoci le chiavi per aprire nuove porte. Perché esistono tante versioni di noi, e quando si rompono gli argini è il momento di chiedersi se cambiare rotta. Fuori piove, non smette di piovere, il fiume straripa e corre dappertutto. Mentre i vicini si imbarcano direttamente dal balcone, Agata s'incanta a guardare l'acqua che allaga il pianterreno, lambisce il divano, sommerge la libreria. La casa ora è una nave incagliata dove lei, sua madre e sua nonna mangiano salame al buio, pescano i pomodori dell'orto con il retino, spostano gli oggetti, scoperchiano sorprese. Intanto i regali di nozze navigano indisturbati, e il vestito da sposa volteggia candido al centro della stanza. In questo tempo liquido e sospeso, Agata scopre di non essere l'unica a custodire un segreto.IL POSTO DELLE PAROLEAscoltare fa Pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
Chiara Baudino"Andante"Faber Teaterhttps://faberteater.com/online/ Andante - il debutto 11 settembre – ore 11 – Abbazia di Vezzolano, Albugnano (AT) I partnerTeatro della Caduta, Club Alpino Italiano, sezione di Chivasso, Aree protette Po piemontese, Comune di Cortemilia, Ecomuseo dei Terrazzamenti e della Vite, Istituto musicale comunale Leone Sinigaglia. “Andante” è il nuovo progetto di Faber Teater che nasce dal desiderio di mettere in correlazione due ambiti, già profondamente indagati nel corso degli anni, attraverso differenti prospettive: il cantare e il camminare.Sono due espressioni che esplorano, in chi le pratica, i territori della relazione tra ciò che accade dentro e ciò che accade fuori, tra paesaggio esteriore e interiore, tra il respiro e le sue dinamiche, tra spazi differenti, con sensazioni di benessere ed equilibrio. Il cammino e la musica sono modi di stare insieme, patrimonio di tutti, chiunque ne può fare esperienza, e sono anche pratiche che vanno al di la della pura comprensione intellettuale. “Andante” di Faber Teater è vincitore del bando ArtWaves di Compagnia di San Paolo, “per la creatività, dall'idea alla scena” che guarda al consolidamento dell'identità creativa dei territori attraverso il sostegno alla programmazione nel campo delle performing arts e alla produzione creativa contemporanea, unendo ricerca, produzione, offerta e distribuzione in una logica di ecosistema per rafforzare le vocazioni artistiche del territorio. Il debutto, in programma domenica 11 settembre a Vezzolano, nell'ambito delle Scampagnate Teatrali di Concentrica. in scena Francesco Micca, Marco Andorno, Lodovico Bordignon, Lucia Giordano, Paola Bordignon, Sebastiano Amadio, dialogheranno tra loro e con gli spettatori lungo il percorso, che si trasforma in un viaggio scandito da musica e racconti, anche di storie personali che si intrecciano tra loro, in cui ci si divide e ci si ritrova per completare insieme il cammino.Lo spettacolo teatrale itinerante si avvale della scrittura e della drammaturgia musicale di Antonella Talamonti e del testo di Gian Luca Favetto e di Faber Teater.La data di settembre sarà preceduto da tre “anteprime” di studio dal titolo “Verso Andante” diffuse sul territorio regionale: sabato 6 agosto a Cortemilia (Cn), sabato 27 agosto a Chivasso (To) e domenica 28 agosto a Casale Monferrato (Al). “Andante" è un viaggio di parole e suoni, passi e pensieri, falcate e canzoni. È un andare e, come andare, è un movimento del corpo e dell'anima, un mettersi in gioco e mettersi in viaggio. C'entra con la musica, con il tempo e con il ritmo.Ci si imbarca in un percorso che diventa una storia – come fosse un battello. E infatti le storie sono mezzi di trasporto, oltre che di comunicazione.La storia è un intreccio di storie, quelle di un equipaggio, una comunità che va insieme per sentieri e attraversa paesaggi: è come se andasse per mare attraversando orizzonti.Si salpa da un porto, da un posto che accoglie i passeggeri, e si va in una direzione che è verso l'altro e verso l'altrove. Ciascuno con le proprie storie personali, le proprie intenzioni, riflessioni, punti di vista, racconti.Gli attori dialogano fra loro e con gli spettatori, che peraltro vivono questa esperienza come spettatori – partecipano attivamente a questo viaggio che è, appunto, un andare in coro.Si dialoga, si racconta e ci si racconta. Ci si aiuta, ci si divide, ciascuno rivela i propri bisogni e i propri segreti. Ci si riunisce di nuovo per continuare il cammino insieme, anche dopo il finale, che verrà trovato e raggiunto solo dopo aver affrontato tutti i tre appuntamenti di studio.IL POSTO DELLE PAROLEAscoltare fa Pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
Predicazione espositiva del Pastore Jonathan Whitman su Romani capitolo 15 versetti da 1 a 6. Registrata presso il Centro Evangelico Battista di Perugia il 17 Luglio 2022.Titolo del messaggio: "Tre motivi fondamentali per sostenere i fratelli più deboli".ROMANI 15 V1-6"1 Or noi, che siamo forti, dobbiamo sopportare le debolezze dei deboli e non compiacere a noi stessi. 2 Ciascuno di noi compiaccia al prossimo, nel bene, a scopo di edificazione. 3 Infatti anche Cristo non compiacque a se stesso; ma come è scritto:«Gli insulti di quelli che ti oltraggiano sono caduti sopra di me». 4 Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché, mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza. 5 Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda di avere tra di voi un medesimo sentimento secondo Cristo Gesù, 6 affinché di un solo animo e d'una stessa bocca glorifichiate il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo."
Marco Aime"Dialoghi di Pistoia"https://www.dialoghidipistoia.it/Aspettando i Dialoghi di Pistoia 2022Venerdì 18 marzo Marco Aime introduce il tema della XIII edizione: Narrare humanum est. La vita come intreccio di storie e immaginariTeatro Bolognini di Pistoia, ore 11 | Live-streaming su FB e YT dalle 11.15 Iniziano venerdì 18 marzo le lezioni preparatorie ai Dialoghi di Pistoia, festival di antropologia del contemporaneo, con l'antropologo Marco Aime, alle ore 11 al teatro Bolognini di Pistoia, dalle 11.15 anche in streaming sulla pagina FB e YT del festival. Aime approfondisce il tema della XIII edizione: Narrare humanum est. La vita come intreccio di storie e immaginari.Una lezione per le scuole secondarie di secondo grado di Pistoia e della provincia, ma anche per gli istituti scolastici di tutta Italia che, da anni ormai, seguono in streaming, il mini-ciclo di antropologia – ideato dalla direttrice del festival, Giulia Cogoli, e promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia – pensato per avvicinare gli studenti, con un linguaggio adatto a loro, ai grandi temi della contemporaneità. Nei 12 anni passati, sono stati circa 30.000 gli alunni coinvolti.«Perché gli esseri umani tentano di dare un ordine al mondo? In realtà il nostro pianeta può vivere benissimo senza di noi e la natura non ha certo bisogno di essere “riordinata”. Siamo noi ad avere bisogno di classificare, di mettere in relazione ciò che vediamo e anche ciò che immaginiamo, perché il nostro cervello necessita di concatenazioni logiche, di elementi messi in sequenze comprensibili, che abbiano una logica a noi chiara: che abbiano una trama, che siano un discorso, una narrazione. Ecco da dove nasce la nostra attitudine alla narrazione, al racconto» dichiara Marco Aime «Attitudine dettata dalla necessità di comunicare, siamo animali sociali, non potremmo non esserlo, senza questa capacità di trasmetterci informazioni ci saremmo già estinti da migliaia di anni. La forza dell'homo sapiens sta proprio nel saper comunicare e, per farlo, ogni comunità umana ha inventato un linguaggio. Linguaggio che non è solo una sequenza di suoni ordinati, ma è una sorta di lente attraverso cui guardare e leggere il mondo. Cambiare lingua vuole dire anche cambiare modo di pensare». «Ciascuno di noi è il prodotto di storie che abbiamo vissuto e abbiamo ascoltato» conclude Aime «In questo modo noi costruiamo il nostro essere umani, la nostra appartenenza a una o più comunità, la nostra capacità di convivere. Quando perdiamo la capacità di ascoltare quelle degli altri, allora nascono le incomprensioni, i pregiudizi, che sono anch'essi il prodotto di narrazioni. Cominciamo a raccontare una storia in cui l'altro, il diverso, diventa l'icona di ogni male. È da queste narrazioni che nascono il razzismo, l'odio per l'altro, le guerre. Un pericolo che dobbiamo evitare e l'unico modo per farlo è ascoltare le storie di tutti». Al termine dell'incontro, Aime risponderà alle domande del pubblico in teatro e a quelle poste dalle classi collegate in streaming attraverso FB e YT.La prenotazione, sia per le classi che per il pubblico, è obbligatoria: dialoghi@comune.pistoia.itIL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
ll titolo della quindicesima puntata della quarta stagione di J-TACTICS, trae spunto da "Leoni per agnelli" (Lions for Lambs) che è un film del 2007 diretto da Robert Redford.Interpretato da Robert Redford, Maryl Streep e Tom Cruise.Il titolo è una metafora usata per descrivere polemicamente il concetto di eroici soldati agli ordini di comandanti inetti.Viene riportata dal personaggio di Redford, che ricorda un comandante tedesco, il quale lodava le gesta dei soldati inglesi, ma disprezzava la loro leadership, affermando: "Mai visti simili leoni comandati da simili agnelli".Nella trama si intrecciano tre storie che si svolgono contemporaneamente, ma in tre luoghi e contesti differenti.Alla West Coast University il Professor Malley cerca di risvegliare il potenziale di un brillante studente apparentemente ormai disinteressato e disilluso.A Washington D.C. l'ambizioso Senatore Irving rivela, durante un'intervista di una giornalista, un nuovo piano di guerra, descritto come risolutivo.La giornalista appare da subito scettica nei confronti dell'ottimismo del politico, arrivando a paragonare tale strategia a quella intrapresa durante la guerra in Vietnam.In Afghanistan Ernest e Arian, due soldati statunitensi, partecipano all'operazione descritta da Irving.Attraverso dei flashback si scopre che i due soldati erano due studenti del Professor Malley e che hanno deciso di arruolarsi durante lo svolgimento di un progetto per il corso, con la volontà di rinnovare la nazione una volta rientrati dalla guerra.Facendo la nostra solita trasposizione dalla cinematografia al mondo del calcio, ed in modo particolare alle vicende juventine, potremo utilizzare il titolo e le vicende narrate nella pellicola per analizzare il match tutto bianconero andato in scena all'Allianz Stadium tra la Juventus ed i friulani dell'Udinese.Partita che in se dice o dovrebbe dire poco.La squadra di Allegri reduce dal ko in Supercoppa italiana vince ancora in campionato, 8° risultato utile consecutivo.Allo Stadium, la Juventus batte 2-0 l'Udinese.Dybala torna titolare e segna al 19'.Nella ripresa i padroni di casa mettono al sicuro il risultato grazie a un colpo di testa di McKennie, salendo a 41 punti in classifica a ridosso della zona Champions.Come detto quindi partita con poco da raccontare.Dybala invece, dopo il suo gol ci racconta una storia assai diversa.La Juventus sblocca molto presto il risultato con l'Udinese, ma non c'è nessuna esultanza.Anzi, Paulo Dybala dopo aver segnato non festeggia e con uno sguardo torvo guarda verso la tribuna.Un messaggio preciso quello del ragazzo di Laguna Larga che ha guardato nella zona dove sono generalmente seduti i dirigenti bianconeri.Non serve uno scienziato o comunque molta fantasia per capire che l'attaccante ce l'abbia soprattutto con Maurizio Arrivabene, a.d. della Juve, che nelle ultime settimane si è espresso con toni molto duri e polemici nei confronti di Dybala, rimandando ulteriormente l'appuntamento decisivo per il rinnovo del contratto del giocatore.Dybala, da buon attaccante (merce rara di questi tempi alla Juve) dopo neanche 20 minuti apre le danze contro l'Udinese, un'azione ben congegnata e un pizzico di fortuna hanno permesso all'argentino di essere solo davanti a Padelli, che è stato trafitto da un tiro potente.Gol pesante, ma come detto, nessuna esultanza.Niente gioia per la ‘Joya' che pare non aver voglia di festeggiare.I compagni lo abbracciano, lui ricambia, poi Dybala resta da solo qualche secondo per poi rivolgere lo sguardo fissando con forza la tribuna, lo sguardo è tutto un programma.Un'occhiata di sfida rabbiosa quella dell'argentino che lancia il guanto di sfida ai dirigenti della Juve, con i quali non riesce a trovare l'accordo per il rinnovo del contratto.Ma quello sguardo era rivolto probabilmente in particolare a Maurizio Arrivabene, che nelle ultime settimane ha avuto parole molto dure per Dybala.Quella del rinnovo del numero 10 bianconero è una situazione oramai incancrenita da tempo, almeno due anni."Leoni per agnelli", proprio come il titolo della pellicola di Redford da cui trae spunto l'odierna puntata di J-TACTICS, ossia una metafora che descrive il concetto di eroici soldati agli ordini di comandanti inetti.Inetti come i nostri dirigenti che in ben un biennio non hanno mai trovato (o voluto trovare) il bandolo della matassa per rinnovare l'accordo con il giocatore argentino."Mai visti simili leoni comandati da simili agnelli", come disse qualcuno.La reazione dopo il gol all'Udinese non è altro che l'insofferenza delle ultime settimane venuta fuori tutta insieme.Dybala sperava di prolungare il contratto con la Juventus, che scade il 30 giugno, non ci è riuscito.Tra domanda e offerta c'è differenza, a quanto dicono i ben informati.I dirigenti juventini hanno nicchiato, non hanno detto sì e nelle ultime settimane lo scenario sembra cambiato, e questo si era già capito con alcune interviste rilasciate da Arrivabene ultimamente.Prima di Juve-Cagliari, a dicembre, l'ex Team Principal del cavallino rampante, aveva lanciato un messaggio a Dybala:"Io sono abituato a parlare molto chiaro. Al giorno d'oggi l'attaccamento alla maglia da parte di molti giocatori è in forma un pochino minore rispetto all'attaccamento che hanno per i procuratori. Lui è il numero 10 della Juventus. Paulo ha avuto parecchi problemi nell'ultimo periodo, ma quando ha giocato ha fatto bene, ed è un giocatore importante per noi".Le parole dell'attuale A.D bianconero.Prima di Roma-Juve, Arrivabene, aveva avuto ancora meno peli sulla lingua rispondendo a una domanda sul rinnovo della Joya: "Ognuno deve guadagnarsi il proprio posto e dimostrare il valore che gli si dà. Ciascuno di noi deve fare il suo dovere e viene giudicato per questo. Vediamo Dybala nelle prossime partite".Con il procrastinarsi del rinnovo, dall'Argentina giungono negli ultimi giorni voci di addio che sarebbe certo a fine stagione, con l'Inter e in particolare Marotta, che lo aveva già portato in bianconero, pronto a fare una super offerta a Dybala, che potrebbe clamorosamente diventare un giocatore nerazzurro.Operazione che se divenisse realtà testimonierebbe ulteriormente lo stato confusionale e l'assenza di seria programmazione di chi siede nella stanza dei bottoni alla Continassa.Parafrasando ancora una volta il film di Redford la moltitudine di tifosi bianconeri può legittimamente chiedersi in riferimento alla querelle Dybala: "Se non lo facciamo noi, chi lo farà?", così come la giornalista Janine Roth domanda al senatore Irving.Diteci la vostra, interagiremo con voi in chat live! 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A Piccoli Sorsi - Commento alla Parola del giorno delle Apostole della Vita Interiore
- Premi il tasto PLAY per ascoltare la catechesi del giorno e condividi con altri se vuoi -+ Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi +Fratelli, tenete presente questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia.Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene. Sta scritto infatti:«Ha largheggiato, ha dato ai poveri,la sua giustizia dura in eterno».Colui che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, darà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia. Così sarete ricchi per ogni generosità, la quale farà salire a Dio l'inno di ringraziamento per mezzo nostro.Parola di Dio.Parola del Signore.
"Donare" è offrire gratuitamente qualcosa di valore agli altri. Donare è, in fondo, non a caso, un sinonimo dell'amore. In pratica, è anche il modo migliore per superare il nostro attaccamento alle cose materiali. Si tratta proprio di essere generosi e di dare con il cuore. "Chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia... Dio ama chi dona con gioia". E Paolo si riferisce proprio a una colletta della Chiesa di Corinto per una chiesa più povera. Fare parte delle proprie cose e saper dare è un'espressione concreta e reale dell'amore. È il modo più convincente per dire che qualcuno ci sta a cuore veramente. Senza dimenticare il famoso detto di Gesù: "c'è più gioia nel dare che nel ricevere".
A Piccoli Sorsi - Commento alla Parola del giorno delle Apostole della Vita Interiore
- Premi il tasto PLAY per ascoltare la catechesi del giorno e condividi con altri se vuoi -+ Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi +Fratelli, tenete presente questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia.Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene. Sta scritto infatti:«Ha largheggiato, ha dato ai poveri,la sua giustizia dura in eterno».Colui che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, darà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia.Parola di Dio.Parola del Signore.
A Piccoli Sorsi - Commento alla Parola del giorno delle Apostole della Vita Interiore
- Premi il tasto PLAY per ascoltare la catechesi del giorno e condividi con altri se vuoi -+ Dalla lettera di san Giacomo apostolo +Beato l'uomo che resiste alla tentazione perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promesso a quelli che lo amano.Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno. Ciascuno piuttosto è tentato dalle proprie passioni, che lo attraggono e lo seducono; poi le passioni concepiscono e generano il peccato, e il peccato, una volta commesso, produce la morte.Non ingannatevi, fratelli miei carissimi; ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c'è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature.Parola di Dio.Parola del Signore.