Podcasts about neoplasie

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Best podcasts about neoplasie

Latest podcast episodes about neoplasie

SssaC'
Metastasi vertebrali: l'alternativa che (ancora) non si conosce...

SssaC'

Play Episode Listen Later Dec 14, 2023 17:05


Quanto sono frequenti le metastasi vertebrali? Quanto spesso sono causa di dolore e invalidità?Cosa offre oggi la medicina moderna quando le terapie tradizionali non risultano sufficienti?Vi sono degli strumenti efficaci per ridurre rapidamente il dolore, stabilizzare una vertebra colpita da un tumore, ridurre il rischio di progressione locale?Un rapidissimo briefing su un argomento spesso poco noto, raccontato da uno dei più grandi esperti interventisti in questo campo.

Ultim'ora
Rilevante impatto socio-economico dalle neoplasie linfoproliferative

Ultim'ora

Play Episode Listen Later Oct 26, 2023 2:27


ROMA (ITALPRESS) - L'impatto economico e sociale delle Neoplasie linfoproliferative e l'importanza della gestione multidisciplinare del paziente. Questi i temi al centro del simposio promosso da BeiGene, azienda biotecnologica globale, dal titolo “Il burden economico della Macroglobulinemia di Waldenström e della Leucemia Linfatica Cronica e stima del potenziale impatto organizzativo legato alla gestione multidisciplinare dei pazienti”, organizzato in occasione della XVI edizione del Congresso Nazionale della Società Italiana di Health Technology Assessment. Una ricerca di ALTEMS è andata a indagare come l'approccio di un team multidisciplinare permetta di ottimizzare gli esiti dei pazienti e gli aspetti organizzativi ed economici.mgg/gsl

Ultim'ora
Rilevante impatto socio-economico dalle neoplasie linfoproliferative

Ultim'ora

Play Episode Listen Later Oct 26, 2023 2:27


ROMA (ITALPRESS) - L'impatto economico e sociale delle Neoplasie linfoproliferative e l'importanza della gestione multidisciplinare del paziente. Questi i temi al centro del simposio promosso da BeiGene, azienda biotecnologica globale, dal titolo “Il burden economico della Macroglobulinemia di Waldenström e della Leucemia Linfatica Cronica e stima del potenziale impatto organizzativo legato alla gestione multidisciplinare dei pazienti”, organizzato in occasione della XVI edizione del Congresso Nazionale della Società Italiana di Health Technology Assessment. Una ricerca di ALTEMS è andata a indagare come l'approccio di un team multidisciplinare permetta di ottimizzare gli esiti dei pazienti e gli aspetti organizzativi ed economici.mgg/gsl

Ultim'ora
Neoplasie linfoproliferative, Di Brino "Gestione multidisciplinare"

Ultim'ora

Play Episode Listen Later Oct 26, 2023 1:40


ROMA (ITALPRESS) - "Dall'analisi di Altems Advisory è emerso che destinando una piccolissima quota parte delle risorse in termini di tempo del personale sanitario all'applicazione dei team multidisciplinari si può migliorare notevolmente la gestione del paziente, apportando notevoli benefici non solo all'outcome delle terapie ma anche benefici in termini di efficienza organizzativa per le strutture sanitarie". Lo ha affermato Eugenio Di Brino, Co-Founder & Partner di Altems Advisory, spin-off dell'Università Cattolica, a margine del simposio promosso da BeiGene, azienda biotecnologica globale, dal titolo "Il burden economico della Macroglobulinemia di Waldenstrom (MW) e della Leucemia Linfatica Cronica (LLC) e stima del potenziale impatto organizzativo legato alla gestione multidisciplinare dei pazienti". xl3/mgg/gsl

Ultim'ora
Neoplasie linfoproliferative, Mennini "Entrino nel piano cronicità"

Ultim'ora

Play Episode Listen Later Oct 26, 2023 2:24


ROMA (ITALPRESS) - "È fondamentale poter garantire una presa in carico ottimale di questi pazienti, sia per garantire loro un miglioramento della qualità di vita sia per assicurare la sostenibilità del sistema con adeguato utilizzo delle risorse a disposizione". Lo ha detto Francesco Saverio Mennini, professore Economia Sanitaria e Microeconomia e Presidente SiHTA, a margine del simposio promosso da BeiGene, azienda biotecnologica globale, dal titolo "Il burden economico della Macroglobulinemia di Waldenstrom (MW) e della Leucemia Linfatica Cronica (LLC) e stima del potenziale impatto organizzativo legato alla gestione multidisciplinare dei pazienti".xl3/mgg/gsl

piano microeconomia neoplasie
NEUROPOD
EPISODIO 11 - Complicanze neurologiche della immunoterapia oncologica

NEUROPOD

Play Episode Listen Later Jun 3, 2021 13:57


Nel podcast odierno parleremo di eventi avversi neurologici da immune checkpoint inhibitors, anticorpi monoclonali che hanno rivoluzionato la terapia oncologica e stanno trovando indicazioni via via crescenti in diversi tipi di neoplasie. Questi farmaci agiscono amplificando le risposte immunitarie nei confronti del cancro attraverso il blocco di determinati segnali inibitori che sono presenti in condizioni fisiologiche ed iper-espressi dal tessuto tumorale. Tuttavia, questa attivazione del sistema immunitario non è specifica per cui si possono osservare reazioni autoimmunitarie a carico di diversi organi, incluso il sistema nervoso.Podcaster senior:Dott. Enrico MarchioniIRCCS Mondino Foundation, Pavia Podcaster junior : Dott. Alberto VogrigClinica Neurologica, Presidio Ospedaliero Universitario "Santa Maria della Misericordia", Udine French National Reference Center for Paraneoplastic Neurological Syndromes and Autoimmune Encephalitis, Hospices Civils de Lyon, Lyon (France)

Una Mela al Giorno
Prevenire l'invecchiamento e le neoplasie: intervista al Dott. Gianluca Pazzaglia

Una Mela al Giorno

Play Episode Listen Later May 19, 2020 57:10


E’ possibile rallentare il processo di invecchiamento evitando di incappare in gravissime malattie? Un comportamento disequilibrato nella vita della persona ed un disturbo neurormonale possono manifestarsi come malattia sul piano fisico! Cosa possiamo fare allora per evitare di ammalarci e prevenire malattie gravissime come i tumori o alcuni processi degenerativi letali per l’essere umano? Lo scopriamo insieme nella puntata di oggi, con il dott. Gianluca Pazzaglia, medico chirurgo, specialista in diagnostica per Immagini che si occupa da più di 20 anni della diagnosi precoce delle malattie del seno.Il Prof.Umberto Veronesi lo ha definito uno dei più bravi diagnosti italiani sul tumore della mammella. Studiando le neoplasie ed il loro legame con l’invecchiamento cellulare il dr. Pazzaglia è diventato oggi uno dei massimi esperti di endocrino-senescenza e per questo viene regolarmente invitato a Convegni Nazionali ed Internazionali.
 Proseguendo questo cammino ha poi sviluppato il concetto di endocrino-prevenzione delle neoplasie. Secondo questa logica se il nostro sistema endocrino è bilanciato invecchiamo più lentamente e meglio, riducendo allo stesso tempo la probabilità di sviluppare una neoplasia. Ma ora ti lascio direttamente alle sue parole e alla sua interessantissima storia, alza il volume e buon ascolto!!--- Send in a voice message: https://anchor.fm/paolo-bruniera/message

Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 18/19
Leitliniengestützte Interventionsstudie zur Verbesserung von Entscheidungen zur Therapiebegrenzung

Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 18/19

Play Episode Listen Later Nov 26, 2015


Hintergrund: Um die häufig als schwierig empfundenen Entscheidungen zur Therapiebegrenzung (TBE) bei fortgeschrittener Tumorerkrankung zu erleichtern, soll eine klinisch-ethische Leitlinie zur Therapiebegrenzung entwickelt und implementiert werden. In einer Vorher-Nachher Erhebung werden die Effekte dieser Leitlinie auf die Entscheidungspraxis untersucht. Hier werden die Ergebnisse aus der ersten Baseline-Erhebung vorgestellt. Methode: In der Medizinischen Klinik III des Klinikum Großhadern wurden in einem für die Baseline-Erhebung wurden entwickelten Dokumentationsbogen TBE anhand verschiedener Informationsquellen erfasst. Insgesamt wurden im Zeitraum von April-September 2012 625 Patienten erfasst. Hiervon wurden 567 Patienten wegen einer Neoplasie behandelt; dieses Patientenkollektiv wurde für die weitere Auswertung herangezogen. Die Messperiode wurde abgeschlossen, als n = 76 Patienten als verstorben erfasst waren. Ergebnisse: Bei 147 (26%) von 567 Patienten wurde eine TBE dokumentiert. Diese wurden während der Behandlung zum Teil verändert bzw verworfen. Bei Abschluss der Erhebung war bei 138 Patienten eine TBE festgelegt worden: bei 62% der Patienten (n = 85) „keine Reanimation“ und „keine Verlegung auf Intensivstation“; bei 37% (n = 51) wurde nur „keine Reanimation“ festgelegt worden. Bei 62 der 76 verstorbenen Patienten (82%) ging dem Tod eine TBE voraus. Auf der Normalstation ereigneten sich 37% (n = 28) der Todesfälle. Nach Verlegung in die Klinik für Palliativmedizin (gleiches Klinikum)/ins Hospiz/in die häusliche Palliativversorgung verstarben 55% (n = 42). Eine TBE wurde auf Normalstation im Median 6 Tage, auf Palliativstation 10,5 Tage vor dem Tod festgelegt. Diskussion: Die Häufigkeit der dokumentierten TBE ist höher als in der Literatur berichtet. Die Entscheidungen fielen im Median eine Woche vor dem Tod und damit eher spät im Erkrankungsverlauf. Die TBE „keine Reanimation“ und keine Verlegung auf Intensivstation“ wurden differenziert wahrgenommen und festgelegt. Eine Einbeziehung der Patienten in die TBE wurde in dieser Studie noch nicht erfasst. Diese wird Gegenstand der fallbezogene Befragung von Ärzten, Pflegenden und Patienten sein.

Life
LIFE del 30/10/2015 - Neoplasie nella terza età; La notte delle streghe e i bambini

Life

Play Episode Listen Later Oct 29, 2015 24:29


Neoplasie nela terza età: Prof. Francesco Cagnetti, Presidente Fondazione "Insieme contro il cancro", Direttore dell'Oncologia Medica del'Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena, Roma. La notte delle streghe e i bambini: Dott. Alesandro Pedrazzi, psicologo e psicoterapeuta

Tierärztliche Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 07/07
Klonalitätsanalysen bei KIT D816V-positiver Systemischer Mastozytose mit assoziierter hämatologischer nicht-mastozytärer Neoplasie (SM-AHNMD)

Tierärztliche Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 07/07

Play Episode Listen Later Jul 12, 2014


Sat, 12 Jul 2014 12:00:00 +0100 https://edoc.ub.uni-muenchen.de/18557/ https://edoc.ub.uni-muenchen.de/18557/1/Butschek_Anna_Larissa.pdf Butschek, Anna Larissa

positiver ddc:500 neoplasie ddc:590
Tierärztliche Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 05/07
A 13-week Dose Intensifying Simultaneous Combination Chemotherapy (DISC) Protocol for Malignant Lymphoma in Dogs

Tierärztliche Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 05/07

Play Episode Listen Later Jul 24, 2010


Das maligne Lymphom ist die häufigste hämatopoetische Neoplasie des Hundes. Die chemotherapeutische Behandlung mit Doxorubicin-haltigen Protokollen wird als die Therapie der Wahl angesehen. Dem Autor ist kein Dosis-intensivierendes simultanes Chemotherapie-Protokoll zur Behandlung des kaninen Lymphoms bekannt. Die Hypothese dieser Studie war, dass die Behandlung mit einem 13-wöchigen Dosis-intensivierenden simultanen Chemotherapie (DISC)-Protokoll zu weniger Nebenwirkungen und vergleichbaren oder sogar besseren Remissionsraten und medianen Remissionszeiten führt. Auftretende Nebenwirkungen sowie Remissionsraten und –zeiten wurden protokolliert. Es wurden prospektiv 21 Hunde mit dem Studienprotokoll behandelt. Die Diagnose ‚malignes Lymphom‘ wurde durch eine zytologische oder histologische Untersuchung gestellt. Das DISC-Protokoll ist ein 13-wöchiges Chemotherapie-Protokoll ohne Erhaltungsphase. An Tag 1 wurde L-Asparaginase (400 IU/kg SC) verabreicht. Danach folgte die wöchentliche simultane Gabe von Vincristin (0,7 mg/m² IV = 100 %), Cyclophosphamid (200 mg/m² IV = 100 %) und Doxorubicin (30 mg/m² IV = 100 %) mit einer initialen Dosisstufe von 33 %. Die jeweiligen Dosisstufen wurden zweimalig verabreicht und dann um 5-7 % bis zu einer maximalen Dosisstufe von 60 % erhöht, wenn keine oder nur Grad-I-Toxizitäten auftraten. Zusätzlich erhielten die Hunde therapiebegleitend für drei aufeinanderfolgende Tage 2 mg/kg Prednisolon und 0,5 mg/kg Furosemid PO. Bei zwei Hunden zeigten sich Grad-IV-Toxizitäten auf (eine asymptomatische Neutropenie bzw. eine Sepsis). Des Weiteren wurden zwei Grad-III-Thrombozytopenien und eine Grad-III-Neutropenie beschrieben. Weitere Nebenwirkungen waren selten und nur geringgradig. Der septische Patient wurde für 48 Stunden hospitalisiert und konnte nach dieser Zeit bei gutem Allgemeinbefinden entlassen werden. Im Verlauf der Studie verstarb keines der Tiere aufgrund von Nebenwirkungen oder wurde deshalb euthanasiert. Es trat auch bei keinem der Hunde eine sterile hämorrhagische Zystitis auf, obwohl alle wöchentlich mit Cyclophosphamid therapiert wurden. Siebzehn Hunde erreichten eine komplette Remission (80,9 %), ein weiterer eine partielle Remission (4,8 %), zwei erfuhren eine stabile Erkrankung (9,5 %) und ein Hund zeigte ein Fortschreiten der Erkrankung (4,8 %). Die mediane Remissionszeit für Hunde in kompletter Remission betrug 294 Tage. Im Vergleich zu anderen konventionellen Kombinations-Protokollen sind das Nebenwirkungsspektrum sowie Remissionsraten und –zeiten vergleichbar bis sogar verbessert. Die inter-individuelle Dosistoleranz innerhalb des Protokolls war sehr weit gefächert. Zwei Hunde konnten optimal bis zur Dosisstufe von 60 % eskaliert werden, weitere fünf konnten auf Dosisstufe 55 % therapiert werden, jedoch konnte bei drei Hunden die Dosis nicht über 33 % hinaus gesteigert werden. Das DISC-Protokoll wurde im Allgemeinen sehr gut toleriert und Remissionsraten sowie –zeiten waren mit konventionellen Kombinations-Protokollen vergleichbar oder sogar verbessert. Zusammenfassend ist zu sagen, dass alle Ziele der Studie erfüllt wurden. Des Weiteren wird momentan das Nachfolger-DISC-Protokoll durchgeführt, bei dem wöchentlich eine Dosissteigerung vorgenommen wird, um einen potentiellen Vorteil dieser individuellen Dosissteigerung bei der Therapie des kaninen Lymphoms zu evaluieren.

Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 11/19
Genomische Charakterisierung von disseminierten Tumorzellen aus Knochenmark und Lymphknoten sowie Primärtumoren bei Patienten mit Pankreaskarzinom

Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 11/19

Play Episode Listen Later Mar 11, 2010


Die einzige Möglichkeit, Patienten mit Pankreaskarzinom zu heilen, besteht in einer möglichst frühzeitigen Diagnose und Operation. Nach einer kurativen Resektion versterben dennoch über 95% aller Patienten innerhalb der folgenden fünf Jahre an einem Rezidiv, was belegt, dass nach der Operation disseminierte Tumorzellen (DTZ) im Körper des Patienten verbleiben und deren Progression zu einem Rezidiv der Krebserkrankung führt. Beim Pankreaskarzinom wurde gezeigt, dass der Nachweis von DTZ mit dem Antikörper A45-B/B3 gegen Zytokeratin im Knochenmark und mit dem Antikörper Ber-EP4 gegen EpCAM im Lymphknoten mit einer schlechteren Prognose korreliert. Das Ziel der vorliegenden Dissertation war es, Einblicke in die Biologie von hämatogener und lymphogener Disseminierung beim Pankreaskarzinom zu erarbeiten. Zunächst wurde die Prävalenz von DTZ durch immunzytochemische Färbungen gegen die oben genannten epithelialen Marker bestimmt. Anschließend wurden die Zellen isoliert, ihre DNA amplifiziert und mit der komparativen genomischen Hybridisierung (CGH) auf numerische Aberrationen hin untersucht, welche mit den chromosomalen Veränderungen des Primärtumorkollektivs verglichen wurden. Diese Gegenüberstellung sollte ergründen, ob Ähnlichkeiten zwischen hämatogen disseminierten (H-DTZ), lymphogen disseminierten Tumorzellen (L-DTZ) sowie Primärtumoren (PT) bestehen und ob charakteristische Veränderungen für H-DTZ und L-DTZ existieren, welche möglicherweise im Rahmen der Disseminierung selektiert wurden. Die Prävalenz von DTZ bei Patienten mit nicht metastasiertem Pankreaskarzinom lag im Knochenmark bei 23,0% und im Lymphknoten bei 38,1%. Dieser Unterschied war nicht signifikant. Die genomische Analyse von DTZ und PT deckte auf, dass Primärtumore die höchste Anzahl an numerischen Aberrationen aufwiesen (Mittelwert: 12,8), gefolgt von den L-DTZ (Mittelwert: 9) und den H-DTZ (Mittelwert: 4,7). Zum anderen zeigten EpCAM-positive Zellen aus den Lymphknoten häufiger abnorme Karyotypen (78,3%) als Zytokeratin-positive Zellen aus dem Knochenmark (68,8%), während alle PT numerische Aberrationen aufwiesen. Die Häufigkeit von chromosomalen Gewinnen und Verlusten war unterschiedlich in den verschieden Gruppen und betrug bei H-DTZ 3,6 DNA-Gewinne und 1,1 DNA-Verluste, bei L-DTZ 4,5 DNA-Gewinne und 4,5 DNA-Verluste und bei PT 5,6 DNA-Gewinne und 7,2 DNA-Verluste pro analysierter Probe. Die Ähnlichkeitsanalyse numerischer Aberrationen der drei Kollektive zeigte, dass PT und insbesondere DTZ untereinander sehr heterogen sind. Charakteristische Veränderungen, die möglicherweise selektiert worden waren, wurden in erster Linie in PT gefunden, in geringerem Ausmaß auch in Tumorzellen aus Lymphknoten. Es handelte sich dabei in erster Linie um DNA-Verluste, wie zum Beispiel auf Chromosom 17 und 18, welche PT und L-DTZ gemeinsam waren und eine größere Ähnlichkeit zwischen diesen beiden Gruppen im Vergleich zu PT und H-DTZ nahelegen. Andererseits konnten auch Aberrationen identifiziert werden, die charakteristisch für die jeweilige Gruppe waren. Insbesondere handelte es sich dabei bei H-DTZ um DNA-Gewinne von 5p und 15q und bei L-DTZ um DNA-Gewinne von 4p oder 19 beziehungsweise DNA-Verluste von 11q oder 12p. Häufige DNA-Gewinne und -Verluste auf den Chromosomen 1, 3 oder 22 waren kennzeichnend für die Gruppe der Primärtumore. In der Analyse gepaarter Proben desselben Patienten waren gemeinsame Aberrationen zwischen PT und H-DTZ nur in der Hälfte (3/6), zwischen PT und L-DTZ dagegen in allen der untersuchten Fälle (2/2) anzutreffen. Auch die Anzahl dieser gemeinsamen Veränderungen war bei letzteren größer (Anteil gemeinsamer Veränderungen zwischen a) PT und H-DTZ: 5,9%, 5,9%, 4,8% und b) PT und L-DTZ: 16,3%, 8,9%). Der Vergleich solcher Aberrationen zwischen den verschiedenen Patienten mit gepaarten Proben dagegen führte nicht zur eindeutigen Identifikation typischer Veränderungen, welche im Zusammenhang mit einer hämatogenen oder lymphogenen Disseminierung gesehen werden können. Eine Zunahme numerischer Aberrationen mit fortschreitender Tumorprogression im Primärtumor wurde für die meisten soliden Tumoren nachgewiesen. Auch bei der Progression der pankreatischen intraepithelialen Neoplasie zum Pankreaskarzinom ist die Akkumulation von genetischen Veränderungen zu beobachten. Vor diesem Hintergrund deuten die vorliegenden Ergebnisse daraufhin, dass die Disseminierung ein frühes Ereignis im Rahmen der Progression des Pankreaskarzinoms ist. In sehr frühen Tumorstadien, welche möglicherweise von den Genomprofilen der DTZ im Knochenmark repräsentiert werden, sind in erster Linie DNA-Gewinne anzutreffen. Interessanterweise scheinen diese DTZ im Milieu des Knochenmarks keine Deletionen zu akkumulieren. Mit fortschreitender Tumorprogression kommt dagegen DNA-Verlusten eine zunehmend bedeutende Rolle zu, was in DTZ aus Lymphknoten sowie im Primärtumor zu beobachten ist. Diese Beobachtungen bilden die Grundlage für eine Vielzahl weiterführender Fragestellungen, wie zum Beispiel die Identifikation der genetischen Veränderungen, die am Anfang der genetischen Progression stehen. Gerade diese Veränderungen könnten von allen Tumorzellen geteilt werden und somit ideale Zielstrukturen für neue Therapieansätze darstellen.

Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 11/19
Prognose unter intensivmedizinischer Behandlung von Patienten mit einer hämatologisch/onkologischen Grunderkrankung vs. Patienten mit einer allgemein-internistischen Grunderkrankung

Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 11/19

Play Episode Listen Later Jan 14, 2010


Hintergrund und Ziel: Die Notwendigkeit für eine intensivmedizinische Behandlung wird insbesondere für Patienten mit einer hämatoonkologischen Erkrankung häufig mit einer sehr schlechten oder gar infausten Prognose verbunden. Diesbezüglich den aktuellen Status für die Patienten einer Intensivstation des Klinikums Großhadern in München herauszufinden, war unter anderem Ziel dieser Arbeit. Weitere Ziele hierbei waren die Beschreibung des gesamten Patientenkollektives und dessen Therapien im Rahmen ihres Aufenthaltes, mit der Darstellung der Letalitäten der Patienten auf der ICU, während ihres Krankenhausaufenthaltes und im Anschluss daran. Schließlich sollten vor allem zwei Gruppen – Patienten mit einer hämatoonkologischen Grunderkrankung und Patienten mit einer anderen allgemein-internistischen Grunderkrankung - im Hinblick auf ihre Beatmungstherapie, ihre Katecholamintherapie und ihre Letalität miteinander verglichen werden. Patienten und Methode: Betrachtet wurde das gesamte Patientenkollektiv der Intensivstation F2b/c der Medizinischen Klinik III des Universitätsklinikums Großhadern in München innerhalb eines Zeitraumes von einem Jahr. Insgesamt wurden 391 Patienten/Aufenthalte in die Untersuchung eingeschlossen. Alle relevanten Daten wurden aus den Patientenakten in eine speziell auf die Intensivstation abgestimmte elektronische MySQL-Datenbank eingetragen. Darin wurde jeder Patient/jede Patientin an jedem Aufenthaltstag auf der Intensivstation mit sämtlichen relevanten Angaben der Erkrankung, des Gesundheitszustandes, der therapeutischen Maßnahmen, der prognostischen Faktoren und der klinischen Werte eingetragen. Ergebnisse: 65,2% der 391 Patienten waren männlich, 34,8% weiblich. 109 Patienten (= 27,9%) wiesen als Grunderkrankung eine hämatologische Neoplasie auf, 83 Patienten (= 21,2%) einen soliden Tumor, 66 Patienten (= 16,8%) eine Lebererkrankung, 48 Patienten (= 12,3%) eine Herz-Gefäßerkrankung, 19 Patienten (= 4,9) eine Magen-/Darmerkrankung, 53 Patienten (= 13,6%) eine andere und 13 Patienten (= 3,3%) keine Grunderkrankung. 152 Patienten (= 38,9%) mussten auf der ICU invasiv beatmet werden. 251 Patienten (= 64,2%) benötigten Katecholamine. Die ICU-Letalität betrug 24,0% (= 94 Patienten), die Krankenhausletalität 37,9% (= 148 Patienten). Es wurden insgesamt 109 Patienten (= 27,9%), die an einer hämatoonkologischen Grunderkrankung litten, von denen 30 (= 27,5%) stammzelltransplantiert waren, mit insgesamt 282 Patienten (= 72,1%), die an einer anderen allgemein-internistischen Grunderkrankung litten, verglichen. Von den Patienten mit einer hämatoonkologischen Grunderkrankung wurden 57 Patienten (= 52,3%) invasiv beatmet und 82 Patienten (= 75,2%) waren katecholaminpflichtig. Die ICU-Letalität betrug 36,7% (= 40 Patienten). Von den Patienten mit einer allgemein-internistischen Grunderkrankung wurden 95 Patienten (= 33,7%) beatmet und 169 Patienten (= 59,9%) waren katecholaminpflichtig. Die ICU-Letalität betrug 19,1% (= 54 Patienten). Schlussfolgerung: Die Grunderkrankung selbst hat nicht den größten Einfluss auf das Versterben der Patienten. Entscheidend für das Überleben ist vor allem die Anzahl der Organversagen. Eine Aufnahme von Patienten mit einer hämatoonkologischen Grunderkrankung auf die Intensivstation sollte nicht als aussichtslos betrachtet werden.

Tierärztliche Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 04/07

Da die Thrombozytopenie ein häufiges klinisches Problem bei Hund und Katze ist, war das Ziel dieser Studie Hunde mit einer niedrigen Plättchenzahl zu sammeln um eine Prävalenzrate der caninen Thrombozytopenie zu erstellen. Zwischen Januar 2000 und Dezember 2004 konnten 1098 Hunde, welche in der Medizinischen Kleintierklinik der LMU München vorgestellt wurden, mit einer Plättchenzahl kleiner 150x109/l gesammelt werden. Bei 871 der 1098 Hunde konnte eine Diagnose gestellt werden. Diese Patienten wurden in fünf ätiologische Kategorien eingeteilt, welche aus der primären klinischen Diagnose gebildet wurden, mit der folgenden proportionalen Verteilung: 5.6 % ‘IMT’, 6.0 % ‘Thrombocytopenia bedingt durch DIC’, 25,5 % ‘Thrombozytopenie bedingt durch verschiedene Krankheiten’, 28,0 % ‘Neoplasie assoziierte Thrombozytopenie’ und 34,9 % ‘Entzündlich/Infektiöse Thrombozytopenie’. Die Prävalenzrate der caninen Thrombozytopenie lag in dieser Studie bei 6,7 %. Der Deutsche Schäferhund, Berner Sennenhund und Golden Retriever waren die überrepräsentierten Rassen in der thrombozytopenischen Population der Klinik. Hunde mit einer ‘immunmediierten Thrombozytopenie’ (Median 32,000x109/l) und ‘Thrombozytopenie bedingt durch DIC’ (Median 55,000x109/l) hatten signifikant (P

Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 07/19
Immunhistologische Analyse der laminin-5-gamma-2 Kette in VIN III und im Plattenepithelkarzinom der Vulva unter Berücksichtigung der klinischen und histologischen Aspekte

Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 07/19

Play Episode Listen Later Oct 18, 2007


Das Vulvakarzinom und seine Vorstufen sind seltene Krankheitsbilder. Die operative Therapie ist Methode der Wahl beim Vulvakarzinom. Sie ist allerdings mit hohen postoperativen Komplikationen und psychosexuellen Problemen belastet. Probleme bei der Behandlung von vulvären intraepithelialen Neoplasien stellen vor allem die hohe Rezidivrate und das Risiko einer Karzinomentstehung dar. So ist es sowohl für die Therapie des Vulvakarzinoms als auch seiner Vorstufen wünschenswert, verlässliche Parameter zu finden, die eine Aussage über den wahrscheinlichen Verlauf der Krankheit erlauben und damit auch eine individualisierte, risikoadaptierte Therapie ermöglichen können. In der vorliegenden Arbeit sollten neben klinischen und histologischen Merkmalen insbesondere der immunhistologische Nachweis der laminin-5-gamma-2 Kette im Hinblick auf die Prognose der vulvären intraepithelialen Neoplasie (VIN III) und des Plattenepithelkarzinoms der Vulva untersucht werden. Der immunhistochemische Nachweis der laminin-5-gamma-2 Kette wurde gewählt, da für diesen Marker bisher keine Ergebnisse an tumorösen Veränderungen der Vulva vorliegen. Die laminin-5-gamma-2 Kette wird von invasiv wachsenden Zellen unterschiedlicher Tumoren im Zytoplasma exprimiert (Adenokarzinome des Dickdarms, des Magens und der Brust sowie Plattenepithelkarzinome der Zervix und der Mundhöhle). Dabei konnte ein Zusammenhang zwischen einer Überexprimierung der laminin-5-gamma-2 Kette und geringer Gewebedifferenzierung, größerer Tiefeninfiltration, dem Auftreten von Metastasen und einer schlechteren Überlebensprognose nachgewiesen werden. Folgende Fragestellungen sollten bei den Patientinnen mit VIN beurteilt werden: 1. Sind die bekannten histologischen Parameter mit dem Auftreten von Rezidiven assoziiert? 2. Ist der immunhistologische Marker laminin-5-gamma-2 mit den bekannten histologischen Parametern assoziiert? 3. Ist der immunhistologische Marker laminin-5-gamma-2 mit dem Auftreten von Rezidiven assoziiert? 4. Kann mit der immunhistologischen Anfärbung der laminin-5-gamma-2 Kette die frühe Invasivität nachgewiesen werden? Folgende Fragestellungen sollten bei Patientinnen mit Plattenepithelkarzinom der Vulva bearbeitet werden: 1. Sind die bekannten histologischen Parameter mit dem Lymphknotenbefall, dem Auftreten von Rezidiven und dem Gesamtüberleben assoziiert? 2. Ist der immunhistologische Marker laminin-5-gamma-2 mit den bekannten histologischen Parametern assoziiert? 3. Ist der immunhistologische Marker laminin-5-gamma-2 mit dem Lymphknotenbefall, dem Auftreten von Rezidiven und dem Gesamtüberleben assoziiert? Nach einem festgelegten Merkmalkatalog wurden die anamnestischen und therapeutischen Daten aus den Krankenunteralgen der Patientinnen entnommen. Die histologischen Parameter wurden anhand von Hämatoxylin-Eosin gefärbten Großflächenschnitten erhoben. Für den immunhistologischen Nachweis der laminin-5-gamma-2 Kette wurden die Gewebeblöcke herausgesucht, um neue Schnitte anzufertigen, die mit Hilfe der Avidin-Biotin-Komplex-Methode (ABC) und 3,3-Diaminobenzidintetrahydrochlorid (DAB) gefärbt wurden. Die Auswertung erfolgte semiquantitativ mit Abschätzung des Anteils der gefärbten Zellen an der Gesamtzahl der Tumorzellen in Prozent. Die statistische Analyse erfolgte univariat durch Prüfung auf Signifikanz mit dem χ2-Tests oder – wenn erforderlich – mit dem exakten Test nach Fisher. Die Überlebenskurven (rezidivfreies Überleben, Gesamtüberleben) wurden nach der Kaplan-Meier-Methode errechnet und mit dem Log-Rank-Test auf signifikante Unterschiede geprüft. Ein derartiger Unterschied wurde bei p-Werten kleiner 0,05 angenommen. Die retrospektive Studie umfasste zwei Patientengruppen: • 88 Patientinnen mit VIN aus der Zeit von 1991 bis 2002 • 155 Patientinnen mit Plattenepithelkarzinom der Vulva von 1987 bis 2002 Alle Patientinnen wurden im angegebenen Zeitraum an der I. Frauenklinik der Universität München, Maistraße, behandelt. Für die Patientinnen mit VIN zeigte nur das histologische Merkmal „Entfernung in sano / non in sano“ einen statistisch auffälligen Unterschied im rezidivfreien Überleben. Alle anderen histologischen Merkmale, einschließlich des immunhistologischen Nachweises der laminin-5-gamma-2 Expression, zeigten keinen Zusammenhang mit der Häufigkeit von Rezidiven. Bei den Patientinnen mit Plattenepithelkarzinom der Vulva korrelierten folgende histologischen Merkmale statistisch auffällig mit Nachweis von inguinalen Lymphknotenmetastasen: Infiltrationstiefe, Anzahl der Mitosen, Differenzierungsgrad, Lymphangiosis carcinomatosa und lokales Tumorstadium (pT). Der immunhistologische Nachweis der laminin-5-gamma-2 Kette zeigte hingegen keine Assoziation zur lymphatischen Metastasierung. Das lokale Tumorstadium (pT) und die Entfernung in sano zeigten eine statistisch auffällige Korrelation mit der Rezidivhäufigkeit: 100% Rezidive bei pT3 versus 34% bei pT1 und pT2. 60% Rezidive bei Entfernung non in sano versus 31% bei Entfernung in sano. Neben diesen beiden Merkmalen zeigten auch die Infiltrationstiefe und der Nachweis von inguinalen Metastasen einen statistisch auffälligen Unterschied im rezidivfreien Überleben. Karzinome, die laminin-5-gamma-2 exprimierten, zeigten sowohl häufiger Rezidive als auch eine kürzere mittlere rezidivfreie Zeit. Ein statistisch auffälliger Unterschied im Gesamtüberleben ließ sich in Abhängigkeit von folgenden histologischen Merkmalen nachweisen: Infiltrationstiefe, Grading, Lymphangiosis und Hämangiosis carcinomatosa, lokales Tumorstadium (pT), inguinaler Lymphknotenstatus sowie Karzinomentfernung im Gesunden. Patientinnen, deren Karzinome laminin-5-gamma-2 exprimierten, hatten ein deutlich schlechteres Gesamtüberleben gegenüber Patientinnen, deren Karzinome keine Expression aufwiesen (5-Jahresüberlebensrate 97% versus 68%). Weiter konnten folgende Ergebnisse beobachtet werden: Laminin-5-gamma-2 war vor allem in Tumorzellen an der Tumor-Stroma-Grenze positiv nachweisbar. Karzinome mit ungünstigen histologischen Parametern (Infiltrationstiefe > 1mm, G2 oder G3, Lymphangiosis und Hämangiosis carcinomatosa) zeigten häufiger positive Ergebnisse für die laminin-5-gamma-2 Färbung. Rezidive traten häufiger bei laminin-5-gamma-2 exprimierenden Tumoren auf. Die Überlebenszeit war kürzer bei Patientinnen, deren Vulvakarzinom laminin-5-gamma-2 exprimieren. Aus diesen zunächst univariat gewonnenen Ergebnissen lassen sich folgende vorläufige Schlüsse ziehen: 1. der Nachweis der laminin-5-gamma-2 Kette hat für die Prognose der vulvären intraepithelialen Neoplasie keine Bedeutung. 2. Die Expression der laminin-5-gamma-2 Kette scheint mit einem aggressiveren Tumortyp und damit einer schlechteren Prognose des Vulvakarzinoms verbunden zu sein. Das Ziel der vorliegenden Arbeit war zu überprüfen, welche Bedeutung die immunhistologische Darstellung der laminin-5-gamma-2 Kette in der Prognose der vulvären intraepithelialen Neoplasie und des Vulvakarzinoms hat. Auf Grund der hier gewonnenen univariaten Ergebnisse scheinen weitere Untersuchungen mit multivariater Analyse und an größeren Patientenkollektiven sicher sinnvoll. So könnte in Zukunft vielleicht die immunhistologische Färbung mit dem laminin-5-gamma-2 Antikörper zusammen mit histologischen Untersuchungen eine genauere Einschätzung der Prognose erlauben und zur individuellen, tumoradaptierten Therapie beitragen.

Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 07/19

Seit dem 01.10.2002 ist die Koloskopie am dem 56. Lebensjahr Bestandteil der gesetzlichen Darmkrebsvorsorge. Im Zeitraum von Dezember 2003 bis Dezember 2004 wurden sämtliche ambulant durchgeführte Koloskopien am Kreiskrankenhaus Schrobenhausen in Abhängigkeit der zur Untersuchung führenden Indikation erfasst. Besonderes Interesse galt hierbei den Ergebnissen in der Gruppe der Vorsorgekoloskopie im Hinblick auf Häufigkeit von Karzinomen und tubulären Adenomen. 207 Patienten stellten sich im Zeitraum zur Vorsorgekoloskopie vor. Bei 58 (28,0%) fand sich ein Adenom, bei 13 (6,3%) eine fortgeschrittene Neoplasie und bei einem (0,5%) ein Adenokarzinom. Im Hinblick auf das optimale Alter für den Beginn der Vorsorgemassnahme wurden die Untersuchungsergebnisse in Abhängigkeit des Lebensalters betrachtet. Erst in der ALtersgruppe der über 55-Jährigen fanden sich fortgeschrittene Neoplasien. Schlussfolgerungen: In gut einem Viertel der Untersuchten können mittels Vorsorgekoloskopie Vorläuferstufen des Kolonkarzinoms abgetragen werden. Eine Vorverlegung des Beginns der präventiven Koloskopie ist derzeit nicht gerechtfertigt.

bei beginn erst gruppe patienten abh ergebnissen hinblick zeitraum viertel untersuchung die pr altersgruppe im hinblick indikation beginns im zeitraum koloskopie neoplasien ddc:600 karzinomen neoplasie lebensalters adenomen adenom untersuchten besonderes interesse
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Latenz-assoziiertes-nukleäres-Antigen (LANA) des Humanen-Herpesvirus 8 (HHV 8) im AIDS-assoziierten Kaposi-Sarkom

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Play Episode Listen Later Jun 14, 2007


Bei dem Kaposi-Sarkom (KS) handelt es sich um eine eng mit dem Humanen-Herpes-Virus 8 (HHV 8) assoziierte vaskuläre Neoplasie. Die Etablierung eines kommerziell erhältlichen, stabilen Antikörpers gegen das virale „Latenz-assoziierte-nukleäre Antigen“ (LANA) von HHV 8 ermöglicht den Nachweis HHV-8-infizierter Zellen an Ex-vivo- Paraffinmaterial. In dieser Arbeit wird diese Methode an einem Kollektiv aus insgesamt 61 Patienten mit HIV-assoziiertem KS angewendet, um einen Beitrag zur Beantwortung von bislang ungeklärten Fragen nach der quantitativen Verteilung von HHV 8 im Organismus und zur formalen Pathogenese des KS zu leisten. Das Kollektiv besteht aus diagnostischen Exzisaten (20 Früh- und 20 Spätstadien des KS) sowie aus 21 Sektionsfällen mit KS wovon Lympknoten, Leber-, Milz- und Lungengewebe untersucht wurden. Durch die Etablierung und Auswertung technisch aufwendiger immunhistochemischer Doppelfärbeexperimente mit dem viralen Protein LANA und verschiedenen strukturellen und regulatorischen Humanproteinen (CD31, CD34, Ki67 und p21) sowie durch die Anpassung des LANA-Nachweises an Autolyse- bzw. Sektionsmaterial kommen wir in der vorliegenden Arbeit zu folgenden Ergebnissen: Die KS-Progression geht von der Proliferation nicht-infizierter Zellen aus. Dies spricht für ein parakrin-stimuliertes KS-Wachstum und stützt Hypothesen, die das KS als viral-getriggerte, reaktive Angioproliferation einstufen. Außerdem unterscheidet dieser Befund das KS von dem ebenfalls HHV-8-assoziiertem „Primären Effusions Lymphom“ (PEL), dessen Progression ein autonomer Zellzyklus zugrunde liegt. Weitere Ergebnisse dieser Arbeit stützen die mittels In-vitro-Experimenten von Wang et al. aufgestellte Hypothese, dass HHV 8 das Expressionsmuster der infizierten Zellen in Richtung der endothelialen Vorläuferzelle verändert. Durch Koexpressionsexperimente mit Endothelzellmarkern kann außerdem gezeigt werden, dass die HHV-8-infizierten Zellen an der Gefäßbildung im KS direkt beteiligt sind. Schließlich lassen sich im Sektionsmaterial HHV-8-infizierte mononukleäre Zellen in mehreren Organen als disseminierte Einzelzellen außerhalb der klinisch/makroskopisch sichtbaren KS-Läsionen nachweisen, und es finden sich mikroskopisch kleine KS-Frühstadien. Der bisher nur in vitro durch den Nachweis von HHV-8-infizierten Zellen im Blut vermutete formalpathogenetische Weg, wonach HHV-8-infizierte mononukleäre Zellen zur Infektion der endothelialen KS- „Zielzellen“ beitragen, wird somit ex vivo an dem Untersuchungskollektiv histomorphologisch belegt.

Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 04/19
Phänotyp und Genotyp der Multiplen Endokrinen Neoplasie Typ 1 (MEN1) in Deutschland

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Play Episode Listen Later Oct 13, 2005


Thu, 13 Oct 2005 12:00:00 +0100 https://edoc.ub.uni-muenchen.de/4471/ https://edoc.ub.uni-muenchen.de/4471/1/Zinner_Kristin.pdf Zinner, Kristin ddc:610, ddc:600, Medizi

deutschland genotyp ddc:600 neoplasie
Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 03/19
Die Bedeutung der Aktinomykose in der Gynäkologie und Geburtshilfe

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Play Episode Listen Later Feb 22, 2005


Das erste Auftreten von Aktinomykose beim Menschen wurde 1878 durch den Berliner Chirurgen James Israel berichtet. 1881 wurde der erste Fall einer Genitalaktinomykose bekannt. Die Aktinomykose ist eine chronisch-eitrige Infektionskrankheit mit charakteristischem Auftreten von multiplen Abszessen und Fistelungen. Sie weist eine außergewöhnlich starke Rezidivhäufigkeit auf. Die Aktinomykose gliedert sich in fünf verschiedene Formen: 1. Zervikofaziale Aktinomykose 2. Thorakopulmonale Aktinomykose 3. Abdominalaktinomykose 4. Urogenitalaktinomykose 5. Aktinomykosebefall anderer Organe wie des ZNS durch hämatogene Streuung In dieser Arbeit wird zunächst ganz allgemein über die eigentlichen Erreger der Aktinomykose informiert, sowie über die notwendigen Begleitkeime. Ätiologie und Pathogenese werden diskutiert, hierbei wird besonders der endogene Infektionsmodus hervorgehoben. Es schließen sich die Ergebnisse epidemiologischer Untersuchungen an, die auf Erkrankungshäufigkeit, Geschlechtsverteilung, Erkrankungsalter und Prädilektionsstellen Auskunft geben. Nach einer genaueren Beschreibung des klinischen Bildes der Aktinomykose werden die Diagnosemöglichkeiten erläutert. Auch Differentialdiagnosen sowie Therapiemöglichkeiten und Prophylaxemethoden werden im allgemeinen Teil kurz erwähnt, wobei hier der Antibiotika und der operativen Therapie in der heutigen Zeit besondere Bedeutung zukommt. Diese Arbeit beschäftigt sich speziell mit dem gynäkologischen Manifestationsort der Aktinomykose. Zunächst werden hier der geschichtliche Verlauf und die Epidemiologie der Genitalaktinomykose beschrieben. Im folgenden Teil „Ätiologie und Pathogenese“ wird unterschieden zwischen den Genitalaktinomykosen mit und ohne kontrazeptive(n) Maßnahmen. Eine erhöhte Morbidität fällt hier besonders bei IUP-Trägerinnen auf, weshalb auch die unterschiedlichen IUP-Typen näher beschrieben werden und deren pathogene Wirkung gesondert erläutert wird. Anschließend wird die Klinik der Genitalaktinomykose genauestens beschrieben, die sich in drei Abschnitte einteilt, (1. Anfangsstadium 2. Tumorstadium 3. Fistelstadium), sowie auch die pathologische Anatomie. Die Diagnostik der Genitalaktinomykose kann mit klinisch chemischen Untersuchungen erfolgen, aber auch durch mikrobiologische oder bildgebende Verfahren. Die verschiedenen Differentialdiagnosen werden diskutiert, die wohl am häufigsten gestellte ist die Neoplasie. Auf den speziellen Fall der Genitalaktinomykose während der Schwangerschaft wird in einem gesondertem Kapitel kurz eingegangen. Hierüber ist in der Weltliteratur allerdings sehr wenig veröffentlicht worden. Die heutige Therapie der Genitalaktinomykose stellt die operative Sanierung in Verbindung mit der antibiotischen Behandlung dar. Um einer Genitalaktinomykose vorzubeugen sollten vor allem bei der Risikogruppe der IUP-Trägerinnen prophylaktische Maßnahmen ergriffen werden.

Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 03/19
Vulväre intraepitheliale Neoplasie - Entwurf eines Gesamtbildes

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Play Episode Listen Later Dec 2, 2004


Entwurf eines Gesamtbildes der VIN mit Diagnostik, Therapie, DD`s und neueste Forschungen zur besseren Differenzierung. Schwerpunkt auch auf HPV-Infektionen.

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Thu, 26 Jun 2003 12:00:00 +0100 https://edoc.ub.uni-muenchen.de/1356/ https://edoc.ub.uni-muenchen.de/1356/1/Lieber_Pia.pdf Lieber, Pia ddc:610, ddc:600, Medizinische Fakultät

lieber medizinische fakult ddc:600 neoplasie typ1
Medizinische Fakultät - Digitale Hochschulschriften der LMU - Teil 01/19
Pharmakokinetische, fluoreszenzmikroskopische Studie zur Gewebeaufnahme und Verteilung von 5-Aminolävulinsäure aus 5-ALA-Thermogel bei zervikaler intraepithelialer Neoplasie (CIN 1-3)

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Play Episode Listen Later Feb 27, 2003


Die photodynamische Diagnostik und Therapie sind relativ neue Methoden zur Detektion und Behandlung von CIN-Läsionen. Sie erfolgen nach Applikation einer photosensibilisierenden Substanz vor der Portio und einer Illumination mittels Laserlicht einer definierten Wellenlänge. In den von uns durchgeführten Untersuchungen wurde als photosensibilisierende Substanz 5-ALA-Thermogel verwendet. Diese Präparation geht bei mehr als +31° C in einen gelartigen Zustand über. Die Lösung wird unter Zuhilfenahme einer Zervixkappe aufgebracht. Durch die Gewebetemperatur erfolgt dann die Umwandlung zum Gel. Das Ziel der Untersuchungen war die Feststellung der optimalen Applikationsdauer und der optimalen Applikationsdosis für die Durchführung der photodynamischen Therapie (PDT) bei Patientinnen mit Zervixdysplasie (CIN 1-3). Im Zeitabschnitt zwischen Dezember 2001 und April 2002 wurden 27 nicht schwangere Patientinnen mit zytologisch bzw. histologisch nachgewiesener CIN 1, CIN 2 und CIN 3 nach Beachtung von Einschluss- und Ausschlusskriterien in die Studie einbezogen. 0,5 bis 12 Stunden vor therapeutischer Konisation wurden 10 ml eines 4%, 10% oder 20%igen 5-ALA-Thermogels auf die Portio uteri aufgetragen. Weiterhin wurden bei allen Patientinnen Biopsien entnommen, die histologisch untersucht wurden. Die Biopsien von 25 Patientinnen wurden der semiquantitativen, topografischen Fluoreszenzmikroskopie und der quantitativen Fluoreszenzspektrometrie unterzogen. Die Ergebnisse der durchgeführten Untersuchungen zeigen, dass die PPIX-Fluoreszenz ihr Maximum bei der Applikation von 10%igem 5-ALA-Thermogel und einem Inkubationsintervall von über 2 Stunden erzielt. Eine höhere Konzentration des 5-ALAThermogels verursachte keinen weiteren Anstieg der PPIX-Fluoreszenzintensität. Aufgrund dieser Ergebnisse empfehlen wir für die PDT 10%iges 5-ALA-Thermogel, das eine maximale PPIX-Sättigung (PPIX-Fluoreszenzintensität) im Gewebe ergibt und dadurch eine maximale Effektivität für die Therapie erwarten lässt. Es sollte jedoch für eine PDT nicht nur eine maximale PPIX-Sättigung im Gewebe erzielt werden, sondern auch eine entsprechend hohe Selektivität nur für dysplastisch veränderte Zellen. In dieser Studie wurde eine statistisch signifikante höhere PPIXFluoreszenzintensität in den CIN-Arealen festgestellt im Vergleich zum normalen umgebenden Plattenepithel (p

Medizin - Open Access LMU - Teil 05/22
Hyperkalzämie bei multipler endokriner Neoplasie (MEN)I: orthotope und ektope Parathomonproduktion

Medizin - Open Access LMU - Teil 05/22

Play Episode Listen Later Jan 1, 1985


Tue, 1 Jan 1985 12:00:00 +0100 https://epub.ub.uni-muenchen.de/8522/1/8522.pdf Scriba, Peter Christian; Wood, W. G.; Valesky, A.; Otte, M.; Herbst, E.; Dietel, M.; Müller-Esch, G.