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In cucina e nella tecnologia, le domande di fondo oggi sono le stesse: come migliorare la performance, come garantire sicurezza alimentare, come ridurre l'impatto ambientale. Temi che sono stati al centro della presentazione alla stampa della nuova linea Steel Pan Master, organizzata all'Antonello Colonna Resort & Spa di Labico, dove è stata illustrata la collaborazione tra lo chef stellato e l'imprenditrice Carmen Sollo.
Raccontare l'Italia del vino non è mai stato un esercizio lineare, è un territorio che vive sospeso tra memoria e innovazione, tra la solidità dei disciplinari e l'irrequietezza dei nuovi consumi, tra il mito della tradizione e l'urgenza di essere compreso. L'impressione, oggi più che mai, è che la distanza tra il patrimonio enologico italiano e chi provi ad avvicinarlo si stia allargando. E non è un paradosso se, vivendo nel Paese con la biodiversità viticola più ampia al mondo, il consumatore si senta sempre più spesso smarrito. Orientarsi nel vino italiano significa attraversare un territorio dove le cifre non sono semplici dati, ma strati di identità che si moltiplicano. Ottanta Docg che diventano 629 tipologie, 343 Doc che superano le 12.000 varianti, e poi 124 Indicazioni Geografiche capaci da sole di produrre oltre 40.000 possibilità diverse.
C'è un'Italia che non si studia nei manuali ma si decifra tra i filari. È l'Italia scritta nelle pietre delle cantine, nelle parole che i produttori consegnano alla memoria più che ai registri, negli appunti tracciati sul retro di un'etichetta o nei racconti sussurrati a fine vendemmia. Un patrimonio fatto di gesti, voci, intuizioni e radici, un sapere che vive solo se qualcuno lo raccoglie e lo restituisce. Senza queste testimonianze, il vino italiano è un prodotto, con esse torna a essere identità
La storia di Pezzetto nasce di fronte al Quantobasta, con gli stessi titolari che anni fa hanno portato in città la miscelazione di ricerca. La scelta di aprire un secondo locale a pochi metri di distanza ha permesso di ampliare l'offerta mantenendo una sola regia.
Esther Macaya, CEO de Aguamac, pasó hoy por los micrófonos de El Remate, en La Diez Capital Radio, para abordar uno de los temas más sensibles y estratégicos para Canarias: la gestión y calidad del agua en un territorio que depende directamente de su uso responsable. Durante la entrevista, Macaya explicó cómo Aguamac, una empresa canaria con más de treinta años de trayectoria, se ha consolidado como referente en tratamientos de agua gracias a soluciones basadas en ósmosis inversa, filtración, descalcificación y dispensación para hogares, comunidades, empresas y el sector Horeca. Subrayó que todos sus equipos cuentan con certificaciones internacionales —como la WQA, la FDA, la NSF y la normativa de la Unión Europea— y que su personal técnico está homologado para manipular productos destinados al consumo humano, un punto esencial en un entorno donde la calidad del agua genera interés y preocupación. Uno de los ejes centrales de la conversación fue la sostenibilidad. Macaya insistió en que Canarias necesita avanzar hacia modelos de consumo más responsables y eficientes, y que la reducción de plásticos de un solo uso es una prioridad realista que se puede alcanzar mediante alternativas como dispensadores de agua y sistemas locales de filtración, evitando así la dependencia de las botellas convencionales. “Nuestro objetivo es demostrar que se puede beber agua de excelente calidad, producida localmente y con menor impacto ambiental”, afirmó, defendiendo la importancia de pensar soluciones adaptadas a la realidad insular. También destacó que Aguamac ofrece auditorías gratuitas para ayudar a hogares, restaurantes y empresas a identificar mejoras en su gestión del agua, lo que permite ahorrar recursos, mejorar procesos y reforzar el compromiso ambiental sin grandes inversiones iniciales. Macaya recalcó que el tratamiento del agua no es solo una cuestión técnica, sino cultural: implica educar, sensibilizar y acompañar a las familias, negocios y administraciones públicas en un cambio progresivo pero necesario. “El agua es un recurso limitado y valioso, y todos, desde el consumidor doméstico hasta el sector turístico, tenemos la responsabilidad de gestionarla con conciencia”, subrayó. La entrevista cerró con un mensaje claro: la sostenibilidad hídrica no es un concepto abstracto, sino una tarea compartida que necesita tecnología, voluntad y visión. Y, según Macaya, Canarias tiene la oportunidad —y la obligación— de liderar ese cambio.
FoodKit este un startup românesc fondat în 2019 de către Cristian Dumitru și Mihai Pîslă care și-au propus să democratizeze accesul la mâncare sănătoasă. FoodKit livrează mese sănătoase preparate sous vide (în vid), gata de servit în câteva minute. Produsele sunt pasteurizate natural, introduse în pungi speciale care pot fi încălzite în apă caldă sau la microunde. Diferența lor față de alte servicii similare este că livrează o singură dată pe săptămână, mesele rezistând 7 zile, ceea ce înseamnă mai puțin stres pentru clienți și un model mai eficient de livrare. Mihai Pîslă a început antreprenoriatul în 2010, cu un business în distribuția de combustibil pe care l-a dezvoltat până la o cifră de afaceri de 12 milioane de euro pe an, iar Chef Cristian Dumitru este CEO al FAYN Urban Eatery și fondator al Hospitality Culinary Academy, cu o experiență în domeniul HoReCa de peste 15 ani. În 2010, la vârsta de 25 de ani, a preluat conducerea unui restaurant care funcționa strict pe evenimente, a fost gazdă a emisiunii "Arena Bucătarilor" la PRO TV și "Umami: al 5-lea gust", tot pe PRO TV, o emisiune culinară în care profesioniști din bucătăria națională și internațională împărtășeau rețeta succesului lor, explicau noile tehnici și trenduri culinare, realizând în același timp preparate spectaculoase. Foodkit.ro
Cognac e Brandy non sono sinonimi, ma fratelli di una stessa stirpe, legati tanto al terroir quanto al rigore del disciplinare francese. Il brandy Nel suo significato più ampio, il brandy è un distillato archetipico: l'essenza dell'uva resa spirito, senza vincoli di luogo o lignaggio. Il termine affonda le radici nell'olandese brandewijn – “vino bruciato” – e già questo evoca una certa rudezza marinara: una bevanda più da stiva che da salotto. Il brandy è tutto e nulla: può nascere in Spagna, in Sudafrica, in California o a Modena. Può avere vent'anni o sei mesi, maturare in barrique o in acciaio. Può essere sublime o mediocre.
L'affinamento subacqueo è passato, in poco più di un decennio, dall'essere una curiosità per pochi sperimentatori a rappresentare una delle frontiere più discusse dell'enologia contemporanea. È un settore ancora di nicchia, certo, ma in rapida evoluzione. Esistono oggi protocolli certificati, contenitori brevettati, linee guida, test comparativi e una community internazionale di produttori che utilizza il mare non come palco scenografico, ma come ambiente tecnico.
Nato nel 2015 in una piccola via fuori centro a Bergamo, Barrier ha compiuto dieci anni il 22 novembre 2025. Ora, per essere precisi: se gestione e insegna sono rimaste le stesse, la location nel tempo è cambiata."Nell'estate del 2022 abbiamo venduto il locale e nel 2023 lo abbiamo riaperto qui, in pieno centro. Da allora è cresciuto ancora", racconta il proprietario Mauro Colombo. Oggi Barrier si sviluppa su due livelli, è dotato di dehors e non è solo un riferimento per la mixology italiana ed europea (ne è prova la sua presenza nella lista dei 500 Top Bars e nella guida di Blue Blazer), ma anche un'impresa solida, con oltre 23 dipendenti.
Reinout Van Zandycke spreekt in deze aflevering van Opiniemakers met Robin Vets, teamlead design & strategie bij Exposure. Ze bespreken de impact van nudging in de horeca sector. Hierin leggen ze eerst kort uit wat nudging exact is, gevolgd door enkele concrete praktijkvoorbeelden in de sector. Lees je liever? Bekijk dan de blogpost voor deze aflevering via:https://exposure.be/aflevering-53-nudging-in-de-horeca/Wil je meer weten over politieke en psychologische communicatie? Ontdek dan ons arsenaal aan gratis resources via www.exposure.be.
Hello Interactors,I'm back! After a bit of a hiatus traveling Southern Europe, where my wife had meetings in Northern Italy and I gave a talk in Lisbon. We visited a couple spots in Spain in between. Now it's time to dive back into our exploration of economic geography. My time navigating those historic cities — while grappling with the apps on my phone — turned out to be the perfect, if slightly frustrating, introduction to the subject of the conference, Digital Geography.The presentation I prepared for the Lisbon conference, and which I hint at here, traces how the technical optimism of early desktop software evolved into the all-encompassing power of Platform Capital. We explore how digital systems like Airbnb and Google Maps have become more than just convenient tools. They are the primary architects of urban value. They don't just reflect economic patterns. They mandate them. They reorganize rent extraction by dictating interactions with commerce and concentrating control. This is the new financialized city, and the uncomfortable question we must face is this: Are we leveraging these tools toward a new beneficial height, or are the tools exploiting us in ways that transcends oversight?CARTOGRAPHY'S COMPUTATIONAL CONVERGENCEI was sweating five minutes in when I realized we were headed to the wrong place. We picked up the pace, up steep grades, glissading down narrow sidewalks avoiding trolley cars and private cars inching pinched hairpins with seven point turns. I was looking at my phone with one eye and the cobbled streets with the other.Apple Maps had led us astray. But there we were, my wife and I, having emerged from the metro stop at Lisbon's shoreline with a massive cruise ship looming over us like a misplaced high-rise. We needed to be somewhere up those notorious steep streets behind us in 10 minutes. So up we went, winding through narrow streets and passages. Lisbon is hilly. We past the clusters of tourists rolling luggage, around locals lugging groceries.I had come to present at the 4th Digital Geographies Conference, and the organizers had scheduled a walking tour of Lisbon. Yet here I was, performing the very platform-mediated tourism that the attendees came to interrogate. My own phone was likely using the same mapping API I used to book my AirBnB. These platforms were actively reshaping the Lisbon around us. The irony wasn't lost on me. We had gathered to critically examine digital geography while simultaneously embodying its contradictions.That became even more apparent as we gathered for our walking tour. We met in a square these platform algorithms don't push. It's not “liked”, “starred”, nor “Instagrammed.” But it was populated nonetheless…with locals not tourists. Mostly immigrants. The virtual was met with reality.What exactly were we examining as we stood there, phones in hand, embodying the very contradictions we'd gathered to critique?Three decades ago, as an undergraduate at UC Santa Barbara, I would have understood this moment differently. The UCSB geography department was riding the crest of the GIS revolution then. Apple and Google Maps didn't exist, and we spent our days digitizing boundaries from paper maps, overlaying data layers, building spatial databases that would make geographic information searchable, analyzable, computable. We were told we were democratizing cartography, making it a technical craft anyone could master with the right tools.But the questions that haunt me now — who decides what gets mapped? whose reality does the map represent? what work does the map do in the world? — remained largely unasked in those heady days of digital optimism.Digital geography, or ‘computer cartography' as we understood it then, was about bringing computational precision to spatial problems. We were building tools that would move maps from the drafting tables of trained cartographers to the screens of any researcher with data to visualize. Marveling at what technology might do for us has a way of stunting the urge to question what it might be doing to us.The field of digital geography has since undergone a transformation. It's one that mirrors my own trajectory from building tools and platforms at Microsoft to interrogating their societal effects. Today's digital geography emerges from the collision of two geography traditions: the quantitative, GIS-focused approach I learned at UCSB, and critical human geography's interrogation of power, representation, and spatial justice. This convergence became necessary as digital technologies escaped the desktop and embedded themselves in everyday urban life. We no longer simply make digital maps of cities and countrysides. Digital platforms are actively remaking cities themselves…and those who live in them.Contemporary digital geography, as examined at this conference, looks at how computational systems reorganize spatial relations, urban governance, and the production of place itself. When Airbnb's algorithm determines neighborhood property values, when Google Maps' routing creates and destroys retail corridors, when Uber's surge pricing redraws the geography of urban mobility — these platforms don't describe cities so much as actively reconstruct them. The representation has become more influential or ‘real' than the reality itself. This is much like the hyperreality famously described by the French cultural theorist Jean Baudrillard — a condition where the simulation or sign (like app interfaces) replaces and precedes reality. In this way, the digital map (visually and virtually) has overtaken the actual territory in importance and impact, actively shaping how we perceive and interact with the real world.As digital platforms become embedded in everyday life, we are increasingly living in a simulation. The more digital services infiltrate and reconstitute urban systems the more they evade traditional governance. Algorithmic mediation through code written to influence the rhythm of daily life and human behavior increasingly determines who we interact with and which spaces we see, access, and value. Some describe this as a form of data colonialism — extending the logic of resource extraction into everyday movements and behaviors. This turns citizens into data subjects. Our patterns feed predictive models that further shape people, place…and profits. These aren't simple pipes piped in, or one-way street lights, but dynamic architectures that reorganize society's rights.LISBON LURED, LOST, AND LIVEDThe scholars gathered in Lisbon trace precisely how digital platforms restructure housing markets, remake retail ecologies, and reformulate the rights of humans and non-humans. Their work, from analyzing platform control over cattle herds in Brazil to tracking urban displacement, exemplifies the conference's focus: making visible the often-obscured mechanisms through which platforms reshape space.Two attendees I met included Jelke Bosma (University of Amsterdam), who researches Airbnb's transformation of housing into asset classes, and Pedro Guimarães (University of Lisbon), who documents how platform-mediated tourism hollows out local retail. At the end of the tour, when a group of us were looking to chat over drinks, Pedro remarked, “If you want a recommendation for an authentic Lisbon bar experience, it no longer exists!”Yet, even as I navigated Lisbon using the very interfaces these scholars' critique, I was reminded of this central truth: we study these systems from within them. There is no outside position from which to observe platform urbanism. We are all, to varying degrees, complicit subjects. This reflection has become central to digital geography's method. It's impossible to claim critical distance from systems that mediate our own spatial practices. So, instead, a kind of intrinsic critique is developed by understanding platform effects through our own entanglements.Lisbon has become an inadvertent laboratory for this critique. Jelke Bosma's analysis of AirBnB reveals how the platform has facilitated a shift from informal “home sharing” to professionalized asset management, where multi-property hosts control an increasing share of urban housing stock. His research shows “professionally managed apartments do not only generate the largest individual revenues, they also account for a disproportionate segment of the total revenues accumulated on the platform”. This professionalization is driven by AirBnB's business model and its investment in platform supporting “asset-based professionalization,” which primarily benefits multi-listing commercial hosts. He further explains that AirBnB's algorithm “rewards properties with high availability rates,” creating what he calls “evolutionary pressures” on hosts to maximize their listings' availability. This incentivizes them to become full-time tourist accommodations, reducing the competitiveness of long-term residential renting.The complexity of this ecosystem was also apparent during our Barcelona stop. What I booked as an “Airbnb” was a Sweett property — a competitor platform that operates through AirBnb's APIs. This apartment featured Bluetooth-enabled locks and smart home controls inserted into an 1800s building. Sweett's model demonstrates how platform infrastructure not only becomes an industry standard but is leveraged and replicated by competitors in a kind of coopetition based on the pricing algorithms AirBnB normalized.In Lisbon, my rental sat in a building where every door was marked with AL (Alojamento Local), the legal framework for short-term rentals. No permanent residents remained; the architecture itself had been reshaped to platform specifications: fire escape signage next to framed photos, fire extinguishers mounted to the wall, and minimized common spaces upon entry. It's more like a hotel disaggregated into independent units.Pedro Guimarães's work provides the commercial counterpart to Jelke's residential analysis, focusing on how platforms reshape urban consumption. His longitudinal study demonstrates that the “advent of mass tourism” has triggered a fundamental “adjustment in the commercial fabric” of Lisbon's city center.This platform-mediated transformation involves a significant shift from services catering to locals to spaces optimized for leisure and consumption. Pedro's data confirms a clear decline and “absence of Food retail” and convenience shops. These essential services are replaced by a “new commercial landscape” dominated by HORECA (hotels, restaurants, and cafes), which consolidates the area's function as a tourist destination.(3)Crucially, the new businesses achieve algorithmic visibility by manufacturing “authenticity”. They leverage local culture and history, sometimes even appropriating the decor of previous, traditional establishments, as part of “routine business practices as a way of maximizing profit”. The result is the “broader construction of a new commercial ambiance” where local food and goods are standardized and adapted to meet international tourist expectations.(3)My own searches validated these findings. Searching for restaurants on Google Maps throughout Southern Europe produced a bubble of highly-rated establishments near tourist sites, many featuring nearly identical, tourist-friendly menus. The platforms had learned and enforced preferences, creating a Lisbon curated only for visitors. Furthermore, data exhaust from tourist movements becomes a resource for further optimization. Google's Popular Times feature creates feedback loops where visibility generates visits, which reinforce visibility. The city becomes legible to itself through platform data, then reshapes itself to optimize what platforms measure.The Lisbon government, while complicit, also shows resistance. Both scholars highlighted municipal attempts to regulate platform effects, including issuing licensing requirements for AirBnB, zoning restrictions, and promoting local commerce apps that compete with global platforms (e.g., Cabify vs. Uber). These interventions reveal platform urbanism can be contested. However, as Jelke noted, platforms evolve faster than regulation, finding workarounds that maintain extraction while performing compliance.All through the trip, I felt my own quiet sense of complicity. Every ride we called, every Google search we ran, every Trainline ticket I purchased, fueled the very datasets everyone was dissecting. It's an uneasy position for a critical digital geographer — studying problematic systems we help sustain. We are forced to understand these infrastructures by seeing. Can that inside view start seeking a new urban being?CODE CRACKED CITIES. GOVERNANCE GONEMy conference presentation leveraged my insider vantage from three decades at Microsoft. I traced how these digital infrastructures have sunk into everyday life by reshaping labor, space, and governance. From early desktop software I helped to build to today's platform urbanism, I showed how productivity tools became cloud platforms that now coordinate work, logistics, and mobility across cities.My framing used a notion of embeddedness through the lens of three key figures in the literature: Karl Polanyi, a political economist who argued that markets are always “embedded” in social and political institutions rather than operating on their own; Mark Granovetter, a sociologist who showed that economic action is structured by concrete social networks and relationships; and Joseph Schumpeter, an economist who described capitalism as driven by “creative destruction,” the continual remaking of industries through innovation and destruction. Platforms help mediate mobility, labor, commerce, and governance, even as they position themselves at arm's length from the regulatory and civic structures that historically governed urban infrastructures.This evolution is paradoxical. As platforms weave themselves into the operational fabric of urban life, they also recast the division of responsibilities between state, market, and infrastructure provider. Their ability to sit slightly outside traditional regimes of oversight allows them to appear as ready-made “fixes” for governments and consumers at multiple scales. Yet each fix comes with systemic costs, deepening dependencies on opaque, tightly coupled infrastructures and amplifying the vulnerabilities of urban systems when those infrastructures fail.This progression reveals distinct phases of infrastructural transformation. It began in the Desktop Era (1980s-1990s) when I started at Microsoft and software was fixed to devices, localizing information work on individual desktops. Updates arrived episodically on physical media like floppy disks — users controlled when to install them. The shift to local area networks gave IT departments a hand in that control. Soon the Internet was commercialized which fundamentally altered not just how software circulated but how it was installed and updated. How it was governed. What once required user consent — inserting a disk, clicking “install” — became silent, automatic, and infrastructural. Today's cloud services and IoT extend this transformation, embedding computational governance into vehicles, supply chains, and bodies themselves.This progression reveals distinct phases of infrastructural transformation. The Desktop Era (1980s-1990s) embedded information work in individual devices — the fix was productivity, the limit was scalability. The Network Era (1990s-2000s) transformed software into continuous services — the fix promised seamless coordination, the exposure was infrastructural dependency. The Platform Era (2000s-2010s) decoupled software from devices entirely through APIs and cloud computing — the fix was coordination at scale, the cost was asymmetric control. The current IoT and Surveillance Era embeds platform logic in everyday urban environments — the fix is pervasive coordination. This creates a total dependency on opaque infrastructures provided primarily by three companies: Google, Amazon, and Microsoft. This chokepoint is what contributes to global vulnerability and cascading failures.Recent large-scale cloud incidents, such as the latest AWS outage in Virginia in October — a week before the conference — make this evident. When a single region fails, payment systems, logistics platforms, and mobility services stall simultaneously. This pattern echoes an earlier cloud-network outage in 2021, in the same Virginia region, that effectively took much of Lisbon offline for hours, disrupting everything from transit information to local commerce. In both cases, what looks like flexible, placeless digital infrastructure turns out to be highly geographically concentrated and deeply embedded in local urban systems.And yet, in nearly every case, these platforms really do operate as fixes at many different geographical scales. For capital, they open new rent-extraction terrains. For workers, they provide precarious income patches through part-time gig work. For users, they deliver connectivity and convenience. But a paradox emerges. Those same apps include affective hooks: user interfaces offering intermittent rewards — dopamine hits stemming from posts, likes, and ratings — embedded within endless, ad-riddled feeds. For cities, they promise smooth, efficient solutions to chronic problems. Yet as my presentation argued, these fixes are mutually reinforcing, binding participants into infrastructures of dependency that appear empowering while deepening exposure to systemic risk.The paradox is clearest in places like the Sweett apartment in Barcelona. For users, it's frictionless: Bluetooth locks, smart controls, and seamless check-in. For Sweett it's all running on AirBnB's own APIs even as they compete with AirBnB. For locals, the same infrastructure can help homeowners supplement income by renting a room, but it mostly converts affordable real estate into a short-term rental market. This drives up values, rents, and displacement. Platform standards like this spread until they feel inevitable. The logic embeds so deeply in the housing system that not optimizing for transient guests starts to seem irrational. Eventually, alternative futures for the neighborhood become hard to imagine and politically unviable.What distinguishes digital platforms from earlier infrastructural transformations is their selective embeddedness. At the micro scale, interfaces shape conduct through programmable boundaries. At the meso scale, standards lock institutions into ecosystems. At the macro scale, chokepoints concentrate control in firms whose decisions cascade globally. Across all scales, platforms govern without being governed. They embed coordination while evading accountability.The conference made clear that digital geography has fully evolved from my days studying ‘computer cartography' in the 80s. It's scaled to meet a world organized by the infrastructures I went on to help build. We are no longer observing digital representations of space. We're mapping out the origins of a new way of thinking about space using algorithms. My tenure at Microsoft, spent building tools that would transform into embedded, governing platforms, was a preview of the world we now inhabit. This is a world where continuous deployment has become continuous urban reorganization. The silence of the automatic software update metastasized into the silent, pervasive governance of the city itself.Lisbon, then, is not merely a case study but a dramatic staging of hyperreality. The Alojamento Local (AL) sign outside our Lisbon apartment door is not a description of a short-term rental; it is a code enforced reality optimized for a tourist's online profile. The digital map, our simplified version of reality, has not just overtaken the actual territory; it now precedes it, dictating its function and challenging its original meaning.This convergence leaves the critical digital geographer in an inherently unstable ethical position. Studying problematic systems while structurally forced to sustain them requires critiquing the data exhaust our own movements and decisions generate.This deep understanding of digital platforms effects, gained from the trenches, is an asset. How else would this complex entanglement get revealed? It begs to move beyond just observing platform effects to articulating a collective response to this fundamental question: How do we encode accountability back into these infrastructures and rebuild a foundation for civic life that is not merely an optimization of its own surveillance? This is a public episode. If you would like to discuss this with other subscribers or get access to bonus episodes, visit interplace.io
Hai mai assaggiato un Paradise? Certo, per molto tempo non è stato uno dei cocktail più conosciuti e richiesti nel mondo. Eppure è un autentico classicissimo, nato fra gli anni '20 e '30 del secolo scorso e presente nella lista ufficiale IBA sin dall'inizio. Oggi però, grazie anche a una superstar mondiale del rap, riscopriamo questo elegante drink all day a base di gin, apricot brandy e arancia, dal gusto morbido e con inconfondibili note di albicocca e agrumi.
Nel mosaico vitivinicolo italiano la Franciacorta è oggi uno dei territori più dinamici e maturi, capace negli ultimi vent'anni di ridefinire il proprio linguaggio stilistico e la propria identità produttiva, un'area che cresce in profondità, non solo in numeri, ma soprattutto nella qualità delle interpretazioni. All'interno di questo contesto in evoluzione la famiglia Muratori rappresenta un caso emblematico, una realtà giovane, nata ad Adro alla fine degli anni Novanta per volontà di Bruno Muratori, che fin dall'inizio ha scelto una via precisa, lavorare esclusivamente uve di proprietà e costruire un legame diretto, quasi fisico, tra vigneto e vino
Sono passati dodici mesi da quando Salmon Guru ha aperto le porte nella giungla urbana di Milano. Un anno che è sembrato un decennio. Perché quando si mescolano spirits, idee visionarie e nomi da film, il tempo esplode in una spirale psichedelica.
Quando si pensa al vino francese la mente corre a Bordeaux, Borgogna o Champagne. Eppure il Languedoc-Roussillon, la più vasta area vitata del Paese, possiede una storia che affonda le radici in oltre duemila anni e un patrimonio geologico capace di generare una varietà sorprendente di vini.
Dalle elaborazioni Assolavoro DataLab emerge che per il Natale 2025 saranno più di 40mila le opportunità offerte dalle Agenzie per il Lavoro. Cresce la richiesta di animatori, fotografi, autisti e addetti all'installazione di luminarie e promoter digitali. Tra i settori più interessati il retail, la logistica, l'industria alimentare, il settore Horeca, il turismo e gli eventi. Ne parliamo con Michele Ferrauto, Communication Manager Assolavoro.Nella prima parte della puntata ci colleghiamo con Filippo Tognazzo Direttore Artistico di Zelda Teatro, compagnia teatrale professionale specializzata in format educativi per adolescenti, che propone lo spettacolo "Tutta la vita davanti" sui temi dell'educazione finanziaria.
De Dekkingsgraad is de tweewekelijkse nieuwspodcast van Pensioen Pro. Daarin lichten redacteuren van Pensioen Pro in ongeveer een half uur het belangrijkste pensioennieuws van de afgelopen periode toe. In deze aflevering: Dertien pensioenfondsen hebben inmiddels een invaarbeschikking van De Nederlandsche Bank binnen om op 1 januari 2026 in te varen. Onder andere de fondsen PMT, Recreatie en Horeca & Catering voegden zich de laatste weken in dat rijtje. Terugkerend probleem: evenwichtigheid. Een analyse door redacteuren Lieuwe Koopmans, Rien Meijer en Maarten van Wijk. En met de komst van de nieuwe pensioenwet en de hoge dekkingsgraden lijkt dit voor pensioenfondsen het geschikte moment voor een buy-out. Vier verzekeraars komen hiervoor in aanmerking, maar houden hun kaarten tegen de borst, vertelt redacteur Rien Meijer. Presentatie: Ilse Akkermans Nb: probeer de 'chaptermarkers' uit om te springen tussen de onderwerpen!See omnystudio.com/listener for privacy information.
È a Firenze, nella bellezza maestosa di Palazzo Borghese, che la sera di lunedì 10 novembre si è consumata la cerimonia della classifica 2025 dei Top 500 Bars. A trionfare è stato il Panda and Sons di Edimburgo. Ma l'Italia non è spettatrice, l'Italia è protagonista. Da Hong Kong a Barcellona, passando per Pagani. Sì, proprio Pagani (nel Salernitano).
Succede che a Firenze in via de' Ginori, a La Ménagère — uno di quei bar dove il design si beve prima ancora del cocktail — spunti il Kazakistan. No, non è uno scherzo geografico. È stata una guest internazionale nell'ambito della 500 Top Bars Week, dove a salire dietro al bancone non sono solo i soliti noti. Questa volta, l'invito è andato dritto ad Almaty: ospiti i ragazzi del Domashniy Bar, uno dei locali più noti del Paese. Ed è proprio in questa occasione che ho conosciuto Arina Nikolskaya, presidente dell'Academy dei 50 Best Bars per Europa orientale, Asia centrale e Paesi baltici: una donna dalle idee chiare e ambiziose.
Primo locale a puntare solo sui cocktail, Colonial è tra i miei bar del cuore a Tirana. Perché è bello. E perché si beve bene e con stile.Dotato di terrazza, Colonial è un bar allegro e curato. Il menù è ricchissimo, quasi enciclopedico. C'è tutto: gin, tequila, whiskey, rum. Ci sono i classici come Last Word e Negroni e ci sono creazioni come Sweet Dreams, con vodka, passion fruit e zenzero e il Margarita Calabrese, con tequila e lime e peperoncino del sud Italia. Per un cocktail lover, è un paradiso. Basti dire che in bottigliera ci sono ben mille referenze. Una collezione che parla di ricerca e passione. E per chi non beve alcol? C'è anche una selezione “non-alcoholic”. L'arredo, come suggerisce il nome, è coloniale -eclettico, con statue di Buddha e oggetti esotici. L'avevo visitato due anni fa. Sono tornata nei giorni scorsi e ho intervistato il titolare Ilir Dushkaj.
La Campania torna protagonista al Merano WineFestival 2025, confermandosi tra le regioni più rappresentative del panorama enogastronomico italiano. Sotto la regia di Campania Felix e di Dante Stefano Del Vecchio, la partecipazione della regione si articola in un doppio racconto: da un lato la Masterclass dedicata a vent'anni di evoluzione del vino campano, dall'altro il percorso culinario “Leopardi a Tavola”, nella Gourmet Arena, dove la cucina incontra la letteratura e la memoria dei sapori.
Fra i pochi cocktail caldi di fama mondiale, l'Irish Coffee è perfetto quando le serate iniziano a farsi fresche. Del resto, questo drink a base di caffè, whiskey e panna è nato proprio per riscaldare gli sfortunati passeggeri di un volo intercontinentale in una fredda serata trascorsa in un aeroporto d'Irlanda… Vediamo allora la storia, la ricetta e gli abbinamenti perfetti per il “caffè irlandese”.
L'olivicoltura italiana arriva a fine 2025 con un quadro complesso e segnato dall'incertezza. Dopo un 2024 difficile, penalizzato dalla siccità e da rese in forte calo, le stime ISMEA per la campagna 2025/2026 indicano un ritorno sopra quota 300 mila tonnellate di olio d'oliva, con una produzione compresa tra 340 e 360 mila tonnellate, pari a circa +30% rispetto alla campagna precedente (248 mila tonnellate nel 2024/2025).
Cosa significa, oggi, che due territori italiani così diversi come le Langhe e l'Etna scelgono di condividere lo stesso palcoscenico internazionale? È la domanda che accompagna l'evento in corso a Parigi, al Pavillon Wagram, dove per un giorno il Nord e il Sud del vino italiano si incontrano nella capitale del gusto. L'appuntamento, patrocinato dal Consolato Generale d'Italia a Parigi e riservato a operatori, stampa e importatori, è organizzato da I Vini del Piemonte e dal Consorzio di Tutela dei Vini Etna DOC, in collaborazione con la Strada del Barolo e grandi vini di Langa.
Negli ultimi anni il turismo di alta gamma ha assunto una centralità crescente all'interno dell'economia globale dell'ospitalità. L'evoluzione dei comportamenti di viaggio, l'aumento del reddito disponibile tra le fasce più agiate della popolazione e la ricerca di esperienze personalizzate e autentiche hanno trasformato il lusso in uno dei segmenti più dinamici e redditizi dell'intero comparto turistico mondiale.
Mancano pochi giorni all'International Coffee Forum, l'appuntamento che trasforma Napoli nella capitale mondiale del caffè. L'edizione 2025, prima in assoluto in programma il 12 e 13 novembre al Centro Congressi dell'Università Federico II in via Partenope, si preannuncia come un'occasione unica per esplorare innovazione, sostenibilità e cultura della torrefazione. Due giornate intense di panel congressuali, workshop e incontri che metteranno al centro il presente e il futuro della seconda bevanda più consumata al mondo dopo l'acqua.
Nel cuore di Roma si sviluppa un progetto che unisce arte, cultura e ospitalità in modo sorprendente: Wisdomless Club. I titolari sono Graziano Paventi di San Bonaventura, Francesco e Vincenzo Saitta: legati da un vincolo personale e familiare, hanno scelto di dare vita a uno spazio che va oltre il semplice locale. Qui, la storia del rione, l'arte, la convivialità si intersecano. Non si tratta solo di bere o di uscire: è un'esperienza.
W nowym odcinku serii „ZAPLECZE” poznacie Dagmarę Rosiak, właścicielkę niewielkiego miejsca na Mokotowie, którego filozofia opiera się na trzech wartościach: dobrym produkcie, dobrej atmosferze w pracy i dobrej relacji z gośćmi. Poznajcie mikropiekarnię „BĘDZIE DOBRZE”, która serwuje także pyszną kawę!Z tego odcinka dowiecie się m.in.:- Czym w branży HoReCa może być „słoik sugestii” i co daje?- Dlaczego autentyczne rzemiosło potrafi reklamować się samo?- Jak ukryta mikropiekarnia stała się miejscem, które kochają zarówno goście, jak i zespół za barem?Linki:- Strona domowa- Instagram | X/Twitter- Profil BĘDZIE DOBRZE na Instagramie- Gość: Dagmara Rosiak - Zawsze Głodna- Serial „The Bear”Partnerzy tego odcinka podcastu:- Palarnia kawy HAYB (w odcinku kod -10% na kawy i herbaty!)- BĘDZIE DOBRZEProwadzący: Krzysztof KołaczMam prośbę: Oceń ten podcast w Apple Podcasts oraz na Spotify. Zostaw tyle gwiazdek, ile uznasz. Twoja opinia ma znaczenie!Zainteresowany współpracą? Pogadajmy! kawa@boczemunie.plSłuchaj, gdzie chcesz: Apple Podcasts | Spotify i przez RSS.Rozdziały:(00:00:14) INTRO(00:00:48) Wstępniak(00:05:56) Dlaczego powstało „Będzie Dobrze”?(00:09:39) Wyzwania skali mikro w marko ujęciu(00:20:15) 4 lata(00:30:16) Kawa w piekarni?(00:35:27) Fine dining w piekarni?!(00:41:15) Za co Dagmara kocha to, co robi?
Qualcuno considera il Boulevardier una sorta di “zio d'America” del Negroni, con parti uguali di bitter, vermouth rosso e whiskey al posto del gin. Nonostante le similitudini nella ricetta, però, fra i due cocktail non esiste alcun rapporto di parentela: storie diverse e anche (ma non sempre) modalità di servizio diverse. Scopriamo allora la storia di questo classico, nato un secolo fa e riscoperto nel nuovo millennio, tanto da essere oggi uno dei drink più popolari in tutto il mondo
Alle pendici dell'Etna, tra castagneti e muretti a secco, i noccioleti tornano a disegnare il paesaggio. Dopo anni di abbandono la corilicoltura etnea sta vivendo una fase di rinascita e rilancio grazie al progetto per il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta “Nocciola Etnea”, che mira a valorizzare un frutto dalle caratteristiche uniche e profondamente legato al territorio. Produttori, istituzioni e consorzi hanno costituito un comitato promotore per certificare l'origine e il valore della nocciola coltivata sul versante orientale e nord-orientale del vulcano. L'obiettivo è proteggere un prodotto dalle qualità distintive (profumo intenso, gusto equilibrato, croccantezza e ottima pelabilità) frutto di un ambiente irripetibile. «La nostra nocciola è superiore dal punto di vista aromatico grazie alle caratteristiche dei suoli lavici su cui cresce e al microclima più umido», spiega Gaetano Aprile, presidente della OP Sicilia in Guscio, l'organizzazione nata nel 2023 che riunisce circa 25 aziende su 450 ettari tra Etna e Nebrodi. La DOP, oltre a essere un riconoscimento di pregio, rappresenta una leva economica e un argine contro le imitazioni.
Il 12 e 13 novembre a Napoli la prima edizione dell'International Coffee Forum, piattaforma di dialogo e confronto tra protagonisti della filiera del caffè.
Sabin Cernea este un antreprenor care a construit câteva branduri cunoscute din zona HoReCa în România: Wu Xing, The Harbour și Fooda. A pornit la drum în anii '90, într-o perioadă în care a fi antreprenor însemna mai degrabă curaj decât planuri. De-a lungul timpului, a trecut prin extinderi rapide, momente de criză și decizii grele, învățând din experiență ce înseamnă să crești o afacere într-o piață aflată în continuă schimbare.Astăzi, Sabin vorbește deschis despre cum s-a transformat el însuși în tot acest proces - de la un tânăr concentrat pe performanță și cifre, la un om care caută echilibru, sens și relații autentice.Cartea lui, „Viața, cea mai tare combinație”, e o poveste sinceră despre antreprenoriat, pierderi, redescoperire și reconstrucție. În acest episod, vom explora ce a făcut Sabin Cernea, dar și cum a ajuns să vadă viața dintr-o perspectivă mai amplă, în care munca, familia și sinele fac parte din același parcurs.
Due giorni intensi, sale piene, masterclass esaurite e un racconto del vino che ha saputo tenere insieme metodo e identità. La prima edizione di B.E.V.I. – Borgo Eccellenze Vinicole Italiane archivia il debutto con un risultato chiaro: il format funziona e il borgo è la sede giusta per riportare il vino dentro un contesto culturale, vicino ai luoghi e alle persone che lo fanno.
Il Paper Plane è appena maggiorenne (è nato 18 anni fa), eppure è già un “modern classic” conosciuto in tutto il mondo. D'altra parte, è un cocktail “d'autore” in cui bourbon, Aperol e Amaro Nonino si fondono in un piacevole equilibrio. Insomma, vale la pena di provarlo e, nell'attesa, di conoscerne la storia e la ricetta.La storiaA creare il Paper Plane, nel 2007, fu Sam Ross, uno dei più noti e influenti bartender contemporanei, che lo studiò per il menù inaugurale di un locale in cui non ha mai lavorato, il Violet Hour di Chicago. Ross mise a punto il drink su richiesta dell'amico Toby Maloney, collaboratore del Violet Hour, alla ricerca di cocktail originali che arricchissero la lista del locale.
Fine dining cantonese, cocktail bar, galleria d'arte. Il Duddell's è tutto questo insieme, ma soprattutto è uno dei luoghi più emblematici di Hong Kong: incastonato in un edificio d'epoca al numero 1 di Duddell Street, a pochi passi dalle ultime lampade a gas rimaste accese in città. Lì, tra una mostra di arte contemporanea e un dim sum d'autore, c'è anche un bar. A guidarlo è un italiano: Mario Calderone.
Viaggio slow in convogli di lusso, col calice in mano e la campagna che scorre come un film fuori dal finestrino: è il nuovo modo di scoprire i territori del vino che sta prendendo sempre più piede in Europa attraverso il binomio treni di lusso e wine experience, dimensione ideale per chi ama il nettare di Bacco, cerca bellezza o vuole semplicemente rallentare.
Siamo all'Ozone Bar, al 118° piano del Ritz‑Carlton di Hong Kong, nel rooftop bar più alto della città e tra i più alti del pianeta. Qui si celebra il closing party dei 50 Best Bars 2025 — e tra una stretta di mano e l'altra, si beve la birra Noam. L'avevo assaggiata a Milano al Dry, in occasione di una guest patrocinata dal brand. E quando mi presentano Andrea Villa, Commercial Director di Noam GMBH, decido di saperne di più
Mancava ancora un gin delle Canarie in Italia. Ora c'è: si chiama Macaronesian Gin, nasce nell'arcipelago atlantico e viene distillato con acqua filtrata attraverso roccia vulcanica. Dopo la prima presentazione a Roma pochi giorni fa, il gin è stato lanciato ieri a Milano con un evento all'Organics Bar, dove lo abbiamo assaggiato sia liscio che miscelato.Tre i drink protagonisti: Gin Tonic, un twist sul Mojito e uno sul Gin Sour.
Negli ultimi anni il salmone è diventato un bersaglio facile. Reportage ad effetto, allarmi indistinti, titoli che confondono fatti e sospetti hanno sedimentato nell'immaginario collettivo un'idea nebulosa: produzioni opache, controlli incerti, tecniche di allevamento tutte da mettere sotto processo. Il risultato? Un grande calderone dove finiscono insieme pratiche virtuose e comportamenti scorretti, con il pubblico spaesato e la reputazione di un intero comparto trascinata nella corrente
In Sicilia il caffè è rito ma a Zafferana Etnea qualcuno l'ha rimesso al centro in modo diverso. È Etna Roaster, la realtà che per prima ai piedi del vulcano ha unito qualità di filiera e qualità d'erogazione, un laboratorio dove il caffè non finisce in tostatrice ma si compie al bancone.
Deze week brengt Trends de meest rendabele cafés in Vlaanderen in kaart. Wie een goeddraaiend café wil uitbaten die kijkt het best naar Gent. We analyseren de meest rendabele café's met Stijn Fockedey en Wolfgang Riepl van Trends. In Trends podcasts vind je alle podcasts van Trends en Trends Z, netjes geordend volgens publicatie. De redactie van Trends brengt u verschillende podcasts over wat onze wereld en maatschappij beheerst. Vanuit diverse invalshoeken en met een uitgesproken focus op economie en ondernemingen, op business, personal finance en beleggen. Onafhankelijk, relevant, telkens constructief en toekomstgericht. Hosted by Simplecast, an AdsWizz company. See https://pcm.adswizz.com for information about our collection and use of personal data for advertising.
René Bogaart, eigenaar van Big Horeca groep, over de uitdagingen binnen de horecabranche. Veel horecazaken sluiten hun deuren, vanwege personeelstekort, slinkende marges en groeiende kosten. Big Horeca Groep lijkt aan de dans te ontspringen: die horecaonderneming blijft namelijk alsmaar uitbreiden. René Bogaart, eigenaar van Big Horeca Groep, is te gast in BNR Zakendoen. Macro met van Wijnbergen Elke dag een intrigerende gedachtewisseling over de stand van de macro-economie. Op maandag en vrijdag gaat presentator Thomas van Zijl in gesprek met econoom Arnoud Boot, de rest van de week praat Van Zijl met econoom Edin Mujagić. Ook altijd terug te vinden als je een aflevering gemist hebt. Blik op de wereld Wat speelt zich vandaag af op het wereldtoneel? Het laatste nieuws uit bijvoorbeeld Oekraïne, het Midden-Oosten, de Verenigde Staten of Brussel hoor je iedere werkdag om 12.10 van onze vaste experts en eigen redacteuren en verslaggevers. Ook los te vinden als podcast. Beleggerspanel Philips wordt door de VEB voor de rechter gedaagd én krijgt mogelijk nieuwe importheffingen opgelegd. En: het handelshuis Flow Trade gaat van hoge pieken naar diepe dalen. Dat en meer bespreken we om 11.30 in het beleggerspanel met: Lodewijk van der Kroft, Partner bij beleggingsonderneming Comgest en Koen Bender van Mercurius Vermogensbeheer en beleggingspotje.nl. Luister | Beleggerspanel Zakenlunch Elke dag, tijdens de lunch, geniet je mee van het laatste zakelijke nieuws, actuele informatie over de financiële markten en ander economische actualiteiten. Op een ontspannen manier word je als luisteraar bijgepraat over alles wat er speelt in de wereld van het bedrijfsleven en de beurs. En altijd terug te vinden als podcast, mocht je de lunch gemist hebben. Contact & Abonneren BNR Zakendoen zendt elke werkdag live uit van 11:00 tot 13:30 uur. Je kunt de redactie bereiken via e-mail. Abonneren op de podcast van BNR Zakendoen kan via bnr.nl/zakendoen, of via Apple Podcast en Spotify. See omnystudio.com/listener for privacy information.
W nowym odcinku z serii „ZAPLECZE” na tapet bierzemy wodę w HoReCe. Moimi gośćmi są Maja Kulikowska oraz Piotr Wyszyński z BRITA Polska – specjaliści od profesjonalnej filtracji wody. Demaskujemy popularne mity i tłumaczymy, jak dbać o jakość serwowanej wody i sprzęt w Twoim biznesie.Z tego odcinka dowiesz się m.in.:- Dlaczego filtracja wody w ogóle jest jednym z kluczowych elementów biznesu HoReCa.- Czy istnieje uniwersalny system filtracji wody dla całej gastronomii.- Jak system kaucyjny na butelki wpłynie na biznes w branży HoReCa i jak dyspensery mogą rozwiązać ten problem.Linki:- Strona domowa- Instagram | X/Twitter- Goście: Maja Kulikowska oraz Piotr Wyszyński- Poprzednie odcinki z BRITA: odcinek 039, odcinek 036Partnerzy tego odcinka podcastu:- Palarnia kawy HAYB (w odcinku kod -10% na kawy i herbaty!)- BRITA PolskaProwadzący: Krzysztof KołaczMam prośbę: Oceń ten podcast w Apple Podcasts oraz na Spotify. Zostaw tyle gwiazdek, ile uznasz. Twoja opinia ma znaczenie!Zainteresowany współpracą? Pogadajmy! kawa@boczemunie.plSłuchaj, gdzie chcesz: Apple Podcasts | Spotify i przez RSS.Rozdziały:(00:00:00) INTRO(00:00:46) Wstępniak(00:02:26) Woda w branży HoReCa(00:05:43) Czy istnieje system idealny dla HoReCa?(00:12:51) Jak poprawić jakość wody w urządzeniach?(00:14:50) Woda w lokalach(00:25:43) System kaucyjny w Polsce(00:29:35) Główne korzyści filtracji(00:39:10) Systemy BRITA iQ oraz rewolucja AI(00:43:47) Rady dla właścicieli z branży HoReCa
Send us a textEste video nació de una sala privada donde, cada mes, desmenuzamos problemas reales de empresas reales. Es una compilación de preguntas y respuestas del primer curso de mentoría de Cracks Business School: un espacio en el que cada integrante trae su mayor dolor de negocio y yo, Oso Trava, comparto cómo lo abordaría para salir del hoyo con enfoque y rentabilidad.De esas conversaciones salieron seis lecciones que valen oro cuando tu operación se complica: cómo documentar tu proceso para construir autoridad sin “posar”; cómo ordenar precios y ofertas para dejar de regalar margen; cómo negociar con opciones y dejar todo por escrito para evitar el “pensé que incluía…”; cómo tratar retail, e-commerce y HORECA como canales —no como el objetivo—; cómo podar líneas, inventario y gastos que no suman para recuperar foco y caja; y cómo decidir con datos (y apoyo de IA) para vender menos y ganar más.Si hoy lidias con descuentos eternos, alcance que se mueve, productos que no rotan o una estructura que te drena, este episodio te va a dar claridad accionable y, sobre todo, paz mental. Mira, toma nota y cuéntame al final qué vas a aplicar esta semana. Y si quieres llevar estas conversaciones a tu caso puntual, te espero en la mentoría mensual de Cracks Business School.Ask ChatGPT
Google i Meta zapowiedziały koniec reklam politycznych w swoich serwisach. Meta, która jest właścicielem Instagrama, Facebooka, Threads i Whatsapp, od października zaprzestanie umieszczania reklam dotyczących polityki, wyborów i kwestii społecznych na swoich platformach w Unii Europejskiej ze względu na nadchodzące przepisy dotyczące reklamy politycznej. Jest to wynik unijnego rozporządzenia mającego na celu przeciwdziałanie manipulacji informacjami i zagranicznej ingerencji w wybory, które zacznie obowiązywać od 10 października na terenie Unii Europejskiej. O zmianach dla polityki w mediach społecznościowych rozmawiamy z Krzysztofem Izdebski z Fundacji Batorego. Z naszym gościem rozmawiamy również o KPO i politycznej dyskusji na temat rozliczeń dla branży HoReCa, a także wracamy do prezydenckiej zapowiedzi prac nad nową konstytucją do 2030 roku.
Rządząca koalicja ma gigantyczny problem i na razie nie widać dobrego wyjścia. PiS doskonale umie chwytać takie momenty i rozkręcać je do rozmiarów gigantycznych afer. Środki z KPO wydawane na jachty czy solaria urastają politycznie do rozmiarów nieszczęsnych ośmiorniczek. Donald Tusk widzi zagrożenie i próbuje jakoś rozwiązać problem, ale przy rozpędzonej machinie PiS jest to bardzo trudne. Politycy Prawa i Sprawiedliwości rzucili się na to polityczne złoto jak charty goniące zająca. I nie ma co się dziwić. Wyborca słyszący, że pieniądze z KPO poszły na czyjeś jachty czy ekspresy do kawy pała świętym oburzeniem. I słusznie. Nawet jeśli pieniądze zostały przyznane zgodnie z prawem to kryteria powinny zostać zwyczajnie inaczej ustalone. Nie ma też najmniejszego znaczenia, że to PiS zdecydowało o dotacji dla branży HoReCa. Mleko się rozlało i premier musi gasić kolejny pożar. W dodatku akurat teraz nowy prezydent ruszył w dziękczynną podróż po Polsce. Przedstawia ustawy, których rząd nie przyjmie i codziennie mówi Polakom, że on jest dobry a Tusk zły. Niby nic nowego, ale nałożone na inne problemy Donalda Tuska zaczyna wyglądać na doskonałą strategię. Rząd ma teraz w planie przekonać Polaków, że nie odpuszcza wielkich inwestycji. Premier też jeździ i pokazuje. A to pociąg a to wiatrak. PiS jest tak pewne swego, że wewnątrz partii już zaczął się konkurs na premiera po wygranych wyborach. Tyle tylko, że Konfederacja mówi „za dwa lata to my będziemy PiSowi dyktować warunki”.
W nowym odcinku z serii „ZAPLECZE” rozmawiamy z Krzysztofem Miką, Head of Retail w Coffeedesk. Zaglądamy na zaplecze firmy, która zrewolucjonizowała myślenie o kawie speciality w Polsce. Krzysztof opowiada o fenomenie najlepszych półek sprzedażowych w Europie i o tym, jak budować rentowność oraz relacje z klientami w branży HoReCa.Z tego odcinka dowiesz się m.in.:- Jak Coffeedesk buduje „najlepsze półki sprzedażowe w Europie” i jak selekcjonuje produkty?- Dlaczego jakość i stawianie klienta w centrum uwagi jest kluczowe w gastronomii?- Jak świat online przenika się ze światem offline w biznesie kawiarnianym?- W jaki sposób Coffeedesk wykorzystuje kawiarnie jako „coffeedeskowe R&D” do testowania nowych produktów?- Jak zarządzać biznesem HoReCa w oparciu o dane i jak AI może wspierać menadżerów w pracy z zespołem?Linki:- Strona domowa- Instagram | X/Twitter- Gość: Krzysztof Mika – Head of Retail / Retail Area Manager w Coffeedesk- Kawiarnia to także Excel - Krzysztof Mika, Coffeedesk- The FormPartnerzy tego odcinka podcastu:- Palarnia kawy HAYB (w odcinku kod -10% na kawy i herbaty!)- CoffeedeskProwadzący: Krzysztof KołaczMam prośbę: Oceń ten podcast w Apple Podcasts oraz na Spotify. Zostaw tyle gwiazdek, ile uznasz. Twoja opinia ma znaczenie!Zainteresowany współpracą? Pogadajmy! kawa@boczemunie.plSłuchaj, gdzie chcesz: Apple Podcasts | Spotify i przez RSS.Rozdziały:(00:00:00) INTRO(00:00:47) Wstępniak(00:01:52) Gość: Krzysztof Mika (Coffeedesk)(00:10:14) Anatomia półek sprzedażowych(00:21:50) Zaufanie buduje się poprzez zasady(00:23:32) Akcesoria = powtarzalność(00:29:37) Online + Offline(00:36:51) Liczby ponad podziałami!(00:45:17) AI na zapleczu Coffeedesk(00:52:05) Do następnego!