Radio degli studenti universitari di Cagliari. Mission del media è raccontare il movimento culturale e la città nei suoi molteplici aspetti
Dal 24 al 29 luglio tra Bari Sardo, Ilbono, Lanusei e Triei, va in scena MagoMare. L'artista Riccardo Mantelli porta installazioni interattive che mettono in discussione l'uso quotidiano della tecnologia. Nel cuore dell'Ogliastra, tra Bari Sardo, Ilbono, Lanusei e Triei, nasce MagoMare, un festival dove la media art relazionale diventa esperienza collettiva e momento critico verso il nostro rapporto con la tecnologia. Tra i protagonisti c'è Riccardo Mantelli, artista e docente alla NABA e alla Domus Academy di Milano, che con le sue installazioni accompagna il pubblico in una dimensione inaspettata e poetica. Lontano dai grandi centri urbani, Mantelli trova terreno fertile per portare rituali elettronici e strumenti “disobbedienti”, capaci di creare smarrimento invece che orientamento. «Viviamo in un'epoca dominata da efficienza e performance», racconta l'artista a Nicaradio, «ma è proprio dove ci perdiamo che troviamo nuove possibilità di conoscenza». La sua camminata poetica anti-GPS è un atto simbolico che rifiuta la logica del controllo e invita a ritrovare il senso del vagare, del cercare senza sapere esattamente cosa si troverà. Installazioni generative, dialogo e critica come strumenti creativi A MagoMare il pubblico potrà esplorare l'installazione “Alidangelo”, un'opera corale fatta di frasi e testi dedicati alla pace, scritti dai partecipanti e generati anche con l'ausilio dell'intelligenza artificiale. Un angelo collettivo, dice Mantelli, che non viene dall'alto ma si costruisce con l'intento condiviso degli esseri umani. «La tecnologia, se non guidata, può diventare un tubo vuoto», spiega, «ma se usata con spirito critico può trasformarsi in mezzo espressivo e relazionale». Alidangelo diventa così un muro della pace, uno spazio di connessione tra persone, idee e aspirazioni, in netta opposizione alla narrazione dominante che marginalizza il tema del disarmo. Media art nei piccoli paesi, dove si amplifica l'intensità L'artista sottolinea quanto sia prezioso lavorare in luoghi non metropolitani. «In Sardegna ogni volta trovo persone capaci di dialoghi profondi, anche lontano dai circuiti culturali», osserva. «Nei contesti più raccolti si crea una risonanza tra le persone che amplifica il messaggio dell'opera». Con un approccio che unisce tecnologia e spiritualità, Mantelli propone installazioni partecipative che rompono la barriera tra spettatore e autore, e che trasformano i festival in veri e propri atti di condivisione collettiva. L'arte relazionale, in questa visione, è una risposta al vuoto delle relazioni digitali, un tentativo di recuperare il senso della comune e non solo della community. In chiusura, immagina un atto poetico diffuso, un “cinema segreto” fatto di NFC, suoni, immagini e narrazioni interattive che prendono vita lungo le strade dei paesi. Un invito a sognare insieme, a reinventare la realtà con strumenti nuovi e antichi, connessi non solo alla rete ma all'umano.
Durante l'incontro del 3 luglio 2025, dedicato al tema scuola e immigrazione, esperti, educatori e rappresentanti istituzionali hanno discusso strategie inclusive per migliorare l'accesso all'istruzione e contrastare la dispersione scolastica. Il 3 luglio 2025 si è svolto un importante incontro sul tema scuola e inclusione, parte del percorso di confronto avviato dalla Conferenza Regionale sull'Immigrazione. L'iniziativa ha riunito docenti, dirigenti scolastici, mediatori culturali, rappresentanti delle istituzioni regionali e delle comunità migranti. L'obiettivo era condividere pratiche educative efficaci, analizzare criticità e costruire insieme un modello scolastico più equo e accessibile per tutti. Il focus è stato sull'importanza della scuola come strumento di integrazione sociale, in particolare per i minori di origine straniera che vivono in Sardegna. Le testimonianze raccolte durante l'incontro hanno evidenziato tanto le buone pratiche in atto quanto i limiti strutturali ancora presenti nei contesti scolastici. Le principali sfide emerse Tra le criticità più discusse figurano il ritardo nell'apprendimento linguistico, la mancanza di personale formato per l'insegnamento interculturale, l'insufficienza di mediatori linguistici, e i frequenti casi di discriminazione o esclusione indiretta. Inoltre, è emerso il problema della dispersione scolastica, che colpisce in modo più marcato gli studenti con background migratorio. Per far fronte a queste difficoltà, i partecipanti hanno proposto diverse soluzioni condivise. Tra le più rilevanti, la necessità di potenziare i corsi di italiano L2 all'interno delle scuole, garantire una formazione interculturale adeguata per gli insegnanti e attivare sportelli di ascolto rivolti sia agli studenti che alle famiglie. È stato inoltre sottolineato quanto sia importante valorizzare le competenze multilingue e multiculturali degli studenti, così come favorire il coinvolgimento attivo delle famiglie migranti nella vita scolastica, considerandole parte integrante del processo educativo. La scuola come ponte per la cittadinanza Uno dei messaggi chiave emersi dall'incontro è che l'educazione interculturale non riguarda solo gli studenti stranieri, ma l'intera comunità scolastica. Promuovere una scuola inclusiva, aperta e attenta alle differenze significa contribuire alla costruzione di una cittadinanza attiva, consapevole e plurale. L'incontro ha confermato che la scuola è un nodo centrale nei percorsi di integrazione. Investire in formazione, ascolto e dialogo è essenziale per garantire pari opportunità a tutti gli studenti, indipendentemente dalla loro origine.
Il documento finale presentato durante la Conferenza Regionale sull'Immigrazione del 4 luglio 2025 raccoglie proposte operative, impegni politici e obiettivi condivisi per una gestione inclusiva e strutturale del fenomeno migratorio in Sardegna. La Conferenza Regionale sull'Immigrazione, tenutasi il 4 luglio 2025 in Sardegna, si è conclusa con la pubblicazione ufficiale del documento conclusivo. È un documento che sintetizza il confronto tra istituzioni, comunità migranti, enti locali e realtà del terzo settore. Il documento non è solo una sintesi, ma una vera e propria roadmap per l'inclusione, pensata per guidare le future politiche migratorie regionali. Al suo interno si delineano azioni concrete, priorità condivise e principi fondamentali per una gestione sostenibile e strutturata del fenomeno migratorio. Viene evidenziata l'importanza di un approccio basato su partecipazione, ascolto e diritti, superando definitivamente la logica dell'emergenza. Le priorità del documento conclusivo Il documento si articola in diverse aree tematiche, affrontando tutti gli aspetti fondamentali dell'integrazione. Tra le priorità indicate, si sottolinea l'importanza di un'accoglienza diffusa, sostenibile e gestita in stretta sinergia con i territori. Viene valorizzata l'integrazione linguistica e culturale, promossa attraverso corsi di lingua e attività interculturali. Centrale anche l'inserimento lavorativo, che passa per il riconoscimento delle competenze acquisite nei Paesi d'origine e il contrasto deciso a ogni forma di sfruttamento. Altri punti chiave sono il pieno accesso ai servizi pubblici, in particolare sanità, scuola e alloggi dignitosi, e la promozione della partecipazione civica, con il coinvolgimento diretto delle persone migranti nei processi decisionali. Il testo sottolinea infine la necessità di istituire un coordinamento permanente tra istituzioni, indispensabile per monitorare l'efficacia delle misure adottate e rispondere in modo tempestivo alle nuove sfide che interessano il territorio. Un impegno condiviso per il futuro Tra le proposte accolte vi sono l'istituzione di un Osservatorio Regionale sull'Immigrazione, il potenziamento dei progetti SAI, campagne contro la disinformazione e un maggiore sostegno ai mediatori culturali. Le comunità migranti hanno espresso soddisfazione per essere state ascoltate e coinvolte nella stesura del testo, segno di un cambiamento culturale in atto. Il documento conclusivo rappresenta un punto di partenza per rendere la Sardegna più inclusiva, giusta e partecipativa. La sfida ora sarà trasformare queste linee guida in azioni concrete, monitorabili e durature. Il coinvolgimento di tutti – istituzioni, cittadini, migranti – sarà fondamentale per costruire una società più coesa e aperta alla diversità.
Unica Radio intervista il nuovo sovrintendente del Teatro Lirico di Cagliari, Andrea Cigni, il più giovane tra le fondazioni liriche italiane. Con lui parliamo di accessibilità, sostenibilità, pubblico giovane e rilancio internazionale della cultura operistica sarda. Andrea Cigni, recentemente nominato sovrintendente e direttore artistico del Teatro Lirico di Cagliari, è oggi il più giovane dirigente di una fondazione lirica in Italia. Tuttavia, come spiega lui stesso ai microfoni di Unica Radio, l'età non è il punto centrale: ciò che conta è avere una visione di lungo periodo, capace di coniugare radici e futuro. Un teatro realmente per tutti Tra gli obiettivi principali, Cigni sottolinea la necessità di rendere il teatro davvero accessibile e inclusivo. Questo non significa solo abbattere le barriere economiche e sensoriali, ma anche aprire le porte a pubblici diversi per età, background e possibilità. In altre parole, il Teatro Lirico deve diventare uno spazio sociale, educativo e partecipato, non solo un luogo d'élite. Dopo l'esperienza al Teatro Ponchielli di Cremona, dove ha costruito un forte rapporto con la cittadinanza, Cigni intende replicare quel modello di connessione anche a Cagliari. Il teatro, infatti, non rappresenta solo la città, ma tutta la Sardegna, con il suo straordinario patrimonio storico e culturale. Strategia di marketing e apertura ai privati Per attrarre sponsor e investimenti privati, è necessario – sottolinea – raccontare bene cosa fa il teatro. Non è sufficiente puntare sulla bellezza delle produzioni: bisogna comunicare l'impatto sociale, educativo e culturale. Inoltre, incentivi fiscali e criteri ESG possono rappresentare un'opportunità concreta per le aziende che decidono di investire in cultura. Uno dei punti cruciali riguarda il pubblico giovane. Il teatro deve sapersi raccontare, offrendo un'alternativa valida alle tante opzioni della vita quotidiana. Biglietti accessibili, vendita smart tramite smartphone, promozione nelle scuole e università: sono questi gli strumenti per avvicinare i più giovani. Verso un respiro internazionale Infine, il Teatro Lirico di Cagliari deve tornare a dialogare con le grandi istituzioni culturali europee. Invitare artisti internazionali, creare scambi e costruire una rete di relazioni globali sono le chiavi per riportare il teatro al centro del panorama culturale internazionale.
Durante la Conferenza Regionale sull'Immigrazione si è discusso del ruolo dei migranti nel mercato del lavoro sardo, tra integrazione, diritti, competenze e nuove sfide occupazionali. Il 4 luglio 2025, nell'ambito della Conferenza Regionale sull'Immigrazione, si è tenuto un importante incontro dedicato al rapporto tra migrazioni e mercato del lavoro. L'iniziativa ha visto la partecipazione di esperti del lavoro, sindacati, imprenditori, rappresentanti delle istituzioni e membri delle comunità migranti, con l'obiettivo di analizzare criticità e opportunità legate all'inserimento lavorativo dei migranti in Sardegna. Il dibattito ha messo in evidenza il ruolo fondamentale dei lavoratori stranieri in settori chiave dell'economia regionale, come agricoltura, edilizia, logistica, turismo e cura alla persona. Tuttavia, sono emerse anche numerose problematiche: dalla precarietà contrattuale allo sfruttamento, passando per il mancato riconoscimento delle competenze professionali maturate nei Paesi d'origine. Sfide e prospettive per l'integrazione lavorativa Le difficoltà principali segnalate riguardano l'accesso al lavoro regolare, la burocrazia legata ai permessi di soggiorno, la scarsa formazione linguistica e la mancanza di servizi di orientamento professionale pensati specificamente per i migranti. A questi ostacoli si aggiungono fenomeni di discriminazione sistemica e condizioni di fragilità abitativa, che incidono negativamente sulla stabilità lavorativa e sull'inclusione sociale. Per affrontare queste sfide, i partecipanti hanno proposto di rafforzare i percorsi di formazione professionale, migliorare i servizi di accompagnamento al lavoro e incentivare il riconoscimento delle qualifiche acquisite all'estero. È stato inoltre suggerito di promuovere reti territoriali tra enti pubblici, imprese e terzo settore, e di tutelare attivamente i diritti dei lavoratori migranti, attraverso un efficace sistema di monitoraggio e contrasto allo sfruttamento. Un'economia più giusta e inclusiva L'incontro ha evidenziato come la presenza migrante rappresenti una risorsa per l'economia regionale, non un'emergenza. Investire in integrazione attiva, formazione continua e tutela dei diritti non solo migliora la qualità del lavoro, ma contribuisce a una società più equa, dinamica e coesa. La Conferenza Regionale Immigrazione 2025 ha lanciato un messaggio chiaro: lavoro e inclusione devono procedere insieme. Solo attraverso politiche strutturate, partecipazione e responsabilità condivisa sarà possibile costruire un modello di sviluppo che riconosca il valore di ogni persona, indipendentemente dalla sua origine.
Durante la Conferenza Regionale sull'Immigrazione, tenutasi il 4 luglio 2025, i rappresentanti delle comunità straniere in Sardegna hanno condiviso testimonianze, criticità e proposte per costruire un modello di convivenza equo e partecipativo. La Conferenza Regionale sull'Immigrazione, svoltasi il 4 luglio 2025 in Sardegna, ha posto al centro del dibattito le voci dirette delle comunità migranti presenti nel territorio. Un momento di confronto fondamentale, non solo tra istituzioni e operatori del settore, ma soprattutto tra cittadini e cittadine di origine straniera. Questi ultimi hanno potuto raccontare le proprie esperienze e avanzare proposte concrete per migliorare i percorsi di accoglienza, integrazione e partecipazione. Tra gli interventi più significativi, si segnalano quelli dei rappresentanti di comunità provenienti da Senegal, Nigeria, Marocco, Ucraina, Bangladesh, Pakistan, e altre realtà migranti ben radicate nell'isola. Le testimonianze hanno evidenziato sia i progressi fatti, sia le criticità ancora presenti nei servizi pubblici e nella percezione sociale. Le richieste delle comunità: ascolto, formazione, diritti Durante gli interventi, le comunità migranti hanno espresso con forza alcune richieste fondamentali. Tra le richieste più ricorrenti, il bisogno di corsi di italiano accessibili per adulti e minori. È stata sottolineata anche l'importanza del riconoscimento delle competenze professionali acquisite nei Paesi d'origine, spesso ignorate o sottovalutate. Un'altra esigenza riguarda un accesso più equo al mercato del lavoro, privo di sfruttamento e discriminazioni. Le comunità hanno chiesto inoltre il potenziamento dei servizi pubblici, in particolare quelli di mediazione culturale, sanità e istruzione, che sono strumenti essenziali per una vera integrazione. Infine, è emersa con chiarezza la necessità di garantire la presenza attiva dei rappresentanti delle comunità migranti nei tavoli istituzionali, affinché possano contribuire direttamente alle politiche che li riguardano. Questi temi riflettono l'urgenza di superare una gestione emergenziale dell'immigrazione e di adottare una visione strutturale, fondata su diritti, doveri e corresponsabilità. Verso una Sardegna più inclusiva Molti interventi hanno sottolineato il desiderio di essere parte attiva della società sarda. Le comunità hanno chiesto di poter contribuire alla crescita economica, culturale e sociale dell'isola, promuovendo inclusione, pluralismo, interculturalità e rispetto reciproco. Il coinvolgimento delle nuove generazioni, nate o cresciute in Sardegna, è stato indicato come elemento chiave per costruire una convivenza sostenibile e contrastare la marginalizzazione. La conferenza ha rappresentato un'occasione importante per ascoltare le esigenze reali delle comunità migranti. Le istituzioni regionali hanno preso l'impegno di valutare le proposte e potenziare le politiche di inclusione, partendo proprio dal dialogo costruttivo con chi vive ogni giorno i territori.
La Conferenza Regionale sull'Immigrazione ha riunito la Presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde e numerosi rappresentanti istituzionali per affrontare insieme sfide, criticità e opportunità legate ai flussi migratori e all'integrazione sociale. La Conferenza Regionale sull'Immigrazione, svoltasi il 4 luglio 2025, ha visto la partecipazione della Presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde. All'evento erano presenti anche numerosi rappresentanti delle istituzioni locali, organizzazioni del terzo settore, sindaci e associazioni attive nei settori dell'accoglienza e dell'integrazione. Un evento fondamentale per fare il punto sulla gestione dei flussi migratori, ma anche sulle politiche di inclusione sociale e sul rafforzamento dei servizi territoriali. Durante la conferenza, sono stati affrontati temi chiave come: accoglienza diffusa, integrazione culturale, inclusione lavorativa, accesso ai servizi sanitari, istruzione per i minori stranieri, diritti umani, sicurezza e coesione sociale. La Regione ha sottolineato la necessità di interventi strutturati, pianificati su base locale e regionale, per garantire un'accoglienza dignitosa e sostenibile. Le parole di Todde: "L'immigrazione non è un'emergenza, ma una realtà da governare" Nel suo intervento, Alessandra Todde ha dichiarato che la Regione intende superare la logica dell'emergenza, puntando su una strategia a lungo termine. "L'immigrazione è una componente strutturale della nostra società – ha detto – e va gestita con responsabilità, ascolto e collaborazione tra enti pubblici e privati". I sindaci presenti hanno ribadito l'importanza del ruolo dei comuni, spesso lasciati soli ad affrontare le difficoltà dell'accoglienza. Le associazioni, invece, hanno sottolineato l'urgenza di rafforzare i servizi di mediazione culturale e i percorsi di inserimento lavorativo. Verso un nuovo modello di accoglienza Tra le proposte emerse: potenziamento dei progetti SAI (Sistema Accoglienza e Integrazione), promozione della formazione professionale per i migranti, campagne di sensibilizzazione per combattere la disinformazione, supporto psicologico e sociale, maggiore coinvolgimento delle comunità locali. L'obiettivo dichiarato dalla Regione è quello di costruire un modello sardo di accoglienza, basato su solidarietà, diritti e partecipazione attiva. la Conferenza Regionale sull'Immigrazione ha rappresentato un importante momento di dialogo e confronto tra istituzioni e territorio. Le sfide sono molte, ma l'impegno condiviso dimostra che è possibile costruire percorsi di integrazione efficaci, capaci di valorizzare le competenze dei migranti e rafforzare il tessuto sociale locale. La Regione Sardegna intende proseguire su questa strada, promuovendo un approccio basato su inclusione, diritti e partecipazione attiva. Un modello che, se ben attuato, potrà diventare un riferimento anche a livello nazionale. La collaborazione resta la chiave per affrontare il fenomeno migratorio con equilibrio, responsabilità e visione a lungo termine.
Riccardo Besia racconta il viaggio dei The Colvins tra influenze punk, crescita personale e legami con la scena sarda. Una storia di amicizia, energia e indipendenza musicale. In Sardegna si respira aria di musica autentica, di palco e sudore, di strette di mano e amplificatori che tremano. E tra le band che da oltre un decennio alimentano questa linfa c'è The Colvins, gruppo nato nel 2012 e ormai punto fermo della scena punk-rock indipendente. Ne abbiamo parlato con Riccardo Besia, chitarrista entrato nella band nel 2018, in vista della loro partecipazione al Beach Day Out Volume 19, il 18 e 19 luglio al Poetto di Cagliari. Riccardo ci ha raccontato il suo ingresso nella band come un ritorno a casa: un'amicizia già viva, esperienze condivise e una passione comune per il punk. Ma anche un'evoluzione importante: “I Colvins erano legati al Ramonescore, il culto dei Ramones e delle sonorità più crude. Con il mio arrivo, abbiamo iniziato a esplorare il punk revival degli anni '90, ma anche suoni contemporanei come quelli di The Menzingers”. Una trasformazione naturale, che si è consolidata nel disco Nothing To Write Home About, un lavoro che ha saputo unire melodia e rabbia, introspezione e distorsione. Musica come terapia, testi come confessioni Il cuore pulsante del progetto sono i testi, quasi sempre scritti da Riccardo, veri e propri frammenti di autobiografia. “Scrivo quando ho bisogno di tirar fuori qualcosa, è una specie di terapia. Parlo di me, ma cerco sempre di toccare corde universali: crescita personale, nostalgia, inquietudini condivise”. Un esempio? Bad Girl, brano il cui testo è un regalo di Cristiano Paler, batterista storico degli FN e ora nei Daenerds. La musica dei Colvins non è mai solo un suono: è un racconto in cui ritrovarsi. Suonare in Sardegna, poi, ha un sapore speciale: “Al Beach Day Out ci siamo cresciuti. È uno di quegli eventi che segna un'intera generazione musicale. Salire su quel palco per noi è un'emozione che si rinnova ogni volta, come se fosse la prima”. Il pubblico sardo, spiega Riccardo, non è mai distante: “Il palco ci separa solo fisicamente. Sotto ci sono amici, volti nuovi, persone che vogliono condividere. Dopo i concerti si scherza, si beve insieme: è una comunità vera”. Indipendenza, tour e progetti futuri La solidità dei The Colvins si regge anche su una rete indipendente che ha creduto in loro. “Grazie a etichette come I Buy Records e Mom's Basement Records, la nostra musica è arrivata negli Stati Uniti e perfino in Giappone. È importante avere una rete che non si limiti al digitale, ma ti porti fisicamente in altri luoghi, con distro vere, dischi in mano”. E questa estate, tra le varie date, torneranno anche a San Sperate il 23 agosto, mentre altri appuntamenti sono ancora segreti ma in arrivo. Non mancano i progetti in cantiere: “Stiamo già lavorando su nuovi pezzi. Sperimentare è nel nostro DNA: il nostro sound è in continuo movimento, non ci fermiamo mai”.
Un confronto aperto e concreto sull'inclusione sociale dei giovani con background migratorio, tra discriminazioni vissute, sfide normative e il ruolo cruciale di scuole, social e istituzioni locali. Durante la conferenza si è discusso dell'esperienza quotidiana dei giovani con background migratorio. Questi ragazzi affrontano spesso pregiudizi, emarginazione e aggressioni, causati da credenze radicate nella società. Tali stereotipi si trasmettono di generazione in generazione, alimentando discriminazioni ancora presenti. Il messaggio principale è che la società deve mettere in atto un cambiamento culturale profondo. Sensibilizzazione nelle scuole È emersa la necessità di promuovere interventi educativi dedicati all'integrazione e al rispetto. Si è sottolineato il ruolo di conferenze, laboratori e momenti di socializzazione, gestiti da esperti o da giovani testimoni, per mostrare che i migranti non sono una minaccia ma alleati e compagni di vita. Social media come strumento educativo I social media sono stati identificati come canale strategico per veicolare messaggi di inclusione sociale. Non più solo strumenti di intrattenimento, ma piattaforme per dare visibilità a progetti regionali e nazionali, informare i giovani e diffondere valori importanti come il rispetto, la solidarietà e la comprensione inter-culturale. Partecipazione attiva e consulte giovanili È stato evidenziato l'importanza dei tavoli di coprogettazione e delle consulte giovanili, sia scolastiche sia comunali e regionali. Soltanto coinvolgendo giovani migranti si può superare la contraddizione di "parlare di loro senza di loro". L'inclusione attiva è la chiave per politiche più efficaci e aderenti alla realtà vissuta. Ostacoli normativi e ingiustizie familiari La relatrice ha denunciato la rigidità della legislazione nazionale sull'immigrazione, che limita l'accesso alla cittadinanza, i ricongiungimenti familiari e la regolarizzazione dei minori. È stato richiamato l'esempio della recente modifica della normativa sulla cittadinanza, che ancora limita i diritti dei figli conviventi per meno di due anni. Ruolo della Regione e delle istituzioni locali A questo punto, il testo ha evidenziato come le Regioni e le istituzioni locali possano intervenire su temi come istruzione, formazione professionale e lavoro – tutte aree di loro competenza – per alleggerire gli effetti delle norme nazionali e rispettare il dettato costituzionale, in particolare l'art. 3, che impone allo Stato di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale allo sviluppo delle persone.
Dopo oltre un decennio di silenzio, i Fuck You Fuckin' Fuckers tornano sulla scena punk hardcore dal Poetto di Cagliari, portando in musica il bisogno di essere sé stessi. Dall'Inghilterra fino alla spiaggia del Poetto di Cagliari, Marco Concas torna con i suoi Fuck You Fuckin' Fuckers (FFF) per rimettere in moto una macchina musicale che non ha mai davvero spento il motore. Dopo dieci anni di apparente silenzio, la band punk hardcore cagliaritana risale sul palco del Beach Day Out Vol. 19 con un messaggio chiaro: non smettere di essere te stesso. Intervistato da Unica Radio, Marco racconta la scelta di tornare a suonare nella propria terra, tra le onde del mare e l'energia di una scena underground che – sebbene spesso ignorata – continua a pulsare sotto pelle. Il ritorno dei FFF non è solo una questione musicale, ma una scelta di presenza e resistenza culturale. “La realtà è cambiata, ma abbiamo ancora qualcosa da dire”, confessa Marco. Ed è proprio questo bisogno di espressione autentica, slegata dalle mode e dai diktat sociali, che ha riportato la band a fare rumore. “Apichu”, il nuovo singolo, è l'esempio perfetto: un grido diretto, feroce, sincero. Tra Sardegna e Londra, il punk sopravvive e si evolve grazie al dialogo e alla contaminazione Concas vive a Londra da molti anni e conosce bene la differenza tra le due scene: se in Inghilterra il punk si è ritirato in una nicchia resistente, in Sardegna si respira ancora un'energia collettiva viva, giovane, ibrida. “Non sono solo punk a seguirci: anche chi ascolta drum'n'bass o rap entra in connessione con il nostro messaggio. La musica è un mezzo per esprimere opinioni, ed è bello vedere che questa esigenza non ha confini”. L'impatto sul pubblico è stato immediato, grazie anche alla voglia della band di mescolare vecchi suoni e nuove influenze, mantenendo però intatta la potenza del messaggio. “Il nuovo EP avrà cinque o sei tracce, tutte legate da un filo comune: l'invito a non omologarsi, a essere veri, a non vivere per compiacere gli altri. È un discorso di libertà e autodeterminazione”. Il beach day out come specchio dell'identità culturale punk e motore della scena sarda La partecipazione al Beach Day Out – per la terza volta – segna una sorta di rinascita collettiva. Marco ringrazia i Cool Kids, Stage Type Production e il collettivo Tuogo H.C. per il lavoro dietro le quinte, sottolineando quanto sia fondamentale un evento che unisce: “Il festival porta il nome di Cagliari anche fuori dalla Sardegna. È un'occasione per dire al mondo che qui c'è una scena viva, forte, indipendente”. E a chi chiede se questa sia solo una parentesi isolata, Marco lascia aperta la porta: “Abbiamo progetti in corso. Probabilmente è un ritorno definitivo”. Il 19 luglio al Poetto non sarà solo un concerto, ma un'esplosione di senso e presenza. I Fuck You Fucking Fuckers sono tornati, e hanno qualcosa da dirti. Forte.
Appuntamento di due giorni a Olbia dedicato al tema dell'immigrazione, l'intervento dell'assessora Desirè Manca La prima Conferenza Regionale sull'Immigrazione si è svolta a Olbia, presso il Museo Archeologico, nei giorni 3 e 4 luglio. Un'iniziativa storica promossa dalla Regione Sardegna e coordinata dall'assessora regionale al Lavoro Desirè Manca, con l'obiettivo di dare visibilità alla diversità come fonte di ricchezza e includere cittadini provenienti da paesi terzi nel tessuto socio-economico dell'isola. Confronto tra istituzioni e comunità per l'inclusione sociale L'evento si è aperto con il saluto del sindaco di Olbia, Settimo Nizzi, e ha visto la partecipazione attiva della presidente della Regione Alessandra Todde, che ha sottolineato il ruolo della Sardegna come "popolo di migranti" e ha ribadito l'impegno per una Sardegna inclusiva, capace di trasformare la paura del diverso in opportunità di crescita. La presenza della prefetta, del vescovo, dell'imam e della presidente di ANCI Sardegna Daniela Falconi ha arricchito il confronto, rendendolo un momento di confronto tra istituzioni, società civile e comunità straniere. Inclusione, lavoro e diritti: le priorità al centro della conferenza Desirè Manca ha evidenziato i risultati concreti: oggi in Sardegna vivono circa 55.000 cittadini stranieri, pari al 3,5% della popolazione regionale, con presenze stabili grazie ai permessi di lungo soggiorno, lavoro, familiari o protezione internazionale . Dalla conferenza sono emerse due priorità. La prima riguarda l'istituzione urgente di un Osservatorio regionale contro lo sfruttamento lavorativo, strumento fondamentale per monitorare il mercato del lavoro, prevenire le situazioni di sfruttamento e accompagnare politiche attive d'inclusione. La seconda priorità sono le misure di politiche attive del lavoro, come corsi di lingua italiana, formazione professionale e programmi POR per facilitare l'inserimento nel mondo del lavoro, con particolare attenzione a donne migranti e vittime di violenza. Durante la conferenza sono stati organizzati laboratori tematici su lavoro, scuola, sanità, imprenditorialità e mediazione culturale: un percorso partecipativo che ha messo al centro il dialogo tra istituzioni, rete delle imprese, sindacati, associazioni, centri di studio come il CESPI, e le comunità migranti. L'iniziativa si è conclusa con l'impegno della Giunta regionale e del consiglio sull'avvio di politiche stabili per favorire la convivenza multiculturale, promuovere ingressi programmati e contrastare ogni forma di odio, razzismo e tratta .
Il leader della band punk-hardcore racconta l'evoluzione musicale del gruppo, tra suoni più maturi e testi senza filtri, in vista del Beach Out Poetto Vol. 19 a Cagliari. Carlame, voce e anima dei Discomostro, non è il tipo da risposte scontate. La sua intervista con Unica Radio, in vista del concerto al Beach Out Poetto Vol. 19, è un flusso di coscienza sincero, diretto, a tratti crudo, proprio come la loro musica. La band è giunta al quarto album in studio e, come racconta Carlame, il suono oggi è più definito, le atmosfere più stratificate, ma l'anima resta la stessa: rabbiosa, ironica, profondamente umana. “Ci sentiamo male prima e male adesso, ma musicalmente siamo molto soddisfatti”, dice sorridendo. Una frase che riassume il paradosso del progetto Discomostro: usare il punk e l'hardcore per veicolare disagio e negatività, ma con un fine terapeutico. “Ogni canzone è una valvola di sfogo, un urlo liberatorio che ci permette di stare meglio”, continua. Dalla batteria al microfono: l'urgenza di mettersi a nudo Carlame è passato dalla batteria al ruolo di frontman, non per calcolo ma per esigenza. “Scrivevo già i testi ai tempi degli Scloniars, ma avevo paura di mettermi a nudo. Poi ho deciso: le cose che scrivo, le canto io”. Da quel momento, la voce è diventata strumento e confessionale. Il palco, invece, non è cambiato: resta il luogo dove liberarsi e connettersi con un pubblico eterogeneo, fatto di fan della prima ora e nuovi adepti, giovani e adulti. Il nuovo album sorprende anche per le sonorità: accanto all'anima punk, compaiono sfumature rock'n'roll, melodie leggere e toni quasi estivi. “Non è stata una scelta a tavolino, è successo. Ci siamo evoluti naturalmente”, racconta. Una parte del gruppo ha curato con precisione la registrazione e il sound, mentre Carlame ha preferito concentrarsi sui contenuti. “A me interessa arrivare sincero, non perfetto”. Sincerità come strumento di connessione e sopravvivenza I testi dei Discomostro non fanno sconti: solitudine, pressione sociale, suicidio e isolamento sono raccontati con lucidità. Portarli su un palco estivo, tra il mare e la sabbia del Poetto, è un atto che potrebbe sembrare spiazzante. Ma Carlame lo vive serenamente: “I contenuti sono duri, ma il nostro atteggiamento è leggero. Sopravviviamo anche grazie all'ironia”. Per il pubblico, spiega, i concerti sono un momento di riconoscimento e sfogo collettivo. “È come una grande famiglia di mostri e casi umani che si ritrova per urlare insieme, ma anche per ridere. C'è rispetto, condivisione, e soprattutto onestà. Se una canzone è sincera, arriva. E resta”. Il ritorno al Poetto, per Carlame, è anche una questione personale: “Ci ho suonato vent'anni fa, quando stavo ancora dietro la batteria. Tornarci oggi da frontman, con questi brani, sarà un'emozione fortissima”.
Due giornate tra onde, chitarre distorte e passione vera: Michelangelo Rombi e Alessio Schirru raccontano l'anima del Beach Day Out, evento simbolo dell'underground sardo. Cagliari si prepara ad accogliere Beach Day Out Volume 19, il festival che da quasi vent'anni anima la spiaggia del Poetto con musica punk, rock e hardcore, proponendo un'esperienza che va oltre il semplice concerto. Un evento che nasce dal basso, dalla passione di chi vive la scena musicale indipendente e la vuole condividere. Michelangelo Rombi e Alessio Schirru, due dei principali organizzatori, ci hanno raccontato cosa c'è dietro le quinte di questo appuntamento sempre più atteso. L'idea del festival, spiegano, nasceva dall'esigenza di dare spazio alle band sarde che producevano musica originale. “All'inizio erano venti gruppi, si iniziava nel pomeriggio e si finiva all'alba”, ricorda Michelangelo. Un progetto che ha saputo crescere, aprendosi a ospiti italiani e internazionali, mantenendo però saldo il filo conduttore: musica autentica, non commerciale, fortemente identitaria. Tra scouting, passione e collaborazione: così nasce la line-up ogni anno La scelta delle band non è mai casuale. “Diamo spazio alle nuove uscite, a chi ha appena pubblicato un disco, ma anche ai gruppi giovani e emergenti dell'isola che si affacciano alla scena underground”, racconta Alessio. Fondamentale anche il lavoro di Stefano Panzeri, storico collaboratore del festival, e oggi anche l'apporto dei Cool Kids, collettivo di cui Schirru fa parte. Tra gli ospiti dell'edizione 2025 spiccano nomi come Discomostro da Milano e Burning heads dalla Francia, ma il valore aggiunto è sempre il mix tra il locale e il globale. La collaborazione con la webzine Punkadeka.it garantirà quest'anno anche la diretta streaming dell'evento, amplificando la portata nazionale e internazionale del festival. Un festival che nasce dalla sabbia, tra memoria e futuro Il Beach Day Out non è solo musica, ma anche atmosfera, libertà e condivisione. “Il palco guarda la Sella del Diavolo, il pubblico può godersi i concerti in costume, magari dopo un tuffo. È un'esperienza unica”, racconta Rombi. L'edizione di quest'anno parte al tramonto, con il calore del sole e delle chitarre distorte a colorare la spiaggia. E tra un'organizzazione sempre più rodata, amicizie che si trasformano in booking, e la voglia di rinnovarsi, si pensa già alla ventesima edizione. “Ogni anno è una sfida, ma anche un'enorme soddisfazione”, confermano entrambi. Un ricordo su tutti? “Portare in Sardegna band che ascoltavamo da adolescenti, sederci con loro a cena, condividere storie. È questo lo spirito del festival.”
Appuntamento di due giorni a Olbia dedicato al tema dell'immigrazione, l'intervento di Daniela Sitzia ANCI. La direttrice dottoressa Sitzia, ha portato un contributo prezioso alla conferenza, sottolineando il ruolo fondamentale delle istituzioni pubbliche e dei soggetti del terzo settore nell'affrontare il tema dell'immigrazione e dell'integrazione in Sardegna. Dall'accoglienza alla coprogettazione In un dialogo tra istituzioni e terzo settore, emerge la distinzione tra l'accoglienza strutturata dei migranti – con i problemi evidenziati precedentemente dalla Garante – e l'integrazione dei cittadini stranieri già stabilmente presenti nel territorio regionale, spesso soggetti a vulnerabilità e precarietà. La dr.ssa Sitzia ha evidenziato che, grazie a una ricerca recente, è emerso uno “spaccato” positivo: in quindici anni i comuni hanno accumulato un bagaglio di esperienze solide, condivise da associazioni, enti locali, università e scuole. Il concetto chiave proposto è quello di coprogrammazione e coprogettazione, strumenti che vanno oltre le semplici idee e si traducono in progetti amministrativi concreti. Sitzia ha insistito sulla necessità di collaborare, di “misurare” l'esperienza, riconoscere il valore acquisito e trasformarlo in sistemi strutturati che durino nel tempo. Verso un approccio interassessoriale L'Italia rurale, in particolare la Sardegna, conta 28 comuni medio-grandi e decine di piccoli, costieri e interni, che hanno già maturato una alleanza istituzionale storica con l'ANCI e la Regione, collaborando con assessorati al lavoro, affari generali, politiche sociali, sanità e istruzione. La sfida è far evolvere la cabina di regia da settoriale a interassessoriale, in modo da integrare le procedure amministrative con gli investimenti allocati dalla Regione senza duplicazioni, ma con sinergie operative. Durante la conferenza, sono stati descritti i primi risultati di questa trasformazione, con la firma di protocolli d'intesa tra l'ANCI e l'associazione dei comuni del Senegal. Questo salto in avanti segna un impegno concreto verso la cooperazione internazionale, finalizzata a creare una nuova consapevolezza politico-istituzionale tra gli amministratori locali, attraverso lo scambio di competenze e conoscenze. Una comunità amministrativa integrata L'obiettivo delineato da Sizia è ambizioso: trasformare i “corridori umanitari” in strumenti di accoglienza paritaria, rafforzando l'emancipazione culturale e amministrativa. Solo così è possibile costruire una comunità partecipata, in cui le istituzioni e i cittadini collaborano per inclusione, sicurezza, opportunità e crescita collettiva. Attraverso questo nuovo paradigma, la Sardegna può diventare un modello di integrazione ben strutturata, dove ogni processo è condiviso, ogni risorsa è valorizzata e ogni attore ha un ruolo attivo nella costruzione di un futuro più equo.
Tra le strade della Sardegna e le aule dell'Istituto Gemmologico I.RI.GEM Eleonora Spiga costruisce un mondo fatto di pietre storie personali e connessione con la natura trasformando il suo negozio EleGems in un laboratorio di emozioni autentiche e gioielli vibranti di energia. Quando la gemmologia si fa arte e introspezione Nel cuore della Sardegna, precisamente a Cagliari, Eleonora Spiga porta avanti con passione EleGems, un progetto nato nel 2008 che riflette il suo amore per la natura e le pietre. Dopo la laurea in Scienze della Terra, ottenuta con il massimo dei voti, Eleonora prosegue la sua formazione presso l'Istituto Gemmologico I.RI.GEM, dove diventa Gemmologa e Tagliatrice di gemme. Questa base scientifica le permette di comprendere la struttura e le proprietà delle pietre in modo profondo, ma la vera forza del suo lavoro sta nella capacità di ascoltare e interpretare le storie di chi si affida a lei. Nel suo negozio EleGems, ogni gioiello nasce dall'incontro con una persona, da un momento di vita che ha bisogno di essere raccontato, ricordato o trasformato. La personalizzazione diventa così la chiave del suo approccio creativo. Eleonora accoglie i clienti, ne ascolta le emozioni e propone pietre che non solo rispecchiano l'estetica desiderata, ma che possano anche supportare un percorso interiore. Visita la pagina ufficiale di EleGems per scoprire le collezioni disponibili e lasciarti ispirare dai suoi pezzi unici. Ogni creazione si distingue per autenticità, equilibrio e uno stile profondamente legato all'ambiente circostante. Oltre alla competenza tecnica, Eleonora Spiga coltiva un approccio olistico alla gemmologia, affiancando alla conoscenza scientifica uno studio spirituale ed energetico. Le pietre, secondo la sua visione, non sono solo elementi decorativi, ma veri strumenti di benessere. Questo approccio nasce da anni di osservazione e ascolto, ma anche da un apprendistato durato due anni accanto a un orafo esperto che le insegna le basi dell'artigianato e l'importanza dei dettagli. L'arte di creare gioielli diventa quindi un mezzo per trasmettere energia, armonia e consapevolezza. La bottega delle emozioni tra pietre natura e spiritualità Le collezioni di EleGems spesso si ispirano ai viaggi e ai paesaggi visitati da Eleonora, ma ancora più spesso traggono linfa dalle storie di chi entra nel suo mondo. Ogni cliente viene accolto come un alleato nella creazione: dalla scelta della pietra alla definizione del design, ogni passaggio diventa occasione di riflessione e scambio. Il risultato è un gioiello che non solo completa l'aspetto esteriore, ma accompagna la persona nel proprio cammino. La filosofia del brand si radica an
L'Università di Cagliari guida un progetto internazionale che indaga il potenziale neuroprotettivo di una particolare famiglia di proteine, con l'obiettivo di rallentare la progressione della malattia di Parkinson La ricerca scientifica non si ferma mai, soprattutto quando si tratta di sfide complesse come quelle poste dal morbo di Parkinson. Una nuova luce arriva dalla Sardegna, dove l'Università di Cagliari è capofila di un ambizioso progetto europeo che punta a esplorare il potenziale di una famiglia di proteine poco note al grande pubblico: le cromogranine. Guidato dalla professoressa Cristina Cocco, docente di Anatomia Umana presso la Facoltà di Medicina, il progetto si concentra sull'impiego delle cromogranine come strumento per proteggere i neuroni dalle conseguenze dannose di questa malattia neurodegenerativa. Le cromogranine sono note per il loro ruolo nella regolazione delle risposte cellulari allo stress, e il team di ricerca vuole capire se possano rallentare la degenerazione neuronale tipica del Parkinson. Il morbo di Parkinson colpisce milioni di persone nel mondo e si manifesta principalmente con la perdita dei neuroni dopaminergici nella cosiddetta sostanza nera del cervello. A peggiorare il quadro clinico, interviene l'alfa-sinucleina, una proteina che si accumula in forma tossica nei neuroni e ne compromette la funzionalità. Nel laboratorio dell'Università di Cagliari, le cromogranine sono testate in vitro su cellule staminali umane e murine, esposte a una tossina chiamata rotenone, che simula i danni provocati dal Parkinson. Parallelamente, all'Università di Masaryk (Repubblica Ceca), sono effettuati test in vivo su un modello murino della malattia, valutando gli effetti delle cromogranine somministrate per via intranasale. Infine, presso l'Università di Precarpazia in Ucraina, l'attenzione sarà rivolta all'interazione con l'alfa-sinucleina, per comprendere se queste proteine siano in grado di bloccarne l'aggregazione tossica. Il progetto avrà una durata di 18 mesi e, se i risultati si confermeranno promettenti, le cromogranine potrebbero rappresentare una svolta innovativa nel trattamento precoce della malattia, aprendo la strada a nuove strategie terapeutiche.
In questa intervista esclusiva, Michele Atzori, in arte Dr. Drer, ci parla del suo libro “Ponitì ad una party”, un viaggio ironico, affettivo e politico attraverso decenni di attivismo tra Cagliari, la Sardegna e la Francia, tra spazi condivisi, memorie collettive e movimenti giovanili vecchi e nuovi. Intervista a Michele Atzori: il cuore pulsante dell'attivismo raccontato in “Ponitì ad una party” Unica Radio ha avuto il piacere di ospitare Michele Atzori, conosciuto anche come Dr. Drer, per parlare del suo nuovo libro: “Ponitì ad una party”. Un titolo ironico per un'opera profonda, che mescola memoria, politica e affetto, ripercorrendo trent'anni di attivismo vissuto tra Cagliari, il Magistero, la Francia e tanti altri luoghi simbolici. «Il desiderio di scrivere nasce quando ti accorgi che certe esperienze non devono andare perdute», racconta Michele. Il libro è nato da una riflessione profonda su ciò che l'attivismo ha rappresentato per lui e per la sua generazione. Un mix di emozioni, incontri, vittorie e sconfitte, raccontate con ironia e passione. Uno strumento per trasmettere valori, visioni e, soprattutto, storie spesso dimenticate. «Mi sono reso conto che le nuove generazioni non avevano accesso a molte di queste vicende. Raccontarle significa creare connessioni e restituire senso alla memoria collettiva», aggiunge. Uno degli aspetti più interessanti del libro è il rapporto con gli spazi fisici. Michele sottolinea come luoghi come l'Aula 8 e la Sala Maria Carta non siano semplici scenari, ma veri e propri protagonisti dell'esperienza politica. «Sono spazi che creano relazioni, reti, solidarietà. Lì si forma il pensiero critico, si costruisce l'identità collettiva. Sono palcoscenici di lotta e di sogni», spiega. Nel confronto tra i movimenti giovanili di ieri e quelli di oggi, Michele vede differenze, ma anche forti punti di contatto. «I giovani di oggi sono attivi, attenti, capaci di usare nuovi strumenti come i social. Lottano per i diritti, la giustizia climatica, l'uguaglianza. In fondo, hanno la stessa spinta che avevamo noi». “Ponitì ad una party” non è solo un libro politico. È una cronaca affettiva, un memoir che abbraccia esperienze personali e collettive. «Spero che chi lo leggerà, anche chi non ha vissuto quegli anni, possa sentire l'importanza delle relazioni umane, della lotta condivisa, della solidarietà», conclude Michele. Puoi ascoltare l'intervista completa su Unicaradio.it, Spotify, Apple Music e Amazon Music. Grazie a Michele Atzori per aver condiviso con noi questo intenso viaggio nella memoria e nell'attivismo.
Con il suo attivismo instancabile Virgilio Careddu coordina una rete di volontari a Cagliari. Sono in 43 città italiane e tre estere portando nelle strade la voce degli animali e promuovendo uno stile di vita vegan fondato sull'abolizione dello sfruttamento animale e sull'informazione capillare. Virgilio Careddu si muove con il suo gruppo per le vie del centro di Cagliari. Coordina le azioni dell'associazione Animal Voices United, una realtà attivista che si struttura attorno a una precisa missione: diffondere consapevolezza sui diritti degli animali, denunciare lo specismo e proporre una concreta alternativa vegan. Con un'organizzazione meticolosa, Careddu guida un team formato da attivisti, grafici, comunicatori e formatori che lavorano insieme per costruire materiali informativi, performance pubbliche e momenti di dialogo nelle piazze di Cagliari. “Il nostro compito è portare una testimonianza diretta della condizione animale”, spiega Careddu, mentre elenca le città coinvolte: 43 in Italia, più tre all'estero, tra cui una nel Regno Unito, una in Spagna e una in Germania. Ogni attività si svolge con un approccio pacifico ma determinato. I volontari di Animal Voices United occupano spazi pubblici strategici e parlano con i passanti, mostrando video e immagini che documentano la realtà negli allevamenti intensivi, nei macelli e nei circhi. L'obiettivo è aprire un varco nella coscienza collettiva, smontando le narrazioni dominanti sul consumo di carne e derivati. Sul sito ufficiale dell'associazione, si trovano risorse gratuite, guide per iniziare un percorso vegan e contatti per chi desidera partecipare attivamente. Un attivismo fondato su studio etica e visione globale La formazione personale è centrale nel percorso di Virgilio Careddu. Dopo aver compiuto la scelta vegan, sente l'urgenza di formarsi a fondo per diventare un attivista consapevole. Studia testi fondamentali del pensiero antispecista come Liberazione animale di Peter Singer, Gabbie vuote di Tom Regan e Se niente importa di Jonathan Safran Foer. Ogni lettura arricchisce la sua visione, rafforza la sua convinzione e alimenta il progetto di una rete attivista sempre più solida. “L'obiettivo è rendere internazionale il lavoro di Animal Voices United”, racconta, mentre illustra i prossimi passi dell'associazione. In questo contesto, l'internazionalizzazione non rappresenta solo una crescita logistica, ma anche una dichiarazione politica: la condizione degli animali e la questione specista non conoscono confini. Careddu immagina una rete interconnessa di attivisti, capace di dialogare con realtà europee e globali, e di portare le istanze animaliste nei dibattiti pubblici, culturali e politici. Un movimento che parte dalla strada e guarda al futuro Animal Voices United non si limita a parlare di animali: mette al centro una rivoluzione etica che coinvolge consumi, economia, comunicazione e cultura. La scelta vegan diventa un punto di partenza per interrogare l'intero sistema sociale. Attraverso l'attivismo pubblico e l'uso strategico dei social media, l'associazione raggiunge migliaia di persone ogni mese, con campagne mirate e contenuti formativi. L'intero lavoro di Virgilio Careddu si basa su una convinzione chiara: la realtà può cambiare, ma serve impegno costante e presenza visibile. Per seguire le attività dell'associazione, conoscere i prossimi eventi e approfondire i temi trattati, è possibile visitare le pagine ufficiali su Facebook e Instagram cercando non solo l'associazione ma anche il nome di Virgilio Careddu. Lì si trovano anche testimonianze, materiali scaricabili e link per donazioni. Careddu e il suo gruppo non si limitano a parlare, ma agiscono ogni giorno, trasformando la piazza in un luogo di riflessione e azione concreta.
Oggi a Unica Radio B Podcast vi proponiamo un'intervista a Kety Piras, urban cyclist e fondatrice di Cycle Hub, un progetto innovativo che fonde sostenibilità, inclusione sociale e mobilità dolce. Scopriamo insieme il racconto di chi ha trasformato una passione in un'officina meccanica, un punto di ritrovo culturale e un centro pulsante per la comunità di Pirri. Kety Piras è un'urban cyclist e attivista e ora fondatrice del Cycle Hub, uno spazio nato per unire mobilità sostenibile, comunità locale e cultura. Dopo anni di esperienze nel mondo della micromobilità e una formazione all'Università di Verona come esperta promotrice della ciclabilità, Kety ha deciso di dare vita a un luogo che fosse molto più di una semplice officina. Un punto di riferimento a Pirri Cycle Hub nasce dall'esigenza concreta di creare uno spazio fisico dedicato alla mobilità sostenibile, alla condivisione e all'incontro. Per anni, Kety Piras ha osservato quanto fosse difficile, a Cagliari, trovare un posto dove parlare di ciclabilità, confrontarsi su idee nuove, organizzare attività e costruire relazioni. Così è maturata la decisione di creare un luogo che fosse più di un'officina, un punto di riferimento per il quartiere, dove le persone potessero sentirsi accolte, ascoltate e coinvolte in un progetto di comunità e cambiamento urbano. Cycle Hub nasce per rispondere a questo bisogno: offrire uno spazio autentico, accessibile e vivo, pensato per chi crede in un modo diverso di muoversi e vivere la città. Officina, coworking, cultura Nato come officina meccanica per biciclette, il Cycle Hub si è trasformato rapidamente in un luogo dinamico e multifunzionale. Oggi ospita coworking, eventi culturali, presentazioni di libri e laboratori creativi. Il progetto ha ricevuto il sostegno del bando Resto al Sud. Kety ha seguito ogni fase: dalla progettazione del logo fino all'arredamento, pensato per far sentire ogni visitatore a casa. Innovazione e sostenibilità ambientale Il Cycle Hub è anche un esempio di sostenibilità ambientale concreta. Tra i servizi offerti spicca il bike wash enzimatico, un sistema di lavaggio completamente ecologico e privo di scarichi inquinanti. È inoltre presente un parcheggio temporaneo per bici e monopattini, pensato per chi si muove in città senza dover ricorrere all'auto. Una menzione speciale va alla collaborazione con Brompton, marchio inglese di biciclette pieghevoli, che ha scelto Cycle Hub come primo service center ufficiale in Sardegna. Un riconoscimento importante per l'impegno e la qualità del lavoro di Kety. Un messaggio a chi sogna il cambiamento Kety invita chiunque voglia cambiare la propria vita a iniziare da sé: “Scrivilo, parlane, cerca supporto. Il cambiamento non arriva da solo, bisogna costruirlo giorno dopo giorno, con testardaggine e visione”. Cycle Hub è oggi un modello di impresa femminile, inclusiva, ecologica e profondamente legata al territorio. Un piccolo seme piantato a Pirri, che punta a diventare una foresta di idee, relazioni e mobilità sostenibile.
Dalla Sardegna all'Asia Centrale, passando per Praga, in un rally che racconta il mondo che cambia con l'ironia di una Fiat Uno. Un viaggio che è anche un progetto sociale e culturale. Un'associazione sarda con una visione globale, un'auto leggendaria e la voglia di attraversare mezzo mondo. È così che Federico Gaviano e Luca Frongia, insieme a Gianghi e Duncan, hanno deciso di festeggiare i 25 anni di TDM, realtà attiva tra mobilità internazionale, educazione interculturale e progetti sociali. La loro avventura prende il nome di Mongol Rally, una folle corsa non competitiva che unisce equipaggi da tutto il mondo in un viaggio epico: dalla Sardegna fino al Kazakistan, passando per Praga e l'Asia centrale, a bordo di un'auto simbolo del passato italiano, la mitica Fiat Uno, ribattezzata “Fiamma”. Segui il progetto https://linktr.ee/tdmislanders La Mongol Rally 2025 è un rally non competitivo, senza premi, regole fisse o supporto tecnico. Ogni equipaggio viaggia con veicoli economicamente e meccanicamente inadatti, attraversando frontiere, deserti, catene montuose e città dimenticate. Lo scopo è umanitario e ambientale: raccogliere fondi per l'organizzazione benefica Cool Earth, che protegge le foreste tropicali e le comunità che le abitano. Il progetto TDM 25 Islanders è anche un omaggio ai 25 anni dell'associazione TDM 2000, con un team composto da giovani provenienti dalla Sardegna e da Malta. viaggio sostenibile, comunicazione dal vivo e spirito comunitario: il rally è anche un progetto sociale L'idea nasce per gioco, ma si trasforma presto in una sfida logistica, culturale e organizzativa. Dalla preparazione meccanica, curata da Gianghi, all'organizzazione dei documenti e dei visti per affrontare territori complessi come l'Iran, il Turkmenistan o la Russia. Duncan, architetto e presidente di TDM Malta, completa l'equipaggio con competenze tecniche e uno spirito profondamente legato alla Sardegna. L'auto, soprannominata Fiamma, incarna l'ironia del progetto: un veicolo "nuovo e perfetto"… solo nello slang di Cagliari. Ogni suo cigolio è una promessa di guasti e aneddoti da raccontare. Visualizza questo post su Instagram Un post condiviso da TDM 2000 Mongol Rally 2025 Team (@mongolrallytdm25) L'equipaggio del TDM 25 Islanders Mongol Rally riunisce quattro personalità complementari, unite dalla voglia di esplorare, raccontare e affrontare l'imprevisto con ingegno e spirito solidale. A guidare la spedizione c'è Luca Frongia, presidente di TDM2000, promotore dell'impresa e principale pilota del team, con il compito di tracciare la rotta dall'Europa al cuore dell'Asia centrale. Al suo fianco Federico, giornalista e comunicatore, è il cronista ufficiale della spedizione: documenterà l'intera avventura, trasformando strade, soste e incontri in un racconto collettivo. Parte fondamentale della squadra è Giangi, esperto in tecnologie, riparazioni e soluzioni ingegnose, pronto a intervenire in ogni situazione tecnica con creatività e prontezza. Infine Duncan, architetto e ingegnere maltese, co-pilota e logista, con una lunga esperienza internazionale e un ruolo chiave nell'organizzazione e nella tenuta dell'equipaggio. Quattro ruoli diversi, una sola missione: portare la loro mitica Fiat Uno “Fiamma” fino in Kazakistan, sostenendo nel frattempo il progetto ambientale Cool Earth. Mongol Rally non è solo un viaggio su quattro ruote: è un gesto simbolico e concreto per promuovere cause sociali e ambientali. Ogni squadra, infatti, si impegna a raccogliere fondi per sostenere progetti di responsabilità sociale, e TDM ha scelto di supportare Cool Art, iniziativa che fonde arte, sostenibilità e inclusione. Federico, giornalista e voce dell'avventura, cura la comunicazione social, condividendo ogni tappa via Instagram (@mongolrally_tdm_25), blog e GPS tracker, dove chiunque può seguire l'equipaggio in tempo reale.
L'autore di Mitchell Rose and the Bologna Massacre, Mark Hill, si racconta ai microfoni di Unica Radio Unica Radio ha avuto il piacere di ospitare Mark Hill, autore del romanzo Mitchell Rose and the Bologna Massacre, per una conversazione approfondita sul suo nuovo e avvincente giallo. Il libro si immerge in un periodo cruciale della storia italiana, esplorando decenni di intrecci tra criminalità organizzata, servizi segreti e politica. Liberamente ispirato alla tragica strage di Bologna del 1980, il romanzo introduce un protagonista affascinante: il detective privato Mitchell Rose, londinese che si muove tra Milano e Bologna in cerca di verità. L'Ispirazione Nata dalla Storia L'idea del romanzo nasce da un incontro casuale ma potente con la storia italiana. Hill ha raccontato che l'ispirazione per scrivere è arrivata durante un corso d'inglese tenuto per un gruppo di giudici a Bologna, nel 2019. Lì, il tema della strage del 1980 è emerso con forza. “Mi ha preso talmente tanto,” ha confessato l'autore, da spingerlo a un'approfondita ricerca durata anni. Il lavoro è proseguito anche durante la pandemia, attraverso lo studio di testi di saggistica e documentazione storica. L'autore ha percepito che l'intero episodio era ricco di materiale narrativo, e che le molteplici teorie del complotto rappresentavano terreno fertile per una narrazione gialla. Pur mantenendo libertà creativa, Hill ha costruito una trama solida e documentata. Il Processo Creativo: Disciplina e Revisione Scrivere un romanzo di tale portata ha richiesto metodo e costanza. Hill ha descritto la sua routine quotidiana di scrittura: ogni mattina, per quattro ore, si dedicava al lavoro senza accettare altri impegni. Seduto al PC, iniziava semplicemente a scrivere. Ha realizzato file dettagliati per i personaggi, costruito l'intreccio narrativo e lavorato a più riprese sul testo, aggiungendo dialoghi e rivedendo la struttura. Il processo ha richiesto circa quattro mesi per una prima bozza. Hill sottolinea che “riscrivere è molto più difficile che scrivere” e confessa di essere severo con se stesso, anche disposto a scartare intere sezioni se non soddisfacenti. Il suo mantra è chiaro: “Devo rivedere, rivedere e sempre rivedere.” L'Unicità di Mitchell Rose: Angoscia e Fragilità Mitchell Rose è un uomo guidato dalla necessità di portare a termine un compito, di aiutare chi incontra, ma sempre mantenendo un approccio pragmatico. C'è una rete di complessità che lo circonda, ma che lui stesso fatica a comprendere. Anche se estraneo alla politica e diffidente verso le teorie del complotto, Rose finisce per leggere il mondo in termini di schieramenti, di “noi e loro”. La sua progressione nella vita è fatta di passi lenti e ostacoli, proprio come tanti investigatori della narrativa noir. Ma ciò che lo distingue è la sua umanità, la sua angoscia, la sua fragilità. Ed è proprio questa dimensione emotiva a creare un legame forte tra il protagonista e il lettore. La Soddisfazione della Pubblicazione e il Pubblico Il momento in cui un autore riceve la conferma da un editore è sempre speciale. Hill ha descritto la sua reazione alla proposta di Walless Publishing come un mix di gioia e orgoglio: “Sono stato contento, felice, orgoglioso di aver creato qualcosa che fosse considerato valido da una casa editrice importante.” Il romanzo si rivolge a diversi tipi di lettori: appassionati di crime, amanti del giallo, ma anche chi è interessato alla politica o desidera approfondire un periodo storico controverso. Attualmente disponibile in lingua inglese, Mitchell Rose and the Bologna Massacre sta riscuotendo un buon successo anche in Italia, segno che la storia ha saputo colpire nel segno.
Un viaggio profondo nella tradizione campanaria di Irgoli, dove i rintocchi non scandiscono solo il tempo, ma raccontano la vita di una comunità intera. Un documentario umano e toccante che nasce da un'eredità familiare e diventa restituzione collettiva. Nel cuore della Sardegna, le campane di Irgoli non si limitano a segnalare l'ora o l'arrivo di una festa. Sono memoria viva, suono collettivo, passaggio tra generazioni. Da questa consapevolezza nasce Mannoi, il documentario di Riccardo Santorsola e Irene Coni, presentato in anteprima nella piazza del paese, come un dono restituito alla comunità da cui ha preso forma. Un progetto realizzato con il contributo del comune di irgoli. L'idea prende vita grazie a Luca Lai, giovane campanaro e amico degli autori, che desiderava conservare le suonate del nonno. Da qui, la trasformazione da semplice registrazione a narrazione cinematografica collettiva. Per Irene Coni, musicologa, è stato naturale esplorare le diversità stilistiche delle suonate, notando come ogni campanaro sviluppi un tocco personale, trasmettendo non solo tecnica ma anche sensibilità. In Mannoi si osserva come bambini di sei o sette anni inizino a suonare, affiancati dagli anziani in un passaggio di saperi che non ha bisogno di parole. È una scuola spontanea, costruita su sguardi, suoni e gesti che resistono al tempo e alle trasformazioni. Suonare per raccontare, tramandare per unire Nel documentario emerge con forza il valore intergenerazionale della pratica campanaria. I giovani si ispirano ai più esperti, li imitano, li affiancano. Sorprende scoprire che in un paese piccolo come Irgoli esistano più scuole di suonata, ciascuna con le sue sfumature. Cinque campane, oggi, ma solo tre vengono suonate a mano: ogni rintocco cambia in base al contesto – lutto, festa, battesimo – come se raccontasse una pagina diversa della vita comunitaria. Le riprese, spesso all'interno del campanile, sono state rese possibili grazie al legame personale con la comunità. Questo ha permesso uno sguardo intimo, autentico, rispettoso. L'unico ostacolo reale è stato lo spazio angusto del campanile, ma anche questo ha restituito forza e ritmo al racconto. Il documentario solleva anche interrogativi sul ruolo delle donne: nessuna ha mai suonato, ma nulla vieta che possa accadere. La forza fisica non è un limite, conta la resistenza e il desiderio di esserci. Un documentario che restituisce emozioni a una comunità Mannoi ha mostrato due Pasque, a distanza di un anno: nella prima, solo Luca e il nonno; nella seconda, il campanile era pieno. Una crescita che dà speranza per il futuro. Riccardo racconta della rotazione spontanea dei suonatori durante le cerimonie, del rispetto delle tempistiche sacre, dell'attesa del canto a concordu. Irene, invece, sottolinea l'importanza della restituzione pubblica, perché chiunque potesse fermarsi a guardare e sentire. Durante la proiezione in piazza, il silenzio collettivo ha detto tutto: attenzione, rispetto, emozione. Un cinema all'aperto che ha unito e commosso. La colonna sonora, curata insieme a musicisti e etnomusicologi, ha arricchito il racconto, dando corpo e profondità al patrimonio sonoro del paese. Mannoi non è solo un documentario: è un atto d'amore per Irgoli, una finestra aperta su una cultura che ancora resiste, vive e si trasmette.
Danzatrice Coreografa e Insegnante di danza classica e contemporanea. Con una carriera consolidata da un'esperienza profonda e tanta passione. Una straordinaria professionalità quella di Maestra Myriam Campus che ha saputo intrecciare il linguaggio artistico e quello sportivo in un percorso che coinvolge diverse generazioni. Un percorso che unisce la danza alle emozioni in ogni movimento La Maestra Myriam Campus, apprezzata danzatrice, coreografa e insegnante di danza classica e contemporanea, si dedica con intensità e passione al dialogo tra arte e vita, offrendo ben più di una formazione tecnica. Fin dagli esordi la sua sensibilità verso la danza trasmette la consapevolezza che ogni passo rappresenta: un frammento di un percorso umano e creativo. La passione per la danza nasce quando Myriam avverte il primo richiamo di suoni e gesti: a soli sette anni, frequenta la sua prima scuola, dove scopre come il corpo esprima emozioni che nessuna parola riesce a trasmettere. È in quell'istante che comincia a percepire la danza non come semplice disciplina ma come spazio di comunicazione universale. Questo si collega a esperienze di esibizioni e stage nazionali, in cui la dimensione intima del gesto diventa strumento di crescita personale e condivisione di valori comuni. Una carriera consolidata alle spalle Con una carriera consolidata da un'esperienza profonda e da una straordinaria professionalità, la Maestra Myriam Campus intreccia il linguaggio artistico e quello sportivo in un percorso che coinvolge diverse generazioni. Attraverso il culto della danza e l'impegno nella formazione, trasmette non solo conoscenze tecniche e accademiche, ma anche valori umani essenziali. La sua attività rappresenta un ponte tra arte e vita, dove la disciplina si fa esperienza, crescita e consapevolezza. La sua professionalità verso un percorso formativo, segna la consapevolezza che insegnare significa fare crescere il proprio vissuto dentro altri. In questo modo la danza assume le connotazioni di un linguaggio corporeo verbale, in cui il corpo racconta storie, emozioni e vita. Myriam Campus vive ogni movimento come un dialogo tra mente, cuore e spettatore: un canale che apre a percezioni più profonde, permettendo a chi danza e a chi osserva di intraprendere un'esperienza condivisa. Un passo verso l'alchimia del corpo e dell'anima Quando la Maestra Myriam comprende che la sua esistenza e la danza devono diventare un unico fluire, quel momento prende la forma di consapevolezza: la danza non è più un'attività, ma una scelta di vita. All'apertura al mondo dell'arte, segue una decisione interiore, quando capisce che ogni gesto, ogni coreografia, non può rimanere limitata alla scena ma deve continuare a vivere oltre, in chi la affronta come disciplina quotidiana. La fusione tra l'essere e il muoversi si concretizza diventando un “passo a uno”: quel legame tra corpo e anima che trasforma la danza in un'«alchimia» – parola usata per spiegare la fusione intima tra tecnica, sentimento e regola. Si tratta di un vero e proprio equilibrio tra rigore e poesia, tra disciplina e creatività, tra scuola di danza e laboratorio di sogni. La danza, quindi, si trasforma in un linguaggio non verbale: ogni gesto, ogni rotazione, ogni sospensione comunica. La mente di chi danza interiorizza una trama di strutture, tempi e contrasti; il cuore di chi osserva riceve un messaggio, una vibrazione, un racconto che va oltre il visibile. È un'esperienza che solleva la coscienza, portando a percepire “nell'astratto un senso ancora più espanso dell'essere”. La Maestra Myriam lo spiega come un percorso in cui il corpo diventa un catalizzatore di emozioni, un mezzo che educa mente, corpo e spirito insieme, generando un dialogo intimo tra chi crea e chi osserva Spazio sacro e disciplina: un binomio necessario Secondo la Maestra Myriam, l'arte rappresenta uno spazio sacro all'interno della vita. Questa sacralità influisce sul corpo e sull'anima, favorendo benessere psico-fisico e sensibilità spirituale. La danza, in particolare, concentra il corpo in movimenti precisi, respiri profondi e attenzione interiore, rendendo l'esperienza un momento di meditazione attiva. La mente si sviluppa, il cuore si apre, la coscienza si espande. Tutto questo avviene quando la disciplina diventa un compagno fidato, plasmando la costanza giornaliera e la ricerca della perfezione in movimento. Al centro del messaggio della Maestra Myriam Campus vi è la disciplina: essa trascende la componente tecnica e diventa valore di vita. La disciplina nella danza rimanda a regole precise e all'impegno costante, che tuttavia non chiudono ma moltiplicano la libertà espressiva. Spiega che la costanza rappresenta il segreto per trasformare un sogno in obiettivo raggiunto, con pazienza e determinazione. Ritiene che le nuove generazioni debbano imparare che il talento, se non accompagnato da impegno quotidiano, rischia di rimanere dormiente. La fusione tra disciplina e creatività, secondo la sua visione, genera arte vera, capace di cambiare vite. Non solo danza ma anche preziose collaborazioni La Maestra Myriam Campus, nella sua carriera artistica, incontra e si relaziona anche affettivamente con la indimenticabile e grande Carla Fracci, che fu ospitata con tutta la Compagnia nella conosciutissima e importante Scuola Attica 53 a Cagliari. Importante collaborazione artistica pluriennale in occasione della prima mondiale FILUMENA MARTURIANO : collaborazione della stessa Maestra Myriam Campus con l'Ente Lirico di Cagliari, nei panni di ballerina ma anche di coreografa. Accompagna nel tempo diversi talenti nati proprio dal suo ventre di Maestra e Coreografa, nonché grande artista del settore; alcuni esempi importanti sono: Francesca Loi, diplomata presso Scala di Milano, ballerina che si è formata nella Finnish National Ballet (Helsinki); Un' altro esempio eclatante è quello di Tatiana Atzori, che con grande impegno e dedizione mette in piedi ben due Scuole di Ballo in Sardegna. Altri allievi importanti che hanno spiccato il volo tramite Lei sono: Andrea Perniciano, Simona Piroddi, Donatella Cabras, Debora Marcis. Nuove e importanti progetti Myriam Campus non si ferma, e continua come Insegnante e Coreografa con la squadra Cristoforo Colombo di Ginnastica Ritmica, per accompagnare gli allievi in una importante preparazione didattica nell'agonismo regionale e nazionale. A breve altri progetti con corsi di Ginnastica Posturale Estetica Femminile, presso Urban Club Cagliari, ideale anche per i più maturi.
Nel cuore dell'intervista radiofonica, Federico Esu racconta la nascita di Nodi, un progetto che supera la logica delle semplici reti per costruire connessioni umane, valorizzare i percorsi non lineari, ascoltare le storie di chi è partito, rimasto o tornato in Sardegna, e riscrivere il senso di comunità attraverso il dialogo e il desiderio di riconoscimento e appartenenza. Nel panorama delle iniziative culturali e sociali che cercano di restituire valore ai territori marginalizzati, il progetto Nodi si distingue per la sua capacità di costruire connessioni autentiche, inclusive e resilienti. In un'intervista radiofonica intensa e profonda, Federico Esu, fondatore di Nodi e del podcast Itaca, spiega l'origine e la visione di un progetto che vuole cambiare la narrazione sulla Sardegna, troppo spesso legata all'idea di “fuga di cervelli”. Connessioni autentiche: il cuore del progetto Nodi. Nodi nasce infatti come un'alleanza dinamica tra persone e competenze, con l'obiettivo di creare uno spazio in cui la diversità dei percorsi, le fragilità e i cambiamenti non siano visti come ostacoli, ma come elementi fondamentali per generare valore. A differenza delle reti professionali tradizionali, il progetto punta a “fare sistema”, promuovendo il dialogo intergenerazionale, interculturale e interdisciplinare. Il concetto di “sistema” qui non è sinonimo di efficienza, ma di relazioni significative, riconoscimento reciproco e condivisione. Attraverso il programma di mentoring sviluppato da Nodi emergono bisogni profondi, come il desiderio di essere ascoltati, di sentirsi connessi e di trovare un proprio spazio all'interno della comunità. Le storie raccolte da Itaca, il podcast gemello del progetto, raccontano esperienze di chi ha lasciato l'isola, di chi ha deciso di restare o di chi è tornato con nuove idee e visioni. Queste voci formano un tessuto narrativo che restituisce complessità, umanità e speranza a una terra troppo spesso raccontata in termini di mancanze. Federico Esu chiude l'intervista riflettendo sul nodo che non scioglierebbe mai: il legame con le sue origini, gli affetti, la lingua e l'appartenenza emotiva a una terra che continua a generare domande, visioni e possibilità. Con Nodi e Itaca, la Sardegna si riappropria del diritto di raccontarsi con le sue parole, nei suoi tempi, e attraverso le sue storie. Con Nodi e Itaca, Federico Esu invita a riscoprire la Sardegna come luogo di legami, ascolto e possibilità. Un'isola che non trattiene né respinge, ma connette, valorizzando ogni storia. Un progetto che dà voce ai percorsi personali e costruisce una comunità più aperta, inclusiva e consapevole.
Un nuovo passo verso la valorizzazione del biologico in Sardegna: nasce il primo menu certificato bio per i ristoranti dell'isola, un'iniziativa promossa dal Distretto Bio della Sardegna sotto la guida del presidente Andrea Campurra. Questo progetto rappresenta un'importante innovazione per il settore ristorativo regionale, che punta a garantire qualità, sostenibilità e trasparenza ai consumatori. Un menu certificato bio per garantire qualità e sostenibilità nei ristoranti sardi Il lancio del primo menu certificato biologico nei ristoranti della Sardegna è una grande opportunità sia per i produttori biologici locali sia per gli operatori della ristorazione. Secondo il presidente Andrea Campurra, questo menu non solo offre una garanzia di qualità al cliente finale, ma risponde anche alle esigenze di un mercato sempre più attento alla provenienza e alle caratteristiche organiche degli alimenti. Grazie al rigoroso processo di certificazione, un ente terzo verifica il rispetto di standard molto stringenti, assicurando che il menu sia composto da prodotti biologici al 100% e possibilmente a chilometro zero. Il tour nazionale per promuovere il biologico: obiettivi e tappe future L'iniziativa del menu bio nasce nell'ambito di un progetto più ampio promosso dalla Regione Sardegna, che ha portato il Distretto Bio a organizzare un tour in dieci tappe in tutta Italia per promuovere l'agricoltura biologica e i prodotti certificati. Attraverso seminari, tavoli consulenziali e villaggi del biologico, l'obiettivo è creare una rete nazionale che valorizzi la produzione biologica, con un'attenzione particolare al territorio sardo. La tappa più recente si è svolta a Cuneo, con un evento che culminerà a ottobre durante la Fiera Internazionale del Marrone. La rete come chiave per il successo: collaborazioni e sostegno istituzionale Il progetto gode del sostegno di realtà importanti come Coldiretti, Campagna Amica, Confcommercio e la Fondazione di Sardegna. Per il presidente Campurra, costruire una rete solida è fondamentale per diffondere la cultura del biologico, puntando non solo ai ristoranti ma anche alle mense scolastiche e sanitarie. Solo con un impegno collettivo si può creare una massa critica in grado di sostenere una crescita reale del settore, promuovendo il cibo sano e di qualità sulle tavole di tutti. Ostacoli e prospettive future per il menu certificato bio Tra le principali difficoltà del progetto vi è la possibile reticenza dei ristoratori a sostenere i costi iniziali di certificazione e ad adottare nuovi standard. Tuttavia, il Distretto Bio della Sardegna ha già siglato un accordo con dieci ristoranti pilota, offrendo di coprire il primo anno di certificazione grazie a un finanziamento regionale. Questa strategia mira a superare le barriere iniziali e a diffondere con più facilità il menu bio. Inoltre, cresce l'interesse da parte degli operatori locali, con richieste e curiosità che promettono una buona adesione nei prossimi mesi.
Artista, imprenditore e beauty expert: Nicola Paderi racconta a Unica Radio la sua rinascita musicale, il primo posto tra gli emergenti e la forza espressiva del suo singolo "KAOS". Oggi ai microfoni di Unica Radio abbiamo avuto il piacere di ospitare Nicola Paderi, artista poliedrico che coniuga estetica, comunicazione e musica. Il suo ultimo singolo, "KAOS", lo ha portato al primo posto tra i 50 migliori artisti emergenti italiani, confermando il suo talento nel panorama indipendente. Nicola si racconta con sincerità: classe 1978, parrucchiere e imprenditore nel settore della bellezza da oltre 20 anni, ha lanciato un brand di prodotti per capelli e, al tempo stesso, non ha mai abbandonato la passione per il canto. “Fin da piccolo il canto è sempre stato parte di me”, racconta. Tra musica e impresa, un equilibrio conquistato Diviso tra l'impegno imprenditoriale e l'anima da cantautore, Nicola riesce a creare musica di notte, tra una pausa e l'altra dal lavoro. Per lui, ogni progetto artistico è una sfida da affrontare con dedizione e perfezionismo. Nel 2022 ha pubblicato "Vivo este amor", il suo primo singolo, cantato in spagnolo. “Una lingua che mi ha sempre affascinato – spiega – musicale e intensa, come le emozioni che volevo trasmettere”. "KAOS": un progetto nato dal dolore Dopo un periodo difficile, segnato da un breakdown emotivo, Nicola ha trovato nella musica una valvola di sfogo. Da lì è nato “KAOS”, un brano autobiografico che racconta il dolore, ma anche la forza di risalire. “Anche nei momenti peggiori – dice – si può trovare la luce”. Il singolo affronta le emozioni più crude e personali, ma lancia anche un messaggio di speranza: nonostante tutto, è possibile ricominciare. L'estetica come espressione di sé Parallelamente alla musica, l'estetica ha sempre avuto un ruolo centrale nella sua vita. “Sentirsi belli aiuta a sentirsi meglio”, afferma, citando anche l'effetto terapeutico che un semplice taglio può avere su chi sta attraversando momenti duri. Per Nicola la cura dell'immagine non è superficialità, ma uno strumento per rafforzare l'autostima e affrontare meglio la quotidianità. Futuro: tra eventi e nuove canzoni Guardando al futuro, Nicola si gode il successo di "KAOS" e anticipa eventi dal vivo legati al singolo. Inoltre, è in discussione un nuovo brano in italiano da pubblicare a Natale. “Di sicuro non mi fermo”, conclude. Un artista da seguire, che ha fatto della contaminazione tra musica, emozioni e bellezza la sua cifra distintiva.
A soli 26 anni ha già pubblicato il suo primo studio internazionale nel campo delle biotecnologie oncologiche. Partito dalla Sardegna con una laurea all'Università di Cagliari, Christian Migliarese oggi lavora in un centro di ricerca negli Stati Uniti, a Buffalo, dove approfondisce le potenzialità della terapia personalizzata nella lotta contro il cancro. Il suo è un percorso che dimostra come la passione, la preparazione e una visione chiara possano portare lontano, senza dimenticare le radici e il desiderio di tornare un giorno a restituire ciò che si è ricevuto. Fin da piccolo, Christian aveva un'attrazione per le scienze. Ma è durante gli anni universitari che capisce come la ricerca oncologica potesse diventare il suo ambito. Lo studio della genetica applicata alle metastasi cerebrali è al centro della sua prima pubblicazione: uno studio che mostra come la comprensione delle mutazioni genetiche nei pazienti possa migliorare notevolmente l'efficacia delle terapie e prolungare la sopravvivenza. Dalla Sardegna ad Harvard, passando per la costanza e la determinazione Christian non nasconde le difficoltà incontrate: “Il problema più grande era prepararsi al meglio, rispettando le scadenze e acquisendo davvero le competenze, non solo superando gli esami”. Durante la magistrale, il contatto con realtà come l'IRCCS San Raffaele e poi Harvard gli ha aperto nuove strade. Ma l'Università di Cagliari ha rappresentato per lui il primo vero trampolino, con la possibilità di imparare le tecniche di laboratorio e partecipare a programmi internazionali come l'Erasmus. Christian oggi lavora su target terapeutici innovativi, cercando di combinare più trattamenti in funzione del profilo genetico del paziente. Un approccio che, come racconta, può fare davvero la differenza: “Capire i meccanismi molecolari significa migliorare la qualità e la durata della vita dei pazienti”. L'obiettivo di una startup e il sogno di tornare a casa Nonostante si trovi negli Stati Uniti, Christian continua a sentire un forte legame con la sua terra. “Mi piacerebbe aprire una startup biotecnologica e, un giorno, riportare in Sardegna quello che ho imparato”. Il suo sogno è sviluppare una molecola innovativa e renderla accessibile grazie a un'impresa fondata da lui. Ai giovani che oggi si iscrivono al suo stesso corso all'Università di Cagliari, Christian consiglia di non preoccuparsi se all'inizio non sanno quale direzione prendere: “È normale, col tempo capirai dove vuoi andare. Goditi il percorso, dai gli esami e cerca di farli tuoi”. La storia di Christian Migliarese non è solo un esempio di talento che ha trovato spazio all'estero, ma anche una testimonianza viva di quanto contino la preparazione, il coraggio di mettersi in gioco e la speranza di poter un giorno contribuire in prima persona allo sviluppo della ricerca in Italia.
Olbia ospita la prima Conferenza Regionale sull'Immigrazione in Sardegna: un evento che mette al centro il valore della diversità, promuove l'inclusione e costruisce nuove politiche condivise per il futuro dell'isola. Dal 3 al 4 luglio Olbia diventa capitale del dialogo interculturale grazie alla prima Conferenza Regionale sull'Immigrazione. L'iniziativa, promossa dall'Assessorato regionale al Lavoro, rappresenta un momento storico per la Sardegna e intende valorizzare il contributo delle persone migranti nella vita pubblica e sociale dell'isola. Un'occasione per riflettere, confrontarsi e ripensare il presente con uno sguardo aperto sul futuro. Ospite di Unica Radio è Ignazio Boi, dello staff dell'assessorato, che ha spiegato le ragioni e gli obiettivi dell'evento: “La nostra società è multiculturale e poliedrica, è ora di riconoscere l'altro come occasione di crescita, non come pericolo. Ognuno di noi è diverso, e questa diversità è una ricchezza”. Il dottor Boi ha sottolineato l'importanza di superare gli stereotipi e di avviare una narrazione collettiva incentrata sulla condivisione, l'arricchimento reciproco e l'integrazione sociale. Un documento programmatico per rafforzare l'inclusione e contrastare le disuguaglianze La conferenza non sarà un semplice incontro, ma getterà le basi per la stesura di un documento programmatico che guiderà le politiche regionali su inclusione, immigrazione, lavoro e cooperazione istituzionale. Un segnale forte, sostenuto dalla presenza della Presidente della Regione, del Presidente del Consiglio Regionale, e di numerosi assessori, a indicare una volontà politica condivisa. Durante l'intervista, Boi ha posto l'accento su un dato chiave: oggi i cittadini migranti in Sardegna sono 55.000, pari al 3,5% della popolazione residente. Un numero che dimostra la crescente presenza e il radicamento delle comunità straniere sull'isola. “Sono i nostri conterranei a tutti gli effetti – ribadisce – e partecipano attivamente alla nostra economia, pagano le tasse, lavorano, creano impresa”. Il programma dell'assessorato include interventi per la mediazione linguistico-culturale, progetti di integrazione socio-lavorativa, tutela dei minori stranieri non accompagnati, sensibilizzazione nelle scuole, e una forte attenzione alla lotta contro lo sfruttamento lavorativo. La Regione, infatti, ha ottenuto fondi per costituire un Osservatorio regionale sul caporalato e rafforzare i centri antidiscriminazione. Cultura, arte e partecipazione: una Sardegna che si racconta anche attraverso l'incontro Secondo Boi, l'arte, la danza, la musica e il teatro delle comunità migranti rappresentano un'occasione di scambio culturale e un volano per la crescita sociale. La Sardegna, da sempre crocevia di popoli e culture, può diventare un modello nazionale proprio grazie alla sua storia di accoglienza. “Non si tratta di sostituzione etnica – precisa Boi – ma di una vera valorizzazione delle competenze e dei talenti presenti nel nostro territorio. La co-programmazione tra istituzioni, enti locali e terzo settore sarà centrale per dare continuità a questo percorso”.
Il percorso di Stefano Cancellu è la prova di come l'impegno e la formazione possano trasformare la passione in una carriera artistica: l'attore cagliaritano è oggi un talento emergente della scena teatrale e cinematografica Stefano Cancellu, nato a Cagliari, fin da bambino mostra interesse per la recitazione. Il primo approccio arriva in modo non convenzionale: lavora una stagione come animatore in un villaggio turistico, esperienza che lo avvicina ancora di più all'espressione scenica. Poco dopo sceglie di iscriversi alla Scuola di Arte Drammatica, dove affina le sue capacità tecniche e interpretative. Una volta concluso il ciclo formativo, entra in Akroama, centro di produzione teatrale con sede a Cagliari e riconosciuto a livello nazionale. Qui interpreta diversi ruoli, tra cui in Spettri, Peter Pan, Ali Baba e i 40 ladroni e Casa Rosmer, portando in scena tanto i classici quanto adattamenti originali, a cura di Lelio Lecis, Rui Madeira ed Elisabetta Podda. La sua presenza sul palco colpisce per versatilità e rigore, qualità che gli permettono di proseguire anche con workshop di recitazione cinematografica, mirando a un linguaggio più intimo e visivo. Dal cinema al teatro: l'orizzonte nazionale Parallelamente al teatro, Stefano Cancellu debutta sullo schermo con una comparsa in Bellas Mariposas, film ambientato proprio a Cagliari, tratto dal romanzo di Sergio Atzeni. Il salto verso produzioni più grandi avviene quando ottiene un piccolo ruolo nella serie televisiva L'isola di Pietro, dove recita accanto a Gianni Morandi. L'esperienza gli apre nuove strade: partecipa a diversi cortometraggi e mediometraggi, distinguendosi per intensità espressiva e coerenza stilistica. Tra i lavori più noti figurano L'ultima Habanera, L'amore e la gloria – La giovane Deledda e Colpevole, progetti che valorizzano anche il patrimonio letterario e culturale sardo, spesso in collaborazione con enti locali come il Comune di Nuoro o l'associazione Progetto Deleddiano. Nel 2024, Cancellu partecipa allo spettacolo Il paese del vento, adattamento teatrale firmato da Lelio Lecis tratto dall'omonimo romanzo di Grazia Deledda, riportando in scena le atmosfere poetiche e malinconiche della Sardegna più autentica. Recentemente, ha affiancato Simeone Latini come aiuto-regista in nuove produzioni, confermando un percorso artistico che abbraccia sia la recitazione che la regia, sempre con radici ben piantate nella sua città natale, Cagliari.
Nel cuore della scuola media Pascoli di Assemini nasce un laboratorio innovativo di podcasting, in cui ragazze e ragazzi apprendono strumenti digitali, scrivono testi originali e sviluppano competenze espressive e tecnologiche, contrastando la dispersione scolastica e scoprendo il potere della narrazione collettiva. Nel contesto del progetto “Nuove opportunità alla Pascoli: Uniti per Crescere!”, finanziato attraverso la linea M4C1I1.4 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per la riduzione dei divari negli apprendimenti e il contrasto alla dispersione scolastica, l'Istituto Comprensivo di Assemini (CAIC8AJ003) ha attivato un laboratorio di podcasting pensato per coinvolgere gli adolescenti in attività creative, inclusive e digitali. Il laboratorio, ideato per accompagnare gli studenti nella scoperta di nuovi linguaggi espressivi, ha offerto un'occasione concreta per imparare a comunicare, collaborare e riflettere sulla realtà che li circonda. Il percorso ha previsto un'introduzione al mondo dei podcast, con momenti di ascolto, confronto e analisi, per poi passare alla scrittura collettiva dei testi, alla registrazione vocale e infine all'editing audio con strumenti digitali. I ragazzi e le ragazze hanno così imparato a utilizzare software professionali di montaggio, familiarizzando con microfoni, cuffie, interfacce audio e programmi di post-produzione. L'obiettivo non era solo quello di imparare a produrre un contenuto, ma di farlo in modo consapevole, esercitando le capacità di racconto, di critica e di condivisione. Imparare con la voce: protagonisti di una narrazione condivisa Durante il laboratorio, ogni studente ha potuto esprimere sé stesso con modalità nuove, raccontando esperienze scolastiche, passioni personali, sogni e opinioni. Il microfono è diventato lo strumento attraverso cui imparare a dare forma alle emozioni, migliorare l'autostima e confrontarsi con gli altri in un clima di reciproco rispetto. Grazie a questa esperienza, si è lavorato anche su competenze trasversali fondamentali come l'ascolto attivo, il lavoro di gruppo, la gestione del tempo e l'uso consapevole della tecnologia. Il podcast si è rivelato un potente alleato nel ridurre il senso di isolamento, aumentare la partecipazione e migliorare il rapporto tra gli studenti e l'ambiente scolastico. Il progetto rientra a pieno titolo negli obiettivi del D.M. 19/2024, che mira a contrastare l'abbandono scolastico attraverso percorsi educativi innovativi e inclusivi. L'Istituto Comprensivo di Assemini ha dimostrato come, anche in una scuola media, sia possibile attivare processi educativi significativi con strumenti attuali e coinvolgenti.
Per la prima volta, la Regione Sardegna organizza una conferenza interamente dedicata all'immigrazione, con l'obiettivo di affrontare i cambiamenti demografici, costruire politiche inclusive e valorizzare il contributo delle comunità straniere attraverso il dialogo e la partecipazione attiva. Si terrà il 3 e 4 luglio a Olbia la prima Conferenza Regionale dell'Immigrazione organizzata dalla Regione Sardegna, un momento storico che sancisce una nuova fase di dialogo, ascolto e pianificazione condivisa. Il dottor Marco Sechi, responsabile delle politiche migratorie per l'Isola, spiega le motivazioni di questa iniziativa: dopo anni segnati da emergenze e da una gestione spesso reattiva, oggi c'è finalmente la possibilità di affrontare il fenomeno con uno sguardo strategico. Inclusione, reciprocità e partecipazione sono le parole guida, non solo per l'evento ma per la futura agenda politica regionale. La Sardegna, storicamente terra di emigrazione, è oggi anche terra di approdo e radicamento per oltre 55.000 cittadini di Paesi terzi, pari a circa il 3% della popolazione. Numeri contenuti rispetto alla media nazionale, ma in forte crescita e, soprattutto, significativi in termini di trasformazione sociale e culturale. Le comunità senegalesi, indiane, bangladesi e argentine sono tra le più rappresentate, e molte di esse sono ormai parte attiva della vita economica e sociale dell'Isola. Una conferenza partecipata: protagonisti migranti e territori La partecipazione attiva delle comunità migranti rappresenta uno dei cardini dell'evento. Non si tratterà di un semplice tavolo istituzionale, ma di un vero e proprio processo condiviso, già avviato dalla Regione nei mesi precedenti. Saranno presenti oltre dieci comunità straniere, amministrazioni locali, università, associazioni del terzo settore e rappresentanti delle categorie professionali. Il tema del lavoro emerge come priorità assoluta. L'inclusione socio-lavorativa rappresenta infatti la chiave per una vera integrazione, ma anche per affrontare un'altra emergenza: la mancanza di manodopera in molti settori produttivi. Le stime indicano che la Sardegna avrà bisogno nei prossimi mesi di migliaia di lavoratori, che attualmente non riesce a reperire. Investire sull'inclusione lavorativa dei migranti significa dunque anche sostenere lo sviluppo economico regionale. Durante la conferenza verranno presentati e discussi quattro documenti strategici su lavoro, salute, scuola e seconde generazioni. Temi cruciali per definire strumenti di intervento concreti. Gran parte delle risorse, come sottolinea Sechi, arrivano da fondi europei e ministeriali, un segnale importante della capacità della Regione di attrarre e gestire finanziamenti mirati. Costruire insieme il futuro: il valore della reciprocità L'obiettivo finale è chiaro: superare la logica emergenziale, valorizzare la reciprocità e riconoscere il contributo delle persone migranti non come utenti passivi, ma come attori protagonisti del cambiamento. Il 3 e 4 luglio a Olbia
Un viaggio nella memoria gastronomica di Portoscuso La scrittrice Mirella Calabrò ha dato vita a un'opera preziosa che celebra la cucina storica del pesce nel suo paese natale, Portoscuso, in Sardegna. Il libro, lungo 350 pagine, è una raccolta di ricette antiche tramandate oralmente dagli anziani del paese, molte delle quali rischiavano di essere dimenticate per sempre. Il tonno, re della cucina di Portoscuso Protagonista assoluto del volume è il tonno, pesce simbolo di Portoscuso, cucinato in ogni sua parte, seguendo una filosofia simile a quella del maiale: non si butta via nulla. La tradizione culinaria legata alla tonnara del XVII secolo è documentata in modo accurato e appassionato, arricchita da fotografie a colori che illustrano ogni ricetta e taglio. Tra le preparazioni più rappresentative troviamo: Tonno salato Lattume Pancia di tonno Gola e guance Ombelico Traggia e spinella Musciame Cuore di tonno Un lavoro corale di comunità e identità Oltre 100 persone hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto, offrendo ricordi, appunti di famiglia e consigli culinari. Il libro diventa così anche un documento sociale, un racconto corale che unisce le generazioni nel nome della cultura gastronomica sarda. Grande attenzione è stata data alla lingua: i nomi dei piatti e delle parti del tonno sono riportati sia in italiano che in sardo, per preservare la terminologia tradizionale e rafforzare il legame con le radici del territorio. Un patrimonio culturale da custodire e valorizzare Il volume non è solo un ricettario, ma un vero e proprio archivio di cultura materiale, ideale per chi ama la cucina del pesce, la tradizione marinara e le storie locali. Una testimonianza che arricchisce il patrimonio gastronomico della Sardegna e promuove la valorizzazione delle identità locali attraverso il cibo.
Nel cuore della scuola media Pascoli di Assemini nasce un laboratorio innovativo di podcasting, in cui ragazze e ragazzi apprendono strumenti digitali, scrivono testi originali e sviluppano competenze espressive e tecnologiche, contrastando la dispersione scolastica e scoprendo il potere della narrazione collettiva. Nel contesto del progetto “Nuove opportunità alla Pascoli: Uniti per Crescere!”, finanziato attraverso la linea M4C1I1.4 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per la riduzione dei divari negli apprendimenti e il contrasto alla dispersione scolastica, l'Istituto Comprensivo di Assemini (CAIC8AJ003) ha attivato un laboratorio di podcasting pensato per coinvolgere gli adolescenti in attività creative, inclusive e digitali. Il laboratorio, ideato per accompagnare gli studenti nella scoperta di nuovi linguaggi espressivi, ha offerto un'occasione concreta per imparare a comunicare, collaborare e riflettere sulla realtà che li circonda. Il percorso ha previsto un'introduzione al mondo dei podcast, con momenti di ascolto, confronto e analisi, per poi passare alla scrittura collettiva dei testi, alla registrazione vocale e infine all'editing audio con strumenti digitali. I ragazzi e le ragazze hanno così imparato a utilizzare software professionali di montaggio, familiarizzando con microfoni, cuffie, interfacce audio e programmi di post-produzione. L'obiettivo non era solo quello di imparare a produrre un contenuto, ma di farlo in modo consapevole, esercitando le capacità di racconto, di critica e di condivisione. Imparare con la voce: protagonisti di una narrazione condivisa Durante il laboratorio, ogni studente ha potuto esprimere sé stesso con modalità nuove, raccontando esperienze scolastiche, passioni personali, sogni e opinioni. Il microfono è diventato lo strumento attraverso cui imparare a dare forma alle emozioni, migliorare l'autostima e confrontarsi con gli altri in un clima di reciproco rispetto. Grazie a questa esperienza, si è lavorato anche su competenze trasversali fondamentali come l'ascolto attivo, il lavoro di gruppo, la gestione del tempo e l'uso consapevole della tecnologia. Il podcast si è rivelato un potente alleato nel ridurre il senso di isolamento, aumentare la partecipazione e migliorare il rapporto tra gli studenti e l'ambiente scolastico. Il progetto rientra a pieno titolo negli obiettivi del D.M. 19/2024, che mira a contrastare l'abbandono scolastico attraverso percorsi educativi innovativi e inclusivi. L'Istituto Comprensivo di Assemini ha dimostrato come, anche in una scuola media, sia possibile attivare processi educativi significativi con strumenti attuali e coinvolgenti.
Un viaggio tra difficoltà strutturali, sostenibilità ambientale, tutela del lavoro agricolo e internazionalizzazione delle eccellenze locali, raccontato da Andrea Tiso, presidente della Confeuro, ospite su Unica Radio. Oggi su Unica Radio torniamo a proporvi una delle interviste più significative del nostro archivio audio dedicato a chi lavora, innova e trasforma il nostro territorio. Parliamo con Andrea Tiso, presidente di Confeuro – la Confederazione degli Agricoltori Europei e del Mondo – per discutere di agricoltura sarda, infrastrutture carenti, crisi idrica, internazionalizzazione dei prodotti locali e lavoro agricolo dignitoso. Secondo Tiso, la Sardegna è oggi penalizzata da una carenza cronica di infrastrutture, in particolare strade e ferrovie interne, che ostacolano la logistica intermodale e rendono difficile il trasferimento dei prodotti dalle aree agricole verso porti e aeroporti. Questo problema incide fortemente sulla competitività dell'agricoltura isolana, che pure si distingue per produzioni di qualità, come il pecorino, gli agrumi, il miele e i vini autoctoni. Tra infrastrutture carenti e crisi idrica Un altro tema cruciale è la gestione idrica: gli invasi semivuoti, la dispersione d'acqua che supera il 50% e infrastrutture obsolete mettono in ginocchio il comparto agricolo. Confeuro propone investimenti straordinari nelle reti idriche, l'uso controllato di dissapatori (già presenti nell'isola) e un piano di conservazione dell'acqua piovana come priorità assoluta. Soluzioni sostenibili per agricoltura e suolo La PAC post-2027 (Politica Agricola Comune) rappresenta, secondo Tiso, un'occasione per integrare un terzo pilastro assicurativo volto a proteggere i piccoli agricoltori da eventi climatici estremi, sempre più frequenti in Sardegna. Proposte come indennizzi automatici, assicurazioni integrative e interventi diretti degli organismi pagatori regionali (come ARGEA) possono garantire continuità economica anche nei momenti critici. Sul fronte della sostenibilità, Confeuro punta su agroecologia e agricoltura rigenerativa, promuovendo pratiche rispettose dell'ambiente, del suolo e della biodiversità. La Sardegna, dove si perde oltre il 25% del suolo ogni anno, ha un grande bisogno di incentivi per queste tecniche, specie nelle aree marginali e interne. Il presidente Tiso ha sottolineato l'urgenza di valorizzare il lavoro agricolo stagionale e migrante con formazione linguistica, sicurezza sul lavoro certificata, e un piano “zero caporalato” che includa controlli mirati e penalizzazioni per chi non rispetta la dignità dei lavoratori. Per rilanciare l'agroalimentare sardo sui mercati internazionali, secondo Confeuro, servono tre azioni chiave: fiera internazionale a Cagliari, piattaforma e-commerce regionale e sinergia istituzionale per attrarre buyer stranieri. Solo investendo in infrastrutture, risorse idriche
I ragazzi di Radio Prof raccontano il presente con parole nuove, riflessioni sull'identità e curiosità linguistiche: un podcast tra slang, scuola e Costituzione Un podcast dinamico e creativo che esplora il linguaggio giovanile, i significati nascosti delle parole usate ogni giorno e l'esperienza di vivere su un'isola. In uno studio speciale allestito per il progetto “La radio che insegna”, i giovani speaker si alternano ai microfoni per dare voce a un mondo fatto di espressioni in evoluzione, social, realtà quotidiana e valori costituzionali. Un mix travolgente che coniuga formazione, partecipazione attiva e identità territoriale. Il cuore del podcast batte sulle parole dei ragazzi: termini come “blitz”, “follia”, “prime” e “crazy” diventano protagonisti di una ricerca linguistica condotta direttamente in classe. Blitz, ad esempio, non indica solo un'azione improvvisa, ma uno stratagemma tra amici per “spiare” in chiave sentimentale qualcuno. Un'espressione che racconta molto più di quello che sembra. Così come “follia”, spiegata tra ironia e senso di stupore, rimanda a tutto ciò che esce dagli schemi. Con ironia, spontaneità e competenza, i giovani speaker illustrano il loro vocabolario emotivo e sociale. L'isola, la Costituzione e un viaggio oltre il mare: lo sguardo critico degli studenti Nel podcast si affronta anche un tema centrale per i giovani sardi: vivere su un'isola. A partire dall'articolo 119 della Costituzione, che riconosce e valorizza le specificità territoriali, i ragazzi si interrogano sulle opportunità e le difficoltà legate all'insularità. Dal costo elevato dei viaggi alla difficoltà di partecipare a eventi fuori dalla Sardegna, emergono pensieri lucidi e personali. “Per andare a un concerto dobbiamo spendere anche 500 euro” racconta uno degli studenti, sottolineando come la mobilità giovanile rimanga una sfida concreta. Ma non mancano anche visioni positive: la scuola e i progetti culturali permettono di scoprire il mondo, come nel caso della visita a Roma o dell'intervista a una guida alla Domus Aurea. Il podcast è molto più di un esercizio scolastico: è una mappa audio delle emozioni, delle idee, dei sogni dei ragazzi. È uno spazio di espressione, dove ogni parola diventa ponte tra il presente e il futuro. L'obiettivo è chiaro: far emergere la voce delle nuove generazioni, valorizzando i loro saperi, la loro lingua e il loro punto di vista sul mondo.
Navigare da Cagliari a Palermo su una barca confiscata ai narcotrafficanti, trasformata in laboratorio itinerante per giovani del Centro di Giustizia Minorile: la Rotta Mediterranea della Legalità è un viaggio che ha unito storie, ricordi e speranze tra due sponde del Mediterraneo. La voce è quella di Antonello Caria, vicepresidente dell'Associazione Sicurezza Partecipata e Sviluppo, intervistato da Unica Radio. Con entusiasmo e passione, racconta l'essenza del progetto “Rotta Mediterranea della Legalità”, nato dall'intuizione condivisa con Maria Albanese a Palermo, durante una presentazione pubblica. L'idea si è presto trasformata in un laboratorio dinamico, un'esperienza educativa in mare aperto, che ha coinvolto giovani in carico alla giustizia minorile in un percorso di formazione, ascolto e consapevolezza civile. Parole, onde e memoria: un viaggio che insegna a cambiare rotta Il cuore del progetto è la barca a vela “Samurai Jack”, un'imbarcazione sequestrata ai trafficanti di droga e restituita alla collettività come strumento di inclusione sociale. Su quella barca, salpata da Cagliari il 24 giugno, hanno navigato insieme educatori, volontari e due giovani partecipanti, fino a giungere a Palermo il 26 giugno, data simbolica che coincide con la Giornata Internazionale contro l'abuso e il traffico illecito di droga. Insieme, hanno attraversato le acque che separano — e uniscono — le città di Emanuela Loi e Paolo Borsellino, entrambi vittime della strage di via D'Amelio. Ed è proprio lì, in via D'Amelio, che l'equipaggio ha deposto una corona a forma di timone, simbolo di direzione e coscienza civile. Durante la traversata, i giovani hanno preso parte a letture, riflessioni e registrazioni podcast, disponibili online sul sito www.larottamediterraneadellalegalita.it. La barca è diventata maestra di vita, insegnando rispetto, collaborazione e capacità di affrontare insieme le difficoltà. La frase simbolo dell'iniziativa, coniata da Simone Camba – “Il mare unisce ciò che la terra divide” – è diventata il filo conduttore del progetto e della puntata di Bee Podcast. Memoria operante, giovani e un'altra idea di futuro «Non vogliamo solo ricordare — spiega Caria — ma costruire una memoria operante, che possa guidare il presente e il futuro attraverso azioni concrete, simboli e parole cariche di significato». L'obiettivo dichiarato è trasmettere ai giovani il valore della legalità democratica, non come concetto astratto, ma come insieme di gesti e responsabilità condivise. La Rotta Mediterranea ha coinvolto attivamente anche istituzioni, magistrati, educatori e forze dell'ordine, tra cui il Centro Studi Borsellino, il Comune di Palermo – in particolare l'Ottava Circoscrizione – e figure come il magistrato Vittorio Teresi e il Questore di Palermo Vito Calvino.
Un impegno collettivo per mettere la persona al centro della cura: a Cagliari nasce una nuova alleanza per affrontare la sclerosi multipla con maggiore empatia, partecipazione e giustizia sociale In un momento storico in cui la medicina si confronta sempre più con l'urgenza di umanizzare la cura, da Cagliari arriva un segnale forte: dieci impegni concreti per migliorare la vita delle persone con sclerosi multipla e delle loro famiglie. Un'iniziativa che nasce da un'esigenza reale e condivisa: ripensare la sanità non solo come macchina di diagnosi e terapia, ma come sistema che ascolta, accoglie e accompagna chi vive una patologia cronica complessa. A promuovere questo patto sociale sono professionisti, pazienti, caregiver e istituzioni, uniti da una convinzione comune: nessuno dovrebbe sentirsi solo nel percorso di cura. La sclerosi multipla colpisce oltre 1.500 persone in Sardegna, una delle regioni con la più alta incidenza in Italia. Eppure, troppo spesso, chi convive con questa malattia si scontra con ostacoli, solitudine, difficoltà burocratiche e una sanità che non sempre sa rispondere con tempi e modi adeguati. Il documento dei dieci punti, redatto e condiviso pubblicamente a Cagliari, chiede un cambio di paradigma: non più pazienti trattati come numeri o casi clinici, ma cittadini con una storia, dei bisogni, dei sogni. Dieci punti per cambiare la rotta: dalla diagnosi al sostegno psicologico, un nuovo modello possibile Il cuore del patto ruota intorno a dieci azioni fondamentali. Si parte dal diritto a una diagnosi rapida e chiara, per poi sottolineare l'importanza della presa in carico multidisciplinare, del sostegno psicologico, della continuità assistenziale e di un sistema sanitario che agisca per davvero come rete. L'accesso semplificato alle cure, l'eliminazione delle liste d'attesa per esami e terapie, la valorizzazione del ruolo del caregiver e una comunicazione empatica sono solo alcune delle richieste emerse. C'è anche spazio per l'inclusione lavorativa, l'autonomia personale e il riconoscimento del vissuto dei pazienti come parte integrante della terapia. Le associazioni che hanno aderito chiedono un dialogo stabile con la sanità pubblica e un investimento concreto in formazione professionale per il personale medico e sanitario. L'obiettivo non è soltanto garantire una buona cura, ma costruire un clima di fiducia, prossimità e comprensione. Cagliari come laboratorio di buona sanità: quando il territorio diventa alleato delle persone Cagliari diventa così il punto di partenza di un modello replicabile: un patto che può ispirare altre città e regioni. Non si tratta di un'iniziativa simbolica, ma di una presa di posizione concreta per cambiare i processi e mettere le persone al centro. Una sanità più umana è possibile solo se chi la vive in prima persona viene ascoltato e coinvolto nelle scelte. Il messaggio lanciato da Cagliari parla di responsabilità collettiva, e coinvolge medici, infermieri, amministratori, famiglie e pazienti. Tutti chiamati a fare la propria parte.
Dal 28 giugno Sanluri si trasforma in un grande accampamento medievale: documenti inediti, rievocazioni e un racconto di Gianni Mereu che parte dal 1409 per arrivare all'Italia unita. Ogni anno Sanluri si prepara a rivivere il passato con la rievocazione storica della battaglia del 1409, un evento che non è soltanto spettacolo, ma anche memoria attiva e identità collettiva. Quest'anno, con la XIV edizione, il cuore dell'iniziativa sarà ancora una volta la voce appassionata di Gianni Mereu, studioso e ricercatore che da anni scava negli archivi storici della Corona d'Aragona per riportare alla luce una storia dimenticata. Mereu racconta come, nel 1996, il ritrovamento di alcuni documenti negli archivi di Barcellona abbia rivelato un'immagine più complessa e strutturata di Sanluri e della sua battaglia. Non si trattava di uno scontro marginale, ma di un momento chiave per la trasformazione del Giudicato di Arborea e per l'affermazione del Regno di Sardegna come primo nucleo istituzionale dello Stato italiano. Secondo Mereu, la battaglia non segnò la fine del giudicato, ma fu l'inizio di un lungo processo politico e culturale, che avrebbe portato, tre secoli dopo, all'Unità d'Italia. Un archivio umano di storie: prigionieri, atti notarili e la figura della "Bella di Sanluri" Durante il convegno del 28 giugno, ospitato nel suggestivo castello aragonese di Sanluri, verranno presentati documenti originali, tra cui atti notarili relativi alla vendita di prigionieri catturati dopo l'assalto al borgo da parte della fanteria catalana. Sono testimonianze che mettono in luce episodi di deportazione, schiavitù e scelte politiche cruciali per la Sardegna e per l'intero Mediterraneo del tempo. Tra i documenti più toccanti, Mereu cita la vendita di una bambina di sette anni, Elena, acquistata da un chierico catalano con la promessa di sepoltura in terra consacrata. Ma anche la storia della misteriosa “Bella di Sanluri”, figura centrale in una rete di lettere e testimonianze, amata da Martino il Giovane e testimone silenziosa di un passaggio storico epocale. Questi racconti non sono leggende, ma emergono da lettere conservate negli archivi di Barcellona, Alghero e perfino dal Vaticano. La storia sarda come culla dell'Italia unita: un racconto da riconoscere e valorizzare Per Mereu, la battaglia di Sanluri non deve restare un fatto locale. È l'avvio di una narrazione politica più ampia, quella del Regno di Sardegna come stato fondante dell'Italia unita. La continuità istituzionale che parte dal 1324, passa per Carlo Alberto e arriva fino alla Repubblica Italiana, non si è mai interrotta. Da qui nasce la provocazione storica dello studioso: “Prima che i sardi diventassero italiani, tutti gli italiani erano sardi”. È dunque essenziale, secondo Mereu, che la Sardegna si riappropri di questo ruolo nella storia nazionale, valorizzandolo nelle scuole, nei musei, nelle istituzioni. Solo così potrà smettere di essere vista come un'isola ai margini e diventare a pieno titolo crocevia della storia italiana.
Dalla batteria al canto, dal Conad Jazz al Siren Festival: Evita Polidoro racconta la sua musica fatta di ricordi, sperimentazione e connessioni umane profonde. Oggi su Unica Radio abbiamo incontrato Evita Polidoro, una delle voci più originali del panorama jazz italiano contemporaneo. Musicista, cantante e artista visiva, Evita ha saputo creare un linguaggio personale che unisce suoni e immagini, emozione e sperimentazione. Il suo progetto "Nero Vivo" rappresenta una sintesi potente di questi elementi, un diario emotivo in musica che attraversa affetti, malinconie e memorie condivise. “Nasco come batterista”, ci racconta, “e il canto è arrivato dopo”. Una crescita artistica in continua evoluzione, che dal Conad Jazz Contest oggi la porta sul prestigioso palco del Siren Festival. Il progetto "Nero Vivo", inizialmente concepito come trio strumentale, oggi si apre a nuovi orizzonti cantautorali e sonorità più intime e rock. Nero Vivo: tra suoni, immagini e ricordi Per Evita, la musica è inseparabile dalle immagini. Il video di Extra-Ordinary, realizzato con Agnese Zingaretti, è una “capsula del tempo” in cui ogni frame riflette il senso profondo del brano: l'idea che anche nel dolore e nella perdita, la vita resta straordinaria. Una riflessione poetica sulla memoria e sul lasciar andare, resa ancora più potente dalla sinergia tra suono e visione. Il gruppo di musicisti che la accompagna nasce da legami umani profondi, prima ancora che artistici. “Ci ascoltiamo tanto e ci travolgiamo a vicenda con l'ispirazione del momento”, dice. Il risultato è una musica autentica, che risuona nel pubblico con una forza personale rara. Siren Festival e futuro internazionale Partecipare al Siren Festival rappresenta un punto di svolta: “È elettrizzante e spaventoso insieme”, ammette. Evita oggi si presenta con maggiore consapevolezza, pronta a portare la sua arte verso nuovi scenari internazionali, mescolando italiano e inglese senza forzature. Il futuro? “Roseo e in movimento”, risponde con un sorriso. E noi, dopo questa conversazione, non abbiamo dubbi: Evita Polidoro è un'artista da ascoltare con il cuore aperto.
Nel suo romanzo "Nero di Klimt, l'autrice Manuela Sitzia intreccia realtà e finzione, affrontando tematiche complesse come il suicidio, il dolore dei sopravvissuti e la possibilità di rinascita attraverso la scrittura e la memoria. Manuela Sitzia, autrice sarda e voce emergente nel panorama del noir italiano, racconta con coraggio e profondità il dolore, il lutto e la resilienza umana nel suo romanzo d'esordio Nero di Klimt. Finalista al prestigioso Premio InediTo, l'opera si ispira a un furto d'arte realmente avvenuto a Piacenza e si muove con passo deciso tra cronaca nera e introspezione psicologica. Durante l'intervista l'autrice spiega come la scrittura del romanzo sia stata per lei una vera e propria esperienza terapeutica. Il testo nasce da una profonda riflessione personale sul suicidio, il dolore dei sopravvissuti e la possibilità di trasformare la sofferenza in consapevolezza. La sua formazione universitaria, incentrata sul tema del lutto, ha giocato un ruolo determinante nel delineare l'impianto emotivo e simbolico del romanzo. "Nero di Klimt" non è solo un noir a tinte oscure, ma un viaggio umano che sfida i lettori ad affrontare le proprie fragilità. Sitzia sottolinea come la cultura sarda, con la sua visione intima del dolore e della comunità, abbia fortemente influenzato la narrazione, rendendola ancora più autentica e coinvolgente. Secondo Sitzia, accettare e condividere la propria vulnerabilità può diventare un atto rivoluzionario. La fragilità, infatti, non è debolezza, ma ponte verso l'altro: un mezzo per costruire relazioni più sincere, empatiche e umane. Attraverso i suoi personaggi tormentati e credibili, l'autrice dimostra come si possa resistere al dolore e persino crescere grazie ad esso. Scrivere per rinascere Nel suo romanzo Nero di Klimt, Manuela Sitzia affronta con intensità temi complessi e profondamente umani come il lutto, il suicidio, il dolore psichico e la resilienza emotiva. L'opera si ispira a un reale furto d'arte avvenuto a Piacenza, ma si arricchisce di significati più profondi grazie al legame dell'autrice con le proprie radici culturali sarde e alla consapevolezza maturata attraverso gli studi sul lutto. La scrittura stessa diventa una forma di terapia, un mezzo per rielaborare la sofferenza e darle voce. Nero di Klimt si configura così non solo come un romanzo noir appassionante, ma anche come una finestra aperta su una delle sfide più intime dell'essere umano: trasformare il dolore in rinascita.
L'artista contemporaneo Mariano Chelo originario di Bosa sceglie la via dell'arte abbandonando il percorso classico. Si forma a Cagliari città in cui scopre il suo linguaggio espressivo fondendo segno materia e visione con forte identità sarda. Nato il 27 maggio 1958 a Bosa, nel cuore della costa occidentale della Sardegna, l'artista Mariano Chelo respira sin da giovane un ambiente ricco di tradizioni e suggestioni visive. Cresce tra il mare e la pietra, tra la luce intensa del Mediterraneo e le ombre della storia locale. Questo equilibrio tra natura e cultura accende presto la sua curiosità verso l'arte. Dopo un primo approccio agli studi classici, il giovane Chelo sente il richiamo dell'espressione visiva e lascia il liceo tradizionale per inseguire una formazione più aderente alla sua sensibilità. Si trasferisce a Cagliari, città che in quegli anni vive una vivace stagione culturale. Qui si iscrive al liceo artistico e scopre un mondo fatto di linee, colori e volumi. L'ambiente scolastico lo stimola a cercare una voce personale, e i suoi lavori cominciano a distinguersi per la forte carica simbolica e per l'uso audace dei materiali. La città di Cagliari, con i suoi contrasti urbanistici e il fermento delle sue gallerie indipendenti, diventa un punto di riferimento e uno spazio fertile per la crescita artistica del giovane Chelo. Le esperienze maturate in questo contesto segnano per sempre la sua ricerca, che affonda le radici nella terra ma guarda all'astrazione e all'universalità del gesto. Segno e radici: la poetica di Mariano Chelo Nel lavoro di Mariano Chelo, l'identità sarda emerge attraverso una continua tensione tra la memoria e il presente. Le sue opere parlano il linguaggio del silenzio e della materia, ma lo fanno con forza e intensità. I materiali che utilizza evocano la sardegna rurale e arcaica, ma vengono manipolati con una sensibilità che rivela una profonda conoscenza dell'arte contemporanea. Non a caso, l'artista prende parte a numerose mostre e progetti legati al territorio, spesso in collaborazione con associazioni culturali sarde e realtà attive nella promozione dell'arte visiva. La produzione di Chelo non si limita alla scultura: nel suo percorso si trovano disegni, installazioni e interventi ambientali che dialogano con gli spazi e le architetture. Il suo segno grafico si rivela essenziale ma incisivo, quasi rituale. Attraverso la sua arte, Chelo costruisce un ponte tra le tradizioni ancestrali della sua terra e le domande esistenziali dell'uomo contemporaneo. Ogni opera si configura come una meditazione sulla forma, sul tempo e sulla permanenza. Il radicamento a Bosa, la formazione a Cagliari, e il legame con la Sardegna rappresentano non solo la geografia del suo vissuto, ma
Lorenzo Masini, in arte Maseeni, unisce cantautorato ed elettronica in una ricerca musicale intensa e personale. Il 13 luglio si esibirà al Siren Festival di Cagliari. Lorenzo Masini, in arte Maseeni, è un giovane artista romano classe 1994 che porta in scena un progetto nato da un'esigenza profonda: comunicare in italiano, attraverso una fusione di cantautorato contemporaneo de elettronica sperimentale. La sua musica è un viaggio tra generi e sentimenti, difficile da incasellare in una definizione rigida. Maseeni rifiuta di essere identificato con un genere specifico. Cresciuto tra blues, jazz, rock ed elettronica, ha scelto di creare un linguaggio personale che cambia canzone dopo canzone. Il suo è un racconto in note, in continuo divenire, alimentato dalla voglia di emozionare senza filtri. "Canzoni d'amore del terzo tipo": un concetto oltre le parole Il suo primo album, Canzoni d'amore del terzo tipo, è un'esplorazione delle sfaccettature dell'amore. Un titolo ironico, ma anche rivelatore: Maseeni riflette sul rischio di imprigionare i sentimenti nelle parole, lasciando che sia la musica a raccontarli con più verità. Alcuni brani, come Mi Hai Lasciato Solo il Cane sono legati a esperienze personali forti, mentre altre come Superblu sono nate in Sardegna. E proprio in Sardegna, Maseeni tornerà il 13 luglio, esibendosi per la prima volta al Siren Festival di Cagliari. Un'occasione speciale in un contesto ricco di arte e contaminazioni. Dal vivo, tra emozione e connessione autentica Sul palco, Maseeni vive un rapporto diverso con le sue canzoni. È lì che le emozioni si amplificano, e che l'artista riesce a trasmettere qualcosa che va oltre la registrazione. “Dal vivo riesco a dare più di ciò che c'è su disco”, racconta. Per lui, l'esibizione è il momento in cui la musica prende senso pieno. Il Seren Festival rappresenta l'occasione ideale per condividere con il pubblico la sua visione: emozioni vere, non numeri o classifiche. Nuovi brani e un album in arrivo il 3 luglio Guardando al futuro, Maseeni conferma l'uscita imminente del suo secondo album, atteso per il 3 luglio. Un disco già rodato dal vivo, che rappresenta un nuovo capitolo nella sua evoluzione artistica. Due singoli hanno già anticipato il lavoro, disponibile presto su tutte le piattaforme, anche se, come sottolinea lui stesso, “la musica non può ridursi a numeri”. Il futuro di Maseni è fatto di emozioni, sperimentazioni e concerti intensi. E il Seren Festival sarà solo l'inizio di un nuovo viaggio.
Una giovane imprenditrice di Cagliari appassionata di moda e vintage attenta all'ambiente porta avanti un progetto che coniuga creatività sostenibilità e tendenze trasformando capi second hand in vere e proprie opere d'arte da indossare. La nascita di un brand che sfida la moda convenzionale Urban Pep nasce da un'intuizione e dalla passione di una giovane imprenditrice che, con determinazione, decide di sfidare le convenzioni del mondo della moda. Fin da ragazzina, il rapporto di Urban Pep con l'abbigliamento è sempre stato speciale. La fondatrice, cresciuta in una famiglia di commercianti di streetwear, respira fin da piccola l'aria di un business in continua evoluzione, amando il vintage. Ma la vera svolta arriva quando, esplorando per la prima volta un mercatino vintage, si innamora dei pezzi unici e della loro storia. Da quel momento, la passione per il vintage diventa un chiodo fisso, dando vita a una vera e propria missione: salvare capi dismessi, dando loro nuova vita e restituendo loro un valore che spesso viene dimenticato nel frenetico mondo della moda fast fashion. Il processo che caratterizza la nascita di Urban Pep non si limita a una semplice scelta estetica, ma risponde a un'urgenza ambientale. "Volevo fare qualcosa di diverso", spiega la fondatrice. Il settore della moda è infatti uno dei più inquinanti al mondo, e il suo obiettivo è quello di sensibilizzare i consumatori sulla necessità di recuperare e riciclare invece di produrre nuovi capi. Dopo aver concluso gli studi in Economia, decide che è il momento giusto per dare vita al progetto e lanciare il suo brand. L'approccio sostenibile di Urban Pep: dalla selezione alla creazione Ogni collezione di Urban Pep nasce da una selezione accurata di capi vintage provenienti da ogni angolo del mondo. La creazione delle collezioni si basa sulla personalità della fondatrice, che mescola lo stile romantico con tessuti ricercati. "Quello che cerco di ricreare è un look unico, con colori vivaci e dettagli che raccontano una storia", racconta. Una volta selezionati, i capi vengono quindi accuratamente smistati e, in alcuni casi, modificati per essere adattati alle esigenze del mercato. Un aspetto che distingue Urban Pep dalla concorrenza è il processo creativo che permette di adattare i capi alle richieste della clientela, rendendo ogni pezzo unico. I modelli principali, come le camicie e gli chemisier, vengono perciò realizzati con tessuti provenienti da abiti vintage degli anni '60 e oltre, ma la novità è che ogni cliente ha la possibilità di creare un capo personalizzato, su misura. Urban pep: un brand che supera le barriere culturali La strada per il successo non è stata facile. All'inizio, infatti, la giovane imprenditrice ha dovuto affrontare delle difficoltà legate a
L'11 luglio l'Arena Fiera ospiterà i Calibro 35 per un live multimediale all'interno del Siren Festival. Il polistrumentista Enrico Gabrielli parla della loro musica tra noir sonori, visual sperimentali e riflessioni sull'intelligenza artificiale. I Calibro 35 tornano in Sardegna per un atteso appuntamento live l'11 luglio all'Arena Fiera di Cagliari, in occasione del Siren Festival. Il gruppo, tra i nomi di riferimento della musica strumentale italiana, presenterà uno spettacolo interamente rinnovato, fortemente legato all'immaginario cinematografico e al loro ultimo lavoro discografico “Exploration”. A raccontare il ritorno isolano è Enrico Gabrielli, che ai microfoni di Unica Radio ha condiviso ricordi personali e riflessioni artistiche, parlando del legame con l'Isola, della nuova dimensione creativa della band e del futuro della musica nell'epoca dell'intelligenza artificiale. Gabrielli descrive la Sardegna come una terra “ammantata di leggenda”, non solo per le bellezze naturali ma per il forte legame emotivo che lui stesso ha con l'Isola, grazie alla presenza di amici stretti e a ricordi di concerti precedenti. Il live di luglio promette di essere un'esperienza sensoriale immersiva, costruita su un nuovo equilibrio tra musica jazz, groove funk e visual art. Le proiezioni saranno curate da Matteo Castiglioni, anche tastierista dei Murena, definito da Gabrielli “formidabile” per capacità immaginifica e creatività visiva. Questa commistione tra suono e immagine rappresenta un ulteriore passo nella sperimentazione multimediale dei Calibro 35. Tra colonne sonore immaginarie, nuove serie tv e riflessioni sul tempo Il nuovo album “Exploration” segna per la band milanese un ritorno alle origini, dopo anni passati a comporre musiche originali per serie tv e film. Tra i progetti più impegnativi in corso, Gabrielli menziona il remake di Sandokan per la Rai, una produzione che ha richiesto più di due anni di lavoro. “Exploration” si configura così come una sorta di “lettino di psicanalisi” sonoro, un esercizio di autoriflessione collettiva che aiuta i musicisti a mappare la propria identità e a ridefinire il proprio linguaggio musicale, libero dalla costrizione delle parole e delle etichette. Gabrielli sottolinea come l'assenza del testo cantato permetta alla musica dei Calibro 35 di viaggiare senza confini, trovando spazio anche nei media internazionali, come accaduto con la BBC. La loro musica è stata utilizzata per trasmissioni come il “Match of the Day”, confermando la forza narrativa della componente strumentale. Di fronte all'epoca digitale e alla standardizzazione algoritmica dell'ascolto, i Calibro 35 restano ancorati a una visione artigianale della musica, consapevoli del fatto che ciò che resta nel tempo spesso sfugge alla logica dell'“usa e getta”. Un collettivo fluido tra progettualità, talento e consapevolezza tecnologica A tenere unita la band è una progettualità concreta, secondo Gabrielli. Ogni membro dei Calibro 35, da Tommaso Colliva a
Nel cuore del Sulcis, un piccolo paese si trasforma ogni anno in una capitale del blues internazionale, grazie a Narcao Blues, il festival più longevo della Sardegna e tra i più importanti d'Italia. Con Francesco Musa, presidente del festival, esploriamo il dietro le quinte di un progetto culturale che da 35 anni unisce musica, comunità e visione. Oggi parliamo con Francesco Musa, presidente di Narcao Blues, il festival internazionale che da ben 35 anni anima il Sulcis e porta in Sardegna alcuni tra i più grandi nomi del panorama blues mondiale. Un traguardo che rende il festival il più longevo della Sardegna e uno dei più solidi in Italia e in Europa. “Trentacinque anni fa era un progetto visionario – racconta Musa – oggi è una realtà concreta che continua a crescere. Essere presenti sul territorio con una proposta musicale di qualità ci rende fieri.” Fin dalla prima edizione, la direzione artistica è curata da Gianni Melis, che ogni anno lavora per portare a Narcao artisti di altissimo livello, spesso provenienti dagli Stati Uniti, che rappresentano circa l'80% del cartellone. Un lavoro che richiede competenze organizzative, spirito di adattamento e, soprattutto, tanta passione. “Ogni anno cerchiamo di far coincidere i nostri sogni con la realtà del mercato musicale. È un gioco di incastri tra artisti in tour in Europa e le possibilità logistiche della nostra isola.” Narcao Blues è molto più di un evento musicale: è un'esperienza culturale e sociale, una “finestra sul mondo” per chi vive in Sardegna. È anche un'opportunità per i giovani di scoprire un genere musicale fondativo, come il blues, da cui discendono rock, soul, R&B e molto altro. “Il pubblico lo definisce un catino rovente – spiega Musa – non solo per il caldo estivo, ma per l'atmosfera intima e coinvolgente della piazza. E per quattro giorni Narcao diventa davvero una piccola New Orleans.” Il festival coinvolge soprattutto un pubblico adulto, ma non mancano i giovani, molti dei quali cresciuti insieme alla manifestazione. Per incentivare le nuove generazioni, quest'anno i minori di 16 anni entreranno gratuitamente. Le sfide? Tanti gli ostacoli organizzativi: dai problemi di trasporto agli alti costi logistici legati all'insularità. Ma la qualità artistica non viene mai sacrificata. Il programma del 2025 si annuncia memorabile, con nomi come Jimmie Vaughan in esclusiva nazionale. “Chi ama la musica non può mancare. E a chi pensa di non essere appassionato di blues dico: venite almeno una volta. Non lo dimenticherete più.”
Il professore di economia politica Francesco Schettino, racconta il suo ultimo libro Socializzare i Profitti: un saggio che affronta in profondità le disuguaglianze strutturali del capitalismo, la crisi del lavoro e la necessità di ripensare l'economia politica per renderla accessibile e trasformativa per tutti. Francesco Schettino, professore di economia politica all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, torna alla ribalta con un nuovo saggio: Socializzare i Profitti. Il libro si propone di smontare la narrazione dominante dell'economia e renderla finalmente accessibile e utile alle persone comuni. Una delle tappe di presentazione del libro sarà al Circolo Gramsci di Cagliari : giovedì 19 giugno alle ore 18.00, in occasione dell'evento dedicato al pensiero critico sull'economia contemporanea. L'incontro è promosso dalla Scuola di formazione politica Joyce Lussu e rappresenta un'occasione di confronto su un tema cruciale del nostro tempo: la necessità di ridefinire le leggi generali dell'economia politica in un'epoca segnata da crisi ecologiche, disuguaglianze crescenti e ridefinizione del lavoro Schettino parte da un'idea semplice, ma rivoluzionaria: l'economia ci riguarda tutti, ogni giorno. Eppure viene presentata come una disciplina tecnica, astratta, inaccessibile. Socializzare i Profitti non è solo un testo divulgativo. È un atto politico. L'autore smaschera l'ideologia neoliberista, fondata sull'idea che “non esistano alternative” (TINA – There Is No Alternative, secondo Margaret Thatcher). E propone invece un ribaltamento del paradigma: riappropriarsi collettivamente del valore prodotto. Schettino denuncia il profitto come espressione del dominio di una classe sull'altra. Non come semplice conseguenza del merito o dell'efficienza. Mostra come la disuguaglianza non sia un'anomalia del capitalismo, ma una sua componente strutturale. Nel libro non ci sono formule magiche, ma strumenti, riflessioni, percorsi collettivi di consapevolezza e cambiamento. Centrale è l'idea di rimettere in discussione un principio oggi dominante: i profitti restano privati, mentre le perdite si scaricano sulla collettività.
Un percorso educativo tra disabilità visiva, relazioni orizzontali e natura, promosso a Cagliari da Punti di Vista con il supporto dell'Osservatorio Astronomico e della Chiesa Valdese. Martina Balloi, coordinatrice del progetto Mizar, ha raccontato ai microfoni di Unica Radio un'esperienza capace di unire giovani con e senza disabilità visiva in un percorso di crescita autentica. Il progetto, nato in Sardegna grazie all'associazione Punti di Vista, è stato finanziato con i fondi dell'otto per mille della Chiesa Valdese e ha coinvolto partner come l'Osservatorio Astronomico di Cagliari e realtà impegnate nella divulgazione inclusiva. La seconda edizione di Mizar è nata da un desiderio espresso direttamente dai ragazzi che avevano partecipato alla prima: allargare il gruppo, viaggiare, incontrare nuove persone e vivere nuove esperienze inclusive. Grazie al sostegno della Chiesa Valdese e alla rete di relazioni costruita sul territorio e oltre i confini regionali, il progetto ha potuto espandersi, coinvolgendo nuove città e nuovi osservatori, tra cui quello di Medicina. La forza dell'ascolto attivo, la guida dei ragazzi e la rete di collaborazioni Uno degli elementi più innovativi di questa edizione è stato il ruolo attivo dei partecipanti della prima edizione nella formazione dei nuovi arrivati. I ragazzi hanno condotto direttamente gli incontri introduttivi, spiegando tecniche di accompagnamento e condivisione delle esperienze. Questo approccio ha rafforzato l'autonomia personale e la consapevolezza, trasformando Mizar in una vera palestra relazionale. Il viaggio a Bologna ha rappresentato un punto di svolta: vivere giornate intere insieme, condividere spazi e tempi, ha permesso ai partecipanti di approfondire le relazioni, superare timori e creare legami profondi. Le amicizie nate, i racconti condivisi, l'aiuto reciproco sono diventati testimonianza concreta di come l'inclusione sociale possa essere reale e quotidiana. Educazione all'inclusione, formazione all'autonomia e centralità delle emozioni familiari Mizar si distingue per l'attenzione alla scelta consapevole degli spazi e per l'impegno nella sensibilizzazione. L'inclusione non è un concetto astratto ma si realizza nella pratica: nelle attività in natura, nei laboratori, nell'uso dei mezzi pubblici, nella quotidianità condivisa. Anche le famiglie hanno partecipato attivamente, raccontando i cambiamenti osservati nei propri figli e contribuendo a costruire un clima accogliente e rispettoso. Il progetto ha avuto anche un impatto formativo sui partecipanti vedenti, che oggi mostrano maggiore consapevolezza e attenzione verso le esigenze delle persone cieche o ipovedenti. La creazione di un gruppo WhatsApp inclusivo, una richiesta inizialmente ritenuta difficile, è ora diventata una consuetudine accettata e vissuta con naturalezza. Guardando al futuro, Martina Balloi ha anticipato che la terza edizione di Mizar sarà costruita insieme ai ragazzi, come sempre. Al centro ci sarà il desiderio di esplorare nuovi ambienti naturali, continuare a promuovere la crescita personale e rafforzare le relazioni orizzontali, sempre all'insegna dell'ascolto e della co-progettazione.
Come il progetto Challenge ha coinvolto giornalisti, studenti, ONG e radio universitarie per promuovere una narrazione più consapevole sull'agroecologia e la sostenibilità ambientale, in Italia e in Africa occidentale. Riascolta il webinar. La formazione dei giornalisti ha rappresentato uno dei punti centrali del progetto, con un ciclo di webinar organizzati in collaborazione con l'Ordine dei Giornalisti della Sardegna. L'obiettivo era rafforzare la capacità degli operatori dell'informazione nel trattare con competenza e rigore tematiche complesse come la giustizia alimentare, la sovranità dei semi, il diritto al cibo sano e le politiche agricole globali. Una rete per costruire nuove narrazioni ambientali Il progetto Challenge ha coinvolto sette regioni italiane e diversi partner tra cui Deafal, ACRA, Manitese, Open Impact, Reattiva e Terra Nuova. In Sardegna, grazie alla collaborazione con Unica Radio e l'Università di Cagliari, è nata una serie di podcast realizzati da studenti tirocinanti, per raccontare buone pratiche locali legate all'agroecologia. Il percorso ha incluso anche attività educative nelle scuole, festival tematici, campagne social con influencer ambientali e laboratori partecipativi. Tutto questo per raggiungere tre pubblici chiave: giovani e docenti, attori del sistema agroecologico e cittadini-consumatori. Durante i seminari, esperte come Paola De Meo e la giornalista Monica Di Sisto hanno ribadito l'importanza di una comunicazione che sappia evitare le banalizzazioni, che approfondisca i dati e che utilizzi gli strumenti della narrazione visiva e sonora per favorire l'accesso consapevole all'informazione. Una sfida educativa e democratica per la cittadinanza globale Oggi, in un contesto segnato da cambiamenti climatici, disinformazione e crisi del giornalismo generalista, progetti come Challenge indicano una direzione: promuovere la cultura agroecologica come spazio di partecipazione e cittadinanza. Cagliari è tra le città che hanno avviato politiche urbane del cibo, segnale di una crescente attenzione istituzionale. L'agroecologia, come hanno sottolineato i relatori, non è un ritorno al passato, ma un modello resiliente, sostenibile e giusto, in grado di produrre benefici ambientali, economici e sociali. Ed è proprio attraverso una comunicazione responsabile e accessibile che possiamo contribuire a renderla parte del discorso pubblico quotidiano.
Il Consorzio di Bonifica della Sardegna Meridionale apre le porte agli studenti per far conoscere il ciclo dell'acqua, il funzionamento degli impianti di irrigazione e l'importanza della gestione consapevole delle risorse idriche in agricoltura. In occasione della Settimana Nazionale della Bonifica e dell'Irrigazione, il Consorzio di Bonifica della Sardegna Meridionale organizza un evento speciale. Più di 80 bambini delle scuole primarie di Domusnovas, Villacidro e Villamassargia visiteranno l'impianto di Is Forreddus a Quartucciu. L'iniziativa si svolgerà il 22 e 23 maggio. L'obiettivo è far conoscere ai giovani il valore dell'acqua. Si parlerà del ciclo dell'acqua e del funzionamento degli impianti di irrigazione. I tecnici del Consorzio mostreranno due tipi di irrigazione: a goccia e per aspersione. Gli studenti vedranno in azione pompe, trince ed escavatori. Questi strumenti sono fondamentali per la manutenzione del territorio. Il presidente Efisio Perra sottolinea l'importanza di educare i ragazzi alla tutela dell'acqua. “L'acqua è un bene prezioso da salvaguardare”, dice. Il risparmio idrico è fondamentale nella vita di tutti i giorni. Anche l'acquisto consapevole di cibo e il rispetto della stagionalità aiutano a proteggere le risorse. Tutto parte dal lavoro che si fa nei campi. La direttrice generale Patrizia Mattioni parla anche della sicurezza. L'amianto, usato un tempo nelle condotte, è pericoloso. Il Consorzio spiega come smaltirlo e bonificare in sicurezza. L'evento è un'opportunità importante. Gli studenti imparano il ruolo del Consorzio e la gestione dell'acqua sul territorio. Anna Maria Leonhttps://www.cbsm.it/e, responsabile dell'iniziativa, ricorda: “L'acqua va preservata per il futuro della nostra terra e dei nostri ragazzi.”
Dal banco alla radio, nove ragazzi e ragazze di terza media raccontano il progetto Iscentzias. Scienze, tecnologia, italiano e matematica per affrontare parità, identità culturale e lotta al razzismo. Il racconto partiva dall'aula dell'Istituto Puxeddu di Villasor, dove sei maschi e tre femmine di diversa provenienza culturale sperimentavano quotidianamente la convivenza multiculturale. Durante il progetto Iscentzias, i docenti proponevano schede di autodescrizione, giochi di ruolo e la celebre “battaglia a griglia”, un esercizio al computer che chiedeva di indovinare caselle e rispondere a quesiti sulla parità di genere. I ragazzi riflettevano sul diritto di scegliere lo sport preferito—dal judo alla danza—senza pregiudizi. Nei loro dialoghi emergevano esempi concreti: in alcune aree del mondo le donne indossavano il burqa e rimanevano confinate in casa, mentre in Italia ciascuno poteva esprimersi liberamente. Il podcast, registrato in classe e poi montato negli studi di Unica Radio, restituiva quel confronto sincero, dimostrando come ogni differenza diventasse ricchezza collettiva. La città che cambiava prendendo voce dagli studenti e dalle frequenze di Unica Radio Il secondo segmento è stato il tema del razzismo. Un alunno sceglieva di portarlo all'esame finale perché sentiva l'urgenza di discuterne. La classe riconosceva che “ci distinguevamo solo per un colore” e che spesso le vere barriere nascevano dalla paura del diverso. Grazie a un gioco teatrale chiamato “marito geloso”, gli studenti simulavano ruoli opposti e sperimentavano empatia, scoprendo quanto fosse facile cadere in stereotipi. La registrazione catturava risate, silenzi e scoperte, trasformando la lezione in un racconto vivo. Ogni voce testimoniava che, dietro le differenze, i desideri di libertà e rispetto erano gli stessi. In aula, i ragazzi imparavano che la vera forza stava nel gruppo: “Ognuno di noi era diverso tra gesti ed emozioni—raccontavano—ma davvero, se pensavamo bene, eravamo tutti uguali”. Così, il microfono diventava strumento di educazione civica e la radio un archivio permanente di esperienze che ispiravano altre scuole a replicare la pratica. Dall'inclusione scolastica alla memoria condivisa Le docenti valorizzano ogni intercultura, aiutando gli studenti stranieri stimolandoli alla cooperazione. L'atmosfera risultava dinamica: si preparavano disegni autobiografici, si discutevano emozioni, si provava a “mettere i panni” degli altri. Gli alunni sottolineano che le differenze di genere sono spesso solo fisiche, perché nella sfera emotiva tutti sperimentavano gioia, timore o desiderio di appartenenza. Il podcast restava un documento unico: un archivio digitale, pronto per essere riascoltato da genitori, docenti e studenti, che mostrava come il dialogo superava barriere invisibili. Un semplice elaborato scolastico diveniva testimonianza di progresso sociale, invitava altre scuole a ripensare la didattica e incoraggiava i giovani a usare la voce per creare cambiamento. Grazie alla diffusione online, chiunque poteva scoprire come un gruppo di preadolescenti aveva trasformato giochi, esercizi e discussioni in un progetto multimediale focalizzato su inclusione, uguaglianza e rispetto.
L'isola guida l'Italia nella lotta all'inquinamento per la Giornata mondiale dell'Ambiente e degli Oceani: sedici eventi e oltre 300 volontari coinvolti Nel fine settimana del 7 e 8 giugno, la Sardegna si mobilita in massa per difendere il suo ambiente, diventando la regione più attiva d'Italia durante le celebrazioni della Giornata mondiale dell'Ambiente e della Giornata degli Oceani. A guidare questa imponente operazione di clean up è Plastic Free Onlus, associazione ambientalista che ormai da anni coinvolge cittadini, istituzioni e territori in una vera e propria rivoluzione culturale contro la plastica monouso. L'isola risponde con 16 eventi ufficiali, ben 313 volontari e una quantità sorprendente di rifiuti rimossi: 4.300 chili, pari a 45 quintali, strappati a spiagge, parchi urbani e aree periferiche. Una prova di forza e coesione che parte da Cagliari, Iglesias, Sardara, Castelsardo, Sennori, Sorso, Stintino e Usellus, dove i volontari si attivano sin dal sabato, per poi proseguire la domenica in altri otto comuni: Aglientu, Arzachena, Sassari, Tempio Pausania, Assemini, Sestu, Nuoro e Oristano. L'evento è possibile grazie alla collaborazione tra Plastic Free Onlus, i Comuni patrocinanti e le centinaia di cittadini che non temono caldo e fatica. una rete civica per la Sardegna: istituzioni e cittadini uniti per l'ambiente A sottolineare il successo dell'iniziativa è Maria Francesca Carone, referente regionale di Plastic Free Sardegna, che parla di “un traguardo davvero significativo”. Nonostante le alte temperature, i volontari rispondono con entusiasmo e senso di responsabilità. Mostrano quanto la coscienza ambientale, di fatto, stia crescendo in tutta la regione. L'obiettivo è ambizioso: restituire bellezza e dignità ai luoghi pubblici, prevenire l'inquinamento marino e promuovere abitudini sostenibili. Un obiettivo condiviso anche dalle amministrazioni comunali sarde che, concedendo il patrocinio alle operazioni di raccolta, dimostrano attenzione concreta verso le politiche ambientali. Ogni evento è occasione per educare, sensibilizzare e creare legami tra cittadini e territorio. In un mondo sempre più inquinato, dove la plastica gioca un ruolo chiave, associazioni come Plastic Free accendono una speranza. Contribuiscono a rendere possibile un mondo più sostenibile, più green.