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Gli Arabi, guidati dall'Islam e dai suoi cinque precetti, conquistarono Egitto, Spagna e Sicilia, influenzando profondamente la cultura e la storia del Mediterraneo.
A cura di Daniele Biacchessi L'intelligence occidentale ha alzato lo stato di allerta dopo l'attentato a Mosca, e si dice fortemente preoccupato per la minaccia di nuovi attacchi dell'Isis K in Europa. La strage al Crocus City Hall si porta dietro una scia di sangue spaventosa con 139 morti e decine di feriti, alcuni gravi, e rappresenta secondo i servizi di intelligence occidentali il ritorno del terrorismo islamico sul continente europeo, risorto dalle ceneri del Califfato sconfitto in Siria, ora nelle mani della milizia Isis Khorasan. Il gruppo, fondato nel 2015 in Afghanistan dopo la caduta dei talebani, è diventato uno più attivi nella galassia islamista. Gli esperti dell'antiterrorismo pensano che Isis K abbia la capacità organizzativa e operativa di proiettare di nuovo attacchi nelle capitali europee attraverso cellule dormienti o con l'invio diretto di nuclei di combattenti islamici proprio come per altro già accaduto in passato con la rete di al Qaeda. La risposta europea non è coordinata, ognuno si muove su strade differenti. L'Italia punta a controlli rafforzati in eventi pubblici, intorno a palazzi delle istituzioni e chiese, e si affida al meccanismo della prevenzione, con l'espulsione di elementi sospettati di terrorismo. La Francia adotta la politica dei due forni. E' tornata al livello massimo di allerta, secondo quanto emerso dal Consiglio difesa riunito all'Eliseo dopo la strage di Mosca. In particolare, il premier Gabriel Attal annuncia la mobilitazione di 4mila agenti supplementari. Nello stesso tempo, Macron avvia un piano di collaborazione con Putin che tiene conto delle informazioni dei servizi francesi e degli elementi utili ai russi. Inizialmente i contatti saranno a livello tecnico e ministeriale, poi Macron non esclude di mettere in campo anche un piano politico di dialogo nella lotta contro Isis K. Anche in Germania la ministra dell'Interno Nancy Faeser lancia l'allarme su possibili attentati terroristici. Secondo Faeser, in territorio tedesco esistono cellule attive dei terroristi islamici e il rischio di attacchi più acuto resta appunto quello legato all'Isis-K. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
A cura di Daniele Biacchessi L'intelligence occidentale ha alzato lo stato di allerta dopo l'attentato a Mosca, e si dice fortemente preoccupato per la minaccia di nuovi attacchi dell'Isis K in Europa. La strage al Crocus City Hall si porta dietro una scia di sangue spaventosa con 139 morti e decine di feriti, alcuni gravi, e rappresenta secondo i servizi di intelligence occidentali il ritorno del terrorismo islamico sul continente europeo, risorto dalle ceneri del Califfato sconfitto in Siria, ora nelle mani della milizia Isis Khorasan. Il gruppo, fondato nel 2015 in Afghanistan dopo la caduta dei talebani, è diventato uno più attivi nella galassia islamista. Gli esperti dell'antiterrorismo pensano che Isis K abbia la capacità organizzativa e operativa di proiettare di nuovo attacchi nelle capitali europee attraverso cellule dormienti o con l'invio diretto di nuclei di combattenti islamici proprio come per altro già accaduto in passato con la rete di al Qaeda. La risposta europea non è coordinata, ognuno si muove su strade differenti. L'Italia punta a controlli rafforzati in eventi pubblici, intorno a palazzi delle istituzioni e chiese, e si affida al meccanismo della prevenzione, con l'espulsione di elementi sospettati di terrorismo. La Francia adotta la politica dei due forni. E' tornata al livello massimo di allerta, secondo quanto emerso dal Consiglio difesa riunito all'Eliseo dopo la strage di Mosca. In particolare, il premier Gabriel Attal annuncia la mobilitazione di 4mila agenti supplementari. Nello stesso tempo, Macron avvia un piano di collaborazione con Putin che tiene conto delle informazioni dei servizi francesi e degli elementi utili ai russi. Inizialmente i contatti saranno a livello tecnico e ministeriale, poi Macron non esclude di mettere in campo anche un piano politico di dialogo nella lotta contro Isis K. Anche in Germania la ministra dell'Interno Nancy Faeser lancia l'allarme su possibili attentati terroristici. Secondo Faeser, in territorio tedesco esistono cellule attive dei terroristi islamici e il rischio di attacchi più acuto resta appunto quello legato all'Isis-K. ___________________________________________________ Ascolta altre produzioni di Giornale Radio sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it
Giovanni Porzio"I sentieri del jihad"Viaggio nel fondamentalismo islamicoManni Editoriwww.mannieditori.itA Gaza scavalcai le macerie di un edificio bombardato per fotografare una donna anziana, vestita di nero, intenta a diliscare dei minuscoli pesci in un catino di alluminio. Alle sue spalle un nugolo di bambini razzolava sul pavimento di una stanza piena di materassi e montagne di biancheria. Da un lato, appoggiato su una seggiola, c'era il ritratto incorniciato di un ragazzo sorridente, con un accenno di barba sulle guance. «Mio figlio» proclamò con orgoglio. «Siamo fortunati ad avere un martire in famiglia. Alla fine del Ramadhan abbiamo ricevuto 2.000 dollari».Giovanni Porzio ha iniziato a viaggiare nel mondo arabo quando era ragazzo, e poi è diventato reporter, come giornalista e fotografo, dalle aree più calde del pianeta.Da quarant'anni in prima linea, si è arrampicato con i guerriglieri sulle montagne dell'Eritrea e dell'Afghanistan, ha vissuto i bombardamenti di Beirut, ha attraversato i campi minati in Angola e in Mozambico, è entrato in uno dei covi di al-Qaida, era a Bassora durante l'operazione Desert Storm dove è stato fatto prigioniero dalle guardie rivoluzionarie di Saddam Hussein.Vivere e osservare da quel punto di vista gli ha consentito di avere una visione globale e articolata, e in questo libro ci racconta la storia dell'Islam più estremo, le responsabilità dell'Occidente, i kamikaze e il terrorismo, la povertà, il regime dei califfi e dei taliban, la condizione delle donne.La nascita, l'ideologia, l'espansione, le ramificazioni dell'internazionale jihadista in un libro in cui s'intrecciano cronaca, personaggi politici, narrazioni di viaggio, incontri con profughi, anziani, donne e bambini: le vittime di tutte le guerre.Un viaggio nell'universo del jihad e del fondamentalismo islamico, per comprendere in profondità una delle polveriere della nostra epoca.Giovanni Porzio è nato nel 1951 a Milano, dove vive.Giornalista, scrittore e fotoreporter, è stato per trent'anni inviato del settimanale “Panorama” e ha viaggiato in tutto il mondo seguendo i principali conflitti in Africa, Medio Oriente, Asia, Europa, Centro e Sud America. Dal 2010 collabora con “il Venerdì di Repubblica”.Ha ricevuto molti premi nazionali e internazionali per i reportage e ha realizzato mostre delle sue fotografie all'Avana, a Milano, a Trieste, al Festival della Fotografia Etica di Lodi e al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia. Ha pubblicato una decina di libri di saggistica e narrativa.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7666UN NATALE DA PERSEGUITATI PER MILIONI DI CRISTIANI di Gian MicalessinAssieme alle guerre di Ucraina e di Gaza si è combattuto, negli ultimi due anni, un terzo conflitto alle cui vicende si è prestata, però, molta meno attenzione. Parlo del Nagorno Karabakh un territorio dove santuari e monasteri risalenti al primo secolo sono il simbolo dell'essenza cristiana della regione. In questi due anni i 130mila abitanti di quell'enclave cristiana sono stati costretti a un drammatico esodo di massa. Eppure la loro tragedia è rimasta sorda e inascoltata. In loro difesa non si è levata una sola voce. Questo sciagurato silenzio ci ricorda come il conflitto del Nagorno Karabakh rientri nell'immensa tragedia delle comunità cristiane perseguitate. Una dimensione di cui spesso non si ricorda né il perdurare, né il numero delle le vittime». Alessandro Monteduro direttore di Acs «Aiuto alla Chiesa che soffre» - la Fondazione della Santa Sede, deputata alla salvaguardi della libertà religiosa - affronta così, in vista del Natale, il tema della persecuzione dei cristiani. Un tema spesso dimenticato ignorato o sottovalutato, ma le cui cifre non sono meno tragiche di quelle della guerra in Ucraina o a Gaza. Secondo Acs almeno 360 milioni di cristiani nel mondo sperimentano «alti livelli di persecuzione e discriminazione a motivo della loro fede». E le vittime aumentano di anno in anno. Nel 2022 oltre 5.200 cristiani hanno pagato con la vita la loro fede, almeno altrettanti sono stati rapiti e più di 4.500 sono stati arrestato o detenuti. Mentre oltre duemila fra chiese ed edifici religiosi sono stati rasi al suolo. MORIRE PER NON RINNEGARE CRISTO Alla dimensione tragica si aggiunge quella demografica. Tra le nazioni più restie a rispettare la libertà religiosa vi sono quelle più popolose del mondo. Dalla Cina all'India, dal Pakistan al Bangladesh per arrivare in Nigeria e Pakistan le violazioni della libertà di fede riguardano, direttamente o indirettamente, quasi 5 miliardi di persone. L'eccezionale dimensione quantitativa di queste violazioni, fa notare il direttore di Acs «non è accompagnata da una commisurata presa di coscienza dell'Europa e del cosiddetto mondo libero». Parole gentili per spiegare che in sintesi il mondo occidentale se ne frega delle libertà religiose. Anche, o soprattutto, quando sono in ballo quelle dei nostri fratelli cristiani. «Accettare l'idea che si possa morire per non abiurare alla propria fede - spiega Monteduro - è qualcosa che stride con il relativismo politico e ideale dilagante nella nostre società. Accettare l'idea che 120mila cristiani della piana di Ninive in Iraq abbiano abbandonato tutto pur di non rinunciare alla propria identità e alla fede in Cristo significa misurarsi con un'idea di libertà religiosa che l'Occidente non comprende più. Anche perché l'ha relegata a un livello inferiore rispetto alle libertà più di moda come le libertà sessuale o la libertà di genere. E questa è la beffa più clamorosa per i nostri fratelli cristiani spesso perseguitati perché considerati vicini all'Occidente. Mentre, in realtà, noi Occidentali scegliamo di ignorarli o dimenticarli». L'evidenza di questo patologico disinteresse per il dramma dei nostri fratelli nella fede si nasconde anche tra le cifre dei flussi migratori provenienti dalle coste del Nord Africa. Guardando alle prime dieci nazionalità dei migranti sbarcati in Italia quest'anno scopriamo che quelli provenienti dal Burkina Faso sono letteralmente decuplicati passando dai circa 300 del 2022 agli 8.410 di quest'anno. Con un paradossale incremento del 2.512%. «Il Sahel - sbotta Monteduro - è la miopia delle miopie. E riguarda anche le chiese d'Europa. Quando l'Isis si impose in Siria e Iraq ci fu una reazione che unì l'Occidente e le nostre chiese. E questo consentì, in prospettiva, la disarticolazione militare del Califfato. Oggi il dramma nel Burkina Faso non è diverso. Il 50% del suo territorio è in mano a micro-califfati e i cristiani sono costretti alla fuga per timore di quest'avanzata jihadista. In Mali e Ciad non va molto diversamente. Eppure in Europa tutti sembrano ignorarlo. Questa miopia e questa indifferenza sono paradossali. Perché se anche avessimo deciso di fregarcene dei cristiani in fuga come possiamo ignorare che chi abbandona quelle terre finisce poi con l'approdare sulle nostre coste?». L'ESODO CRISTIANO DAL MEDIORIENTE Ma a far tremare i polsi sono anche i numeri dell'esodo cristiano dal Medioriente. I cristiani d'Iraq che nel duemila superavano il milione e mezzo sono oggi poco più di 150mila. In Siria le cifre sono simili. Del milione e mezzo di cristiani censiti nel 2010 ne sono rimasti, dopo 12 anni di guerra civile e religiosa, poco meno più di cinquecentomila. Ad Aleppo, cuore della comunità, i numeri sono scesi da oltre 150mila a meno di 25mila. «Ma la scomparsa dei cristiani - sottolinea Monteduro - è anche la cartina di tornasole dello spostamento geopolitico della Siria. Il paese colpito dalle sanzioni di Europa e Stati Uniti è tornato a sedere nella Lega Araba e si è rivolto alla Cina per i suoi beni essenziali. In pratica non solo si è svuotato dei cristiani, ma non ha neppure più bisogno dell'Italia e dell'Europa. L'assenza cristiana diventa insomma il simbolo della nostra irrilevanza». In Oriente non va meglio. In India - paese da un miliardo e 450 milioni di abitanti - 12 dei 36 Stati prevedono leggi anti conversione che puniscono con galera e durissime sanzioni economiche gli induisti pronti a convertirsi al cristianesimo. Senza contare le rappresaglie sociali e le violenze che spesso le accompagnano. In Cina i tentativi di dialogo avviati dalla Santa Sede dopo gli accordi sulla nomina dei vescovi non hanno alleviato la situazione di reale oppressione. «Parliamo - spiega Monteduro - di controlli sulla vita dei fedeli e sulla loro partecipazione alle cerimonie, di arresti dei vescovi non riconosciuti dal Partito e, persino della richiesta di sostituire crocefissi o immagini della Madonna con i ritratti del presidente di Xi Jinping. Controlli resi ancor più oppressivi grazie all'uso dei sistemi digitali di sorveglianza che si avvalgono dell'intelligenza artificiale e possono controllare i contenuti dei cellulari e la partecipazione alle comunità dei fedeli». Insomma per molti milioni di cristiani il prossimo Natale non sarà una festa, ma la triste celebrazione di un'era di paura e persecuzione. In questo clima sostanzialmente mesto il direttore di Acs sottolinea però i segnali incoraggianti lanciati dal governo italiano. «Dopo la Festa della donna celebrata da Giorgia Meloni con due ragazze nigeriane vittime della ferocia di Boko Haram il Fondo per le minoranze cristiane è stato rifinanziato con circa 10 milioni di euro ed è stato nominato un inviato speciale per i cristiani perseguitati. Piccoli segnali, ma fonte per noi di concreta speranza».
Alessandro Barbero è ospite dell'associazione "La Semina" per una lectio sulle Origini del Califfato e l'impero Ottomano al di là di luoghi comuni e pregiudizi. Fonte: https://www.youtube.com/watch?v=_sqPz095RP4 Crediti - La Semina: https://www.facebook.com/laseminaofficial --- // Disclaimer // Tutti gli audio disponibili sono utilizzati negli episodi dopo previo consenso e accordo con i distributori originali di altre piattaforme e/o comunque distribuiti liberamente e originariamente con licenze CC BY 4.0 e affini - o registrati in loco, viene sempre riportata la fonte. I titoli potrebbero differire in caso di titoli originali troppo lunghi. Per qualsiasi dubbio o problema contattateci PER FAVORE prima alla nostra mail: vassallidibarbero[@]gmail[dot]com Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
Gerusalemme – «Hamas non rappresenta la Palestina» ha scritto il giornalista yemenita Hani Salem Mashour sul quotidiano emiratino “Al-Arab”. A suo giudizio lo scopo ultimo del movimento terroristico non è quello di portare il benessere e la pace alla popolazione palestinese, ma quello di costruire un Califfato. Mashour ha infatti spiegato che Hamas, essendo una ramificazione dei Fratelli Musulmani, non crede al concetto di Stato-nazione. «Fin dalla sua fondazione nel 1928, i Fratelli Musulmani hanno creduto di rappresentare tutti i musulmani nel mondo. Questa è una dottrina fissa che non è cambiata nel tempo» ha spiegato il giornalista yemenita, asserendo che questo punto è essenziale per capire l'ideologia del movimentodi Middle East Media Research Institute
Shamima perde ricorso su cittadinanza. Andò in Siria a 15 anni.
Puntata numero 129 della guida ai tesori nascosti dello streaming.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7093UN MUSULMANO UCCIDE UN CATTOLICO BIANCO, MA NON SI PUO' DIRE di Lorenza FormicolaIl 27 maggio, un dispaccio dell'Agence France-Presse annunciava la morte di un "tale gravemente ferito perché accoltellato davanti alla scuola dei suoi figli, a Marsiglia". L'Afp specificava che la vittima era un medico militare, che l'aggressore era "di nazionalità francese" e che pare avesse agito "in nome di Dio", aggiungendo che "l'ipotesi terroristica era stata esclusa dagli inquirenti" e che "l'uomo soffriva solo di disturbi psicologici". Compreso il messaggio di cordoglio del ministro delle Forze Armate e del Sindaco di Marsiglia, l'agenzia aveva speso 225 parole per raccontare l'omicidio. Pochi giorni dopo, sempre l'Afp raccontava una rissa tra cicogne e dell'intensa emozione che la cosa aveva suscitato sui social. Per il cicognicidio erano state dedicate 352 parole. Una cicogna fa più notizia di un padre di famiglia assassinato in nome di Allah.Se, infatti, Alban Gervaise è un nome che non ti dirà nulla, è perché come Samuel Paty, Jacques Hamel o Arnaud Beltrame questo medico militare è una delle troppe vittime del terrorismo islamico che funesta l'Europa, ed in particolare la Francia, ma di cui non si può, non si deve parlare. Tant'è che le agenzie di stampa francesi non hanno voluto diffondere i dettagli di quello che è terrorismo islamico a tutti gli effetti. Gervaise era un medico di quarant'anni, era andato a prendere due dei suoi tre figli - uno di 3 e l'altro di 7 anni - alla scuola privata cattolica Sévigné, a Marsiglia. Aspettava seduto su una panchina, quando ad un tratto Mohamed L., 23 anni, ha iniziato ad accoltellarlo in petto al grido di "Allahu Akbar".Alban Gervaise era colpevole di essere un cattolico bianco in una città dove i cattolici sono sempre meno vista l'imperante l'islamizzazione. E ha dovuto scontare anche il fatto di essere accoltellato nel bel mezzo della campagna elettorale per le legislative francesi: ecco perché il caso è stato insabbiato e, dai media alla politica, è stata imposta una coltre di silenzio. Ancora un'aggressione islamica avrebbe disturbato troppe narrazioni e magari influenzato qualche voto. Dieci coltellate in petto e alla gola, per morire davanti a dei bambini e ai propri figli, perché lo vuole Maometto, non sono una notizia per la Francia di Macron.L'ASSASSINO: IMMIGRATO DI SECONDA GENERAZIONEMohamed L., 23 anni, nato a Brignoles (Provenza-Alpi-Costa Azzurra), immigrato di seconda generazione, e che in Francia aveva trovato il modo per radicalizzarsi, era già noto alla polizia, ma non all'intelligence territoriale. E quando Mohamed ha accoltellato il medico militare, non s'è risparmiato dal spiegare a tutti che stava agendo in nome di Allah, e di voler semplicemente punire gli "infedeli". Né titoli, né prime pagine, né conferenze stampa, né visite di Stato per un cattolico ucciso da un musulmano. Con la notevole eccezione de L'Union, quotidiano dell'Ardenne, che il 31 maggio ha pubblicato un editoriale intitolato "Alban Gervaise, un nome che per te non significa niente", indignandosi per il trattamento mediatico riservato all'assassinio. Anche Le Figaro ha provato ad occuparsi del caso, ma se la politica ignora e non condanna, è normale che le notizie spariscono in un amen. "Vorrei capire perché il barbaro omicidio del nostro collega, Alban Gervaise, è stato così poco considerato dalla stampa", dice un alto ufficiale dell'esercito parigino. "Perché era un soldato? Per ideologia o per negare la realtà? Ci poniamo la stessa domanda. E vogliamo una risposta perché questo silenzio mediatico è come una seconda morte".Solo Julien Dray, ex deputato socialista che ha appena lanciato il suo movimento, Reinvent!, ha osato affermare pubblicamente che "volevamo nascondere le cose", chiedendosi se questo tipo di atteggiamento è dipeso dal "dalla stampa locale, che non ha voluto dare i primi elementi che aveva, o da autorità e magistratura che si sono risparmiate i dettagli". Neanche il fatto che dei bambini abbiano dovuto assistere al massacro del padre, ha commosso la Francia. Sono finiti i giorni in cui, di fronte a tragedie di questo tipo, un Presidente della Repubblica riceveva sistematicamente i parenti delle vittime al Palazzo dell'Eliseo per manifestare la sua compassione e solidarietà nazionale. Sono finiti i tempi della condanna plateale al terrorismo islamico.44 MILA VITTIME DI ACCOLTELLAMENTIDopo le sanguinose tragedie dell'affaire Mehra, Charlie Hebdo e il negozio kosher di Porte de Vincennes, Bataclan, Nizza, Saint-Etienne de Rouvray, tanti altri, il fenomeno a cui assistiamo non è semplicemente di una banalizzazione del male, ma dell'islamismo. Secondo lo studio del 2020 dell'Osservatorio nazionale della delinquenza e delle risposte criminali (ONDRP), tra il 2015 e il 2017, in Francia sono state registrate 44 mila vittime di accoltellamenti, ovvero più di 120 al giorno: epidemia di crimini da coltello importata dalla Gran Bretagna e che ha nei musulmani gli attori protagonisti. La Francia ha contato, per dieci anni, più di 250 vittime del terrorismo islamista. E il fatto che l'omicidio del medico cattolico non rientri nel terrorismo è perché i criteri utilizzati dai media, e della politica interna, sono incapaci - o si rifiutano! - di inquadrare la realtà dei fatti.Tutti gli studi sul jihadismo europeo hanno dimostrato che l'esistenza o meno di una sigla poco importa. Il modus operandi pensato dal al-Qaeda, e po' più estraneo a Daesh, lavora alla radicalizzazione puntando sulle carceri e sui centri islamici. Legando insieme imam, fedeli e jihadisti già formati si fa proselitismo a scopo di islamizzare l'Occidente che necessita di essere ripulito da "infedeli", i cristiani e i bianchi. La minaccia è mutata nel corso del tempo, poiché dagli attacchi relativamente complessi e spettacolari di qualche anno fa, siamo arrivati a metodi decisamente meno sofisticati (coltello, attentati con autoveicoli e speronamento, incendi) che inoltre sono molto più difficili da prevenire per le forze di sicurezza.I cosiddetti "attentati a bassa capacità", gli ordigni esplosivi improvvisati (IED), gli attentati con veicoli presi in affitto o rubati, i furgoni, i crimini da coltello e, più in generale, le aggressioni con armi leggere, fanno da corollario ad un teorema che ci spiega come poco importa se il "Califfato" sia in forma o meno: il credo jihadista si è così tanto radicalizzato in Occidente che individui e piccole cellule sono pronti a colpire senza alcun coordinamento con la cellula madre. L'islam, che ha in sé le caratteristiche proprie di un progetto politico, è privo di un'autorità con cui negoziare a nome di tutta la comunità religiosa, pertanto i suoi discepoli agiscono anche liberamente in nome di un'ideale a cui sono stati educati fin da bambini.EUROPA SOTTO MINACCIAIl terrorismo islamico è ibrido. E le sue piccole cellule, dimostrano, come i recenti fatti francesi, di avere piena conoscenza del terreno in cui operano: ricorrono alla strategia del raid muovendosi in piccoli gruppi e usano armi leggere, per colpire e ritirarsi immediatamente senza permettere una risposta efficace e senza trasformarsi in un obiettivo statico. Spesso queste azioni potrebbero apparire disorganizzate e di basso profilo, ma sono l'effetto di una strategia più articolata che mira a indebolire la presa del governo sulla popolazione. L'omicidio del medico cattolico né è la prova: se i media e la politica si dimostrano esautorati e vittime di un politicamente corretto che impone il silenzio, chi avrà paura di uccidere ancora in nome di Allah e di non sentirsi conquistatore d'Europa?Quattro dei dieci lupi solitari che hanno agito nella Ue, negli ultimi due anni, erano in possesso della cittadinanza europea. Cinque di loro erano entrati nell'Ue come richiedenti asilo o migranti irregolari; in quattro casi, si trattava di soggetti entrati nell'Ue diversi anni prima di portare a termine il loro attacco. Ciò dimostra la necessità di un maggiore controllo sui flussi migratori, ma anche della pervasività della minaccia jihadista in Europa: nel 2020 nell'Unione Europea sono stati compiuti 10 attacchi terroristici (senza contare quelli sventati e/o falliti), con un totale di 12 morti e 47 feriti. Quello che è accaduto a Marsiglia è drammatico e deplorevole. Specie per il silenzio che ha coperto i fatti. Ma è difficile restarne stupiti poi troppo.Dal 2005 le banlieue di Parigi sono comparse sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo: grandi quartieri periferici con un'alta densità demografica di musulmani, molti dei quali radicalizzati che si moltiplicano per numero e densità. Per intenderci, basta pensare alla banlieue di Saint-Denis, nascondiglio dei terroristi del 13 novembre 2015.A Marsiglia dei circa 850 mila abitanti, il 45 per cento dei cittadini sotto i 30 anni è di fede musulmana e le proiezioni da qui ai prossimi 40 anni sono drammatiche. È la città con la più alta percentuale di fedeli musulmani di tutta la Francia. Con molti problemi di disoccupazione giovanile e povertà, secondo alcune statistiche, Marsiglia potrebbe diventare la prima città a maggioranza musulmana dell'Europa occidentale. Come può non accadere, quindi, che un bianco cattolico non disturbi un fedele di Allah? Ma come può accadere che nessuno ne parli, quello sì che inquieta, forse, ancor di più.
LA STATUA DI SAN VLADIMIR CHE FARA' GRANDE PUTIN di Rino CammilleriE poi dice che uno tifa Vlad! No, non l'Impalatore vampiresco [leggi: VLAD III DI VALACCHIA DIFESE I CRISTIANI DAI TURCHI MUSULMANI http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=206], ma lui, Vladimir Putin. Che ha annunciato l'erezione di una colossale statua in Mosca a San Vladimiro, Vladimir I il Santo, Gran Principe di Kiev e cristianizzatore della Rus'. Cadono i mille anni dalla sua morte e Putin ha indetto in suo onore un grandioso galà al Cremlino con centinaia di ospiti. Dopo, naturalmente, aver preso parte alla solenne cerimonia religiosa in cattedrale col patriarca Kirill. Putin ha ridato grande lustro alla tradizione religiosa della Santa Russia, premia le famiglie numerose, non vuol sentir parlare di gender e ideologia Lgbt, finanzia e ricostruisce chiese e monasteri [leggi LA RUSSIA DI PUTIN: BALUARDO DELLA CRISTIANITA' http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3174], ha perfino richiamato il Papa in mondovisione per essersi distratto dal bacio alla Vladimirskaya, l'icona della Madre di Dio protettrice di tutte le Russie.INSTRUMENTUM REGNI?Putin si proclama difensore (come già fu lo zar) dei cristiani balcanici e mediorientali in terra islamica. Ha perfino ripristinato il nome a Sanpietroburgo, la città che cambiava denominazione a ogni regime. E vietato l'adozione di bimbi russi ai Paesi che praticano le nozze gay [leggi RUSSIA: STOP ALLE ADOZIONI VERSO PAESI CHE HANNO I ''MATRIMONI'' GAY http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3063]. Voi direte che fa così non perché gliene importi del cristianesimo e della sua morale, ma per assicurarsi il puntello della potente Chiesa ortodossa. E per differenziarsi sotto ogni aspetto dagli Stati Uniti che, con la loro ostinazione imperialistica, gli hanno di fatto scatenato contro una neo-guerrafredda (è dai tempi della Grande Guerra che gli Usa temono come la morte il sorgere di un asse economico Germania-Russia). Tutto (forse) vero, chi lo nega? Però lo fa.Forse davvero Putin intende usare la tradizione cristiana come instrumentum regni, ma chi se ne importa [leggi LA NUOVA RUSSIA DI PUTIN RISCOPRE LE RADICI CRISTIANE http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3031]? L'Occidente fa l'esatto contrario e combatte una guerra mai vista contro Cristo e, pur di farGli un dispetto, scarta inorridito anche la sola idea che l'identità religiosa possa servire da antidoto contro il jihadismo. É di questi giorni la notizia che Magdi Cristiano Allam è stato ridotto all'elemosina da Querela Continua, la jihad giudiziaria scatenatagli contro dai musulmani italici. I giudici nostrani gli danno sempre torto, è sotto scorta da una vita, pure l'ordine dei giornalisti gli ha inflitto l'impeachment per "islamofobia". E qui non c'è un patriarca Kirill che gli offra aiuto, nemmeno sottobanco, manco una pacca sulla spalla.SOLO CALCOLO POLITICO?Forse anche Vladimir il Grande, nell'anno 988, agì per calcolo politico quando mandò in soffitta il paganesimo di suo padre Svjatoslav e si volse verso Costantinopoli. C'è chi dice che cercava appoggi contro le scorrerie vikinghe. Ma chi qui scrive sa bene che pure delle Crociate generazioni di storici atei hanno cercato col lanternino i "retroscena economici". E, si sa, quel che non si trova si inventa. Molti sono i Santi che hanno cominciato il loro cammino per paura o per interesse. Solo che, cammin facendo, si sono santificati davvero, perché Dio era più furbo di loro. Si noti che la conversione del Principato di Kiev reca la data del 988. Mille anni dopo, l'impero sovietico crollava e, come predetto dalla Madonna a Fatima, la Russia tornava cristiana. In un mondo che non lo era più. Kiev è oggi capitale dell'Ucraina, e qualcuno si meraviglia ancora che i russi non intendano cederla a Obama e ai suoi zerbini europei. Di più: Vladimir il Santo si fece battezzare a Cherson, l'odierna Sebastopol, nell'attuale Crimea.Ed ecco un altro spunto di riflessione per chi paventa l'"espansionismo russo". Nella geopolitica la religione conta? Chiedetelo all'Arabia Saudita, all'Iran khomeinista e al sedicente Califfato. Chiedetelo all'Occidente, che spende somme spaventose e non esita di fronte ad alcun genere di pressione per imporre ovunque la sua ideologia (i.e. religione laica). Si dice che Vladimir il Grande, giudiziosamente, abbia mandato suoi emissari per analizzare le grandi religioni monoteistiche da cui era circondato: cristianesimo, ebraismo e islamismo. Quest'ultimo, sebbene potente e in espansione, fu scartato subito per amore del popolo: vietava le bevande inebrianti e i rus' non lo avrebbero sopportato. La scelta tra i culti rimanenti fu vinta da Costantinopoli in via puramente estetica: gli emissari del Gran Principe rimasero abbagliati dallo splendore della liturgia bizantina. Un Dio onorato in tal modo non poteva che essere quello vero, riferirono. Meditate gente, meditate.Nota di BastaBugie: Vladimir Putin al Forum di Valdai il 19 settembre 2013 ha affermato "Possiamo notare come molti Paesi euro-atlantici stanno negando le loro radici tra cui i valori cristiani che sono alla base della civiltà occidentale. Stanno negando i principi morali e la propria identità: nazionale, culturale, religiosa e perfino sessuale. Mettono in vigore politiche che pongono allo stesso livello delle numerose famiglie tradizionali, le famiglie omosessuali: la fede in Dio equivale ormai alla fede in Satana. Questo eccesso di politicamente corretto ha condotto la volontà di qualche persona a legittimare partiti politici di cui l'obiettivo è promuovere la pedofilia. In molti Paesi europei, la gente non ha il coraggio di parlare della propria religione. (...) Sono convinto che questo apra una via diretta alla degradazione e al primitivismo che porteranno ad una profonda crisi demografica e morale. Che cosa testimonia meglio di questa crisi morale se non la perdita della capacità a riprodursi? Oggigiorno, quasi nessuna nazione sviluppata è in grado di riprodursi, anche con l'aiuto dei flussi migratori. Senza i valori presenti nel cristianesimo e nelle altre religioni del mondo, senza gli standard morali che si sono formati per millenni, le popolazioni perderanno inevitabilmente la loro dignità umana. Consideriamo normale e naturale di difendere questi valori. Dobbiamo rispettare il diritto di ogni minoranza di essere differente, però, i diritti della maggioranza non devono essere rimessi in questione."
Studiare la figura di Bin Laden significa affrontare il terrorismo di ieri e quello di oggi che vede l'Isis in una fase di riorganizzazione dopo la sconfitta del Califfato.Ospiti di questo lavoro i criminologi:Raffaele Lorenzetto, Alessandro Zarrella, Arnaldo LovecchioOspite speciale: Luca Vanossi, pilota di aviazione civile.Capitoli1) Infanzia e adolescenza2) Urss, Afghanista e mujahideen3) 11 settembre 20014) Nella mente del terroristaBuon Ascolto
VIDEO: Perché i terroristi hanno scelto l'11 settembre? ➜ https://www.youtube.com/watch?v=dJNFYEn8DkMTESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6733NEL 2021 IN AFGHANISTAN L'ISLAM HA VINTO E L'OCCIDENTE HA PERSO di Roberto de MatteiIn un articolo sul Corriere della Sera del 28 agosto 2021, Ernesto Galli della Loggia pone la seguente domanda: "Sono ancora in grado le nostre società di fare la guerra? Di sostenere psicologicamente l'urto terribile di una dimensione per così dire volontaria della morte? Siamo ancora noi capaci di accettare l'eventualità di dare o ricevere consapevolmente la morte, così come da sempre vuol dire "fare la guerra".A questa domanda cruciale il politologo italiano risponde esaminando il peso militare che nelle operazioni contro i talebani hanno assunto i cosiddetti contractor. Utilizzati dagli Stati Uniti in tutti i teatri di operazione (dai Balcani all'Iraq) questi combattenti civili sono assunti da ditte private le quali hanno stipulato appositi contratti con il Pentagono. Essi sono l'espressione di un dato storico di fondo: la fine in Occidente dell'esercito nazionale, sostituito da un vero e proprio outsourcing della guerra affidata ad un esercito di specialisti che in Afghanistan hanno perso la vita in numero maggiore dei soldati della US Army. Ma, osserva Galli della Loggia, "con un'armata di specialisti e di mercenari si possono fare al massimo operazioni di polizia; e anche quelle si finisce inevitabilmente per perderle nella maniera più rovinosa se ci si ostina a farle passare per qualcos'altro" [spesso infatti le azioni di guerra sono chiamate dai media "missioni di pace", proprio per nascondere dietro alle parole la cruda realtà, anche perché non si capisce se i soldati le missioni di pace le facciano con i fiori oppure con i fucili, N.d.BB].Un popolo combatte se è disposto a sacrificare la propria vita per gli ideali in cui crede.Oggi, però, il bene comune sembra coincidere con quello della massima "sicurezza". L'Occidente pretende di combattere una guerra a morti zero, e se ciò non accade la reazione non è controllata, ma ansiosa ed emotiva.L'immagine del presidente degli Stati Uniti di America Joe Biden che piange in diretta tv, osserva Alessandro Sallusti sul quotidiano Libero del 28 agosto, non è un segnale incoraggiante per il mondo occidentale. Il comandante in capo della prima potenza mondiale non può farsi prendere dall'emozione come un qualsiasi anziano pensionato, ma deve essere in grado di mascherare la propria fragilità. Il dato psicologico di questa scena, osserva sullo stesso quotidiano Renato Farina, "non solo corrisponde in pieno alla durezza della catastrofe che stiamo vivendo, ma è pure una profezia per il futuro". Un futuro di lacrime appunto per l'Occidente.Quando Winston Churchill disse di non avere altro da offrire che "sangue, fatica, lacrime e sudore", aggiunse: "Chiedete qual'è la nostra politica? Rispondo che è condurre la guerra per mare, per terra e per cielo, con tutta la forza e lo spirito battagliero che Dio può infonderci".Chi è in grado oggi di affrontare i nemici con tanta determinazione? L'Occidente non ha ancora compreso qual è il nemico esterno che ha di fronte. Come osserva Maurizio Molinari su "La Repubblica" del 29 agosto, la faida jihadista per il controllo di Kabul fra i talebani di Abdul Ghani Baradar e l'Isis del Khorasan contrappone due modelli rivali per l'Afghanistan: "I talebani con la riedizione del loro Emirato islamico puntano a diventare l'esempio più rigido di Stato fondamentalista". L'Isis del Khorasan "persegue invece la creazione di un "Califfato" nei territori di Afghanistan e di ampie regioni limitrofe in Iran, Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghistan e Tagikistan, fino a toccare i confini con la Cina di Xi Jinping". Entrambi i progetti "nascono dal pensiero jihadista di Abdullah Azzam, il fondamentalista palestinese assassinato a Peshawar nel 1999 e considerato il mentore di Osama Bin Laden, secondo il quale la ‘guerra agli infedeli' in Afghanistan avrebbe segnato ‘l'inizio della Jihad globale' portando alla sottomissione del mondo intero all'Islam. Ma puntano a realizzarlo in maniera opposta: edificando un Emirato nazionale o creando un Califfato regionale centro-asiatico".Collaborare con i "moderati" talebani, per isolare l'Isis, significherebbe ignorare chi si ha di fronte. L'islamismo contemporaneo, come osservano tutti i suoi studiosi ha il suo nucleo nella dottrina del jihad. Essa, si si esprime nella nuova guerra di religione mondiale che, sotto le vesti dei talebani o quelle dell'Isis, ha nell'Islam radicale il suo partito combattente.Di fronte a questo nemico ideologico la guerra è inevitabile, ma deve essere combattuta senza lacrime, a ciglia asciutte, con la determinazione a vincere. Ma quali sono gli ideali e i valori a cui si richiama la classe dirigente occidentale? È in grado essa di discernere una "guerra giusta", e di condurla con credibilità fino in fondo? Le guerre possono essere occasioni di grandi rinascite o di grandi catastrofi, a seconda degli uomini e delle contingenze storiche. Quale affidamento dare a chi non sa neppure attribuire agli eventi bellici il loro nome?Mentre la seconda guerra mondiale volgeva al termine, Pio XII indicava le linee maestre della ricostruzione nel ritorno delle società e delle nazioni all'ordine stabilito da Dio, cioè "a un vero cristianesimo nello Stato e fra gli Stati" (Allocuzione al Concistoro, 24 dicembre 1945). E all'indomani del conflitto il Papa, individuava le cause profonde della guerra nell'abbandono e nel disprezzo della legge di Dio, che costituisce il solo fondamento della pace interna degli Stati e della pace internazionale (Radiomessaggio al mondo del 24 dicembre 1941). Oggi non solo nessun uomo politico parla questo linguaggio, ma i vertici stessi della Chiesa lo hanno abbandonato e invocano una falsa pace che porta alla disfatta.In guerra non prevale la forza militare, ma quella morale. Se l'attentato dell'11 settembre 2001 fu una dichiarazione di guerra dell'Islam alla nostra civiltà occidentale, la vergognosa fuga da Kabul sancisce, dopo vent'anni, la sconfitta militare, ma soprattutto morale dell'Occidente. Solo uno straordinario aiuto divino può capovolgere le sorti di un conflitto planetario, il cui esito è altrimenti segnato. Per questo è l'ora della lotta e dell'immensa fiducia.Nota di BastaBugie: la storica Angela Pellicciari nell'articolo seguente dal titolo "Quell'11 settembre sotto le mura di Vienna" spiega come l'11 settembre 1683 veniva spezzato l'assedio di Vienna. L'espansionismo islamico ottomano in Europa venne fermato per sempre. Il 12 settembre, papa Innocenzo XI, attribuendo la vittoria all'intercessione della Vergine Maria, istituiva la festa del Santo Nome di Maria. Venne ripristinata da Giovanni Paolo II nel 2002, dopo un altro 11 settembre. L'Occidente cristiano, però, ha perso la sua memoria, mentre l'islam la conserva.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 12 settembre 2021:L'11 settembre del 1683 Vienna è assediata da un immenso esercito turco comandato dal gran visir Kara Mustafà e, ridotta alla fame, è prossima alla resa. I turchi, arrestati per mare a Lepanto nel 1571, hanno continuato via terra la loro avanzata che sembra inarrestabile e, dietro Vienna, intravedono Roma e San Pietro. Tutto è pronto per l'evento cui da mille anni l'islam lavora. Le forze turche sono nettamente superiori a quelle cristiane ma succede l'imprevisto. Fanno la differenza un geniale condottiero polacco, re Jan Sobieski, e il frate cappuccino Marco D'Aviano. Incaricato da Innocenzo XI di formare una Lega Santa contro i turchi, diventato consigliere e confessore dell'imperatore Leopoldo I, Marco riesce a coalizzare gli sforzi di Spagna, Portogallo, Polonia, Firenze, Venezia e Genova.Alla vigilia dello scontro, affidate alla Vergine Maria le sorti di Vienna, il frate cappuccino si rivolge a Dio con questa supplica: "O grande Dio degli eserciti, guardaci prostrati qui ai piedi della tua maestà, per impetrarti il perdono delle nostre colpe. Sappiamo bene di aver meritato che gl'infedeli impugnino le armi per opprimerci, perché le iniquità, che ogni giorno commettiamo contro la tua bontà, hanno giustamente provocato la tua ira [...] Non dimenticare, o Signore, che, se tu permetterai che gl'infedeli prevalgano su di noi, essi bestemmieranno il tuo santo Nome e derideranno la tua potenza, ripetendo mille volte: ‘Dov'è il loro Dio, quel Dio che non ha potuto liberarli dalle nostre mani?' Non permettere, o Signore, che ti si rinfacci di aver permesso la furia dei lupi, proprio quando t'invocavamo nella nostra miserevole angoscia. Vieni a soccorrerci, o gran Dio delle battaglie!".Mentre Vienna è in preghiera, dopo aver celebrato la messa sulla collina di Kahlenberg davanti a tutto l'esercito, rivolto a Sobieski Marco grida: Iohannes vinces (Giovanni vincerai). La vittoria dell'esercito cristiano sull'esercito turco è una disfatta di proporzioni incalcolabili quanto impreviste. Al punto che Maometto IV invierà al suo gran visir una corda di seta verde invitandolo a mettere fine alla sua vita con quella. L'indomani, mentre si dice che i pasticceri viennesi inventino i cornetti, un dolce a forma di mezzaluna, nella chiesa della Madonna di Loreto viene celebrato il solenne Te Deum di ringraziamento e Innocenzo XI, attribuendo la vittoria all'intercessione della Vergine Maria, decide di festeggiare lo scampato pericolo istituendo il 12 settembre la festa del Santo Nome di Maria.Al contrario dell'Occidente cristiano che non sa più chi sia e che, di conseguenza, ha perso la memoria, l'islam la storia la ricorda bene. Dopo trecentodiciotto anni, un 11 settembre, l'11 settembre del 2001, l'islam è in grado di prendere la rivincita e le torri di Manhattan crollano.
Kufa è una delle città più belle e significative dell'Iraq, nota per aver dato i natali ad Abu Hanifa, al cufico ed essere il luogo in cui venne assassinato Ali ibn Abi Talib, nipote e genero del Profeta, nonché figura chiave del mondo sciitaSeguite tutti gli aggiornamenti sulla pagina instagram @medioorienteedintorni , per articoli e podcast visitate il nostro sito https://mediorientedintorni.com/ trovate anche la "versione articolo". Vuoi avere tutto in unico posto? Iscriviti al gruppo Telegram: https://t.me/mediorientedintorni Ogni like, condivisione o supporto è ben accetto e ci aiuta a dedicarci sempre di più alla nostra passione: raccontare il Medio Oriente
Alessandro Barbero è ospite dell'associazione La Semina in questo reperto del 2015 poco conosciuto per parlare delle origini del Califfato e dei pregiudizi e luoghi comuni duri a morire sull'impero Ottomano. Titolo dell'incontro: "Alle origini del Califfato: l'impero Ottomano al di là dei pregiudizi e dei luoghi comuni".Pagina Facebook LaSemina: https://www.facebook.com/laseminaofficialFonte: https://www.youtube.com/watch?v=_sqPz095RP4..// Disclaimer //Tutti gli audio disponibili sono utilizzati negli episodi dopo previo consenso e accordo con i distributori originali di altre piattaforme e/o comunque distribuiti liberamente e originariamente con licenze CC BY 4.0 e affini, viene sempre riportata la fonte. I titoli potrebbero differire in caso di titoli troppo lunghi.Per qualsiasi dubbio o problema contattateci PER FAVORE prima alla nostra mail: flamsteed46[@]gmail[dot]com
Suggerimento n. 44 - Da ''Tehran'' a ''One Mississipi'' a ''Califfato''.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6579LIBERTA' RELIGIOSA VIOLATA PER 5 MILIARDI DI PERSONEIl Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo 2021, pubblicato dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) e giunto alla sua XV edizione, evidenzia che in una nazione su tre si registrano gravi violazioni della libertà religiosa. Secondo lo studio, presentato oggi ufficialmente a Roma con la partecipazione di Asia Bibi (in collegamento) e in altre grandi città in tutto il mondo, questo diritto fondamentale non è stato rispettato in 62 dei 196 Paesi sovrani (31,6% del totale) nel biennio 2018-2020.IL CALIFFATO TRANSCONTINENTALE E L'ABUSO DELLA TECNOLOGIA DIGITALE«In 26 di queste nazioni si soffre la persecuzione», dichiara Alessandro Monteduro, direttore di Acs Italia. «Nove Paesi per la prima volta si sono aggiunti alla lista: sette in Africa (Burkina Faso, Camerun, Ciad, Comore, Repubblica Democratica del Congo, Mali e Mozambico) e due in Asia (Malesia e Sri Lanka). La causa principale è la progressiva radicalizzazione del continente africano, specie nelle aree sub-sahariana e orientale, dove la presenza di gruppi jihadisti è notevolmente aumentata», prosegue Monteduro.Violazioni della libertà religiosa si sono verificate nel 42% delle nazioni africane. Burkina Faso e Mozambico rappresentano due casi eclatanti. «Questa radicalizzazione non si limita tuttavia all'Africa. Il Rapporto - sottolinea Monteduro - descrive il consolidamento di un network islamista transnazionale che si estende dal Mali al Mozambico, dalle Comore nell'Oceano Indiano alle Filippine nel Mar Cinese Meridionale, il cui scopo è creare un sedicente califfato transcontinentale».Il Rapporto evidenzia una nuova frontiera: l'abuso della tecnologia digitale, delle cyber networks, della sorveglianza di massa basata sull'intelligenza artificiale (Ai) e sulla tecnologia del riconoscimento facciale per assicurare un maggiore controllo con finalità discriminatorie. Questo fenomeno è evidente soprattutto in Cina, dove il Partito Comunista sta reprimendo i gruppi religiosi con l'ausilio di 626 milioni di telecamere di sorveglianza con tecnologia Ai e con l'aiuto dei sensori degli smartphone. Anche i gruppi jihadisti stanno impiegando la tecnologia digitale per favorire la radicalizzazione e per il reclutamento di nuovi terroristi.In 42 Paesi (21% del totale), abbandonare o cambiare la propria religione può determinare gravi conseguenze legali e/o sociali, con uno spettro di possibili conseguenze che va dall'ostracismo familiare alla pena di morte. La ricerca di Acs denuncia anche l'incremento della violenza sessuale impiegata come un'arma contro le minoranze religiose, in particolare i crimini contro donne adulte e minorenni le quali vengono rapite, violentate e costrette a ripudiare la loro fede per abbracciare coattivamente quella maggioritaria.LA PERSECUZIONE "EDUCATA" E L'IMPATTO DEL COVID-19Il 67% circa della popolazione mondiale, pari a circa 5,2 miliardi di persone, vive attualmente in nazioni in cui si verificano gravi violazioni della libertà religiosa. Fra di esse vi sono quelle più popolose: Cina, India e Pakistan. Anche la persecuzione religiosa da parte dei governi autoritari si è intensificata. La promozione della supremazia etnica e religiosa in alcune nazioni asiatiche a maggioranza indù e buddista ha contribuito a intensificare l'oppressione ai danni delle minoranze, riducendone spesso i componenti a livello di cittadini di seconda classe. L'India rappresenta il caso più eclatante, ma tali politiche vengono applicate anche in Pakistan, Nepal, Sri Lanka e Myanmar.In Occidente si registra una diffusione della «persecuzione educata», secondo l'espressione coniata da papa Francesco per descrivere il conflitto fra le nuove tendenze culturali e i diritti individuali alla libertà di coscienza, conflitto a causa del quale la religione viene relegata nel ristretto perimetro dei luoghi di culto.Il Rapporto fa cenno anche al profondo impatto della pandemia da Covid-19 sul diritto alla libertà religiosa. A fronte di una tale emergenza, i governi hanno ritenuto necessario imporre misure straordinarie, applicando in alcuni casi limitazioni sproporzionate al culto religioso, specie se confrontate con quelle imposte ad altre attività secolari. In alcuni paesi, come ad esempio il Pakistan e l'India, gli aiuti umanitari sono stati negati alle minoranze religiose. La pandemia è stata utilizzata specie nei social network quale pretesto per stigmatizzare alcuni gruppi religiosi accusati di aver diffuso o addirittura causato la pandemia.Secondo Alfredo Mantovano, presidente di Acs Italia, «a causa della pandemia ci siamo abituati a ragionare e a operare in termini di zone rosse, zone arancione, e così via, a seconda dell'intensità del contagio. Il Rapporto adopera da 22 anni la differente intensità dei colori per rendere visivamente chiara l'intensità della persecuzione religiosa nel mondo. Ma nel Rapporto ai colori non corrisponde la tipologia di esercizi commerciali che possono stare aperti o che devono chiudere. Le restrizioni», prosegue Mantovano, «attengono all'esercizio di un diritto umano fondamentale, dai luoghi nei quali la condanna a morte colpisce chi mostra in pubblico i segni della propria fede, a quelli che sono teatro tragico dell'uso seriale e programmato della violenza sessuale nei confronti delle giovani donne colpevoli di appartenere a una comunità religiosa da cancellare», conclude il presidente di Acs Italia.
Gerusalemme chiama, il Bar risponde!Torniamo dopo la puntata dello scorso sabato a parlare del mondo arabo e torniamo a bomba raccontandovi della conquista del Medio Oriente e di Gerusalemme!Tratteremo infatti del periodo immediatamente successivo alla morte di Maometto e di come la guida dei primi quattro successori, i cosiddetti Califfi "ben guidati", abbia portato un'espansione velocissima e quasi incontrastata ai danni di due imperi antichi ma in difficoltà: l'impero romano d'oriente e quello persiano sasanide. Parleremo poi della dinastia omayyade che porterà un grande cambiamento all'interno della concezione stessa del dominio arabo sul mondo e poi di come questa sia capitolata in favore di un'altra grande dinastia.Un enorme grazie va a tutti i nostri avventori appartenenti alla Giovine Italia che ci sostengono su Patreon: Simonetta Pastorino, Andrea Margini, Tommaso Ottali, Andrea D'Agostini, Michele Sessa, Marzia Rositani e Massimiliano e un grazie speciale al combattente delle cinque giornate Paolo Tazzioli!Direttamente dalla Legione Italiana di Patreon oggi ringraziamo Pasquale Miranda per il suo supporto!SOSTIENICI SU PATREON: https://www.patreon.com/barstoriaCANALE TELEGRAM: t.me/barstoriaPAGINA INSTAGRAM: www.instagram.com/bar_storiaCeltic Impulse - Kevin MacLeod (incompetech.com)Licensed under Creative Commons: By Attribution 3.0 Licensehttp://creativecommons.org/licenses/by/3.0/Tabuk by Kevin MacLeodLink: https://incompetech.filmmusic.io/song/4453-tabukLicense: https://filmmusic.io/standard-license
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6420LE PRIMAVERE ARABE FURONO (E SONO) UN INCUBODopo 10 anni è evidente: oggi rimangono soprattutto le macerie (centinaia di migliaia di morti, guerre civili, terrorismo islamico, paesi divisi, caos e disperazione)di Leone GrottiIl 17 dicembre di dieci anni fa il rivenditore ambulante di frutta Mohamed Bouazizi si diede fuoco nella città tunisina di Sidi Bouzid per inscenare un'ultima estrema protesta contro i continui soprusi subiti per mano della polizia del regime di Zine el Abidine Ben Ali. Il suo gesto scatenò un movimento inaspettato di rivolta contro la dittatura che deflagrò l'anno successivo in tutto il mondo arabo. Iniziò così il movimento conosciuto come Primavera araba, che convogliò l'entusiasmo e il desiderio di cambiamento di migliaia di giovani nei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Grazie anche al sostegno interessato dell'Occidente, in particolare degli Stati Uniti del premio Nobel per la pace Barack Obama, le piazze di Tunisia, Egitto, Libia, Siria, Yemen e Bahrein furono invase da manifestazioni variopinte, attraversate da richieste legittime e prese di posizioni coraggiose. Ma il sogno di quei giovani, per motivi che variano da paese a paese, si trasformò rapidamente in incubo e a dieci anni di distanza di quell'esperienza rimangono soprattutto le macerie: centinaia di migliaia di morti, guerre civili e per procura, terrorismo islamico, paesi divisi, dissolti o distrutti, caos e disperazione che hanno fatto la fortuna di alcuni (come Erdogan) e portato alla luce la debolezza e la divisione di altri (come l'Unione Europea).IN TUNISIA VINCE LA DISILLUSIONELa Tunisia, dove tutto ebbe inizio, è l'unico paese che può vantare in mezzo a mille problemi rimasti irrisolti qualche successo. I tunisini possono ora eleggere i propri rappresentanti, hanno la libertà di criticare lo Stato, la Costituzione è stata riscritta e migliorata ma nessuno ha voglia di festeggiare. Disoccupazione e disuguaglianze, terrorismo e instabilità, continuano ad affliggere il paese: il Parlamento è frammentato e incapace di dare vita a un governo stabile, un numero incredibilmente elevato di giovani non desidera altro che salire su un'imbarcazione di fortuna per tentare l'ingresso illegale in Europa, mentre il jihad continua a rappresentare l'unica valida alternativa per migliaia di persone. Ne sa qualcosa la Francia, dove il 29 ottobre il 21enne tunisino Brahim Aoussaoui, sbarcato clandestinamente a Lampedusa il 20 settembre, ha ucciso tre fedeli nella basilica di Notre-Dame a Nizza al grido di «Allahu Akbar». «Qualcosa è andato storto negli ultimi dieci anni», dichiara sconsolato alla Reuters un giovane disoccupato di Sidi Bouzid, che non sa che farsene del suo diritto di voto. «Il governo non fornisce alcun aiuto e quest'anno la rabbia è molto più grande che in passato».IN EGITTO L'ESERCITO MANTIENE IL CONTROLLODifficilmente a gennaio Piazza Tahrir, al Cairo, si riempirà di nuovo come nel gennaio 2011. La rivoluzione portò alla deposizione di Hosni Mubarak, è vero, ma il tentativo dei Fratelli Musulmani di conquistare il potere assoluto e la conseguente deposizione manu militari del presidente della Fratellanza Mohamed Morsi da parte dell'allora generale e oggi presidente Abdel Fattah al Sisi hanno dato a troppi egiziani l'impressione che, in fondo, non sia cambiato nulla. A comandare in Egitto è ancora l'esercito (il caso Regeni è solo un piccolo esempio di quanto esso possa commettere abusi nella totale impunità), dissentire con le politiche governative è impossibile e le più ampie libertà sognate dalla piazza sono rimaste tali: un sogno. I cristiani copti tendono a vedere l'altro lato della medaglia: senza l'intervento dell'esercito oggi l'Egitto sarebbe probabilmente un califfato islamico. I Fratelli musulmani sono stati dichiarati un'organizzazione terroristica, lo Stato ha pagato la ricostruzione delle oltre 60 chiese bruciate dalla Fratellanza nel 2013 e ha finalmente autorizzato la costruzione di nuovi edifici di culto anche per i cristiani. Nonostante questo, i copti difficilmente possono sentirsi al sicuro a casa loro e l'assassinio pochi giorni fa di un cristiano in pieno giorno da parte di due estremisti islamici ad Alessandria ne è la prova più tangibile.LA LIBIA DISTRUTTA E "CONQUISTATA" DA ERDOGAN La Libia è uno dei paesi che ha pagato più a caro prezzo una concezione idolatrica e storicamente disincarnata della libertà. Il dittatore Muammar Gheddafi è stato eliminato il 20 ottobre 2011 grazie all'intervento della Nato che, spinta da una Francia spregiudicata e desiderosa di scippare all'Italia la sua posizione privilegiata nell'ex colonia ricca di petrolio, insieme al regime ha abbattuto anche il paese nordafricano. Oggi non esiste più un vero Stato unitario chiamato Libia, ma solo un insieme di territori divorati da una guerra civile sanguinosa della quale hanno saputo approfittare attori luciferini e senza scrupoli. L'Isis è stato per fortuna debellato, anche se il sangue dei 21 martiri copti non verrà facilmente lavato dalle coste di Sirte. Ma il paese dove l'unità sembra ancora irraggiungibile, e dove il peso politico dell'Italia è sempre più evanescente, è ora sotto la sulfurea influenza del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, desideroso di affermare la sua potenza nel Mediterraneo e pericolosamente a guardia dei flussi migratori in grado di destabilizzare politicamente l'Europa intera.IN YEMEN LA CRISI UMANITARIA PIÙ GRAVE DEL MONDODi ciò che una volta veniva chiamato Yemen restano soltanto le macerie ormai. Il vuoto lasciato dalla cacciata del dittatore Saleh è stato riempito da una guerra civile sponsorizzata dagli eterni contendenti del mondo arabo: Arabia Saudita da una parte e Iran dall'altra. L'Occidente ha presto dimenticato il paese della Penisola araba, dove il potere è attualmente diviso tra ribelli sciiti houthi, il governo sunnita appoggiato dai sauditi, il Consiglio meridionale di transizione, lo Stato islamico e Al Qaeda. La guerra che va avanti ormai da sei interminabili anni ha già fatto più di 100 mila morti, molti dei quali civili, caduti spesso sotto le bombe saudite che l'Onu non ha mai avuto il coraggio di condannare, nel paese è in corso la più grave crisi umanitaria del mondo e 13 milioni di persone rischiano attualmente di morire di fame.LA FOLLE MATTANZA SIRIANAIl 15 marzo la guerra siriana compirà dieci anni. Le cifre non possono bastare a dare l'idea della devastazione subita dalla popolazione per mano di una coalizione internazionale di paesi che ha appoggiato con soldi e armi un gruppo di "ribelli" che si sono presto rivelati jihadisti, amanti (poco) della libertà e (molto) del terrore. Il dittatore Bashar al Assad, grazie all'intervento di Russia e Iran, è rimasto in sella ma nel paese mediorientale sono morte tra le 400 mila e le 600 mila persone, circa il 2 per cento della popolazione. Come se non bastasse, gli sfollati interni sono almeno 6,5 milioni, oltre ai tre milioni scappati all'estero.La guerra siriana, fomentata dall'Occidente, ha fatto la fortuna di gruppi jihadisti come Al Qaeda e lo Stato islamico, che ha ricambiato l'Europa con una serie interminabile di attentati terroristici, arrivando a instaurare un vastissimo Califfato in Iraq e Siria, poi crollato nel giro di due anni. Attualmente rimane una sola provincia, quella di Idlib, in mano agli islamisti sostenuti politicamente dalla Turchia ma la popolazione siriana è stremata e la sua condizione è ulteriormente aggravata dalle sanzioni occidentali.IL DISASTRO DI OBAMALe Primavere arabe non sarebbero state possibili senza la politica ondivaga e irrazionale di Barack Obama. Il presidente americano, infatti, insignito nel 2009 con il premio Nobel per la pace preventivo (mai nomina si rivelò più sbagliata), prima scaricò davanti alle proteste di Piazza Tahrir Mubarak, alleato decennale degli Usa, poi salutò con entusiasmo l'elezione a presidente di Morsi, infine non denunciò il colpo di Stato di Al Sisi, lasciando dichiarare al suo segretario di Stato, John Kerry: «La rivoluzione è stata rubata dai Fratelli musulmani».Allo stesso tempo diede il via libera per il bombardamento della Libia, salvo poi abbandonarla al suo destino (la guerra civile), e fece di tutto per appoggiare le milizie islamiche siriane e abbattere Assad, senza (fortunatamente) percorrere l'ultimo miglio e invadere il paese. Infine, non ha alzato ciglio davanti alla repressione delle proteste in Bahrain, appoggiando militarmente l'Arabia Saudita per reprimere quelle in Yemen. Infine, ha trovato un accordo con l'Iran per il congelamento delle attività nucleari.Ricapitolando: ha appoggiato i Fratelli musulmani in Egitto e Libia contro i rispettivi governi, poi ha sostenuto l'esercito contro i Fratelli musulmani in Egitto; ha fiancheggiato i sunniti contro gli sciiti in Bahrein e Yemen e poi ha trovato un accordo con l'Iran sciita per danneggiare l'Arabia Saudita sunnita. In Siria ha finanziato i ribelli siriani, facilitando la diffusione dell'Isis, per poi combatterlo, anche se in modo non risolutivo.LA POLITICA DELL'INSTABILITÀAl di là degli errori strategici di Obama, il politologo francese Henri Hude ha commentato così la politica di quegli anni: «Gli Stati Uniti conducono una politica egemonica camuffata da politica liberale universalista. Il gioco sul "grande scacchiere" consiste nel mantenere il loro potere evitando l'emergere di un rivale globale. A questo scopo, l'islamismo è l'alleato a rovescio tanto indispensabile agli Stati Uniti quanto lo erano i turchi per il re di Francia contro l'imperatore d'Asburgo. Questo principio permette di comprendere come gli Stati Uniti mantengano una relazione ambigua con gli islamisti, che ostentano odio per il "Grande Satan
L'attentato della scorsa settimana nel quale sono rimaste uccise due guide locali e sei cooperanti francesi in Niger, il colpo di stato in Mali, l'instabilità del Burkina Faso, i gruppi jihadisti in agguato: il Sahel è sempre più il terreno fertile per la nascita di un nuovo Califfato? Ne abbiamo parlato con Camillo Casola, analista ISPI - Istituto per gli studi di politica internazionale ed esperto di Sahel, e con Jean-Hervé Jezequel, direttore progetto Saheldell'International Crisis Group.
E’ l’anno 798 e i nobili franchi Loffredo e Sigismondo, accompagnati dall’ebreo Isacco con compito di interprete, dopo aver viaggiato lungo migliaia di chilometri e per oltre un anno, giungono in vista della splendida capitale del grande Califfato degli infedeli: Baghdad…. sulla vasta spianata desertica, si innalza colossale la mole di mura straordinarie per potenza … Leggi tutto "Il medioevo in Italia e in Europa – vol 2 – Cap 7/3 – Il mondo intorno all’Impero Carolingio."
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6219SANTA SOFIA TRASFORMATA IN MOSCHEA: ERDOGAN VUOLE RESTAURARE L'IMPERO OTTOMANO di Souad SbaiSe qualcuno nutriva ancora dei dubbi sulle intenzioni restauratrici neo-ottomane del sultano Erdogan, la decisione della Corte suprema turca che spiana la strada alla riconversione in moschea di Santa Sophia a Istanbul dovrebbe mettere in chiaro una volta per tutte la realtà della minaccia rappresentata dai Fratelli Musulmani.Obiettivo della Fratellanza fin dalla sua fondazione in Egitto nel 1928, è la rinascita del Califfato abolito da Ataturk nel 1924. Attraverso i decenni, è passato quasi un secolo, tale aspirazione ha trovato pieno slancio e vigore politico proprio in Turchia nell'islamismo incarnato da Erdogan, di cui solo la decadenza culturale occidentale poteva non riconoscerne immediatamente la vera natura. Eppure Erdogan lo aveva detto in maniera chiara e inequivocabile già prima d'intraprendere la scalata politica e istituzionale che lo avrebbe portato al vertice supremo del regime fondamentalista e liberticida da lui oggi instaurato: "I minareti sono le nostre baionette, le cupole i nostri elmetti, le moschee le nostre caserme". E per averlo detto ha affrontato persino il carcere. Alla sua chiarezza, non è stato però dato sufficiente credito, al punto che Europa e Stati Uniti ne hanno persino favorito l'ascesa al potere. Inutile ora piangere sul latte versato, di fronte al "mostro" che mostra in tutta evidenza i suoi tratti somatici.I numerosi manifestanti accorsi nel piazzale antistante Santa Sophia per festeggiare subito dopo la sentenza della Corte, alzando il braccio con le quattro dita della "rabia", gesto tipico dei Fratelli Musulmani ripetutamente utilizzato da Erdogan, hanno così lanciato la sfida dell'islamismo al mondo intero, come a dire: "Siamo tornati, e vinceremo", una dichiarazione di guerra che ha scaldato i cuori dei milioni di seguaci della Fratellanza diffusi e ben radicati in tutti i continenti. Niente più ricerca del dialogo e della coesistenza pacifica tra religioni e culture diverse, dunque, ma sottomissione e predominio, a partire da Santa Sophia, simbolo della chiusura del capitolo storico delle guerre con il cristianesimo, capitolo che Erdogan ha invece riaperto, rilanciando contemporaneamente con le sue dichiarazioni (in arabo) quello relativo a Gerusalemme e alla moschea di Al Aqsa, quali culmine della riconquista del Medio Oriente di ottomana memoria.Le vicende di Siria, Egitto, Tunisia, Libia, per citare i casi più eclatanti, non ci dicono ancora nulla? Come contrastare, oggi e domani, l'espansionismo militare islamista capitanato da Erdogan, che per avanzare si serve senza scrupoli anche del terrorismo jihadista? Il prossimo passo sarà la ricostituzione ufficiale del Califfato: il sultano Erdogan I e i suoi successori non si fermeranno.Nota di BastaBugie: Silvia Scaranari nell'articolo seguente dal titolo "Basilica, moschea o museo: il difficile ruolo di Santa Sofia" racconta la storia della Basilica di Santa Sofia voluta dall'imperatore Costantino nel IV secolo e che è stata per oltre mille anni una chiesa cristiana.Ecco l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 6 luglio 2020:Santa Sofia a Istanbul è simbolo di un passato che non è più. [...] Progettata a partire dal 350 d.C., più volte distrutta e ricostruita con significativi cambi di stile, deve l'aspetto attuale all'imperatore Giustiniano che ne ordina la nuova progettazione nel 532, dopo l'ennesimo incendio che l'aveva distrutta quasi completamente, affidandone il progetto a Isidoro di Mileto. Sempre Giustiniano la fa consacrare nel 537 e da quel momento diventa la sede del Patriarcato di Costantinopoli e delle cerimonie imperiali bizantine.Dopo lo scisma fra cattolici e ortodossi del 1054 resta ovviamente di rito ortodosso tranne un breve periodo in cui è trasformata in cattedrale cattolica durante la IV crociata e il successivo Regno Latino d'Oriente (1204-61) divenendo anche luogo per l'incoronazione ad imperatore di Baldovino I.Ritornata in mano ai bizantini nel 1261 subisce un nuovo e radicale cambio di destinazione nel 1453 dopo la conquista della città da parte dei musulmani guidati da Maometto II. Nella sua decisa avversione verso i cristiani ordina subito che venga convertita in moschea con il nome di Aya Sofya. Fa costruire all'esterno i minareti che ancora oggi la circondano e coprire con calce bianca gli affreschi interni. Inoltre la dota di un ricco mihrab, la tipica nicchia che indica la direzione della Mecca e di fronte alla quale i fedeli musulmani compiono le preghiere rituali. Molti elementi tipici dell'arte ottomana sono aggiunti nel tempo per rispondere al desiderio dei sultani di abbellire questo luogo sacro, luogo di preghiera ma soprattutto luogo simbolo della sconfitta dei cristiani.Con la fine della Prima Guerra Mondiale la Turchia, cuore dell'impero ottomano sconfitto e sgretolato in diversi staterelli dagli accordi di Sèvres, si trasforma in una Repubblica laica sotto la guida del Presidente Mustafa Kemal Atatürk (Padre dei Turchi, 1881-1938).Mustafa Kemal, nato a Salonicco da una famiglia di condizioni medio-basse (il padre prima ufficiale dell'esercito poi commerciante di legname) viene educato all'islam ma fin da giovane si avvicina ai Giovani Turchi, di impostazione nazionalista e laica, poi fa una brillante carriera militare e aderisce alla massoneria turca relegando la fede ad una dimensione puramente formale. Salito al potere instaura una politica di severa laicizzazione in tutta la Turchia, introducendo riforme che portano sempre di più la nuova nazione nell'orbita occidentale. Nel 1935 improvvisamente una decisione azzardata ma di forte valore simbolico: la moschea Aya Sofya deve essere trasformata in un museo. [...]Sotto la guida del Governo da parte di Erdoğan, dal 2013 dai minareti del "museo" viene lanciato l'invito alla preghiera. Il Presidente della Repubblica, visitando il Museo in veste ufficiale nell'anniversario della conquista di Costantinopoli, ha recitato l'apertura del Corano in ricordo di tutti quelli che hanno lavorato per restaurarla ma soprattutto per coloro che l'hanno conquistata. Con questo gesto ha palesemente espresso l'intento di ripristinare l'antico ruolo di moschea dell'attuale museo.
Dalla proclamazione del Califfato alla sconfitta sul campo fino al crollo del petrolio e l’arrivo della pandemia. Come cambia il terrorismo jihadista ai tempi del coronavirus?Non ricevi ancora questo podcast, ogni settimana, via newsletter? Puoi iscriverti qui: https://www.ispionline.it/it/iscriviti-podcast-ispi
È cominciata in Siria la battaglia per riconquistare l’ultimo area controllata dallo Stato Islamico, che negli ultimi quattro anni ha perso il 99% dei suoi territori. E Donald Trump ha annunciato la fine dell’ISIS, ordinando il ritiro delle truppe americane nel paese. Elena Zacchetti ci spiega che le cose sono più complesse di così, e che quello che un tempo si chiamava Califfato è diventato qualcosa di diverso, ma comunque molto pericoloso.
Sedicesima rubrica della quarta stagione (2018/19) della trasmissione radiofonica Equilibrium Network: https://www.facebook.com/EquilibriumNetwork/In collaborazione con Geopoliticalcenter.com: https://www.facebook.com/GeoPoliticalCenter/TEMI TRATTATI: - Finisce il Califfato in Siria- Problemi in Iraq- Situazione nel Rojava- Il vertice trilaterale Putin, Erdogan, Rouhani- I convitati di pietra- Il fronte anti-Iran in PoloniaIn onda ogni martedì, dalle 22:00, su NeverwasRadio: https://www.facebook.com/neverwasradio/ Conduttori della trasmissione EQ Network: Alessandro Leonardi e Fabrizio Pizzolato
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Il protagonista di questa prima puntata è la minaccia mondiale dell'ISIS, in particolare la vita in uno dei paesi caduti sotto il controllo del Califfato: la Siria. Ad aiutare la discussione, il libro "I diari di Raqqa. Vita quotidiana sotto l'ISIS" di Samer, pseudonimo del giovane scrittore (fuggito da Raqqa e oggi in un campo profughi), che nel testo racconta la sua esperienza diretta di vita in Siria contro l'ISIS.
Seconda rubrica della terza stagione (2017/18) della trasmissione radiofonica Equilibrium Network: https://www.facebook.com/EquilibriumNetwork/In collaborazione con Geopoliticalcenter.com: https://www.facebook.com/GeoPoliticalCenter/TEMI TRATTATI: - La fine del Califfato in Siria & Iraq- La rete del terrore- I foreign fighters in EuropaIn onda ogni martedì, dalle 22:30, su NeverwasRadio: https://www.facebook.com/neverwasradio/ Conduttori della trasmissione EQ Network: Alessandro Leonardi e Fabrizio Pizzolato
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Undicesima rubrica della trasmissione radiofonica Equilibrium Network: https://www.facebook.com/EquilibriumNetwork/In collaborazione con Geopoliticalcenter.com: https://www.facebook.com/GeoPoliticalCenter/TEMI TRATTATI: - Isis a Mosul- Gli sponsor dell'Isis- Raqqa e i curdi- Al Bab e i turchi- La fine dell'Isis? In onda ogni martedì, dalle 22:30, su NeverwasRadio: https://www.facebook.com/neverwasradio/ Conduttori della trasmissione EQ Network: Alessandro Leonardi e Fabrizio Pizzolato
Undicesima rubrica della trasmissione radiofonica Equilibrium Network: https://www.facebook.com/EquilibriumNetwork/In collaborazione con Geopoliticalcenter.com: https://www.facebook.com/GeoPoliticalCenter/TEMI TRATTATI: - Isis a Mosul- Gli sponsor dell'Isis- Raqqa e i curdi- Al Bab e i turchi- La fine dell'Isis? In onda ogni martedì, dalle 22:30, su NeverwasRadio: https://www.facebook.com/neverwasradio/ Conduttori della trasmissione EQ Network: Alessandro Leonardi e Fabrizio Pizzolato
Conduce Giancarlo Loquenzi. Ospiti: Maurizio Molinari (corrispondente de "La Stampa" a Gerusalemme), Carlo Panella (giornalista e scrittore autore de "Il libro nero del Califfato" Rizzoli),ascoltatori.
Conduce Giancarlo Loquenzi,scheda di Valeria D'Onofrio. Ospiti: Maurizio Molinari (corrispondente de "La Stampa" a Gerusalemme), Carlo Panella (giornalista e scrittore autore de "Il libro nero del Califfato" Rizzoli)
La realtà quotidiana italiana è costellata di casi paradossali dove la burocrazia offende il buonsenso, e sfida le più basilari leggi: dalle diecimila norme scritte in "burocratese" che regolano il commercio dell'acqua minerale, al caso del dipendente statale che per contratto deve lavorare un minuto alla settimana. Una burocrazia a tratti kafkiana, più spesso pirandelliana che, se non fosse per il fatto che incide direttamente e pesantemente sulla vita dei cittadini (e sulle loro finanze), sarebbe tutta da ridere. Ma c'è un modo per semplificare le nostre leggi affinché non rappresentino un peso inefficiente e, soprattutto, incomprensibile? Ne parliamo con Michele Ainis, professore di diritto pubblico all'Università Roma Tre, con Enrico Zanetti, Sottosegretario di Stato del Ministero dell'Economia e delle Finanze, con Maurizio Caprino, giornalista de "Il Sole 24 Ore" e con Gian Antonio Stella, giornalista che al tema della burocrazia ha dedicato il suo ultimo libro "Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli, la guerra infinita alla burocrazia" (Feltrinelli, 2014). In apertura, l'evoluzione del terrorismo internazionale. L'uccisione dell'archeologo Khaled Asaad, che a Palmira si era rifiutato di rivelare ai miliziani dell'ISIS il luogo dove aveva nascosto dalla furia iconoclasta del Califfato centinaia di reperti antichi, e l'attentato davanti al Palazzo della Sicurezza nazionale del Cairo sono infatti gli ultimi episodi di una lunga scia di sangue. L'ISIS continua ad impiegare tutte le sue forze per espandersi e per consolidare la sua presenza sul territorio siriano, e lo fa utilizzando precise metodologie mediatiche, rivolte al mondo esterno. Si tratta di messaggi di diverso tipo: da un lato la linea del terrore, e dei messaggi indirizzati agli infedeli, e quella più spiccatamente propagandistica, che mira invece ad attrarre nuovi "talenti" e professionisti, per fare del Califfato una vera e propria potenza mondiale. Significativa in questo senso è l'esistenza di una guida turistica in inglese, diffusa in rete dallo scorso maggio, che dipinge lo Stato Islamico come un "magnete di talenti", dove si possono godere di un clima "da resort" e di ottimi servizi pubblici, e che evita accuratamente di menzionare decapitazioni e repressioni. Approfondiamo la complessità di questo tipo di comunicazione con Riccardo Mazzon, co-autore con Antonio Albanese e Graziella Giangiulio del documentario "Stato Islamico: nascita di un format", con Giampiero Gramaglia, giornalista del Fatto Quotidiano ed Consigliere per la comunicazione dell'IAI (Istituto Affari Internazionali), e con Padre Giuseppe Scattolin, missionario comboniano, e professore di mistica islamica all'Università Gregoriana, al PISAI e a Dar Comboni (Cairo).
La realtà quotidiana italiana è costellata di casi paradossali dove la burocrazia offende il buonsenso, e sfida le più basilari leggi: dalle diecimila norme scritte in "burocratese" che regolano il commercio dell'acqua minerale, al caso del dipendente statale che per contratto deve lavorare un minuto alla settimana. Una burocrazia a tratti kafkiana, più spesso pirandelliana che, se non fosse per il fatto che incide direttamente e pesantemente sulla vita dei cittadini (e sulle loro finanze), sarebbe tutta da ridere. Ma c'è un modo per semplificare le nostre leggi affinché non rappresentino un peso inefficiente e, soprattutto, incomprensibile? Ne parliamo con Michele Ainis, professore di diritto pubblico all'Università Roma Tre, con Enrico Zanetti, Sottosegretario di Stato del Ministero dell'Economia e delle Finanze, con Maurizio Caprino, giornalista de "Il Sole 24 Ore" e con Gian Antonio Stella, giornalista che al tema della burocrazia ha dedicato il suo ultimo libro "Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli, la guerra infinita alla burocrazia" (Feltrinelli, 2014). In apertura, l'evoluzione del terrorismo internazionale. L'uccisione dell'archeologo Khaled Asaad, che a Palmira si era rifiutato di rivelare ai miliziani dell'ISIS il luogo dove aveva nascosto dalla furia iconoclasta del Califfato centinaia di reperti antichi, e l'attentato davanti al Palazzo della Sicurezza nazionale del Cairo sono infatti gli ultimi episodi di una lunga scia di sangue. L'ISIS continua ad impiegare tutte le sue forze per espandersi e per consolidare la sua presenza sul territorio siriano, e lo fa utilizzando precise metodologie mediatiche, rivolte al mondo esterno. Si tratta di messaggi di diverso tipo: da un lato la linea del terrore, e dei messaggi indirizzati agli infedeli, e quella più spiccatamente propagandistica, che mira invece ad attrarre nuovi "talenti" e professionisti, per fare del Califfato una vera e propria potenza mondiale. Significativa in questo senso è l'esistenza di una guida turistica in inglese, diffusa in rete dallo scorso maggio, che dipinge lo Stato Islamico come un "magnete di talenti", dove si possono godere di un clima "da resort" e di ottimi servizi pubblici, e che evita accuratamente di menzionare decapitazioni e repressioni. Approfondiamo la complessità di questo tipo di comunicazione con Riccardo Mazzon, co-autore con Antonio Albanese e Graziella Giangiulio del documentario "Stato Islamico: nascita di un format", con Giampiero Gramaglia, giornalista del Fatto Quotidiano ed Consigliere per la comunicazione dell'IAI (Istituto Affari Internazionali), e con Padre Giuseppe Scattolin, missionario comboniano, e professore di mistica islamica all'Università Gregoriana, al PISAI e a Dar Comboni (Cairo).
Ad un anno dalla caduta di Mosul e dalla cacciata dei Cristiani dalla città, come vivono i profughi e i quasi dieci milioni di abitanti rimasti prigionieri del Califfato. Riccardo Cristiano ne ha parlato con Padre Ayub Shahuan, coordinatore regionale della Federazione Biblica Mediorientale.
L'ABOLIZIONE DEL CALIFFATO IN TURCHIA raccontata da Marco Ansaldo
Lo Stato islamico avanza, conquista territori e popolazioni, impone la sua legge, recluta combattenti, diffonde messaggi e immagini di morte in nome del Califfato e di Allah...In questo spazio di approfondimento, grazie ai contributi della redazione esteri di Radio Popolare, ripercorriamo le tappe che hanno portato l'Isis a essere considerato la minaccia terroristica numero uno a livello globale...Da Kobane a San Francisco, abbiamo raccolto testimonianze, analisi, cronache, riflessioni che ci aiutano a capire chi sono questi jihadisti, chi li ha armati, come sfruttano la macchina della propaganda, come riescono a fare breccia anche in Europa con il proselitismo e perché la comunità internazionale se ne è accorta tardi. A cura di Valentina Redaelli (seconda parte)
Lo Stato islamico avanza, conquista territori e popolazioni, impone la sua legge, recluta combattenti, diffonde messaggi e immagini di morte in nome del Califfato e di Allah...In questo spazio di approfondimento, grazie ai contributi della redazione esteri di Radio Popolare, ripercorriamo le tappe che hanno portato l'Isis a essere considerato la minaccia terroristica numero uno a livello globale...Da Kobane a San Francisco, abbiamo raccolto testimonianze, analisi, cronache, riflessioni che ci aiutano a capire chi sono questi jihadisti, chi li ha armati, come sfruttano la macchina della propaganda, come riescono a fare breccia anche in Europa con il proselitismo e perché la comunità internazionale se ne è accorta tardi. A cura di Valentina Redaelli (prima parte)
Lo Stato islamico avanza, conquista territori e popolazioni, impone la sua legge, recluta combattenti, diffonde messaggi e immagini di morte in nome del Califfato e di Allah...In questo spazio di approfondimento, grazie ai contributi della redazione esteri di Radio Popolare, ripercorriamo le tappe che hanno portato l'Isis a essere considerato la minaccia terroristica numero uno a livello globale...Da Kobane a San Francisco, abbiamo raccolto testimonianze, analisi, cronache, riflessioni che ci aiutano a capire chi sono questi jihadisti, chi li ha armati, come sfruttano la macchina della propaganda, come riescono a fare breccia anche in Europa con il proselitismo e perché la comunità internazionale se ne è accorta tardi. A cura di Valentina Redaelli (seconda parte)
Lo Stato islamico avanza, conquista territori e popolazioni, impone la sua legge, recluta combattenti, diffonde messaggi e immagini di morte in nome del Califfato e di Allah...In questo spazio di approfondimento, grazie ai contributi della redazione esteri di Radio Popolare, ripercorriamo le tappe che hanno portato l'Isis a essere considerato la minaccia terroristica numero uno a livello globale...Da Kobane a San Francisco, abbiamo raccolto testimonianze, analisi, cronache, riflessioni che ci aiutano a capire chi sono questi jihadisti, chi li ha armati, come sfruttano la macchina della propaganda, come riescono a fare breccia anche in Europa con il proselitismo e perché la comunità internazionale se ne è accorta tardi. A cura di Valentina Redaelli (prima parte)
un figlio di dieci anni affascinato dalla propaganda del Califfato dello Stato Islamico
Ospiti: Umberto Rapetto, esperto di sicurezza informatica; Arturo Di Corinto, giornalista ed autore di " Nemici della rete"; Marco Mezzalama, esperto di cybercriminalità
Califfato: le cause dell'odio. Con Gianluca Parolin e Dimitri Grechi Espinoza
Loretta Napoleoni è un'economista. Studiosa da anni del terrorismo a livello internazionale, in particolare delle forme di finanziamento dei gruppi terroristici attraverso l'economia criminale. “Isis. Lo stato del terrore” è il titolo del suo ultimo libro (Feltrinelli). A Memos Napoleoni ricostruisce la storia delle origini del gruppo del cosiddetto “stato islamico”, i suoi sponsor internazionali, la formazione dello stato nella forma di un nuovo Califfato. «Rispetto ad altre esperienze di gruppi terroristici – sostiene Napoleoni - nel caso dello stato islamico abbiamo la costituzione di uno stato vero e proprio, quindi il controllo del territorio non è limitato ad una città, ad una piccola regione o ad un settore economico, ma ad un territorio vasto oggi quanto il Texas». Napoleoni descrive l'Isis attraverso la categoria della modernità quando si riferisce alla propaganda e ai metodi di finanziamento. In particolare la propaganda è fatta di un doppio messaggio, dice Napoleoni a Memos. «C'è un messaggio che l'Isis manda all'Occidente attraverso la barbarie, la paura, il terrore. Poi c'è un messaggio diretto al mondo musulmano che è del tutto diverso, è un messaggio positivo, seducente che dice "aiutateci a costruire il vostro stato"».
Loretta Napoleoni è un'economista. Studiosa da anni del terrorismo a livello internazionale, in particolare delle forme di finanziamento dei gruppi terroristici attraverso l'economia criminale. “Isis. Lo stato del terrore” è il titolo del suo ultimo libro (Feltrinelli). A Memos Napoleoni ricostruisce la storia delle origini del gruppo del cosiddetto “stato islamico”, i suoi sponsor internazionali, la formazione dello stato nella forma di un nuovo Califfato. «Rispetto ad altre esperienze di gruppi terroristici – sostiene Napoleoni - nel caso dello stato islamico abbiamo la costituzione di uno stato vero e proprio, quindi il controllo del territorio non è limitato ad una città, ad una piccola regione o ad un settore economico, ma ad un territorio vasto oggi quanto il Texas». Napoleoni descrive l'Isis attraverso la categoria della modernità quando si riferisce alla propaganda e ai metodi di finanziamento. In particolare la propaganda è fatta di un doppio messaggio, dice Napoleoni a Memos. «C'è un messaggio che l'Isis manda all'Occidente attraverso la barbarie, la paura, il terrore. Poi c'è un messaggio diretto al mondo musulmano che è del tutto diverso, è un messaggio positivo, seducente che dice "aiutateci a costruire il vostro stato"».
Loretta Napoleoni è un'economista. Studiosa da anni del terrorismo a livello internazionale, in particolare delle forme di finanziamento dei gruppi terroristici attraverso l'economia criminale. “Isis. Lo stato del terrore” è il titolo del suo ultimo libro (Feltrinelli). A Memos Napoleoni ricostruisce la storia delle origini del gruppo del cosiddetto “stato islamico”, i suoi sponsor internazionali, la formazione dello stato nella forma di un nuovo Califfato. «Rispetto ad altre esperienze di gruppi terroristici – sostiene Napoleoni - nel caso dello stato islamico abbiamo la costituzione di uno stato vero e proprio, quindi il controllo del territorio non è limitato ad una città, ad una piccola regione o ad un settore economico, ma ad un territorio vasto oggi quanto il Texas». Napoleoni descrive l'Isis attraverso la categoria della modernità quando si riferisce alla propaganda e ai metodi di finanziamento. In particolare la propaganda è fatta di un doppio messaggio, dice Napoleoni a Memos. «C'è un messaggio che l'Isis manda all'Occidente attraverso la barbarie, la paura, il terrore. Poi c'è un messaggio diretto al mondo musulmano che è del tutto diverso, è un messaggio positivo, seducente che dice "aiutateci a costruire il vostro stato"».
con: il vaticanista Riccardo Cristiano, il professor Aso Ali, l'inviata di Rainews24 Lucia Goracci, l'orientalista Massimo Campanini
Souad Sbai, giornalista e scrittrice - Gianluca Solera, scrittore
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3435LIBERTA' RELIGIOSA E LIBERTA' DI COSCIENZA di Christian De BenedettoNegli ambienti cattolici, a cominciare, è triste a dirlo, dalle stesse gerarchie ecclesiastiche, regna una grande incapacità di cogliere il duplice attacco in corso contro l'Occidente, fatto oggetto di mire di conquista da parte dell'Islam e roso interiormente dal cancro relativista.Anche in questi giorni di tremende persecuzioni a danno dei cristiani ad opera del neo-costituito Califfato siro-irakeno, i Pastori della Chiesa, salvo rare eccezioni, si sono purtroppo segnalati per debolezza, inadeguatezza, timidezza. E quando hanno parlato, non hanno saputo uscire da un equivoco concetto di libertà, intesa secondo la dottrina liberale.LA LIBERTÀ RELIGIOSA PERMETTE L'ISLAMIZZAZIONE DELL'EUROPAHanno invocato il diritto alla libertà religiosa, lo stesso che consente ai musulmani di impiantare moschee in tutta Europa e di procedere indisturbati alla islamizzazione delle antiche nazioni cristiane. Si è completamente perso il riferimento ad un orizzonte oggettivo di valori, per il quale si possa affermare una sola religione come vera e i diritti dei cristiani e della Chiesa si debbano fondare su questa verità e non sull'istanza relativista e soggettivista dell'ideologia liberale. Se neppure i Pastori rivendicano più la verità esclusiva della religione cattolica e la libertas Ecclesiae quale diritto divino denunciando la violenza islamica come espressione di una falsa religione, si deve amaramente constatare il trionfo dell'ideologia relativista sin dentro i Sacri Palazzi.Si deve cioè riconoscere che la stessa Chiesa cattolica, nel suo aspetto umano e contingente, è attrice e vittima al medesimo tempo di quel circolo vizioso di cui sopra. E qui si aprirebbe il campo vastissimo di studi sul Concilio Vaticano II, la sua ricezione, la sua ermeneutica. È il tema della libertà religiosa del decreto Dignitatis humanae, se sia la liberale libertà di religione accolta nelle legislazioni occidentali contemporanee ed elevata a diritto umano dalle Carte internazionali, oppure la razionale e cattolica libertà della religione. Si dovrebbe poi precisare cosa si intenda per religione, se una soggettiva credenza oppure la virtù omonima.Se l'esercizio della religione sia un diritto in virtù della libertà liberale dell'autodeterminazione soggettiva, oppure perché prima di tutto dovere di giustizia verso Dio. Quasi sempre l'impressione che si ricava dalle dichiarazioni dei Pastori è la loro adesione al paradigma liberale e tutto ciò non fa che imprigionare ancor più la Chiesa e, con essa, quella che fu la Cristianità, nel mortifero circolo vizioso tra totalitarismo islamico e relativismo liberale.L'OBIEZIONE DI COSCIENZA NON OSTACOLA LE LEGISLAZIONI ABORTISTE, EUTANASICHE, OMOSESSUALISTEAnaloga è la risposta cattolica alla dissoluzione interna dell'Occidente visibile nell'imporsi dell'ideologia gender, nella teorizzazione del transumano, nelle legislazioni abortiste, eutanasiche, omosessualiste. Si invoca il «diritto all'obiezione di coscienza» ovvero si fonda la propria risposta, la propria opposizione sul principio liberale di «libertà di coscienza». Così la risposta del mondo cattolico alla dissoluzione è essa stessa interna alla ideologia della dissoluzione: ci si oppone all'esito radicale (coerente) dell'ideologia liberale in nome di quei principi liberali (es. libertà di coscienza, libertà di religione, etc.) che sono alla radice della dissoluzione stessa. Il concetto di «libertà di coscienza», da cui deriva quello di «obiezione di coscienza», appare strutturale tanto nel linguaggio dei Pastori quanto nella così detta cultura cattolica. Potremmo anche dire che è principio cardine! Ciò ai più, cattolici compresi, apparirà a-problematico, anzi scontato.IL "DOGMA" DELLA LIBERTÀ DI COSCIENZATuttavia ci permettiamo, con il massimo rispetto per le nobili intenzioni di tutti, di dubitare, di vagliare criticamente ciò che sembra, ormai, indubitabile e incontestabile: il dogma della libertà di coscienza! È ben vero che la coscienza nel caso concreto è per l'agente morale norma ultima benché non suprema, e che è doveroso seguire la propria coscienza anche quando invincibilmente erronea (e solo quando lo è invincibilmente), ma tutto ciò è ben lontano dal fondare il moderno principio della libertà di coscienza. Ciò per almeno tre ragioni che oppongono per contraddizione la verità classico-cristiana all'idea moderna in tema di coscienza:1) La coscienza come giudizio della ragione pratica sulla bontà o colpevolezza di un'azione, giudizio come applicazione della legge morale al caso concreto, e non come facoltà o autocoscienza;2) La funzione conoscitivo-applicativa e non creativa della coscienza;3) La coscienza come norma prossima della moralità personale e non come norma oggettiva e universale della moralità che deve, invece, informare di sé l'ordinamento giuridico.INDEBITO PASSAGGIO DAL PIANO SOGGETTIVO A QUELLO OGGETTIVOQuando si invoca «il diritto alla libertà di coscienza» si compie un indebito passaggio dal piano soggettivo a quello oggettivo, dal foro interno al foro esterno o pubblico. La coscienza ha la capacità di errare contrapponendosi oggettivamente alla giustizia, ma non ne ha il diritto, tutt'al più, se invincibilmente erronea, l'agente morale non sarà moralmente imputabile (lo sarà però eventualmente giuridicamente) per il male scelto. Ancor meno il giudizio di coscienza può pretendere di porsi come norma superiore, in sede di foro pubblico, alla norma giuridica. E vero, piuttosto, il contrario: è la coscienza a dover giudicare conformemente alla norma giuridica la quale deve essere, per essere veramente norma giuridica, conforme alla norma universale e oggettiva della moralità data dalla legge divina, naturale e positiva.È la legge positiva, ogni singola legge positiva, a dover essere conforme alla legge divina, al diritto naturale e quando ciò non è, il cittadino non è tenuto all'obbedienza per il semplice fatto che quel testo normativo non è né può essere legge ed è propriamente un comando illegittimo e tirannico. Qui non si tratta di obiezione di coscienza ma, piuttosto, obiezione della coscienza ad un comando ingiusto. Non sarà invocato il «diritto all'obiezione di coscienza» fondato sulla «libertà di coscienza», piuttosto sarà denunciata l'ingiustizia della norma e il suo non essere legge, ne sarà pretesa la cancellazione e si riconoscerà come doverosa la resistenza (anche occulta) ad essa. Se la modernità suggerisce un diritto del singolo a non applicare una norma positiva quando giudicata soggettivamente in contrasto con i convincimenti personali in nome della «libertà di coscienza», il pensiero classico-cristiano insegna la necessaria conformità del diritto positivo al diritto naturale, il dovere per il singolo di conformarsi alla legge e il non essere legge di quegli ordini emanati dall'autorità politica in contrasto col diritto naturale.IL DIRITTO NATURALE, QUESTO SCONOSCIUTOLa cultura cattolica odierna opta decisamente per la suggestione moderna tanto che è sempre più raro un riferimento al diritto naturale, così come è assente il tema dei criteri di legittimità delle leggi positive. Il richiamo ai "diritti umani" e alla "norma internazionale" non ovvia alla mancanza, anzi conferma l'opzione, visto che i diritti umani sanciti dalle Dichiarazioni e Convenzioni internazionali poco o nulla hanno a che fare con i diritti naturali dell'uomo e sono piuttosto espressione coerente (nell'errore) del razionalismo giuridico. Ciò significa accettare acriticamente il giuspositivismo dominante e il relativo indifferentismo etico finendo per sostenere proprio ciò che rende possibile quanto si dice di voler combattere.Non è, infatti, senza gravi conseguenze una simile opzione, aggravata dalla rivendicata «libertà di coscienza» che "bilancia" l'assoluta arbitrarietà etica del diritto con una altrettanto arbitraria volontà soggettiva dei singoli. Oggi, in campo cattolico, si discute del diritto all'obiezione di coscienza di fronte ad insegnamenti ideologici impartiti a scuola e si fa così della libertà di coscienza il principio su cui fondare la lotta contro l'indottrinamento LGBT. Si invoca, ad es., il diritto dei genitori ad educare secondo le proprie convinzioni magari, facendo obiezione di coscienza quando queste non siano rispecchiate nell'insegnamento scolastico. Facciamo ora un esempio: ipotizziamo una scuola dove l'insegnamento sia conforme al buon senso e alla retta ragione, dove la morale sia insegnata avendo la legge naturale per bussola e una coppia di genitori seguaci dell'ideologia gender.IL DIRITTO ALL'AUTODETERMINAZIONE PORTA AL DISASTROCoerentemente i sostenitori della libertà di coscienza dovrebbero riconoscere ai genitori il diritto di fare obiezione di coscienza contro la verità e il complementare diritto di indottrinare il figlio secondo l'ideologia LGBT. Il problema, come si vede, è la conformità a verità e bene della legge come dell'insegnamento, non la libertà di coscienza! Porre a cardine il principio della libertà di coscienza porta, ad esempio, a legittimare quel preteso «diritto all'autodeterminazione» che regge tutto il processo di dissoluzione. Come infatti giustificare un ordinamento che proibisca il suicidio o l'eutanasia volontaria quando si deve rispettare e promuovere, per principio, la libertà di agire secondo la propria coscienza? Quando un cittadino riterrà in coscienza di non voler più vivere rivendicherà tale diritto in nome della libertà di coscienza. E coerentemente non glielo si potrà negare! La libertà di coscienza, rispetto alle credenze più varie e soggettive, si dà quale lib