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Il counseling filosofico offre alle persone una relazione di aiuto per vivere in modo più consapevole e per orientare le proprie risorse grazie all'esercizio critico tipico dell'atteggiamento filosofico. L'atteggiamento filosofico, per sua natura, spinge l'essere umano a integrare i piani che ne compongono la struttura: dal suo rapporto con sé stesso e con la sua interiorità, passando per le relazioni che intesse con il mondo circostante tramite i suoi organi di senso, le sue capacità emotive, comunicative ed espressive, fino al suo rapporto con tutto ciò che va oltre alla mera fattualità e che lo spinge a confrontarsi con i temi caratteristici della metafisica e della teologia. È proprio questa tensione a oltrepassare i nostri limiti a rendere essenziale l'apporto della filosofia dinnanzi al dolore che proviamo a causa di una diagnosi infausta o a causa della perdita di una persona cara. Laddove le terapie rimangono mute, non potendo identificare una “malattia”, un “disturbo” o una “patologia”, ma dove il mondo perde i suoi colori e avvizzisce nella perdita di ogni significato, sopraggiunge l'opportunità data dal counseling filosofico. Ma Gerd Achenbach ci mette in guardia anche dal pensiero che vede nella filosofia una risposta alle domande che da sempre si pone e di fronte alle quali la scienza rimane muta, come la questione sul senso della morte centrale in questo podcast.
Dal 2020 a oggi in Italia sono sono state sviluppate circa 500 idee innovative che sfruttano la realtà estesa. Laddove applicate a livello aziendale, hanno portato a riduzione dei costi e aumenti di ricavi. Oggi con Elisa Stucchi, cofondatrice di Exvirience, scopriamo l'applicazione di un braccio robotico virtuale
ROMA (ITALPRESS) - In Italia l'introduzione dei dazi voluta dall'amministrazione Trump potrebbe penalizzare, in particolare, le esportazioni del Mezzogiorno. A differenza del resto del Paese, infatti, la quasi totalità delle regioni del Sud presenta una bassa diversificazione dei prodotti venduti nei mercati esteri. Pertanto, se dopo l'acciaio, l'alluminio e i loro derivati, gli USA decidessero di innalzare le barriere commerciali anche ad altri beni, gli effetti negativi per il sistema produttivo potrebbero abbattersi maggiormente nei territori dove la dimensione economica dell'export è fortemente condizionata da pochi settori merceologici. E' quanto emerge da un'analisi realizzata dall'Ufficio studi della CGIA. Laddove l'indice di diversificazione è meno elevato, tanto più l'export regionale è differenziato, risultando così meno sensibile a eventuali sconvolgimenti nel commercio internazionale. La regione che rischia maggiormente l'effetto negativo dei dazi è la Sardegna, dove domina l'export dei prodotti derivanti della raffinazione del petrolio. Seguono il Molise e la Sicilia. Le aree geografiche teoricamente meno in pericolo sono tutte del Nord. La Lombardia è ipoteticamente la meno a "rischio". Seguono Veneto, Puglia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Piemonte./gtr
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8015TUTTO IL MONDO A NOTRE DAME, MALGRADO IL NUOVO LOOK di Stefano Chiappalone 1500 persone all'interno e 4mila all'esterno, 170 vescovi non solo francesi, due cardinali dall'estero (il newyorkese Timothy Dolan e il libanese Béchara Raï) e 40 capi di Stato: l'attenzione mondiale per la riapertura di Notre Dame la sera di sabato 7 dicembre è stata pari all'universale sconcerto del 2019, quando nel rogo dell'edificio rischiava di sparire un simbolo caro non solo ai parigini. Mantenuta la promessa quasi messianica di ricostruire il tempio - ma con l'accortezza di aver indicato «cinque anni» al posto degli evangelici «tre giorni» - il presidente Emmanuel Macron si è goduto un momento di indiscutibile grandeur proprio grazie a un simbolo di quell'Europa che fu cristiana, con buona pace della laicité.Macron bagnato, Macron fortunato: la pioggia di sabato sera ha fatto sì che il suo discorso si tenesse all'interno del tempio invece che all'esterno, come inizialmente previsto. Così che a tratti gli officianti sembravano due, il presidente e l'arcivescovo Laurent Ulrich, sin dall'esterno della cattedrale dove Macron ha accolto la "processione" dei leader mondiali, tra cui - limitandoci solo a qualche nome - Sergio Mattarella e Giorgia Meloni, il principe William del Galles, il presidente ucraino Volodymyr Zelens'kyj, la first lady USA Jill Biden e il neoeletto Donald Trump, nonché un ritardatario Elon Musk. Calorosamente accolto da Macron e seduto tra lui e la première dame Brigitte, Trump è stato inoltre coinvolto in un mini-vertice all'Eliseo con Zelens'kyj. All'esterno, secondo il rituale, l'arcivescovo di Parigi ha battuto per tre volte alla porta chiusa della cattedrale e per tre volte il coro ha risposto intonando il salmo 121. La prima voce risuonata dalla cattedrale è stata quella di un altro "Emmanuel": la grande campana seicentesca che, ironia della sorte, ha lo stesso nome del presidente francese.IL GRANDE ASSENTEGrande assente il Papa, che ha inviato un messaggio letto dal nunzio apostolico mons. Celestino Migliore. All'Angelus di ieri neanche un cenno. Tra una settimana Francesco sarà in Corsica, ma per sabato invece di andare a Notre Dame aveva programmato il concistoro per la creazione di nuovi cardinali, passato in secondo piano, quasi un evento ecclesiale di routine. L'attenzione mediatica era tutta su Parigi, dove in fin dei conti l'assenza del Pontefice non ha tolto nulla all'impatto dello storico evento. Un altro segno di quanto fosse effimero quell'"effetto Bergoglio" di cui si favoleggiava agli albori del pontificato. «Il danno di immagine» semmai è per Francesco, commenta il vaticanista Luis Badilla: «Il Papa poteva almeno evitare di umiliare Parigi e i tanti francesi che non capiscono il Pontefice. In Francia, così si vive il "no" a Notre-Dame a prescindere di quale sia vero pensiero del Pontefice».Ieri mattina la prima Messa con la consacrazione del discusso nuovo altare ciotoliforme. L'arcivescovo Ulrich vi ha deposto le reliquie di Santa Marie Eugénie Milleret, Santa Madeleine Sophie Barat, Santa Catherine Labouré, SanCharles de Foucauld e il beato Vladimir Ghika. Quindi ne ha unto la mensa, partendo dalle cinque croci agli angoli e al centro per poi cospargere l'intera superficie. Poco prima nell'omelia aveva elogiato il manufatto, opera (così come cattedra, battistero, tabernacolo e altri arredi) del designer Guillaume Bardet, a partire dal materiale: «il bronzo, entra in un dialogo franco con l'edificio in pietra, è la prima scossa che ci coglie». Esso «forma con l'ambone, in uno scambio senza confusione, la mensa della Parola e quella dell'Eucaristia. Per quanto riguarda le linee di entrambi i mobili, la loro purezza, la loro semplicità, sono estremamente accessibili».E qui finisce la gloria della "rinnovata" Notre Dame. Perché la «scossa» evocata da mons. Ulrich effettivamente «ci coglie», ma per tutt'altre ragioni. Non che fosse tanto meglio il distrutto altare moderno di Jean Touret del 1989. Laddove il gotico funge da finestra proiettata al di là, il modernariato di ieri e l'ingombrante minimal di oggi finiscono per fare da schermo che ci rinchiude al di qua. E oscura anche il gruppo scultoreo dell'antico altar maggiore del 1723, la cui Pietà oggi appare quasi un compianto sugli arredi liturgici appena inaugurati. Paradossalmente c'è anche un altare di foggia classica: è incluso nel nuovo reliquiario della corona di spine realizzato da Sylvain Dubuisson, ma servirà solo per appoggiarvi le candele. Il Santissimo Sacramento dovrà invece accontentarsi del ciotolone e del tabernacolo di Bardet.LE POLEMICHEIl restauro di Notre Dame è stato accompagnato da polemiche sulla "pazza voglia" di dare un taglio al passato che ha unito il presidente Macron e l'arcivescovo Ulrich - e lanciata a suo tempo dal predecessore mons. Michel Aupetit, il primo a proporre arredi dal taglio moderno e nuove vetrate. A queste ultime si è opposta la Commission nationale du patrimoine et de l'architecture (facente capo al Ministero della Cultura), tanto più che quelle ottocentesche di Eugène Viollet-le-Duc sono scampate all'incendio. Un anno fa Didier Rynkner, fondatore de La Tribune de l'Art, ha lanciato una petizione sottoscritta ad oggi da oltre 242mila persone, per evitare che vengano destinate al museo e rimpiazzate. Ma Ulrich e Macron proseguono per la loro strada e il 21 novembre si è riunita la commissione incaricata di valutare i progetti per le nuove vetrate. [...]In attesa di conoscere il vincitore "godiamoci" i paramenti realizzati per l'occasione, su cui spiccava il piviale multicolore indossato sabato sera da mons. Ulrich, che qualcuno ha già ribattezzato il piviale della Lidl. Più precisamente si tratta di paramenti in stile Benetton, e non per modo di dire: l'artefice è infatti lo stilista Jean-Charles de Castelbajac, già direttore artistico proprio del colosso dell'abbigliamento (e già arruolato dall'arcidiocesi per la Gmg parigina del 1997). Tra i segni distintivi di Castelbajac c'è «l'amore per il pop e per l'arcobaleno» nonché una predilezione per la street-art. Almeno i paramenti non si potevano affidare alle care "vecchie" suore? Si sono invece scomodati e a caro prezzo designer e stilisti, il che sa tanto di grandeur ecclesiastica più che della «nobile semplicità» rivendicata da mons. Ulrich.Ma gli occhi di tutti erano giustamente concentrati su Notre Dame rinata dalle fiamme, non certo sui "capolavori" di Bardet e Castelbajac. Sono quelle sacre e imponenti vestigia di una civiltà che fu cristiana ad aver radunato i grandi della terra, che non avrebbero mai preso un aereo per vedere il nuovo altare-ciotolone e gli altri immancabili tributi al "culto" della contemporaneità.Nota di BastaBugie: Lorenza Formicola nell'articolo seguente dal titolo "La nuova Notre Dame celebra la Francia che rinnega sé stessa" parla della cattedrale di Parigi "reinventata" dopo l'incendio del 2019. L'altare è un'enorme ciotola che in perfetto stile woke soffoca il mistero cristiano e il gotico francese. Di sacro resta solo la laicité.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 6 dicembre 2024:Cinque anni dopo l'incendio che rischiò di cancellarla durante la Settimana Santa del 2019, la cattedrale di Notre Dame riaprirà le sue porte. La struttura ricostruita e la guglia che ha ripreso il suo posto nel cielo di Parigi: chapeau!Il 7 dicembre è previsto l'evento di riapertura. [...] E Dio in tutto questo? È certamente il grande assente. Un accessorio. Ridotto a utile pretesto di uno spettacolo in cui, che si tratti di una cattedrale, nessuno più lo ricorda. Malgrado sia il principale luogo di culto cattolico di Parigi, chiesa madre dell'arcidiocesi, nel cuore della capitale della nazione che fu la "figlia primogenita della Chiesa". [...]Sono 846 i milioni di euro raccolti e utilizzati per la ricostruzione in un atto mondiale di filantropia. Ed è già polemica per la cifra pazzesca se si pensa all'impoverimento gravissimo delle altre cattedrali e chiese francesi. La corsa alle donazioni arrivò con la promessa che la cattedrale sarebbe stata ricreata esattamente com'era, il che non era affatto scontato. Infatti tutto è stato smentito.Per un presidente ossessionato dalla questione della legittimità e dal rapporto tra la nazione e le sacralità che le ruotano attorno - laica e storica, meno spesso religiosa -, Notre Dame da ricostruire e reinventare è diventata materiale per essere ricordato dai posteri, come Mitterrand con la Piramide al Louvre, e Pompidou con il Centro che porta il suo nome.Infatti, solo una manciata di giorni dopo, con la cenere ancora calda ed Édouard Philippe ancora primo ministro, si annunciò una cattedrale che sarebbe stata «porta del nostro tempo». Macron e i suoi vennero presi in parola e fu un profluvio di pazze idee: un progetto proponeva di sostituire il tetto con un serra ariosa, un altro con una piscina, un altro ancora prevedeva il tetto sostituito con una serra, e poi la cappella ecologica e le pareti rivestite di canapa.Una collezione di tentativi per trasformare la cattedrale in uno show-room sperimentale, una cosa che non s'è mai vista prima. Un po' come se Disney, i profeti wokisti, e i discepoli di Greta dovessero entrare tutti insieme a Notre Dame. Qualcuno è entrato. Qualcun altro è rimasto fuori.E mentre la controversia sull'opportunità di installare vetrate moderne in sei grandi campate della cattedrale non è ancora finita, nel senso che no
Espérance Hakuzwimana è nata nel 1991 ed è una scrittrice di successo, che oggi pubblica con Einaudi. Nata in Ruanda durante il genocidio, perde i genitori molto presto e finisce in orfanotrofio. All'età di tre anni viene adottata da una famiglia bresciana e inizia la sua vita in Italia. Crescendo, Espérance inizia a percepire che esiste una relazione tra l'enorme costo sostenuto per un'adozione internazionale e le aspettative verso i figli salvati da situazioni difficili. «È stato complesso desiderare di fare la scrittrice quando i miei genitori adottivi mi chiedevano di fare lavori molto più lineari. Io fino a un certo punto ci ho anche provato», racconta. Il denaro non contamina solo la relazione con i genitori adottivi, ma anche quella con le persone afrodiscendenti conosciute in Italia: «Tu vivi con questa discrepanza molto forte, perché tutte le persone che ti assomigliano fisicamente vivono in una condizione economica molto diversa dalla tua. Laddove ero riuscita finalmente a trovare un punto in comune, venivo esclusa perché ero ricca secondo loro». Espérance, fin da ragazzina, prova senso di colpa per il privilegio di cui gode e con la maturità arriva a rifiutarlo, cercando di seguire la sua strada in totale autonomia. Per frequentare la scuola Holden, chiede un prestito che impiegherà più di otto anni a ripagare. Quando finalmente realizza il sogno della sua vita, diventare scrittrice, si accorge che è difficile vivere di questo lavoro, «infatti la maggior parte degli scrittori sono già ricchi». Tanto che arriva a interrompere il tour di presentazioni di un suo libro, attività svolta dagli scrittori in totale gratuità, perché ha bisogno di lavorare. «Parlare di soldi, all'interno di questo mondo, sembra quasi screditare la cultura. Però io ho bisogno di soldi per vivere, per avere il tempo per pensare, per creare, per immaginare. Se ho l'ansia perché non so come pagherò il mio affitto, di sicuro non ho tempo per la creatività». Oggi Espérance ha trovato un equilibrio, affiancando, alla scrittura, un'attività di consulenza con le aziende. I soldi le danno la libertà di curarsi, di comprarsi un computer per lavorare meglio, ma anche di fare esperienze che l'arricchiscono emotivamente, come tornare in Ruanda 30 anni dopo averlo lasciato. «Io ho fatto questo viaggio, ho speso molti soldi, ma sono tornata a casa essendo una persona diversa».
ROMA (ITALPRESS) - "Contribuire alla vita e al progresso della Repubblica, della Patria, non può che suscitare orgoglio negli italiani. Ascoltare, quindi; partecipare; cercare, con determinazione e pazienza, quel che unisce. Perché la forza della Repubblica è la sua unità. L'unità non come risultato di un potere che si impone. L'unità della Repubblica è un modo di essere. Di intendere la comunità nazionale. Uno stato d'animo; un atteggiamento che accomuna; perché si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà: solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace. I valori che la Costituzione pone a base della nostra convivenza. E che appartengono all'identità stessa dell'Italia. Questi valori - nel corso dell'anno che si conclude - li ho visti testimoniati da tanti nostri concittadini. Li ho incontrati nella composta pietà della gente di Cutro. Li ho riconosciuti nella operosa solidarietà dei ragazzi di tutta Italia che, sui luoghi devastati dall'alluvione, spalavano il fango; e cantavano ‘Romagna mia'. Li ho letti negli occhi e nei sorrisi, dei ragazzi con autismo che lavorano con entusiasmo a Pizza aut. Promossa da un gruppo di sognatori. Che cambiano la realtà. O di quelli che lo fanno a Casal di Principe. Laddove i beni confiscati alla camorra sono diventati strumenti di riscatto civile, di impresa sociale, di diffusione della cultura. Tenendo viva la lezione di legalità di don Diana. Nel radunarsi spontaneo di tante ragazze, dopo i terribili episodi di brutalità sulle donne. Con l'intento di dire basta alla violenza. E di ribellarsi a una mentalità di sopraffazione. Li vedo nell'impegno e nella determinazione di donne e uomini in divisa. Che operano per la nostra sicurezza. In Italia, e all'estero. Nella passione civile di persone che, lontano dai riflettori della notorietà, lavorano per dare speranza e dignità a chi è in carcere. O di chi ha lasciato il proprio lavoro - come è avvenuto - per dedicarsi a bambini, ragazzi e mamme in gravi difficoltà. A tutti loro esprimo la riconoscenza della Repubblica. Perché le loro storie raccontano già il nostro futuro. Ci dicono che uniti siamo forti" Lo ha detto il Presidente della Repubblica concludendo il suo messaggio di fine anno.tvi/redfonte video: ufficio stampa Quirinale
ROMA (ITALPRESS) - "Abbiamo visto nel tempo che alcune direttive di traffico sono mutate, anche per motivi geopolitici. La guerra tra Ucraina e Russia prima di tutto ha avuto una grossa influenza. L'Ucraina era un grandissimo esportatore di grano e a un certo punto è venuto a mancare totalmente, di questo ne hanno beneficiato altri paesi quali il Brasile. Con le sanzioni applicate sul piano del petrolio abbiamo visto una notevole riduzione nei traffico". Lo ha detto in un'intervista all'Italpress Cesare D'Amico, amministratore delegato di D'Amico Società di Navigazione, gruppo tra i leader mondiali nel trasporto marittimo. "Laddove la logistica perde il suo efficientamento abbiamo assistito a un beneficio per chi fa il trasporto via mare, certamente chi doveva esportare o importare ha dovuto mettere dei costi maggiori", ha aggiunto.fsc/mrv
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7609LA FESTA (DIMENTICATA) DELLA LIBERTA' DAI TOTALITARISMI di Valter LazzariLa legge sul 9 novembre è una delle più brevi del nostro ordinamento, un solo articolo. «Legge 15 aprile 2005, n. 61 Istituzione del "Giorno della libertà". 1° comma. La Repubblica italiana dichiara il 9 novembre "Giorno della libertà", quale ricorrenza dell'abbattimento del muro di Berlino, evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo. 2° comma. In occasione del "Giorno della libertà", di cui al comma 1, vengono annualmente organizzati cerimonie commemorative ufficiali e momenti di approfondimento nelle scuole che illustrino il valore della democrazia e della libertà evidenziando obiettivamente gli effetti nefasti dei totalitarismi passati e presenti». Stop, finita. Breve ma da conoscere e far conoscere.Lo scorso anno è balzata alle cronache non già per essere stata onorata, ma per le proteste da parte di presidi, insegnanti, sindacati della Scuola, verso il ministro dell'Istruzione per il solo fatto che, essendo tale legge disattesa, egli esortava ad applicarla. Laddove invece si va diffondendo la pratica di celebrare a scuola una "giornata contro l'omo-bi-trans-eccetera-fobia" nonostante nessuna disposizione la prescriva. Eppure molto sarebbe il materiale, generalmente ignorato, che almeno in questo giorno si potrebbe portare alla discussione.IL TRENTENNALE DEL 1989Ricordiamo, quattro anni fa, come è stato celebrato il trentennale del 1989? Liquidato con qualche articolo il solo giorno del 9 novembre, mentre sarebbe stato notiziabile e commercialmente allettante scandire mese per mese tutto il 2019. Una Rai che, per esempio, aveva poco prima minuziosamente ripercorso e vivisezionato la Grande guerra (occasione per blandire pacifisti e nostalgici della rivoluzione d'ottobre), il 1989 lo ha trattato poco e male. Chiediamoci, è casuale questo obnubilamento del 9 novembre e dell'89? È una svista? O non è ancora una volta la manipolazione ideologica della Storia e della storiografia, l'annoso discorso dell'occupazione gramsciana di tutte le casematte culturali (università, editoria, letteratura (e premi letterari!), cinema, teatro, arti figurative, etc. etc.Il totalitarismo, ci ricorda Hannah Arendt nel suo celebre saggio, non pretende solo la subordinazione politica degli individui, ma invade e controlla anche la loro sfera privata. Questa, una delle principali differenze coi regimi autoritari. Da noi nel ventennio non succedeva che, col pretesto di insegnare norme igieniche, gruppi di "volontari" venissero a ingerire in casa per vedere quali libri, quali simboli religiosi appesi, come invece fanno i "Comités de Defensa de la Revoluciòn" nelle case dei cubani. Da noi non succedeva che a ridosso della Pasqua, si interrogassero capziosamente gli scolaretti delle elementari e dell'asilo, per farsi dire se in casa si dipingevano le uova per la festa. In Albania sì. E successivamente in quelle case faceva irruzione la polizia politica. In Albania per battezzare un bimbo si rischiava la vita: un sacerdote, don Stiefen Kurti, subì la fucilazione per aver battezzato un neonato (20 ottobre 1971). Quegli stessi anni '70 in cui un noto disegnatore satirico recentemente scomparso, in Albania ci passava le settimane estive di volontariato "per l'edificazione del Socialismo" (e non risulta che mai abbia pronunciato ravvedimento). Proprio gli anni in cui Italia e mondo democratico, inscenavano fluviali cortei per la pena capitale eseguita in Spagna su uomini i quali, a prescindere dai loro nobili (?) ideali avevano tuttavia compiuto sanguinari atti di terrorismo con corredo di vittime innocenti. La Spagna non era un regime totalitario, i Paesi del Patto di Varsavia lo erano.STUDIARE HAMAS E ISRAELEOnorando il dettato della legge sul 9 novembre si potrebbe studiare Hamas (anche a prescindere dal contegno che essa tiene verso Israele): spiegare nelle scuole (che paiono essere parecchio simpatizzanti, docenti compresi) come Hamas governa nel suo stesso territorio. Con quali strumenti giuridici ha potuto destinare incommensurabili risorse ricevute dagli Stati amici, o dalla Unione Europea stessa, per armamenti sofisticati, per una rete di cunicoli e una edilizia tutta offensiva, lasciando il suo popolo nella miseria. Uno Stato che opprime il suo popolo al punto da farsene scudo umano, che gli impedisce lo sfollamento in luoghi sicuri e installa il quartiere generale bellico sotto strutture ospedaliere, che elimina fisicamente gli oppositori parlamentari e permette lo stupro delle proprie cittadine se carcerate, che purifica il territorio dagli omosessuali spicciamente defenestrandoli dai grattacieli perché intanto per essi c'è la pena di morte. E se non bastano questi indicatori per configurare il totalitarismo, raccomandiamo ai docenti di esporre semplicemente agli studenti lo statuto di Hamas e le ripugnanti pagine dei manuali scolastici che coi nostri soldi UE hanno potuto editare.Si potrebbe altresì spiegare come funziona Israele, vero Stato di diritto, l'unica democrazia che si possa incontrare a partire dal mare dinnanzi alle Canarie fino all'India. E approfondire di come la minoranza araba è rappresentata in tutti i livelli della Pubblica Amministrazione, fino alla Magistratura e compresa la Corte Suprema. Conoscere della possibilità per la popolazione araba di accedere alle università come Medicina senza numero chiuso (ciò che invece vale per la popolazione ebraica) proprio per favorire l'integrazione e la partecipazione alla vita sociale dello Stato di Israele. Altro che apartheid! Magari pure accennando al Welfare e a una Sanità che cura indistintamente tutti.I sistemi totalitari, ci ricorda ancora la Arendt, perseguono sempre una politica estera bellicista e apertamente diretta al dominio mondiale. È dimostrata l'aspirazione alla pace e alla normalizzazione di Israele verso altri paesi arabi, percorso proficuamente iniziato con gli Accordi di Abramo che invece i regimi totalitari hanno voluto interrompere: perché la guerra è consustanziale al totalitarismo.Tutto questo, anche questo, la legge 61/2005, istitutiva del Giorno della Libertà ci permette di mettere a tema. Occorre solo volerla utilizzare. Coraggio prof!
Gianfranco Pasquino"Il lavoro intellettuale"Cos'è, come si fa, a cosa serveUtet Librihttps://utetlibri.it«Laddove gli intellettuali ripiegano su loro stessi e, invece di salire sulle spalle dei giganti, si rinchiudono nelle loro biblioteche (quando non frequentano, compiaciuti più che dispiaciuti, i talora necessari salotti televisivi), ne risentono a cascata non soltanto la cultura e la sua trasmissione e trasformazione, ma tutta la società e il sistema politico.»Scrittori, giornalisti, professori universitari, opinionisti tv, registi, artisti, attivisti, influencer… La lista di chi oggi si fregia del titolo di “intellettuale” è pressoché infinita, ed è sempre più difficile confezionare un identikit univoco. D'altra parte, che cosa sia un intellettuale, quali siano i suoi ambiti di lavoro e di intervento, quali i suoi compiti e le sue possibilità di azione: è un dibattito che va avanti forse da sempre, e che si adatta faticosamente ma pervicacemente ai tempi e ai mutamenti delle società.Gianfranco Pasquino, professore di lungo e apprezzato corso, editorialista, predicatore/conferenziere, ha agito da intellettuale per tutta la vita, dividendosi equamente “tra scienza e politica”. Consapevole della difficoltà di una definizione netta, decide in questo breve manuale sovversivo di rovesciare il tavolo: se è complicato filosofeggiare sull'essenza, vale la pena allora irrobustire la pratica. Non chiedersi che cosa sia un intellettuale, ma capire come fare al meglio il lavoro intellettuale, che «riguarda tutti coloro che si occupano di idee, le studiano, le formulano, le criticano, le contrappongono, le rivisitano, talvolta tentano di farle tradurre in pratica». Come in ogni manuale che si rispetti, Pasquino parte dalle fondamenta, dedicando un capitolo per ogni fase del lavoro intellettuale, spiegando nei dettagli come si legge, come si fa ricerca, come si scrive, come si insegna, come si predica bene e come si razzola (qualche volta) meglio.Gianfranco Pasquino, allievo di Norberto Bobbio e di Giovanni Sartori, è professore emerito di Scienza politica all'Università di Bologna. Senior Associate Fellow alla SAIS-Europe di Bologna, è stato direttore, dal 1980 al 1984, della rivista “il Mulino” e, dal 2000 al 2003, condirettore della “Rivista Italiana di Scienza Politica”. Dal 2010 al 2013 presidente della Società Italiana di Scienza Politica, è autore di numerosi volumi, i più recenti dei quali sono Cittadini senza scettro. Le riforme sbagliate (2015), Bobbio e Sartori. Capire e cambiare la politica (2019, tradotto in spagnolo nel 2020) e Italian Democracy. How It Works (2020). È particolarmente orgoglioso di avere condiretto insieme a Norberto Bobbio e Nicola Matteucci per Utet il celebre Dizionario di politica (2016, nuova edizione aggiornata). Per Utet ha inoltre pubblicato La Costituzione in trenta lezioni (2016), L'Europa in trenta lezioni (2017), Minima politica (2020), Libertà inutile. Profilo ideologico dell'Italia repubblicana (2021) e Tra scienza e politica. Una autobiografia (2022). Dal luglio 2005 è socio dell'Accademia dei Lincei.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.itQuesto show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/1487855/advertisement
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7164DA PICCOLA DESIDERAVO ESSERE UN MASCHIO E PER QUESTO MI HANNO TOLTO IL SENO, MA ADESSO... di Federica Di Vito«Dovevo essere un maschio», Chloe Cole ora ha 18 anni e tra i 12 e i 16, ha subito un processo di transizione di genere e una doppia mastectomia perché l'hanno «ossessionata» a cambiare sesso. Oggi la sua vita è cambiata e sta diventando una delle voci più potenti - o una delle poche coraggiose - a lottare contro le transizioni dei minori...portando la sua testimonianza.Chloe Cole sarebbe definita come detransitioner, perché dopo essere stata sottoposta a bloccanti della pubertà e interventi per la riassegnazione di genere si è pentita. Ma la sua storia non si ferma qui, perché non vive nascosta nell'ombra e la sua vita parla anche per le tante storie sconosciute ai media e ai più. Oggi sta viaggiando per gli Stati Uniti con l'obiettivo di lanciare un grido di allarme sulle procedure delle cosiddette gender clinics.La storia di questa giovane inizia nel nord della California. Chloe Cole, cresciuta appunto nel nord dello Stato, aveva solo 11 anni quando è stata esposta per la prima volta all'ideologia di genere attraverso piattaforme online. «Passavo molto tempo online, su social come Instagram, e mi sono presto convinta alla narrativa che il disagio che provavo era dovuto al fatto che dovevo essere un maschio. Tutte le mie aspettative e i miei desideri si racchiusero nel processo di transizione», racconta.PREFERITE UNA FIGLIA MORTA O UN FIGLIO VIVO?«Diagnosi: disforia». Non ci è voluto molto prima che i professionisti medici passarono dalle parole ai fatti permettendo il passaggio medico da ragazza a ragazzo. I genitori «erano spaventati e alla disperata ricerca di risposte» e Cole racconta come il loro consenso venne firmato sotto «estrema costrizione» e che fu rivolta loro la classica domanda: «Preferite una figlia morta o un figlio vivo?», consegnando così a quella firma la risoluzione di tutti i problemi, l'unico trattamento in grado di impedire il suicidio dei propri figli. «Volevano l'unica cosa che ogni genitore vuole per i propri figli: che fossi felice», racconta Cole.«Molti bambini sono portati a credere a questa falsa promessa di felicità: che il cambiamento di genere li renderà felici» ed è a quella stessa promessa che si appigliò Cole, da sempre additata come "strana" e in difficoltà nelle relazioni sociali. «A 16 anni mi sono resa conto che era tutta una bugia. La mia storia serve da monito», avverte, «tutto il Paese è stato travolto dall'ideologia gender. Si è passati dal vivere le teorie transgender come relativamente in minoranza, a una dottrina che ha invaso ogni istituzione».«A 15 anni sono andata sotto i ferri e ho subito una doppia mastectomia. Quella che fanno le donne malate di cancro al seno. Questo è successo dopo aver subito un'aggressione sessuale a scuola da parte di un maschio», continua Cole, «mi dicevo di essere forte. Ma vivevo un senso di costante odio verso il mio seno». Quando si rende conto del grande errore commesso Cole ammette la verità biologica che più spaventa oggi:«Mi era stata portata via la maternità. Mi sono resa conto che a 12 anni non ero in grado di conoscere la mia identità. Mi sono resa conto che volevo essere ciò che ero sempre stata e sempre sarò: una donna».IL CALVARIO DELLA TRANSIZIONEPurtroppo, il calvario della transizione per Chloe non era finito. Smessa l'assunzione dei farmaci cominciò a raccontare la verità a tutti, genitori in preda ai sensi di colpa, amici scomparsi, gli stessi medici che prima si erano dimostrati tanto disponibili si rifiutarono di aiutarla, «ero indietro con lo sviluppo, incapace di allattare figli e completamente sola». Chloe racconta la sua storia senza fronzoli, senza filtri, portandoci a scoprire le ombre di un sistema che si spaccia per collaudato, ma che è del tutto sperimentale. Che va testandosi sulla pelle di minori.«Ero un maschiaccio, ero timida, non mi adattavo bene alle norme sociali. A 11 anni ho aperto il mio primo account Instagram. Mia mamma non aveva accesso. Così mi sono ritrovata davanti un sacco di contenuti Lgbt», denuncia Cole con lucidità, «non avevo mai visto nulla del genere. Bastava accettare le loro ideologie ed eri un membro riconosciuto e celebrato della comunità di cui si parla di più sulla faccia della Terra. Desideravi inconsciamente quel riconoscimento».Laddove prima però si parlava solo di "abbattimento di stereotipi" o "libertà di espressione", oggi si usa "scienza" e "medicina" per un sistema che assomiglia di più a un abuso su minori. Chloe si rivolge infine alle istituzioni pediatriche che ritengono che la migliore pratica sia quella di rimuovere il tessuto sano dei bambini mentre vengono somministrati farmaci: «Nessun bambino merita di soffrire sotto il bisturi di un chirurgo che afferma il suo genere. I bambini meritano qualcosa di meglio».
Ada Vigliani"Tessiture di sogno"W. G. SebaldAdelphihttps://www.adelphi.it/Traduzione di Ada ViglianiA cura di Sven MeyerSebald si è spesso presentato ai lettori nei panni del viandante saturnino, sulle tracce degli autori prediletti oppure intento a ricostruire le traiettorie di esistenze errabonde e sradicate, attraverso paesaggi sempre vividamente descritti, si tratti del Suffolk o di una città italiana. In realtà è stato soprattutto un viaggiatore nel tempo, perché «occuparsi del passato ... è ciò che fantasmi e scrittori hanno in comune»: e se la Storia obbedisce a leggi imperscrutabili, resta quanto meno la possibilità di cogliere, vagabondando in libertà attraverso il passato, barbagli di una verità che ci sarebbe altrimenti negata. Accade quando Sebald, in Corsica, scopre il tenace rapporto - perturbante per noi che tendiamo a sbarazzarci della memoria come di una zavorra - che lì da sempre si intrattiene con i morti, e in particolare la sorprendente figura dell'acciatore, vero ponte fra la vita e l'aldilà. O quando la cronaca – fissata nei Diari – del viaggio da Praga a Parigi compiuto da Kafka nel 1911 insieme a Max Brod gli si rivela misteriosamente un riverbero dei suoi stessi ricordi, al punto che le varie tappe gli sono «più familiari di quanto lo sia mai divenuto in seguito qualsiasi altro luogo». O, ancora, quando grazie a Nabokov, incarnazione del senso più vertiginoso dell'esilio, comprende che «se vogliamo annullare il tempo possiamo riuscirci solo a patto di rievocare minuziosamente gli oggetti da un pezzo caduti nell'oblio». Laddove, come in queste pagine, l'impresa abbia successo, si attinge infatti «un regno luminoso, appena soffuso di un alito surreale come lo sono tutti i prodigi, e ci si ritrova, per così dire, sulla soglia della rivelazione di una verità assoluta».Ada Vigliani, traduce dal 1982 autori classici e contemporanei, fra i quali Goethe, Schopenhauer, Musil, Canetti, Assmann, Petrowskaja, Erpenbeck e l'opera completa di Sebald. Dal 2008 tiene corsi di traduzione editoriale dal tedesco. Per le sue traduzioni ha ricevuto i più importanti riconoscimenti a livello internazionale, tra cui nel 2016 il Premio italo-tedesco per la traduzione letteraria.IL POSTO DELLE PAROLEAscoltare fa Pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
Ritratti e autoritratti in dialogo con Anna Cabras Brundo, nelle parole di Simone Mereu. Giovedì 14 luglio alle ore 18:00 presso il Centro Comunale d'Arte e Cultura, il Ghetto di Cagliari inaugura “VOLTI RIFLESSI. Ritratti e autoritratti in dialogo con Anna Cabras Brundo”, mostra curata da Marta Cincotti e Simone Mereu. Realizzata dall'Associazione Culturale Auravisiva con il contributo della Fondazione di Sardegna e il patrocinio del Comune di Cagliari. La mostra racconta il genere dell'autoritratto e del ritratto, partendo dalle opere pittoriche di Anna Cabras Brundo. Queste sono messe in relazione con una serie di autoritratti di artisti contemporanei sardi che hanno abbracciato con entusiasmo il progetto. La Cabras Brundo, nota principalmente come scultrice, in pittura ha sempre prediletto il genere del ritratto, che esprimeva in modo formale con grandi tele a olio per i dipinti realizzati su commissione. Tra le mura domestiche il ritratto diveniva invece il principale “gioco” con cui l'artista si divertiva a sperimentare per dare vita ad espressioni, bronci, momenti e ricordi dei suoi bambini e dei suoi cari. Tutto veniva fatto utilizzando tecniche e mezzi diversi, e saggiando stili anche distanti tra loro. I ritratti di famiglia restituiscono un quadro completo e eterogeneo dell'attività pittorica di Anna Cabras Brundo e, insieme alla serie degli autoritratti, raccontano l'artista stessa. Infatti, se è vero come si dice che ogni opera è un autoritratto dell'artista, i ritratti e gli autoritratti in mostra, che sono circa 50 opere, ci rivelano una personalità complessa. Laddove eleganza, tenerezza, umorismo e malinconia si mescolano e si alternano senza soluzione di continuità. Si tratta infatti di "Una collezione privata di opere intime" come raccontano i curatori. Ed una rara occasione per vederle insieme esposte pubblicamente in una mostra che, racconta un aspetto dell'artista cagliaritana, certamente nota al pubblico cittadino, ma che, come ogni artista, non si può conoscere davvero se ci si limita alla sua principale produzione
PER STUDENTI NON MADRELINGUA Trascrizione completa: https://italianosemplicemente.com/archives/37210 Per diventare membri: italianosemplicemente.com/chi-siamo
Torniamo a parlare di Imu nella settimana in cui scade il termine per versare il saldo dell'imposta municipale. In questo caso, il calcolo avviene ancora con le vecchie regole per le residenze disgiunte dei coniugi, tema che sta molto facendo discutere in vista delle future scadenze. La Cassazione infatti continua ad affermare, con orientamento ormai consolidato, che l'esenzione per l'abitazione principale non può mai essere sdoppiata, neppure in caso di residenza in comuni diversi. Laddove non sia dimostrato, poi, che il nucleo familiare risieda e dimori nello stesso immobile, l'esonero non compete per nessuna unità. Questo significa penalizzare proprio i casi in cui i coniugi hanno effettivamente l'esigenza di tenere dimore distinte, ad esempio, per necessità lavorative. Torniamo a parlarne con Luigi Lovecchio, dottore commercialista e tributarista esperto per Il Sole 24 ORE. Per i mercati finanziari parte una settimana che vedrà protagoniste le banche centrali. Come ogni lunedì, in apertura di puntata facciamo il punto nel consueto spazio di MeteoBorsa. In diretta il commento di Roberto Rossignoli, Portfolio Manager di Moneyfarm
*Newsletter Format*Quando ho iniziato nel 2000 a pubblicare la mia prima newsletter, avevo un classificatore di metallo con grandi cassetti scorrevoli, piene di cartelline. Ogni cartellina aveva un'etichetta con un argomento chiave di mio interesse, e dentro ad ognuna vi erano decine di pagine stampate. Le pagine provenivano dalle newsletter a cui io stesso mi ero abbonato e che stampavo regolarmente per individuare perle e informazioni utili da mettere da parte,Quando volevo pubblicare un nuovo numero della newsletter, attingevo a piene mani dalle mie cartelline dove avevo nel tempo collezionato decine di perle preziose.- Piattaforme consigliate per la tua newsletterSubstack.comMedium.comGetRevue.com- Tono di VoceScrivi la newsletter come se la stessi scrivendo ad un amico. Usa l'IO e il TU. - FrequenzaSettimanale, ogni quindici giorni, mensileNon c'è una frequenza ideale.Il mio consiglio è di crescere gradualmente.- LunghezzaCiò che conta è quanto valore c'è dentro. Non quanto è lunga.Stai a fuoco e fornisci perle. Laddove hai tanta roba, trova la maniera per offrire un'indice e renderla facilmente consultabile.- Format DesignMinimalista, essenziale, funzionaleNo impaginazione grafica come per le newsletter commercialiNo immagini di librarie stockSingola colonnaAlta leggibilitàBlocchi scansionabili - Chunking-------------Info Utili• Ottieni feedback, ricevi consigli sul tuo progetto online Entra nella comunità di imprenditori indipendenti di Robin Goodhttps://robingood.it • Musica di questa puntata: "Let's Go Surfing" by Joakim Karud - disponibile su Bandcamp:https://joakimkarud.bandcamp.com/track/lets-go-surfing• Dammi feedback:critiche, commenti, suggerimenti, idee e domande unendoti al gruppo Telegram https://t.me/@RobinGoodPodcastFeedback• Ascolta e condividi questo podcast:https://gopod.me/RobinGood• Seguimi su Telegram:https://t.me/RobinGoodItalia (tutti i miei contenuti, immagini, audio e video in un solo canale)oppuresu Facebook:https://facebook.com/RobinGoodItalia/ su Instagram:https://instagram.com/RobinGoodItaliasu LinkedIN:https://linkedin.com/in/RobinGood • Newsletter:http://robingooditalia.substack.com • Per info e richieste:mailto: Ludovica.Scarfiotti@robingood.it
Riflessione e trasformazione. “Sento che sta accadendo qualcosa e non capisco se è in me o fuori di me; mi sento confuso, minacciato, destabilizzato, devo reagire”. Dal punto di vista evolutivo profondo, questa posizione della coscienza riguarda gli effetti delle interazioni trasformative tra noi e il mondo. Quando, però, non comprendiamo bene cosa ci stia accadendo, ci sentiamo destabilizzati e minacciati, reagiamo con nervosismo, irritazione, impulsività, aggressività. Laddove questa dinamica si cristallizza in posizioni di rifiuto e resistenza, arriviamo a manifestare rabbia, odio, ira, violenza. L'esperienza di queste afflizioni permette di rivelare la virtù del calmo rispetto, l'apertura verso se stessi, gli altri, il mondo in reciproca trasformazione. -Laura Greguoldo: Dott. in scienze e tecniche psicologiche- ►Corso di Meditazione Gratuito ►Viaggio della Coscienza nel suo processo evolutivo ------------ Laura Greguoldo: Dott. in scienze e tecniche psicologiche, Operatrice olistica in nuove scienze energetiche-tensio-sottili, creatrice del metodo D.E.O. Universal, Pranoterapeuta, Presidente Accademia H.A.M.O.R.S. Ogni martedì 13.30 troverete nuovi contenuti di valore per la tua crescita personale dalla rubrica Ogni Momento & Accademia H.A.M.O.R.S. Come sempre potete lasciare le vostre domande, dubbi e suggerimenti per nuovi audio. Grazie infinite... ....Ogni Momento ------------ Ci puoi trovare anche su Facebook: https://www.facebook.com/ogni.momento.9 Instagram: https://www.instagram.com/italia_ogni_momento/ ------------ Laura Greguoldo: Dott. in scienze e tecniche psicologiche, Operatrice olistica in nuove scienze energetiche-tensio-sottili, creatrice del metodo D.E.O. Universal, Pranoterapeuta, Presidente Accademia H.A.M.O.R.S. Potete trovare Laura su Facebook : - Laura Greguoldo https://www.facebook.com/profile.php?id=100005681538608 Instagram: @laura_greguoldo_jesolo Sito web: https://www.hamors.com/
Nel mio orto nascono pomodori che nessun supermercato sarebbe disposto a mettere sui suoi banchi. Sono bruttini, non troppo grandi, con delle macchioline sulla buccia dove qualche uccello ha dato una o due beccate. Non ce n'è uno uguale all'altro. Eppure se li assaggi sono non buoni, sono buonissimi. E non lo dico perché vengono dal mio orto, ma perché è proprio un fatto oggettivo.Sarebbe improponibile, commercialmente, produrli su una scala vendibile e certamente non incontrerebbero il gusto di molti. Cosí difformi e sconclusionati. Ma per me vanno bene.Ci ho messo anni per arrivare a questo livello nella coltivazione della più famosa delle solanacee, ma adesso li produco con soddisfazione e li faccio per me e per i miei amici. Quando sono in un'insalata ti sfido a vedere che non sono proprio rotondi o geometricamente bislunghi. Yasuhiro Ogawa scatta fotografie che sono come i miei pomodori. A prima vista piene di piccoli difetti, spaiate, non conformi, scure, cupe, bagnate, poco invitanti. Eppure più le guardo più mi accorgo che hanno sapore, personalità, carattere, respiro.Non le troverò certamente sulle copertine delle riviste di moda o sul National Geographic, ambienti che cercano e richiedono un diverso tipo di fotografia, ma una volta sulla mia tavola (o meglio, tavolozza) visiva, mi basta poco per convincermi che vale la pena gustarle. Assaporarle con calma.Ogawa è un fotografo giapponese che fa dell'estetica Wabi Sabi il suo punto di forza.E qui forse serve una breve spiegazione.Non posso definirmi esperto di cose giapponesi, ma ho visto tanti tanti film giapponesi di registi straordinari come Ozu, Kurosawa, Kitano, Mizoguchi in gioventù ho letto anche molti autori tipo Murakami, Mishima, Ōe , Matsumoto e anche altri che adesso non riesco nemmeno ad elencare.E non dimentichiamo la mole impressionante di anime e manga di cui ho fruito e fruisco. Sono cresciuto, praticamente, allevato dalla cultura giapponese.Questo, ripeto, non fa certamente di me un esperto, ma alcune cose penso di averle colte ed una di queste è che in Giappone vivono delle contraddizioni. Da un lato ad esempio ci sono personaggi come Jiro Ono, il più grande cuoco di sushi del mondo che in uno scantinato di Tokyo, vicino alla stazione di Ginza ha il suo ristorante.Si chiama Sukiyabashi Jiro. Se sei occidentale devi essere accompagnato da una guida locale. Ci puoi stare massimo 20 minuti. Alla fine paghi 250 euro e te ne vai avendo mangiato il migliore sushi mai preparato.Jiro Ono ha passato la sua vita, 96 anni ad oggi, perfezionando giorno dopo giorno la sua arte. Qualcosa di ossessivo, di maniacale. Qualcosa che non consente errori che non ammette imperfezioni. Ogni giorno, per 80 anni ha migliorato qualcosa per non lasciare nulla al caso. Accanto a tanti esempi di questo tipo di filosofica ricerca della perfezione ci sono però tanti esempi di accettazione di quelle che sono le imperfezioni.La filosofia Wabi Sabi appunto.Una teiera sbeccata e ricucita, un giardino perfettamente rastrellato dove sono cadute delle foglie di acero, una costruzione cadente, un tempio abbandonato. Ognuna di queste immagini mentali contiene, almeno in parte un sapore Wabi Sabi.In occidente abbiamo quasi l'ossessione per le regole ed il rigore formale.In fotografia non parliamone. La proporzione aurea, la regola dei terzi, la simmetria, l'ordine, la prospettiva. Abbiamo strumenti che mostrano una griglia nel mirino per aiutarci a rispettarle. Nei circoli fotografici ti misurano le proporzioni con la squadra e il goniometro.Ci piace che esitano relazioni matematiche tra le cose, ci piace pensare che le cose belle siano eterne. La matematica è il linguaggio della natura e solo ciò che rispetta il ritmo armonico della matematica ha il sigillo dell'estetica.Abbiamo il gusto per il ritmico ripetersi dei pattern. Cerchiamo conferme. Amiamo l'eterna consuetudine dello sfarzo e della regolarità.L'estetica Giapponese, invece, è profondamente diversa. Delle cose se ne apprezza molto di più il lato imperfetto, rustico, melanconico.Non c'è il culto del "kalòs kai agathòs", il bello e buono, l'invincibile, l'indomito, il giusto. L'estetica giapponese in molti casi si basa invece sul grande rispetto per quello che è caduco, fragile, invecchiato, sgualcito.La convinzione è che ci sia sempre grande bellezza nel portare i segni del tempo e nell'essere di conseguenza unici, perché il tempo lavora su ognuno di noi in modo differente.Ecco quindi che in quest'ottica iniziamo a capire meglio la fotografia di Yasuhiro Ogawa. I suoi neri profondi accostati a bianchi sparati sono il risultato di questo gusto dell'imperfezione e dell'unicità.Nella fotografia di Ogawa non ci sono regole, non c'è nulla che non si possa fare, di certo non si cercano simmetrie né si trovano regolarità.La copertina del suo primo libro, Shimagatari, è una immagine sgranata di una battigia. L'immagine è pendente. I più libri più moderni chiamerebbero quell'inclinazione della fotocamera "Dutch Angle",ma è solo un eufemismo per "Storta". Eppure Shimagatari è un libro per il quale di porta grande rispetto, nel quale si capisce perfettamente che lo scopo di Ogawa non è quello di abbellire, addobbare, razionalizzare. Lo scopo di Ogawa è quello di trasmettere la malinconia, se vogliamo anche il rimpianto, per uno stile di vita divorato dalla modernità.Intere isole la cui popolazione ormai è composta unicamente da anziani. I giovani sono fuggiti nelle città alla ricerca di un corporate job, e nei villaggi è rimasto solo il senso di sconfitta. Ma una sconfitta dignitosa, anzi, una sconfitta solenne. Le altalene abbandonate, i giardini incolti, la ruggine, gli autobus vuoti, le finestre senza più alcuno scopo delle case abbandonate., le strade interrotte, i traghetti solitari, le fotografie degli avi lasciate al loro destino. Eppure accanto a questo umano sfacelo Ogawa riesce a mettere il rifiorire della natura. Quell'immane forza che pian piano si riprenderà tutto. Una natura che ci ha messi qui e che ci toglierà di mezzo a tempo debito.E nell'unione di questi due elementi contrastanti, la decadenza e la rinascita, lo spirito Wabi Sabi di Ogawa esce prepotente e luminosamente oscuro.Ogni cosa è nobilitata dal suo passato. Quel bus abbandonato ha storie da raccontare e grazie ad Yasuhiro, forse per l'ultima volta, ne sta raccontando una nuova. L'erba alta ci nasconde il sentiero dove camminare e se ci si abbandona alla malinconia forse si capisce che non c'è mai stato un vero e proprio sentiero, ma solo una lotta dell'uomo che ha deciso, per un po', di impegnarsi molto affinché la natura non prendesse possesso di quei metri tortuosi.Appena si smette di lottare la natura si riprende quel che è suo e ci ricorda chi comanda.Shimagatari, dicevo, è un opera straordinaria, ma è solo uno dei tanti esempi di come il gusto per la malinconia di Ogawa riescono a rendere interessanti cose all'apparenza banali.Nella serie "Cascade" ad esempio Ogawa ci porta su un altro livello di lettura del ricordo, di celebrazione dell'assenza.Alla morte della madre l'autore ritorna nella casa della sua infanzia e trova un filmato in 8mm che la madre aveva registrato di lui da piccolo. Recupera un proiettore e inizia a guardare il filmato.Ogni tanto scatta una fotografia elle immagini proiettate sul muro.Il racconto che ne esce è una storia di fantasmi. Quello della madre, morta per davvero da poco, quello di se stesso bambino morto figurativamente anni prima, Quello dei fiori, dei bambini, degli insetti che popolavano il ricordo della madre impresso nella pellicola ed infine quello del filmato stesso i cui singoli fotogrammi si sommano nel tempo di scatto della fotocamera di Yasuhiro Ogawa a formare qualcosa di diverso. È una vera e propria matrioska temporale che potrebbe generare anche paradossi se lo stile con il quale è stata raccontata non mettesse subito in chiaro il senso di tutto questo. Ancora una volta la caducità, la transitorietà, l'assenza di qualcosa e i segni che questo qualcosa ha lasciato nel nostro presente. Cicatrici che amiamo sfiorare, quasi come un tic nervoso. Cicatrici che danno senso alla nostra stessa vita, perché rappresentano l'atto stesso di averla vissuta.E veniamo ora all'ultimo lavoro di Ogawa: The Dreaming.In questo libro sono raccolte alcune immagini che Yasuhiro ha scattato durante i primi anni della sua carriera fotografica in giro per il mondo. Sono immagini che apparentemente hanno uno stile molto diverso da quelle degli altri suoi lavori più maturi, ma in realtà ci riportano nello stesso filone. Infatti questo libro nasce quando Ogawa, arrivato al mezzo secolo, si guarda indietro e apre i suoi archivi e vede il tempo che è passato nella sua stessa fotografia e decide di lavorare alle sue vecchie fotografie e ci mostra, senza nessun pudore, i segni del tempo sul suo stile. È come mostrarci il filmino di sua madre, solo che stavolta sono i fotogrammi di una carriera agli albori.Le immagini sono riprese e ritrattate da capo in camera oscura, aggiungendo quella che è la sensibilità corrente di Ogawa, reinterpretando i racconti che aveva già raccontato, cercando di migliorare i gesti del passato, cercando di raffinare il più possibile una tecnica, cosa che lo porta, per chiudere il cerchio ad assomigliare a Jiro Ono nel tentativo di perfezionare il più possibile la propria arte.La ricerca dell'eccellenza da parte di Ogawa nel suo campo non è difforme da quella del re del sushi. Per quanto strano ci possa sembrare. Laddove infatti sembrerebbe che non ci sia spazio per l'imperfezione, per la difformità dei gesti.Laddove si passa una vita in tagli ripetuti nelle carni dei pesci e nella ricerca maniacale di quegli ingredienti che rendono il sushi di Jiro, semplicemente, perfetto, ecco che ci accorgiamo di una cosa importantissima.Non esiste un pesce palla uguale ad una altro, non esiste un chicco di riso che sia nato due volte sulla terra e non esiste un boccone perfetto, perché non puoi ripetere lo stesso identico pezzo di sushi più di una volta.La ricerca di Jiro e Yasuhiro è potenzialmente infinita e tutto quelle che ne esce è che la cosa veramente importante è apprezzarne il percorso, il passato.Guardare una fotografia di Yasuhiro Ogawa non è diverso dall'assaggiare un piatto di Jiro Ono. Quello che gli da sapore è tutto il tempo che è passato prima di metterlo in bocca.Prima di posarvi sopra gli occhi.Il Wabi Sabi.DOVE SEGUIRE IL PROGETTOVisita il sito del podcast: http://bit.ly/otnolCanale Youtube: http://bit.ly/hk-subscribeCanale Telegram: https://t.me/otnolSubstack: http://bit.ly/otnol-substackMIEI CONTATTITelegram ➡️ @alessiobottiroliSito Web ➡️ http://bit.ly/hkbwportInstagram ➡️ http://bit.ly/hakuigEmail ➡️ alessio.bottiroli@gmail.comOn The Nature of Light è un progetto di Alessio Bottiroli, realizzato con le migliori intenzioni e senza fini di lucro nella speranza che la fotografia, anche in Italia, possa diventare un giorno argomento di discussione, e non semplicemente un’attività meccanica e tecnica. Get on the email list at onthenatureoflight.substack.com
Abilità, precisione, perizia e talento. Visto quanti sinonimi può avere il termine “tecnica“? Considerata una componente imprescindibile per ogni attività lavorativa che si rispecchi, la tecnica fa parte della nostra vita, anche se, molto spesso, nemmeno ci rendiamo conto di quale ruolo essa rivesta. Le frasi sulla tecnica ci raccontano cosa significa lavorare con metodo. Tecnica: quanto conta nella nostra vita? Il termine tecnica, non a caso, deriva da quello greco techne che indica proprio l’abilità, il saper fare qualcosa nel modo migliore per raggiungere un determinato scopo. La tecnica, dunque, è indissolubilmente legata alla conoscenza e all’esperienza, a un bagaglio complesso di informazioni, studi e regole che, di volta in volta, sono messi in pratica per addivenire a uno scopo o a un compito assegnato. Ogni tecnica, di qualunque tipo essa sia, diventa il primo tassello di un puzzle variegato e complesso in cui ogni tessera occupa esclusivamente il posto che le è assegnato. Pensiamo, a puro titolo esemplificativo, all’attività di un medico chirurgo che si trova a eseguire un intervento, ancorché semplice o di routine. Laddove il medico non padroneggiasse un certo tipo di tecnica oppure se non fosse adeguatamente formato, l’intervento non potrebbe essere svolto nel modo corretto generando effetti potenzialmente catastrofici per la vita del paziente. Ma parliamo di tecnica anche per cucinare un dolce, per risolvere un problema matematico o anche, più semplicemente, per organizzare una valigia prima di partire per un viaggio. Per quanto banale possa essere, infatti, la tecnica permea ogni aspetto della nostra esistenza, da quello più semplice a quello più complesso. Tecnica? Niente di impossibile Quando pensiamo alla tecnica, però, chissà per quale motivo, ci prefiguriamo scenari impossibili, situazioni altamente complesse da risolvere. Eppure, se guardassimo nella giusta prospettiva, ci renderemmo conto di quanto la tecnica sia qualcosa di semplice, di pienamente tangibile e alla portata di tutti. La tecnica, infatti, nell’accezione più pura del termine, è strettamente connaturata all’uomo. Pensiamo, non a caso, alle popolazioni antiche che, a un certo punto della loro vita, hanno deciso di dare una svolta alla propria esistenza mettendo a punto tutti quegli strumenti che migliorassero la loro condizione lavorativa. Dalla ruota si è passati al carro e all’aratro, giungendo poi alla creazione e alla realizzazione di macchine e strumenti sempre più complessi. In ognuna di queste attività è stata immessa una certa tecnica: come sarebbe oggi il mondo senza il suo incredibile potenziale?
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6418LA FOLLE PSICOLOGIA DELLE FOLLEIn tempi di crisi le masse tendono a illudersi, sperando in un ''salvatore della patria'' che risolva i guai che le affliggonodi Luca Della TorreIn tempi di crisi le masse nella società civile tendono inevitabilmente a far convergere illusoriamente in politica le proprie speranze di salvezza in un demiurgo, un taumaturgo, un "salvatore della patria", che risolva provvidenzialmente, con granitica certezza, la matassa inestricabile dei funesti guai che le affliggono.Sono trascorsi più di centovent'anni dalla pubblicazione di un fondamentale saggio per la storia politica mondiale del XX secolo, Psicologia delle folle, del celebre sociologo e storico francese Gustave le Bon. L'autore rappresentava acutamente l'inconscia responsabilità criminale delle masse, che, caratterizzate da emotività, ed irrazionale forza distruttiva, rinunziano all'esercizio della propria autonomia di giudizio e di discernimento, divenendo facile preda di ideologie-feticci in grado di suggestionarle verso idee-immagini, e slogan suggestivi, che in realtà tradiscono una volontà di sopraffazione politica della dignità della persona umana. È cosa ben nota alla storiografia che i grandi dittatori ispiratori delle criminali ideologie totalitarie del XX secolo, Stalin in URSS, Hitler in Germania, applicarono con meticolosa attenzione le riflessioni dell'opera dello studioso francese alle proprie prassi politiche. Nel quadro odierno delle relazioni internazionali in ambito geopolitico e giuridico, è molto preoccupante, agli occhi degli analisti, l'approccio disinvolto, irresponsabile di un eterogeneo milieu intellettuale che guarda al pensiero politico comunista ed alla sua applicazione nella prassi, come ad un fenomeno meritevole di apprezzamento per il futuro politico del terzo millennio. I fatti sono noti: la Repubblica Popolare cinese, retta dal primato del regime totalitario del Partito Comunista cinese è oggi il problema nodale per l'immediato futuro degli assetti politici di pace e sicurezza internazionale. Lo è per gli USA, per la UE, per la Russia, per l'India, per i principali modelli politici sociali ed economici liberali del pianeta. Impossessatosi delle tecniche economico finanziarie dell'economia di mercato capitalista, il Partito Comunista cinese ha da tempo sfidato concettualmente il sistema dei trattati giuridici che sono alla base della comunità internazionale e che garantiscono i diritti e le libertà civili e politici della persona umana secondo la piattaforma culturale di impronta occidentale, in nome del primato virtuoso della dittatura del partito unico di ispirazione marxista. L'Italia in particolare, brilla in questa sciagurata opera di "revisionismo" storico politico a favore di una delle ideologie più criminali e anticristiane che la Storia abbia mai subito, come dimostra un'intervista di Antonio Polito all'ex leader comunista, poi del PD, Massimo D'Alema, apparsa di recente sulle pagine del Corriere della Sera.D'ALEMA, IL LEADER CHE NON HA MAI PERSO OCCASIONE DI PERDEREPolito è notoriamente un giornalista garbato e moderato, pur nella palude del mainstream postmarxista e globalista che guida quello che un tempo era il giornale più autorevole d'Italia. Di D'Alema, in verità con ironico sfottò, la stampa italiana coniò un celebre motto, ovvero che è il leader che "non ha mai perso occasione di perdere", alla luce di tutti i fallimenti dei suoi autoreferenziali progetti di leadership come Primo Ministro, Presidente della Repubblica, leader della sinistra europea.Purtuttavia l'ex leader comunista è ad oggi membro di un noto think tank politico-economici proglobal, consulente del governo cinese a livello internazionale nello sviluppo del faraonico programma di dominio economico politico mondiale noto come il trattato Silk Belt Road, la "nuova via della seta cinese", che mira a creare una rete di Paesi strettamente dipendenti dal Dragone di Pechino nel quadro della cooperazione economica, militare, politica.Ebbene, alla domanda del giornalista Polito sulla crisi strutturale dell'Europa e della sinistra italiana, D'Alema racconta che un nuovo partito di sinistra «in più dovrebbe avere una ideologia», «Una visione del mondo, un insieme di valori e un'idea del futuro». E che tale impronta ideologica si può trovare nell'esempio del defunto Partito comunista italiano (sic!). Dice infatti D'Alema che: «La serietà, il metodo, la responsabilità dei dirigenti, la qualità della loro formazione. Fu questo a trasformare un partito (il PCI, ndr) che era nato per fare la rivoluzione in un pilastro del sistema democratico». Questa è la lungimiranza strategica, il grado di discutibile maturità politica, il livello di pochezza culturale che traspare da una delle presunte "teste pensanti" del pensiero postmarxista in Italia nel nuovo millennio.Polito, con sorniona abilità polemica fa presente nel corso dell'intervista che D'Alema tiene ancora nel suo ufficio, seppur pudicamente poggiato per terra, un ritratto del criminale dittatore sovietico, Iosif Stalin. Ora, al netto dell'aneddoto, è altrettanto comprovato che a livello di analisi accademica, diplomatica e istituzionale, presso i centri di ricerca politologica e giuridica, sia riconosciuto che il sistema della democrazia occidentale liberale, liberista, laicista, perda sempre più fascino. In questo frangente più importante di tutte è la questione della identità: culturale, politica, religiosa, storica. La crisi politica internazionale, un vero e proprio conflitto "freddo" che purtroppo volge sempre più, giorno dopo giorno - come ben si legge nelle veline riservate delle diplomazie occidentali, da Washington a Bruxelles, in India come in Giappone, in Australia - verso un confronto in chiave militare con regimi aggressivi e criminali come quello di Pechino è infatti in primo luogo una crisi occidentale: come osserva il celebre politologo USA Samuel Huntington mentre la Cina ha continuato a crescere in modo impetuoso, proprio perché unificata dal granitico suggestivo diktat politico comunista e dal collante religioso del confucianesimo, l'Europa ha abbandonato la coscienza della propria identità.EVVIVA IL COMUNISMO E CHI LO VOTERÀIn verità nessuno ha voglia di abbandonare la propria identità in modo semplice, poiché l'elemento identitario è il collante che da senso al vivere comune di una società: di fronte al nihilista dramma della rinunzia in ambito giuridico istituzionale al patrimonio delle radici culturali, politiche, sociali cristiane, il risultato è l'approdo disperato di masse e di intellettuali alla D'Alema alle sirene distopiche di modelli liberticidi come il comunismo cinese in salsa capitalista.Altre prove di questo preoccupante processo di de-formazione e dis-informazione delle masse? La redazione di Rai News, l'organo di informazione pubblica dello Stato italiano proprio martedì 22 scorso se ne è uscito con questo degradante inno al criminale regime comunista cinese: «La Cina, già con la Nuova Via della Seta, con questa "globalizzazione con caratteristiche cinesi", propone una visione inclusiva, in un certo senso di integrazione per il futuro del pianeta, pur tutelando beninteso, le sue ambizioni di grande potenza in grado di competere con gli USA. Laddove l'Occidente continua a rivolgere lo sguardo verso se stesso e a chiudersi per certi versi nella cultura dell'individualismo, di contro l'Oriente, l'Estremo Oriente, privilegia la collettività, quel senso del bene comune di origine confuciana per cui l'individuo mette da parte se stesso per migliorare la società».Se rileggiamo le altrettanto irresponsabili, grossolane dichiarazioni pubbliche di mons. Marcelo Sanchez Sorondo, Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, secondo cui «in questo momento quelli che realizzano meglio la dottrina sociale della Chiesa sono i cinesi», ci si rende conto senza difficoltà come la drammatica crisi etico-culturale strutturale del pensiero politico europeo [...] possa far scivolare le masse verso il piano inclinato delle sirene del comunismo del terzo millennio, nonostante la certificazione storica del fallimento dei sistemi sociali d'impronta comunista. Titolo originale: Una pericolosa nostalgia di comunismoFonte: Corrispondenza Romana, 23 dicembre 2020Pubblicato su BastaBugie n. 698
Se nell'immaginario collettivo il Natale è un momento di gioia, serenità e convivialità, nella realtà questo periodo si rivela essere forse il più difficile dell'anno a livello psico-emozionale. Laddove molti siano abituati a sopravviverlo e basta, c'è anche la possibilità di viverlo bene e di trarre beneficio dalle tematiche che questo momento porta con sé. In questo episodio parlo delle opportunità che il Natale ci offre a livello di crescita personale.
Quante volte abbiamo esclamato, o sentito esclamare, “onore al merito“? Tante, davvero tantissime volte, ma quante volte è capitato che il merito non venisse riconosciuto? Le frasi sul merito ci parlano di cosa significa meritocrazia e impegnarsi per ottenere dei risultati. Onore al merito: non solo un modo di dire Impressionante come un’affermazione così genuina e semplice racchiude in sé una miriade di significati, tutti da analizzare minuziosamente. Il merito, valore positivo e perfettamente tangibile pur rappresentando un valore astratto, è il preciso riconoscimento concesso e dedicato a chi si è speso per portare avanti i propri ideali, per aver combattuto battaglie importanti o, ancora, a chi ha saputo distinguersi in situazioni particolari. Tutta la nostra vita, a ben vedere, dovrebbe esser tesa al merito: comportarsi sempre al meglio in ogni occasione, aiutare chi ha bisogno, mettere da parte il proprio egoismo per il bene comune, sono tutti atteggiamenti positivi che conferiscono al merito gli onori che merita. Il merito, infatti, colpisce e conquista il cuore: non è una vittoria di Pirro, di quelle effimere e facilmente trascurabili, bensì la sublimazione dell’agire umano. Ecco perché “onore al merito” non può essere un semplice motto o una frase a effetto pronunciata per colpire nel segno: è l’esaltazione di un comportamento o di un atteggiamento che ha saputo distinguersi per valore tra tanti alti e che, per tali motivi, va celebrato degnamente. Merito o meritocrazia? Benché i due termini condividano la medesima radice e possano, talvolta, esser scambiati per sinonimi, è necessario apportare qualche distinzione. Laddove il termine merito si riferisce a qualcosa degno di lode, una sorta di diritto maturato grazie a un comportamento benevolente o a un’opera d’ingegno, il sostantivo meritocrazia allarga i confini della semplice descrizione del termine e sta a indicare un sistema di valutazione o di valorizzazione degli individui basato proprio sull’effettivo riconoscimento del loro merito. Quindi, la meritocrazia senza il merito non potrebbe esistere ma, purtroppo, non vale anche al contrario giacché, pur potendo il mondo vantare decine di individui o di persone meritevoli, a essi non sempre sono riconosciuti tutti gli onori che, al contrario, meriterebbero. Il merito, inoltre, non va confuso con la fortuna. Molto spesso, infatti, tendiamo a denigrare tutte quelle persone che occupano posti di prestigio, che sono chiamate a svolgere lavori importanti e che occupino il gradino più alto della scala sociale, riconducendo tutto a un colpo di fortuna. Niente di più sbagliato! Benché non si possano negare alcune situazioni di questo tipo, il merito è ciò che contraddistingue i valorosi, solo il merito.
Laddove prima c'erano gli orari dell'happy hour, ora c'è una scritta che pende dal bancone: "rispettate le distanze". Milano inizia a ripartire, ma - privata del suo ritmo abituale - la città cerca una diversa dimensione, anche per quella vita sociale, che è tutt'uno con quella professionale e su cui poggia anche una fetta della sua economia. "Per Milano, stare senza lavoro è come se Genova si svegliasse senza il mare", riflette Roberto Vecchioni, il professore della musica italiana, sicuro che la sua città- anche questa volta - saprà reinventarsi, all'insegna del suo motto di sempre: "tiremm' innanz'", quell' "andiamo avanti" pronunciato da uno degli patrioti delle cinque giornate di Milano e divenuto la parola d'ordine della città. Una città, che riscopre i quartieri e inizia a ripensare i suoi spazi, all'insegna delle diverse esigenze sanitarie, mentre continua a rafforzare gli argini per evitare il dilagare del contagio. Ma il virus circola ancora e preoccupa.
«I primi sette giorni di malattia sono fondamentali. Se facessimo tamponi rapidi a chi ha pochi sintomi e iniziassimo subito a curarli, molti pazienti non avrebbero bisogno dell’ospedale. La fase iniziale della patologia è importantissima e la stiamo sottovalutando: è gravissimo il fatto che non si agisca, laddove possiamo ridurre il danno». Lo ha detto all’Ansa, Francesco Le Foche, responsabile del Day Hospital di immunoinfettivologia al Policlinico Umberto I Università La Sapienza di Roma. «Le terapie intensive sono in sovraccarico perché abbiamo un ritardo nell’individuare i pazienti con sintomi e nell’iniziare a trattarli con antivirali che permettono di ridurre la replicazione del virus e evitare il peggioramento,» ha spiegato l'esperto.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6060INDULGENZE E CONFESSIONE DURANTE IL CORONAVIRUS di Penitenzieria Apostolica«Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12). Le parole scritte da San Paolo alla Chiesa di Roma risuonano lungo l'intera storia della Chiesa e orientano il giudizio dei fedeli di fronte ad ogni sofferenza, malattia e calamità.Il momento presente in cui versa l'intera umanità, minacciata da un morbo invisibile e insidioso, che ormai da tempo è entrato prepotentemente a far parte della vita di tutti, è scandito giorno dopo giorno da angosciose paure, nuove incertezze e soprattutto diffusa sofferenza fisica e morale.La Chiesa, sull'esempio del suo Divino Maestro, ha avuto da sempre a cuore l'assistenza agli infermi. Come indicato da San Giovanni Paolo II, il valore della sofferenza umana è duplice: «È soprannaturale, perché si radica nel mistero divino della redenzione del mondo, ed è, altresì, profondamente umano, perché in esso l'uomo ritrova se stesso, la propria umanità, la propria dignità, la propria missione» (Lett. Ap. Salvifici doloris, 31).Anche Papa Francesco, in questi ultimi giorni, ha manifestato la sua paterna vicinanza e ha rinnovato l'invito a pregare incessantemente per gli ammalati di Coronavirus.IL DONO DELLE INDULGENZEAffinché tutti coloro che soffrono a causa del Covid-19, proprio nel mistero di questo patire possano riscoprire «la stessa sofferenza redentrice di Cristo» (ibid., 30), questa Penitenzieria Apostolica, ex auctoritate Summi Pontificis, confidando nella parola di Cristo Signore e considerando con spirito di fede l'epidemia attualmente in corso, da vivere in chiave di conversione personale, concede il dono delle Indulgenze a tenore del seguente dispositivo.Si concede l'Indulgenza plenaria ai fedeli affetti da Coronavirus, sottoposti a regime di quarantena per disposizione dell'autorità sanitaria negli ospedali o nelle proprie abitazioni se, con l'animo distaccato da qualsiasi peccato, si uniranno spiritualmente attraverso i mezzi di comunicazione alla celebrazione della Santa Messa, alla recita del Santo Rosario, alla pia pratica della Via Crucis o ad altre forme di devozione, o se almeno reciteranno il Credo, il Padre Nostro e una pia invocazione alla Beata Vergine Maria, offrendo questa prova in spirito di fede in Dio e di carità verso i fratelli, con la volontà di adempiere le solite condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), non appena sarà loro possibile.Gli operatori sanitari, i familiari e quanti, sull'esempio del Buon Samaritano, esponendosi al rischio di contagio, assistono i malati di Coronavirus secondo le parole del divino Redentore: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13), otterranno il medesimo dono dell'Indulgenza plenaria alle stesse condizioni.LA PREGHIERA PER GLI AFFLITTIQuesta Penitenzieria Apostolica, inoltre, concede volentieri alle medesime condizioni l'Indulgenza plenaria in occasione dell'attuale epidemia mondiale, anche a quei fedeli che offrano la visita al Santissimo Sacramento, o l'adorazione eucaristica, o la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz'ora, o la recita del Santo Rosario, o il pio esercizio della Via Crucis, o la recita della Coroncina della Divina Misericordia, per implorare da Dio Onnipotente la cessazione dell'epidemia, il sollievo per coloro che ne sono afflitti e la salvezza eterna di quanti il Signore ha chiamato a sé.La Chiesa prega per chi si trovasse nell'impossibilità di ricevere il sacramento dell'Unzione degli infermi e del Viatico, affidando alla Misericordia divina tutti e ciascuno in forza della comunione dei santi e concede al fedele l'Indulgenza plenaria in punto di morte, purché sia debitamente disposto e abbia recitato abitualmente durante la vita qualche preghiera (in questo caso la Chiesa supplisce alle tre solite condizioni richieste). Per il conseguimento di tale indulgenza è raccomandabile l'uso del crocifisso o della croce (cf. Enchiridion indulgentiarum, n.12).La Beata sempre Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, Salute degli infermi e Aiuto dei cristiani, Avvocata nostra, voglia soccorrere l'umanità sofferente, respingendo da noi il male di questa pandemia e ottenendoci ogni bene necessario alla nostra salvezza e santificazione. [...]Dato in Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il 19 marzo 2020,Solennità di San Giuseppe, Sposo della B.V. Maria, Patrono della Chiesa Universale.Nota di BastaBugie: il card. Mauro Piacenza, nella sua carica di Penitenziere Maggiore, ha firmato lo stesso giorno del decreto sopra riportato anche una nota dal titolo "Io sono con voi tutti i giorni (Mt 28,20)" riguardante il sacramento della confessione nell'attuale situazione di pandemia.Ecco il testo completo pubblicato dal Sito del Vaticano il 19 marzo 2020:La gravità delle attuali circostanze impone una riflessione sull'urgenza e la centralità del sacramento della Riconciliazione, unitamente ad alcune necessarie precisazioni, sia per i fedeli laici, sia per i ministri chiamati a celebrare il sacramento.Anche in tempo di Covid-19, il sacramento della Riconciliazione viene amministrato a norma del diritto canonico universale e secondo quanto disposto nell'Ordo Paenitentiae.La confessione individuale rappresenta il modo ordinario per la celebrazione di questo sacramento (cf. can. 960 CIC), mentre l'assoluzione collettiva, senza la previa confessione individuale, non può essere impartita se non laddove ricorra l'imminente pericolo di morte, non bastando il tempo per ascoltare le confessioni dei singoli penitenti (cf. can. 961, § 1 CIC), oppure una grave necessità (cf. can. 961, § 1, 2° CIC), la cui considerazione spetta al Vescovo diocesano, tenuto conto dei criteri concordati con gli altri membri della Conferenza Episcopale (cf. can. 455, § 2 CIC) e ferma restando la necessità, per la valida assoluzione, del votum sacramenti da parte del singolo penitente, vale a dire il proposito di confessare a tempo debito i singoli peccati gravi, che al momento non era possibile confessare (cf. can. 962, § 1 CIC).Questa Penitenzieria Apostolica ritiene che, soprattutto nei luoghi maggiormente interessati dal contagio pandemico e fino a quando il fenomeno non rientrerà, ricorrano i casi di grave necessità, di cui al summenzionato can. 961, § 2 CIC.Ogni ulteriore specificazione è demandata dal diritto ai Vescovi diocesani, tenuto sempre conto del supremo bene della salvezza delle anime (cf. can. 1752 CIC).Qualora si presentasse la necessità improvvisa di impartire l'assoluzione sacramentale a più fedeli insieme, il sacerdote è tenuto a preavvertire, entro i limiti del possibile, il Vescovo diocesano o, se non potesse, ad informarlo quanto prima (cf. Ordo Paenitentiae, n. 32).Nella presente emergenza pandemica, spetta pertanto al Vescovo diocesano indicare a sacerdoti e penitenti le prudenti attenzioni da adottare nella celebrazione individuale della riconciliazione sacramentale, quali la celebrazione in luogo areato esterno al confessionale, l'adozione di una distanza conveniente, il ricorso a mascherine protettive, ferma restando l'assoluta attenzione alla salvaguardia del sigillo sacramentale ed alla necessaria discrezione.Inoltre, spetta sempre al Vescovo diocesano determinare, nel territorio della propria circoscrizione ecclesiastica e relativamente al livello di contagio pandemico, i casi di grave necessità nei quali sia lecito impartire l'assoluzione collettiva: ad esempio all'ingresso dei reparti ospedalieri, ove si trovino ricoverati i fedeli contagiati in pericolo di morte, adoperando nei limiti del possibile e con le opportune precauzioni i mezzi di amplificazione della voce, perché l'assoluzione sia udita.Si valuti la necessità e l'opportunità di costituire, laddove necessario, in accordo con le autorità sanitarie, gruppi di "cappellani ospedalieri straordinari", anche su base volontaria e nel rispetto delle norme di tutela dal contagio, per garantire la necessaria assistenza spirituale ai malati e ai morenti.Laddove i singoli fedeli si trovassero nella dolorosa impossibilità di ricevere l'assoluzione sacramentale, si ricorda che la contrizione perfetta, proveniente dall'amore di Dio amato sopra ogni cosa, espressa da una sincera richiesta di perdono (quella che al momento il penitente è in grado di esprimere) e accompagnata dal votum confessionis, vale a dire dalla ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale, ottiene il perdono dei peccati, anche mortali (cf. CCC, n. 1452).Mai come in questo tempo la Chiesa sperimenta la forza della comunione dei santi, innalza al suo Signore Crocifisso e Risorto voti e preghiere, in particolare il Sacrificio della Santa Messa, quotidianamente celebrato, anche senza popolo, dai sacerdoti.Come buona madre, la Chiesa implora il Signore perché l'umanità sia liberata da un tale flagello, invocando l'intercessione della Beata Vergine Maria, Madre di Misericordia e Salute degli infermi, e del suo Sposo San Giuseppe, sotto il cui patrocinio la Chiesa da sempre cammina nel mondo.Ci ottengano Maria Santissima e San Giuseppe abbondanti grazie di riconciliazione e di salvezza, in attento ascolto della Parola del Signore, che ripete oggi all'umanità: «Fermatevi e sappiate che io sono Dio» (Sal 46,11), «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20).
La pace piace un po' a tutti. Ma non tutti sono d'accordo su cosa voglia dire: per qualcuno è da conquistare col ferro e col fuoco, per qualcun altro è tutta amore e buoni sentimenti, per altri ancora è un faticoso e incostante compromesso. Forse uno dei nostri viaggetti etimologici potrebbe aiutare a fare chiarezza, fra pergolati di viti, villaggi, innesti e retribuzioni... Ok, forse ne uscirete ancora più confusi, ma in fondo è questo il bello, no?
Hai mai sentito la necessità di cambiare qualcosa nella tua vita? Relazioni, lavoro, quotidiano, abitudini? O al contrario mai hai provato a resistere al cambiamento che accadeva al tuo esterno? La verità è che a prescindere dal tuo accettare o resistere al cambiamento, questo procede comunque. Il progresso, il succedersi delle cose, avviene a prescindere dalla nostra volontà. Noi non possiamo controllare gli eventi esterni, ma possiamo solo gestire come reagiamo a questi eventi. In realtà il cambiamento è un qualcosa di straordinario, perchè in esso vi è vita. Laddove non c'è cambiamento, laddove non c'è crescita, non può esserci altro che morte. Il cambiamento non va combattuto, che esso avvenga dentro di te, o nelle persone o l'ambiente che ti circonda. Il cambiamento va soltanto vissuto, come fatto inequivocabile della nostra vita. Seguimi su https://giulianodipaolo.com https://instagram.com/giulianodipaolo https://youtube.com/juliod Season: #ASKJULIOD Host: Giuliano Di Paolo Digital Audio Editor: Gabriele Frascolla 2019 Art Emotion Labs
Laddove tutto ha inizio, su quel ramo del lago di Como. I luoghi, i suoni, gli odori, i paesaggi.Alessandro Manzoni, Promessi SposiVoce: Matteo Bonanni
«Il copy persuasivo® funziona o no?»Se te lo stai ancora chiedendo dopo ben 83 puntate del podcast (cioè più di 42 ore di contenuti audio gratuiti), in questa puntata #84 troverai la risposta definitiva.In effetti non abbiamo dato abbastanza spazio ai risultati concreti dei copywriter di Copy Persuasivo®.Laddove non siamo legati da accordi di riservatezza, da ora in poi ti condivideremo sempre più storie di successo dei nostri clienti, mostrandoti le strategie, il copy usato e i dati degli obiettivi raggiunti.Per questa ragione abbiamo fatto tornare sul podcast Francesco Cogoni, uno dei nostri top copywriter e project manager, per parlarci di una sua Case History con una farmacia delle Marche.Questo è il tipico caso di un’attività locale che va bene, ma che non riesce a espandersi oltre un certo livello.Il nostro cliente aveva raggiunto un certo tetto con le sue forze e il copy che si scriveva da solo.Dopo il nostro intervento invece le vendite sono aumentate del 115% in appena tre mesi.E sai qual è la cosa più interessante di tutta questa storia?Il budget pubblicitario di questa campagna è stato ZERO. Vuoi scoprire come siamo riusciti a raddoppiare le vendite senza fare campagne online? ***Ecco un piccolo anticipo di quello che troverai in questa puntata:[01.40] La vera sfida che abbiamo dovuto affrontare facendo marketing in un piccolo paese delle Marche;[03.19] Perché la farmacia non riusciva più ad aumentare la clientela e come abbiamo sbloccato la situazione;[05.59] Il tone-of-voice che abbiamo scelto per il proprietario della farmacia;[09.02] Il primo step della strategia di marketing online (a costo zero) per vendere un esame della pressione;[15.10] Come sono stati selezionati i clienti target per la campagna e quali si sono dimostrati vincenti;[17.38] Perché la campagna si è spostata quasi interamente sulle lettere cartacee e come questo ha stranamente fatto schizzare il tasso di apertura delle email al 71%;[24.12] Il segreto che ci ha permesso di aumentare del 115% le conversioni della farmacia senza spendere budget per Facebook Ads e Google Ads.***RISORSE MENZIONATE:►► Prenditi il nostro sistema completo per lanciare la tua attività con il copy persuasivo®: http://copypersuasivo.com/programma-sfornaclienti►►Aumenta la resa dei tuoi materiali di marketing facendoti seguire dai professionisti della prima agenzia di copywriting in Italia con risultati comprovati: http://club.copypersuasivo.com***P.S.Magari stai già investendo tanto e non hai proprio tempo di seguire in prima persona il tuo copy e il tuo marketing.Questo perché giustamente devi gestire la tua azienda, vero?In tal caso vai su quest’altra pagina e compila il questionario per prenotare un appuntamento ►►http://copypersuasivo.com/copywriting-servizi-copywriter Da lì vedrai come possiamo aiutarti con i nostri servizi di copy persuasivo® scritto e diffuso per portarti un ritorno sull’investimento già dai primi mesi.
«Il copy persuasivo® funziona o no?»Se te lo stai ancora chiedendo dopo ben 83 puntate del podcast (cioè più di 42 ore di contenuti audio gratuiti), in questa puntata #84 troverai la risposta definitiva.In effetti non abbiamo dato abbastanza spazio ai risultati concreti dei copywriter di Copy Persuasivo®.Laddove non siamo legati da accordi di riservatezza, da ora in poi ti condivideremo sempre più storie di successo dei nostri clienti, mostrandoti le strategie, il copy usato e i dati degli obiettivi raggiunti.Per questa ragione abbiamo fatto tornare sul podcast Francesco Cogoni, uno dei nostri top copywriter e project manager, per parlarci di una sua Case History con una farmacia delle Marche.Questo è il tipico caso di un’attività locale che va bene, ma che non riesce a espandersi oltre un certo livello.Il nostro cliente aveva raggiunto un certo tetto con le sue forze e il copy che si scriveva da solo.Dopo il nostro intervento invece le vendite sono aumentate del 115% in appena tre mesi.E sai qual è la cosa più interessante di tutta questa storia?Il budget pubblicitario di questa campagna è stato ZERO. Vuoi scoprire come siamo riusciti a raddoppiare le vendite senza fare campagne online? ***Ecco un piccolo anticipo di quello che troverai in questa puntata:[01.40] La vera sfida che abbiamo dovuto affrontare facendo marketing in un piccolo paese delle Marche;[03.19] Perché la farmacia non riusciva più ad aumentare la clientela e come abbiamo sbloccato la situazione;[05.59] Il tone-of-voice che abbiamo scelto per il proprietario della farmacia;[09.02] Il primo step della strategia di marketing online (a costo zero) per vendere un esame della pressione;[15.10] Come sono stati selezionati i clienti target per la campagna e quali si sono dimostrati vincenti;[17.38] Perché la campagna si è spostata quasi interamente sulle lettere cartacee e come questo ha stranamente fatto schizzare il tasso di apertura delle email al 71%;[24.12] Il segreto che ci ha permesso di aumentare del 115% le conversioni della farmacia senza spendere budget per Facebook Ads e Google Ads.***RISORSE MENZIONATE:►► Prenditi il nostro sistema completo per lanciare la tua attività con il copy persuasivo®: http://copypersuasivo.com/programma-sfornaclienti►►Aumenta la resa dei tuoi materiali di marketing facendoti seguire dai professionisti della prima agenzia di copywriting in Italia con risultati comprovati: http://club.copypersuasivo.com***P.S.Magari stai già investendo tanto e non hai proprio tempo di seguire in prima persona il tuo copy e il tuo marketing.Questo perché giustamente devi gestire la tua azienda, vero?In tal caso vai su quest’altra pagina e compila il questionario per prenotare un appuntamento ►►http://copypersuasivo.com/copywriting-servizi-copywriter Da lì vedrai come possiamo aiutarti con i nostri servizi di copy persuasivo® scritto e diffuso per portarti un ritorno sull’investimento già dai primi mesi.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5723CARI GENITORI, NON DITEMI SEMPRE CHE SONO BRAVISSIMO! di Cristina BuonaugurioQuante volte i genitori si sentono dire che è importante adoperarsi per creare la base di una buona autostima nei figli?E allora giù con il massimo impegno a sottolineare ogni piccola conquista dei loro pargoli, ad evidenziare i loro successi, magari esagerando con i complimenti, oltrepassando la realtà, usando in continuazione superlativi non necessari. Ogni scarabocchio diventa un capolavoro e un bambino con capacità nella media diventa un supereroe agli occhi di mamme e papà, spinti dalle migliori intenzioni.Ma siamo sicuri che sia il modo giusto per aiutare i nostri figli a formarsi un'adeguata stima di sé?Proprio su questo ho avuto modo di riflettere negli ultimi giorni, in seguito ad una riunione alla scuola materna del mio figlio maggiore (quella che ora si chiama scuola dell'infanzia). Le maestre chiedevano alle mamme presenti proprio di non esagerare con i complimenti, perché non sempre l'immagine che viene rimandata al bambino corrisponde alla sua realtà. E spesso l'uso eccessivo di frasi come "Sei bravissimo! Sei eccezionale! Sei il migliore!" contrasta con le frustrazioni che normalmente i bambini vivono in ambito scolastico. Inoltre etichettare un bambino come il "top del top" lo priva dello spazio mentale necessario ad una crescita ulteriore, a quel miglioramento costante a cui tutti siamo chiamati: se ho già raggiunto il livello più elevato di bravura, cosa mai dovrò migliorare?COME COMPLIMENTARSI CON I FIGLI SOSTENENDO UNA SANA AUTOSTIMACon questo non voglio dire che non bisogna fare i complimenti ai propri bambini o che bisogna sottolineare solo i loro errori. In tal modo crescerebbero assolutamente privi di autostima, credendo di essere totalmente incapaci o sbagliati in tutto. Ogni bambino è capace, magari in alcune cose più che in altre: è compito del genitore indicargliele, ma anche sostenerlo perché affini anche le altre competenze.D'altro canto complimentarsi con i figli, evidenziare le loro conquiste e far notare le loro capacità è giusto e doveroso: aiuta i bambini a sentirsi apprezzati ed è la base affinché imparino ad apprezzare se stessi (e gli altri). A patto che quanto detto corrisponda alla realtà. E che non faccia sentire i bambini sotto pressione al pensiero di non essere all'altezza della situazione o del compito.1) ESSERE ONESTISe partiamo dal presupposto che i bambini non sono stupidi e hanno la capacità di riconoscere la realtà, quindi anche il valore del proprio operato, va da sé che sono perfettamente in grado di comprendere quando i genitori esagerano. Il punto è che quando questo accade, il bambino, che per natura tende a credere ai genitori, rimane disorientato perché non sa se dar retta a se stesso o a mamma e papà. Capisce che la realtà e la valutazione dei genitori non corrispondono e non sa cosa credere.Dire "bravissimo" o "eccellente" di fronte ad un disegno colorato senza uscire dai bordi, ai compiti svolti bene o al grembiule allacciato precisamente è una forte tentazione per qualsiasi genitore. Il successo del proprio figlio è il successo dei genitori, quindi elogiarlo diventa un modo per sentire che si sta facendo un buon lavoro. Eppure sarebbe un errore cedere a questa tentazione. O quanto meno cedervi ogni volta: è chiaro che la prima volta che viene raggiunto un nuovo risultato va sottolineato ed evidenziato, così che il bambino si senta riconosciuto e valorizzato.2) EVIDENZIARE L'IMPEGNOMa non bisogna mai scostarsi dalla realtà: l'elogio deve riconoscere qualcosa che realmente c'è. E deve sottolineare l'impegno che il bambino mette nel fare qualcosa: "Ho visto come ti sei impegnata/o. Hai visto cosa sei riuscita/o a fare?" "So che sta facendo del tuo meglio, continua così!" "Se ti impegni diventerai sempre più brava/o!"Allo stesso modo, va indicato al bambino quando non si è impegnato abbastanza in qualcosa che gli è stato detto di fare o che ha scelto di fare: "Forse se ti fossi impegnato di più avresti raggiunto un risultato migliore".Bisogna fare in modo che ci sia sempre corrispondenza tra quello che un genitore (o un adulto in generale) dice e quello che realmente è avvenuto. Così che il bambino possa ritrovarsi e riconoscere ciò che avviene attorno a sé, oltre ad apprendere che c'è un nesso di causa-effetto tra l'impegno profuso e i risultati ottenuti.Premiare l'impegno di un figlio, non il suo risultato, deve essere il primo obiettivo di un genitore. Riconoscendo anche quando il prodotto non è dei migliori, con onestà ed autenticità. Solo in questo modo anche il bambino imparerà l'autenticità e l'obiettività nel valutare il proprio operato e non pretenderà di ricevere ottime valutazioni anche quando esso non è dei migliori.3) CHIEDERE IL PARERESe sono educati nell'autenticità e all'obiettività, i bambini impareranno a riconoscere i propri punti di forza e di debolezza e accetteranno giudizi non eccelsi, perché in grado di comprendere che corrispondono alla realtà. Inoltre, i bambini sanno valutare il proprio operato prima ancora di ricevere giudizi e complimenti dagli adulti.Per questo motivo i genitori possono chiedere al figlio la sua opinione su quanto ha fatto, prima di esprimere un giudizio: "Tu cosa ne pensi? Secondo come hai fatto questa cosa?" Logicamente poi il genitore dovrà correggere il bambino se il suo giudizio non è corretto (per eccesso o per difetto), per aiutarlo ad essere capace di autovalutarsi in modo obiettivo.Ciò vuol dire che tanto i genitori quanto i bambini devono accettare che la perfezione non esiste, che ognuno ha i suoi limiti (a volte maggiori, a volte minori) e che va bene così. Amo imparare ma odio essere forzato!DUE PERICOLICi sono due pericoli nascosti dietro un uso inadeguato ed inappropriato dei complimenti.Il primo è identificabile nella difficoltà di alcuni genitori ad accettare il limite del proprio figlio. In quel caso le lodi eccessive e non veritiere diventano un modo per non considerare il problema, andare oltre come se non esistesse. Alla base di questo comportamento ci sono: una sorta di senso di colpa per aver generato un figlio che non è perfetto, un senso di inadeguatezza nel far fronte ai suoi limiti e il falso mito della perfezione che tutti dobbiamo raggiungere.La realtà però è che nessuno è perfetto, che i genitori non hanno colpe per eventuali problemi dei figli e che solo riconoscendoli si impara a camminare accanto al figlio e ad aiutarlo nel limite del possibile. In questo cammino sarà bene evidenziare ogni piccolo traguardo raggiunto, ma anche tenere ben fissa in mente la realtà oggettiva del figlio e anche qual è il livello che concretamente potrà raggiungere.Il secondo rischio si cela dietro l'idea di alcuni genitori (e non solo!) che esagerando nei complimenti si invogliano i più piccoli a dare sempre il massimo, a perseguire sempre i risultati migliori. Il messaggio che però arriva ai figli in questo modo è "Io voglio che tu sia perfetto" e sappiamo che ciò è impossibile.Ma i figli non lo sanno e si sforzeranno in ogni modo per raggiungere quella perfezione tanto desiderata da mamma e papà. Ciò può portare a diverse complicazioni nel percorso di crescita, che spesso si manifestano pienamente solo una volta diventati adulti, ma soprattutto va a limitare la libertà dei bambini. Che pur di essere accettati svilupperanno un Falso Sé, una maschera di perfezione inesistente, che li farà crescere perennemente insicuri e che prima o poi si sgretolerà.Oppure si ribelleranno a quell'idea di perfezione e faranno l'esatto contrario di ciò che i genitori desidererebbero, nel tentativo di prendersi uno spazio di libertà, che però è fasulla e per questo non li aiuterà (neanche in questo caso) a formarsi un Vero Sé. Laddove c'è ribellione, infatti, non c'è mai vera libertà perché si compiono scelte in opposizione a qualcuno/qualcosa e non per convinzione personale.Crescere i figli nell'autenticità, allora, si dimostra l'unico modo per aiutarli ad essere a loro volta autentici e liberi. Ed è una palestra di verità anche per gli adulti.
Laddove la vita offende, la poesia grida, consola e guarisce.LIVE 24/7 - https://juiceradioitalia.itSMS - WA - Telegram 3518650350
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Boisé: gusto e profumo di vaniglia, di spezie e di menta, che deriva ad un vinodalla maturazione in fusti di rovere nuovi o puliti; un bonus aromatico (vedi)che apporta una piacevole - perché dolce - dimensione aggiuntiva. Laddove diintensità equilibrata rispetto al frutto originario, arricchisce il profilo organoletticodi un vino.La spiegazione dei lemmi del glossario è scritta da Luca Maroni e pubblicata nel suo Metodo e nel suo Annuario dei Migliori Vini Italiani. La voce è di Morgana Forcella
Boisé: gusto e profumo di vaniglia, di spezie e di menta, che deriva ad un vinodalla maturazione in fusti di rovere nuovi o puliti; un bonus aromatico (vedi)che apporta una piacevole - perché dolce - dimensione aggiuntiva. Laddove diintensità equilibrata rispetto al frutto originario, arricchisce il profilo organoletticodi un vino.La spiegazione dei lemmi del glossario è scritta da Luca Maroni e pubblicata nel suo Metodo e nel suo Annuario dei Migliori Vini Italiani. La voce è di Morgana Forcella
Boisé: gusto e profumo di vaniglia, di spezie e di menta, che deriva ad un vinodalla maturazione in fusti di rovere nuovi o puliti; un bonus aromatico (vedi)che apporta una piacevole - perché dolce - dimensione aggiuntiva. Laddove diintensità equilibrata rispetto al frutto originario, arricchisce il profilo organoletticodi un vino.La spiegazione dei lemmi del glossario è scritta da Luca Maroni e pubblicata nel suo Metodo e nel suo Annuario dei Migliori Vini Italiani. La voce è di Morgana Forcella
Giovanni Cafaro: Laddove c'è una coda da fare, io vado! by Lavoradio