Una chiave di lettura rivoluzionaria per capire il flamenco nella sua essenza culturale e musicale, offerta da Sabina Todaro. Dedicato a chi voglia conoscere e/o approfondire questa forma d'arte in modo non nozionistico, ma utilizzando la logica e comprendendo questo meraviglioso fenomeno, che è il flamenco, in tutti gli aspetti possibili, come strumento per la vita.
Paco Toronjo è una figura assolutamente imprescindibile, parlando dell'evoluzione del Fandango de Huelva. Francisco Antonio Toronjo Arreciado nasce all'Alosno nel 1928. Appassionatissimo ai cantes della sua terra, Paco imparò a cantare ascoltando i suoi compaesani. Iniziò facendo lavori "normali", nei campi e nelle miniere di Rio Tinto, per poi affacciarsi al professionismo. Inizia a cantare con suo fratello Pepe, formando il duo "Los hermanos Toronjo", con il quale approfondì moltissimo le sevillanas, dando una svolta importante a questo genere musicale, che prima era limitato a pochi brani "famosi", resi popolari da cantaores cone la Nina de los Peines. Le seguidillas Alosneras tradizionali grazie a loro diventano Sevillanas biblicas, più complesse e con una morale finale. Ti faccio ascoltare un cante por fandango del Alosno fatto dal fratello Pepe, che cantava in modo molto aderente alla tradizione.Purtroppo Pepe muore e Paco prosegue l'attività artistica spostandosi totalmente verso il fandango. Paco aveva una voce molto particolare, distintiva, e una capacità impressionante di improvvisare testi. Conosceva tutte le diverse melodie delle varie zone della provincia di Huelva, ma interpretò il tutto in maniera molto personale. Fra l'altro aveva un carattere molto socievole ed empatico, che manteneva anche queando si trovava in suituazioni molto formali, in teatro, in televisione: rimaneva l'amico della porta accanto! Durante una intervista televisiva, non avendo accanto un musicista che potesse accompagnarlo, cantò ugualmente senza accompagnamento, per compiacere la richiesta della conduttrice, mantenendo sempre la sua spontaneità. Questo rese molto facile per il pubblico identificarsi con lui.Il regime franchista stava schiacciando il flamenco e il fandango poteva rimanere confinato in una storia locale, ma Paco Toronjo riesce ad evolvere il fandango verso l'arte, e farlo conoscere ben al di là dei confini della provincia di Huelva. Portò il fandango anche al cinema, partecipando a due film di Carlos Saura, negli anni 90, "Sevillanas" e "Flamenco".E' figlio prediletto del Alosno, ha due vie a lui dedicate, una a Huelva e l'altra al Alosno. E'' molto riconosciuto e molto amato ancora oggi, a 27 anni dalla sua morte. La sua voce è moltlo personale e il suo modo di cantare generoso, senza limiti. Non si risparmiava ed era presente in modo spontaneo, avvicinandosi alla potenza espressiva del cante jondo, evolvendo il fandanguillo, più semplice e leggero, verso il flamenco, grazie anche ad una passione per il cante por Siguiriya. Possiamo ascoltare sue salidas del cante por siguiriya che poi evolvono in fandango!Ha ricercato uno stile forte e personale anche per la salida del cante por fandango, cosa che ha molto influenzato i cantaores a seguire, che sono stati incoraggiati a ricercare una propria via personale: Arcangel, Sandra Carrasco, Jesus Corbacho, La Argentina, Jeromo Segura (del quale ti parlerò nella prossima puntata del podcast). Questo ha enormemente arricchito il panorama del fandango de Huelva. A 70 Paco morì a Huelva, nel 1998. Qualcuno dice che una volta ammalatosi, non potendo più cantare, morì perché senza il cante la sua vita non aveva più senso per lui.Sono Sabina Todaro mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985, dal 1990 insegno a Milano, al Mosaico Danza, baile flamenco e un lavoro di ricerca sulle espressioni delle emozioni attraverso le dinamiche delle danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance e unpotente lavoro corporeo, Dance Workout. Personalmente ho sempre considerato Paco Toronjo come un punto chiave della storia del fandango, e grazie alla preparazione di questi podcast ho apprezzato tutti gli altri cantaores che hanno fatto la storia di questo palo, riconoscendo a Paco la capacità di averlo reso davvero definitivamente flamenco!
In questo podcast parliamo di una selezione di cantaores che hanno fattola storia del Fandango di Huelva. Ho scelto come criterio di parlare di cantaores che hanno lasciato incisioni della loro musica e che sono di Huelva, e mi sono fatta guidare dal mio gusto e da quello che ho studiato sull'argomento. Moltissimi sono stati i cantaores che hanno contribuito parecchio allo sviluppo del Fandango de Huelva, come ad esempio El Gloria, Manuel Vallejo, Pepe Marchena, Macandé, el Niño de Alora, el Niño de Aznalcollar, la Niña de los Peines, ma non sono di Huelva.La Parrala era una cantaora mitica di fandango ma era del 1845, e non ci ha lasciato nulla di registrato, ovviamente!Iniziamo subito però con una eccezione: José Pérez de Guzman, che era di Jerez de Los Caballeros, provincia di Badajoz, Estremadura. Nacque nel 1891 e si trasferì però a Huelva molto presto. Creò uno stile di fandango de Huelva più simile al cante jondo. Sembra un fandango abandolao, e ha avuto tantissima influenza sui cantaores a seguire. Era benestante, quindi non aveva bisogno di cantare per vivere. Una volta arrivato a Huelva, si appassionò enormemente al cante flamenco e alla chitarra. Creò melodie più emozionanti, personali e non più di tradizione popolare, e questo punto di vista ha generato una nuova maniera di cantare fandango. Perez de Guzman fu anche calciatore semiprofessionale, e proprio per causa di un problema di salute che gli impedì di continuare a giocare, si tolse la vita a soli 39 anni. Non incise nulla, purtroppo (quindi mi sto contraddicendo due volte, parlando di un cantaor che non era di Huelva e che non ha inciso), ma la sua influenza sull'evoluzione del Fandango fu imprescindibile. L'eredità di Perez de Guzman fu fortissima su José Rebollo. Nato a Moguer (la stessa cittadina in cui era nata la Parrala!) nel 1895, cominciò a cantare giovanissimo e a 17 anni si trasferì a Huelva, per lavorare al porto come scaricatore. Si trasferì poi a Siviglia, condividendo il palcoscenico con tutti i maggiori cantaores della sua epoca, collaborò con i chitarristi di punta dell'epoca: Manolo Badajoz, Ramon Montoya, Manolo de Huelva, e visse in quella fucina del cante che fu la zona della Alameda de Hercules della Siviglia di quell'epoca. Cantava incredibilmente bene anche altri palos, ad esempio la Siguiriya.Aveva una voce intonatissima, un grande senso del ritmo e un modo di cantare molto personale. Creò una salida del cante por fandango di tutto rispetto. Era adorato dal pubblico e anche dai colleghi. Pare che nessuno avesse il coraggio di cantare dopo di lui in una riunione. Era talmente pura la sua voce, che fu d'esempio per tanti. Avrei voluto farti sentire un fandango di Perez de Guzman cantato da Rebollo, ma non ce n'è nessuno registrato. Te lo faccio ascoltare più avanti, cantato da Paco Isidro. I brani che ti faccio ascoltare sono quasi tutti frutto della recerche e del lavoro della Sociedad Pizarras, che preserva la musica antica flamenca, quella incisa sugli antichi cilindri di cera e sui dischi di ardesia. Trovi un immenso patrimonio nel loro canale Youtube e tantissime informazioni sul sito flamencopizarra.com Paco Isidro, al secolo Francisco Barrera Garcia era nato a Huelva nel 1896. Prese il nome dal suo patrigno, che si chiamava Isidro ed era famoso perché aveva una fiorente attività di affitto di carrozze, alla quale Paco Isidro collaborava. Essendo ricco, non aveva bisogno di cantare per professione, ma era molto appassionalto al cante e fu bambino prodigio. Incise diversi dischi con successo, poi smise di farlo per anni e quando riprese, ormai all'epoca del vinile, non ebbe più il seguito che aveva avuto, probabilmente non essendosi evoluto nella stessa direzione del flamenco più recente. Ti faccio sentire un fandango di Perez de Guzman cantato da Paco Isidro accompagnato da Manolo de Huelva, molto simile ai fandangos che si possono trovare nella zona più centrale dell'Andalusia, e con la caratteristica scaletta di note a discendere, la cadenza andalusa, alla fine della strofa.Aveva una capacità tecnica incredibile nel quiebro de voz, una tecnica flamenca molto difficile, di spezzare la voce come se si stesse piangendo. Ascoltala con attenzione perché è molto particolare ed espressiva. Una raccomandazione: se lo trovi nominato come El Niño Isidro, non ti confondere: è sempre lui!Era molto fedele alla Madonna del Rocio e che frequentava la Feria di Sevilla e il camino del Rocio. Cantò tantissime strofe dedicate alla Madonna. Si dice che avesse una memoria prodigiosa e che fosse in gradi di cantare più di 200 diverse strofe di fandango senza ripeterne nessuna!Ti consiglio anche di ascoltare Pepe de la Nora, nato a San Juan Del Puerto, sempre in provincia di Huelva nel 1903. Figlio di madre cantaora di El Alosno, registrò qualche disco con il fratello Curro, e qualcosa anche in solitario, accompagnato dalla meravigoliosa chitarra del Niño Ricardo, il simbolo della chitarra flamenca dell'epoca. Avendo una voce bellissima, poté condividere il palco con più grandi cantaores dell'epoca. Aveva una voce molto dolce, super espressiva e molto "pura", sincera. Da ultimo ti parlo di Antonio Rengel, nato a Huelva nel 1903 o 1904. Fu amatissimo proprio perché era molto legato ai cantes di Huelva ed era molto legato alla storia del flamenco e già da bambino crebbe nel flamenco grazie alla passione della madre Rosa. A soli 8 anni cominciò a cantar ein pubblico per animare gli intervalli delle proiezioni dei film muti. Non cercava mai di compiarece il pubblico, ma era onesto rispetto a se stesso. Per questo motivo venne molto apprezzato da Chacon e da Antonio Mairena. Cantava benissimo anche gli altri palos, non solo il fandango. In particolare le Serranas, che probabilmente cantò meglio di altri cantaores. Ti faccio ascoltare una letra sua molto famosa, "olas de la mar en calma", con la chitarra del bravissimo Niño Ricardo. Di seguito ascoltiamo la stessa strofa cantata da Paco Isidro accompagnato da Manolo Badajoz e poi anche, in tempi di oggi, da Mayte Martin accompagnata da Juan Ramon Caro. E' interessante vedere come la storia del flamenco si costruisca sulle proprie origini, e come il cante si evolva rimanendo fedele a se stesso. Il brano cantato da Mayte Martin è molto conosciuto, e magari lo conosci, ma è giusto sapere da dove viene!Ogni cantaor lascia dei semi che germogliano anche a tanti anni di distanza. Antonio Rengel adorava il flamenco e non voleva perderne l'autenticità, non nveniva a compromessi con il pubblico. Aveva una voce grave e la usava con forza, per cui poteva cantare qualunque stile. Era molto riservato nella vita, ma nel cantare era morlo espressivo e coinvolgente.Il sou nome è sinonimo di profondità, serietà e purezza. Ci sarà una successiva puntata per osservare l'evoluzine più recente del cante por fandango de HuelvaSono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco a Milano al Mosaico Danza. Sono molto appassionata di tutti gli aspetti del flamenco, da quelli storici a quelli psicologici, musicali, espressivi. Sono una ricercatrice instancabile. L'evoluzione del fandango è affascinante e non si può neanche definirlo un solo palo, ma una famiglia di stili. E' molto interessante vedere da dove viene e come si è evoluto, ed è incredibile verificare come da una origine popolare si sia potuti arrivare ad un livello artistico come quello che ti ho fatto sentire. Alcuni snobbano il fandango perché non è "abbastanza profondo", e lo considerano un po' banale, e invece è molto complesso, vitale, conivolgente e ricco di spunti di riflessione e di apprendimento. La gioia di vivere che porta con sé è molto forte e preziosa.
L'argomento fandango de Huelva si riferisce alla musica della zona della città di Huelva, una città portuale che si affaccia sull'Atlantico. Il suo territorio è molto eterogeneo, e questo crea una varietà di climi e di ambienti geografici, ha zone marittime, il porto, fiumi, miniere, lavoro nei campi, zone montagnose...A Huelva ci sono anche altre cose, seguidillas alosneras, sevillanas, villancicos, cascabeles, Gerineldo, ninnenanne, tutte canzoni tradizionali legate al folklore. Il flamenco invece parte dalla tradizione ma fa nascere novità e varianti grazie alla creatività di artisti specifici.Un tempo si cantava nelle riunioni fra vicini e famiglia, oggi ovviamente molto meno. Per fortuna c'è chi incide e fa anche ricerca, perché le tradizioni orali si possono sempre perdere o modificarsi tanto da non essere più se stesse, e ci sono le peñas flamenche.Nel prossimo episodio parleremo di importanti autori che hanno fatto la storia del fandango. Nella discografía si trova anticamente il nome di fandanguillo, diminutivo si usò, come accadde per i tanguillo, indicando che si trattava di una musica di carattere popolare, senza intento peggiorativo. La ritmica del fandango si basa sul ritmo ternario, e si identifica con il termine palilleo, che è molto caratteristico. Il termine "palilleo" (tamburellare nervosamente con le dita) si riferisce a una tecnica percussiva utilizzata per marcare il compás dei Fandangos de Huelva. Consiste nel battere il pugno chiuso sul tempo forte (il primo tempo) e nell'aprire progressivamente e ritmicamente le dita per i tempi deboli (il secondo e il terzo). In questo modo, si crea un accompagnamento ritmico caratteristico che supporta il canto e il ballo. Il palilleo enfatizza la struttura ritmicae caratterizza l'identità ritmica di questo palo. Paliòllos sono le nacchere nel linguaggio popolare, perché fatte di legno, palo. Appena si sente il palilleo, si riconosce subito l'ambito del Fandango de Huelva.Spesso si dice che il fandango de Huelva è in 12 tempi, ma... in certi momenti l'inizio della frase musicale non coincide più con l'inizio della frase ritmica: il flamenco sta stretto dentro alle definizioni accademiche. Partiamo quindi a posteriori e ricerchiamo la struttura ritmica, il palilleo appunto. Originariamente il fandango della provincia di Huelva era un baile e faceva parte del repertorio folkloristico. Su youtube puoi vedere parecchi video di fandangos popolari, e si vede bene che non sono danze eseguite da professionisti o da danzatori allenati. Si tratta di una danza popolare. Mentre nel flamenco balla solo chi sa ballare! Eccezion fatta per qualche piccolo particolare modo di ballare, una pataita di buleria o di tango... Annovera tantissime varianti, circa 40, che sono state integrate nel flamenco grazie all'opera di importanti artisti, fin dall'inizio del XX secolo. Si allontanò dalla versione ballabile per diventare un cante de alante, da ascolto, grazie al lavoro di grandi figure artistiche, non solo di Huelva ma anche di altre zone limitrofe.All'inizio dell'epoca del flamenco i fandangos di Huelva non erano diffusissimi, tanto che nei primi dischi registrati ce n'erano molto pochi e anche nelle operette spagnole, le Zarzuelas, in pratica non ce n'erano.Tutti i paesi della provincia di Huelva che hanno stili di fandango specifici si trovano nella comarca (zona) del Cerro dell'Andévalo, che comprende gli stili dell' Alosno, del Cerro de Andévalo, La Puebla de Guzman, Cabezas Rubias, Santa Bárbara de Casa, Calañas, Zalamea la Real nella zona delle miniere de Riotinto, e Valverde del Camino. Nella zona de la sierra ci sono le località di Encinasola e Almonaster la Real.Ascoltiamo esempi di strofe di tutti questi stili.Il cuore del fandango di Huelva è l' Alosno, che ha tanti diversi stili di cante por fandango, alcuni dei quali, detti cané, sono cantati in coro, cosa che ne sottolinea l'origine popolare e probabilmente religiosa. Poi, per ordine di importanza c'è il fandango di Valverde e da queste due località probabilmente tutto si diramò.Gli onubensi dicono che l'origine del fandango è tartessica, quindi non ha subito influenze da nessuna invasione. E che quindi si è conservato puro ed autentico. Il termine "tartessico" si riferisce a tutto ciò che concerne Tartesso, un'antica città-stato protostorica situata nell'Iberia meridionale, in particolare in Andalusia, nell'area del delta del Guadalquivir. La civiltà tartessica era nota per la sua ricchezza derivante dall'attività metallurgica e dal commercio di metalli preziosi La maniera di suonare e cantare il fandango di Huelva è molto diversa da quella del flamenco. La chitarra viene accarezzata, suonata cpon maggiore dolcezza rispetto al flamenco. E all'Alosno viene suonata all'unisono con altre chitarre.Gli stili di fandango della città di Huelva sono molto artistici e legati alla creatività degli artisti che li hanno generati. Alcuni cantaores sono stati molto creativi e hanno fatto introduzioni al cante por fandango che sembrano flamenco jondo, ad esempio Siguiriya, ma poi si evolvono in fandango. Prima di decretare di che cante si tratti, aspetta che si giunga alla strofa!Una caratteristica del fandango è la sua bimodalità: una parte del palo si realizza in modo flamenco, ad esempio le falsetas o le variazioni di chitarra fra le letras, e di certo il finale delle letras, e solitamente in maggiore durante il cante. Eccezione fa il fandango di Cabezas Rubias che è in minore e flamenco. Le strofe hanno 5 versi ottosillabi, che durano un compas (un ciclo ritmico) ciascuno, e uno si ripete. I temi sono l'amore, la zona, il campanilismo, i santi, la vita dei campi, il lavoro nelle miniere, il fandango stesso. Canta di cose molto concrete.In comune c'è i lmodod di cantare, il rapporto del cante con la chitarra, il ritornare alla modalità flamenca dopo che la strofa è in modalittà maggiore o minore, le tematiche, il palilleo, l'uso della chitarra. Il cante in modo maggiore ricalca la maniera di cantare le malagueñas e le rondeñas nel 1700, quindi di una musica preflamenca, ma anche l'uso della modalità minore è una eredità antica, più tipica del fandango stesso. Il cante rimane quasi sempre in tonalità maggiore, ma a fine letra solitamente ritorna in modo flamenco. Ad esempio a letra forse più famosa di fandango cané valiente del Alosno il cante sta in do maggiore e la chitarra accompagna por arriba in tono di mi.Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985, dal 1990 insegno baile flamenco a Milano, al Mosaico Danza, e un avoro sperimentale sull'espressione delle emozioni attraverso la danza che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Sono una studiosa appassionata della storia della musica e della danza e di tutto ciò che l'uomo ha creato e di come ha espresso se stesso. Nel flamenco ricerco l'umanità, che è ciò che io , da straniera, ho in comune con il flamenco. Non mi interessa che il falmenco venga percepito come una cosa bella, ma che si viva come qualcosa di umano ed universale. Scoprire attraverso la gioia di vivere e l'amore verso le proprie origini, ci può aiutare a rendere omaggio a ciò che siamo, da dove veniamo. Ad amare la nostra storia!Montare un baile por fandango de Huelva significa far riferimento ad una tradizione di folklore, e al repertorio popolare di passi semplici e fortemente legati alla terra d'origine. Spesso il fandango viene interpretato dal baile flamenco come se fosse una buleria por solea, snaturandolo completamente. La coralità del fandango è meravigliosa e va approfondita. Il fandango è evidentemente molto orecchiabile, venendo dalla tradizione popolare, e può aiutarci ad entrare anche in zone del flamenco più "difficili" da ascoltare.
Fandango è un termine conosciuto nel mondo, che si riferisce a "qualcosa di spagnolo". Il dizionario di Real Academia Spagnola non ne dà una origine certe. Ci dice che forse viene dal Fado, la musica portoghese, e che forse originariamente si parlasse di "Fadango". Indica sicuramente un tipo di danza Andalusa in particolare ma spagnola in generale, ballata in coppia, forse molto diffusa nel 600, caratterizzata dal solito ritmo ternario di tutta la musica spagnola. Si tratta del genere musicale più diffuso in Spagna. Esiste dappertutto, forse solo in Catalogna non c'è. La musica classica se ne è occupata parecchio: nel 1984 è stato scoperto un brano, "Fandango in re minore" di Domenico Scarlatti, della quale ti faccio ascoltare una parte (è molto bella e la trovi facilmente completa on line). Non si sa di preciso se sia stato davvero Scarlatti a comporla, ma il suo colore è proprio spagnolo, e Scarlatti visse a Madrid alla ricerca della essenza della cultura popolare spagnola. E' molto vivace, focoso, passionale e bellissimo. Antonio Soler, allievo di Scarlatti ne compose uno, anch'esso per clavicembalo, del quale ti faccio ascoltare un assaggio, accompagnato dalle nacchere.Anche Boccherini ne compose uno.Torniamo al fandango come genere popolare spagnolo. E' diffuso ovunque, quiandi potrebbe essere un elemento unificatore, ma in reltà ne esistono tantissime varianti. Questo corrisponde alle grandissime varietà del territorio andaluso: i climi e la geografia tanto eterogenei che troviamo in Andalusia hanno generato molte differenze di stile di vita, di economia, ma anche di ricorrenze religiose, abitudini culturali e di vita. Il fandango, al di là delle sue specificità locali, è un elemento unificatore della cultura!Ricordiamo che la musica in Andalusia non è solo il flamenco, ma anche il flamenco stesso è nato in larga misura dal folklore.La ritmica ternaria del fandango 123 123 12 12 12 è quella della musica popolare, che è entrata nel flamenco molto profondamente. La musica popolare vive nella omologazione, nell'aderire ed appartenere ad una comunità culturale. Non si basa su artisti eccezionali, che hanno creato prodotti artistici speciali: si basa su qualcosa che possono fare tutti! Mentre il flamenco è una musica d'arte, fatta da personalità artistiche eccezionali, e che ha risentito tanto delle difficoltà della vita (ecco che ci ritroviamo alla perfezione l'elemento gitano del flamenco!). Un po' come nel blues, la miseria e le difficoltà di vita possono dare una spinta alla creatività artistica. Trasferirsi nelle città o comunque nei paesi, ha reso possiblie il confronto fra melodie tradizionali di diversa provenienza geografica. E il flamenco di questa varietà si è tanto arricchito. Il flamenco poteva quindi aiutare a far mantenere le tradizioni della propria zona di origine. Il mantenimento quindi della propria individualità ed unicità, che rende la musica sempre con una vena di tristezza o malinconia, anche quando è motlo allegro. Un po' come nel jazz, il flamenco parla di emozioni dell'animo umano e non di un piccolo gruppo, e quiandi diventa assolutamente universale. Questo senso di appartenenza e individualità che si è approfondito nel confronto con altre culture provienienti da latre zone, cosa che è iniziata dal 1492, con l'espulisone dei mori e degli ebrei e il ripopolamento, l'arrivo di cultura proveniente dalle Americhe... In una parola, la musica popolare andalusa è proprio il fandango. Il fandango nasce da un fenomeno arabo, lo zejel, una forma poetica ancora oggi esistente, che prevede la creazione momentanea di strofe rimate, nata per giocare con le parole. Lo zejel arabo prevede un ritornello, che ne definisce la dimensione sociale, e si fa in dialetto arabo (se fosse in arabo classico si chiamerebbe Muashshahat, e farebbe parte della tradizione della musica colta, ma questa è un'altra storia).Nel Sud della Spagna, soprattutto a Murcia e nei paesini dell'Alpujarra, sulla Sierra Nevada, ma anche altrove, Malaga, Almeria, persino delle Canarie esiste un fenomeno musical/poetico che si chiama "Trovo". Si crea una sorta di competizione poetica, una piccola diatriba che prevede ironia cantata o anche solo recitata, per rispondere a ciò che l'altro cantore sta dicendo, giocando con le parole, improvvisando in particolare su una musica che è fandango. A volte i troveros sono due, un poeta che crea i versi poetici e li suggerisce all'orecchio del suo compagno, che magari non è poeta ma ha una bella voce e quindi può cantare i versi, a tono e a ritmo con la musica. Lo schema ritmico è sempre di versi ottosillabi, e le strofe sono composte da 5 o 6 versi (se sono 5, uno viene ripetuto, come si fa nel flamenco).Il trovo è una tradizione agricola, magari dopo una dura giornata nei campi ci si riuniva per far festa, giocando con le parole e l'ironia. Era un genere poetico diffuso nella Andalusia araba. Tutti questi momenti sono legati al mondo del fandango. I fandangos sono talmente diversi ed eterogenei che anche nel flamenco ne ritroviamo tantissimi. La loro struttura poetica ha un crescendo che arriva ad un climax che si esprime, e poi termina con grande emotività. Alcuni, come malaguena, granaina e i fandangos di Levante, non hanno neanche un ritmo. Altri sono invece ritmici, come tutti i fandangos abandolaos della sona campestre e di altopiani fra le province centrali dell'Andalusia, Malaga, Granada e Cordova, e c'è poi la famiglia dei fandangos di Huelva, regione caratterizzata da una grande varietà territoriale e quindi di differenze di modi di vivere, dalla vivace città portuale, Huelva appunto, a zone di maremma, a zone minerarie, a zone agricole e montagnose, a fiumi... In ogni paesino della provincia di Huelva si sono create e sviluppate una grande quantità di melodie. Un'altra parte interessante dei fandangos sono quelli definiti "de coro y danzas". Molti sembrano antichi ma magari non lo sono: la sezione femminile della falange spagnola, aveva il compito di portare avanti delle tradizioni che rappresentassero l'identità tradizionale spagnola. Questo fece nascere competizione e creò rappresentazioni un po' false, imbellettate, non più popolari ma formali , magari suonate da professionisti. E metterlo su un palcoscenico. D'altra parte non è che tutto ciò che è tradizionale potrebbe essere messo su un palcoscenico! Per alcuni versi quindiquesto fenomeno ha deviato il corso della musica e della danza dell'ambito fandango, ma lo scotto da pagare poteva essere la perdita totale di una parte della tradizione. Cosa che è succesa comunque in parecchie culture tradizionali nel mondo!Il fandango è un fenomeno molto ampio che corrisponde all'identità musicale spagnola e la sua caratteristica è che la quasi totalità dei fandangos lavora sulla modalità musicale flamenca (anche se ci sono tante escursioni in modalità minore o maggiore, come nei fandangos di Huelva), che forse rappresenta l'identità musicale spagnola.Sono Sabina Todaro mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco a Milano al Mosaico Danza e un lavoro di ricerca usll'espressione delle emozioni attraverso danze e musiche arabe che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Sono appassionatissima di flamenco e di tutta la cultura che gli sta intorno, e credo che capire il flamenco non possa prescindere dalla conoscenza di tutti i suoi legami culturali. Suddivideremo i fandangos in varie parti per conoscerli un po' meglio. Trovo molto interessante che tutti i fandangos abbiano elementi in comune e ricercarli ce ne fa capire meglio le ragioni umane, ma anche storiche
Oggi parliamo della giornata dell'Andalusia, che si celebra il 28 febbraio in commemorazione del referendum del 1980 con cui gli andalusi scelsero di essere comunità autonoma. Cosa che furono in realtà effettivamente il 30 dicembre 1981.Blas Infante, politico e scrittore, sottolineò la cultura andalusa e viene considerato come il padre dell patria andalusa. Nel 1918 organizzò l'assemblea regionalista andalusa a Ronda, e fu lì che nacque la famosa bandiera bianca e verde andalusa, che conosciamo perché in quella terra sventola ovunque. E' il verde della speranza, delle campagne andaluse, ma anche, essendo il tipico colore dell'Islam, il verde simboleggia anche il dominio arabo. E il bianco esprime la pace. Durante le feste per questa ricorrenza, i politici attribuiscono premi e fanno discorsi ufficiali.L'inno è astato composto da Blas Infante. L'andalusia è molto campanilista, se ci sei stato lo sai. Fin dalla prima infanzia i bambini vengono educati all'amore per questa terra, e il 28 febbraio tutto è incentrato su questa festa: i colori della ragione, la festa, le tradizioni e l'inno che tutti sanno a memoria (a differenza di quanto accade in altri posti!)Leggiamo il testo: La bandera blanca y verde Vuelve tras siglos de guerra A decir paz y esperanza Bajo el sol de nuestra tierra Andaluces, Andaluces Levantaos, levantaos Pedir tierra y libertad Sean por Andalucía libre España y la humanidad Los Andaluces queremos Volver a ser los que fuimos Hombres de luz que a los hombres Alma de hombre, les dimos L'amore verso questo testo è enorme, ma forse la più amata interprete dell'inno è stata Rocio Jurado, una cantante vicina al flamenco ma non flamenca, iper radicata nell'identità andalusa. Aveva un modo di cantare molto enfatico e con il cuore in mano, e il suo canto è, per un Andaluso, molto toccante. Ascoltiamolo!Nel 2005 è stato prodotto un cd "Flamenco andalucia y la humanidad", nel quale il testo dell'inno è stato cantato e suonato da vari aartisti del flamenco, facendolo aderire a vari palos flamenchi, sfruttando la plasticità dei versi ottosillabi che lo compongono, e creando opere interessanti. Ascoltiamo la versione por tango de Granada di Marina Heredia e quella por Alegrias di Chano Lobato per la chitarra di Diego del Morao. In Andalucia c'è una attenzione tremenda allo spirito di identificazione verso la cultura! Gli andalusi sono prima andalusi che spagnoli. Feliz Dia de Andalucia!Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985, e insegno baile flamenco e Lyrical Arab Dance dal 1990 a Milano al Mosaico Danza. Mi stupisce sempre l'amore che gli andalusi hanno verso la loro terra ma ce l'hanno perché è stato coltivato!In Italia facciamo persino fatica a conoscere l'inno nazionale... immaginiamo un inno locale!Il collegamento fra Andalucia e flamenco è enorme e occorre quindi parare di Andalusia studiando il flamenco
Lo zorongo Gitano non è esattamente un palo flamenco, ma una canzone che viene dal repertorio popolare andaluso. Ha una melodia popolare semplice. Si suona por medio in modalità flamenca, quindi è facile da afflamencare. Abbiamo una sola forma di letra e un estribillo, e questo indica che non si è sviluppato molto. Non si sa gran che delle sue origini, forse le sue radici antiche sono da ricercarsi in balli africani provenienti dal Congo. Non è una follia, dato che nel porto di Cadice e nel porto di fiume di Siviglia passavano tutti i commerci dalle indie e dall'Africa, inclusi gli schiavi diretti alle Americhe.In effetti la parola stessa non suona molto europea!Che fosse un ballo di schiavi africani lo dicevano i pliegos de cordel, antichi libretti che venivano venduti in una sorta di edicola ante litteram: fogli stampati, piegati appesi su una cordicella in vendita. Raccontavano storie, poesie, aneddoti. Probabilmente lo zorongo era un baile gitano, sulla scia della zarabanda, della quale era una versione meno volgare, più morigerata. Si ballava a coppie, nelle zambras del Sacromonte di Granada. Ce ne parla Faustino Nuñez, il flamencologo di cui sempre ti parlo, nel suo libro "Guia comentada de musica y baile preflamencos (1750-1808)", come una parte importante del folklore spagnolo. Ci parla di una letra antica: "!Ay, zorongo, zorongo, zorongo! Que lo que mi madre me compra me pongo, que si me compraba una camisita que llena de encajes que por las manguitas que toma zorongo" Ahi zorongo, che quello che mi compra mia madre io me lo metto, che se mi avesse comprato una camicetta con le maniche di pizzo, que toma (espressione intraducibile, che significa qualcosa come "ecco!"). Comunque anche con questa strofa non si capisce il significato della parola! Probabilmente è un suono divertente. La parola stessa indica un fazzoletto triangolare usato come bandana.All'inizio del 900 viene praticato dai gitani del Sacromonte soprattutto come danza. Il ritmo era ternaio, come tutto il folklore spagnolo. Le strofe parlano di amore non corrisposto, di cui però si è molto fieri. Importantissimo a riguardo il lavoro di Federico Garcia Lorca. Il sommo poeta raccolse le strofe di canti popolari antichi spagnoli, e li incise in una collezione di 5 dischi per il grammofono, per l'etichetta "La voz de su Amo" (La Voce del Padrone) nel 1931, arrangiandone la musica, e suonandola al piano personalmente. Ad accompagnarlo, al canto, nacchere e zapateo, La Argentinita. Ogni disco conteneva due brani, uno su ogni lato, e uno di questi era proprio lo zorongo.La collezione ebbe un enorme successo e salvò dall'oblio molte canzoni popolari antiche. Lo zorongo in effetti come tale venne dimenticato, ma venne da lì in poi ricordata la versione del poeta, che ne compose anche qualche strofa, oltre a ricostruirne di popolari: se ascolti le strofe di zorongo gitano, ti rendi conto che non possono essere di tradizione popolare, perché contengono parole troppo ricercate e immagini non banali. Ad esempio la strofa famosa: "las manos de mi cariño estan bordando una capa con nagréman de alhelies y con esclavinas de agua" (le mani del mio amore stanno ricamando un mantello con passamanerie di violacchiocche e con mantelline di acqua)... non è propriamente linguaggio popolare!Esistono parecchie strofe poetiche por zorongo, ma la melodia è sempre la stessa. Inoltre c'è un ritornello. Che nella versione del 1931 non viene neppure cantato ma soltanto suonato al piano e ripetuto ritmicamente dal zapateo de la Argentinita. Il poeta però scrisse le parole del ritornello. La voce di Argentinita ci fa capire che nel flamenco ognuno canta.. con la voce che ha! E che non esiste una estetica della voce! Antonio el bailarin, Antonio Ruiz Soler, nel 1964 lo ballò con Marisol, Pepa Flores, sul canto della stessa Marisol, nel film "La nueva cenicienta". Il film era stato fatto con il proposito di lanciare Marisol sul mercato cinematografico internazionale, e infatti fu diretto da un regista americano che era solito produrre film western. Non ebbe molto successo, forse anche perché Marisol non era più la bambina prodigio dei tempi in cui divenne famosa. Però il fatto che sia stato registrato lo zorongo in questo film ci dice che il brano era molto noto, e forse anche questo intervento di Antonio el bailarin lo rese ancor più famoso. Nel modo di cantare di Marisol si sente molto il gusto di canto che c'è nella storia della copla spagnola. Il ritmo è il solito ritmo 123 123 12 12 12, tipico del folklore spagnolo, e che chi conosce il flamenco sa che è molto diffuso. Nelle orecchie questo ritmo ce l'hai già: ascolta la colonna sonora di West Side Story! Leonard Bernstein ha preso questo ritmo proprio dal folklore spagnolo!Un ritmo ternario di amalgama, suonato in modo flamenco, in tono di la minore... suona molto flamenco! Ed è molto facilmente afflamencabile!Ti faccio ascoltare l'introduzione con gli "y" tipica por Caña o Policaña o Polo (che sono altri palos del flamenco), per la voce di José de La Tomasa, che è praticamente la stessa melodia del ritornello dello zorongo. Comunque questa sequenza di suoni è basata sulla cadenza andalusa, che è proprio la atmosfera tipica delle sonorità musicali spagnole. Ascoltiamolo insieme al ritornello di zorongo!Ti faccio sentire una registrazione di uno Zorongo cantato da Teodoro Perez Villanueva un cantaor sivigliano storico, che raccoglie in sé la storia del flamenco. Classe 1912, è l'esempio di un'epoca. Per la chitarra di El Pucherete. Questo audio viene da una trasmissione televisiva del 1973, emessa dalla televisione spagnola Tve, dallo storico tablao Torre Bermeja di Madrid. Voce forte potente e chiara. La sua versione dello zorongo è molto bella e personale. Parlando dello zorongo non ci possiamo dimenticare della versione che mne fece nel 1993 Carmen Linares, con il disco Canciones populares antiguas, con la collaborazione di musicisti eccezionali (Miguel Angel e Paco Cortes alla chitarra, Javier Colina al contrabbasso, Bernardo Parrilla al violino, Juan Parrilla al flauto). La grande particolarità è che Carmen lo canta il 4/4 come se fosse un tango, e la sua versione ha fatto scuola. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco e Lyrical Arab Dance, un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze e le musiche del mondo arabo al Mosaico Danza di Milano. Mi sono più volte cimentata con lo zorongo insegnando, e il tema è davvero facile da ricordare. Interessante è il ritornello che può essere cantato molto lentamente come introduzione, ed è molto espressivo! La danza può far riferimento alla danza spagnola, se viene fatto in 12 tempi con il ritmo ternario originale, o si assimila ad un tango flamenco. Ha una identità non particolarmente individuata, proprio perché non ci sono tante melodie: infatti non si tratta di un vero e proprio palo flamenco ma di una canzone afflamencata.Ascoltalo e.. formati il tuo gusto personale!
Prima di ascoltare questo podcast ti consiglio di andare ad ascoltare i due precedenti, in cui ho parlato delle origini e dell'evoluzione della Petenera in tempi più antichi.Questo podcast parla di come la Petenera si è evoluta fino ai nostri giorni.Ascoltiamo diversi esempi, partendo dalla petenera più antica mai incisa, del Mochuelo, edita da Gramophone nel 1899. La registrazione viene dall'archivio della Sociedad Pizarras, che fa un lavoro incredibile di recupero dei dischi antichi che vengono messi on line a disposiizone di tutti su youtube invece che buttati in discarica. Fra l'altro io sono socia, e tu puoi associarti, o per lo meno sostenere la Sociedad seguendo il canale youtube.Ascoltare dischi antichi pieni di click e fruscii non è facile ma sono dei gioielli incredibili, ed è molto prezioso ascoltarli.La petenera più antica era quella di Medina el Viejo, che però non ha inciso nulla ma possiamo ascoltare una registrazione fatta da suo figlio, El Nino Medina, accompagnato dal chitarrista Ramon Montoya, un mito della storia del flamenco.Ascoltiamo anche un esempio della bellissima voce di Juan Breva, che aveva imparato a cantare la petenera dal Nino Medina, collega di spettacolo nei locali. Juan Breva, classe 1844 o forse 1846, era bravissimo e molto famoso, nacque a Velez Malaga, ed ebbe grande successo a Malaga e poi a Madrid. Personalizzò il cante di Medina el Viejo, e probabilmente fu lui a rendere famosa questa melodia, La seconda strofa cantata dal Mochuelo nella registrazione del 1899 è proprio la petenera di Juan Breva, in una versione più rapida e leggera, "commerciale". Come mai ci fu questa evoluzione da allora ad oggi? La petenera di quell'epoca a cavallo fra 800 e 900 era molto diversa. Grande responsabilità fu quella di Pastora Pavon la Nina de los Peines, che imparò il cante por petenera di Medina attraverso el Nino Medina, grazie a suo fratello, Arturo Pavon, che non divenne un cantaor famoso perché non amava esibirsi in pubblico. Tutto ciò che Pastora cantava diventava meravigliosamente flamenco e molto artitico e profondo. Petenera inclusa! Ascoltiamo un esempio di una letra dello stile che viene attribuio proprio a lei. Il suo cante era molto più lento e molto meno ritmico. Anche Antonio Chacon fece molto per la storia della petenera. Cantava due letras di petenera di Medina el Viejo e una di propria creazione (qualche flamencologo dice che non fu lui a creare questa forma specifica, ma fatto sta che la cantava lui). Non possiamo ascoltare Chacon che canta Petenera perché purtroppo non ci sono registrazioni sue, ma possiamo ascoltare il suo stile cantato da Alfredo Arrebola. Per fortuna il flamenco cita spesso se stesso!Il modo di cantare di Chacon è stato tramandato tantissimo non solo da Chacon stesso ma dal suo chitarrista, Perico el Del Lunar, che fra l'altro ha gestito la famosissima antologia del Cante Flamenco edita da Hispavox negli anni 50 che è stata una pietra miliare del cante flamenco, punto di riferimento per tutti i cantaores a venire. Ascoltiamo anche Rafael Romero El Gallina accompagnato da Perico, che canta allo stile di Chacon. El Gallina ha educato altri cantaores a cantare allo stile di Chacon, come Bernardo de los Lobitos, Pericon de Cadiz o Pepe de la Matrona.Ci sono anche creazioni personali di Petenera, interessanti. C'è quella suonata da Federico Garcia Lorca al piano e cantata da la Argentinita, ripresa da Carmen Linares. TI faccio ascoltare entrambe le versioni, ma prima di quella di Carmen Linares nel disco "Canciones populares antiguas", ti faccio ascoltare la stessa Carmen che canta El Pano Moruno, che molti vedono come un predecessore della petenera. Sentirai gli elementi in comune.La stessa Carmen Linares ci regala un'altra strofa incredibile di petenera, bellissima, nel Cd La Luna y el Rio. La letra parla di tema ebraico. Spendiamo due parole per la salida del cante. Anticamente si faceva, ed era molto breve (forse perché il tempo a disposizione per le registrazioni era cortissimo), soltanto prendere la nota. Oggi in pratica non si fa più. Altra cosa su cui riflettere è il fatto che la petenera ha fama di portare sfortuna. Questa superstizione nacque probabilmente a metà del 900, quando nell'opera teatrale La Cabalgata durante la tournee a Londra dello spettacolo, mentre veniva cantata la Petenera, la ballerina Mari Paz doveva interpretare una donna di nome petenera, morta e in corteo funebre, ma la ballerina morì davvero e lo spettacolo venne interrotto. Forse i cantaores hanno questa superstizione a causa del legame fra questo cante e la tradizione ebraica, per pregiudizio.In realtà i cantaores gitani, che sono anche superstiziosi, l'hanno cantata, come la Nina de los peines o lo stesso Camaron de la Isla.Probabilmente la questione è che il cante por petenera è molto difficile sia emozionalmente che tecnicamente E non tutti riescono a cantarlo!Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985 e dal 1990 insegno a Milano baile flamenco e Lyrical Arab Dance, un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo.Insegnando amo tantissimo montare beiles por petenera e anche usare questo palo per fare esercizi. Per un bailaor, è di grande ispirazione per lavorare sulla danza in modo espressivo. Consiglio assolutamente di ascoltare il meraviglioso lavoro di Carmen de la Jara, che forse è l'unica cantaora che nel suo repertorio oggi conserva tutte le melodie della storia della petenera.
Seconda parte dello studio sulla petenera (ce ne sarà un a terza parte!).La storia della Petenera è complessa ed è stata studiata molto da parecchi studiosi, quindi ci sono tantissime cose da dire. Sulla sua storia ci sono parecchie contraddizioni.Ascoltiamo una registrazione di un brano popolare spagnolo composto anche da Manuela De Falla, che potrebbe aver dato i natali alla petenera. Ho scelto una versione suonata al piano dalla meravigliosa Alicia De La Rocha, e cantata da Victoria de los Angeles, che ho scelto perché esprime molto bene il canto spagnolo, e non è troppo lirica, come invece lo sono altre incisioni.Nel prossimo podcast ti farò notare come questa melodia influenza una petenera famosa, grazie alla voce di Carmen Linares.La petenera fu molto famosa nella seconda metà dell'800, con un cante leggero e rapido che era ballabile, e che via via si è andato rallentando, afflamencando e diventando più profondo. Il primo cantaor che cantò la petenera fu Medina el Viejo. In realtà non ci sono notizie chiarissime su di lui, come sempre nella storia del flamenco. In particolare, il flamencologo Manuel Yerga Lancharro disse che il vero nome di Medina el Viejo era José Rodriguez Concepcion, nato in una famiglia non gitana di Jerez, da madre di Arcos e padre del quartiere Santiago. Per molti anni si pensò che Medina el Viejo e il cantaor el Nino Medina fossero la stessa persona, ma Yerga Lancharro iuscì a capire che Medina el VIejo era il padre del Nino Medina. Pare che el Nino abbia insegnato il cante por petenera del padre ad Arturo Pavon, il fratello di Pastora Pavon, la Nina de los Peines, che imparò questo cante, lo fece proprio e lo condusse fortemente verso il flamenco. Il giornalista e scrittore Manuel Bohorquez, molto appassionato di flamenco, si rese conto che un cantaor di nome José Rodriguez Concepcion non è mai esistito, mentre trovò notizie di un cantaor e bailaor attivo a Madrid, José Medina Trujillo. Ecco scoperta l'identità di Medina El Viejo! José Medina fu piuttosto attivo a Madrid, e probabilmente non tornò mai a Jerez. Di lui si sa che forse non era un grandissimo cantaor, ma che creò la petenera come la conosciamo oggi. Non incise nulla ma ti posso far ascoltare una letra di petenera di Medina el Viejo cantata da Pepe de la Matrona, un cantaor importantissimo, sivigliano, classe 1887, con una aficion al flamenco enorme, conoscenze enciclopediche sulla materia, molto legato alle tradizioni del cante. E' morto molto anziano nel 1980, e qualcuno lo ha definito archivio vivente del cante. Non amava i teatri e i grandi palcoscenici, ma preferiva quello cantato nelle piccole riunioni, in cui non cercava di compiacere nessuno, ma cantava ciò che sentiva, come la tradizione avrebbe voluto. Pare che cantasse addirittura ad occhi chiusi. La petenera di Medina el Viejo somiglia molto a quella della Rubia de Malaga, che ti farò ascoltare fra poco. Non è illogico questo, visto che El Canario de Alora, compagno della Rubia, era collega di Medina el Viejo in moltissimi spettacoli!Ascoltiamo ancora un esempio di petenera corta di Medina cantato da Josè Sanchez Bernal, Naranjito dei Triana, nato nel 1933 appunto a Siviglia. Un cantaor super importante, che ha insegnato cante a moltissimi dei cantaores del panorama flamenco attuale. La sua petenera è molto lenta, e ci mostra come il gusto si sia modificato, nei confronti del flamenco. Ascoltiamo una incisiione importantissima, fra fine 800 e inizio 900, cantata da El Mochuelo, cantaor nato nel 1886, e un altro esempio cantato dalla Rubia di Valencia, Encarnacion Santisteban, sua amica e forse compagna. El Mochuelo ebbe tantissimo successo, e fece, fra i primi cantaores, spettacoli oltreoceano. La sua petenera era piuttosto leggera e divertente, proprio per accattivarsi il mercato discografico. Nella sua incisione si sente la Rubia che suona le nacchere (se ne riconosce la voce nel jaleo), che non entrano all'inizio della letra come succede nelle sevillanas. Non so se sia significativo, ma te lo faccio notare. La Rubia aveva una voce acutissima e conoscenze enciclopediche sul flamenco. Nelle sue registrazioni canta anche cose che sarebbero scomparse senza di lei. La Rubia de Malaga, Francisca Colomer, faceva una versione sua, ed è una persona da conoscere per capire la storia della petenera. Ebbe un discerto successo, ma dovette andarsene a Madrid, dovendo ricominciare la sua carriera, poiche suo padre pare abbia ucciso il cantaor El Canario, con cui lei aveva una relazione. Non ha inciso nulla, ma possiamo ascoltare Antonio De Canillas cantare la petenera della Rubia de Malaga, che sicuramente è solo in parte fedele all'originale. In sintesi abbiamo Medina El Viejo che ha influenzato vari cantaores fra i quali La Rubia de Malaga, Poi venne la petenera del Mochuelo, che prendeva spunti da altre cose precedenti, ma non si sa chi la abbia creata: si sa solo che la cantava lui! Forse i cantaores hanno cominciato a cantare la petenera sempre più lentamente per fornirle un'aria più flamenca e più drammatica. Sono Sabina Todaro, insegno baile flamenco a Milano dal 1990, me ne occupo dal 1985. Compilare questi podcast sulla petenera è stato meraviglioso. Mi domando come mai nessun cantaor abbia più rispolverato la petenera del Mochuelo, che ho sentito cantare solo a Carmen de la Jara. Il flamenco, dicono i flamenchi, non inventa niente, ma va a raccontare qualcosa che ha già raccontato in passato. E lo ripete. Quanto più si approfondisce un aspetto del flamenco e tanto più si capirà tutto il resto, perché è un corpo unico, in cui tutto influenza tutto.
Le origini della petenera sono avvolte nel mistero:si ipotizza una origine ebraica, oppure che fosse nata a Paterna de la Ribera, in provincia di Cadice, o che fosse il nome di una cantaora mitica, di cui in realtà non si sa nulla. Esploriamo un po' la storia, per capire meglio. I flamencologi lavorano oggi parecchio sulle emeroteche per verificare storicamente che cosa sia successo, relativamente alla presenza del flamenco. La prima volta in assoluto in cui si parla di Petenera fu a Città del Messico, il 6 gennaio 1823, parlando di uno spettacolo al Teatro Coliseo. Si è anche trovata una petenera scritta, del 1827, sempre petenera messicana.Ci sono due studiosi che hanno investigato tanto sulla petenera americana: Lenica Reyes Uñiga, messicana che ha scritto sulla petenera la tesi per il suo dottorato in etnomusicologia, e José Miguel Hernandez Jaramillo, etnomusicologo sivigliano, che gestisce un bellissimo podcast, "Sonidos olvidados". Altro studioso importantissimo è Faustino Nuñez, che ha ricaercato nella stampa indicazioni sulla petenera. In Spagna si comincia a parlare della petenera nel 1826 a Cadice, quando entrò a far parte del repertorio di pionieri danzatori come Luis Alonso, che ballava "la petenera, il son di Veracruz", il son “jarocho”, cioè di Veracruz, Messico. E nel 1827 Lázaro Quintana, nipote anche del cantaor delle origini El Planeta, cantava la petenera americana o veracruzana. Per la prima volta nel 1844 si parla di una petenera gaditana, a Cuba, come spettacolo di danza: per la prima volta si parla di una petenera gaditana e non di petenera americana. Logicamente Cadice è il maggiore porto sull'atlantico in Spagna, e quindi le novità culturali entravano in SPagna da lì, quindi la prima petenera spagnola era per forza gaditana!A metà dell'800 la petenera comincia a comparire nell'elenco dei brani interpretati a Triana durante le feste organizzate in locali pubblici o privati per il divertimento dei ricchi o per intrattenere i primi viaggiatori, solitamente animate da artisti gitani. Nel 1954 la petenera entra in teatro con danzatori professionisti. ed entra sempre pèiù a far parte di serate e spettacoli. La petenera delle origini aveva un ritmo ternario, quello tipico del folklore andaluso in particolare e di quello spagnolo in generale. La petenera che esiste in Messico è un Son, un genere musicale popolare ballabile. La melodia della petenera flamenca è chiarissimamente influenzata dalla melodia tradizionale messicana della zona Huasteca. In Messico la petenera ha varianti regionali, e si riconoscono almeno 4 stili: Jarocho, uno delle coste Grande e Chica di Oaxaca e Guerrero, una canzone istmeña di Oaxaca, e la petenera huasteca, incentrata sul personaggio della sirena. Ascoltiamo un esempio di come suona la petenera messicana: chi conosce la petenera flamenca sentirà sicuramente la stessa melodia!E' molto probabile che questa melodia nasca in Spagna, come una tonada, e si sia modificata una volta arrivata in America. La forma poetica è quella del romance, componimento poetico spagnolo di origine castigliana, a carattere epico-lirico, in doppi ottonari in assonanza. Non si può però sapere se alcuni cantes antichi restarono in Spagna e si evolsero verso la petenera o se in Spagna non rimase nulla e tutti i canti andarono in America e lì vennero trasformati. CIò che è certo è che ci sono melodie tradizionalli spagnole in cui si possono ravvisare le origini della petenera. Ti faccio ascoltare una prima melodia, del repertorio sefardita ebraico. Gli ebrei nel 1492 sono stati espulci da Spagna e Portogallo, e alcuni sono arrivati in america. Il brano è cantato in Ladino, la antica lingua ebraica di origine neolatina, molto simile allo spagnolo, parlata teoricamente da circa 200.000 persone al mondo ma poco conosciuta. Il titolo è "A la una yo nassí a las dos me engrandesí". Fa parte del canzoniere ebraico del XV secolo. Ascoltiamo un'altro brano, portato alla luce da Antonio Barberán, direttore della cattedra di flamencologia di Cadice e creatore di un interessantissimo blog, "El callejon del Duende". Al brano Barberán ha posto come titolo "La petenera del Niño Turco", ma il vero titolo sarebbe "Las horas de la vida". Il cantante della registrazione è Haim Effendi, probabilmente la maggiore autorità storica in termini di canto ebraico sefardita. Nato in Tracia, oggi territorio turco, ha vissuto tanto in Egitto e ha viaggiato molto, diffondendo il suo modo di cantare e il suo repertorio. Il brano pubblicato dall'uniersità ebraica di Gerusalemme, grazie alle ricerche del Centro di musica Ebraica. Si sente che è una melodia antica, ma si sente che la petenera viene da lì. Altro brano che voglio farti ascoltare è registrato da José de Los Reyes Santos El Negro del Puereto, registrata nella Magna Antologia del Cante Flamenco del 1982. Il padre del Negro era di Paterna de la Ribera. Il brano è un antico Corrido Gitano, "El romance de la Monja" o "Mi madre me metio a monja". Quello che non si sa è se questa melodia sia stata cantata così perché la melodia di questo corrido fosse veramente questa o se sia stato El Negro o se qualcun altro di Paterna de la Ribera abbia messo qeusta melodia, dato che a Paterna c'è un amore particolare veros questo palo. Fatto sta che la melodia è la questa!Parliamo delle origini del nome. Nel dizionario non c'è nulla che possa riportare alle origini di questo nome. Per moltissimo tempo si è fatto riferimento alle tesi di Antonio Machado Alvarez Demófilo, scrittore, antropologo e folclorista spagnolo, padre dei poeti Antonio e Manuel Machado, uno dei maggiori intellettuali in Andalusia nella seconda metà dell'800 e il primo esponente dello studio “scientifico” del flamenco.Nel 1881 esce la sua "Colección de cantes flamencos", pietra miliare nella storia del flamenco: la prima volta in cui ci si avvicina a quest'arte con criteri scientifici antropologici. L'opera tratta delle origini dei cantes e compila letras di vari palos. Demófilo si appoggiò a due cantaores riconosciuti all'epoca, Juanelo di Jeréz e Silverio Franconetti (colui che spinse il flmenco verso il professionismo). La opera di Demofilo è fonte di studio inevitabile.Demófilo afferma che petenera è corruzione del termine paternera. Vero è che gli andalusi distorcono facilmente le parole, e che Petenera suona come Trianera, come aggettivo di un luogo, e in più Juanelo non avrebbe avuto interessi nel mentire.Altra possibile opzione è che Petenera fosse una cantaora, forse di Malaga, forse di Cuba o di Paterna... ma di questo personaggio non ci sono evidenze storiche. Molti, studiosi anche autorevolissimi, del flamenco, la accettano come teoria indiscutibile, ma Juanelo però non era uno studioso, e semplicemente vedeva la realtà dal suo punto di vista. Consideriamo sempre che è difficile cambiare idea quando un parere è molto radicato da molto tempo!Un altro teorico del flamenco, Francisco Rodriguez Marin, aggiunge a quella di Demofilo una teoria mitica, nel 1898: Petenera era una cantaora (avallando le teorie di Juanelo e di Demofilo) molto bella, che seminava intorno a sé donne gelose e uomini innamorati. La teoria si basa sul contenuto di alcune letras, come se fossero verità scientifiche: "quien te puso petenera no te supo poner nombre que te debió de haber puesto la perdición de los hombres" chi ti ha chiamato petenera non ti ha saputo mettere il nome, ti avrebbe dovuto chiamare la perdizione degli uomini. Qualcuno ha persino ipotizzato che Paterna non fosse quella in provincia di Cadice ma in provincia di Valencia. Molto più probabilmente il termine viene etimologicamente dall'America: una regione del Guatemala al confine con il Messico si chiama Petén e il suo aggettivo è proprio petenero. La Spagna ebbe molto a che fare con questa regione perché è la sede della cultura Maya. E appunto in Messico si dà questo nome Petenera a diversi Son. Altra cosa importante da valutare riguardo alla petenera flamenca sono le sue origini ebraiche. A parte le origini musicali che affondano nella tradizione ebraico sefardita, nei brani che abbiamo già ascoltato, abbiamo diverse letras che parlano degli ebrei, la più famosa delle quali è "A donde vas bella judia, tan descompuesta y a a deshoras? Voy en busca de Rebeco que esta en la sinagoga" Dove vai bella ebrea così sconvolta e a questa tarda ora? Vado a cercare Rebeco che è nella sinagogaIl contenuto di questa letra è po' strano: non esistevano più le sinagoghe in Spagna dal 1492 (quindi dovrebbe essere una letra precedente al 1492, ma non ne sono rimaste tracce per secoli), Rebeco è un nome strano, se fosse ebraico sarebbe al femminile, Rebeca, inoltre le donne non andavano alla sinagoga, e tanto meno da sole e in tarda serata. Sembra parlare di una atmosfera molto più recente. Insomma i punti interrogativi sono grandi! D'altra parte nessuna letra ci può dire dove nascano i palos, altrimenti questa letra: En La Habana nací yo debajo de una palmera; allí me echaron el agua cantando la petenera. (Sono nato all'Havaa sotto una palma e lì mi hanno battezzato cnatando la petenera) vorrebbe dire che viene da Cuba La melodia antica era ritmata e piuttosto rapida, ma nel corso del tempo si è flamenchizzata, perdendo la componente ritmica, e rallentando tantissimo. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco e Lyrical Arab Dance, un interessante lavoro sull'espressione delle emozioni in danza, a Milano al Mosaico Danza.Ti consiglio di affrontare lo studio di un baile por petenera se vuoi capirte meglio il flamenco!o su
Per fruire di questo podcast dovrai ascoltare il precedente, che è dedicato più genericamente alla bambera. In questo episodio faremo un ascolto guidato di brani.La più antica registrazione è del 1935 fatta dal cantaor Pepe Pinto, con il titolo Pintera, come fosse una creazione sua o in altri casi la chiamò Fandango de Aznalcazar, che è in relatà il suo nome corretto di origine. Il cante è por fandango.Ascoltiamo la interpretazione molto forte e decisa di Pepe Marchena, che era molto creativo e non era interessato ad aderire a schemi, e della Bambera fece, per il film "Martingala" del 1940, una versione molto creativa por Milonga.Nel 1941 Gracia de Triana cantante di copla la incide come cante campero popular, por fandango. I flamencologi non avevano preso in considerazione questo brano, attribuendo alla coppia Pinto/Nina de los Peines la diffusione della Bambera.La moglie di Pepe Pinto, Pastora Pavon la Nina de los Peines, la rese molto famosa, cantandola parecchio, e la incise nel 1949 con il chitarrista Melchor de Marchena. In questa incisione canta in modo molto flamenco la più famosa letra di bambera, "Entre sabanas de Holanda": Fu lei a mettere a questo palo il nome.Ascoltiamo El Lebrijano che incide nel 1966 una primissima versione por buleria por solea, con la chitarra Nino Ricardo. La più famosa versione in buleria por solea, quella che ha fatto storia, è in realtà del 1970, suonata da Paco de Lucia, con il cante di Naranjito de Triana. Naranjito studiò parecchi cantes, andando a recuperare anche cantes non molto diffusi, e influenzò tanto altri cantaores, perché fu anche maestro, nella scuola forse più importante di cante flamenco della storia fino ad oggi, la Fundacion Cristina Heeren di Siviglia, con la sua voce potente ed espressiva, e ricama la melodia in modo molto flamenco. Il brano esce nella Antologia Cantaora, con il tiolo Homenaje a la Nina de los Peines. Alrtro brano da ascoltare per comprendere la bambera è inciso nel 1996 da Carmen Linares, con la chitarra dei fratelli Habichuela, ancora por fandango, nahce se ormai a quell'epoca era molto più diffusa la versione in buleria por solea. Anche Enrique Morente cantava la bambera por fandango, ma quando la incise, nel 1999 nel disco Lorca, la incise por tango, con la chitarra granadina meravigliosa di Pepe Habichuela. Interessante è che alla fine della strofa Enrique Morente ripete gli ultimi due versi, cosa che in Bambera non si fa, ma che invece si fa por tango. Ascoltiamo La Leyenda del Tiempo, pubblicata da Camaron de la Isla nel 1979. Il pubblico e la critica ricevettero male il disco, ma con il tempo lo apprezzarono sempre più. E' stata una versione psichedelica, rock, di una melodia tradizionale di un canto de columpio, che ti faccio ascoltare per farti sentire da dove viene. Il pianoforte introduce una melodia che ricorda la bambera che conosciamo come la più diffusa. Ma il canto ha una melodia diversa, quella che Camaron scelse per il suo La Leyenda del Tiempo. E' fatto su un tipico ritmo molto ternario, tipico del folklore andaluso. Ascoltiamo anche la Bambera di Arcos, per verificare che è proprio diversa! Canta Manolo Cantarrana con la chitarrqa di Manolo Sanlucar. Il cante por bambera non richiede necessariamente una salida del cante, visto che non nasce in ambito campestre e non flamenco. Molti importanti cantaores entrano direttamente con una letra. Ascoltiamo Gracia de Triana, che introduce il cante con un temple, più che una vera salida del cante. Intona la voce con le note della melodia. Ascoltiamo invece un esempio di salida del cante por bambera datto dal cordobese Jiménez Rejano: la voce copia la melodia di una strofa. In effetti, quale sistema migliore per sintonizzarsi su un palo che cantare la melodia stessa che lo identifica?La bambera non ha un cambio de sentido, ma c'è una bellissima registrazione fatta da Sonia Miranda, cantaora sivigliana residente ad Almeria, che voglio farti ascoltare, che va in modalità maggiore. Chissà perché questo cante così bello non è più diffuso di quello che è!Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Insegno dal 1990 a Milano, al Mosaico Danza, baile flamenco e un lavoro interessante sull'epressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Mi è capitato di montare spesso una bambera nel mio lavoro di insegnante, ma per preparare questi episodi sulla bambera ho dovuto approfondire molto, e passare oltre rispetto alle informazioni superficiali che descrivono questo palo come una solea leggera con una letra particolare, scoprendo un vero gioiello. E' un po' una metafora della vita quello di non fermarsi alla superficie, e si possono scoprire dei veri tesori, cercando di capire perché le cose sono come sono. Ed è prezioso imparare a... cambiare idea.
In questo episodio ti racconto la teoria di questo bellissimo palo. Ce ne sarà un secondo di guida all'ascolto. E' un cante non tantissimo preso in considerazione nei recitales flamenchi, forse perché è troppo legato al folklore. Il nome viene da Bamba, nome popolare usato nella zona di Siviglia e Cadice, per indicare il columpio, l'altalena. Il termine viene forse da bambolear, che significa dondolare, oscillare. Tradizionalmente si creavano nelle feste soprattutto intorno al Guadalquivir, di cui sappiamo grazie a pittura e letteratura, forse su imitazione delle feste francesi, nelle quali si attaccava una corda ad un grosso albero, con una seduta di legno o di corde intrecciate. I giovani spingevano le fidanzate sull'altalena, cantando e facendo festa.L'idea dell'altalena era di spingere la fidanzata molto in alto vicino alla luna per propiziarle fertilità. I cantes de columpio avevano tematiche leggere, doi amore, gelosia, e il franchismo non li amò perché considerati "piccanti". Ma anche se il potere costituito non amava questi canti non li distrusse perché si trattava di una tradizione popolare orale, apprezzata e diffusa. Questi canti non erano complessi dal punto di vista musicale. Ad un certo punto i canti popolaroi di columpio cominciarono ad essere afflamencati, con influenza da parte dei cantes camperos, la temporera, la trillera, le ninnanane ecc. Importante nello sviluppo del palo che conosciamo oggi sono stati i cantes de columpio di Aznalcazar, un paese situato nella zona dell'Aljarafe Sivigliano, in direzione di Huelva. In quella zona andava in vacanza una coppia di cantaores importantissimi nella storia del flamenco: Pepe Pinto e la moglie Pastora Pavon, la Niña de los Peines, che appresero questi canti e cominciarono a farli propri. Anche Pepe Marchena conosceva questo canto. Pepe Pinto inserisce il cante fandango di Aznalcazar e lo chiama "pintera". Nel 1935 lo incide con questo nome, o con il nome di Fandango di Aznalzacaz, su ritmo di fandango, per l'etichetta Disco Gramofono. Come si arriva alla attuale concezione della bambera come di una sorta di variante della buleria por solea? Trattandosi di un cante di origine campestre, il suo ritmo naturale sarebbe quello del fandango, ma nel cante si sente tanto la cadenza andalusa e la modalità flamenca, con escursioni sulla scala minore. E la chitarra può accompagnarlo in modo molto spontaneo con le note della solea. Pepe Marchena nel 1940 ne incide una su aire di milonga per la colonna sonora del film "MNartin Gala". Davvero particolare: te lo farò sentire nel prossimo podcast! E' interessante come si possa riconoscere una melodia, nonostante venga cantata in un contesto musicale differente. Nel 1941 Gracia de Triana, una cantante popolare in Andalusia, la incide por fandango con il titolo di cante campero popular. La Niña de los Peines la incise nel 1949, accompagnata dal mitico chitarrista Melchor de Marchena, con il titolo "Entre Sabanas de Holanda", per l'etichetta "La voz de su amo" (La voce del padrone!) dopo averla cantata parecchio e averla fatta conoscere, dandole per la prima volta il nome di Bambera.Fino a qui, il cante por bambera non era mai stato cantato por buleria por solea. Il primo cantaor che lo mise in buleria por solea fu Juan Peña El Lebrijano, accompagnato da Niño Ricardo alla chitarra. Era il 1966. Dopo pochi anni, nel 1970, Naranjito De Triana nel fa una sua versione con la chitarra di Paco de Lucia, in una Antologia Cantaora, con il titolo "Homenaje a la Niña de los Peines". Molti dicono che sia stata la Niña de los Peines a mettere il ritmo di Solea alla Bambera, ma non è vero!Altro esempio da tener presente è quello di Enrique Morente, che lo cantava por fandango dal vivo, ma che lo incise nel 1999, accompagnato da Pepe Habichuela, con ritmo di tango! Questo cante è nato libero da ritmo, quindi si presta a diverse possibilità.La letra si basa su versi ottosillabi, 4 con due versi ripetuti o 5 con un verso ripetuto, per cui siamo in uno schema di fandango con 6 versi. Una bambera che ha fatto storia è La Leyenda del tiempo, nell'omonimo disco del 1979 di Camaron. All'epoca fu un disco super rivoluzionario, molto rock e innovativo e il suo valore viene riconosciuto molto tempo dopo. La melodia viene da un canto del canzoniere dei cantos populares españoles, dal titolo "La niña que esta en la bamba".Il flamenco non butta via niente, recupera e ricicla. Esiste anche la Bambera di Arcos de la frontera, ma non ha nulla a che vedere con quella che conosciamo. E viene accompagnata in modo maggiore, con una atmosfera diversa. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco e Lyrical Arab Dance, un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo a Milano. La bambera è un bellissimo palo da affrontare, che ha una sonorità molto melodica. Il background musicale che le si suole dare quando viene ballata è quello della buleria por solea, ma rispetto a quest'ultimo la bambera è molto più fluida e melodica. Spesso purtroppo i bailaores la ballano come se si trattasse di una buleria por solea, cancellandone l'identità. Troppo veloce, e con movimenti piuttosto forti e un po' violenti, che nulla hanno a che fare con la dolcezza e la fluidità di questo cante. E' imteressante ballare con una velocità abbastanza elevata ma sempre fluida. Dal punto di vista fisico è simile a ballare por Caña o Polo.
Questo podcast è una guida all'ascolto della Siguiriya, con esempi pratici commentati. Ho scelto brani di cantaores importanti nella storia del flamenco soprattutto dal punto di vista di questo palo, ma non soltanto.Ti consiglio di ascoltare prima il n.125 di questo podcast, che è dedicato alla teoria.La prima cosa che succede in un brano por siguiriya è che entra la chitarra che definisce la modalità musicale di riferimento. Trattandosi di modalità flamenca, forte è l'impatto della cadenza andalusa. Nell'introduzione por Siguiriya il chitarrista deve sottolieare moltissimo le due note più gravi della cadenza, che ne definiscono l'atmosfera. Il primo esempio è Perico El Del Lunar che accompagna il cante di Don Antonio Chacon: due giganti della storia del flamenco.Nota come il chitarrista nella sua introduzione faccia diverse pause, nelle quali il cantaor portebbe inserire il suo cante. E' come dire "prego, canta pure se vuoi!", anzi, "cante Usted si gusta". Ecco perché si dice "cante" e non "canto"!La salida del cante por Siguiriya, fatta magistralmente da Antonio Chacon, sottolinea le due note più gravi della cadenza, con una escursione ad una nota più acuta, che è la più acuta della cadenza.Chacon era non gitano, mentre nel secondo esempio ti faccio ascoltare il cante della Niña de Los Peines, accompagmnata da Ramon Montoya, figure altrettanto importanti, ma Pastora Pavon La Niña de los Peines era gitana. Il cante por Siguiriya è spesso definito dai gitanti stessi patrimonio esclusivo della loro cultura, ma Don Antonio Chacon è un esempio di quanto questo non sia una verità assoluta.La chitarra accompagna molto gentilmente la voce del cante, rimanendo nel background, per spingere con forza il finale del quejio con dei rasgueos, momenti in cui la chitarra gratta le corde con energia. Il quejio si fa con Tiritiri o con Ay Lele.L'introduzione cantata dalla Niña è più breve, forse perché a quell'epoca (intorno al 1910) la lunghezza del brano era molto determinata dal supporto sul quale si poteva registrare il brano! Quando c'è il baile, o se si fa un montaggio "creativo" di questa musica, si possono fare montaggi molto creativi. Ad esempio entrare con una letra por Martinete, palo che condivide con la Siguiriya scala musicale e frase ritmica ma che non prevede l'accompagnamento di chitarra. Su youtube trovi due bellissimi esempi di baile por Siguiriya che iniziano conun martinete, uno di Antonio Canales e l'altro di Mario Maya, e anche altri. Alla fine della introduzione il bailaor deve offrire al cantaor la possibilità di cantare, con una llamanda. Dopo la salida del cante il chitarrista può fare una falseta, anche molto semplificata per far entrare una strofa cantata senza portare l'attenizione lontano dal cante. Un altro esempio che ascoltiamo è il cantaor Jerezano Manuel Agujetas, gitano, e accompagnato da Parrilla de Jerez. Un urlo soffocato, qualcuno che canta come gli esce dalle viscere, senza curarsi di piacere o di compiacere. Non fa mai l'occhiolino ad un aspetto estetico. Il suo cante era una necessità viscerale.Il cante nella letra ruota sempre intorno alla cadenza andalusa. La letra è molto lunga e divisa in due parti da un intermezzo di chitarra anche abbastanza lungo, e ci sono parecchie pause. Il chitarrista accompagna il cante ripetendo le stesse note pronunciate dal cante. Questo ci indica quanto sia importante la voce!Altro ascolto con una pietra miliare del cante flamenco è il cante di Antonio Mairena: Mairena ha creato una vera scuola di pensiero sul cante flamenco e il suo stile è stato studiato quasi come un libro di testo da tutti i cantaores che sono venuti dopo di lui, quindi il suo contributo è irrinunciabile. Sicurezza, forza, energia, autoaffermazione sono elementi tipici del suo cante. La sua voce viene considerata un punto di riferimento assoluto ed innegabile, soprattutto per il cante por Solea, ma anche per quello por Siguiriya.Il baile risponderà in modo ritmico al cante, e poi sicuramente ci sarà una escobilla ritmica. Alla fine del brano ballato, ci sarà forse una letra di Macho, più difficile, più potente. Ascoltiamo una letra di macho cantata da Luis El Zambo, anche lui jerezano. Il cante por siguiriya tira fuori tutta l'emozionalità possibile, senza filtri e senza vergogna. Altra modalità per chiudere una Siguiriya è fare un cambio in modalità maggiore e cantare letras di Cabales. Il cantaor che ascoltiamo è il sivigliano José Menese, erede artistico della tradizione Mairenista. Le Cabales hanno un'atmosfera diversa dalla Siguiriya, con la quale condividono le tematiche.Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e musiche e danze del mondo arabo dal 1985, dal 1990 insegno baile flamenco a Milano, al Mosaico Danza, e un lavoro sulla espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance.Affrontare lo studio di una siguiriya è un momento irrinunciabile e una fonte inesauribile di ispirazione per capire che cosa sia il flamenco. Nel baile è un passaggio obbligato. Significa che dovrai ad un certo punto entrare in questa atmosfera così travolgente e coinvolgente. Ci porta a confrontarci con emozioni di cui nella nostra società non si parla, la morte, la sofferenza, la perdita. Andare nella direzione dell'esplorazione della morte e del dolore significa viverlo in prima persona e ci aiuta ad integrarlo dentro di noi, dandoci come sempre uno strumento per passare oltre: qualunque cosa succeda, la vita continua, comunque. E' un bel messagio, questo, del flamenco!
La Siguiríya è uno dei cantes di base del flamenco, quelli che danno origine ad altri palos e che devono essere conosciuti da chi si occupa di flamenco.E' uno fra i cantes più antichi e più forti, è molto collegato con la cultura gitana e andalusa in generale. Seguirà un secondo podcast con ascolti guidati. Ci saranno esempi gitani e non gitani, proprio per capirne meglio l'essenza. Parla della perdita, della morte, della sofferenza, che vengono deninciate come essenza della vita stessa. E' molto toccante, travolge spettatori e artisti. Richiede orecchie educate al flamenco per chi lo ascolta, e richiede esperienza di vita e maestria nel flamenco e nell'espressione da parte di chi lo interpreta. La modalità musicale utilizzata è la modalità flamenca, e si basa sulla cadenza andalusa, 4 note a discendere (La sol fa mi) che vengono toccate continuamente dalla chitarra, che accompagna il cante in tono di La.Ascoltiamo un esempio di chitarra por Siguiríya suonata da Manuela Fernandez Molina, Parrilla de Jerez, classe 1945, purtroppo scomparso nel 2009.Faccio ascoltare 4 note che rappresentano la cadenza andalusa.Dopo alcune strofe di cante por Siguiríya entra una letra di Macho, più energica. La chitarra durante il macho insiste su forti suoni creati con la tecnica del rasgueo, che consiste nel suonare le corde in rapida successione con tutte le dita, utilizzando la mano come se si trattasse di un ventaglio. Il cante por Siguiríya ricorda molto il canto del muezzin, come già ti ho raccontato altre volte, e trova le sue origini nella famiglia delle toná, che sembrano, ad un ascolto superficiale, una vera e propria filiazione del richiamo alla preghiera islamico!Le note usate dal cante sono davvero poche, la melodia è minimalista, quindi dove sta la bravura del cantaor? Nell'espressività, nelle grandi ornamentazioni e nell'uso espressivo del silenzio. La frase ritmica che sottende la Siguiríya si svolge su un compás di amalgama di 12 tempi distribuiti in modo asimmetrico, come molto spesso accade nel flamenco, e ha una sua ritmica peculiare. 1-2 1-2 1-2-3 1-2-3 1-2. Quando il cantaor la canta, non segue una pulsazione regolare, da metronomo, proprio perché al primo posto deve sempre essere l'espressività, quindi l'emozionalità è sottolineata da questa imprevedibilità ritmica.Si tratta di un cante difficilissimo da interpretare perché richiede una profonda conoscenza del flamenco in generale e della Siguiríya stessa in particolar, raccontando l'essenza della storia del palo, non solo il dolore. Alcuni cantoares, bravi in altri generi musicali, non sono capaci di cantarla efficacemente, perché magari stanno attenti alla sua estetica, e hanno espresso emozioni diverse da quelle della Siguiríya ma questo cante è e deve essere "rude". La voce deve essere solenne, carica di pathos e in grado di sostenere note molto lunghe, e la cosa non è facile!I testi sono molto ripetitivi, i versi sono solamente 4 ma vengono trascinati e ripetuti, e il cantaor può accorciare o prolungare la voce a seconda del suo sentire. L melodia resta la stessa ma le varianti possono essere infinite. Pare che originariamente si cantassero senza chitarra, ma durante il corso del XIX secolo la chitarra ha cominciato ad accompagnare le Siguiríyas, che ancora oggi però possono esser cantare solo sul ritmo "al golpe". Il chitarrista deve essere molto attento al cante, sostenendolo al 100%, e anche le falsetas, le melodie di chitarra, non devono essere troppo complicate, per mantenere l'attenzione sul cante.Probabilmente la natura tragica e profonda di questo palo ne fa supporre una origine intima, nel seno della famiglia, ma da molto tempo ormai si interpreta in pubblico in teatro, creando sempre una atmosfera riflessiva. Quando c'è il baile, il cante deve essere regolare dal punto di vista ritmico, per dare modo al bailaor di creare i suoi suoni di commento ritmico, che accompagna la strofa con movimenti ampi e solenni, mantenendosi in ascolto, e uando il cante si ferma, il baile esprime la sua rabbia, il suo dolore, con suoni secchi e vigoroi, molto intensi. Quando c'è la letra di Macho, il baile può lavorare al contrario del cante, cioè muoversi lentamente, in contrasto con la grande velocità raggiunta nel finale, come a ribadire l'ineluttabilità del fato, che comprende per forza la morte e la sofferenza. Un altro modo può essere invece fare tanti suoni molto rapidi, cosa che personalmente mi piace meno perché è come coprire l'essenza di un cante tanto espressivo. Un'altra scelta può essere quella di fare ambedue le cose. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di musiche e danze del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco a Milano, al Mosaico Danza, e un lavoro di mia creazione, Lyrical Arab Dance, che aiuta ad esprimere le emozioni attraverso il corpo, utilizzando le danze del mondo arabo.Amo moltissimo montare un baile por Siguiríya. Dà molto spazio alla creatività, e apre le porte ad una dimenzione onirica, ti porta davvero in un altrove. La chitarra ha un suono molto ipnotico, che si inchioda nel cervello con grande forza. Se stai ballando devi trattenere il moviemnto ed essere molto umile, senza metterti in primo piano in modo presente nella statica, mantenendo energia e tesione emozionale con grande umiltà. Dopo che hai espresso il dolore e la tristezza, senti una forza nuova, che ti dà la forza di superare momenti difficili nella tua vita: il flamenco è molto catartico!Il cante è difficilissimo da affrontare. Il risultato sarà magari mediocre, ma, perché non provarci? Il risultato non è importante! Il cante por Siguiríya è talmente forte che ti permetterà di esplorare emozioni molto profonde. Ringraziamo il flamenco per questo!
Possiamo partire dal concetto di essere vivi: molto spesso ti faccio fare delle riflessioni che possono sembrare banali. Però, sono quella banalitā che è collegata con qualcosa che solitamente non pensiamo, e che, invece, ci possono aiutare a trovare delle prospettive nuove per la nostra giornata. In particolare, riflettiamo sul concetto di sentire la vitalità, con il flamenco.Molti degli ascoltatori di questo podcast hanno scelto di danzare scelto di danzare, altri di suonare, e tutti quanti di godere del flamenco.Perché abbiamo scelto di farlo? Perché fare flamenco in prima persona ci permette di sentirci vivi, e goderne da spettatore è talmente coinvolgente che in realtā, non è "divertente": è qualcosa di più profondo, perché è qualcosa di legato anche all'espressione e non solo al movimento o all'ascolto. Se no, altrimenti, noi che balliamo avremmo potuto fare un'altra attività fisica! Però, come mai abbiamo scelto di danzare e non di andare a correre?Quello che distingue la danza dalla ginnastica o dagli esercizi, è proprio l'aspetto espressivo, e il flamenco si basa sull'aspetto espressivo ancor più della maggior parte delle altre forme di danza. Lo stesso vale per la musica. Il flamenco ci può aiutare a considerare la vita da angolazioni diverse dal solito: è vero che sono viva lo stesso, anche se non ne sono consapevole, anche se non ci penso, perché non è che muoia se non sto attenta a me stessa. Continuo a essere viva, però sono viva a tempo parziale.Quando ballo sento che sono viva con tutte le cellule del mio corpo, non mi dimentico di niente. Non mi dimentico di nessuna parte di me stessa. Il fatto che io mi possa criticare passa completamente in secondo piano mentre mi sento totalmente viva. Credo sia la stessa cosa ance quando si suona o si canta!Se ballassimo o suonassimo con una grande attenzione alla tecnica, saremmo molto immersi nella dimensione del giudizio e della critica. Ecco, tutto questo non esiste, nel flamenco: non farti imbrogliare! Non c'è un canone. Devo essere bianca, verde o gialla per essere giusta, c'è solo devo essere me stessa e averee un cuore.Ballo o faccio musica con quello che ho, con quello che sono.Questo, secondo me, è un messaggio fondamentale di presenza e di adeguatezza.Ovviamente se sono un professionistqa ben pagato devo offrire una performance di un certo livello, dato che mi pagano per questo, ma se faccio flamenco per passione e gioia, non ha senso che mi critichi.Dobbiamo fare come gli animali: loro hanno capito tutto, loro non stanno a pensare "Sono bravo, non sono bravo, mi muovo male, mi muovo bene, sono giovane, sono vecchio, si vedono le rughe, non si vedono, ho i capelli bianchi, non ce li ho..." Non gliene frega niente, loro si godono la vita. Noi umani, invece, ci facciamo un sacco di menate. Ma la caratteristica di quello che stiamo facendo, rivolgendoci in direzione del flamenco, è proprio lavorare sulla presenza. Quindi, anche quando lavoriamo sul corpo o sulla voce o sul suono, nel flamenco teniamo presente sempre di entrare nella presenza e nel sentire, nel sentire in tempo reale, e tutto questo scatena dentro di noi un senso di gioia. Essere nel flow! Ho scomodato una parola grossa. La gioia. Purtroppo oggi noi apparteniamo a una societā di depressi. Poi, possiamo sempre dire che siamo depressi, noi che vivamo a Milano, perché non abbiamo tutto il sole che c'è in Andalusia, vero, innegabile. Abbiamo un clima difficile, perché d'estate fa molto caldo, d'inverno fa molto freddo e c'è umido, ecco. Però, la nostra posizione personale di sentire che cosa mi fa star bene e cosa mi fa star male non dipende da cosa c'è intorno a me, ma dipende da cosa c'è dentro di me.È sempre una visione totalmente soggettiva. Il flamenco stesso è totalmente soggettivo. Non ha niente di oggettivo, perché non ha canoni estetici. Poi è vero che nessuna forma d'arte è oggettiva. Nemmeno se io sono una cantante lirica e il pezzo che canto è totalmente scritto su uno spartito, ma come lo canto io sarā diverso da come lo cantano altre persone, questo è chiaro. Però, il margine di variabilitā che c'è nel flamenco, è molto pių grande di quello che c'è in altre forme d'arte. Perciò, se io compio un movimento, il mio movimento sarā diverso dal movimento di qualunque altra persona nel mondo, se produco un suono, sarà diverso da quello degli altri.Non è possibile nemmeno che la stessa persona produca arte sempre nello stesso modo. Perché? Perché siamo vivi. Perché ogni giorno siamo diversi, e la situazione che abbiamo intorno è diversa. Perché se rifaccio questo discorso tra cinque minuti, dirò cose diverse, dirò parole diverse, metterò insieme le frasi in modo diverso. E se invece di essere qui da sola, davanti microfono, ci fossero altre persone, direi cose diverse. E le direi in modo ancora diverso.Questo perché la ripetibilità non esiste se siamo veri. Quindi, il pensare di fare una cosa super tecnica, in modo da poterla ripetere uguale a se stessa, è un imbroglio, perché non è assolutamente possibile arrivarci. Il flamenco, anche quando è super montato, fin nei minimi particolari, contiene sempre una parte di improvvisazione: è nella sua essenza, quindi non può essere totalmente ripetibile. E' l'energia vitale che lo spinge ad essere così.Dicevo che questo provoca una gioia molto profonda, e ho parlato proprio della gioia, non ho parlato di un'altra cosa. La gioia è un'emozione pura che non ha a che fare con una ragione razionale. Non si dice "Sono gioioso, perché", si può dire "Sono felice, perché", ma sono gioioso non ha un perché. Cioè, la gioia è un'emozione che provo a prescindere dal perché.È l'emozione dell'essere vivo. Guardate che sembra una stupidata, però è la chiave veramente della felicità. Mi virene in mentre il film di Benigni "La vita è bella".La gioiā non è qualcosa che dipende da ciò che ho intorno, ma dipende soltanto da me. Quindi, non è soggetta alle variabili del destino. Non è soggetta a ciò che mi succede intorno. La gioia è dentro di noi. E, secondo me, abitare nel corpo, a contatto con le proprie emozioni, che vengono accolte e mai rifiutate, cercando il piacere corporeo nella presenza, cosa che il flamenco fa prepotentemente, ci aiuta tanto ad avvicinarci alla gioia, che non significa essere allegri, ma essere vivi. Stare nel corpo è una scelta. Stare nel corpo con piacere, è una scelta. È una scelta consapevole e continuativa. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco a Milano al Mosaico Danza e un lavro interessante sull'espresione delle emozioni attraverso danze e musiche del mondo araboche ho chiamato Lrical Arab Dance. Sono appassionatissima di neuroscienze e del funzionamento del corpo e della psiche. Ci sono persone che nascono con la grande fortuna di essere sempre dentro il corpo, con gioia. Beate loro! A me questo non è stato insegnato, cosa che è molto comune nella società mitteleuropea, però si può imparare e se lo posso fare io, lo può fare qualunque altra persona.Ballando flamenco, questa gioia di vivere, questo piacere di stare nel corpo, quando c'è, ci porta in una dimensione che è lontanissima dal giudizio. Lontano dal giudizio, lontano dalla paura, lontano dal senso di inadeguatezza, che invece ci invade abbastanza spesso, purtroppo, ci sentiamo che andiamo bene cosė come siamo. Che non abbiamo bisogno di fare grandi sforzi, per essere vivi. Che non abbiamo bisogno di grandi sforzi per essere quello che siamo, anzi. Quali sono le persone con cui stiamo meglio? Se ci pensiamo, sono quelli che ci accettano come siamo. Ti posso assicurare, che quella persona mi sarā molto simpatica, e starò volentieri con quella persona. Perché mi mette a mio agio. Mi permette di essere me stessa, mi permette di esprmermi. Il flamenco è esattamente questo: è metterci a nostro agio, fare in modo che possiamo esprimerci, perché questo è fondamentale, e che possiamo essere noi stessi. Senza giudizio. Attenzione: se nel corso che stai frequentando c'è qualcuno che ti fa sentire a disagio, avvderti l'insengnate e prendi le distanze da quella persona. Chi balla flamenco, balla con piacere, e mi viene sempre in mentte un episodio che racconto spesso: il ballerino flamenco che ho visto e ricorderò come il ballerino flamenco pių bravo al mondo era un signore gitano, piccolo minutino, con poca muscolatura, e cattiva postura, che si vedeva benissimo che non era un ballerino. C'era un concerto in teatro si cantaor molto bravo, El Pele, e questo signore era così felice, sentiva così tanta gioia dentro di sé, di essere lì e di sentire questo cante che lo coinvolgeva così tanto, che si buttò sul palco. E cominciò a ballare, evidentemente non era un ballerino, ma ballava con talmente tanta gioia e per lui era una neccessità, come una necessità indifferibile. E voleva restituire a El Pele la vitalità che il cantaor gli stava comunicando. Prima di guardare al risultato, devo essere presente e godermi la vita. Chi ha studiato danza ricorda sicuramente di aver partecuipato ad un saggio di danza con lo stress di dover fare bella figura e di non venire sgridati dall'insegnante. L'ansia da performance non c'entra con il flamenco! Se sono solo preoccupata del giudizio, non faccio flamenco.Vivo nel presente, me lo godo... e la gioia sia con te!
Come scegliere una scuola in cui imparare il flamenco. Ci dobbiamo per prima cosa ricordare che si tratta di una forma d'arte, complessa e completa, e che non conosciamo, da stranieri. Solitamente gli stranieri che si avvicinano al flamenco lo fanno attraverso la danza, ed è un percorso lungo e complesso. E lo dobbiamo sapere subito: se entriamo in una sala da danza e qualcuno ci dice che in breve diventeremo bravissimi, ci stanno imbrogliando. Lo stesso dicasi per la chitarra, o per il cante: anche se arrivo da una formazione di altri generi, ci vorrà tantissimo lavoro per entrare in una cultura musicale diversa da tutte le altre.Il primo consiglio per la scelta di una scuola in cui imparare, qualsiasi cosa, è chiedere di fare una lezione di prova per verificare se ti piace davvero studiare flamenco: verifica come ti senti in quella situazione!Per imparare a ballare flamenco devo tenere in conto diversi aspetti. Partiamo da quelli fisici: il baile flamenco ha movimenti molto grandi, energici, aperti, ma mai rigidi,una fluidità grande e tanta flessibilità. Questo richiede un corpo allenato, con una postura funzionale a muoverci meglio. Se la lezione è finalizzata solo a farti vedere dei passi, ma non ti si spiega come produrre quei movimenti in modo sano per le tue articolazioni, ricorda chje è impossibile imparare a ballare flamenco se non ti danno gli strumenti per avere consapevolezza del tuo ccorpo e non ti fanno fare un lavoro corporeo che ti porti ad allungare, centrare, allineare. Se nella zona in cui vivi non c'è un corso di flamenco in cui ti diano questi strumenti, costruiscili con un altro lavoro corporeo di sostegno: pilates, yoga, danza contemporanea...Il lavoro sulla danza deve sempre essere sostenuto dalla consapevolezza: il filtro che abbiamo nell'apprendimento ci riporta sempre alle nostre precedenti competenze. Non vedo ciò che vedo, vedo ciò che so! Il corpo non si mette fuori dalla zona di comfort, quindi se l'insegnante non mi spiega con chiarezza che lui è solo una fonte di ispirazione e non il modello assoluto da emulare, crederò che per imparare io debba fotocopiare ciò che fa lui, dirigendo tutte le mie attenzioni alla forma. Difficilmente un allievo ha già le competenze adatte a trovare una postura adatta al flamenco, che non sia estetica, ma funzionale. Ballare flamenco non significa imparare a mettersi in una posizione forzata, che poi magari mi porterà ad avere mal di schiena! Dovrai anche affrontare molto lavoro ritmico, e ricordati che per poter battere i piedi aa ritmo devi avere equilibrio, perché se cadi malamente da un piede all'altro non farai qualcosa di utile a te, ma disturberai il tuo apprendimento, e perisno quello degli altri, perché se studi male e fai pasticci con il ritmo, disturberai anche i tupoi compagni di corso. Devi quindi verificare che ti insegnino a guadagnare equilibrio e consapevolezza del suono.Non solo della meccanica che produce il suono, ma proprio della ritmica! Prima di tutto devo stare nel ritmo, e mi devono dare gli strumenti per capire la frase ritmica, il compas, in modo che lo possiamo davvero sentire.Altra cosa da considerare è sempre che il flamenco si organizza intorno al cante, che è il cuore di questa forma d'arte. L'ideale sarebbe avere a lezione un cantaor, non una persona che canticchi in qualche modo, ma proprio un cantaor, ma è praticamente impossibile. Quindi per lo meno nelle lezioni l'isegnante ci deve fornire le competenze per farci capire come si comporta il corpo in relazione al cante. Forse non lo vedrò nella prima lezione, in cui magari mi si mostreranno passi semplici, con cui entrare nel baile. Ma se ti iscrivi ad un corso e non ti si parla del cante, fatti una domanda!Altra cosa fondamentale in un corso sarebbe la presenza di un chitarrista, almeno di tanto in tanto. Non un juke box, ma un musicista che ti mostri come funziona il suo strumento. Altrimenti, sarà più utile ascoltare un bel cd di Paco de Lucia, che senz'altro suonerà meglio di come possa suonare il nostro chitarrista!Un'altra cosa da considerare è che il flamenco è una cultura: sarà importante che il nostro insegnante ci dica che lo è ci indichi che per imparare è meglio pianificare di andare in Spagna, di imparare almeno un po' di lingua spagnola, e non di andare solo a vedere qualche bello spettacolo e studiare baile flamenco con un insegnante bravissimo, perché il flamenco ha un background enorme, che così non si vede! Ci sono tanti ballerini che ballano anche molto bene ma non danno importanza a questa cultura di riferimento. Ma un insegnante ci deve far vedere la cultura di riferimento!Ricorda infine che l'esperienza deve essere piacevole, e non deve essere una penitenza! Se il mio insegnante è esperto ma mi mette a disagio, troverò tutte le scuse per non andare a lezione... A quel punto se l'insegnante mi demotiva non avrà molto senso! La lezione non serve per vedere se il maestro sappia ballare bene, ma se sappia insegnare a me a farlo. Una lezione non è una performance!Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di musiche e danze del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco a Milano e un lavoro bellissimo sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Quando insegno spesso le persone mi dicono "ho già fatto 15 anni di danza classica, quindi mi voglio iscirivere al corso di flamenco avanzato". Io sono italiana madrelingua, parlo fluidamente spagnolo e francese, ma se mi iscrivessi ad un coro di portoghese non inizierei dal corso avanzato! Ecco, con il baile flamenco deve essere la stessa cosa. Magari poi se ho un background di danza imparerò più velocemente di chi non ce l'ha!Se hai già una base di baile e vuoi continuare a studiare, non andare a fare una lezione di prova nel livelo avanzato, ma vai ad un livello più facile, in modo da non dover litigare con la difficoltà dei passi, ma poter godere del processo di apprendimento. A volte l'ego ci fa dire che devo andare nel corso più difficile, ma magari la lezione di prova ci dovrebbe servire a valutare il corso e non la difficoltà del passo!Una esperienza positiva ti aiuterà ad imparare molto di più di una esperienza negativa!Ricordati sempre quali sono le motivazioni che ti hanno spinto ad avvicinarti al baile flamenco e persegui il tuo fine, non farti fuorviare!Se eventualmente nella zona in cui abiti non ci sono insegnanti che facciano un lavoro che ti piacerebbe fare, costruiscitelo da te, sintonizzandoti su quello che ti interessa.
Ballare flamenco offre tantissimi benefici, alcuni dei quali sono condivisi con tutte le altre forme di danza o di sport, ma ha anche benefici unici collegati alla sua natura profonda. In questa società, le persone hanno una vita parecchio sedentaria, e ballare in generale dà strumenti per migliorare la sedentarietà: esercizio cardiovascolare, miglioramento della postura, della respirazione, del tono muscolare, aiuta persino a bruciare calorie, dà equilibrio e coordinazione.Il flamenco agisce sull'atteggiamento che abbiamo nei confronti della vita: ci dà il coraggio di essere presenti, di essere noi stessi!L'attività fisica ci aiuta a produrre due ormoni importanti per il nostro benessere: serotonina e ossitocina. La serotonina è l'ormone del buonumore, riduce ansia ed aggressività, tant'è che i farmaci per cpmbattere ansia, depressione, persino disturbi del comportamento alimentare contengono serotonina. L'ossitocina stabilizza l'umore, aiuta a creare legami emozionali e favorisce la socializzazione. Una sua carenza può favorire l'autismo!Ci sono aspetti che sono molto specifici del flamenco: la capacità di concentrazione e memorizzazione, legate alla difficoltà stessa di stessa di questa forma di danza.Se non mi concentro tantissimo sbaglierò tutto! Concentrarsi sul bail flamenco ci auita a prendere le distanze dai problemi del quotidiano e ci aiuta contro lo stress. Devo esercitare la memoria, cosa che fa molto bene!Ci sono anche aspetti più specificamente psicologici: l'aumento della autostima, che significa sapere meglio chi siamo, e esprimerlo. E quindi la capacità di esprimere e comunicare, l'accettazione e il riconoscimento di chi siamo, esprimendo 'unicità. QUesto ci aiuta a trovare il modo di comunicare meglio con altre persone, ascoltandole meglio, accettando e adattandoci alle situazioni impreviste. Ci dona elasticità mentale, obbligandoci ad adeguarci al presente, visto che il flamenco non è già scritto e deve sempre adattarsi alla situazione presenteCi sono anche vantaggi legati alla sfera artistica: ci insegna la nostra unicità e ci dà il coraggio di esprimere il nostro modo personale di fare, di vivere. Non ci sono canoni astratti da rispettare, ma c'è il bisogno di essere ciò che siamo e di esprimerlo con forza. Essendo una danza molto tonica il flamenco obbliga le ossa a ricostruire i propri tessuti in modo più forte e sano: i muscoli tirano le ossa e le sollecitano a riprodurre la propria struttura più resistente. Sono Sabina Todaro dal 1985 mi occupo di musiche e danze del monfdo arabo e di flamenco, dal 1990 insegno baile flamenco, Lyrical Arab Dance, un lavoro sulla espressione delle emozioni attraverso la danza, Dance Workout, un lavoro sul rinforzo, sulla ricerca del centro e dell'allineamento, Anatomia in Pratica, una ricerca sulla natura del corpo.Il flamenco aiuta anche a sfogare la rabbia, emozione che spesso ci fa male e blocca il respiro, l'addome, lo stomaco. Il flamenco ci offre possibilità di stare al mondo migliori!La ritmica, che è difficilissima, nel flamenco è unno scoglio forte e ci obbliga ad ascoltare in un modo diverso, nuovo. Ci offre altre orecchie per ascoltare la parte più grave della musica, il basso, il contrabbasso, apprezzando non solo l'aspetto melodico.Dovendo produrre musica con il corpo dobbiamo essere molto più attivi nella risposta alla musica e siamo per forza più attenti!
La cultura si crea su fattori storici, sociali, religiosi, antropologici, linguistici, artistici, persino culinari e gastronomici, che riflettono e costituiscono l'identità di una comunità.E' saggio approfittare dell'ottima rete stradale andalusa, fra l'altro quasi completamente gratuita, e conviene affittare una macchina per esplorare il territorio e raggiungere anche paesini minori. Nei paesini non arrivi con il treno, magari, e siccome non li incontri non ti ci fermi neanche per un caffè.Girando nei paesini si vedono subito i resti dell'eredità araba e mediterranea in generale, e soprattutto si incontra la gente, spontanea e socievole, accogliente e curiosa. Apri loro un po' il cuore e ti accoglieranno a braccia aperte.In Andalusia si può entrare in un bar con l'intenzione di prendere un caffé alle 5 del pomeriggio e uscirne alle 2 di notte, con 10 nuovi amici. Oppure isolarsi e non comunicare con nessuno e credere che gli andalusi siano persone che stanno solo fra di loro e che non sono interessati a nulla altro,magari soltanto perché io non parlo spagnolo e loro non parlano altre lingue che non sia la loro!Il flamenco in tutto ciò è dietro ad ogni comportamento, ad ogni parola. E' vero che molti andalusi non sono neanche lontanamente interessati a quest'arte (anche se tutti poi pensano di saperne più di te che sei straniero!). Essere andalusi non implica necessariamente amare il flamenco e ancor meno conoscerlo profondamente, non fare questo errore. Ma è anche vero che questa situazione geografica e culturale lo ha generato, e quindi il flamenco non può prescindere dalla terra che lo ha visto nascere e che lo nutre quotidianamente.Viaggiare nei paesini ci permette di incontrare gli anziani, che sono i portatori di una tradizione veramente andalusa, non globalizzata, che sa ancora di vino fino anziché di gin tonic, di gazpacho e tortilla de patatas anziché di sushi e hot dog.Paesini fuori dalle rotte turistiche, dove l'attrazione principale sono magari i prodotti della terra e della gastronomia, e non monumenti che richiamino l'attenzione di tanti viaggiatori e di conseguenza l'esigenza di vendere prodotti e servizi “globalizzati”. Gli anziani della Peña di Santaella in provincia di Cordoba sono probabilmente uguali ancora oggi ai loro bisnonni in termini di visione del mondo, di modalità di vita e di abitudini. Parlare con loro può essere interessantisismo, magari trovando argomenti di conversazione legati alla loro cultura. Capire cosa sia il flamenco per loro ci aiuta a capire cosa sia il flamenco nella sua storia. Un modo di riconoscersi parte di una comunità, un legante che accomuna e rende partecipi di una cosa condivisa. Andare a Madrid e studiare baile o a Siviglia e studiare le migliori falsetas di chitarra non significa capire e sentire la culla che ha dato i natali al flamenco. Le sue radici non sono nel grande teatro di Siviglia o di Malaga o Madrid se non Londra o New York. Quegli spettacoli non sono le radici del flamenco ma frutti artistici di una elaborazione. Il flamenco ha avuto le sue origini nelle taverne, nella quotidianità di persone “normali” nella vita “normale”, ed è nato come forma spontanea di espressione artistica. Oggi si espande anche attraverso l'attività dei circoli flamenchi, le peñas, e le serate dei festival estivi, polo di attrazione sociale che vede il flamenco al centro della manifestazione con concerti all'aperto, ai quali spesso la gente partecipa più per convivialità che per passione dell'arte, condividendo cibo e bevande con familiari ed amici. E' lì che occorre cercare le sue radici, ancora oggi, nella spontaneità, nel modo di fare e di parlare degli andalusi, nella loro ironia e nella loro saggezza popolare. Ci sono luoghi in Andalusia in cui il flamenco fa parte del quotidiano, mentre in molti altri posti il flamenco è solo una delle mille musiche che si possono ascoltare alla radio, in tv o ad un concerto dal vivo in un locale.E non è che se sono nato a Cadice in automatico ho una cultura radicata nella tradizione del flamenco, ma l'ambiente sonoro circostante, il sentire, l'emozionalità e l'abitudine a certe sonorità e ritmi saranno elementi che aiutano nella costruzione della mia formazione flamenca.Sono Sabina Todaro mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985, e dal 1990 insegno baile flamenco a Milano al Mosaico Danza, e un lavoro bellissimo che si chiama Lyrical Arab Dance, l'espressione delle emozioni tramite la danza del mondo arabo.Solitamente noi stranieri al flamenco ci arriviamo tardi nella vita, da adulti, e ci pare che il punto di riferimento debba essere soltanto il flamenco professionale di grandi artisti, in grandi teatri e della discografia edita dalle etichette discografiche.Anche soltanto vedere paesini in cui sono nati e vissuti artisti importanti della storia del flamenco ci aiuterà ad ascoltarli con orecchie più attente e rispettose della loro produzione artistica.Dopo anni di amicizia con un ceramista cordobese, abbiamo scoperto che era amico intimo del presidente della peña flamenca del suo paese, La Rambla, e che con facilità ci poteva far visitare la peña, anche in periodo di chiusura estiva. O andare a pranzo in un ristorante e scoprire che nella bodega sul retro c'è in atto una riunione di aficionados al flamenco, che non comprenderebbe evidentemente, nessun ospite straniero, e alla quale invece vieni invitato se ti metti a chiacchierare con il cameriere e cerchi di conoscerlo, di capire i suoi interessi e che persona sia al di là del suo ruolo lavorativo. L'apertura alla comunicazione è sempre il modo migliore per conoscere.
Lo scopo del flamenco è sempre quello di muovere la vita emozionale delle persone. Chi produce il flamenco si rivolge ad un ipotetico pubblico (che ad esempio quando il musicista è in sala di incisione non è presente ma sottinteso). Il flamenco nasce sempre dal cuore e dalla interiorità e si rivolge sempre al mondo emozionale. Nascendo dalla presenza, nasce anche dalla consapevolezza della presenza. Se sono consapevole della mia individualità, mi godo il presente e mi rendo conto che ciò che sono e ciò che faccio arriva ad un interlocutore e la comunicazione funzionerà. Nel flamenco, devo essere presente e dare un contributo personale, certamente in accordo con la tradizione e nel suo rispetto. In generale, essere consapevoli delle nostre impronte è fondamentale: ogni essere vivente lascia tracce intorno a sé, al proprio passaggio su questa terra. Il flamenco lo sa bene e sottolinea l'importanza del contributo che ogni persona può dare a qualcun altro. Il flamenco stesso canta la saggezza tradizionale e contribuisce a migliorare la vita degli altri. Se lavoro sul flamenco in modo molto meccanico e ripeto alla perfezione qualcosa, ma non c'è la mia impronta personale, il mio regalo, e non sono me stesso, il flamenco sparisce! Il mio passaggio su questa terra lascia sempre delle tracce.Ogni artista ha quasi il dovere di dare il proprio contributo al flamenco, a prescindere dal suo livello di preparazione. Altrimenti fa un esercizio meccanico, che flamenco non è. Ci conviene quindi entrare totalmente dentro di noi, nella consapevolezza completa della nostra presenza. Mentre balliamo, se questo significasse solo un bel vestito e bei movimenti precisi, priverei il pubblico del mio regalo! Un bel pacchetto vuoto. Fra l'altro, nel flamenco il pubblico è molto interattivo, risponde con incitazioni ed esclamazioni e questo aiuta gli artisti a sentire che le loro impronte si propagano e raggiungono l'interlocutore. Forse se fossimo consapevoli che le nostre impronte viaggiano intorno a noi ed influiscono nella vita delle persone che incrociamo nel nostro percorso staremmo meglio con noi stessi! Il flamenco sa che il messaggio dell'artista è unico e si sperimenta sempre una possibilità nuova e personale. Se il messaggio è chiaro e l'artista è consapevole delle tracce e del regalo che fa al pubblico, la sua produzione sarà molto coinvolgente. Il baile flamenco ci coinvolge sempre, a volte per la potenza dei gesti, la difficoltà o la rapidità dei ritmi, ma ciò che ci tocca davvero è la presenza della persona, dell'essere umano che abbiamo davanti. Ovviamente se il pubblico è sensibile sarà più facile che capti l'intenzione, ma se ci rendiamo conto che ciò che facciamo sono dei regali verso gli altri, sapremo che la nostra impronta personale è ciò che lo spettatore si porterà a casa. Forse si porterà a casa qualcosa che gli fa capire di più se stesso. Certo è che se l'artista vuole soltanto il mio applauso, come spettatore torno a casa pensando che l'artista sia molto bravo, ma tutto finisce lì. Il flamenco invece produce una cambiamento nel pubblico. Un bravo artista lo sa che la sua impronta personale lascia un segno nel cuore degli spettatori. Sono Sabina Todaro, mi occupo di danza da tutta la vita, e di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985, e sono super appassionata di psicologia, pedagogia, neurologia, anatomia, il tutto applicato al flamenco e letto attraverso il flamenco. Sono una insengnate di baile flamenco a Milano, al Mosaico Danza e i miei allievi non sono professionisti, anzi, amano ballare per se stessi, per passione e divertimento. Se sono consapevoli di quello che fanno, si portano a casa tutti i vantaggi del flamenco. Se sono consapevole che mando un messaggio fuori di me, posso autostimare ciò che sono e sono consapevole che quel gesto è un regalo che faccio al pubblico a prescindere dalle mie capacità. Di un regalo non si deve valutare il valore economico ma quello emozionale. Essere consapevoli che si lasciano impronte intorno a sé è importnate nella vita. Sapere che sono importanti e preziose, è importante. Anche se lo sto facendo per esercizio. Quanto più sono consapevole delle mie impronte che se ne vanno in giro per lo spazio, e tanto meglio riuscirò persino a produrre questo benedetto flamnco.
La Llave de oro del cante flamenco è un riconoscimento particolare che è stato consegnato soltanto a 5 cantaores nella storia. Non si sa chi lo abbia progettato e forse è il più antico premio flamenco. La storia del flamecno è costellata di cantaores bravissimi, ma soltanto 5 sono stati premiati con la LLave. In teoria sarebbe un premio legato alla diffusione dei valori tradizionali del cante, ma non è mai esistito un canone preciso per attribuirlo.La prima llave del cante è stata data a Tomas el Nitri, un cantaor gitano gaditano, del Puerto de Santa Maria, parente del famosissimo cantaor delle origini El Fillo. Era un personaggio molto nervoso, e probabilmente di sfogava cantando, quindi apportò molto alla siguiriya, che appunto per lui era un urlo. El Nitri era molto in disaccordo con l'operato del famosissimo Silverio Franconetti, il cantaor che professionalizzò per primo il cante, creando locali in cui ci si potesse esibire appunto professionalmente: i Cafés Cantantes. El Nitri non amava che il flamenco uscisse dall'ambito originario del cante gitano. Probabilmente la chiave era copia della chiave del recinto dei tori dell'arena di Malaga, e la vediamo nell'unica immagine che esist del Nitri, che posa seduto, appunto con la chiave in mano. Il premio gli fu consegnato forse nel 1868, forse a Malaga, o a Carmona o a Jeréz... la storia è avvolta dal mistero. E sembra probabile che gli sia stata data dai suoi stessi ammiratori,e non da una autorità. Nella storia del flamenco questa attribuzione di un riconoscimento ad un cantaor gitano è stata una maniera di sottolineare la maggiore valenza del cante gitano su quello payo. Diatriba che esiste ancora oggi, nonostante non si possa certo più parlare ufficialmente di questioni razziali nell'arte, per essere politically correct!El Nitri morì nel 1977, e la Llave de oro non venne attribuita a nessuno per quasi 50 anni. Ti racconto come andò: la storia è interessante!Nel 1922 a Granada diverse autorità, capitanate dal Comune di Granada e da due illustri artisti, Federico Garcia Lorca e Manuel De Falla, poeta l'uno e musicista l'altro, ambedue molto appassionati al flamenco, istituirono un primo Concorso di cante jondo. L'appoggio musicale tecnico del flamenco fu richiesto a Manuel Torre e ad Antonio Chacon, due giganti del flamenco dell'epoca (e non solo!).Nel 1925 gli impresari che gestivano il teatro Pavon a Madrid decisero di cavalcare l'onda del successo del concorso di Granada e crearono la Copa Pavon, un concorso di cante flamenco al quale dsi presentarono cantaorres illustri dell'epoca: El Mochuelo, El Niño Escacena, Pepe Marchena, El Cojo de Malaga, Manuel Vallejo. Manuel Vallejo vinse di gran lunga su tutti. Si può certamente riconoscere che sia stato uno dei migliori cantaores della storia del flamenco. Ha cantato benissimo qualsiasi cosa! Puoi cercare le sue registrazioni sul canale Flamendro della Sociedad Pizarras!L'anno successivo, nella seconda edizione il premio venne dato a Manuel Centeno, un cantaor sicuramente non di primo rilievo, per le sue saetas. Probabilmente questa scelta fu fatta per motivi politici. Antonio Chacon, cantaor che aveva un potere molto forte riguardo alla ufficializzazione del flaemnco e alla sua relazione con le autorità pubbliche, capitanò un gruppo di altri artisti per ribellarsi contro questa scelta non flamenca, e decisero di insignire Manuel Vallejo di un premio importante. Qualcuno pensò alla Llave de oro. Nel 1926 Manuel Vallejo venne insignito del premio, per la gioia dei suoi ammiratori, del flamenco, ma anche degli impresari del teatro Pavon, dato che questo creò un gran fermeto e una grossa pubblicità verso il teatro. Antonio Mairena, di cui ti parlerò fra qualche secondo, giudicò questa scelta dicendo che c'erano molti interessi politici e anche interessi personali di Manuel Torre e di Chacon, forse perché Vallejo non era gitano (e neanche Chacon!), mentre Mairena lo era ed era molto orgoglioso di esserlo, difendendo il cante gitano a spada tratta. In pratica mise in discussione l'autorità di Manuel Vallejo. Manuel Vallejo morì nel 1960 e gli organizzatori del Concorso Nazionale di Cordova decisero di fare una gara per attribuire la chiave ad un altro cantaor meritevole. Era il 1962. I partecipanti a questa gara furono nomi di enorme importanza: Fosforito, El Chocolate, Juan Varea, Pericón de Cádiz, Platero de Alcalá e Antonio Mairena. Antonio Mairena viene insignito del premio, non solo per i suoi cantes ma anche per il valore che aveva questo cantaor nella diffusione del cante e alla cultura del flamenco. Ne parleremo in un podcast dedicato, perché Antonio Mairena è un gigante della storia del flamenco. Molti dissero che il concorso sia stato pilotato proprio per far vincere Antonio Mairena e dar valore alla sua posizione riguardo alla storia del flamecno, al modo di cantare, sostenendo quindi iil mairenismo, una corrente artistica nel flamenco che si basò sulle opinioni di Antonio come unica verità. Fino ad oggi la sua influenza nel cante è enorme. Cantaores cone Manolo Caracol o Pastora Pavon, la Niña de los Peines erano stati esclusi, nonostante la loro indiscutibile bravura.Antonio Mairena morì nel 1983, e da allora il premio non venne attribuito a nessuno fino al 2000, anno in cui si decide di destinarlo postumo a José Monge Cruz, Camaron de la Isla. N3el 2000 Camaron avrebbe compiuto 50 anni e la giunta della provincia di Cadice (Camaron era di San Fernando, in provincia di Cadice) volle dargli un riconoscimento, e venne quindi attribuita a lui la Llave de oro del cante, con consegna nelle mani de La Chispa, Dolores Montoya, la moglie del cantaor. Questa attribuzione è stata molto criticata perché il cantaor era morto, e non era l'unico cantaor importante ad essere morto! Inoltre era un profondo conoscitore del cante tradizionale ma nella sua produzione artistica se ne distaccò a piacere! La Llave del cante successiva, l'ultima, venne attribuita nel 2005 a Antonio Fernandez Diaz Fosforito, cantaor cordobese, di Puente Genil, importante anche per l'impulso che ha dato allo sviluppo di alcuni palos, come la Bambera, la Solea Apola e lo Zangano, che è il fandango abandolao della sua città, Puente Genil, e ha sostenuto lo sviluppo del flamenco.E' un cantaor che ha messo in pace tutti! Il premio è stato attribuito a Fosforito dal Ministero della cultura e su suggerimento dell'associazione delle peñas de Andalucia. Un premio così importante,così legato alle tradizioni, attribuito in modo così discontinuo e con litigi e vantaggi personali, politici... è incredibile! D'altra parte il flamenco ha tanto a che fare con l'emozionalità ma anche con la politica ed il potere.Sono Sabina TodaroRifletto sempre sulla storia del flamenco e rifletto molto su musica, storia, psicoogia, espressione, cutura... e lego tutto al flamenco. Questo è un podcast molto "storico", ma mi faccio comunque delle domande: come mai un premio tanto importante è stato attribuito in modo discontinuo, persino ad un cantante deceduto, escludendone tantissimi super importanti, da Enrique Morente a Antonio Chacon alla Niña de los Peines, a Manolo Caracol... E il criterio di attribuzione è assolutamente misterioso!E' chiaro che ad un certo punto, dato che Fosforito sta per per compiere 92 anni e non potrà mantenere il premio nelle sue mani ancora molto a lungo, il premio andrà attribuito a qualcun altro. E io credo che la prossima artista potrebbe essere Carmen Linares, anche perché la Spagna, cheè stata per tatno tempo machista e maschilista, potrebbe così colmare l'ingiustizia di non aver attribuito il premio a nessuna donna finora e Carmen se lo meriterebbe pienamente.
Parlando di catarsi e flamenco dobbiamo partire dalla tragedia greca, che si svolgeva nell'ambito delle feste per i riti Dionisiaci, e non era solo un genere teatrale, ma un viaggio emotivo che riproduceva l'esperienza estatica dei rituali dionisiaci. Immediatamente è evidente il parallelo con il duende!Attraverso l'estasi, gli spettatori venivano trasportati oltre la loro realtà quotidiana, in uno stato di alienazione e trasfigurazione.Filosofi come Socrate e Platone e Aristotele hanno analizzato la catarsi della tragedia greca come liberazione dai mali interiori e apertura alla saggezza. Nietzsche afferma che le emozioni legate ai riti dionisiaci con la loro forza vitale caotica, legata a musica e danza, si intensificano, per poi purificarsi attraverso la potenza della musica e della danza. Le passioni e le emozioni evocate dalla tragedia greca sono potenti, ma non nascono da eventi reali. Sono il risultato di una situazione intensa, ma immaginaria, che stimola paura ed empatia, permettendo agli spettatori di vivere e purificare sentimenti altrimenti inespressi. Anche il flamenco racconta di storie collettive, condivise, e non ha mai l'intenzione di sottolineare i fatti ma soprattutto di evocare le emozioni umane ad essi legate. Nella tragedia si usavano grandi maschere, che amplificavano le voci e anche le emozioni e servivano da metafora dell'irrazionalità e della passione. Permettevano agli attori di incarnare pienamente i loro personaggi, anche quelli femminili (gli attori erano sempre uomini), trasmettendo al pubblico la potenza delle storie raccontate. Il flamenco, è un'espressione artistica che, proprio come la tragedia greca, permette una catarsi emotiva. Attraverso la musica e la danza, il flamenco invita a un viaggio interiore, dove le emozioni più profonde vengono liberate e trasformate in arte. Con un rinnovamento emotivo che genera una grande e sana gioia di vivere.In sintesi, il concetto di catarsi è evoluto da una pratica di purificazione fisica e spirituale a un processo di liberazione emotiva e cognitiva, fino a diventare un elemento chiave nell'esperienza estetica dell'arte, in particolare nella tragedia greca. Questa evoluzione riflette la ricerca continua dell'uomo di comprendere e trasformare le proprie emozioni e passioni attraverso vari mezzi culturali e artistici. Sono Sabuina Todaro, mi occupo di Flamenco e danze e musiche del mondo Arabo dal 1985, dal 1990 insegno baile flamenco a Milano e un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Studio danza da tutta la vita e nella mia formazione ho studiato psicologia, pedagogia e neuroscienze, e vedo il valore catartico del flamenco nell'espressione di una gamma incredibile di emozioni che coinvolgono profondamente il pubblico che non è mai spettatore distratto ma parte attiva che collabora profondamente alla performance, e l'effetto catartico e rituale viene anche amplificato dalla presenza del ritmo. Questo conferisce al flamenco un valore ancor più terapeutico che sfocia nella gioia di vivere.
Dedico questo podcast al mio modo di insegnare il flamenco, baile e cultura. Ho ideato un metodo rivoluzionario, diverso da tutto ciò che avevo visto nella mia formazione. Ho cercato un metodo nuovo perché solitamente si insegna in modo standard, al quale ogni allievo si deve adeguare a prescindere dalle sue qualità, caratteristiche, inclinazioni. Ho vissuto in prima persona il disagio di avere un corpo molto lasso e molto mobile, e dover studiare danza con un metodo che non si interessava minimamente alle mie difficoltà, ma solo alle doti "acrobatiche" che il mio corpo così mobile poteva avere, e delle quali potevano beneficiare i miei insegnanti una volta messa su un palcoscenico.Il corpo si è evoluto in modo da poter sopravvivere efficacemente durante migliaia di anni di evoluzione. Per sopravvivere ci sono voluti meccanismo di recupero dell'equilibrio, di lotta o fuga, che funzionino nel modo più automatico ed efficace possibile. Le possibilità di movimento delle articolazioni non sono infinite, e conoscendo il corpo si può imparare ad usarlo nel modo più efficace, che è quello con il quale è costruito. Nella sede in cui insegno, infatti, alle pareti ci sono appese la mappa delle ossa, dei muscoli e del sistema nervoso, non foto di danza. Se devo ballare devo avere idea di cosa sto effettivamente facendo! Ad esempio, a chi balla flamenco sviene insegnato che si devono "girare i polsi", ma il polso può soltanto flettersi dorsalmente e ventralmente e inclinarsi un po' lateralmente. Le torsioni sono opera degli avambracci, non dei polsi! Con un sistema tradizionale, impara una persona su dieci, con il mio sistema su dieci persone, dieci persone ballano. Nelle lezioni quindi uso il sistema "Anatomia in Pratica": conoscere il corpo nella pratica, per poterlo usare al meglio.Nelle lezioni uso moltissimo l'ascolto del corpo: la sensibilità cinestetica (la capacità di sentire il flusso del movimento) e la sensibilità propriocettiva (la capacità di sentire dove sono e cosa fanno ossa, muscoli, tendini, legamenti e capsule articolari). Se non sento cosa faccio, come farò a fare quello che voglio?Il corpo non fa ciò che vediamo ma fa ciò che sappiamo. Se conosci un po' le neuroscienze, lo sai! Se non conosco una possibilità del mio corpo, la eviterò e non riuscirò neanche a vederla su un altro corpo. Quanto più conosco del mio corpo per esperienza, tanto meglio mi muovo. Nella società occidentale si conosce il corpo solo attraverso il dolore: so di avere dei piedi quando mi fanno male!Uso anche una parte di ciò che si fa con il metodo Feldenkrais (conoscersi attraverso il movimento): porre attenzione a cosa succede in una parte del corpo quando se ne muove un'altra. Se sposto il peso da un piede all'altro, sento che il bacino risponde, e anche il torace, il collo, le spalle, l'intera struttura. In questo senso è fondamentale nella mia pedagogia comprendere una parte di neurologia, e usare quindi l'approccio neuroscientifico, mettendo a confronto diverse scienze (neurologia, anatomia, psicologia, comunicazione, espressione...) per affrontare lo studio del movimento in modo molto più efficace. In questo modo la velocità di apprendimento è incredibile. Mi sono sempre basata sul sentire, sull'espressione, e d'altra parte queste sono le cose su cui ho centrato i miei studi universitari: ho studiato psicomotricità e sono cresciuta in una casa in cui i libri di scienze erano molto presenti. Mia madre bìologa, mio padre farmacista, mia sorella e il mio ex marito medici... sono cresciuta in questo ambiente!Il cervello e il sistema nervoso periferico determinano che ci muoviamo come ci muoviamo! E sarebbe sciocco non sfruttare questi meccanismi, perché funzionano benissimo, anche in campi imprevedibili: se gli allievi non capiscono un ritmo, mi basta spostarmi nello spazio e obbligarli a guardare in una direzione diversa per sbloccare il meccanismo di comprensione del ritmo, proprio spostando gli occhi. Ogni persona ha in dotazione un corpo unico, diverso da ogni altro e l'epigenetica influenza ancora di più questa incredibile individuazione, sviluppandoci in maniera molto personalizzata nel corso della vita. L'epigenetica è un insieme di stimoli ed esperienze che fanno si' che la genetica si esprima o non si esprima. Due gemelli bambini si somigliano molto di più di quanto si somiglieranno a 40 anni! Il corpo si adatta alla vita che si fa, alle esperienze, al punto di vista sulla vita. La distribuzione delle masse corporee, delle rughe, della postura ecc sono personalissime. Un altro aspetto che coltivo moltissimo nelle lezioni è l'intuizione, la capacità di capire istintivamente cosa dobbiamo fare, come comportarci. Il flamenco non è nato da una scuola, ma da un istinto, e si può imparare a "sentire" quando entrare con un suono o un movimento sulla musica. Gli andalusi lo hanno sempre fatto in modo naturale. Perché non fare lo stesso?L'espressività è un'altra base forte della mia pedagogia: se ballo in modo meccanico, non ballo mai. L'esercizio meccanico non è danza! Uso molti esercizi a coppie, in gruppo, basati sui gesti naturali, sull'intenzione, cosa che ci porta ad avere le idee più chiare su cosa si sta facendo. Se sto ballando flamenco e faccio dei bei movimenti formali e non sono presente, non sento, non esprimo nulla... non ballo flamenco!Tutti gli aspetti del nostro essere sono importanti e crescono tutti insieme. Non devo imparare prima la forma e poi rivestirla di un contenuto. Il movimento nasce dal sentire, dal fare movimenti vivi, veri, animando lo sguardo, l'intenzione. La totalità del mio essere deve esprimere il movimento al 100%. Ci si lavora evitando la vergogna, giocando come bambini, si gioca alla ricerca delle possibilità dell'espressione, e si vivono le emozioni.Ovviamnete se la muscolatura è molle o troppo rigida (ad esempio per chi va in palestra per crearsi una muscolatura estetica, ma non funzionale), il movimento non funziona. Il corpo va quindi allenato in modo da renderlo centrato, allineato, rinforzato, allungato. Si lavora tanto su ciò che nel metodo Pilates viene chiamato "la casa del potere, power house": parte alta delle cosce, pavimento pelvico, glutei, addominali. Un vero nucleo di forza che permette di far funzionare meglio tutto il resto. Non serve soltanto andare in palestra ad allenare i muscoli "uno per uno", ma serve lavorare i muscoli in catena fra loro e soprattutto nella diamica, non nella statica. Per ballare devo fare qualcosa che mi porti sempre nel flusso di un movimento espressivo, naturale ed espressivo. Natura non significa abitudine, perché se la mia postura è sempre contratta, storta per adattarsi al computer, questo non significa che sia naturale, ma solo che è la mia abitudine!Lavoro quindi sulle catene muscolari, nella logica dell'economia del movimento e della ricerca continua dell'equilibrio, e della funzionalità. Se muovo la parte bassa del mio corpo, mi accorgerò che la parte alta di me si muove in risposta. La coordinazione, il controllo del corpo che noi ballerini crediamo tanto importante è una invenzione intellettuale sul corpo, e pretendiamo di sovrapporre il controllo all'organizzazione naturale del movimento. Alcune funzioni del corpo non sono controllabili con la volontà razionale, non abbiamo proprio i neuroni per farlo!Se faccio esercizi meccanici creo un ammaestramento finto e non spontaneo, che mi spinge a nascondere quello che sono e quello che sento. Il flamenco non ha una forma, ma è un contenuto che diventa forma. Sono Sabina Todaro, mi occupo di danza da tutta la vita, da quando avevo 5 anni, studio flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985 e dal 1990 insegno baile flamenco e Lyrical Arab Dance, un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo. Dedico alla danza la grandissima maggioranza delle mie energie perché amo aiutare gli altri a danzare.La cosa che mi fa più felice è quando vedo un mio allievo esprimersi in modo personale ballando, e farlo in modo vivo, vero. Tirando fuori la sua arte, che significa fare una cosa in modo molto proprio, non tecnico ma unico.
Come viene insegnato il Baile Flamenco?Si può dire che ogni insegnante lavora a modo suo, e ha finalità e modalità diverse. Dall'inizio dell'insegnamento del baile si è lavorato sull'apprendimento di sequenze coreografiche, che venivano imparate a memoria e ripetute. Evidente,ente imparare così non crea una buona postura, fluidità di movimento, e neppure equilibrio fra i due lati del corpo, perché in una coreografia i passi non vengono fatti ugualmente con il lato destro e con il sinistro del corpo. Si creavano nelle scuole dei veri e propri repertori coreografici, che venivano ripetuti in modo sempre uguale negli anni, e attraverso questo bagaglio o, come dicono "materiale", i danzatori costruivano le loro capaacità. Una figura importantissima della pedagogia del baile flamenco è stata Maria Magdalena, la prima persona che abbia immaginato di creare una pedagogia del flamenco. Ebbe una intuizione forte a riguardo. Nella mitica sede storica della famosissima scuola di flamenco Amor De Dios, Maria Magdalena aveva decine e decine di allievi stipati in pochissimo spazio, sudati e stravolti, attentissimi ai suoi esercizi. Volle trovare le chiavi del baile per dare una formazione di tipo professionale ai suoi allievi. Aveva una base molto solida di danza classica e scuola bolera e con questa formazione cercò di trovare le chiavi della pedagogia del flamenco. Le sue lezioni erano faticose, difficili e durissime. Lavorava molto sul controllo del corpo. Ogni giorno faceva un'ora di lezione di tecnica e una di coreografia. Faceva un'ora di soli giri, una di soli ritmi di piedi, una di sole braccia, una di sole nacchere. Era molto attenta alla precisione delle posizioni statiche, alla pulizia del movimento. Il corpo veniva maltrattato da un punto di vista anatomico. E tutto veniva fatto con una grandissima forza.Era una donna piccolina, rotondetta, e molto decisa. Si doveva fare come diceva lei. Le articolazioni dovevano essere usate al massimo delle possibilità, ai limiti del mal di schiena e della tendinite. Educò generazioni di bailaores e studiosi del flamenco di tutto il mondo. Voleva che tutto fosse controllato, tenuto, che il corpo fosse usato al massimo delle sue possibilità. Negli anni '80 e '90 chi studiava flamenco andava a Madrid a studiare da lei, quindi il suo format pedagogico è stato innegabilmente il più importante e il più diffuso al mondo. I suoi esercizi per i polsi, con rotazioni e flessioni a pugno chiuso, i suoi esercizi ritmici in sequenza (tablas) sono conosciuti da tutti, anche da chi non ha neppure mai sentito il suo nome. Il suo metodo è innegabile, indiscutibile. Ha creato delle regole!La possiamo vedere in azione nel film di Carlos Saura del 1983, "Carmen Story" in cui interpreta se stessa, e su Youtube trovi un video in cui Maria Magdalena insegna a suonare le nacchere. Ci sono state tantissime persone che si sono trasferite a Madrid per poter studiare ogni giorno con lei. Migliaia di persone hanno studiato con lei e sfruttano nell'insegnamento il suo metodo, ma se cerchi informazioni su di lei on line.... trovi solo un articolo che ho scritto io. Forse le persone dimenticano di ringraziare i propri maestri. Studiare con lei mi ha insegnato tantissimo sul baile, anche se la sua visione della danza era diametralmente opposta alla mia!Negli ultimi 30 anni moltissimi ballerini hanno cominciato ad inserire esercizi di altro tipo nelle classi di flamenco, spostare le spalle, la testa, il torace, il bacino.. tutto dall'alto verso il basso (cosa che è neurologicamente scorretta, chi mi conosce lo sa, perché le catene muscolari lavorano dal basso verso l'alto). E poi decine, centianaia, migliaia di ripetizioni, finalizzate a migliorare il movimento. Ma se il movimento è sbagliato e lo ripeto un milione di volte resta sbagliato! Se coosì non fosse, io non avrei la R moscia: la ripeto migliaia di volte al giorno da tutta la vita, ma il movimento della mia lingua è sempre sbagliato e la r continua ad essere moscia. Molti bailaores hanno capito che non si può lavorare solo sulla forma ma sul sentire e sull'espressione. Un pioniere di questo lavoro è stato El Torombo, bailaor sivigliano, cresciuto fra i gitani del quartiere de Las Tres Mil. Gia negli anni '90 era considerato a Siviglia un passaggio obbligato per lo studio della Buleria, ma metteva un punto di vista interessante su tutto: ricordo le sue lezioni di Alegrias, in cui ti diceva che dovevi prima immergerti nell'ascolto del cante e poi, una volta bevuto il cante, potevi muoverti. El Torombo oggi è diventto uno Youtuber, anzi, un influencer, con una sua filosofia sulla vita molto particolare. Parecchio istrionico, molto affascinante, coinvolge allievi in tutto il mondo. Altro nome fondamentale da fare è quello di Antonio Canales, che non ha una scuola sua ma tiene parecchi stages in Spagna e nel mondo. Da sempre Antonio aveva l'abitudie di premiare la personalità nel baile. Ho studiato tanto con lui, e posso testimoniare che il suo messaggio era già dagli anni '90 "sii te stesso ed esprimilo nel baile". E oggi il suo messaggio viaggia sui social ed è rimasto questo. Un altro bailaor importante in questo senso è Juan Paredes. Con le spalle coperte da una solidissima esperienza da bailaor, Juan sta facendo un'opera di diffusione del baile nella sua dimensione sociale, culturale, di senso del gruppo, di emozione condivisa. Fa lezione con tantissime persone che non sono ballerini, ma gente comune. Ritiene che il baile flamenco abbia molto da dire su di noi. Anche le emozioni negative sono un modo che le prsone possono avere per parlare di sé. Fa una cosa che io amo moltissimo, che è non contare i tempi della frase ritmica, ma cerca di far entrare gli allievi nel ritmo in modo intuitivo e naturale. Per me è questa una battaglia importante che può cambiare il corso della pedagogia del flamenco.Un'altra maestra che fa un lavoro interessante oggi è La Lupi. Invita gli allievi a riflettere sulla storia del flamenco, su come si ballasse anticamente, e cerca di tirare fuori dagli allievi ciò che essi sono, attraverso esercizi di improvvisazione, spiegazioni ecc. E vuole davvero che gli allievi sentano e capiscano, più che copiare e incollare. Anche se li vede per un paio di giorni soltanto!Un'altra maestra che fa questo lavoro è Carmen Ledesma, portatrice di una trasdizione molto legata al contenuto e non alla forma. Il suo messaggio è che i passi non devono essere copiati, ma interiorizzati e addirittura creati. Molti altri insengnanti stanno lavorando sul tirar fuori se stessi, e sull'espressione. Così, se vai in una scuola di baile flamenco e ti fanno solo fare delle coreografie, magari considera di cambiare scuola...Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985, dal 1990 insegno baile flamenco a Milano e un lavor bellissimo sull'espressione delle emozioni che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Ho fatto tantissima strada sull'insegnamento del baile flamenco. E le mie conclusioni sono che la danza copia e incolla non è danza. Allora, provocatoriamente, dico che sarebbe più utile andare in palestra, "così eliminiamo anche la cellulite, che magari non abbiamo"! Se devo ballare devo tirar fuori me stessa, altrimenti ciò che ho dentro non esce e se non esce potrebbe anche farmi del male.
Riflettiamo sulla pedagogia del flamenco.Facendo una ricerca su una Intelligenza artificiale in italiano sulla pedagogia del flamenco, l'unica risposta che ho trovato era... di contattare me! Ho quindi ripetuto la richiesta in spagnolo e per fortuna ci sono notizie migliori!FIno a pochi anni fa per avere una formazione professionale in un conservatorio, di chitarra flamenca, bisognava andare a Rotterdam. Sembra assurdo ma in relatà spesso le istituzioni non danno valore a ciò che hanno "dentro casa". Il flamenco è stato vittima del franchismo che lo ha emarginato come qualcosa di legato solo alla cultura gitana... però Franco è morto nel 1975 e ci sono voluti 40 anni affinché lo stato Spagnolo promulgasse la Ley organica de la Educacion, nel 2006, che ammise finalmente il flamenco come corso di studi di conservatorio in Spagna. Molto spesso l'insegnamento delle forme d'arte non riguarda la pedagogia, ma soltanto gli aspetti pratici, tecnici. Difficilmentei fa caso alla crescita dell'allievo, alla sua espressione. E' un po' come quando allascuola media si studiava matematica solo per passare l'esame. Avevamo 12 anni allora, ma anche da aulti è facile persare che dobbiamo fare le cose "bene", essere sicuri e precisi. Però se ci esercitiamo all'infinito efacciamo qualcosa di scorretto, non miglioreremo e riusciremo anzi a farci del male: un chitarrista che suona in modo scorretto soffrirà di tenidnite. Finché non uso il corpo in maniera saa mi farò male. Non si può fare un eserciizo "a caso" e sperare che "tutto vada bene"!Il flamenco si imparava dall'osservazione e dall'esperienza diretta: guardo e copio. Ma non è esattamente così che funziona, altrimenti io potrei ascoltare un disco di Paco de Lucia e ripetere esattamente i suoi suoni. QUindi è necessario che qualcuno faccia da intermediario e mi conduca in un percorso di apprendimento. Il flamenco è talmente complicato che occorre sempre conoscerne gli aspetti teorici, musicali, culturali, oltre che tecnici e fisici. Se pensiamo al cante flamenco, è talmente estremo che si rischia facilmente di rovimarsi le corde vocali. Ma se si desidera cantare fino a tarda età si dorvrà fare attenzione. Con il baile è ancora peggio, perché il corpo si distrugge senza un trainig adeguato. Dal 2006 esistono scuole di formazione completa del flamenco nei conservatori in Spagna, per quanto riguarda il cante, la chitarra e il baile, e facoltà di flamencologia, che è dedicata alla musicologia del flamenco, allo studio della sua struttura e tradizione. Prima di allora quindi non esistevano scuole? Certo che esistevano, esistono da sempre, da quando esiste il flamenco! Gli insegnanti però offrivano informazioni tecniche, di forme da copiare: una falseta da imparare, posibioni da eseguire, strofe da ripetere, coreografie da memorizzare. Ma se ad esempio imparo a ballare attraverso l'esecuzione di una coreografia, il corpo non lavora in modo adeguato perché i movimenti sono senz'altro ripetuti in maniera asimmetrica, e questo non è sano per la formazione di un danzatore. Rigurado al cante, credo che le persone imparasssero a cantare ascoltando tanto, vivendo il flamenco nell'esperienza di vita. Questo è bellissimo, ma probabilmente molti cantaores non hanno potuto sviluppare la loro voce perché non sono stati educati e si sono rovinati le corde vocali. I conservatori danno una formazione sulla cultura, e aiutano a riflettere su quanto si sta facendo, anche grazie agli studi di flamencologia. Questo è molto utile anche a noi che siamo stranieri e non viviamo immersi nel flamenco!Ma non si rischia di snaturare il flamenco demandandone lo studio a scuole formali ed istituzioni anziché a viverlo nella quotidianità, come si è sempre fatto? In qualche modo è vero. I conservatori preparano la persona e in qualche modo deviano la spontaneità, e possono rendere il flamenco un po' manierato. Però comunque benedetta la pedagogia, perché permette agli artisti di avere un obiettivo più focalizzato e di non farsi male nel perseguirlo. Alla fine, avendo strumenti culturali ci si può godere di più il percorso!La tecnica non esprime sicuramente il flamenco: se devo studiare una falseta e penso di doverla eseguire precisamente prima di "interpretarla" e metterci del mio, finirò di suonare in modo meccanico e il flamenco non ci sarà più. Nel flamenco non si può trascurare la relazione con il momento presente, un po' come nel jazz, l'influenza reciproca fra gli artisti, ma anche l'interazione con il pubblico, con il luogo fisico in cui stiamo suonando, cantando o ballando. La tecnica non è la cosa più importante ma è solo quella più semplice da imparare. La tecnica è una conditio sine qua non, è assolutamente necessaria ma non sufficiente. Questo si può dire di qualunque forma d'arte, ma nel flamenco il concetto è davvero potenziato. Credo sia dovere di tutti, anche di chi si avvicina al flamenco in modo ludico e assolutamente non con intento professionale, esplorare in tutte le direzioni questa cultura e rispettarla. Se so suonare molto bene la chitarra flamenca e attribuisco ai miei allievi tanti esercizi per metterli in grado di suonare tecnicamente meglio, non è che stia facendo un gran lavoro per il flamenco. Sto facendo un gran lavoro per mantenere me stesso. Nulla di male: è il mio lavoro! Però non sto contribuendo in nulla al flamenco. Se insegno una forma di cultura e una forma d'arte devo darne ai miei allievi una visione globale. Devo essere consapevole che se insegno una cosa non ne sono proprietario, ma contribuisco alla sua condivisione. Per rispettare il flamenco occorre conoscerlo!Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985, dal 1990 insegno baile flamenco a Milano e un lavor bellissimo sull'espressione delle emozioni che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Ho studiato moltissimo il flamenco, e mi sono aiutata con i miei studi di psicologia, pedagogia e psicopedagogia fatti all'università, alla scuola di Psicomotricità dell'ospedale Policlinico di Milano. Quando andavamo a scuola, spesso i nostri professori non ci comunicavano la loro passione per la materia che ci stavano insegnando, e ce la mostravano soltanto come un dovere. QUando si insegna non si insegna ciò che si sa ma ciò che si sente. Se non sento il piacere di insegnare, lo farò male. Per quanto riguarda il flamenco, se lo insegno in modo meccanico, manco di rispetto al flamenco, e non mostro i veri vantaggi che questa forma di arte può portare alla vita delle persone, alla loro quotidianità.
Continuiamo la serie di rflezzioni sulla timidezza ed il flamenco.La postura non è soltoanto un atteggiamento corporeo, ma è la posizione che il nostro corpo tende ad assumere durante la giornata. Esprime assolutamente ciò che siamo, la nostra storia, il nostro carattere, le nostre esperienze, i traumi, i vissuti positivi, il nostro sentire. Alla fine la postura siamo noi!Influenza profondamente il nostro modo di stare al mondo e i nostri pensieri. Prova a stare tutto il giorno accasciato con lo sguardo basso e il collo piegato: ti sentirai triste o depresso!Il flamenco ci obbliga a tirar fuori una postura molto eretta, aperta e forte, che ci pone in una condizione di autoaffermazione ed autorevolezza, non certo di timidezza. Occupiamo tantissimo lo spazio e rimandiamo una immagine di sicurezza di sé.Se la pensiamo in termini di uomini primitivi, ai quali siamo ancor oggi fisicamente uguali quasi al 100%, chi poteva stare dritto, aperto e fiero eera... il capo del villaggio! Il flamenco invece fa così con tutti!Essere nel corpo ballando flamenco è fondamentale. E' tutto! Per ballare ed essere così aperti ed eretti occorre lavorare con la forza muscolare. Ed è faticoso! Mentre balliamo non è che non siamo più timidi ma lìapertura che il corpo fa mette in secodno piano paura e timidezza. Si usa la "power house" come si chiama nel Pilates: parte alta delle cosce, pavimento pelvico, addome in forza. Il corpo nel flamenco è tonico e forte e ci mette in una posizione fisica di potere, che ci aiuta a mettere da parte la timidezza. Non dico che ci permetta di superarla, perché la timidezza non è una malattia ma una caratteristica!Quando ci sentiamo forti e aperti le preoccupazioni e le paure vanno in secondo piano. Quanto più tempo dedichiamo al rinforzo di questa muscolatura e di questo atteggiamento corporeo, e tanto più acquisisamo uno strumento. Mi ricordo di Paolo Villaggio quando faceva Fantozzi, che si relazionava con il capufficio. Era sempre accasciato, fisicamente imbranato perché assente e assente perché imbranato. Non mi faceva per niente ridere, anzi, mi faceva molta tenerezza. La sua timidezza e l'insicurezza si esprimevano tanto con il corpo. Questo capita spesso: se ti osservi durante la giornata, noterai quanto spesso chiudi il tuo corpo!Stare molto in una postura aperta mi dà una specie di abitudine, che posso sfruttare anche nelle condizioni della vita normale. Il mio atteggiamento verso la vita stessa si modifica grazie al corpo!Voglio spendere una parola sulle spalle, che sono un punto forte perché collegano le braccia, che possono accogliere o respingere. Nel flamenco chi balla fa gesti molto forti di accoglienza o di rifiuto. Il flamenco non chiede scusa, ma sottolinea la propria posizioe. Fare questo è motlo importante!Per tutti o quasi "una buona postura" significa spalle indietro, pancia in dentro e petto in fuori. Prova! Se metti le spalle indietro non ti muovi più.se invece si attivano le clavicole in avanti, possiamo meglio muovere le braccia. Le braccia sono da un punto di vista osseo attaccate alle scapole, le quali a loro volta sono articolate sulla clavicola. Se si muove la clavicola si muove tutto!La timidezza e la paura ci fanno tendere a coprirci. Nel flamenco si esibiscono le ascelle! Dentro di noi possiamo sentire un istitinto, a non muovere le ascelle, e chi è timido di solito non riesce ad esibire questa patre del corpo!Che succede quando il corpo fa quesi movimenti, così forti e grandi? Quando sei veramente dentro il flamenco ti accorgi che la forma precisa di quello che fai diventa assolutamente secondario. Se in uno spettacolo i ballerini sono molto presenti e ti raccontano la loro verità, non vedi "gli errori"!In molte dane la ricerca della perfezione sta uccidendo la tradizione. Ad esempio la Salsa o la Danza Orientale! In parte anche il Flamenco è contaminato da questa tendenza alla forma perfetta!Il fatto di battere i piedi dissolve la timidezza perche ci impone di essere nel corpo e di essere ciò che siamo. E ci fa diventare più assertivi. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 90 insegno baile flamenco a Milano e un lavoro sull'espressione delle emozioni che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Insegnando tutti i giorni vedo che le persone fanno fatica ad entrare con forza nella parte centrale del corpo. E' come lasciare sempre aperta una via di fuga! Sempre dico agli alleivi che se non vogliono essere presenti non possono fare altro che... non venire alle lezioni! Se sono lì devono fare i conti con la presenza. Ballando flamenco tutto passa in secondo piano. Non esistono mail da inviare o compiti da eseguire. Tutto passa dietro al piacere, e alla presenza. Il flamenco ti dice di vivere nel corpo con piacere!Attraverso questo uso della forza, il corpo si fa più forte e meno timido. Ad esempio molto allievi quando arrivano sono molto introversi e timidi e pian piano diventano più loquaci e sorridenti: Il flamenco dà un centro più solito e stabile, e ci insegna ad attraversare il modno con coraggio. Se camminiamo con forza e presenza, siamo come Mosé: quando arrivò davanti al Mar Rosso, la sua intenzione era così forte che... il Mar Rosso si apre! Se si tiene questa forza, tutto funziona meglio. E sembri improvvisamente più bravo! Con il flamenco impariamo a non dubitare delle nostre capacità. Attraverso la forza della parte centrale del corpo impariamo a mettere in secodno piano la timidezza!
imidezza e flamenco. Un discorso molto lungo!Il flamenco ci impone di essere molto vivi, e si scatena quindi molta adrenalina, che ci può fare essere timidi e timorosi oppure coraggiosi ed entusiasti. Se sono nel flamenco non posso che essere coraggioso: il flamenco si centra sull'espressione dell'entusiasmo! Il flamenco fa produrre adrenalina, e ci impone di lasciar uscire tutto ciò che deve uscire. Un punto chiave della timidezza è la non accettazione della nostra imperfezione: se sento di dover essere perfetto, e cerco il perfezionismo, non voglio essere criticabile, esco dal flamenco. Il flamenco ha tradizione orale, non è sostenuto da regole inequivocabili, come invece sono quelle del balletto o delle danze classiche indiane. Come nel jazz, è tutto legato al momento presente. Non si può tenere tutto sotto controllo, perché il tutto si basa sulla comunicazione con gli altri, e c'è sempre un margine di imprevedibilità. Certo è che se sono un musicista e devo suonare flamenco, mi sarà utile conoscere bene la tecnica del mio strumento, Alcuni artisti si sono allenati e hanno studiato talmente tanto da riuscire a confinare la paura del fallimento e quindi la timidezza. Ma la tecnica e l'allenamento sono strumenti, utili a chi vuole essere professionista. Ma se tutto si traduce in voler fare le cose alla perfezione perché se no perdo di vista l'obiettivo del falmenco: accettare le mie emozioni ed esprimerle. Cosiì il flamenco mi dà la possibilità di cambiare il mio modo di esprimermi, non cancellando la timidezza ma indirizzandola in modo espressivo. Moltissimi flamenchi sono timidi nella vita normale ma una volta sul palco convogliano il loro sentire meravigliosamente e la timidezzza non è un ostacolo all'espresisone di sé. Il flamenco ci dà una bellissima possibilità di gestione della timdezza: gli errori non sono cose negative ma... nuove possibilità. Se suonando mi sbaglio e suono note impreviste, potrei farne appunto l'occasione per esplorare nuove sonorità. Se nello sbaglio mi lascio coinvolgere dalla paura del giudizio e dalla timidezza mi sentirò male, ma se non ho l'esigenza di essere perfetto potrò inrtavedere le possibilità del mio errore e sfruttarle. Nel flamenco non c'è obbligo di perfezione, ma obbligo di verità. La comunicaione fra i membri del gruppo è fortissima e gli errori, o meglio le difformità da quello che si era pianificato, possono essere momenti di verità. Se non ne so approfittare perché penso soltanto a fare "ene" quello che avevo deciso, mi isolo nel mio fare e non interagisco più con gli altri, contraddicendo alla regola del flamenco di essere presente e comunicare. Se devo sentire la comunicazione con altre persone devo tenere la porta aperta all'entusiasmo e non alla timidezza.Se sono nella mia verità e la lascio uscire, gli abgli sono pezzi della mia verità. Sono Sabina Todaro mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco a Milano e un lavoro sull'espressione delle emozioni attraveeso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab DanceSono una super appassionata delle neuroscienze, del funzionamento del cervello, ho tudiato psicomotricità e psicologia proprio per questo. Insegnando baile flamenco mi rendo conto dell'imnportanza della timidezza in questa forma d'arte da parte di chi con tutta l'umiltà e il rispetto affronta questo studio. E' un ostacolo grande: è come se non ci sentissimo autorizzati ad esprimere certe emozioni, ad erigerci in una postura molto aperta mentre balliamo, esprimersi con il cuore mentre cantiamo o suoniamo. Siamo timidi, abbiamo paura del giudizio e non ci sentiamo all'altezza.Una persona molto importante nella storia del flamenco che era molto timida è stato Paco De Lucia. Da bambino era insicuro o e si vergognava. Ha trovato nella chitarra un mezzo per sentirsi a proprio agio, riconoscersi in se stesso. Ha cominciato a studiarla in maniera quasi ossessiva. Le sue grandi capacità tecniche lo sostennero nel fare ciò che voleva e farlo come voleva. Alla fine poté fare proprio questo: perseguire la propria emozione e passare oltre la paura. Se riconosco ed esprimo la timidezza, la esprimo e la faccio diventare entusiasmo e non pi paura del giudizio, il flamenco diventa catartico e mi permette di trasformare i tutto in coraggio, e di vivere questa emozione di entusiasmo in prima persona mentre lo pratico e al tempo stesso dare coraggio anche a chi ne fruisce come spettatore.
Apriamo questo capitolo grandissimo di rilfessioni sulla timidezza ed il flamenco, che verrà portato avanti per diversi episodi.Il mondo di oggi ci chiede di distinguerci ma al tempo stesso ci chiede anche di omologarci. E' un messaggio contraddittorio ma molto forte. Trovare la nostra autostima, cioè identificarci con noi stessi è importante e forse l'identificazione è il più forte antidepressivo. La società ci chiede di omologarci agli altri per comportamento e atteggiamenti. Il flamenco ci dice di rispettare le tradizioni, ma di raccontare la propria verità e la propria unicità. Essere nel flamenco significa non omologarci ma trovare il nostro ruolo unico nell'ambito di questa tradizione. Ogni persona è timida almeno in qualche situazione. Che cos'è la timidezza? La paura del giudizio, del non piacere, della critica. La paura è una emozione primaria, ma nel senso della paura di un pericolo reale: se c'è una tigre davanti a me per forza devo avere una emozione di paura! Per sopravvivere!Ma spesso le nostre paure sono riguardo un pericolo pensato, immaginato ma non reale e il più delle volte la tidmidezza ci mette in ansia di fronte a paure che poi non si realizzeranno. Abbiamo paura che qualcuno ci giudichi, ma forse poi non lo farà nessuno. Sono poche le persone che non sono mai timide!Anche la timidezza ha aspetti positivi: quando siamo timidi siamo più attenti, osserviamo più segnali del normale. Ci sono persone che fanno fatica a guardare negli occhi un interlocutore, ma che sono poi in grado di parlare di fronte a centinaia di persone in una riunione aziendale. Questo ha molto a che fare con l'educazione che abbiamo ricevuto. Timidi non si nasce: si diventa. Ci sono paesi al mondo in cui l'educazione sociale sottolinea gli aspetti positivi dei bambini ed in altri questo invece non si fa. Ad esempio in Giappone, la cultura fa in modo che se il bambino ha successo, il merito viene suddiviso fra una serie di attori che hanno contribuito al successo: famiglia, insegnanti, ecc. L'insuccesso invece viene imputato solo al bambino. Foirse proprio per questo i giapponesi sono molto studiosi e quando intraporendono uno studio si impegnano enormemente. Sono molto attenti alla loro immagine sociale e quindi sono facilmente preda della timidezza. La cultura mediterranea al contrario tende ad applaudie i successi del bambino, minimizzando i fallimenti. Se in età infantile si sottolinea i successi, il bambino diviene più sicuro di sé e sarà meno timido una volta adulto. La cultura che genera il flamenco e mediterranea, quindi incoraggi ai bambini: abbiamo tutti visto in video o dal vivo bambini che ballano flamenco benissimo e sono piccolissimi. Ci stupiamo sempre di fronte a questo, ma dobbiamo pensare che questi bambini vengono molto incoraggiati e che pertanto non sviluppano alcuna timidezza. Nel mondo arabo accade lo stesso: se c'è un palco per qualche festa, con un palco, sicuramente i bambini vengono messi sul palco e applauditi dalla famiglia. Nella cultura Europea del centro nord si scoraggia il fatto di mettersi in mostra se non si è molto preparati. E' evidente che in generle gli andalusi sono meno timidi dei giapponesi. Biologicamente la molecola che si occupa della timidezza, della paura, è la stessa che produce entusiasmo e coraggio: l'adrenalina. A seconda di come il soggetto interpreta la realtà, saremo timidi o coraggiosi!Il flamenco ci obbliga a spingerci così tanto ai limiti delle nostre possibilità, che ci obbliga a sentirci molto vivi. La paura potrebbe prendere il sopravvento, ma al tempo stesso c'è il grandissimo entusiasmo di fare una cosa con enorme piacere, che ci nutre profondamente. Tutto ciò aha a che fare con l'adrenalina: il flamenco è veramente una droga. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco dal 1985 e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco e Lyrical Arab Dance, un lavoro sull'esprtessiione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo. Sono molto appassionata di neuroscienze e di psicologia, e per questo ho una formazione di psicomotricità e psicologia. Il flamenco è un serbatoio incredibile di analisi in questi campi che mi affascinano così tanto. Il flamenco non dà spazio ad essere timidi o insicuri perché ti coinvolge talmente tanto nella presenza che la timidezza si converte in coraggio.In una intervista Eva la Yerbabuena, una delle bailaoras più altamente riconosciute, raccontava di essere stata una bambina con una timidezza patologica. Anche da adulta è molto introversa, ma sul palco è talmente emozionante che non ti viene in mente che sia timida. Dà solo l'impressione di avere una espressività profondissima e di essere molto viva e presente. Eva ha studiato tantissimo e si è allenata tantissimo, tirando fuori un punto di forza per essere presente e forte. Il flamenco non cancella la timidezza con una maschera ma converte l'adrenalina della paura in quella del coraggio. Sposta l'attenzione del soggetto dalla timidezza all'entusiasmo.
I palos de levante sono generi musicali sviluppatesi nel sud est spagnolo, nelle provincie di Almeria, Jaen, Granada e nella regione di Murcia. La zona è tradizionalmente legata al mondo delle miniere, ed è legata al fatto di "Conoscere il mondo dall'interno, di averne una visione intuitiva profonda".Sono suonati in modalità flamenca, e sono liberi da vincoli ritmici (tranne eventualmente il Taranto, ma neppure obbligatoriamente). I palos tipici di questa famiglia sono Levantica, Minera, Murciana, Cartagenera, Taranta e Taranto. Il lavoro nelle miniere offriva possibilità di sostentamento a moltissime famiglie, e dava adito ad un enorme indotto di commercio. I minatori erano sempre uomini e desideravano divertirsi. QUIndi servivano locali di intrattenimento, Siccome erano quasi tutti andalusi, il tipo di musica che volevano ascoltare era proprio il flamenco. Ecco che tanti cantaores di varie zone andaluse si sono esibiti in quell'area mineraria, dando i natali ad uno sviluppo di cantes locali, alcuni dei quali davvero poco diffusi altrove. In particolare è interessante a questo riguardo il paese de La Union, in provincia di Murcia, nel quale si tiene un importantissimo festival flamenco con un concorso, centralmente di cante, ma anche di altro, che si dedica totalmente a questi palos, mantenendone l'integrità storica, con una enorme cura dei particolari ed un estremo rispetto della tradizione. La Union era un importantissimo centro minerario, ed è facile ancora oggi respirarne l'atmosfera nonostante che le minierew siano state chiuse oltre 50 anni fa. Restano nel paese miniere visitabili, musei e una serie di testimonianze affascinantissime.Il Taranto è il palo de Levante più diffuso altrove, al di fuori del concorso. E' diffuso anche perché si balla. Ed è l'unico ad ammettere il baile.Nel percorso di un cantaor è fondamentale investigare questi cantes perché offrono grandi possibilità interpretative anche su altri palos e quindi regalano al cantaor nuovi orizzonti espressivi.Cominciamo ad ascoltare le salidas del cante por Levante proprio dalla Minera, il palo legato a La Union, e partiamo da questo proprio come tributo all'importanza di questa cittadina. Ascoltiamo la versione di Pencho Cros, uno dei padri di questo genere, molto radicato nella cultura del paese, accompagnato alla chitarra da Antonio Fernandez, il capostipite della famiglia gitana Fernandez Munoz, che tanti srtisti ha dato al flamenco di lì. Il quejio por minera è un vero lamento, fatto in modo sommesso, con dignità e precisione.Ascoltiamo la Murciana cantata da La Trianita (trovata negli archivi della Sociedad Pizarras). Era nata a fine 800, e a quell'epoca chi si occupava di cante flamenco erano solo uomini, mentre le donne flamenche erano ballerine.Ascoltiamo El Cojo De Malaga, classe 1980, por Levantica figura super imprtante dei cantes de Levante (sempre dagli archivi della Sociedad Pizarras).L'ambito musicale di queste salidas è motlo omogeneo, ma ognuna è diversa, come se ci fosse una partitura. Ascoltiamo il cante por Cartagenera cantata con il gusto de Levnate. Antonio Pinana accompgnato dal figlio chitarrista, Antonio Pinana Hijo. I Pinana sono nati in questi cantes e li conoscono profondamente. L'atmosfera creata dai cantaores della zona ovest dell'Andalusia quando cantano por Levante è molto diversa, meno sofferta, meno sussurrata e meno caratteristica. Somiglia più ad una salida del cante di Siguiriya o di qualche altro palo. Ti faccio ascoltare un ottimo esempio di salida por Taranto, fatta da un gigante del cante gitano sevillano, El Chocolate.E' interessante conoscere queta differenza per capire meglio il Taranto. L'ultimo esempio è la salida del cante por Taranta di Manuel Romero, il primo cantaor nella storia a vincere la Lampara Minera, il massimo premio del festival de La Union, nel 1978, accompagnato dal chitarrista Antonio Pinana. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di musiche e danze del mondo arabo dal 1985, e dal 1990 insegno a Milano baile flamenco e un lavoro sulla espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho ciamato Lyrical Arab Dance. Amo infinitamente i cantes de Levante forse perchè li ho ascoltati tantissime volte nel concorso de La Union. Una volta che l'orecchio si abitua a questi cantes, lenti e scuri, toccanti e coinvolgenti, le persone lo trovano travolgente, emozionante. Il taranto è sicuramente il palo che preferisco montare, insegnare e ballare. E' un palo che ci spinge al di là delle nostre possibilità fisiche ed espressive, Ci obbliga alasciarci andare, a non criticare, non giudicare e non chiudere la porta alle emozioni. Ci obbliga a non aver paura e ci fa immergere nella musica fino a farci sentire un tutt'uno con essa.
Il cante por Colombianas è uno dei pochi cantes di cui conosciamo la data di nascita e l'autore. Il primo a cantarlo fu Pepe Marchena, nel 1931. L'autore creò questo palo flamenco ispirandosi ad una canzone tradizionale messicana, "El venadito", che infatti ha una melodia molto simile a quella della Colombiana, ed ebbe subito un grande successo, tanto che molti altri cantaores cominciarono ad inserirla nel loro repertorio. Perché si sia chiamata Colombiana e non Mejicana, come sarebbe forse stato più ovvio, non si sa, ma il flamenco spesso fa di questi scherzi: gioca di fantasia, è creativo e fa un po'... quello che vuole!I cantaores dell'epoca degli anni 30 spesso si trovavano insieme nei cafes cantantes di Madrid, ed era frequente che si influenzassero l'un l'altro. La cosa che mi pare strana è che non ci fossero salidas del cante por colombiana nei brani cantati da Pepe Marchena, e invece la salida del cante compare, fatta in maniere molto varie e creative, già negli anni immediatamente successivi alla creazione del palo, ad opera di altri cantaores. Non ho una risposta per questa domada!Ho ottenuto i brani più antichi che ti faccio ascoltare grazie al lavoro della Sociedad Pizarras, che raccoglie e rende in formato digitale gli antichi dischi a 78 giri, regalandoci gratuitamente su youtube la possibilità di accedere ad un patrimonio che si sarebbe perso, altrimenti. Alcuni di questi cantaores non si piegarono alle leggi del mondo dello spettacolo, non vennero a compromessi con impresari o con ricchi committenti e la loro fama non superò la loro epoca. E non ebbero successo col largo pubblico. L'operazione fatta dalla Sociedad Pizarras è incredibilmente importante da un punto di vista culturale.Ti faccio sentire diversi esempi di salidas del cante di questo palo, tutti degli anni subito successivi alla nascita del cante por colombiana, presi dal lavoro della Sociedad Pizarras.Nei loro incredibili archivi ho scoperto La Andalucita, cantaora sevillana, che cantava, ballava suonava e nacchere e aveva un repertorio molto vario fra la canzone, il cuplé, canti regionali e flamenco, che fu poi molto famosa nelle Americhe, dove visse quasi tutta la sua vita. El Nino de la Flor nato nel 1865 a Madrid, era un cantaor aficionado, e ha avuto qualche notorietà solo grazie al fatto di essere la seconda voce di Pepe Marchena, ma non fu un professionista.Queste due salidas del cante usano le sillabe Lele e tiritiri.Ascoltiamo ancora altre salidas del cante por colombiana, più compicate:La salida del cante del El Nino de la Huerta, sevillano, classe 1907.La salida del Nino de Fuentes de Andalucia, probabilmente l'unico cantaor di questo paese in provincia di Siviglia. Classe 1915, molto appassionato di cante, esperienze a Madrid, ma non fece compromessi e non diventò molto famoso.Quella de El Carbonerillo, classe 1906, sevillano, era anche ballerino e maestro. Ascoltiamo anche delle salidas più recenti, fatte da 3 cantaores degli anni '50 che hanno una particolare predilezione per questo palo, prima di tutto Ana Reverte, una voce importante del cante por Colombiana, poi Carmen de la Jara, altro punto di riferimento di questo palo. Carmen de la Jara usa Ay por colombiana, ma nessun esempio antico comportava l'uso di questo suono! Il flamenco spesso fa cose strane, e magari copia qualche cosa da un palo diverso, e forse la salida di Carmen de la Jara è influenzata dalla salida por GuajiraAscoltiamo ancora un esempio, da parte di José Galan, di Ecija, provincia di Siviglia, che forse è la salida del cante por colombiana più largamente diffuso oggi, ed elenca già tutta la melodia del cante. Passiamo alla salida del cante por tango-guajira, e lo studio... finisce subito: il cantaor che la creò, Manuel Vallejo (1891) non faceva salida del cante, e le sue incisioni di questo palo sono ridotte al minimo (forse una sola volta) ma il suo maggiore divulgatore, Naranjito de Triana la faceva, e la ascoltiamo. Naranjito ebbe moltissimi allievi cantaores, grazie ai quali divulgò parecchio questo palo.Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco a Milano, al Mosaico Danza e un lavoro bellissimo sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance. A dire la verità secondo me la Colombiana è un po' al margine del flamenco, e infatti nelle mie lezioni non la contemplo tantissimo. Solitamente non si inserisce nel repertorio di un cantaor ed è cantata da voci poco flamenche e spesso si spinge più nella musica pop che nel flamenco. E' però molto vivace, vitale e coinvolgente. Mi è capitato diverse volte di montare un baile por Colombiana durante le mie lezioni perché il cante è piacevole e orecchiabile e anche una persona con poca esperienza nel flamenco non ha difficoltà a farsene coinvolgere. La salida del cante che ho sentito più spesso è proprio quella che ti ho fatto sentire, cantata da José Galan. Il Tango Guajira è bellissimo, molto coinvolgente, che ho anche coreografato per un saggio di fine anno, con grandissimo piacere, divertendoci molto con le allieve. E' un cante davvero molto poco diffuso, ed in effetti gli unici a cantarlo sono gli allievi di Naranjito de Triana, che però per fortuna sono tanti. Qualche anno fa è stato diffuso da una cantante che i flamenchi non apprezzano proprio e anzi, spesso la guardano con odio: Rosalia. Ne ha fatto un canto a cappella ed ha avuto molto successo, diffondendola in tutto il mondo. Ci sono persone in tutto il mondo che si mettono ad ascoltare Manuel Vallejo, grazie a Rosalia: nel suo canto si sente molto bene che lo ha ascoltato molto attentamente!Vedi il flamenco come è strano? A volte nella sua storia accadono cose incredibili come questa. E allora, non giudicare, non criticare e anzi, goditi le cose meravigliose che il flamenco riesce a produrre.
Sto facendo tutta questa serie dedicata alla salida del cante perché è importante come porta di ingresso al palo che verrà. Benché la guajira sia il cante forse più sereno di tutto il panorama del cante flamenco, la salida del cante si fa con un ay. Non saprei proprio perché si sia usata proprio questa sillaba. Partiamo ascoltando un esempio fatto da Juanito Valderrama, una pietra miliare del cante por Guajira.La sua salida del cante è breve, era proprio la sua maniera di farla. La voce sottolinea una nota e scende verso una nota più grave, sulla quale termina. Fra le due note, l'intervallo è una quinta, come se la prima fosse un sol e la seconda, quella più grave, un do. Questo fenomeno mi incuriosisce sempre perché mi fa ricordare che lo stesso intervallo viene esplorato al contrario, dalla nota più grave a quella più acuta, nel richiamo alla preghiera arabo, del quale ti faccio ascoltare una frase di esempio, cantato da uno sheikh turco bravissimo, Mustafa Ozcan. Non so se sia una coincidenza o se io stia dicendo una cavolata,e nessuno studio è stato fatto a questo riuardo, che io sappia. Ma la mia attenzione viene sollecitata!Proseguiamo l'ascolto con una salida del cante fatta da La Argentina, una bravissima cantaora di Huelva, che è più lunga e complessa. Da dove viene? Il cante por Guajira è stato introdotto, a parere di tutti i flamencologi e anche dello stesso Juanito Valderrama, da Manuel Escacena, un cantaor storico, classe 1886. Sentiamo la sua salida del cante por guajira, che era effettivamente più lunga e complessa.Questo esempio di cante è preso dal lavoro infinito fatto dalla Sociedad Pizarras, in Spagna. Queste persone stanno facendo un lavoro incredibile, raccogliendo dischi antichi, quelli registrati sui primi dischi a 78 giri, molto spessi, che in Spagnolo si chiamano Pizarras e che non saprei come tradurre in italiano. La Sociedad Pizarras compra questi dischi antichi, anche pagandoli a prezzi carissimi, li ridigitalizza e li pubblica su un canale youtube, che si chiama Flamendro, e li puoi ascoltare lì con estrema facilità. Stanno salvando un patrimonio che in parte sarebbe scomparso perché mai nessuno ha rimasterizzato molti di quei dischi, gettandoli nell'oblio. Ricordiamoci che la storia del flamenco è ciò che fa del falemcno quello che esso è in questo momento, quindi se ti piace il flamenco non ti puoi esimere dall'investigare la sua soria. L'esempio successivo è cantato da Bonela Hijo, un cantaor molto radicato nella tradizione del cante flamenco, con una aficion incredibile. Ascoltiamo ancora un esempio di salida del cante por Guajira, fatto dal cantaor di Huelva Jesus Corbacho, che ha una grande esperienza nel cante per accompagnare il baile. Osserviamo che la velocità del brano cantato da Escacena è molto elevata, mentre Valderrama cantava la guajira ad una velocità molto inferiore. Molti cantaores hanno cantato la guajira con una velocità di parecchio inferiore a quella di Escacena, influenzato di Valderrama, ma oggi molti cantaores tendono a ritornare alla velocità antica. Come ultimo esempio ti faccio un piccolo regalo: una letra al posto di una salida del cante, che Jeromo Segura ci ha proposto durante l'ultimo stage di cante flamenco tenuto al Mosaico Danza a Milano. Jeromo dice che quando c'è il baile, per un cantaor è molto bello dirigersi direttamente a lui/lei con una letra invece che con un semplice ayeo, perché questo instaura una comunicazione più immediata e crea un coinvolgimento maggiore, che porta chi danza più direttamente dentro al cante. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco a Milano al Mosaico Danza e un lavoro sulla espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance.Quando insegno, spesso mi viene proposto di montare una coreografia di baile por Guajiras, quindi negli anni ne ho montate tantissime. E' un palo molto richiesto, forse perché, utilizzando ventaglio e scialle, spesso gli allievi hanno proprio la curiosità di misurarsi con questi accessori. Ogni volta ho cercato di lasciarmi ispirare da questa atmosfera così serena, leggera (ma non superficiale), e la salida del cante ci aiuta, con quelle poche note, ad entrare in sintonia con l'atmosfera del palo. Come molte volte ti ho già detto, noi ballerini tendiamo sempre ad essere molto concentrati sulle forme, su che cosa dobbiamo fare, sul fatto di farlo al meglio possibile. E ci perdiamo a volte il messagio di quello che stiamo ballando.Danzando è fondamentale capire cosa stiamo facendo, sia per rispettare la tradizione culturale di riferimento, sia per noi stessi: nel flamenco c'è sempre una perla di saggezza e una emozione dentro la musica e sarebbe un vero peccato non goderne. Se non sentiamo esattamente quale sia l'essenza del palo che stiamo ballando: se non ascolto l'atmosfera del cante, posso ballare una guajira come se fosse una Alegria, una Cana, una Buleria por Solea, una Bambera. E allora perché ballo invece una Guajira, se non la ascolto?Cogli l'occasione!
Affrontiamo una analisi della salida del cante in 4/4 lento.Farruca, Tango de Malaga e Garrotin sono tre cantes importanti, che hanno alcuni aspetti in comune fra di loro, e che analizzeremo con alcuni esempi. Quando ascoltiamo un ritmo di 4/4 lento in scala minore pensiamo subito alla farruca, che di solito si ricorda anche chi non conosce molto del flamenco. Soprattutto la farruca è spesso accompagnata dal baile, e il pubblico ne rimane sempre molto colpito. La scala minore è comune anche a molti altri generi musicali, quindi anche per un neofita non è strana, e si ricorda con facilità.Ma non tutto ciò che suoa in scala minore, lento in 4/4 è farruca. Può essere infatti Tango de Malaga. Se il chitarrista non ha tanta esperienza, confonde un po' l'identità dei due palos, e spesso magari utilizza una falseta di farruca in tango de Malaga, creando un'atmosfera meno adatta a questo palo. Fino a che non compare il cante, non si sa quale sarà il palo che verrà, ma già con la salida del cante, tutto si chiarisce.Partiamo dal cante di Antonio Mairena por Tango de Malaga. Antonio Mairena è una pietra miliare del cante gitano, e nell'esempio che ascoltiamo canta una salida del cante molto lunga, che oggi solitamente si fa molto più corta. La salida por Tango de Malaga si fa sempre con Ay.La musica è molto simile a quella della farruca, che però ha una salida del cante diversissima, fatta con un trantrantrero, e con una melodia speciale, che viene praticamente ripetuta alla fine delle letras. Nell'esempio che ascoltiamo, abbiamo un'altra pietra miliare del flamenco: Juanito Valderrama, la classica voce non gitana, che cantava con una qualità acuta, sottile, che sfruttava la grazia e la sensibilità della sua voce. Ascoltiamo anche un'altra salida del cante por farruca, più attuale rispetto all'esempio precedente, da parte di Ricardo Fernandez Del Moral, vincitorre della lampara minera del festival de La Union nel 2012, e di molti altri premi. Ricardo ha la particolarità di essere cantaor e chitarrista insieme, e si accompagna al cante da solo, con il risultato di capire molto bene il flamenco da due punti di vista diversi.Un altro cante di 4/4 lento che viene introdotto con la sillaba tran tran trero è il garrotin. Quindi ascoltare solo le sillabe non ci basta a capire che cante sia. Occorre anche ascoltare la scala musicale. Il garrotin non viene molto interpretato, ma è motlo divertente. L'esempio scelto è cantato dalla Argentina. Il cante por garrotin è anche caratterizzato, come la farruca, dalla presenza di un ritornello alla fine delle letras, che può essere anche cantato alla fine della salida del cante, cosa che sentiamo nell'esempio di Segundo Falcon. La salida di un cante mantiene una linea melodica molto precisa, mentre i cantaor può lavorare sull'espressività ma onn può cambiare la melodia. Il flamenco si costruisce sulla propria tradizione, ed è importante che resti così.Sono Sabina Todaro, mi occupo di Flamenco e di musiche e daze del mpondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco e Lyrical Arab Dance, un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso la danza. Insegnando, lavoro spessisismo su Tango de Malaga e Garrotin anche con i livelli più bassi perché le melodie non sono troppo difficili da capire anche per un orecchio ancora inesperto. Il flamenco si basa sempre sulla propria tradizione e fa riferimento alla conoscenza che lo spettatore ha del flamenco stesso. Richiama esperienze, memorie già vissute dallo spettatore. La salida del cante è come la copertina di un libro che ci indica quale sarà l'argomento e ci invita a leggere, ad ascoltare e a godercelo il più possibile.
Cominciamo ad analizzare la salida del cante in 4/4, a partire da quella che utilizza le sillabe Lele Ay. In altri pèodcast ci saranno salidas del cante por farruca, garrotin, tango de Malaga ecc.Per prima cosa ascoltiamo una salida por tango, cantata dalla cantaora di Jaen Gema Jimenez, in cui si sente molto bene il lele cantato per esteso. La frase Le le Ay viene dalla musica araba. Il fenomeno nella musica araba si chiama Layali, che significa notti: il cantante utilizza le parole ya leil ya ain, o notte o occhio , per farla. A volte il cantante dice Leyli, che significa mia notte. L'esempio scelto è un cantante egiziano, Saleh Abdel Hay, classe 1896. Chi ascolta i miei podcast sa che mi piace molto andare indietro nella storia per individuare le radici delle tradizioni, Il seguente esempio è una salida del cante por tientos, cantato da José Mercé, e il seguente è Dolores Vargas la Terremoto, figura di punta del flamenco pop e della rumba catalana degli anni 70. Famosa la sua rumba Achilipu, che chiunque conosca questo ambito musicale conosce di certo. Il cante utilizza lele o anche lere.La salida del cante flamenco è molto tradizionalista e il cantaor non ha la libertà totale di improvvisare come voglia, cosa che invece fa il cantante arabo, che ha assolutamente carta bianca nella creatività, mantenendo sempre il vincolo con la scala musicale. Nella musica araba colta la libertà creativa del cantante viene espressa tanto nel layali, mentre nelle seccessive parti della musica magari c'è un obbligo forte di seguire una tradizione, quasi una musica classica. Come utlimo esempio ti faccio ascoltare Pedro el Granaino por Solea, che non voglio escludere da questo elenco di salidas con lele, anche se non è in 4/4 perché è importante sapere che esiste. Pedro è un cantaor bravissimo, con una voce incredibilmente simile a quella di Camaron, e sta avendo parecchio successo. Da ascoltare con attenzione l'accompagnamento del chitarrista Antonio Patrocinio Hijo, che ha una dote incredibile nel mostrare qual'è il ruolo della chitarra nel flamenco. Sono Sabina Todaro mi occupo di flameno e musica e danza del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco ed un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso danza e musica del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Sono molto appassionata di musica e mi piace enormemente trovare le radici comuni fra queste due forme di musica. Quanto più capisco il flamenco tanto meglio capisco la musica araba e viceversa. La prima volta che hoo sentito una salida del cante con lele, mi sono detta "conosco già questa cosa!". Effettivamente avevo iniziato ad ascoltare musica araba un po' prima, quindi avevo già un background con l'improvvisazione canora fatta con ya leil ya ain. Non ho mai trovato in un libro questo parallelo, non perché non ci sia ma perché nella mia conoscenza non illimitata non l'ho incontrato. Ma mi sembra evidente!Il flamenco è come un crogiuolo in cui un orafo butta elementi diversi, e fonde tutti i metalli per creare un gioiello nuovo, in modo creativo e sempre interessante. Oggi si usa tanto parlare di inclusione e di linguaggio inclusivo: il flamenco è davvero inclusivo!
Ecco una serie di esempi di salida del cante della famiglia delle cantiñas: Alegria de Cadiz, Alergia de Cordoba, cantiña, Mirabras, romera caracoles e La Rosa.Gli esempi sono presi da cantes di artisti affermati e significativi nel panorama della storia del flamenco, e sono commentati nel loro contesto.Sono Sabina Todaro mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985, dal 1990 insegno a Milano baile flamenco e un lavoro interessante sull'espressione delle emozioni attraverso le danze e le musiche arabe che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Mi definisco tossicodipendente da cante flamenco, e voglio sempre indicare ai miei allievi l'importanza di conoscere la storia del flamenco. Quando si capisce meglio come funziona qualcosa ne si può godere al meglio e l'apprendimento risulta più completo e soddisfacente.
In questo podcast facciamo una analisi di vari esempi di salida del cante che utilizzano l'Ayeo, che usa il suono Ay o I per introdurre il cante. Questi suoni vengono anche chiamati Quejío, lamento. Partiamo da una Siguiríya cantata da Camarón de la Isla. Tradizionale e molto personale insieme. Camarón era sempre molto spontaneo e personale. L'introduzione por siguiíya è sempre tiritiritiri-ay. Il suono Tiri è molto esplosivo e aiuta ad entrare in questo palo così forte. Nel quejío por siguiríya si sente tantissimo la scala flamenca e in particolare la cadenza andalusa. In pratica viene percorsa profondamente. Ascoltiamo un esempio di quejío por Soleá, fatto da un altro gigante del flamenco, punto di riferimento assoluto per quello che riguarda la Soleá: Antonio Mairena. Anche nel quejío por soleá si sente chiarissimamente la cadenza andalusa.Ascoltiamo un esempio di quejío por Malagueña, cantato da Antonio Chacón, una pietra miliare di questo cante, tant'è che ha creato uno stile, la Malagueña de Chacón. Antonio Chacón diede un grande impulso a questo palo e anche a molti altri, pur non essendo gitano. Portò il cante flamenco su palcoscenici internazionali, e infatti fu anche criticato da molti gitani, che considerarono questa operazione un po' troppo commerciale. Il quejío por Malagueña si introduce con il suono "Giagiay", molto caratteristico, e presenta proprio bene le note della cadenza andalusa. Questi cantes sono molto antichi e addolorati, legati all'anima andalusa, gitana e quindi flamenca. Come esempio di quejío di cantes de levante ho scelto Carmen Linares, che è della zona più ad est dell'Andalusia, appunto di Linares, in provincia di Jaen. L'esempio che ho scelto è una taranta-minera. E nel quejío si sente un riferimento ad ambedue i cantes, taranta e minera. I quejíos dei palos di levante sono un lamento, non un urlo di dolore, come invece lo sono quello di Siguiríya e di Soleá.Ascoltiamo anche un esempio di salida del cante por minera. Il cantaor è Jeromo Segura, che è di Huelva ma ha studiato talmente in profondità i cantes di Murcia che è davvero un esempio molto aderente alla tradizione in particolare di La Unión, un paese in provincia di Murcia, nel quale c' è un concorso dedicato proprio ai cantes de levante, delle miniere. La voce viene mantenuta per una quantità di tempo incredibile, ed è proprio una caratteristica peculiare del cante por minera. Ascoltiamo anche un altro esempio di un quejío con Y, quello particolarissimo por Caña, fatto da Enrique Morente con la chitarra degli Habichuela, garanzia di una grande qualità. Introduce con E Ay, e seguono dei caratteristici Y con una melodia particolare, tipica della Caña, della Policaña e del Polo, di cui parleremo meglio in un altro podcast. Anche in questo si sente molto la cadenza andalusa. L'atmosfera è molto diversa da quelle precedenti, non c'è quel dolore, quella profonda tristezza, quel dolore. Ascoltiamo anche un altro esempio, in cui la salida del cante è fatta con Ay, ma si tratta di una Cantiña: ci sono Y e Ay, ma l'atmosfera è proprio diversa! Si tratta di palos allegri, solari. Qui ti faccio ascoltare un esempio di Caracoles. Come mai si usa Ay in una cosa allegra? In realtà ogni cantaor fa queloc he sente, a seconda dei suoi gusti, del momento creativo, del suo stile perosnale. Magari poi la cosa piace e diventa patrimonio comune. Non si può tagliare il flamenco con un coltello! L'esempio che ti faccio ascoltare è il cantge di José Menese accompagnato da Antonio Carrion, entrambi sivigliani. Antonio Carrion è super appassionato di cante, e probabilmente il suo sogno nel cassetto sarebbe proprio di essere un cantaor. Non ggiungo altri esempi di salida del cante che sfrutta Ay non perché non ci siano ma perché non voglio confonderti, e anzi voglio stimolare le tue capacità di ascoltare e riflettere. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insengno baile flamenco a Milano e un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Chi non conosce il flamenco spesso dice che il cantante flamenco si lamenta perché forse ha il mal di pancia. Per me questi suoni di lamento sono utili per riportarci più vicini all'essenza delle cose, della vita. Lasciarci permeare dai suoni richiama delle memorie emozionali antiche dentro di noi, e se poi devo ballare su quel palo, è fondamentale ascoltare la salida del cante se devo ballare! Non credo che esista una siguiriía senza salida del cante. Credo che sia impossibile entrare in questi suoni senza un Ayeo! Non sono un cantqaor, ma non ho mai sentito qualcuno cantare questo palo senza un ayeo. Faccio un'ultima riflessione sulla presenza di suoni Ay anche in cantes allegri: come nella vita, il flamenco sa benissimo che le emozioni non sono mai pure: c'è sempre un piccolo fondo di malinconia anche nella gioia, di serenità nel dolore ecc. Il flamenco non si identifica con una emozione sola, esattamente come fa la vita.
La salida del cante è la partenza del cante, la preparazione a cantare che il cantaor flamenco fa per sintonizzare la sua voce (e tutto l'uditorio) sull'atmosfera del palo che si accinge ad interpretare. Le melodie utilizzate per fare questo sono in gran parte del tutto codificate dalla tradizione.Nel prossimo podcast ti darò esempi pratici commentati.Con la salida del cante, il cantaor entra nella stanza emozionale del palo e ne definisce l'anima, utilizzando delle sillabe particolari: ay ay, le lé, le ré, tirititran, torrotro, tiritiri. Quando il cantaor fa ayay viene definito quejio (appunto, lamento) o ayeo, onomatopeicamente. Ogni palo specifico ha una introduzione del cante peculiare, e quindi la salida del cante già ci dà grandi informazioni sull'identità del palo che arriverà. Tirititran probabimente viene dal fatto che la lettera T essendo dentale, è molto secca ed esplosiva, ritmica, molto più di altre lettere, e la lettera R somiglia al rasgueo, alla tecnica chitarristica in cui la mano si muove come un ventaglio e tocca tutte le corde come un rullo di tamburo. Il tirititran più famoso è quello di Alegria de Cadiz, ma non tutte le Alegrias vanno introdotte con il tirititran: l'Alegria de Cordoba no!Ricordo un aneddoto simpaticissimo, raccontato in concetro dal grandissimo cantaor gaditano Chano Lobato: un cantaor, Ignacio Epeleta, in un Café cantante, doveva cantare ma aveva appena partecipato ad una festa, in cui aveva molto apprezzatogli ottimi vini della zona, e la sua memoria era un po' offuscata dall'alcol. Cominciò a cantare usando apputno queste lettere tirititran, non ricordando il verso poetico. La cosa piacque e da un "problema" la storia del flamenco fece nascere una tradizione. Le sillabe Le lé, Le ré terminano con Ay, vengono dall'arabo: l'introduzione del canto arabo avviene con le parole Ya Lel, Ya Ain, o notte o occhio. Da lì sicuramente viene! La salida del cante con Le lé avviene ad esempio por tango e soprattutto por tiento.Una cosa che fa il cantaor prima di iniziare a cantare molto spesso, è il temple: un piccolo ay che il cantaor fa sottovoce, per intonare la nota di base. Nei dischi viene poi rimosso, o forse il cantaor lo fa con un volume così basso che non si sente, ma il fenomeno è molto comune. Il cantaor dovrebbe appunto portare con sé tutti i presenti a sintonizzarsi sulla emozionalità del palo in questione: se lo ascolti bene ti aiuterà ad entrare meglio nello spirito del palo. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Insegno baile flamenco a Milano dal 1990 e un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrica Arab Dance. Quando insegno a volte gli allelivi si straniscono che non si balli durante la salida del cante. I ballerini bravi non ballano, ma ascoltano.Se guardi su Youtube lo vedrai: i ballerini che non sono tanto bravi a volte ballano nella salida del cante, zeppando il tutto con mille passi che li distraggono dal cante. Ma quelli bravi ascoltano, per sintonizzarsi sul cante. Il flamenco è come una torta meravigliosa, con frutta, creme ecc. Assaporala tutta, non concentrarti sui passi che sono come avere una torta buonissima e mangiarne soltanto due ciliegine. Soffermati ad ascoltare la salida del cante e potrai assaporare meglio tutta la torta!
Molti studi si sono fatti per capire da dove venga questo termine.In spagnolo il termine flamenco non indica solo la forma d'arte che tutti amiamo ma indica anche il fenicottero e l'aggettivo fiammingo, originario delle Fiandre.Qualcuno ha ipoìtizzato che il termine appunto venga da "fenicottero", dato che il bailaor spesso sta su una gamba sola, in posizioni un po' strane. Personalmente non credo sia questa l'origine del termine, ma per dovere di cronaca la elenco.Altri hanno ipotizzato che si sia dato al flamenco questo nome perché i gitani nella loro lingua, il Calò, usano termini "strani" che non vengono dallo spagnolo. Al tempo stesso non vengono nemmeno dal fiammingo, ma si può immaginare che sia stato dato questo nome per identificare qualcosa di "esotico", di "straniero". Un viaggiatore inglese, Borrow, disse che il termine veniva dalle Fiandre, proprio perché i gitani venivano considerati come provenire da lì. E' però un falso storico... Un'altra interpretazione fa venire il termine dall'arabo. In effetti, la prima parte della parola suona simile a "fellah" che in arabo significa contadino. Però la seconda parte del termine a me personalmente non risulta chiara, in arabo. Inoltre facciamo un piccolo ragionamento: se il termine venisse davvero dall'arabo, per quale motivo non sarebbe stato usato per 3 secoli e mezzo dopo la cacciata dei mori dalla Spagna, per poi riemergere a fine 700- inizio 800?Il folklorista spagnolo Manuel Garcia Matos dice che a fine 700 comparve un termine di argot: flamenco per indicare un fanfarone, un maleducato, e ancora oggi si dice "no te pongas flamenco" per indicare a qualcuno di non essere esagerato, invadente, rumoroso. Però oggi in accezione positiva si può dire "un tio flamenco" per indicare una persona generosa, coraggiosa, che non ha vergogna.In ogni caso, questo argot dell'epoca venne usato molto per riferirsi ai gitani, che nella storia erano discriminate, dovendo subire leggi molto restrittive e punitive. Fino al regno di Carlo III i gitani non avevano neanche lontanamente una parità giuridica rispetto al resto della popolazione, quindi il termine flamenco indicava spesso un gitano, in particolare un gitano andaluso, come termine dispregiativo. Il termine è poi passato dall'indicare il gitano andaluso ad indicare la sua produzione artistica, e il flamenco assunse il valore che attribuiamo oggi. Il termine flamenco significa cante flamenco. In spagnolo se dico "cante" non intendo dire "canto" ma proprio cante flamenco! E viceversa. Il termine flamenco deriva quindi più probabilmente dall'identità che il popolo gitano dava a se stesso, superata la vergogna e rinforzato l'orgoglio di appartenenza. In effetti nella mentalità andalusa, che è scherzosa e vivace, c'è l'uso di indicare qualcosa di brutto usando una parola bella o viceversa, in modo ironico, quindi è molto probabile che ad un certo punto sia passato da essere negativo ad essere positivo. Il termine ad un certo punto si è identificato con il cante, che è in sé stesso una forma di cultura, complessa e completa. Sono Sabina Todaro, mi occupo di danza e musica del mondo arabo e di flamenco dal 1985, e dal 1990 insegno baile flamenco e una forma di ricerca espressiva attraverso le danze del mondo arabo. Quando insegno, spesso le persone mi chiedono che cosa significhi il termine flamenco, e spesso lo storpiano (flamengo, flamingo... oggi sempre meno spesso, in realtà. Forse stiamo imparando!). La certezza non ce l'abbiamo. Perché è importante definire l'origine etimologica di un termine? Perché è importante creare una definizione? Perché si crea un contenitore, che ci permette di definire di cosa si tratta e quale sia la forma di pensiero che genera questo concetto. E' vero che il flamenco è particolare, strano, esotico (Fenicottero, Fiammingo...), con origini arabe... tutto può essere, perché tutto nacque da una tradizione orale e i gitani erano molto chiusi nella loro famiglia dal punto di vista culturale. In realtà l'ipotesi più probabile mi pare quella di Garcia Matos, che venga dall'argot: se sei un fanfarone, un po' esagerato e quasi superbo, è perché credi tanto in te stesso, non hai paura e non ti vergogni. E io, qui, ritrovo tanto il flamenco!
Unesco è la United Nations Educational Scientifical and Cultural Organization. Si occupa di preservare la diversità culturale, che potrebbe venire inghiottita dalla globalizzazione. Preserva siti di interesse cuklturale e geografico, importanti per la storia dell'uomo, e si occupa di conservare la cultura locale. Ciò che l'Unesco protegge non è protetto per la sua bellezza, ma perché rappresenta un ambiente specifico, con una storia ed una appartenenza sociale e culturale, di una forma creativa, di sviluppo, con proiezione verso il futuro, che si trasmette in maniera transgenerazionale. Deve essee tipico di un popolo specifico.Nel 2010 una grande delegazione di artisti del flamenco e diverse istituzioni, le Regioni Murcia, Andalusia e Estremadura, il ministero della cultura spegnolo presetarono la richiesta di riconoscimento del flamenco come patrimonioi immateriale dell'umanità. Il 16 novembre di quell'anno l'Unesco accetta di riconoscere il flamenco. Ecco le motivazioni: Il flamenco identifica la storia della comunità gitana andalusa, che lo ha prodotto in gran parteCoinvolge artisti, scuole, istituzioni, industria e culturaSi identifica con il territorio andaluso e si sta espandendo da tempo a Murcia ed Estremadura, ma anche in tutta la Spagna e persino a livello internazionale. Ci sono influenze sempre più internazionali.Il flamenco non comprende solo l'arte performativa, ma è anche forme di cultura, situazioni di vita quotidiana, feste, alcuni tipi di lavoro, come il fabbro ferraio o chi produce le ceste di vimini. Abbraccia vari contesti sociali, la relazione con la natura, persino il modo che le persone pensano a se stesse. L'Unesco analizza il flamenco descrivendone gli aspetti: Il Cante viene eseguito prevalentemente in modo solistico, con testi brevi e concisi molto sentiti ed emozionali, che collegano le persone fra di loro.La danza esplora diverse emozioni e diversi stili ed è molto espressiva e personalizzata.Il toque è originariamente concepito come accompagnamento, ma sempre di più diviene forma solistica (nel video di presentazione si vede subito Paco de Lucia!)Il flamenco si estende ben oltre le sue forme d'arte, con rituali, espressioni che permeano la vita quotidiana del suo contesto sociale. Identifica l'identità andalusa. Grande importanza hanno le famiglie gitane che hanno tramandato da una generazione all'altra questa cultura. Coinvolge istituzioni educative, le penas flamenche, i conservatori, le università, studiosi dedicati al tema, locali di spettacolo, teatri, festival e tablaos, e coinvolge una grande quantità di persone che se ne occupano. Rappresenta una parte molto significativa del patrimonio culturale della Spagna del Sud.Essere patrimonio dell'Unesco significa per il flamenco poter avere maggior visibilità, aumentando la consapevolezza locale ed internazionale. Questo dovrebbe preservare il flamenco nella sua essenza più profonda, e tramandarlo per le prossime generazioni. L'Unesco si propone di creare iniziative anche legali per dare al flamenco visibilità e mantenerlo in vita. La comunità stessa che lo produce se no dovrà prendere cura. Le sue zone di origine devono creare leggi specifiche per mantenenre la sua continuità storica. Sono Sabina Todaro mi occupo di flamenco e danze del ondo arabo dal 1985, e dal 1990 insegno baile flamenco a Milano e un lavoro sulla espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Spesso con gli allievi parlo del fatto che il flamenco sia stato inserito nella lista dei beni immateriali dell'umanità dell'Unesco. Noi ignoranti pensiamo che lo sia stato perché è tanto bello e piace tanto nel mondo. Ma le ragioni sono ben altre! Di tipo storico e culturale, e nel senso di continuità intergenerazionale che ha.Che cosa possiamo fare noi stranieri a riguardo? Studiarlo, dedicarci con il cuore a questa forma di cultura, non per cannibalizzarlo ai nostri scopi, studiarlo con rispetto ed amore. Il rispetto nei confronti di una storia, di una tradizione lunga e della sua evoluzione, che per forza c'è perché si tratta di una cultura orale. Il mio consiglio è sempre di studiarlo, leggere, ascoltare, dedicargli più tempo.
Il 16 Novembre è la giornata Internazionale del Flamenco. Esiste perché è una forma d'arte meravigliosa e viene amata da tantissime persone al mondo. La data è stata scelta per commemorare il fatto che l'Unesco abbia dichiarato il Flamenco Patrimonio immateriale dell'umanità il 16 novembre 2010. Lo stesso giorno del 2011 la Giunta di Andalusia ha stabilito che il 16 novembre sarebbe stato il giorno del flamenco in Andalusia. Per estensione, tutte le entità che si occupano di flamenco hanno "cavalcato l'onda" del successo del fatto che l'Unesco abbia dichiarato il flamenco patrimonio culturale immateriale dell'umanità, diffondendo così questa celebrazione a livello mondiale. Celebrare il flamenco implica invitare le persone ad avvicinarsi al flamenco e ad approfondirne la conoscenza, nella sua globalità culturale. Se si vive in Andalusia o almeno in Spagna questo ha una valore concreto, ma se si vive come nel mio caso altrove, non ci sono attività culturali da seguire legate al flamenco. Nessuno spettacolo, mostra, conferenza, esposizione... Che cosa possiamo fare quindi?Possiamo dedicare, il 16 di novembre, una parte della nostra giornata ad approfondire il flamenco, a cercare informazioni a riguardo. Sempre dico "Benedetto internet e San Youtube!" che ci permettono di esplorare il flamenco pur vivendo lontano dalla sua terra di origine. Questo può essere il nostro contributo personale!Come mai l'Unesco ha attribuito al flamenco questo statuto di patrimonio immateriale dell'umanità? Perché ha fortissime tradizioni, esiste nel tessuto socio culturale della sua terra di origine, e al tempo stesso si evolve, si innova. Non è "archeologia" di se stesso! La candidatura fu presentata dal governo spagnolo, dalla regione di Murcia, delle Regioni Andalusia e Estremadura, sottolineando che si tratta di una cultura intergenerazionale, presente nella vita quotidiana, nelle celebrazioni pubbliche e private. Fra l'altro il flamenco muove parecchio turismo, che a sua volta genera un indotto economico considerevole. Il flamenco come forma di arte genera una creatività ed una evoluzione artistica considerevoli, davvero uniche al mondo. La chitarra flamenca è conosciuta ovunque nel mondo, ben oltre i confini spagnoli. E coinvolge l'uditorio fortemente, al di là della sua origine culturale. Per capire il flamenco non è necessario conoscerlo, o appartenere alla sua origine culturale. Ha un'energia talmente forte ed una emozionalità talmente chiara... Il baile ha coinvolto chiunque lo abbia visto in tutto il mondo. "Arriva" facilmente. Spesso si dice che il baile è passionale e sensuale. Questi due termini sono spesso usati a sproposito oggi, ma passionalità viene da patior, sentire, ascoltare ciò che si sente, e sensualità significa sentire, ascoltare cosa sente il corpo. Allora sì: il baile flamenco è passionale e sensuale!Il cante flamenco commuove profondamente anche se non si conosce una parola di spagnolo. I neonati ben prima di conoscere il significato delle parole capiscono perfettamente cosa si dice loro interpretando i segni significativi del linguaggio: tono, velocità, espressività! Ecco che il cante flamenco è comprensibile anche a chi non conosce la lingua spagnola!La giornata del flamenco può essere vissuta dedicando a questa arte un piccolo spazio di riflessione, di ascolto e di comprensione.Sono Sabina Todaro insegno baile flamenco e Lyrical Arab Dance, un percorso sull'espressione delle emozioni attraverso le danza del mondo arabo dal 1990, e mi occupo di queste forme di cultura dal 1985. Vivo immersa nel flamenco, che insegno quasi ogni giorno, per cui effettivamente per me non c'è un giorno speciale per dedicarmi al flamenco, ma lo sono tutti! Ma il 16 di novembre è bello pensare che uniamo tutti le nostre forze e mandiamo al flamenco una energia personale, il nostro contributo al futuro del flamenco. Il flamenco può sopravvivere anche senza di me, ovviamente! Ma se ognuno di noi mette un piccolo tassello al flamenco, può contrubuire alla sua diffusione, aprirne le porte ad altre persone. Io ci credo tanto ed è per questo che faccio questi podcast e insegno baile! Mi interessa molto dare ai miei allievi le chiavi per aiutarli ad utilizzare gli strumenti che il flamenco ci mette a disposizione e che ci permettono di esprimerci e di vivere meglio a contatto con le nostre emozioni, imparando ad esprimerle e a sentirle.
Le peñas flamencas sono circoli culturali in cui la gente si riunisce per scopi legati al flamenco, ma anche ad altro: cultura, socializzazione, persino sedersi ad un tavolo e bere o mangiare in compagnia. Si trovano centralmente in Andalusia, ma un po' ovunque in Spagna (e oggi, nel mondo).Sono il cuore della tradizione del flamenco, poiché grazie alle peñas il cante, che è la parte più centrale a cui si dedica l'attività dei circoli è stato tramandato non solo dai professionisti ma anche dalla gente comune. In una peñas flamenca è possibile ascoltare il cante di qualcuno che di professione fa tutt'altro. che magari non canta neppure benissimo, ma che ricorda cantes antichi, a volte ormai scomparsi o dimenticati perché non incisi o non rappresentati in spettacoli più "ufficiali"- Qualcuno che canta come cantava suo nonno o un vicino di casa tanto tempo prima. E che, avendolo vissuto di prima mano, ce ne possa dare un esempio e farci capire. In una peña è anche possibile discutere del flamenco, confrontarsi, e avvicinare il flamenco storico con le nuove tendenze. A volte avvicina generazioni diverse accomunate dalla passione per il cante.Spesso le peñas invitano cantaores anche di primissimo rilievo ed organizzano spettacoli, dando alla popolazione la possibilità di ascoltare un flamenco anche di grande qualità senza doversi spostare dal paese e senza dover comprare il biglietto di ingresso in un grande e costoso teatro. Oggi è spesso difficile invitare bravi cantaores nelle peñas, perché hanno dei costi molto alti, e quindi è possibile invitarli solo se i cantaores accettano di adeguare il proprio tariffario al budget delle peñas.A volte le feste di paese possono ospitare uno spettacolo di flamenco solo grazie allo sforzo economico e anche pratico ed organizzativo delle peñas del paese. Dovrebbero essere le istituzioni a sostenere le peñas, ma a volte succede il contrario.Attenzione a non aspettarsi di trovare necessariamente il baile inuna peña flamenca: solitamente il baile non è presente, o magari vi si tengono soltanto corsi di Sevillanas per i bambini del paese.Un'altra qualità delle peñas è quelle di essere un palcoscenico per i nuovi talenti, nel quale i giovani cantaores si possono confrontare con persone anziane e imprare dalla loro esperienza, in situazioni abbastanza informali da essere tranquillizzanti, ma non così leggere come potrebbe accadere in un salotto privato o un bar.Dato che in Spagna c'è stata una dittatura fino al 1975, non era possibile riunirsi, per cui anticamente si organizzavano riunioni informali, a casa di qualcuno, in spazi privati, quasi clandestinamente. E lì si riunivano le persone ad ascoltare il cante. Addirittura c'è una peña di Moron de la Frontera, vicino a Siviglia, che si chiama Los Llorones, i piagnoni, proprio perhcé la gente vi si riuniva per ascoltare il cante e commuoversi fino alle lacrime!Oggi si studia il flamenco da internet, o da un cd, ma storicamentele peñas erano un luogo in cui era possibile ascoltare, conoscere, approfondire, riconoscere l'identità culturale del flamenco. E è importante continuare a riconoscere il loro ruolo storico.Nella mia esperienza sperimentare l'emozione enorme di sentire un cantaor non professionale cantare proprio per me in una peña andalusa perché in quel momento io, straniera ed appassionata al flamenco, ero l'ospite d'onore è stata una cosa indimenticabile. Sono Sabina Todaro mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo Arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco a Milano e un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiatamo Lyrical Arab Dance. Ai miei allievi consiglio di andare in Andalusia e cercare le peñas, entrare e farsi raccontare qualcosa sulla storia del flamenco dalle persone presenti.La prima volta che sono andata a studiare flamenco in Spagna, nel 1989, sono capitata in una peña a Jeréz de la Frontera, in Andalusia, credevo si trattasse di un posto dove vedere il baile, di una scuola di danza. E invece scoprii che si tratta di luoghi dedicati centralmente al cante. Ero abituata alla peña flamenca di Milano, creata da un gruppo meraviglioso di donne coraggiose che si sono rimboccate le maniche per portare a Milano artisti flamenchi, soprattutto bailaores, e farli esibire in spettacoli ed insegnare in qualche stage. Pensavo che la peña flamenca fosse quello anche in Spagna!Quello fu per me il primo incontro con un cante dal vivo fatto in modo informale e non professionale. Andare a cercare un cante tradizionale, non editato e corretto in sala d'incisione ci dà la dimensione di cuò che il flamenco è nella sua realtà. Alimentare la tradizione del flamenco al di fuori dei grandi teatri e delle grandi compagnie è utile ad aiutarlo a rimanere vivo. La base del flamenco deve rimanere il più ampia possibile affinché il flamenco resti vivo e... in buona salute.
Come si può costruire la propria sensibilità musicale nel flamenco, non potendo toranre indietro all'infanzia? Il cervello continua ad imparare e a reagire agli stimoli che abbiamo intorno a noi. Quindi la nostra educazione musicale può essere coltivata nella vita anche ben olrte la prima infanzia.Quando si affronta un genere musicale nuovo, occorre un po' ci conoscenza, di abitudine all'ascolto. Il nostro cervello assorbe lo stimolo e risponde, ma ha anche una risposta cognitiva: quella di prevedere ciò che succederà rispetto a ciò che sa. A volte il cervello "si annoia" perché sente accadere troppo spesso ciò che si prefigura, ma dall'altro canto è per il cervello rassicurante verificare che quello che abbiamo previsto si compia. I bambini chiedono di ripetere mille volte gli stessi giochi, le stesse favole, le stesse musiche, anche se li conoscono a menadito! Il cervello si tranquillizza e impara al tempo stesso. Lo stesso accade per la musica: Si va ad ascoltare volentieri ciò che somiglia a quanto già conosciamo. Oppure, la parte più intellettuale di noi viene stimolata dall'ascolto di musica estremamente diversa da quanto già conosciamo, e viene affascinata dalla novità. Tutto ciò che può avvicinare il nostro orecchio al flamenco, è ben accetto. Io detesto il Flamenco Chill Out, o le deformazioni del flamenco verso la musica commerciale, o la musica ambient un po' afflamencata, perché amo il flamnco nella sua essenza. Ma, mi dico, sono una porta di accesso ad una musica così complessa!I flamencologi e i musicisti flamenchi solitamente detestano questi generi musicali "leggeri": li considerano come un errore o una mancanza di rispetto nei confronti della tradizione, perché hanno in mente cose meravigliose!Il nostro orecchio è disponibile ad ascoltare qualcosa che somiglia a quanto conocsiamo già! Per noi stranieri è senz'altro così! Ma funaziona anche con gli spagnoli, e addirittura con gli andalusi, per coloro che non sono molto interessati al flamenco, li aiuta a forgiare il loro orecchio, e a portarlo verso il flamenco. Per costruire la nostra sensibilità musicale può essere utile rivolgere l'attenzione a tutti gli stimoli sonori che abbiamo intorno. Rumori di fondo, suoni vari. Il rimbombo dei suoni nelle diverse stanze della nostra casa: ad esempio nel bagno c'è una sonorità molto diversa da quella che abbiamo nel salotto!L'attenzione al suono ci può aiutare ad aprire una porta di risposta al suono. Il cervello risponde agli stimoli, ma è anche capace di non ascoltare gli stimoli. Di selezionarli. Per fortuna lo sa fare, perché se non sapessimo selezionare gli stimoli non potremmo mai mantenere l'attenzione su nulla! Il corpo viene in realtà continuamente influenzato da quanto gli accade intorno, e possiamo osservare che se la nostra attenzione al suono cresce, il corpo risponderà con gesti e suoni in modo più attivo e ricco.Ascoltare con tutto il corpo è una azione volontaria, che camb ia completamente il modo di vivere la musica. Siccome non viviamo in un ambiente in cui il flamenco è quotidianità, bisgona che scegliamo di ascoltarlo di più! Per capire il flamenco bisogna imparare a rispondere ad esso, con emozioni, gesti, suoni. La musica fa affiorare emozioni e la voglia di rispondere. Lascia la porta aperta e tutto funzionerà! Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Insegno dal 1990 baile flamenco e Lyrical Arab Dance un percorso sull'espressione delle emozioni attraverso le danze e le musiche del mondo arabo. Sono tanti annni che vedo corpi che rispondono alla musica, e vedo crescere la sensibilità musicale dei miei allievi quanto più collegano le emozioni alla musica. Imparare gesti meccanici non costruisce in noi una sensibilità musicale, e non ci fa migliorare le capacità nel flamenco. Ma non appena si apre la porta della risposta emozionale, della preparazione culturale, gli allievi creano una esperienza musicale che si evolve verso una competenza più profonda. E' una vera e propria azione, molto profonda. Ascoltare il suono e la propria reazione ad esso. Nel flamenco il corpo produce tantissimi suoni, e si può anche immaginare che ogni gesto sia un suono anche quando il suono non viene prodotto dal corpo. Ci fa sentire di essere uno strumento musicale! Quando la musica è dal vivo, cosa che dovrebbe sempre essere, nel flamenco, si può apprezzaare tanto come il corpo risponde al suono, come se fosse esso stesso musica!
Se devo costruire una sensibilità musicale nel bambino è necessario che lo porti verso il suono, stimolandolo in maniera sonora. L'attenzione acustica è spontanea per alcuni cervelli, ma non per tutti alla stessa maniera. Ci son cervelli più facilmente attratti dal suoino oppure dalla vista o dal movimento. Non ci sono studi che dicano esattamente come quasto accada, ma si può immaginare che se forniamo al bambino una pre-educazione musicale, stimolandolo con l'ascolto di suoni il piccolo crescendo avrà maggiore attenzione alla musica.Il bambino va stimolato verso la musica ancor prima di iscriverlo ad un vero e proprio corso di musica. In effetti quando iniziamo a parlare abbiamo una finalità espressiva e troviamo il sistema di comunicarla. Non sono quindi le informazioni esterne (un corso) ad orientare il nostro essere, ma gli imput che l'ambiente intorno a noi ci manda e la risposta che noi diamo a questi stimoli. Il suono ci dà il senso della tridimensionalità dello spazio, della relazione stessa con lo spazio, ci fa intuire la distanza fra il nostro corpo e gli oggetti intorno. Abbiamo una sorta di sonar! Il suono ci aiuta a relazionarci con il mondo circostante: è una porta sempre aperta. Non possiamo decidere di chiudere le orecchie come invece facciamo con gli occhi! Il suono colpisce zone molto sensibili del nostro cervello. Nei secoli scorsi sono stati fatti esperimenti, oggi impensabili, di deprivazione degli stimoli sonori a bambini neonati, nell'intento di vedere quale lingua antica i piccoli avrebbero deciso di parlare. Ovviamente, il risultato fu che i bambini non svilupparono nessun linguaggio e che anzi il loro cervello rimase molto deficitario. I bambini piccolissimi, nei primi mesi di vita, a volte vengono operati ad un occhio per qualche motivo, e consequenzialmente i piccoli sviluppano una incapacità di porre attenzione agli stimoli che arrivano da quell'occhio. Il cervello non si sviluppa in modo "normale" Se gli mancano alcuni stimoli!L'ambiente circostane non è "neutro", ma crea riferimenti culturali ed educativi innegabili. L'ascolto fra l'altro comincia ben prima della nascita!Tutti gli stimoli che provengono dall'esterno si associano fra di loro, e in questa sovrapposizione si creano feedback importanti. Noi siamo il frutto di tutte le nostre esperienze! Il nostro universo sonoro comprende anche la lingua che si parla intorno a noi, e determina il nostro gusto, che dipende direttamente dall'educaziozne acustica e dalle nostre risposte ad essa.Un'altra cosa molto importante sono le nostre risposte alle stimolazioni. Il suono sposta la materia di cui siamo fatti, e quindi la musica modifica le nostre capacità di movimento! E' interessante guardare le persone molto molto anziane. Alcune appena c'è musica cominciano a muoversi, nonostante i loro dolori o le loro difficoltà neurologiche. Evidentemente la musica li colpisce profondamente. Possiamo continuare ad educare il nostro sistema ad avere sempre più attenzione al suono. L'imprinting dei nostri primi anni di vita è molto forte, ma l'educazione acustica non si ferma lì. Lo stesso si può dire anche rispetto al movimento. Fino all'ultimo minuto della mostra vita!In questa società siamo spesso vittime di inquinamento acustico, non solo riguardo alle nostre orecchie ma anche riguardo al suono in generale, emesso da qualsiasi altra fonte. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. E di neuroscienze, culturale, psicologico, di espressione, in risposta alle stimolazioni di musica e danza. Chi voglia imparare ad esprimersi attraverso la danza deve avere un corpo musicale che impara a rispondere fortemente alla musica. Lo vediamo nei bambini piccoli, quando ancora faticano a stare in piedi, se sono coinvolti dalla musica si esprimono ballando, con tutto il corpo. Da adulti abbiamo imparato a mascherare le emozioni, ma sappiamo che la musica interferisce sul nostro umore tantissimo. Insegno ai miei allievi ad ascoltare il loro corpo e le risposte che sorgono appunto nel corpo allo stimolo musicale. Ti racconto di un esercizio super commovente che faccio fare agli allievi: li metto a coppie, con una musica cantata molto espressiva. Una mano sul petto, l'altra tesa verso il compagno, e devono solo immaginare che la voce cantata esca dal loro petto e la possano dirigere veso l'altra persona. Dopo qualche attimo, magari di imbarazzo, si crea una comunicazione molto forte e profonda, assolutamente commovente. La nostra società non ci invita ad essere sensibili verso la musica e le emozioni, ma possiamo sempre cercare un momento per riscoprire questa cosa meravigliosa e profondamente umana.
Ci poniamo una domanda: il cante flamenco si può imparare? Nella sua storia, il flamenco ha tradizione orale, quindi si dovrebbe cantyare in maniera spontanea. Questo implicherebbe di avere una formazione musicale basata su un ascolto quotidiano, continuo. Nella tradizione il flamenco è una parte integrante della propria quotidianità, e nasceva spontaneamente. Oggi ci sono scuole e conservatori. Servono? L'avvicinamento al flamenco oggi va fatto a 360°, in maniera completa. Non si tratta di imparare a memoria le note di una melodia e la strofa poetica che dobbiamo cantarci sopra. Le note della melodia sono una specie di schema, di punto di riferimeto, ma il cantaor deve ricamare sopra le note e personalizzarle sempre. Se anche studiassimo a memoria una Solea cantata da Antionio Mairena, e arrivassimo a fotocopiarla acusticamente, non saremmeo arrivati al flamenco. Le scuole ci insegnano su cosa si basa il cante, che caratteristiche ha, come si classifica, la relazione con la chitarra, con il baile... se qualcuno ci indica tutto questo, sarà più facile ed efficace il nostro apprendimento. Fino ad ora però nessuno è riuscito ad arrivare a cantare flamenco ad un livello professionale: occorre una voce particolare, l'accento andaluso, i piedi radicati nella cultura andalusa, cose che si costruiscono in una vita!Cosa fare, quindi? La prima scelta sarebbe trasferirsi in Andalusia, ma spesso questa scelta è impossibile. E allora? Dobbiamo costruirci un sapere flamenco ascoltando tantissimo: se voglio capire ad esempio un cante por Solea, dovrò ascoltarne tantissimi, con stili diversi, cantati in epoche diverse. Non posso ripetere ma devo capire di che cosa si tratta. Spesso i cantaoores di oggi, quelli che hanno una vera e profonda aficion, basata sulla esperienza di vita, giudicano male i cantaores che vanno su Youtube e imparano dai video. Ovvimanete la mia visione che posso avere io che vivo lontano e... "benedetto Santo Youtube!" che mi dà la possoibilità di ascoltare e mi offre un buon surrogato di quello che a caas mia non ho. Certo sarebbe meglio imparare andando in un a Pena sotto casa, in cui il chitarrista, panettiere del paese e il cantaor che fa tutt'altro nella vita, mi fanno ascoltare come cantavano i loro nonni. Però questo non è disponibile ovunque. Youtube è un ottimo strumento, ma capire cosa ascoltare è difficile. Ci sono tanti cantaores bravi e rispettosi della storia del flamenco, ma fidiamoci soprattutto dei libri, degli studi, e dell'ascolto di giganti come Antonio Mairena, La Nina de los Peines, Juanito Valderrama, Pepe Marchena, Pepe de la Matrona, Antonio Chacon... i cantaores che hanno fatto la storia del flamenco!Per ascoltare qualcuno di più moderno consiglio sempre Carmen Linares, una cantaora con un equilibrio perfetto, con una grande passione e una grande capacità artistica. Camaron de La Isla è un altro pilastro irrinunciabile, ha cantato tantissime cose diverse, anche se per la maggior parte il suo repertorio era intorno ad alcuni palos, ma ha cantato di tutto, tutto benissimo e in modo molto personale. Enrique Morente era un altro innovatore, uno studioso, un ricercatore del flamenco, al contrario della spontaneità istintiva di Camaron, e anche lui ha fatto scuola, rivoluzionando il mondo del cante. Se voglio investigare i cantes di una certa zona sarà meglio ascoltarli dalla voce di qualche cantaor della zona. Alcuni cantes non sono stati incisi tantissimo: se compro 100 cd di flamenco trovo alcuni cantes molto rappresentati ed altri per niente! Devo quindi ascoltare davvero tanto!Il cante si impara? No, si matura, si matura costruendo dentro di sè una sensibilità con umiltà, rispetto e attenzione. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Ho incontrato quasi per caso il cante flamenco, senza aspettarmelo: nessuno mi ha avvisata! Abituata al canto arabo, non ho fatto fatica ad entrare nel cante flamenco, con i suoi quarti di tono e i le sue modalità espressive. Adesso sono cante-dipendente, e il mio cervello mi canta quasi continuamente melodie flamenche. Cerco di far apprezzare ai miei allievi le caratteristiche del cante, per far capire come si distinguono i vari palos. Dobbiamo capire se una musica ben organizzata e ben fatta è solo piacevoleo è anche rispettosa della storia del flamenco. Oggi creare un orecchio esperto sulla storia del flamenco è difficile perché il nostro universo sonoro è sempre più variegato. Ti posso dare un suggerimento: esplora il mio account spotify. Ho tantissime playlist in cui potrai trovare tanti consigli di ascolto. Spesso le playlist che si trovano già fatte da altri su spotify sono... scorrette! Io creo sempre la mia playlist, per ascoltare i brani che sono utili a capire l'identità di un palo. Se ti serve qualche playlist ad hoc, contattami pure attraverso i miei social e ne metterò insieme una apposta per te!
Negli anni 50 e ancora fino agli anni 80 sono state pubblicate parecchie antologie dedicate al cante flamenco. In particolare è interessante quella edita da Hispavox nel 1954, diretto dal chitarrista Jerezano Perico el del Lunar, una personalità importante nel flamenco, un chitarrista che accompagnò tantissime figure fondamentali del cante. Questa antologia fu la prima. Molte di queste pubblicazioni consistevano anche in vari dischi, e spesso venivano accompagnate da libretti, scritti da studiosi che cominciavano ad occuparsi del flamenco da un punto di vista teorico. Questa prima antologia ebbe successo, e la Hispavox fece uscire una seconda antologia, questa volta totalmente cantata da Manolo Caracol, ed accompagnata da un libro esplicativo del cante, scritto dal titolare della cattedra di folklore del Conservatorio di Madrid, Manuel Garcia Matos. E' stato il primo caso nella storia!Altre case discografiche fecero la stessa cosa. In che senso le antologie hanno interferito nella storia del flamenco? Tutti gli studiosi del flamenco hanno poi fatto riferimento alle antologie, che sono diventate una base per creare una classificazione del flamenco, una "tassonomia", come si direbbe nelle scienze naturali. FIno ad allora non si pensava di classificare il falmenco!Una casa discografica non ha scopi benefici e culturali, ma è una società commerciale,che come tale deve funzionare. Hispavox scelse Manolo Caracol perché era un bravissimo cantaor, come tanti altri dell'epoca, ma era senza dubbio famoso e aveva olto seguito, quindi la sua opera poteva vendere. Conservatori, scuole di flamenco, cantaores che studiano per perfezionarsi nel cante, tutti studiano su queste antologie e i brani che esse contengono sono diventati dei canoni. Una antologia sembra qualcosa di neutro, non qualcosa che parte da un giudizio di qualcun altro. Siamo portati a pensare che queste antologie contengano tutta la storia del flamenco e che ci possiamo appoggiare su di essere per capire l'intero corpus del flamenco. Ma ci dobbiamo ricordare che diventa storia solo ciò che è contenuto al loro interno, e ciò che lo è corrisponde ad esigenze commerciali dell'epoca e gusti dei direttori che hanno scelto proprio quei brani. Altri palos che non sono stati inseriti nelle antologie a volte si sono evoluti in altro modo, schiacciandosi magari sul modello di qualche cante più noto. La tradizione orale fa in modo che chi canta o suona ripeta ciò che ha sentito, facendosi sempre influenzare dal proprio gusto e dalle proprie esperienze di ascolto. L'identità di qualche palo sicuramente è stata perduta, e altri palos si sono forgiati sui brani registrati sulle antologie. Il repertorio in musica è il campo di studio con cui confrontarsi. Le opere hanno una indubbia qualità artistica e vengono scelte per questo. Divengono quindi la somma di ciò che "occorre conoscere ed apprezzare". E i brani diventano canoni. Un canone è una norma, una regola, un punto di riferimento preciso, in musica: un esempio di perfezione al quale chiunque deve fare riferimento per valutare brani prodotti successivamente, l'operato di un musicista, la validità di uno stile, di un modo di cantare o suonare. Il punto di riferimento è precisissimo, e si sceglie nel suo valore intrinseco. "Un pezzo imprescindibile" che rappresenta appunto l'autorità. A questo punto stabilire se un artisti, un brano, uno stile, sono "ok", dipende dal loro confronto con il canone. Nella storia della musica se un brano diventa un canone non viene poi sostituito, e rimane immutabile. Le Antologie hanno creato punti di riferimento così stabili che forzano lo studioso, musicologo o musicista, a mettere in ordine le priorità della loro conoscenza basandosi non sulla esperienza personale, i gusti della zona e quelli personali, ma a seconda di quanto inserito nell'antologia stessa, in modo astratto. La tradizione orale è contraria a questo concetto! Le antologie rendono i brani-canone immutabili, come se fossero scritti. DIventano un filtro pre-confezionato, che fra l'altro è lo stesso per tutti gli studiosi del flamenco a livello globale!La storia ha fatto questo, quidni non voglio stabilire se sia giusto o sbagliato, ma solo verificare che questo fenomeno ha deviato il corso della storia.Fra l'altro la tecnologia digitale ha permesso oggi di ripulire le registrazioni molto antiche, fatte con i primi cilindri di cera o i dischi di pizarra, di ardesia. E questo ci permette di ascoltare le linee di evoluzione dei vari palos in questi unltimi 100 anni!Un'altra cosa molto interessante è chi, come Jeromo Segura, fa ricerche su cantes antichi mai registrati prima, che proprio per non essere mai stati incisi potevano perdersi. Le antologie prodotte da Jeromo su questo schema sono due: "La voz de la mina. Antologia de cantes mineros de La Union" (2014) dedicato ai canti della zona mineraria di La Union, nella regione di Murcia. Del 2016 è l'Antologia "Romances del Alosno", dedicata ai cantes tradizionali della regione di Huelva. Non mi vengono in mente altri tipi di antologie, ma non ritengo di conoscere tutto lo scibile universale del flamenco. Se le tue competenze sono ancora abbastanza poche, una antologia ti può aiutare a selezionare una modalità di aesploraizone del flamenco. Le antologie solitamente contengono ottimo materiale. Attenzione però a quelle che sono soltanto operazioni commerciali, come le collezioni di Flamenco chillout!Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e musiche e danze del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco a Milano e un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Anch'io utilizzo le antologie degli anni fra il 5 e l'80 per insegnare, per mostrare agli allievi l'identità di un genere musicale, perché vi si trovano spunti di riflessione ed esempi chiari, senza disperdersi in tanti ascolti di tanti cantaores che magari ne hanno fatto interpretazioni molto personali. Il nostro cervello ha sempre bisogno di classificare e creare canoni di qppurendimento. Ma fermarsi lì non va bene: occorre ascoltare il più possibile. On line si trova di tutto, soprattutto su youtube, e anche chi come noi vive lontano dall'Andalusia, può creare un gusto personale. Possiamo sostituire con la tecnologia l'esperienza personale che nella storia del flamenco era ascoltare nel quotidiano l'essenza del flamenco. Il flamenco si evolve e oggi usa le tecnologie, e ci consente di avere accesso a ciò che se non fosse stato registrato si sarebbe perso. Le Antologie non comprendono tutto, ad esempio Policana o Tango-Guajira non vi si trovano... E allora conviene ascoltare tanti concerti, magari filmati dal vivo e pubblicati su youtube!Non si può pensare che l'unica interpretazoine possibile di uno stile sia quella che è stata registrata... il flamenco è basato sull'interpretazione di chi lo produce e in definitiva anche sul cuore di chi lo riceve!
Spesso si vedono spettacoli di flamenco che sorprendono più che commuovere. La sorpresa è incontrare qualcosa di imprevisto, che esce da quanto previsto, dalle nostre aspettative. Quando la realtà si mostra diversa da quanto ci aspettavamo, il cervello si ferma e integra la novità con le nostre conoscenze, in modo da farci rispondere alla situazione presente. La sorpresa fa parte della meraviglia ed è una emozione primaria, una di quelle con cui si nasce, a prescindere dalla cultura di riferimento. Ci permette di reagire a ciò che succede intorno a me. Per mantenere viva l'attenzione di qualcuno, possiamo utilizzare l'elemento sorpresa. Se sono un oratore o un artista, richiedo l'attenzione dello spettatore in modo prepotente, grazie alla sorpresa. Quando ci si sorprende gli occhi si aprono, e l'epressione cambia in maniera durevole. Se invece mi stupisco negativamente, mi spavento, di fronte ad un possibile pericolo gli occhi si chiudono, ma l'effetto dura pochissimo. E' solo un momento di protezione. La sorpresa oggi è sempre più importante perché le persone sono spesso annoiate perché hanno visto tutto, sono già troppo stimolati. Spesso oggi mel flamenco si gioca la carta sorpresa, per sollecitare l'attenzione. In stato si sorpresa smettiamo di pensare, di muoversi, persino di respirare per concentrare l'attività cognitiva. L'artista, stupendoci, sollecita la nostra attenzione in modo molto forte, e con questo da spettatore stiamo molto attenti a ciò che di diverso dal solito vediamo davanto a noi. La natura stessa del flamenco richiede ironia e quindi è normale che nel flamenco venga utilizzata la sorpresa, ma oggi spesso vediamo artisti che apposta cercano di stupire, ad ogni costo, perdendo il messagio profondo del flamenco, che è la commozione, il muovere insieme. L'effetto sorpresa freddamente calcolarto allontana dalla commozione, e il messaggio finisce lì. Il flamenco nella sua essenza deve commuovere. Se ad esempio ascoltiamo una tonà, o un martinete (se non sai di cosa parlo, cerca su youtube e ascolta) cioè qualcosa di antico e primigenio nel flamenco, sono davvero poche note, non ci sono fronzoli, ma l'attenzione viene catturata tantissimo e non c'è bisogno di altro. Cercare sempre l'effetto sorpresa significa pensache che abbiamo tutti mangiato troppo e che nessuno ha più fame!La sorpresa è un bell'effetto, ma nel flamenco la prima cosa è l'emozione, la commozione. Prima ancora di chiedere al pubblico di stare attento! L'artista cerca la sorpresa perché porta con sé l'ammirazione. Ma questo stimola un giudizio, più che l'ascolto, e il giudizio esula dal flamenco. L'arte deve essere un regalo, che esce spontaneamente da una necessità profonda (ovviamente se sono un professionista, non faccio solo ciò che voglio quando voglio e come lo sento, perché mi pagano e devo fare ciò per cui sono stato pagato).Il flamenco resta a cuore aperto, con coraggio. Parlanodo del baile, spesso mi annoiio vedendo un bailaor che fa di tutto per mostrarmi quanto è bravo, quanto è sorprendente, e perdo l'emozione del presente. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flaemnco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Insegno a Milano Baile flamenco e Lyrical Arab Dance un lavoro sull'espressione delle emozioni, dal 1990. QUando insegno utilizzo molto l'effetto sorpresa per coltivare attenzione ed interesse nei miei allievi. Quando dico qualcosa di buffo, strano che sorprende i miei allievi, vedo che funziona, ma se lo facessi senza entusiasmo, solo per mostrare quanto sono simpatica, fallirei lo scopo del mio insegnamento. Sorprenderli serve per sensibilizzarli verso un sentire diverso, verso pensieri diversi. Il flamenco ci può aiutare ad avere un punto di vista diverso su ciò che abbiamo intorno. Guardando la tv o acoltando ciò che la gente dice, potremmo avere una visione negativa del mondo, e invece il flamenco ci aiuta a tirar fuori la nostra umanità, la commozione, l'empatia. La sorpresa è un campanello per catturare l'attenzione. Ma il flamenco sorprende per emozionare, per commuovere, per far sentire qualcosa che sento anch'io, artista, sollecitando un aspetto molto umano di commozione. Non farti fregare dagli artisti che usano la tecnica per sorprenderti, vai sempre a cercare il messaggio emozionale dietro l'effetto sorpresa. E' lì che sta il regalo del flamenco!
Questa è la prosecuzione del podcast #93 dedicato allo stato di grazia nel flamenco. Qui ti do ragioni scientifiche di quanti ti ho raccontato. Parlando di stato di flow non si può evitare di parlare di Mihaly Csikszentmihalyi. Nato nel 1934 a Fiume, allora Italiana, in Istria, in una famiglia ungherese, crebbe in Ungheria fino al 1956. Si trasferì a Chuicago e lavorò per l'università. Psicologo comportamentista, Csikszentmihalyi è figura di spicco della Psicologia positiva. Crea il concetto di flow.Flow è essere completamente presenti totale concentrazione, con perdita del senso del tempo e totale focalizzazione. Tutto sembra accadere senza fatica. Si ignorano tutte le distrazioni esterne e ci si sente parte di qualcosa di più grande.Lo stato di flow è lo stato di coscienza in cui siamo così presenti che dimentichiamo tutto il resto. La mente e il corpo sono in perfetta simbiosi e l'esperienza è ottimale. Ci sentiamo sereni e perfetti così come siamo.il flow comprende qualcosa di impegnativo che richiede particolari abilità. Non deve essere nè troppo facile nè troppo difficile rispetto alle nostre abilitàAzione e consapevolezza si devono fondere, e sentire che facciamo con grande spontaneità. Per essere in questo stato di flow si deve poter smettere di identificare sè stessi come separati dall'attività, fondendosi in qualcosa che ci assorbe completamente.Spesso si usa il termine "essere in controllo della situazione" per definire chi è in stato di flow. Chi mi conosce sa che non uso la parola controllo come qualcosa di positivo, quindi direi piuttosto che nel flow ci si sente a proprio agio, o, per usare un'espressione inglese, si è confident.Nel flow siamo presenti e in contatto con ciò che stiamo facendo e dove stiamo andando, in quella situazione.Csikszentmihalyi ha individuato che esistono persone con una personalità autotelica (telos in greco significa scopo): queste persone hanno la capacità di godere delle attività è in se stesse, senza avere altre finalità che non siano il percorso stesso. La situaiozne stessa è una ricompensa, ci dà un ritorno positivo. Si può anche avere una meta da raggiungere, (ad esempio per noi che balliamo è arrivare fino alla fine del brano che stiamo interpretando, ma lo scopo non è raggiungerla, bensì stare nel persorso e goderselo nel presente. Se invece mi concentro sul passaggio difficile, su ciò che non mi riesce bene, tutto il resto perde di valore, ed esco assolutamente dallol stato di flow.Nello stato di flow si può anche perdere la percezione della meta finale!il flamenco funziona perfettamente in questo modo.Lo stato di flow influisce sullo stato di benesser anche fisico: spegne la critica, il giudizio e il dubbio. Nulla è importante se non godersi il momento. Scientificamente il fenomeno è dovuto ad una cosa che si chiama "ipofrontalità transitoria": in stato di flow si disattiva parte della corteccia prefrontale dorsolaterale e con quest'area disattivata diventiamo meno critici, più coraggiosi, ci lanciamo maggiormente nelle cose ed aumenta la nostra capacità di immaginare nuove possibilità. Diventiamo quindi più creativi.Nello stato di flow il cervello viene inondato da grandi quantità di neurotrasmettitori: dopamina, endorfine, serotonina e noradrenalina. Queste molecole sono responsabili dell'aumento delle nostre prestazioni anche fisiche, la concentrazione, e spingono alla creatività, ci aiutano a vedere nuove possibilità. E' evidente che quando ci giudichiamo ed abbiamo dubbi e lamentele, ci auto-boicottiamo, la corteccia prefrontale si attiva tantisimo. Si può imparare a "vietarsi" di criticarci: l'educazione stessa ci insegna che dobbiamo criticarci sempre! Invece il giudizio ci fa solo vedere noi stessi come degli imbranati. E non ci mette in uno stato di piacere e godimento! E questo non dipende dal nostro livello di capacità "tecniche": con tutte le critiche che mi faccio non migliorerò e anzi, mi sentirò sempre inadeguato. Questo cocktail di neurotrasmettitori che si produce nello stato di flow influisce sull'umore in senso positivo. Ci regala serenità, energia e appunto creatività. Nella corteccia prefontale risiedono la maggior parte delle nostre funzioni cognitive superiori, tra cui il senso di sè , la coscienza di esistere, ed è quindi logico che se l'area ha una minore attività, sarà anche minore la nostra cognizione del tempo e la capacità di "sentirci separati" dal resto della realtà intorno a noi. Infatti se siamo nello stato di flow ci sembra cje il tempo voli!Per avere esperienze dello stato di flow non bastano un buon quoziente intellettivo ed una buona intelligenza emotiva, ma è fondamentale il "meaning quotient", il quoziente di significato: dare un significat a ciò che facciamo ci motiva a farlo, e senza la motivazione non mi coinvolgo molto in quello che faccio e lo stato di flow non si raggiunge. Se faccio flamenco devo conoscere l'argomento, avere buone capacità empatiche ed essere motivata, e ha senso sia come spettatore che come artista. Il flamneco ha una emozionalità così forte da superare tutto: la forma non porta il contenuto, mentre il contenuto può generare una forma. Ciò che facciamo non ha altro scopo che regalare un pezzo di noi stessi al mondo. Tirar fuori qualcosa da sé e metterlo a disposizione degli altri. Questo ci rende felici, sereni, immersi in ciò che facciamo, e nessun giudizio ci interessa. Il flamenco fa esattamente questo, perché è fatto di emozionalità, di energia, di essere completamente immersi in ciò che si sta facendo, cosa che aiuta anche gli spettatori presenti d entrare in uno stato di flow. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco a Milano e un lavoro sull'espressione delle emozioni che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Accanto a questo ho una formazione come terapista della psicomotricità e sono assolutamente innamorata delle neuroscienze. Utilizzo nell'insegnamento tutte queste materie, neurologia, psicologia, anatomia... e propongo un percorso davvero molto speciale. Quando insegno sono talmente immersa nello stato di flow che non ricordo nulla altro, compresi eventuali annunci di corsi specifici, o chiedere agli allievi un contributo per qualche spesa che ho effettuato o restituire loro qualcosa di prestato. A volte (o forse spesso!) neppure ricordo ciò che avevo coreografato. Ed è simpatico che gli allievi mi mostrino i video che mi hanno fatto e a volte mi sembra di vedere una controfigura, e di quello che ho fatto non ricordo assolutamente nulla. Sicuramente li ho prodotti in uno stato naturale di benessere tanto coinvolgente, da valere più di qualsiasi altra cosa. Sono una tossicodipendente da Dopamina, Ossitocina, Noradrenalina, Serotonina... e tutto ciò che mi aiuta a sentirmi coinvolta nel fenomeno, che per me è centrale, che non è la danza in sé ma la condivisione, e mi rende felice mettere ciò che so a disposizione di chi lo sa prendere.
Questa è la prosecuzione del podcast #93 dedicato allo stato di grazia nel flamenco. Qui ti do ragioni scientifiche di quanti ti ho raccontato. Parlando di stato di flow non si può evitare di parlare di Mihaly Csikszentmihalyi. Nato nel 1934 a Fiume, allora Italiana, in Istria, in una famiglia ungherese, crebbe in Ungheria fino al 1956. Si trasferì a Chuicago e lavorò per l'università. Psicologo comportamentista, Csikszentmihalyi è figura di spicco della Psicologia positiva. Crea il concetto di flow.Flow è essere completamente presenti totale concentrazione, con perdita del senso del tempo e totale focalizzazione. Tutto sembra accadere senza fatica. Si ignorano tutte le distrazioni esterne e ci si sente parte di qualcosa di più grande.Lo stato di flow è lo stato di coscienza in cui siamo così presenti che dimentichiamo tutto il resto. La mente e il corpo sono in perfetta simbiosi e l'esperienza è ottimale. Ci sentiamo sereni e perfetti così come siamo.il flow comprende qualcosa di impegnativo che richiede particolari abilità. Non deve essere nè troppo facile nè troppo difficile rispetto alle nostre abilitàAzione e consapevolezza si devono fondere, e sentire che facciamo con grande spontaneità. Per essere in questo stato di flow si deve poter smettere di identificare sè stessi come separati dall'attività, fondendosi in qualcosa che ci assorbe completamente.Spesso si usa il termine "essere in controllo della situazione" per definire chi è in stato di flow. Chi mi conosce sa che non uso la parola controllo come qualcosa di positivo, quindi direi piuttosto che nel flow ci si sente a proprio agio, o, per usare un'espressione inglese, si è confident.Nel flow siamo presenti e in contatto con ciò che stiamo facendo e dove stiamo andando, in quella situazione.Csikszentmihalyi ha individuato che esistono persone con una personalità autotelica (telos in greco significa scopo): queste persone hanno la capacità di godere delle attività è in se stesse, senza avere altre finalità che non siano il percorso stesso. La situaiozne stessa è una ricompensa, ci dà un ritorno positivo. Si può anche avere una meta da raggiungere, (ad esempio per noi che balliamo è arrivare fino alla fine del brano che stiamo interpretando, ma lo scopo non è raggiungerla, bensì stare nel persorso e goderselo nel presente. Se invece mi concentro sul passaggio difficile, su ciò che non mi riesce bene, tutto il resto perde di valore, ed esco assolutamente dallol stato di flow.Nello stato di flow si può anche perdere la percezione della meta finale!il flamenco funziona perfettamente in questo modo.Lo stato di flow influisce sullo stato di benesser anche fisico: spegne la critica, il giudizio e il dubbio. Nulla è importante se non godersi il momento. Scientificamente il fenomeno è dovuto ad una cosa che si chiama "ipofrontalità transitoria": in stato di flow si disattiva parte della corteccia prefrontale dorsolaterale e con quest'area disattivata diventiamo meno critici, più coraggiosi, ci lanciamo maggiormente nelle cose ed aumenta la nostra capacità di immaginare nuove possibilità. Diventiamo quindi più creativi.Nello stato di flow il cervello viene inondato da grandi quantità di neurotrasmettitori: dopamina, endorfine, serotonina e noradrenalina. Queste molecole sono responsabili dell'aumento delle nostre prestazioni anche fisiche, la concentrazione, e spingono alla creatività, ci aiutano a vedere nuove possibilità. E' evidente che quando ci giudichiamo ed abbiamo dubbi e lamentele, ci auto-boicottiamo, la corteccia prefrontale si attiva tantisimo. Si può imparare a "vietarsi" di criticarci: l'educazione stessa ci insegna che dobbiamo criticarci sempre! Invece il giudizio ci fa solo vedere noi stessi come degli imbranati. E non ci mette in uno stato di piacere e godimento! E questo non dipende dal nostro livello di capacità "tecniche": con tutte le critiche che mi faccio non migliorerò e anzi, mi sentirò sempre inadeguato. Questo cocktail di neurotrasmettitori che si produce nello stato di flow influisce sull'umore in senso positivo. Ci regala serenità, energia e appunto creatività. Nella corteccia prefontale risiedono la maggior parte delle nostre funzioni cognitive superiori, tra cui il senso di sè , la coscienza di esistere, ed è quindi logico che se l'area ha una minore attività, sarà anche minore la nostra cognizione del tempo e la capacità di "sentirci separati" dal resto della realtà intorno a noi. Infatti se siamo nello stato di flow ci sembra cje il tempo voli!Per avere esperienze dello stato di flow non bastano un buon quoziente intellettivo ed una buona intelligenza emotiva, ma è fondamentale il "meaning quotient", il quoziente di significato: dare un significat a ciò che facciamo ci motiva a farlo, e senza la motivazione non mi coinvolgo molto in quello che faccio e lo stato di flow non si raggiunge. Se faccio flamenco devo conoscere l'argomento, avere buone capacità empatiche ed essere motivata, e ha senso sia come spettatore che come artista. Il flamneco ha una emozionalità così forte da superare tutto: la forma non porta il contenuto, mentre il contenuto può generare una forma. Ciò che facciamo non ha altro scopo che regalare un pezzo di noi stessi al mondo. Tirar fuori qualcosa da sé e metterlo a disposizione degli altri. Questo ci rende felici, sereni, immersi in ciò che facciamo, e nessun giudizio ci interessa. Il flamenco fa esattamente questo, perché è fatto di emozionalità, di energia, di essere completamente immersi in ciò che si sta facendo, cosa che aiuta anche gli spettatori presenti d entrare in uno stato di flow. Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco a Milano e un lavoro sull'espressione delle emozioni che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Accanto a questo ho una formazione come terapista della psicomotricità e sono assolutamente innamorata delle neuroscienze. Utilizzo nell'insegnamento tutte queste materie, neurologia, psicologia, anatomia... e propongo un percorso davvero molto speciale. Quando insegno sono talmente immersa nello stato di flow che non ricordo nulla altro, compresi eventuali annunci di corsi specifici, o chiedere agli allievi un contributo per qualche spesa che ho effettuato o restituire loro qualcosa di prestato. A volte (o forse spesso!) neppure ricordo ciò che avevo coreografato. Ed è simpatico che gli allievi mi mostrino i video che mi hanno fatto e a volte mi sembra di vedere una controfigura, e di quello che ho fatto non ricordo assolutamente nulla. Sicuramente li ho prodotti in uno stato naturale di benessere tanto coinvolgente, da valere più di qualsiasi altra cosa. Sono una tossicodipendente da Dopamina, Ossitocina, Noradrenalina, Serotonina... e tutto ciò che mi aiuta a sentirmi coinvolta nel fenomeno, che per me è centrale, che non è la danza in sé ma la condivisione, e mi rende felice mettere ciò che so a disposizione di chi lo sa prendere.
Lo Stato di Grazia fa riferimento alla storia della teologia. La grazia è, secondo l'enciclopedia Treccani, l'aiuto soprannaturale che Dio concede all'uomo per guidarlo sulla via della virtù. Può così uscire dalle limitazioni della natura umana e raggiungere un livello sueriore, di tipo appunto divino. Quando ci sentiamo molto bene in una situazione, possiamo facilmente asserire di essere in uno stato di grazia, in cui tutto ci sembra perfetto e ci sentiamo sereni. Cominciamo ad essere meno consapevoli di cose un po' marginali, ci sentimo immersi in un percorso che ci potra verso ciò che vogliamo, non verso ciò che dobbiamo. Lo sentiamo come familiare, è un cammino che stiamo percorredno e che ci rende felici solo per il semplice fatto di essere in quel percorso. Se sto facendo qualsiasi percorso artistico, lo scopo della cosa è il percorso stesso: la "felicità" non sarà quando arriverò al risultato di fare un passaggio correttamente, perché anche qualora ci arrivassi comincerei immediatamente a pensare che mi mancano anche altre abilità. Quando studio, il piacere non sta nel finire il libro, ma nell'esplorare il percorso. Lo Stato di Grazia va afferrato e per chi fa arte o sport è abbastanza "facile" da vivere: abbiamo una tecnica di riferimento, che ci permette di avere una guida, non penso a ciò che non so fare o non ho ottenuto, e mi godo la situazione. Se sto facendo una cosa piacevole, come un massaggio, non penso a quando fisice ma melo godo semplicemente. QUando sono immersa in una situazione coinvolgente, perdo il confine fra me e la situazione presente. Si aprono le porte della creatività, che mi fa dare risposte molto personali, non canoniche. E' l'intuizione, che è una delle facoltà più elevate del nostro intelletto. Chi pratica sport o fa arte sa che se non si segue l'intuizione, e non si sperimenta, nulla funziona. Se invece la seguo, mi sento bene. Se mi rendo conto che qualcoas non stia andando bene, sono in grado di autocorreggermi, perché sono molto presente e posso scegliere di cambiare strada. Il flamenco lavora nel senso dello Stato di grazia: c'è addirittura il Duende, concetto che definisce proprio questo. Perfezione o imperfezione non sono importanti, ma conta solo il mio esistere e questo mi mette in pace con l'universo. Se uso la mia base di competenze e mi godo il percorso, compare il flamenco! Se ho maggiori competenze forse mi esprimerò meglio, ma ciò che importa nel flamenco non è il risultato finale di ciò che faccio, ma il percorso, e la mia presenza nel presente. Mentre siamo in questo stato, le immagini che mandiamo alla nostra mente sono positive e possiamo intervenire per farlo continuare: se mi concentro sulla produzione di suoni mentre li produco posso farlo meglio. Se sto nuotado e penso di essere un pesce tutto funziona meglio. Se sto cantando e immagino l'aria che esce dalla mia bocca e invade tutta la stanza, non sono più una persona che canta, ma sono il canto. La curiosità, la motivazione e il divertimento attivano la creatività e quindi conducono allo stato di grazia. Il percorso di chi pratica flamenco è difficile, e cerco quindi di fare solo ciò che ho profondamente scelto e che sento come qualcoas che mi appartiene. Quando lo pratico no mi interessa se sono bravo o meno, ma mi interessa solo che sto bene e mi sento me stesso. Se invece litigo con me stesso e penso che devo raggiungere uno standard stabilio da qualcun altro, non funziona. Se sono un professionista del flamenco magari devo cercare di "vendere" il mio prodotto, ma se sono un amatore... perché dovrei stressarmi per cercare di fare tutto perfettamente invece di godermi la cosa? Il nostro sistema educativo fa in modo che pensiamo di dover sempre fare tutto alla perfezione... Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e Danze e musiche del mondo arabo dal 1985, dal 90 insegno baile flamenco a Milano e Lyrical Arab Dance, un lavoro sull'espressione delle emozioni. Quando insegno lavoro tanto sul divertimento, sulla creatività, e il flamenco è talmente ricco che è facile trovare qualche argomento che coinvolga tutti. Devo togliere gli allievi dalla loro zona di comfort, per togliere le persone dall'abitudine culturale di dovere essere assolutamente "bravi", come se fossimo ancora in prima media!Un sistema efficace è ancorarsi alla moltepllicità delle sensazioni corporee, che vanno ben al di là dei canonici 5 sensi. Possiamo mettere la nostra attenzione al corpo e a tutto quello che sentiamo, e lo stato di grazia ci può coinvolgere! Mi posso così sintonizzare tantissimo sulla musica, scimmiottando il cante, canticchiando la chitarra, i ritmi... questo ci permette di entrare nel flamenco, senza timore reverenziale. Spesso gli allievi si auto-rimproverano, persino con le parole, se qualcosa non viene benissimo. Sostituire il "devo" con il "voglio" si può esercitare! Ho sperimentato spesso lo stato di grazia, rispetto al corpo, permetteendomi di lasciarmi andare e di produrre movimenti e suoni personali, ispirati a ciò che ho visto e sentito del flamenco nella mia esperienza. Una volta mi sono trovata in uno stato di grazia sentendo suonare un brano di musica classica con il violino alla radio. Mi sembrava di poterlo suonare io al violino, sentivo che cosa avrebbero fatto le mie mani per produrre quei suoni, benché fosse un brano che non conoscevo! La ricerca della creatività e della felicità è possibile, quindi... se le lascio la porta aperta.
Seconda parte delle riflessioni sullo sguardo e il flamenco.Riflettiamo su cosa riceve il pubblico. Chi è seduto fra il pubblico sa che sta ascoltando una performance, ma una parte del suo cervello si mette in una conversazione, come se l'artista comunicasse direttamente con lui. Soprattutto succede quando l'artista si sta esprimendo simbolicamente. Se gli artisti non si rivolgessero al pubblico, gli spettatori si sentirebbero come qulcuno che sta guardando da fuori, che sta spiando una conversazione altrui. E la produzione artistica sarebbe soltanto un mettere in mostra ciò che gli artisti sanno fare. Il flamenco si rivolge sempre ad un interlocutore e lo fa non solo perché l'artista si esprime, cioè lascia uscire quello che sente. Lo fa perché l'artista lascia uscire ciò che sente e lo dirige verso qualcuno, al di fuori di sé, in una comunicazione. La comunicazione puiò anche essere diretta verso qualcuno che non è presente fra il pubblico!Lo sguardo intenzionale altrui ricompone la nostra individualità, sottolineando la nostra identità. Ci aiuta a riconoscere la nostra individualità, e ad identificarci con noi stessi. Ci incoraggia a spingerci a guardare noi stessi con intenzione. Con il nostro sguardo intenzionale possiamo selezionare ciò che scegliamo di guardare. Selezioniamo ciò che stiamo cercando, ciò che ci interessa. Spesso vediamo solo ciò che conosciamo già della realtà, ciò che ci interessa. A volte non ci accorgiamo se una persona ad esempio abbia gli occhiali o meno! Magari notiamo che c'è "qalcosa di diverso", ma non sapremmo dire che cosa. Lo sguardo sceglie, seleziona la realtà a seconda di ciò che sappiamo già e di ciò che stiamo cercando.Se manteniamo uno sguardo intenzionale selezioniamo la realtà a cui dare attenzione e in qualche modo quindi la creiamo. Il flamenco guarda l'impressione energetica che la realtà che abbiamo intorno ci propone. Sceglie attivamente la dimensione emozionale. E' qualcosa che l'artista sente davvero dentro di sé.Tutti gli esseri umani hanno tutte le emozioni dentro di sé. Con alcune però ci identifichiamo perché abbiamo visto che quando proviamo quelle emozioni ci sentiamo "ok" e quindi le scegliamo. E le emozioni sono congruenti fra loro: il nostro cervello va alla ricerca di ciò che ci dimostra quello che già pensiamo. E lo ricerca!Torniamo al flamenco e allo sguardo. Lo sguardo attivo crea, e lo sguardo di chi balla o canta flamenco è molto attivo. Crea. Esprime. Lo sguardo di chi non ha intenzione è opaco, annoiato. Negli anziani è frequente, ma spesso lo vediamo anche nei giovani, soprattutto se depressi. Il flamenco ha uno sguardo molto brillante, da parte dell'artista, che induce uno sguardo altrettanto brillante in chi lo riceve. Osservo sempre i miei allievi, che sono un pubblico molto interessato, motivato e che ha anche conoscenza del tema: quando guardano qualcuno che suona, balla o canta flamenco, hanno uno sguardo attivo, presente e brillante, che corrisponde all'energia di chi lo produce. E' interessante che questo succeda, in una società in cui gli occhi stanno perdendo espressività, anche perché non guardiamo negli occhi altre persone ma ci rivolgiamo sempre... allo schermo del nostro telefono! Il flamenco invece ti guarda negli occhi e lo fa arrivando profondo dentro di te.Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e muische del mondo arabo dal 1985, dal 1990 insegno baile flamenco a Milano e un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance.Ho anche una formazioe come terapista della psicomotricità dell'età evolutiva, che mi fornisce un filtro molto importante sulla realtà. Sono innamorata persa della neurologia, delle neuroscienze, della psicologia... Se gli adulti di riferimento non ci hanno guardato per ciò che eravamo, non ci hanno aiutato a tirar fuori ciò che sentivamo, ma hanno voluto da noi che ci omologassimo a dei dogmi esterni. Noi che insegnamo che siamo educatori, cosa possiamo fare? Possiamo usare uno sguardo intenzionale per sostenere i nostri allievi ed incoraggiarli ad esplorare ciò che sono e ad identificarsi con sé.Oggi tutti usiamo tantissimo la vista attraverso gli schermi, e la stimolazione visiva è fortissima ma avviene attraverso luci colorate, non naturali. Già vediamo che i bambini oggi, iperstimolati dalle luci dei monitor, che si muovono molto velocemente, hanno spesso difficoltà di apprendimento, di concentrazione e una instabilità psicomotoria. Questo perché la corteccia prefrontale viene troppo sollecitata. Chissà quali saranno le conseguenze a lungo termnine: siamo i primi della storia a ricevere questa iperstimolazione visiva. E la nostra ricezione visiva non è quella attiva, del guardare, ma quella passiva del vedere. Nella società occidentale, così ottica, così estetica, così basata sul vedere, le asettative che la società ci impone sono altissime. E il timore di sbagliare è grande, e possiamo arrivare a pensare che per essere "ok" dobbiamo assomigliare a qualcosa d'altro. Esiste persino una patologia, la blemmofobia (blemma in greco significa sguardo) che esprime la paura di venire guardati negli occhi da qualcuno. Consiglierei a queste persone... di studiare flamenco! Sarebbe una terapia d'urto efficace, e farebbe capire che ciò che lasciamo chiuso dentro di noi marcisce, qualunque cosa sia. Il flamenco ci impone di lasciare uscire ciò che abbiamo dentro di noi, e di riempirlo della nostra presenza.
Una prima parte di consideraizoni sullo sguardo nel flamenco. Lo sguardo ha una funzione biologica, quella di metterci in relazione con la realtà circostante. Viglio parlarti della funzione attiva dello sguardo, della sua capacità di esprimere e comunicare. Il nostro cervello sa leggere i segnali dello sguardo. Spesso gli occhi dicono la verità più delle parole. C'è da fare la distinzione fra vedere, azione passiva, che non prevede volontarietà, e guardare che invece prevede una scelta ed una azione. Posso anche guardare immagini che ho dentro di me e le proietto fuori. Chi canta e chi balla flamenco ha lo sguardo rivolto verso l'esterno, come se guardasse sempre qualcosa al di fuori di sé. I chitarristi sono invece a volte più introversi e guardano verso la propria chitarra. Cantaor e bailaor si rivolgono molto allo spazio e si relazionano tanto con l'ambiente presente. La relazione con il pubblico è molto attiva, quindi lo sguardo ci aiuta ad entrare in relazione con lo spazio e il momento presente. Quando stiamo conversando, vediamo dallo sguardo dei nostri interlocutori se quello che stiamo dicendo viene ascoltato con attenzione o meno, e a seconda della loro reazione continueremo ad approfondire il discorso o invece lo taglieremo. Se l'interlocutore non è interessato, ce lo farà capire e noi intavoleremo un discorso sempre più frammentario e poco profondo. Non avremmo più voglia di proseguire e magari vorremmo andarcene. Nel flamenco c'è sempre un dialogo molto forte, a livello istintuale, e lo sguardo è sempre coinvolto. Si può fare una interessante osservazione sull'essere guardati: ogni volta che qualcuno ci dedica energia ed attenzione visiva, sentiamo che abbiamo il diritto di essere al mondo. Per un bambino "essere visto" gli dà l'autorizzazione ad essere al mondo e narrare il proprio punto di vista. Un educatore o un genitore dovrebbe sempre volere che il bambino esprima il suo messaggio nel mondo. Il flamenco parla moltissimo di simboli, ma la parte più superficiale di questa arte sembra una serie di segni. Il segno ha un significato preciso (ad esempio il concetto di bianco), mentre il simbolo richiama dei significati ma non in maniera quadrata ed inequivocabile. Ad esempio i sogni sono un linguaggio simbolico, che si presta a tante interpretazioni. Se l'adulto non rivolge attenzione al bambino "non lo guarda", il bambino non sentirà di avere diritto ad esprimersi con i simboli e quindi cercherà di ripetere con precisione qualcosa che altri hanno già fatto o detto, senza esprimere ciò che sente.Il flamenco è incentrato sull'espressione del simbolo, per quanto a noi che lo studiamo sembri assolutamente fondamentale ripetere con estrema precisione delle forme, ovvero dei segni. In questo momento storico si parla molto dei diritti delle minoranze, del linguaggio inclusivo. Mi domando perché abbiamo bisogno di definire tutto. Il flamenco non lo fa e accetta tutti nella loro unicità. Se me la godo di più sono più presente e tutto funziona!Nella società occidentale è frequente il caso in cui le persone si adattino tantissimo a ciò che la massa fa, e per paura delle critiche o del giudizio, molti non lasciano uscire la propria unicità. Se sono sana esprimo simboli miei, ed il flamenco lo fa. Lo stesso linguaggio poetico usato nelle strofe cantate, nelle letras, è sempre un linguaggio poetico, simbolico. che tocca emozioni umane condivisibili. Tutti ci possiamo riconoscere nelle emozioni narrate dal flamenco. L'intenzionalità dello sguardo ci fa sentire la presenza dell'altro per sottolineare e godere della sua presenza: il flamenco questo lo sa fare benissimo!Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di danze e muische del mondo arabo dal 1985, dal 1990 insegno baile flamenco a Milano e un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Quando insegno propongo spessissimo un lavoro sullo sguardo. Lo sguardo ci permette di essere presenti nel corpo e nello spazio. Neurologicamente lo sgaurdo "panoramico" aiuta a mantenere l'attenzione sul corpo. Con questo sguardo possiamo continuare ad ascoltare il copro che danza, mentre manteniamo l'attenzione allo spazio. Alcune persone non hanno la vista come canale preferenziale, e non guardano. Ma se sto ballando devo anche avere uno sguardo vivo e sensibile. Diventare consapevoli di ciò che guardiamo e di come lo guardiamo è importante. Se studiamo flamenco dobbiamo sapere che senza attenzione consapevole allo sguardo, dovremmo calcare il palcoscenico molte volte prima di essere comunicativi sulla scena. Se qualcuno è stato tante volte sul palco per altre occasioni, forse glli sarà più facile comunicare ma ho visto nella mia esperienza persone che salivano su un palco per la prima volta sentirsi molto a proprio agio, ed altre, magari non alle prime armi, essere in crisi. Il flamenco ci porta uno stato di serenità, come quando facciamo una corsa e ci sentiamo stanchi ma felici di aver sfogato la nostra voglia di correre.
Ti do 20 strategie per esibirti senza paura, nel flamenco e non solo.Diciamo subito che un po' di paura è sana, alimenta l'adrenalina che ci aiuta a reagire in modo efficace ed adeguato. Ma quando la paura è troppa, blocca il nostro sistema e ci impedisce di agire appunto adeguatamente. La gestione della pura è complessa, e ci sono fior di professionisti che hanno tantissima paura al momento di salire su un palco. Se non sono un professionista, non sono obbligato a salire sul palco, quindi lo devo fare cogliendo il meglio dalla situazione.Ecco i consigli:1 Respira. Quando siamo impauriti smettiamo di respirare profondamente, e ci sconnettiamo dalla realtà, e non siamo presenti nella situazione. Occorre osservare la respirazione e cercare di sbloccrla se si fosse bloccata. Un trucco efficace è forzare l'espirazione molto profondamente, e lasciare che il corpo sblocchi automaticamente il diaframma.2 Concentrati sul piacere di essere lì in quel momento, sul piacere corporeo, sul goderti la musica. Il flamenco è interamente basato sul piacere!3 Fare ciò che stai facendo con tutto il cuore, volentieri e per te. Se senti che a tua motivazione non è per te, o non lo fai volentieri, smetti immediatamente!4 Ascolta il corpo, ascolta cosa succede nel corpo. Individuo le emozioni nel corpo e prendo nota.5 Stai nel presente. A volte la paura è preoccupazione per qualcosa che probabilmente non succederà. Ascoltare il corpo e il respiro aiuta a stare nel presente.6 Senti il flusso: tutto è in divenire e puoi sentire he sei parte di questo tutto in divenire.7 Guarda il bello. Che cosa significa? Seleziono ciò che vedo intorno a me e guardo solo ciò che mi sembra bello, interessante, curioso, emozionante. Facendolo, ti accorgerai che il bello non è un valore assoluto, ma che tutto ciò che hai intorno può essere interessante.8 Usa lo sguardo panoramico. Immagina di essere in un giardino, di guardare un panorama, e guarda l'insieme, non un oggetto per volta. Sul palcoscenico aiuta tantissimo a sentirci parte di un tutto, e ai danzatori serve per... copiare. Se non sono sicura di quello che devo fare, lo sguardo panoramico mi aiuta a far riferimento a ciò che fanno gli altri.9 Senti il suono che stai producendo, e nel flamenco di suoni se ne producono tanti! Cerca di dare un senso di counicazione a tutto ciò che fai. 10 Immagina di parlare con qualcuno, mentre fai la tua attività sul palco. Dai un valore di comunicazione a tutto ciò che fai.11 Dai una intenzione e motivazione ad ogni gesto12 Accompagna il bambino che eri ad esprimersi sul palco per sé e non per compiacere genitori, maestra ecc. Dentro di noi abbiamo ancora quel bambino che teme di non essere all'altezza, o che teme di non meritare l'amore se non fa tutto perfettamente. Accompagnalo a godersi l'esperienza, e godersi ciò che un bambino sa godere: ballare, cantare, suonare, battere le mani...13 Mi centro su quello che serve al pubblico, non su di me: la presentazione è un viaggio in cui accompagno lo spettatore ad esplorare un tema, una emozione. Facciamo questo viaggio insieme!14 Una piccola riflessione: mi af-fido solo quando non posso controllare e non conosco, tipo mi fido del pilota dell'aereo. Nel flamenco mi devo affidare alla musica, non devo fare tutto io. Se i suoni sono insicuri, abbasso il volume e ascolto la musica. Posso pensare di rimanere nel background e godermi la musica degli altri.15 Ascolta il feed back acustico di quello che fai. Spesso ci vergognamo di fare rumore, ma se abbiamo scelto il flamenco questo era anche un nostro desiderio, farci sentire! Facciamolo con cognizione di causa. 16 Canta, canticchia. Riproduci la melodia della musica o la strofa cantta. Il cantaor prima di entrare con il suo cante fa il temple, cioè emette un piccolo suono pre prendere la nota giusta, per sintonizzarsi sui toni della chitarra. Canticchiare ci aiuta a sintonizzarci sulla melodia. Fra l'altro "canta che ti passa", ci obbliga a respirare e manda davvero via la paura. 17 Immagina di fare la sequenza senza farla davvero. Questo aiuta a prepararti ancora più che eseguire realmente la sequenza.18 Ripeti i suoni che devi produrre con le mani, con i piedi... con la bocca. Se dico tutti i suoni mi riprendo facilmente se per caso avessi sbagliato. Impegnando la bocca in questi suoni, avrai meno paura.19 Ascolta la comunione con gli altri, che nel flamenco è fondamentale: non sono mai solo20 Mi perdono in anticipo di non essere perfetto L'arte non deve essere un sacrificioArrivo fin dove le mie forze me lo permettono. Dicono che prima c'è il desiderio e poi la volonà di perseguirlo. In realtà è la volontà profonda che scatena tutto, e se c'è la volontà profonda mi organizzo per ottenere ciò che desidero.Un'ultima riflessione: perseguire i sogni forse può farmi felice o forse no. Non perseguire i sogni di certo mi rende infelice.Sono Sabina Todaro mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985. Dal 1990 insegno baile flamenco e Milano e un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance.Quando insegno propongo molti esercizi di preparazione alla performance, esercizi a coppie in cui dico qualcosa all'altro con il corpo e con il suono, imparo a reggere lo sguardo di una persona da vicino che mi aiuterà a reggere un intero pubblico lontano.Faccio molti esercizi di uso dello sguardo: imparare a diventare consapevoli dello sgurado è imortante. Guardare è un atto volontario, non è come vedere, un atto passivo, e posso selezionare di guardare il bello, di creare anche immagini che sono solo nella mia fantasia, e guardare quelle. Un esercizio molto efficace che propongo agli allievi di mettersi in coppia e si percuote una mano sul petto e si dice "ho" alla persona che si ha di fronte. Lasciando uscire la voce verso l'altra persona ci aiuta ad essere assertivi e ad avere il coraggio di essere ciò che siamo. Tutti sappiamo essere decisi ed efficaci in caso di emergenza: se vediamo un figlio fratello cuginetto che infila le dita nella presa o dobbiamo sgridare il nostro cane che sta per attraversare la strada da solo sappiamo essere decisi. Imparare attraverso esercizi a richiamare questa abilità è uno strumento importante sul palco, per godermi sempre la situazione e regalare il mio messaggio al pubblico, senza giudizio, senza paura, ma nell'ascolto.Stare sul palco è una bellissima condivisione di una passione, di una emozione, della tua presenza. e regalando questo al pubblico.
La paura ci mette in salvo dal pericolo, e per quello che riguarda una performance ci aiuta a capire che è necessario prepararci. Circa l'85% delle persone ha paura di salire sul palco. Sudori freddi, vuoti di memoria, irrigidimenti muscolari, tremori... è molto comune provare queste sensazioni. C'è però un bug che ci dice "quando ti metti su un palcoscenico devi farlo bene". E iniziano le critiche, i giudizi e le paure. Da bambini invece magari amavamo esibirci davanti ai nostri familiari e ci piaceva il fatto in sé a prescindere dal suo risultato. Da adulti invece abbiamo paura, e ci dimentichiamo che essere sul palco significa esprimere le nostre emozioni e regalare qualcosa di noi al pubblico. E sappiamo razionalente che se sbagliamo qualcosa non succederà niente. Questo non ci mette in salvo dalla paura, e in poiù ci fa sentire stupidi per avere paura! In questi casi, diverse persone pensano di dover rinunciare ad esibirci in pubblico, visto che pensano "non mi riesce bene". QUando le persone chiedono informazioni sui nostri corsi molto spesso ci dicono "vengo a provare così voi valutate se sono portato", invece di dire "vengo a vedere se mi piace"!Certo è che se un passaggio non mi riesce neanche quando sto studiando, e lo faccio lentamente e con attenzione, sul palco non mi verrà, però è facile che la paura sul palco ci faccia dimenticare anche ciò che sappiamo.C'è il pensiero parassita "se non soffro e mi sacrifico con lo stdio non mi merito di godermela, di farlo in modo che mi piaccia". Se in sede di prove i vari passaggi ci vengono, non possiamo migliorare più di tanto. Anche se ripetessi un milione di volte lo stesso passaggio, non migliorerebbe il mio livello generale di capacità. Tutto dipende dal livello in cui sono nel mio sviluppo. Nessuna forma d'are dovrebbe essere basatya sul giudizio e sulla paura di far male. Bisogna osservare come ci sentiamo per avere sbagliato. Non è il giudizio degli altri che ci urge, ma il nostro!Questa modalità di pensiero viene dai primi anni della nostra vita, dai nostri maestri e genitori. Da adulti continuiamo a pensare "la mamma mi amerà solo se faccio bene", E ne siamo profondamente convinti. Invece di goderci il momento. E' frequente che anche a livelli professionali ci siano errori sul palco, ma è umano, e si va avanti. Bisogna quindi capire come ci trattiamo per aver fatto qualche errore. Il bambino non ha gli strumenti pe rrendersi conto che se sbaglia su un palco tutto questo non lo rende meno meritevole di amore, e spesso gli adulti, pur avendo gli trumenti per capirlo non lo capiscono. Alcuni artisti sono sul palco perché non si dqanno una approvazione di per sé, e non si sentono meritevoli di amore, e cercano sul palco la conferma da parte del pubblico. Anche nel flamenco mi è capitato più volte che un artista facesse di tutto per strappare l'applauso ad ogni costo. I bambini quando sono sul palco sono totalmente immersi nel presente. Gli adulti che studiano tantissimo hanno paura di sbagliare e studiano in maniera maniacale, alla ricerca di una approvazione! Non possiamo essere perfetti!Sono Sabina Todaro mi occupo di flamenco e danze e musiche del mondo arabo dal 1985, dal 1990 insegno a Milano, baile flamenco e un lavoro sull'espressione delle emozioni che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Quando insegno, spingo tantissimo gli allievi ad esibirsi, a ballare suo placo e addiritura a cantare, in coro tutti insieme. Moltissimi sono le persone che dopo aver ballato si sentono in colpa di aver fatto degli errori. Cerco sempre di spiegare che l'importante non è non sbagliare, ma imparare a salire sul palco e gestire la situazione, con i musicisti dal vivo!Con un po' di esperienza la paura potrebbe migliorare ma cisono artisti con una paura da palcoscenico incredibile. La psiche umana è complessa, e non si può giudicare cosa è successo a qualcun altro con il metro di ciò che è successo a me!La paura ci dà un pizzico di adrenalina e ci fa dare valore a ciò che stiamo facendoIn un prossimo podcast ti darò alcuni consigli su comegestire la paura da palcoscenico, nel flamenco o anche fuori dal flamenco.
Ti ho già parlato dell'importanza di provare a cantare flamenco, e oggi ti voglio far riflettere sui benefici di questa attività."Canta che ti passa", si dice. Cantare fa bene, ci fa essere nel presente, senza dare attenzione a ciò che ci preoccupa. Ci sono molte persone che pensano di essere stonate, ma credo che chi non sa cantare sia un "analfabeta" del canto: un adulto di riferimento ha detto loro che non dovevano cantare, che non erano capaci, e ce alla recita di Natale avrebbero dovuto far finta di cantare ma senza lasciar uscire la voce. Cantare fa benissimo, ci permette di rilasciare ossitocina, l'ormone del benessere, che combatte l'azione del cortisolo, l'ormone dello stress. Cantando, si producono anche endorfine, gli ormoni del piacere. Cantando ci dimentichiamo di avere fastidi o problemi! Da bambina cantavo sempre in macchina, soffrendo di mal di stomaco, e funzionava tantissimo.Cantare è una attività molto fisica, la postura deve essere eretta, il corpo vibra dall'interno. Cantare flamenco comprende anche il fatto di emettere aria in modo molto continuo e lento, senza arrivare alle tecniche incredibilmente lente di emissione della voce che si usano per i cantes de levante nella zona di Murcia, che richiedono un training probabilmente molto complesso, ma anche soltanto produrre tutti i melismi che il flamenco richiede ci obbliga davvero a respirare lentamente, e soprattutto ad espirare profondamente. Quando siamo sotto stress, tendiamo a trattenere il fiato, e soprattutto ad espirare poco. Cantando flamenco dobbiamo al contrario espirare tanto, a lungo e questo ci aiuta a rilassarci. Inoltre, il corpo si accorge di essere in debito di ossigeno quando espiriamo molto profondamente e scatta un meccanismo automatico di sblocco del diaframma, che ci aiuterà ad inspirare meglio. Dal punto di vista dell'apprendimento e della salute del nostro cervello, il canto fa benissimo: parlo da psicomotricista, e intendo che le attività che favoriscono l'apprendimento comprendono il corpo , l'affettività e il cognitivo. Il nostro sistema scolare si basa completamente sul cognitivo, togliendo ogni importanza al corpo e alle facoltà affettive/relazionali. E questo è scorretto!Cantando si usa tanto il corpo, e anche tantissimo l'espressività, evidentemente, e nel flamenco l'espressività è talmente alta che mi obbliga a dare tanta attenzione a questo aspetto.Dal punto di vista cognitivo, cantare ci obbliga ad una attenzione al tono, al tempo, al ritmo, alla melodia, al testo, e nel flamenco questo aspetto viene ancora ulteriormente arricchito dall'esigenza di coniugare la frase ritmica, segnalata con le palmas, con il cante. Imparare a dare la palma segnando gli accenti mentre stiamo cantando flamenco ci obbliga a mettere insieme ragione e intuizione, coniugando l'attività dei due emisferi cerebrali. Il flamenco coltiva l'empatia, perché non si può fare da soli, richiede quanto meno la presenza di un chitarrista, che dialoga con noi.Per noi stranieri nel flamenco c'è anche la difficoltà della pronuncia e della lingua. Ma non solo! Nelle letras ci sono pezzi di cultura legata al flamenco, si nominano località, usi e costumi andalusi, modi di dire, ci si riferisce a situazioni storiche, geografiche, e inoltre a volte alcune letras sono di difficile compresnione anche perchè la tradizoine orale ne ha modificato grammaticalemnte il testo tanto da renderle molto poetiche e in alcuni casi poco compransibili per quanto bene si possa parlare spagnolo, anche eventualmente come madre lingua. La cultura specifica andalusa, inoltre, è diversa dalle altre, e anche se per noi italiani la lingua non è troppo difficile e la cultura non è troppo lontana, si tratta comunque di altro, e ci richiede adattabilità, multiculturalità, senso del gruppo, costruisce la relazione con gli altri musicisti, con il pubblico, ci obliga ad esprimerci, ad essere nel presente, un po' come in una meditazione. Tutto questo crea soddisfazione, mista ad euforia, serenità. Crea armonia con sè e con gli altri. Cantando si stimolano ovviamente le aree acustiche primarie che ricevono il suono senza processarlo da un punto di vista emozionale, e sono collegate con le aree premotorie. Cantando si crea una azione, un movimento, che sta a diretto contatto con il suono, un ascolto attivo che crea sintonia fra ciò che sento e ciò che faccio e questo ci rende in pace, ci fa sentire rilassati ed energetici. Cantando con altre persone in gruppo, come in un corso, si crea una armonia con sè e con gli altri. I neuroni a specchio vengono stimolati tantissimo, e lo fanno quanto più ne facciamo esperienza. E' frequente verificare che se le persone provano a cantare flamenco poi ballano meglio!Sono Sabina Todaro, mi occupo di flamenco e di musica e danza del mondo arabo dal 1985, dal 1990 insegno baile flamenco e un lavoro sull'espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo che ho chiamato Lyrical Arab Dance. Canto sempre durante la giornata, e se non lo faccio con la bocca, il mio cervello lo fa per me, cantandomi la canzone che "mi serve" per continuare una lezione. Nel mio cervello si crea una musica, non una semplice melodia, ma proprio tutta l'orchestrazione. Provando a dare palmas mentre canto, cosa molto complicata, soprattutto con alcuni palos, mi dà grande soddisfazione, non perché sia una sfida da vincere, cosa che non mi interessa proprio, ma perché mi fa sentire immersa nel fenomeo di produrre musica. Spesso ho un chitarrista che mi accompagna a lezione e quindi posso godermi il lusso di cantare con una chitarra, visto che non c'è nessuno da noi che possa cantare a lezione, e quindi lo faccio io. A volte ho fatto una intera lezione, magari di due ore, senza fare altro che cantare, alla fine mi sento serena, magari stanchissima, ma soddisfatta. Quando andrò al potere, metterò obbligatorio cantare flamenco.