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Quando l'amore per la natura si trasforma in odio verso l'uomo

BastaBugie


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    L'astronauta Samantha Cristoforetti ci invita a mangiare insetti

    Play Episode Listen Later Oct 5, 2022 6:00


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7159L'ASTRONAUTA SAMANTHA CRISTOFORETTI CI INVITA A MANGIARE INSETTI di Corrado OconeLa comunicazione ha le sue regole e con essa chiunque voglia dare un senso alla sua attività deve venire oggi a patti. L'impressione è che però spesso il sistema crei dei personaggi che non hanno altra virtù che quella di saper comunicare o di vendere un'immagine a cui corrisponde poco o nulla nella sostanza.L'esempio forse più palese è quello delle influencer, a cominciare da Chiara Ferragni ovviamente. La quale non solo ha creato un brand che non ha sostanza ma spesso, insieme al suo compagno Fedez, decide di scendere direttamente nell'agone politico aggiungendo un'altra voce a quel conformistico coro di massa progressista che pure è il segno dei nostri tempi. Francamente, questa dinamica diventa molto più pericolosa se le "fame usurpate" sono quelle non di persone dello spettacolo ma di esperti di politica internazionale, virologi, esponenti della scienza, che, più astuti dei loro colleghi che buttano il sangue sui libri, negli ospedali e nei laboratori, cominciano a un certo punto ad accondiscendere a quella voglia di creare sempre nuovi eroi (o eroine) a buon mercato che il sistema sembra naturalmente esigere ("eroe di carta" definiva Saviano un illustre accademico scomparso di recente). Eroi che poi, diventati qualcuno per virtù estranee al loro campo di attività, ottengono di rimbalzo anche in esso onori, prebende e incarichi di prestigio.ASTROSAMANTHANon abbiamo gli strumenti intellettuali per capire se una Ilaria Capua, ad esempio, o una Samantha Cristoferetti abbiano conquistato i galloni sul campo, come si diceva un tempo. Ma l'impressione è che la loro immagine pubblica li abbia non poco agevolati. E oggi, per consolidarsi, li spinga a rimarcare sempre più la loro appartenenza a quel campo del progressismo "politicamente corretto" che è la fonte legittimante di ogni fortuna.In questo senso, è significativo un video registrato e lanciato recentemente dallo spazio da AstroSamantha, come viene denominata l'astronauta che è ormai una vera e propria protagonista dello star system. In essa, la nuova eroina di massa ci consiglia di mangiare insetti dando ella stessa l'esempio col masticare una barretta il cui impasto è composto da mirtilli e farina di grilli (sic!).Non si tratta di una iniziativa isolata e eccentrica di un irregolare, ma di un'azione promozionale di spessore politico a tutti gli effetti. È infatti dall'Unione Europea che partirà presto una campagna a largo raggio per promuovere il consumo di insetti, che è giudicato in sostanza il più compatibile con quella idea astratta di sostenibilità che sostiene, per dirla con un gioco di parole, la più grande campagna costruttivistica (e quindi illiberale) che abbia mai animato le democrazie occidentali nel secondo dopoguerra: la transizione ecologica.LA DISTRUZIONE DEL MADE IN ITALYOra, a parte il fatto che le proprietà nutritive e le virtù ecologiche di questo cibo non sono acclarate scientificamente e sono oggetto di controversia fra gli stessi nutrizionisti, se una campagna del genere avesse successo sarebbero colpiti, in una sola volta, sia gli interessi italiani sia la cultura e l'identità del nostro continente (e si può mai costruire una Unione Europea senza cultura e identità, su una sorta di "deserto spirituale")? Dal primo punto di vista, non è proprio l'Italia che sulla dieta mediterranea e più in generale sulla "cultura del cibo" e del "mangiare sano e naturale", che è fatto anche di tempi lenti e attenzione e cura all'ambiente circostante (Roger Scruton docet), ha costruito nei secoli, grazie al suo clima e alla sua diversità biologica, non solo la propria identità ma anche quello che è forse il suo maggior business economico (asse portante del cosiddetto "made in Italy")?Che poi in gioco sia l'identità non solo nostra, ma di tutto il nostro continente, lo dimostra e contrario la stessa Cristoforetti, quando, nel suo video, per perorare la sua campagna, dice di non aver paura perché gli insetti non fanno male e sono da sempre nella dieta di altre culture. E che noi dobbiamo annullare la nostra per far posto alle altre?Una nota di conforto contro queste "follie" post-moderne è per fortuna arrivata da un'altra donna, che i galloni se li è invece sicuramente conquistati sul campo: Giorgia Meloni. Come sua prima uscita da presidente del consiglio in pectore, la leader di Fratelli d'Italia ha scelto la convention milanese di Coldiretti, da sempre impegnata contro l'introduzione degli insetti nella nostra dieta, e ha parlato del suo forte impegno a favore della "sovranità alimentare". Un sovranismo, questo, che ci piace, e che piace anche al nostro palato!

    Stop alle auto a benzina e diesel, ce lo impone l'Europa

    Play Episode Listen Later Jun 14, 2022 6:46


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7040STOP ALLE AUTO A BENZINA E DIESEL, CE LO IMPONE L'EUROPA di Stefano MagniDal 2035, basta auto a benzina e diesel. Non lo hanno deciso i consumatori e neppure le case automobilistiche, osservando un trend in calo. Lo ha deciso il Parlamento Europeo, con un voto a maggioranza, ieri.La misura fa parte di un pacchetto di provvedimenti per la lotta al cambiamento climatico, miranti a ridurre le emissioni del 55% e per questo chiamato "Fit for 55". La scadenza è vicina: il 2035 è fra appena tredici anni. Ma il cambiamento richiesto è epocale, perché si tratta, nelle intenzioni dei parlamentari europei, di mettere al bando tutti i veicoli con un motore "a combustione interna", quindi benzina e diesel. La misura è stata votata a maggioranza, 339 voti a favore e 249 contrari, oltre che 24 astenuti. È stato approvato anche l'emendamento "salva Ferrari", proposto dai parlamentari italiani di ogni partito. Si tratta di una deroga alle regole Ue sugli standard di emissione di gas serra di cui beneficiano i piccoli produttori di auto (da 1000 a 10mila veicoli prodotti all'anno) e di furgoni (da 1000 a 22mila veicoli prodotti all'anno). La deroga è prolungata di sei anni, fino al 2036.L'ELETTRICO RICHIEDE SACRIFICIIl Parlamento europeo, comunque, non è un organo legislativo, nel vero senso del termine. Dunque il provvedimento votato ieri non entrerà in vigore, con valore legale, nei Paesi membri dell'Ue, ma sarà oggetto di negoziati fra tutti i governi membri. In Italia, fra i partiti di governo, importati riserve sono state avanzate solo dalla Lega, con il ministro Giorgetti che aveva lanciato (invano) un appello al realismo e Matteo Salvini che definisce questa misura europea "un regalo alla Cina". Il punto è che le maggiori forze che compongono il governo, fra cui soprattutto il Pd, appoggiano non solo la messa al bando delle auto a benzina e diesel, ma tutto il pacchetto "Fit for 55".Nessun realismo, dunque, se solo pensiamo che oggi le auto elettriche costituiscono il 10% del mercato europeo, il plug-in hybrid (l'ibrido in cui la componente elettrica è più importante) il 9% mentre le auto a benzina sono ancora il 36% del mercato, percentuale che aumenta al 61% se si sommano anche le normali auto ibride (che viaggiano comunque a benzina) e le diesel sono ancora il 17% circa del mercato (dati Acea, maggio 2022). Se le percentuali delle auto elettriche sono così basse, ancora nel 2022, non è per pigrizia, pregiudizi o pianificazione politica. L'elettrico richiede ancora tanti sacrifici.Prima di tutto il costo, che è ancora proibitivo. Un'utilitaria elettrica, come la Fiat 500 costa circa il doppio di una utilitaria ibrida di pari dimensioni e prestazioni. Il secondo problema è la scomodità: con le migliori batterie si fanno 300-400 km al massimo, poi si deve ricaricare. Ricaricare non è come far benzina, nella migliore delle ipotesi richiede poco meno di mezzora. Per fare benzina occorrono al massimo 5 minuti. Il tempo è essenziale: per ora non ci sono problemi di coda alle colonnine di ricarica elettrica perché le auto elettriche sono ancora molto rare. Quando tutti i veicoli saranno elettrici, sarà difficile smaltire le code, a meno non venga compiuto un balzo avanti tecnologico che riduca i tempi di ricarica al di sotto dei 5 minuti.IL PROBLEMA DEI PUNTI DI RICARICATerzo: le colonnine si devono trovare e per ora sono appena 28mila in tutta Italia e solo 150 lungo le autostrade. Per dare un'idea della proporzione: nella sola Milano circola un milione di auto al giorno, in media. L'espansione dei punti di ricarica non è illimitata: dipende da quanta energia viene prodotta e dedicata a quel servizio. In Italia, per esempio, il 12% delle colonnine è inutilizzabile per mancanza di allacciamento. In mancanza di centrali nucleari (ora e nel prossimo decennio), rispettando il pacchetto di misure per il clima, l'Italia dovrà produrre molto di più con le fonti rinnovabili. Che sono incostanti, dovendo dipendere dalla natura.Insomma, l'imposizione dell'auto elettrica, oltre a richiedere uno sforzo notevole, con spese non sottovalutabili (in tempo di crisi) ai produttori, per riconvertire tutta l'offerta, impone anche un sacrificio ai consumatori. Se non ci sono grandi balzi in avanti nella tecnologia delle batterie, nel prossimo decennio, la mobilità dovrà essere ridotta. L'auto diverrà un mezzo ideale per viaggiare in città o per viaggi da città a città, soprattutto se si ha modo di fare lunghe soste per le ricariche.Salvini, inoltre, non ha tutti i torti quando parla di "regalo alla Cina", perché le materie prime con cui vengono prodotte le batterie, le "terre rare" sono sempre più monopolizzate dai cinesi, non solo nel suo territorio e in Asia, ma anche in Africa. Controllando il 70% delle forniture globali di terre rare, la Cina è un quasi-monopolista Se per renderci indipendente dal petrolio e dai suoi fornitori, a dir poco inaffidabili, ci mettiamo a disposizione della Cina, non faremo un cambio vantaggioso. Anche da questo punto di vista, l'Ue sta commettendo un suicidio strategico.

    Elon Musk contro gli ambientalisti: siamo a rischio estinzione

    Play Episode Listen Later May 24, 2022 6:45


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7012ELON MUSK CONTRO GLI AMBIENTALISTI: SIAMO A RISCHIO ESTINZIONE di Lorenza Formicola"Il destino della Terra non è minacciato dalla sovrappopolazione, ma dalla denatalità". Neomalthusianesimo contro realtà. È lo scontro inscenato da un regista d'eccezione. Uno che di futuro e futurismo se ne intende, Elon Musk.Il famosissimo Ceo di Tesla e fondatore di SpaceX, l'uomo dell'anno per Time, padre di sette figli, pochi giorni fa ha confidato al Wall Street Journal, senza giri di parole, «Credo che uno dei maggiori rischi per la civiltà sia il basso tasso di natalità e il tasso di natalità in rapido declino. Eppure, così tante persone, anche le più intelligenti, pensano che ci siano troppe persone nel mondo e che la popolazione stia crescendo senza controllo. È completamente l'opposto. Per favore, guardate i numeri: se le persone non fanno più figli, la civiltà crollerà, segnatevi le mie parole».Parole che pesano sulla coscienza liberal di tutto il mondo. Parole che hanno stordito gli amici malthusiani ed ecologisti, tanto che praticamente nessuno in Italia, e in Europa, ha osato riportare il contenuto di quell'intervista.L'ALLARME «WORKISM»L'ultimo rapporto Istat ci dice che nei prossimi trent'anni, solo nel sud Italia ci saranno 3.5 milioni di persone in meno. Un po' come se sparisse tutta la Calabria e parte della Puglia.L'autorevole rivista Lancet, nell'estate scorsa, aveva già pubblicato uno studio su 195 nazioni dal quale si evinceva come, a metà di questo secolo o poco dopo, la popolazione mondiale inizierà a decrescere e il pianeta da un lato a spopolarsi e, dall'altro, ad invecchiare ulteriormente, con tutte le drammatiche conseguenze del caso.C'è poi il report pubblicato la scorsa primavera dall'Institute for Family Studies che ha un titolo emblematico, More Work, Fewer Babies. I due autori presero in esame il «workism». Espressione la cui paternità alcuni attribuiscono a Derek Thompson, giornalista dell'Atlantic e che sta ad indicare la "religione del lavoro". Quella sposata da Paesi nordici come Norvegia, Olanda, Svezia. I Paesi avanzati ed egualitari, con welfare esemplare e in grado di promuovere alti tassi di fertilità, per intenderci. Ma sono proprio questi ad aver visto diminuire drasticamente la natalità. Come si spiega?Se ragionassimo in termini puramente economici non dovrebbero esserci mai problemi denatalità. Invece il rapporto dell'Institute for Family ha analizzato, attraverso appositi indici, questo approccio a dati internazionali, deducendo che il calo della fertilità è più netto tra quelle persone che ritengono il lavoro importante, le quali generano in media 0,6 figli in meno degli altri. Una differenza per niente da poco.LE DENATALITÀ NON È UNA QUESTIONE DI REDDITOQuindi non è vero che non si fanno figli perché mancano gli asili nido (Napolitano dixit) e non ci sono soldi? Eliminare la povertà sarebbe stato facile, ci hanno insegnato da sempre gli ex coniugi Bill e Melinda Gates, debellando la nascita dei bambini poveri. Lo hanno scritto, ogni anno, a caratteri cubitali, nel rapporto annuale della loro fondazione.«Nascono più bambini nei luoghi in cui è più difficile condurre una vita sana e produttiva. Se continuano le attuali tendenze, il numero delle persone povere nel mondo smetterà di diminuire, e potrebbe perfino iniziare a crescere. Ma la ragione per cui abbiamo avviato la nostra fondazione è che le tendenze attuali non devono continuare».La visione antinatalista di Bill e Melinda Gates, che prende di mira soprattutto l'Africa subsahariana, è in perfetta sintonia con l'agenda dell'Onu, dei burocratici di Bruxelles e di tutte quelle forze politiche che guardano al mito malthusiano e ad esso si richiamano esplicitamente, specie in nome di uno sviluppo sostenibile.Entro il 2030, uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile è l'eliminazione della povertà. Come? Non facendo più nascere bambini, e finanziando «la salute sessuale e riproduttiva»: quella che nel linguaggio mondialista significa aborto e contraccezione. Chi non abbraccia questa cultura, che nei decenni ha prodotto anche sterilizzazioni forzate, è per i tanti filantropi un ignorante da disprezzare e silenziare. Un po' come quando Emmanuel Macron, alcuni anni fa, disse, "Presentami la donna che ha deciso, essendo perfettamente istruita, di avere sette, otto o nove figli". Parlava puntando il dito contro l'Africa, con quel filo di razzismo sempre concesso a chi sta a sinistra della storia.Ma ci ha pensato direttamente Elon Musk, alcuni anni dopo, a ribadire che non c'è nessuna correlazione tra crescita della povertà e crescita della popolazione. Anzi le cose stanno esattamente all'opposto. La crisi economica a livello mondiale ha tra le sue principali cause la crisi demografica, che a sua volta deriva dalla mentalità antinatalista che ha invaso le coscienze di tutto il mondo.Che poi è così strano il modus pensandi di Gates e compagni: le loro proiezioni raccontano che, in termini assoluti, il numero dei poveri aumentare entro il 2050, ma, in entrambi i grandi Paesi ad alto tasso di natalità, cioè Nigeria e Repubblica Democratica del Congo, diminuirà nel primo del 7%, nel secondo del 26%. Qualcosa non torna.

    Di fronte ai problemi veri Greta Thunberg finisce nel dimenticatoio

    Play Episode Listen Later Feb 22, 2022 13:43


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6909DI FRONTE AI PROBLEMI VERI GRETA THUNBERG FINISCE NEL DIMENTICATOIO di Leone GrottiÈ da un po' di tempo che Greta Thunberg non lancia i suoi strali contro i potenti a difesa dell'ambiente. Sono stranamente silenziosi i Fridays for Future, a parte qualche timida intemerata contro il green carpet dell'Eni a Sanremo. La lotta al riscaldamento globale, insomma, è lentamente sparita dalle priorità mondiali e gli echi della Cop26, ultima occasione per «salvare il pianeta», sembrano lontanissimi. Una ragione ovviamente c'è ed è semplice: è l'attualità, dai rincari monstre delle bollette alla crisi russo-ucraina, a spazzare via tanti "bla bla bla" dall'effetto mediatico assicurato ma dalla scarsa concretezza.Mai come in questo momento i cittadini europei si sono resi conto che la battaglia per l'ambiente, passando da temi non secondari come l'approvvigionamento energetico e lo stravolgimento dell'industria, tocca non solo il portafogli ma anche la sicurezza del Vecchio Continente. Fare retorica sulla fine del mondo è sempre sconsigliato quando subentra con prepotenza il tema della fine del mese.DALLA FINE DEL MONDO ALLA FINE DEL MESECome annunciato dall'Arera, «pur con gli interventi del governo, nel primo trimestre del 2022 sul primo trimestre 2021 si è registrato un aumento del 131% per il cliente domestico tipo di energia elettrica (da 20,06 a 46,03 centesimi a kilowattora) e del 94% per quello di gas naturale (da 70,66 a 137,32 centesimi per metro cubo, tasse incluse)». Per non parlare del prezzo della benzina, al massimo storico dal 2012. A rischio, come nota il Corriere, sono «in prima battuta le attività produttive».Non è un caso, insomma, che il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, abbia annunciato una nuova «spinta sulle rinnovabili, ma la priorità è tutelare anche i posti di lavoro». Mesi fa, quando l'incanto ambientalista riempiva le piazze e i titoli dei giornali, l'aggiunta non l'avrebbe fatta, ma oggi tutti hanno compreso che è necessaria: abbattere le emissioni di CO2 è buona cosa, ma se fatto troppo velocemente può essere disastroso.Anche se si cerca di negarlo, infatti, l'aumento del costo dell'energia ha molto a che fare con il Green Deal varato dall'Unione Europea. Come spiegato dall'Economist, il sistema Ets dell'Ue ha fatto schizzare alle stelle il prezzo dei permessi inquinanti, «che i produttori di carbone devono comprare per emettere Co2. E se viene bruciato più carbone per compensare la mancanza di gas naturale, l'aumento della domanda per i permessi farà aumentare anche il loro costo». E come spiegato su Tempi da Bjorn Lomborg, le cose andranno prevedibilmente sempre peggio.GRETA PUÒ ATTENDERELa crisi russo-ucraina ha aggiunto un altro tema che rende poco consigliabile esprimersi sull'ambiente e sull'energia solo dal punto di vista retorico: quello della sicurezza. L'Europa importa i due terzi del gas naturale che consuma e il 41 per cento proviene dalla Russia. Questo è il motivo principale per cui l'Ue, al contrario degli Usa che sono indipendenti dal punto di vista energetico, si è guardata bene dal fare la voce grossa con Vladimir Putin.Il rischio di ritrovarsi impotenti e succubi sulla scena internazionale ha spinto Emmanuel Macron a lanciare un grande piano per dotare la Francia di 14 nuove centrali nucleari al 2050. Pur riconoscendo l'importanza delle rinnovabili, il presidente francese ha candidamente ammesso che non possono bastare.Gli ambientalisti duri e puri avranno storto il naso, ma se si vuole combattere i cambiamenti climatici senza compromettere sicurezza e industria è necessario scendere a compromessi. E sono proprio i compromessi che i paladini dell'ambiente à la Greta non accettano. Quando e se la crisi energetica e quella russo-ucraina passeranno, i fan di Frankie il dinosauro potranno tornare sulle prime pagine con le loro roboanti reprimende. Per il momento, sono costretti a restare defilati. La fine del mondo può attendere.Nota di BastaBugie: Eugenio Capozzi nell'articolo seguente dal titolo "La Costituzione green è un'altra vittoria dello Stato etico" spiega perché la modifica degli articoli 9 e 41 in chiave ambientalista avrà effetti devastanti sui cittadini, in termini di nuove restrizioni alle libertà personali ed economiche (mentre si apre la strada alla legittimazione dei "diritti" degli animali, ovviamente dimenticando quelli degli uomini).Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'11 febbraio 2022:Mentre l'emergenzialismo sanitario mette a dura prova (per usare un eufemismo) la tenuta della Costituzione come argine contro l'abuso di potere, il parlamento italiano, alla chetichella e in un clima di quasi totale unanimismo, apre un'altra breccia in quell'argine, approvando la modifica degli articoli 9 e 41 della Carta per introdurre in essa la tutela dell'ambiente e degli animali, e la subordinazione a essi della libertà economica (approvazione definitiva in quarta lettura l'8 febbraio con 468 voti a favore, un contrario e sei astenuti).Si tratta della seconda modifica costituzionale attuata nel corso di questa legislatura dopo la riduzione del numero dei parlamentari. Ma, a differenza che in quel caso, in cui almeno si è prodotto un dibattito nella classe politica e nella società civile sfociato nel referendum confermativo, gli emendamenti "ambientalisti" hanno attraversato il loro iter parlamentare senza alcuna dialettica, in una irenica convergenza trasversale tra tutti i gruppi presenti nelle Camere, come se fosse un atto dovuto a cui davvero era impossibile dire di no.E infatti il parlamento ha reso acritico e obbediente omaggio a un'ideologia oggi assolutamente dominante tra le élites politiche, culturali, economiche occidentali: l'ambientalismo dogmatico imposto da campagne come quelle condotte da Greta Thunberg, fondato su una visione del mondo apocalittica che addita come imminente il possibile collasso della vita sul pianeta, e sulla colpevolizzazione sistematica della presenza umana in esso. Questo ecologismo è una vera e propria nuova religione dall'impronta neo-pagana, che abbandona la tradizione ambientalista euro-occidentale, in cui la tutela del patrimonio naturale e di quello storico-culturale vengono considerati strettamente connessi come parte della civiltà, per indicare invece come valore supremno un'entità vaga come l'"ecosistema": un equilibrio complessivo tra diverse forme di vita all'interno del quale quella umana non è considerata centrale né essenziale, ma anzi un fattore potenzialmente deleterio di alterazione.Un'ideologia che ha trovato negli ultimi decenni una catalizzazione proprio nell'allarme lanciato contro un presunto "riscaldamento globale" originato dalle emissioni di anidride carbonica derivanti dalle attività umane, ora rubricato come "crisi climatica". Proprio alla ferrea dittatura culturale esercitata oggi dal millenarismo ambientalista, che vede il collasso dell'"ecosistema" dietro l'angolo, è dovuta la totale acquiescenza dei parlamentari italiani all'idea conformista di "ambientalizzare" la Costituzione, così come è dovuto il tenore delle modifiche approvate. Ma la natura essenzialmente retorica e declamatoria di esse, in ciò conforme a varie altre disposizioni costituzionali dai toni predicatori, nulla toglie al fatto che queste clausole comportino rischi enormi di legittimare limitazioni alle libertà individuali peggiori delle molte già esistenti.Nell'articolo 9, infatti, si introduce, accanto alla tutela del paesaggio e del patrimonio artistico-culturale nazionale, quello molto più ampio, potenzialmente infinito, dell'ambiente, della "biodiversità" e, appunto, degli "ecosistemi", per di più "nell'interesse delle future generazioni". In che modo si possono tutelare nell'ordinamento italiano oggetti tanto vaghi e dilatati nel tempo e nello spazio, al contrario della concreta individuabilità del paesaggio? È evidente che una formulazione di tal genere potrebbe in teoria giustificare un vincolo severo, al limite anche un blocco totale, alle più varie attività economiche, allo sfruttamento di qualsiasi risorsa naturale, alla costruzione di infrastrutture, anche soltanto sulla base del timore di una possibile, ipotetica alterazione degli equilibri ambientali, della fauna, della flora, dell'atmosfera.Per di più, nello stesso articolo vengono introdotti per la prima volta come oggetto di tutela, attraverso una delega alla legislazione ordinaria, anche gli animali. E ciò apre un altro fronte pericolosissimo, offrendo una sponda a una sub-ideologia altrettanto pericolosa: l'animalismo o antispecismo, fondata sull'idea di una sostanziale equiparazione morale tra esseri umani e altre forme di vita, in contraddizione con la gerarchia esercitata dai primi sulle seconde in tutta la storia della civiltà. In presenza di correnti di pensiero anche influenti che sostengono l'idea fanatica di "diritti" degli animali, questa clausola costituzionale apre la strada a norme o sentenze della magistratura che in futuro potrebbero impedire ogni sorta di uso e sfruttamento degli animali stessi, o regolamentarlo tanto rigidamente da produrre danni economici irreparabili.Ma il pericolo maggiore di uno straripamento del potere statale ai danni delle libertà dei cittadini insito nella modifica costituzionale appena approvata sta nella nuova formulazione dell'articolo 41, che già nella sua forma originaria è uno tra i più problematici della Carta, in quanto (in evidente convergenza tra l'ispirazione marxista e quella di un certo corporativismo cattolico) dichiara che l'iniziativa economica è libera, ma solo per poi specificare che essa "non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana".

    L'Onu inventa il dinosauro ambientalista che ci terrorizza: vi estinguerete!

    Play Episode Listen Later Nov 9, 2021 3:24


    VIDEO: Frankie the dinosaur ➜ https://www.youtube.com/watch?v=L9eFABJqGTMTESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6778L'ONU INVENTA IL DINOSAURO AMBIENTALISTA CHE CI TERRORIZZA: VI ESTINGUERETE!Nonostante la Cina produca il quadruplo dei combustibili fossili rispetto all'Europa, alla Cop26 ottiene l'esenzione fino al 2030 (VIDEO: Un dinosauro all'Onu)di Leone GrottiL'Onu ci è ricascata di nuovo. Ogni volta che la realtà bussa alla porta del Palazzo di vetro, e le trattative tra Stati sugli investimenti per contrastare il cambiamento climatico prendono una brutta piega, le Nazioni Unite decidono di alzare il tono della retorica e del catastrofismo. Non basta più Greta Thunberg, ormai professionista navigata nell'arte dello sferzare i potenti con accuse e minacce, ora c'è Frankie il dinosauro.È lui il protagonista del filmato realizzato dall'Onu in occasione della Cop26, che aprirà i battenti domenica a Glasgow. Nel video (meglio non chiedere quanto è stato speso per realizzarlo) un velociraptor fa irruzione all'assemblea Onu e prende la parola dal pulpito per avvertire gli essere umani che, se non agiranno subito, faranno la stessa fine dei dinosauri. Con una differenza:«Noi ci siamo estinti a causa di un asteroide. Qual è la vostra scusa? Ogni anno i governi spendono centinaia di miliardi di fondi pubblici per finanziare sussidi ai combustibili fossili. È come se noi li avessimo spesi per finanziare meteoriti giganti!».L'operazione simpatia - per la voce è stato ingaggiato niente meno che Jack Black - è assicurata e Frankie il dinosauro strappa applausi alla platea. «Ascoltate gente», esordisce con piglio da capopopolo: «So una o due cosette sull'estinzione. E lasciatemelo dire: l'estinzione è una brutta cosa, ma causare da sé l'estinzione della propria specie è la cosa più ridicola che abbia mai sentito in 70 milioni di anni».Gli astanti dell'assemblea pendono tutti dalle labbra di Frankie, forse per paura di contraddirlo e di esserne divorati poco dopo, e non osano interrompere il suo discorso, che raggiunge presto l'apice: «Siamo onesti: avete davanti un'enorme opportunità, adesso che dovete ricostruire le vostre economie e riprendervi da questa pandemia. Questa è la grande occasione dell'umanità. Ecco quindi la mia pazza idea: non scegliete l'estinzione. Salvate la vostra specie prima che sia troppo tardi».«Adesso o mai più» è lo slogan che compare alla fine del filmato, mentre la platea si alza in piedi ad applaudire Frankie, il dinosauro saggio che, contro ogni aspettativa, non prova neanche un po' di rancore per quella natura matrigna che l'ha condannato all'estinzione.

    Il riscaldamento globale salva più persone di quante ne uccida

    Play Episode Listen Later Nov 2, 2021 6:33


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6776IL RISCALDAMENTO GLOBALE SALVA PIU' PERSONE DI QUANTE NE UCCIDAInoltre i costi delle devastazioni provocate da inondazioni e straripamenti non aumentano, bensì si stanno riducendodi Bjørn LomborgIn un recente appello per un "intervento di emergenza" sul cambiamento climatico, i direttori delle riviste mediche più importanti al mondo hanno dato ampio credito all'affermazione fuorviante secondo la quale le morti per caldo starebbero aumentando rapidamente.Il riscaldamento globale causa sì più morti per caldo, ma i dati statistici usati dai direttori sono ingannevoli. Questi ultimi sostengono che globalmente le morti per caldo sono incrementate del 54 per cento tra gli anziani negli ultimi 20 anni, tuttavia mancano di menzionare il fatto che il numero di persone anziane è cresciuto quasi allo stesso modo. È stata la demografia a guidare l'aumento, non il cambiamento climatico.I firmatari dell'appello tralasciano anche il fatto che l'innalzamento delle temperature ha salvato più vite dai decessi collegati alle temperature di quante ne abbia portate via. Le morti per caldo rappresentano circa l'1 per cento dei decessi globali annuali - quasi 600 mila vittime - ma il freddo uccide otto volte tanto, totalizzando 4,5 milioni di morti ogni anno. Dal 2000, mentre le temperature salivano, le morti per caldo sono aumentate dello 0,21 per cento, mentre le morti per freddo sono diminuite dello 0,51 per cento. Oggi muoiono per il caldo circa 116 mila persone in più ogni anno, ma ne muoiono di freddo 283 mila in meno. Nel complesso dunque attualmente assistiamo a oltre 166 mila decessi legati alle temperature in meno ogni anno.Tipicamente, è più facile mitigare il caldo che il freddo. I sistemi di allerta, bere liquidi e l'accesso a luoghi ombreggiati e rinfrescati contribuiscono a proteggere le persone dalle giornate più torride durante l'anno. Negli ultimi decenni le morti per caldo nei paesi ricchi sono generalmente diminuite grazie al condizionamento dell'aria.È molto più difficile fronteggiare il freddo. Riscaldare bene una casa durante tutto l'inverno può costare cifre proibitive per le famiglie più povere, anche nelle nazioni sviluppate. Uno studio ha concluso che quando intorno al 2010 il fracking fece calare i prezzi del gas negli Stati Uniti, questo permise soprattutto alle famiglie più povere di riscaldarsi meglio, salvando secondo le stime 11 mila vite ogni anno.Il modo migliore per proteggere le persone dal caldo o dal freddo è l'accesso a fonti di energia abbondanti ed economiche, malgrado questo molte volte significhi combustibili fossili. È buffo che tutto ciò non abbia trovato spazio tra le raccomandazioni dei direttori.Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Bjørn Lomborg, nell'articolo seguente dal titolo "No, i costi delle alluvioni non aumentano: si stanno riducendo" spiega che anche sulle devastazioni provocate da inondazioni e straripamenti le cose non stanno come le raccontano i media.Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 5 ottobre 2021:Si sente parlare spesso dei costi elevati delle alluvioni, tuttavia il conto che questi fenomeni presentano in termini di beni e di vite si è abbassato nel tempo. Negli Stati Uniti, che hanno dati di lungo periodo tra i migliori a disposizione, i costi relativi delle alluvioni negli ultimi 117 anni si sono ridotti quasi a un decimo, dallo 0,5 per cento del Pil dell'inizio del secolo scorso allo 0,05 per cento attuale. Il rischio di morire si è ridotto a quasi un terzo rispetto al passato.I dati mondiali sono più scarsi, ma alcune ricerche sulle alluvioni indicano che dal 1980 al 2010 i costi in relazione al Pil e le morti in rapporto alla popolazione sono diminuiti a livello globale.I titoli allarmanti sui costi crescenti delle alluvioni derivano in genere da statistiche fuorvianti che riguardano i danni totali, dati che in realtà ci parlano più della crescita economica degli Stati Uniti che non del cambiamento climatico. Dall'inizio del XX secolo la popolazione degli Stati Uniti è quadruplicata e il Pil annuale si è moltiplicato per 36. Non c'erano mai state così tante persone e costruzioni negli Stati Uniti, pianure alluvionali incluse.Un'alluvione che colpisca oggi Atlanta, per esempio, incontrerà molti più abitanti e edifici di trent'anni fa. Il numero di unità abitative esposte al rischio nella pianura alluvionale della città è salito del 58 per cento dal 1990 al 2010. Nello stesso tempo, una maggiore ricchezza e una tecnologia migliore hanno reso le persone e i beni nelle aree depresse più sicure nei confronti delle alluvioni. Solo prendendo in considerazione i danni nel contesto del Pil è possibile distinguere che cosa rappresenta un segnale della crescita della ricchezza e che cosa indica resilienza o vulnerabilità alle alluvioni.Malgrado non sia stato ben pubblicizzato, il Gruppo intergovernativo Onu sul cambiamento climatico (Ipcc) dice di avere «scarsa confidenza nell'influenza dell'uomo sui cambiamenti della portata dei fiumi su scala globale». Si aspetta che un maggior numero di aree in futuro vedano la frequenza delle alluvioni crescere piuttosto che diminuire: un effetto negativo del cambiamento climatico, ma molto meno drammatico di quanto suggerisca la narrazione mediatica. E con l'aumento della ricchezza mondiale, le infrastrutture e la tecnologia probabilmente faranno abbassare i costi relativi e il numero di vittime delle alluvioni. I dati dimostrano che lo stanno già facendo.

    Gli uragani sono sempre meno devastanti e sempre meno frequenti

    Play Episode Listen Later Oct 12, 2021 9:37


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6758GLI URGANI SONO SEMPRE MENO DEVASTANTI E SEMPRE MENO FREQUENTI di Bjørn LomborgSiamo continuamente esposti a un diluvio di notizie allarmanti sul clima, con foto di uragani e devastazioni diffuse ogni ora. Ma questo è dovuto in gran parte all'effetto Cnn: oggi molte più telecamere riprendono qualunque catastrofe e ne rilanciano le immagini h24. Ma se vogliamo predisporre misure corrette, dobbiamo guardare ai dati di lungo periodo.Buona parte dei dati migliori viene dagli Stati Uniti. E malgrado quel che si sente ripetere, gli uragani atlantici non stanno diventando più frequenti. Per la verità, la frequenza degli uragani che toccano terra negli Stati Uniti è leggermente diminuita dal 1900.Aeroplani e satelliti hanno enormemente accresciuto la capacità degli scienziati di individuare tempeste in mare. Per questo la frequenza degli uragani che toccano terra, documentata in modo affidabile già dal 1900, è un dato statistico migliore rispetto al numero totale degli uragani atlantici.E non è vero nemmeno che gli uragani oggi siano più intensi. Anche la frequenza degli uragani di categoria 3 o superiore che toccano terra sta leggermente diminuendo dal 1900. Sebbene sentiate un gran parlare di uragani che diventano più forti, un articolo di Nature rivela che si tratta «non di una intensificazione su scala secolare, bensì di una risalita da un picco minimo registrato negli anni Sessanta-Ottanta».Nel resto del mondo, nonostante i dati siano meno dettagliati, si osserva la medesima fotografia. La migliore ricostruzione del periodo 1950-2020 non mostra alcun aumento di frequenza degli uragani più intensi né degli uragani in generale.Le immagini di devastazioni causate dagli uragani abbondano, ma ricordate che lungo le coste lo sviluppo e il popolamento, soprattutto negli Stati Uniti, si sono ampliati enormemente nell'ultimo secolo. Molte più persone vivono sul percorso di queste rovinose tempeste rispetto anche solo a pochi decenni fa.Ma per salvare vite è molto più utile il miglioramento delle infrastrutture, possibile grazie ad aggiornamento tecnologico e ricchezza, che un taglio delle emissioni di Co2. Oggi gli uragani causano nel mondo danni di entità pari allo 0,04 per cento del prodotto interno lordo globale. E anche dando credito alla recente stima del Gruppo intergovernativo Onu sul cambiamento climatico (Ipcc) in base alla quale gli uragani di categoria alta aumenteranno proporzionalmente, la distruzione causata da queste tempeste secondo uno studio di Nature diminuirà in proiezione fino a valere lo 0,02 per cento del Pil globale nel 2100, perché l'economia mondiale diventerà più ricca, rendendo le infrastrutture più resilienti. Anche se potessimo eliminare del tutto il cambiamento climatico (cosa naturalmente impossibile), tale diminuzione dei danni accelererebbe soltanto fino a raggiungere lo 0,01 per cento del Pil nel 2100.I migliori dati di lungo periodo disponibili sugli uragani che colpiscono gli Stati Uniti indicano una diminuzione, anche per gli uragani di categoria alta. E il mondo sta diventando più resiliente a questi fenomeni, con o senza tagli di emissioni.Nota di BastaBugie: Leone Grotti nell'articolo seguente dal titolo "La Cina aumenta la produzione di carbone (addio alle belle promesse sul clima)" spiega che per far fronte alla carenza di energia elettrica, Pechino emetterà ancora più Co2. La mossa di Xi Jinping mina alla radice la Cop26: quando la finiremo di fidarci delle promesse di Pechino? È ormai evidente che il Green Deal è un pericolo per l'economia dell'Europa.Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 9 ottobre 2021:Non solo l'Europa, Anche la Cina è nei guai per problemi legati all'energia. Nelle ultime settimane, per far fronte alla carenza di elettricità, 17 province e regioni hanno annunciato tagli alla produzione industriale dopo che numerosi blackout hanno mandato in tilt la vita di importanti città soprattutto nel Guangdong, Heilongjiang, Jilin e Liaoning. Il presidente Xi Jinping ha quindi deciso di correre ai ripari ordinando di aumentare del 10 per cento la produzione di carbone, come riportato dal Financial Times.La decisione è gravida di conseguenze, soprattutto in vista della conferenza sul clima di Glasgow, la Cop26. La Cina, infatti, non ha migliorato le sue promesse e obiettivi di riduzione delle emissioni di Co2, come richiesto e fatto da altri paesi. Resta quindi impegnata a raggiungere il tetto delle emissioni nel 2030 e la neutralità climatica nel 2060.Ma le promesse di Pechino fanno costantemente a pugni con le decisioni politiche che vengono prese dal Partito comunista giorno dopo giorno. Tre settimane fa, all'assemblea dell'Onu, Xi aveva dichiarato che la Cina non avrebbe più costruito centrali a carbone all'estero, guadagnandosi l'applauso di tutti i convenuti. Ma quell'annuncio aveva sollevato diverse domande e il timore del solito doppio gioco da parte del regime.Ora è arrivata l'ennesima conferma sulla mancanza di volontà della Cina di impegnarsi seriamente nella lotta al cambiamento climatico: l'anno scorso la Cina ha prodotto 3,9 miliardi di tonnellate di carbone e quest'anno la produzione aumenterà ancora.Dopo l'annuncio di Pechino, la Cop26 sembra indirizzarsi verso l'ennesimo fallimento. Tra i dieci paesi responsabili della maggior parte delle emissioni dal 1850 a oggi, soltanto quattro hanno annunciato obiettivi di riduzione più ambiziosi. Cina, Russia, India, Giappone, Indonesia e Brasile, invece, non hanno presentato piani soddisfacenti.Le mosse di Pechino dovrebbero anche far suonare un campanello d'allarme a Bruxelles. L'Unione Europea, responsabile di appena l'8% delle emissioni globali, con il Green Deal si è lanciata in un piano iper ambizioso per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Il piano rischia di danneggiare enormemente l'economia del continente.La scommessa è che i paesi responsabili della maggior parte delle emissioni di Co2 seguiranno l'esempio dell'Europa. Ma i fatti, al momento, sembrano dare torto alle speranze della Commissione Ue e questo, come già spiegato in una nostra inchiesta, potrebbe non solo danneggiare il comparto industriale europeo ma anche peggiorare l'ambiente a livello globale.

    Un tribunale ambientalista distrugge l'ex Ilva

    Play Episode Listen Later Jun 8, 2021 8:25


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6599UN TRIBUNALE AMBIENTALISTA DISTRUGGE L'EX ILVA di Luigi AmiconeColpevoli di disastro ambientale. Questo è il verdetto di prima istanza con cui il tribunale di Taranto ha condannato a quarantadue anni complessivi di carcere i fratelli Riva (20 anni a Nicola e 22 a Fabio), ex proprietari del polo siderurgico Ilva. Tre anni e mezzo sono stati inflitti anche a Nichi Vendola, fondatore ed ex leader di Sinistra e Libertà («È stata calpestata la verità», protesta l'ex governatore della Puglia). E condanne minori a un'altra quarantina di imputati di un processo durato cinque anni. Inoltre la Corte d'Assise di Taranto ha disposto la confisca degli impianti e la confisca ai Riva di beni per un totale di 2 miliardi e 100 milioni. In piazza le associazioni ambientaliste e grilline hanno accolto con tripudio festante la notizia delle sentenza.LA CROCIATA DELLA PROCURA DI TARANTOÈ noto infatti che a cominciare dal 2012, quando la Procura sequestrò gli impianti, bloccò sul terreno i prodotti pronti alla commercializzazione causandone il deperimento, spinse il governo Monti a varare il primo "decreto salva Ilva", grillini, associazioni ambientaliste e pubblicistica di stampo giustizialista, si sono sempre battute per esigere la condanna, i risarcimenti e possibilmente la chiusura delle acciaierie.Non c'è mai stato nessun dialogo tra la squadra della Procura di Taranto (composta da un pm e dal capo della Procura) e, per dirla calcisticamente, "il resto del mondo" (dai sindacati al governo). Ancora nel 2016, data di inizio del processo penale, se ne conteranno ben cinque di decreti legge ad hoc varati dai vari governi Monti, Letta e Renzi nel tentativo di conciliare le esigenze della giustizia penale con la difesa dei posti di lavoro. D'altra parte, tutti i governi, a partire da Berlusconi in avanti, hanno cercato con ogni mezzo di mettere in sicurezza ambientale e sanitaria l'industria siderurgica. Ma mai la Procura di Taranto ha accettato di confrontarsi con tempistiche e valutazioni che non venissero dall'interno dei propri uffici.Un primo riscontro a questa intransigenza da parte della magistratura locale si ha già nei giorni del primo sequestro giudiziario del 2012. Allorché ministri e rappresentanti delle istituzioni si precipitano a Taranto in pieno agosto e soltanto il capo della Procura di Taranto si rifiuta di lasciare la località calabrese in cui si trova in ferie per partecipare al tavolo indetto appunto dalle istituzioni radunate a Taranto per tentare di trovare una via di uscita alla situazione che rischiava di distruggere un'azienda che ancora nel 2012 valeva l'1% del Pil Italiano e che ancora oggi, acquisita dagli indiani di ArcelorMittal, pur nel continuo tira e molla con i provvedimenti della magistratura tarantina, vale 8200 dipendenti e 19 miliardi di contributo al Pil.Per chi come noi ha seguito con una certa attenzione in questi anni le vicende Ilva, per rispondere a una sentenza giudiziaria di quasi impossibile interpretazione logica, ma certamente comprensibilissima in chiave propagandistica, la scaletta dei prossimi eventi dovrebbe essere la seguente.COSA SUCCEDE ADESSO1) Domani mattina ArcelorMittal dovrebbe restituire chiavi in mano l'acciaieria al governo italiano, comunicare il congelamento dei contratti e degli impegni presi con il nostro paese, la messa in mobilità dei lavoratori. E annunciare che dopo questa sentenza la proprietà non è più tenuta a onorare gli impegni presi in quanto gli è di fatto reso impossibile proseguire la produzione in condizioni di continui stop and go, fermo e sequestro degli impianti, con ripartenze sempre più condizionate dagli atti giudiziari.2) Fortunatamente è del tutto verosimile che i proprietari dell'ex Ilva verranno prontamente informati del fatto che la sentenza di Taranto sarà riformata in secondo grado. Ed è ancora più verosimile che come già accade per precedenti provvedimenti di sequestro del patrimonio dei Riva presi dal tribunale di Taranto, anche questo verdetto verrà dichiarato "abnorme" e sarà cancellato in sede di Cassazione.Che senso ha investire in Italia?3) Nel frattempo però, mentre il tempo della giustizia italiana provvederà a correggere, non si può escludere che, in tempo di Recovery Fund, emergano nuove preoccupazioni in sede europea. Infatti, perché si dovrebbe venire ancora a investire in Italia? Quale fiducia i partner europei possono avere in un sistema Paese - politico, economico, sociale - impotente davanti a iniziative giudiziarie che mettono a repentaglio il destino di aziende che, come l'ex Ilva, sono state addirittura imprese numero 1 in sede europea e lo sarebbero ancora se l'azione di un solo pm, avallata da un capo della Procura, non avesse prodotto di fatto il sostanziale fallimento di tale azienda già numero 1 in Europa?4) Ma se come si capisce fin dagli inizi, quello di giungere a un grosso risarcimento collettivo era l'obbiettivo di coloro che oggi festeggiano in piazza la sentenza tarantina, perché invece di intentare un Dies irae penale che ha smantellato un intero polo industriale e distrutto quel poco di lavoro che c'è al sud, non si è percorsa la via del giudizio in sede civile?5) Visto che l'Ilva e quindi il disastro ambientale sentenziato non è un'esclusiva dei Riva, quali altri nuovi capitoli da "colonna infame" ci si deve aspettare? Non dimentichiamo che Ilva nasce Italsider nel 1960 e che i Riva subentrano alla gestione statale solo nel 1994. Quando a detta del verbo usato dal Fatto Quotidiano, lo Stato attraverso «l'Iri gestita da Romano Prodi, svende l'ex Italsider alla famiglia Riva». Chi dovrebbe essere incriminato dopo i Riva per disastro ambientale ed essere candidato magari all'ergastolo, visto che dal 1994 al 2012 ci sono 18 anni di "disastro" e dal 1960 al 1994 ce ne sono 34 di anni? Saranno incriminati ex presidenti della Repubblica e l'attuale capo dello Stato in quanto vertice dello Stato che fu proprietario - analogamente ai Riva - di un'acciaieria che ha disastrato l'ambiente?6) Ma poi si dovrà ancora indagare a fondo: chi ha voluto l'Italsider a Taranto? Forse la stessa Taranto e tutti i partiti del sud che oggi si sono inventati il reddito di cittadinanza e ieri le cattedrali nel deserto? E adesso il conto dovrebbero pagarlo i Riva e l'intera platea di contribuenti italiani?Infine, sembra che con il suo verdetto la Corte d'Assise di Taranto ci abbia voluto mostrare con plastica drammaticità, l'urgente necessità di una radicale riforma della giustizia che passi anzitutto dalla messa in mora di inchieste monstre e di sentenze fuori da ogni senso di realtà.

    Il Senato approva una legge sull'agricoltura biologica: tecnica obsoleta e insostenibilie che sarà pagata con i soldi dei cittadini

    Play Episode Listen Later Jun 1, 2021 20:12


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6593IL SENATO APPROVA UNA LEGGE SULL'AGRICOLTURA BIOLOGICA: TECNICA OBSOLETA E INSOSTENIBILE CHE SARA' PAGATA CON I SOLDI DEI CITTADINI di Luigi MarianiIl DDL 998, approvato pochi giorni fa in Senato con una maggioranza "bulgara" di 195 favorevoli, un solo contrario (la Senatrice a vita Elena Cattaneo) e un astenuto, e che dovrà comunque effettuare un ulteriore passaggio alla Camera per l'approvazione definitiva, è solo la legge più recente a supporto del settore dell'agricoltura biologica partorita dal nostro Parlamento.Su tale legge, il cui testo approvato in Senato è disponibile online, una parte significativa del mondo scientifico ha ingaggiato una battaglia culturale cui ha partecipato in prima persona anche il sottoscritto e che si è sostanziata in due documenti di analisi, ricchi di bibliografia e inviati ai Deputati e Senatori. Nello specifico il documento inviato a tutti i Senatori il 19 gennaio 2019 è liberamente consultabile sul sito Agrarian Sciences ove è riportata anche la lista dei 444 esperti che lo hanno sottoscritto (fra di loro molti docenti universitari, agricoltori e tecnici del settore agricolo). Tale battaglia si è conclusa appunto con uno stupefacente "195 a 1", che non mi abbatte in alcun modo in quanto ho la coscienza di aver agito per l'interesse nazionale e per la scienza, come vedrò di illustrare nel prosieguo di questo scritto e come dimostra il voto contrario della collega professoressa Elena Cattaneo, di cui ci tengo in premessa a lodare la coerenza rispetto ai propri ideali scientifici, una coerenza che peraltro nell'episodio in questione è stata vissuta nella più totale solitudine.Premetto anche che "il marcio sta a Bruxelles", nel senso che l'Unione Europea da anni legifera a favore del biologico e che più di recente, tramite il cosiddetto "Farm to fork", ha posto il biologico al cuore della politica comunitaria dei prossimi anni.I TANTI MOTIVI DI CONTRARIETÀ ALLE AGRICOLTURE BIOIl DDL 998 devolve denaro pubblico alle agricolture bio (biologico e biodinamico) finanziando ricerca, innovazione, promozione, educazione alimentare al consumo di prodotti bio, insegnamento universitario e creando un sistema sementiero parallelo in cui gli agricoltori scambiano fra loro sementi senza alcun riguardo alle leggi sementiere che i comuni agricoltori sono tenuti a rispettare e che sono uno dei presupposti per un'agricoltura al passo con i tempi, in quanto fissano i requisiti di qualità a cui le ditte che commercializzano sementi sono tenute ad attenersi.Circa l'insegnamento universitario, che è tra le cose che più mi sta a cuore, prego i lettori di immaginare lezioni in cui i professori disquisiscono dottamente delle fantomatiche "energie cosmiche" su cui si fonda il biodinamico, rovinando in tal modo generazioni di studenti. Il povero Galileo si rivolterà nella tomba così come si rivolteranno migliaia di scienziati che alla sua grande lezione (la scienza fondata sull'osservazione della realtà e la sua interpretazione) si sono per secoli ispirati.Ogni legge che il nostro parlamento approva dovrebbe a mio avviso avere come principio ispiratore l'interesse generale, che in agricoltura si esprime come piena sostenibilità (ambientale, economica e sociale), salubrità dei prodotti e autosufficienza alimentare. In altri termini prodotti agricoli di qualità e a prezzi contenuti per il consumatore e per le filiere agro-alimentari.BIO, OBSOLETO E INSOSTENIBILEA tale riguardo il biologico, lungi dall'essere il modello di agricoltura per l'Europa del futuro, si presenta oggi come una tecnologia obsoleta e insostenibile, per l'elementare motivo che a fronte di una qualità dei prodotti non significativamente diversa, produce dal 20 al 70 % in meno del convenzionale. Al riguardo è fondamentale considerare i dati produttivi statunitensi e francesi di pieno campo, perché frutto di sistemi di monitoraggio delle produzioni di gran lunga più efficaci del nostro.Si scopre così che in Francia, secondo dati INRA, l'agricoltura convenzionale offre rese medie di 77 q/ha per il grano tenero (di cui la Francia è il maggior produttore europeo) mentre il frumento tenero biologico produce 29 q/ha (il 62% in meno) e dunque convertire l'agricoltura francese al biologico significherà trasformare un grande paese esportatore di cereali in un importatore, con effetti negativi sulla sicurezza alimentare globale: la Francia sarebbe infatti costretta ad approvvigionarsi sul mercato mondiale facendo aumentare i prezzi, con risvolti negativi sui paesi in via di sviluppo che dal mercato mondiale si riforniscono (chi si ricorda delle primavere arabe del 2008 può intendere appieno cosa significhi un aumento dei prezzi dei cereali sul mercato internazionale).A ciò si aggiunga che l'aumento di domanda sul mercato mondiale spingerebbe molti paesi che si trovano in zone del mondo ecologicamente "fragili" a dissodare per rispondere all'aumentata richiesta, come del resto sta già accadendo nei paesi del bacino del Rio delle Amazzoni: alla faccia della sostenibilità ambientale e delle polemiche contro Bolsonaro, in cui i leader europei, almeno a parole, eccellono. E non ci si venga a dire che diventando tutti vegetariani risolveremmo il problema, in quanto (a parte il fatto che fino a prova contraria siamo onnivori) gli animali domestici consumano sì il 30% dei cereali ma ci ripagano producendo il 21% delle calorie e il 25% delle proteine consumate dall'umanità.CO2, COL BIO EMISSIONI TRIPLEI fautori del bio lo indicano da tempo come "modello di sostenibilità, impegno per il clima e rispetto dell'ambente" ma si scordano ad esempio di dirci che le emissioni di CO2 per tonnellata di riso prodotto sono triple nel biologico rispetto al convenzionale e doppie per tonnellata di frumento. Che dire poi del rame, fitofarmaco obsoleto, con un quadro tossicologico inquietante e che non è biodegradabile per cui persiste nell'ambiente per tempi indefiniti? L'odio ideologico per la chimica e per la stessa genetica (selezione di varietà resistenti alle malattie con l'uso delle più moderne tecnologie) spingono da decenni il biologico a fondare sul rame la difesa fungicida, non proponendo alcuna reale alternativa in termini di molecole a minore impatto ambientale e/o di miglioramento genetico.E la produzione caleràA ciò si aggiunga che in Italia il bio non è in alcun modo una scelta strategica poiché farà calare le produzioni, aumentando la nostra dipendenza dall'estero, già oggi molto forte: importiamo il 50% del frumento per pane e pasta e il 35% dei mangimi zootecnici da cui derivano prodotti da esportazione come i formaggi-grana e i prosciutti.Quanto detto pone dubbi fondati rispetto al panegirico sulle virtù del biologico elevato nell'art. 1, c. 2: "la produzione biologica è un sistema globale di gestione dell'azienda agricola e di produzione alimentare, basato sull'interazione tra le migliori prassi in materia di ambiente e azione per il clima e di salvaguardia delle risorse naturali e, grazie all'applicazione di norme rigorose di produzione, contribuisce alla qualità dei prodotti, alla sicurezza alimentare, al benessere degli animali, allo sviluppo rurale, alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, alla salvaguardia della biodiversità e al raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell'intensità delle emissioni di gas a effetto serra stabiliti...". Tale panegirico rappresenta peraltro un miglioramento, ottenuto anche grazie all'impegno del nostro gruppo di docenti, tecnici e imprenditori agricoli, rispetto al testo originario, in cui il biologico era addirittura definito "di interesse nazionale".Dov'è l'interesse per lo Stato?Qual è la morale di tutto ciò? Se un produttore ritiene che per sfuggire alla logica dei prezzi bassi che caratterizzano le commodities sia per lui conveniente passare al biologico è libero di farlo. Tuttavia, non vedo in base a quale interesse generale si debba pagare con denaro pubblico la minore efficienza in termini produttivi e il maggiore impatto ambientale che da ciò inevitabilmente deriva. Se il biologico è davvero più gradito al consumatore, le relative filiere debbono essere in grado di stare sul mercato godendo degli stessi contributi riservati agli altri agricoltori, contributi che già oggi sono sensibilmente inferiori a quelli riservati al biologico, nel senso che nell'agricoltura convenzionale le sovvenzioni pubbliche coprono il 31% del reddito netto contro il 45% del biologico (fonte: Bioreport 2018).Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Luigi Mariani, nell'articolo seguente dal titolo "Agricoltura bio, c'è un substrato di pseudoscienza" spiega che l'alternativa al bio esiste e si chiama agricoltura integrata, che supera la scarsa efficienza del bio.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 1° giugno 2021:Le agricolture del gruppo bio hanno un substrato pseudoscientifico inquietante. Pseudoscientifica è l'idea secondo cui una molecola di urea di sintesi possa isterilire il suolo mentre l'analoga molecola presente nelle urine dei mammiferi sia un ottimo concime, così come è pseudoscientifica la distinzione fra fitofarmaci "naturali" buoni e fitofarmaci "di sintesi" cattivi: in natura vi sono i peggiori veleni di questo mondo (la cicuta da Conium maculatum e l'atropina da Atropa belladonna, solo per fare due esempi) e per rendersene conto basta consultare le etichette di alcuni fitofarmaci "naturali" usati dal biologico (Azadiractina, Spinosad, rame) e confrontarle con quella del tanto vituperato Glyphosate (il Roundup di Monsanto). Le etichette sono disponibili nella banca dati dei prodotti fitosanitari presso il Ministero della salute e per i prodotti "naturali" riportano frasi del tipo "molto tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata" o "può provocare reazioni allergiche", assenti per il Glyphosate.

    Il summit sul clima di Biden è un successo, ma solo per la Cina

    Play Episode Listen Later May 5, 2021 15:11


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6565IL SUMMIT SUL CLIMA DI BIDEN E' UN ''SUCCESSO'', MA SOLO PER LA CINA di Leone GrottiIl summit sul clima di Joe Biden è stato un «successo». Lo scrivono tutti i giornali, parlando del vertice in videoconferenza dove i principali leader mondiali hanno fatto nuove promesse sul taglio dei gas serra. Ma c'è un paese che ha beneficiato più di tutti dell'appuntamento green, ed è la Cina. Mentre gli altri Stati, incitati dai discorsi di Greta Thunberg e papa Francesco, facevano a gara a migliorare gli impegni assunti con l'accordo di Parigi, Xi Jinping si è guadagnato il plauso dei media di tutto il mondo, pur senza prendere nessun impegno.Il «green» è la vera gallinella dalle uova d'oro per Pechino. Criticato a livello internazionale su tutti i fronti possibili, ha capito che è sufficiente fare roboanti discorsi sul clima per ottenere una tregua. Anche se poi, alle parole, non seguono mai i fatti.Xi ha disperatamente bisogno di migliorare l'immagine della Cina. Ha scatenato una pandemia che ha messo in ginocchio l'economia mondiale. È sotto accusa per il «genocidio» degli uiguri. Ha azzerato le libertà civili di Hong Kong in violazione degli accordi internazionali presi con il Regno Unito. Minaccia costantemente di invadere Taiwan. Protegge la dittatura militare del Myanmar, che sta massacrando il suo stesso popolo, impendendo all'Onu di intervenire. Ruba la tecnologia agli alleati industriali, viola le regole del Wto, invade il mercato con merci a basso costo danneggiando i partner commerciali. Sanziona tutti coloro che osano muovere delle critiche.IL CLIMA È IL CAVALLO DI TROIA DI XINessun paese al mondo potrebbe resistere a tante malefatte. Non è dunque sorprendente che la Cina abbia accettato l'invito di Biden a partecipare al summit virtuale sul clima. Pechino ha disperatamente bisogno di promuovere agli occhi del mondo un'immagine più responsabile del regime e ha trovato nel clima il cavallo di Troia che cercava. Il vertice americano ne è stata la riprova. Xi Jinping non ha promesso nulla, eppure ha ricevuto l'elogio di tutto il mondo.Gli Usa si sono impegnati a tagliare le emissioni di anidride carbonica almeno del 52% entro il 2030; l'Ue le ridurrà del 55% entro il 2030 con l'obiettivo di arrivare a zero emissioni nel 2050. Il Giappone ridimensionerà i gas del 46% entro il 2030, il Regno Unito del 78% entro il 2035. E la Cina? Xi ha vagamente parlato di «investimenti sostenibili», «Via della seta verde», «riduzione del tasso di crescita nei consumi di carbone nei prossimi cinque anni» (riduzione della crescita, non dei consumi). Ha poi ribadito l'impegno degli accordi di Parigi: raggiungere il picco delle sue emissioni di Co2 nel 2030 e la neutralità carbonica nel 2060.Solo tra 10 e 40 anni, dunque, si potrà avere la certezza se Pechino fa sul serio oppure no. Nel frattempo, però, si può dare un'occhiata a come la Cina si sta muovendo per raggiungere i suoi mirabolanti obiettivi. Secondo il gruppo di analisi finanziare TransitionZero, la Cina potrebbe risparmiare fino a 1,6 triliardi di dollari se sostituisse il carbone con alternative più pulite. Eppure «al momento non c'è traccia di questa transizione».Secondo i dati diffusi dalla Cina, il carbone soddisfa il 56,8% del fabbisogno energetico del paese. Pechino resta il principale emettitore di gas serra nel mondo, a livello assoluto, e a breve supererà gli Stati Uniti nella classifica dei paesi per inquinamento pro capite. Nel 2020, le emissioni in Cina sono aumentate dell'1,7%, raggiugendo i 14.400 milioni di tonnellate, pari alle emissioni di 180 paesi del mondo messi insieme.OLTRE 200 NUOVE CENTRALI A CARBONEIn Cina, secondo i dati del Global Energy Monitor, sono attive 1.082 centrali a carbone. Per mantenere gli impegni presi, dovrebbe chiuderne nei prossimi dieci anni 588. Invece, 92 nuove centrali sono in costruzione e altre 135 sono in fase di progettazione. Ogni nuova centrale difficilmente verrà spenta «prima di 40 anni» per non generare perdite. Se nel 2020 il mondo ha spento centrali a carbone per un totale di 37,8 gigawatts in meno, la Cina ne ha costruite per un totale di 38,4 gigawatt in più, vanificando quindi gli sforzi del mondo intero. Ancora, se nel 2019 la Cina aveva commissionato il 64% di tutte le nuove centrali a carbone del mondo, nel 2020 il dato è aumentato al 76%. Nel computo, non sono considerate quelle costruite all'estero.Paradossale, infine, è il fatto che il Dragone domini i settori delle automobili elettriche, dei pannelli solari, delle turbine eoliche e delle batterie. Mentre guadagna dalle promesse green degli altri paesi, quindi, non fa nulla in patria per limitare le emissioni di Co2. Secondo il Climate Action Tracker, l'operato della Cina rispetto agli obiettivi preposti è «altamente insufficiente». È da notare anche che nessun paese fortemente industrializzato guadagna la sufficienza nella classifica. Gli unici paesi definiti “modello” sono al momento Marocco e Gambia.Xie Chunping, membro del Grantham Research Institute on Climate Change, ha affermato che se la Cina vuole mantenere le sue promesse deve ridurre le sue emissioni del 66% entro il 2030. Come riuscirà a farlo in soli nove anni, quando ancora oggi le sue emissioni aumentano anno dopo anno, è un mistero. Ma ai summit sul clima come quello americano non si parla di dati. Si fanno solo promesse. Xi Jinping questa volta non ha fatto neanche quelle. Eppure ha ricevuto l'applauso del mondo intero. Il «green» si conferma un affare d'oro per la Cina.Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Leone Grotti, nell'articolo seguente dal titolo "La rivoluzione green si fonda sullo sfruttamento del lavoro forzato in Cina?" rivela che il 95% dei pannelli solari sul mercato è realizzato con materiali lavorati in Cina nel Xinjiang, dove si sfrutta il lavoro forzato degli uiguri.Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 29 aprile 2021:La battaglia per mitigare il cambiamento climatico e la rivoluzione green sognate dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti di Joe Biden potrebbero basarsi su un'amara verità: lo sfruttamento del lavoro forzato in Cina. Si fanno sempre più forti, infatti, i sospetti sulla produzione dei pannelli solari, settore in cui Pechino è leader in ogni fase del processo, concentrata nella provincia del Xinjiang.I pannelli funzionano grazie alla capacità delle celle fotovoltaiche di assorbire e convertire la luce del sole in energia. La stragrande maggioranza delle celle sono fatte con componenti di polisilicio. La produzione globale del polisilicio è per l'82 per cento in mano alla Cina, che nel 2010 deteneva soltanto il 26 per cento del mercato. Nello stesso lasso di tempo la fetta di mercato americana è scesa dal 35 al 5 per cento.Come affermato dall'esperto di Bloomberg New Energy Finance, Jenny Chase, «almeno il 95 per cento dei pannelli solari presenti sul mercato», anche prodotti in altri paesi, «sono fatti di polisilicio che proviene dal Xinjiang». È in questa provincia, infatti, che si trovano quattro dei cinque produttori più grandi al mondo, in grado di offrire prezzi imbattibili: Gcl-Poly, East Hope Group, Daqo New Energy e Xinte Energy.Alla base della competitività delle aziende cinesi non c'è soltanto il possibile utilizzo di lavoro forzato. Ma anche il minor costo dell'energia. Per produrre il polisilicio è necessario un processo industriale che richiede l'utilizzo di fornaci ad altissime temperature. Il 40 per cento dei costi operativi di queste aziende è assorbito dall'energia. E in Xinjiang l'energia viene prodotta con economiche, ma iper inquinanti, centrali a carbone. Ogni fabbrica è infatti costruita di fianco a una di queste centrali che «mina alla radice i benefici per l'ambiente eventualmente prodotti dai pannelli solari», spiega Bloomberg.Il Xinjiang è anche la provincia dove nel 2017 è iniziata la più grande incarcerazione di massa di una minoranza etnica della storia. Da allora, sono stati detenuti senza processo in enormi campi di rieducazione attraverso il lavoro 1,8 milioni di uiguri. La loro colpa è di essere musulmani e di conseguenza, secondo Pechino, estremisti e poco patriottici. Il Partito comunista cinese ha sempre negato le incarcerazioni di massa e lo sfruttamento del lavoro degli internati, spiegando che si tratta di programmi di «reinserimento nella società» attraverso periodi di soggiorno in «centri di formazione». Qui, sempre secondo il regime, gli uiguri possono imparare un nuovo lavoro. La verità, confermata da centinaia di testimonianze, è che gli uiguri vengono rinchiusi, abusati, torturati fisicamente e psicologicamente contro la loro volontà. In molti casi, sono anche sottoposti ai lavori forzati.A gennaio, come riportato dal New York Times, la società di consulenze Horizon Advisory ha realizzato un rapporto sulle aziende che si occupano di tecnologia per lo sfruttamento dell'energia solare in Cina. All'interno si legge ad esempio che Gcl-Poly ha accettato «un surplus di forza lavoro» proveniente da una regione rurale del Xinjiang nel 2020. La stessa cosa era avvenuta nel 2018. Una filiale di Jinko Solar ha ricevuto sussidi per impiegare nel 2020 almeno «40 lavoratori poveri provenienti dal sud del Xinjiang». Una filiale di East Hope «ha accettato 235 impiegati provenienti da una minoranza etnica del Xinjiang meridionale».Secondo una ricerca condotta dal Center for Strategic and International Studies, il think tank più autorevole degli Stati Uniti e uno dei più importanti del mondo, simili diciture rappresentano un paravento per nascondere il lavoro forzato. Gli uiguri impiegati, infatti, non possono né rifiutare né abbandonare il lavoro, non possono allontanarsi dalla fabbrica né partecipare a funzioni religiose, spesso non vengono pagati o non ricevono un salario adeguato, subiscono sessioni di indottrinamento e minacce di arresto.

    Funerali al marito della regina Elisabetta (che voleva reincarnarsi in un virus per uccidere gli uomini e preservare l'ambiente)

    Play Episode Listen Later Apr 21, 2021 18:28


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6545FUNERALI AL MARITO DELLA REGINA ELISABETTA (CHE VOLEVA REINCARNARSI IN UN VIRUS PER UCCIDERE GLI UOMINI E PRESERVARE L'AMBIENTE) di Patricia Gooding-Williams"Se mi potessi reincarnare, vorrei tornare come un virus mortale, per contribuire a risolvere il problema della sovrappopolazione". Questa frase del principe Filippo, il cui funerale viene celebrato oggi al Castello di Windsor, nel sud dell'Inghilterra, mette in luce un aspetto importante della sua vita che è stato ampiamente trascurato nelle commemorazioni dopo la sua morte avvenuta lo scorso 9 aprile.A differenza di alcune delle sue gaffe, questo non era uno di quei commenti improvvisati che hanno formato la sua reputazione. Al contrario, con questo egli esprimeva una profonda convinzione che ha determinato tutta la sua azione. La citazione, tratta da un'intervista del 1988 affidata a Deutsche Press-Agentur, si aggiunge ad altre numerose interviste e conferenze da lui tenute sul tema della conservazione. La salvaguardia dell'ambiente era un compito che aveva assunto con dedizione e invitava a fare altrettanto a tutti gli uomini di potere perché, per definizione, questi hanno un impatto diretto sul comportamento di chi è al di sotto di loro.Ma la frase sull'ipotetica reincarnazione, il fatto che il Duca di Edimburgo volesse tornare come virus mortale per "curare" il mondo dalla sua presunta malattia, la sovrappopolazione, uccidendo milioni di persone, creò un certo sbalordimento. Peraltro non ha mai chiarito se provasse qualcosa per l'immensa sofferenza che avrebbe inflitto a coloro che infettava.Tuttavia, il controllo della popolazione, come suggerisce il suo commento, non era l'obiettivo principale del principe Filippo, piuttosto era il mezzo per raggiungere un fine. La sua preoccupazione era preservare un ambiente sostenibile e, a suo avviso, la crescita incontrollata della popolazione era il cancro che, se non curato, alla fine avrebbe portato alla sua scomparsa. Vedeva la questione della crescita incontrollata della popolazione allo stesso modo impassibile con cui vedeva la necessità di abbattere gli animali per mantenere il delicato equilibrio della sostenibilità naturale. Il principe Filippo ha ben chiarito questa sua convinzione usando l'esempio del successo di un progetto delle Nazioni Unite negli anni '40 che ha eradicato la malaria in Sri Lanka. "Quello di cui le persone non si sono rese conto è che la malaria stava effettivamente controllando la crescita della popolazione. La conseguenza è stata che in circa 20 anni la popolazione è raddoppiata. Ora devono trovare qualcosa da far fare a tutte quelle persone e un modo per nutrirle".Filippo diceva sempre quello che aveva in mente e una volta che aveva preso una decisione, la portava fino in fondo. La sua posizione di consorte della regina del Regno Unito ha ovviamente moltiplicato le occasioni a sua disposizione per raggiungere un vasto pubblico; e il messaggio ambientalista che ha diffuso nel mondo è rimasto scolpito nella pietra. Fred Hauptfuhrer lo intervistò per People nel 1981, per un articolo intitolato "Le razze scomparse preoccupano il principe Filippo, ma non tanto quanto la sovrappopolazione".Alla domanda "quale considera la principale minaccia per l'ambiente?", il principe Filippo ha risposto: "La crescita della popolazione umana è probabilmente la più grave minaccia alla sopravvivenza a lungo termine. Sarebbe un grave disastro se non venisse frenata, non solo per il mondo naturale, ma per il mondo umano. Più persone ci sono, più risorse consumeranno, più inquinamento creeranno, più combatteranno. Non abbiamo alternative. Se il numero non è controllato volontariamente, sarà controllato involontariamente da un aumento delle malattie, della fame e della guerra ".Alla domanda: "Il controllo delle nascite fa parte della soluzione?" Il Duca ha risposto: "Sì, ma non puoi legiferare su questi problemi. Devi convincere le persone a capirne la necessità: le persone più importanti, quelle che hanno responsabilità e possono effettivamente fare qualcosa per risolvere il problema. Chi non ha responsabilità deve farlo perché è il destinatario. Devono accettare le misure".Fin dall'inizio, il principe Filippo era intenzionato a lasciare un segno. Ha fondato il World Wildlife Fund (WWF) nel 1961 e ne è stato presidente del Regno Unito dal 1961 al 1982, presidente internazionale dal 1981 e presidente emerito dal 1996. Ha contribuito a fondare l'Australian Conservation Foundation e nel 1963 è stato anche presidente della Zoological Society of London per due decenni, ed è stato nominato membro onorario nel 1977. [...]Chi poi dovesse disinnescare la bomba e prendere le decisioni concrete per garantire la sopravvivenza della specie, era una questione successiva. Subito dopo venne chi doveva disinnescare questa bomba e prendere le decisioni esecutive per garantire la sopravvivenza delle specie. Questa fu la sua risposta: "Non ho dubbi che l'UNFPA sia preoccupata per la conservazione della natura, e il WWF promuove la pianificazione familiare nei suoi progetti di conservazione. (...) Spero di aver chiarito che sia il controllo del numero della popolazione umana che la conservazione della natura si occupano a modo loro della salute e del benessere futuri del pianeta terra e di tutti i suoi abitanti viventi... I leader nel pensiero, nella politica e nell'amministrazione, [dovrebbero] iniziare ad affrontare i fatti e compiere seri sforzi per trovare i modi per risolvere la crisi".La bizzarra dichiarazione del principe Filippo, che è tornata di attualità dopo che Buckingham Palace ha annunciato la sua morte, ha ovviamente provocato nuovo stupore in questo tempo di pandemia e le sue osservazioni sono state collegate alle morti provocate dal COVID-19. Ma quello che molti non comprendono è che le politiche di controllo della popolazione praticate dalle agenzie delle Nazioni Unite, trovano le loro radici nel movimento eugenetico - diffuso nel Regno Unito e negli Stati Uniti - che era già una forza al momento della nascita del principe Filippo nel 1921. Si spera, una volta che sia venuta meno la narrazione politicamente corretta sull'eredità di Filippo, che qualcuno potrà ricostruire le verità omesse sulla sua figura.Fino ad allora, gli entusiasti del controllo della popolazione probabilmente incroceranno le dita nella speranza che il principe Filippo torni davvero come un virus orribile e li aiuti a finire il lavoro! Ma se dovesse deluderli, suo figlio Carlo e suo nipote William, futuro erede al trono, hanno ripreso il suo testimone e lo stanno già rendendo orgoglioso.Nota di BastaBugie: l'autrice del precedente articolo, Patricia Gooding-Williams, nell'articolo seguente dal titolo "Cliniche per il controllo delle nascite, 100 anni di eugenetica e razzismo" ricorda che cento anni fa Marie Stopes apriva a Londra la prima clinica per il controllo delle nascite, un'opera della Società Eugenetica. E l'influenza eugenetica a danno delle donne dura tuttora sotto gli slogan di "scelta" e "libertà".Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 17 marzo 2021:Esattamente cento anni fa, il 17 marzo 1921, fu inaugurata la prima clinica di pianificazione familiare della Gran Bretagna al 61 di Marlborough Road, Holloway, Londra. Le celebrazioni ufficiali del centenario indicano l'evento come uno dei più grandi successi umanitari del secolo scorso. Ma in realtà il valore di questo evento può essere compreso soltanto se si riconosce e si fanno i conti con il movimento eugenetico, che è stato la chiave per l'apertura della prima Mother's Clinic (questo era il nome ufficiale). Aprire un capitolo della storia britannica tanto vergognoso quanto doloroso potrebbe rovinare le celebrazioni, ma aprirebbe un dibattito oggi più che mai necessario su quale influenza ha avuto l'eugenetica sulle attuali pratiche di controllo della popolazione.Il movimento eugenetico è diventato potente in Gran Bretagna all'inizio del XX secolo. La sua missione era prendere il controllo della natalità e creare una razza superiore attraverso la procreazione selettiva. Il tasso di natalità complessivo della Gran Bretagna era in calo dal 1876, il problema per gli eugenisti era che la riduzione non era uniformemente distribuita tra tutte le classi sociali. Le persone più povere in Gran Bretagna erano le più prolifiche e questo implicava un "deterioramento nazionale" della razza, un disastro per le generazioni future e per l'impero britannico. La loro soluzione è stata quella di correggere lo squilibrio eliminando poveri, malati e disabili. L'introduzione della pianificazione familiare nel 1921 serviva a questo scopo.L'eugenetica, che significa "nascere bene", era considerata una scienza rispettabile dall'élite. Il movimento contava alcuni dei britannici più importanti e influenti di quell'epoca. Includevano: John Maynard Keynes, Bertrand Russell, [...] nonché membri senior dell'establishment politico come Winston Churchill [...] che divenne Primo Ministro del Regno Unito dal 1940 al 1945 (durante la Seconda guerra mondiale) e di nuovo dal 1951 al 1955.Una lettera scritta da Winston Churchill nel 1910 al primo ministro Henry Asquith, fa capire come lui e molti membri del movimento eugenetico valutassero lo squilibrio della popolazione in quel momento. "La crescita innaturale e sempre più rapida delle classi di deboli di mente e di pazzi, unita com'è a una costante restrizione delle fasce di popolazione giudiziose, energiche e superiori, costituisce un pericolo nazionale e razziale che è impossibile esagerare".Nel 1921 la Società Eugenetica aveva già consolidato un impatto sulla società. Il manifesto della CBC prendeva di mira coloro che erano considerati non idonei alla genitorialità.

    La verità nascusta su Fukushima 15500 morti a causa del terremoto e solo 1 per l'incidente alla centrale nucleare

    Play Episode Listen Later Mar 16, 2021 8:36


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6513LA VERITA' SU FUKUSHIMA: PER IL TERREMOTO 15.500 MORTI, PER L'INCIDENTE NUCLEARE SOLO 1La tragedia di 10 anni fa in Giappone fu causata da una catastrofe naturale: il quarto più potente terremoto mai registrato, ma l'attenzione è stata alla centrale nuclearedi Stefano MagniSe sentite la parola Fukushima, a cosa pensate? All'incidente nucleare, sicuramente. I media, in occasione del 10mo anniversario del terremoto, del maremoto e dell'incidente nucleare nel Giappone nordorientale, hanno parlato quasi esclusivamente dell'incidente nucleare. Come se non bastasse la paura diffusa a piene mani per il Covid, tutti i notiziari ci hanno ricordato che dobbiamo aver paura anche dell'atomo. Ma è stato il modo giusto per ricordare le vittime della tragedia dell'11 marzo in Giappone? È giusto trarre la conclusione, dalla lezione di Fukushima, che il nucleare è pericoloso e bisogna puntare su altre fonti energetiche? Se solo riuscissimo a liberarci dalle emozioni del momento e a riflettere lucidamente su quanto è successo, numeri alla mano, la risposta è: no, ad entrambe le domande.Non è stato il modo giusto per ricordare le vittime della tragedia dell'11 marzo 2011. Quasi tutte sono infatti morte (o la loro vita è cambiata per sempre) a causa di una catastrofe naturale. Il terremoto di magnitudo 9 della scala Richter, il quarto più potente mai registrato, ha causato 15.500 morti (dato ufficiale del governo nipponico) a cui si aggiungono 3mila persone ancora disperse. Il terremoto ha distrutto le infrastrutture, il successivo tsunami, con onde alte da 13 a 15 metri, ha spazzato via ciò che restava in un'ampia fascia costiera. E questo in un Paese all'avanguardia quanto a costruzioni anti-sismiche, sistemi di allarme e protezione dai maremoti.È all'interno di questa tragedia, che non va dimenticata, che si consuma l'incidente di Fukushima. Ed è solo di questo che si parla, per dimostrare che anche una centrale moderna, se sottoposta a uno stress straordinario, può causare una catastrofe. Fukushima è spesso accostata a Chernobyl come secondo peggior disastro nucleare. La Tepco, la compagnia che gestisce la centrale, ha riconosciuto la sua responsabilità e risarcito le vittime. Ma, oltre al fatto che la centrale di Fukushima non era affatto di ultima generazione, quanti morti ha provocato l'incidente nucleare? Probabilmente 1. È d'obbligo il condizionale perché il defunto, un operaio che lavorava alla centrale, è morto a seguito di un tumore e, anche se lo Stato ha risarcito la famiglia riconoscendola come vittima dell'incidente, il nesso fra il tumore mortale e le radiazioni è ancora oggetto di dibattito. Delle 170mila persone evacuate, il numero di contaminati con potenziali conseguenze cliniche è: 9. Nessuno di essi è morto o soffre di patologie gravi.LA SICUREZZA DELLE CENTRALI NUCLEARIIl basso numero di vittime viene solitamente attribuito alla rapidissima evacuazione dell'area. Ma il rilascio di radioattività dalla centrale è stato inferiore a un decimo di quello misurato a Chernobyl. Fukushima, benché si stenti ad ammetterlo, è la dimostrazione che i sistemi di sicurezza delle centrali nucleari funzionano anche in condizioni realmente estreme. E anche quando saltano, è possibile contenere i danni al minimo. I sistemi di sicurezza funzionano: nell'area colpita da sisma e tsunami due centrali su tre, Fukushima Daini e Onagawa, hanno continuato a funzionare. Solo Fukushima Daiichi ha dato il nome all'incidente nucleare ed è balzata all'onore della cronaca. Ma la perdita di radiazioni è stata prontamente contenuta, anche perché i reattori erano spenti. Sono le vecchie barre di combustile del reattore 4 ad aver causato il problema, surriscaldate perché il sistema di raffreddamento si era guastato a seguito della catastrofe naturale. Ma gli effetti sui lavoratori più esposti e sulla popolazione vicina sono stati minimi, appunto. Secondo uno studio effettuato dall'Unscear (Comitato Scientifico delle Nazioni Unite sugli Effetti delle Radiazioni Atomiche), redatto nel 2013, "Non sono stati osservati casi di morti o di malattie indotte dalle radiazioni, né tra i lavoratori della centrale né tra i cittadini esposti alle conseguenze dell'incidente. Le dosi assorbite dalla popolazione nell'anno successivo all'incidente sono generalmente basse o molto basse, e ci si aspetta che rimangano tali per il resto della loro vita. Non si ci aspetta nessun tipo di aumento dell'incidenza di effetti sulla salute dovuti alle radiazioni sui cittadini esposti alla contaminazione o sui loro discendenti. Le conseguenze maggiori si sono avute dal punto di vista psicologico e sociale". Un aggiornamento pubblicato all'inizio di marzo, conferma gli stessi risultati. Piuttosto non esiste ancora una stima certa sulle vittime dell'operazione di evacuazione in sé. Soprattutto anziani e ammalati, rimasti privi di cure, sono morti nell'ordine delle centinaia, secondo alcuni studi sarebbero addirittura più di 2mila, molto di più di quelli che sarebbero morti per le radiazioni nello scenario peggiore immaginabile (a Chernobyl, un incidente di gran lunga peggiore, i morti per radiazioni furono meno di 50, le vittime di lungo periodo, per tumore alla tiroide ricollegabile all'incidente, furono poco meno di 4mila in 30 anni).LA TRAGEDIA FU QUELLA NATURALESi parla ancora delle conseguenze di lungo periodo. Ma quali? L'utilizzo di acqua di mare per raffreddare i reattori aveva generato una vera e propria psicosi per il pesce giapponese, mandando in crisi tutto il settore. Ma questa operazione di salvataggio, sebbene abbia causato un iniziale aumento della radioattività nella zona, già nel 2012 non era più un problema. Nel pesce pescato al largo di Fukushima i livelli di radioattività erano analoghi a quelli del resto del mondo. Solo nei pesci che nuotano più in profondità si notava, ancora, un piccolo aumento, ma entro i limiti fissati dalla legge giapponese. A terra, invece, la zona rossa, attorno alla centrale danneggiata, non registra più livelli di radiazioni anomali.L'incidente nucleare di Fukushima, insomma, fu un piccolo tassello di un'immensa tragedia. La tragedia fu quella naturale. Sarebbe ingiusto parlare di Fukushima come di una "tragedia nucleare" e accostare, nei titoli, la conta totale delle vittime del terremoto e dello tsunami (18mila morti). A questo punto, nell'ambito della catastrofe naturale, fu peggio un altro incidente, in un'altra centrale elettrica, idroelettrica in questo caso, di cui però non si parla mai. Il cedimento della diga di Fujinuma, nella stessa prefettura di Fukushima, distrusse cinque case e provocò 8 dispersi, di cui 4 morti accertati. Almeno 4 volte superiore al bilancio delle vittime della centrale nucleare di Fukushima. A questo punto, visto che è di una centrale idroelettrica che si parla, è legittimo affermare che le rinnovabili siano più pericolose del nucleare. Ma non vogliamo essere troppo provocatori. Titolo originale: Fukushima, le rinnovabili uccisero già più del nucleareFonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12-03-2021Pubblicato su BastaBugie n. 708

    Il film autocelebrativo di Greta mostra la sua angosciosa solitudine

    Play Episode Listen Later Nov 24, 2020 14:32


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6381IL FILM AUTOCELEBRATIVO DI GRETA MOSTRA LA SUA ANGOSCIOSA SOLITUDINEdi Caterina GiojelliTagliamo corto, quanto più il richiamo a sogni e futuro diventa prezzemolo sparso tra le onde nere dell'Atlantico, i fumi velenosi delle ciminiere, le foreste in fiamme tanto più l'effetto biopic di una climate warrior dovrebbe essere assicurato. Dovrebbe, perché alla fine di I am Greta, osannatissimo docu-film del regista svedese Nathan Grossman, l'unica cosa chiara è chi non sia Greta Thunberg o in cosa non assomigli affatto al movimento giovanile che si picca essere nato a sua immagine e somiglianza.Greta non è una Cassandra verde: nel film non si parla di previsioni e soluzioni all'emergenza climatica anche perché, parole della stessa Thunberg al New York Times, «io non sono uno scienziato. Sono rimasta intenzionalmente fuori dal parlare di cose specifiche e di politica perché non spetta a noi bambini farlo. Sarebbe strano». Non è il Gesù riconosciuto da alcuni recensori su di giri: «Il Gesù che si prendeva cura della vita della terra; il Gesù che ha guarito e nutrito i molti; il Gesù che riveriva le Scritture che rivelano che Dio ama la sua creazione "molto buona"; e il Gesù che inveiva contro l'avidità e il potere che danneggiano la vita», no. E soprattutto non è nemmeno «una di noi», come cantano i chiassosi coetanei dei Fridays For Future che nel suo nome si sono riversati a milioni in piazza per denunciare l'ingiustizia climatica.Per oltre un anno il furbo Grossman ha puntato una implacabile telecamera sulla vita privata e pubblica della giovane attivista. Dai suoi primi timidi scioperi scolastici per il clima davanti al Parlamento di Stoccolma, dalla Svezia alla Germania, dalla Polonia all'Inghilterra, fino al suo celebre discorso alle Nazioni Unite a New York, nel settembre 2019, passando per i suoi colloqui con Emmanuel Macron, papa Francesco e Arnold Schwarzenegger e gli speech al Parlamento europeo di Strasburgo. In mezzo, centinaia di chilometri trascorsi a bordo di un'auto elettrica carica di fagioli, cuccette di treni in cui si può dormire anche senza lenzuola, manifestazioni, fino all'orribile traversata dell'Atlantico a bordo di una barca a vela. E questo è il film che avevamo già visto e sentito: «A cosa mi serve un'educazione se non c'è futuro?», «è troppo tardi», «non c'è più tempo», «il nostro futuro viene distrutto di minuto in minuto», «voglio gettarvi nel panico», «stiamo rimediando ai vostri sbagli e non ci fermeremo», «avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote», «come osate?».UN'ANGOSCIOSA ATTESA DEL PROSSIMO SPEECHQuello che non avevamo già visto e sentito è quanto accade e cosa pensa Greta quando non è sotto i riflettori di palazzi, piazze e parlamenti: quasi nulla. La vita privata di Greta, così come ci viene servita dal regista, è una preoccupata attesa del prossimo, angosciante, momento pubblico. Un monologo fuori campo ricavato dai diari della ragazzina accompagna lo spettatore tra le mansarde anguste di piccoli alberghi europei, sul sedile dell'auto elettrica, nella cuccetta del treno, la telecamera indugia sui primi piani di Greta che abbraccia solo cani e cavalli, siede sui gradini del parlamento svedese infreddolita, mani nelle maniche: Greta è minuscola e sola. «Sembra che solo noi con Asperger o autismo siamo gli unici a vedere attraverso l'immobilità», «a me non piace parlare con le persone o socializzare. A volte divento silenziosa e smetto di parlare per diverse ore». Racconta quel film visto alle elementari sugli orsi polari che morivano di fame e ricorda il monito degli scienziati udito per la prima volta tra i banchi mentre scorrevano le immagini di alluvioni e siccità, "non c'è più tempo": «Da quel momento è iniziata mia depressione, è arrivata l'ansia, ho smesso di parlare, stavo male, ho rischiato di morire di fame». Peluche, goccine, scrivania di legno, carta igienica e mappamondo: questa è la stanza della quindicenne Greta sconvolta dal fatto che giornalisti e politici non conoscano «l'effetto Albedo e la curva di Keeling» (prime e uniche citazioni scientifiche del film, «quando mi interessa un argomento mi fisso come un laser»), stanza che la ragazzina abbandonerà in fretta per farsi immortalare, piccola in impermeabile colorato e treccine davanti a colossali e tetre industrie chimiche che sputano nuvole grigie e avvelenate verso le foreste.Greta non esprime mai verbalmente amore per il pianeta, una passione esuberante per la natura da custodire, solo preoccupazione, parla solo di ciò che è minaccia. Sorride poco, pochissimo. Tranne nei filmati girati dai genitori quando era piccola: «La mia era una famiglia ad alto consumo, mangiavamo carne, guidavamo una macchina a benzina, volavamo in giro per il mondo» (scorrono le immagini di Greta che coccola allegra i peluche presi a Disneyland Paris), «mamma e papà erano come tutti gli altri, non capivano la gravità della situazione» (i genitori le sorridono mentre decorano di luci un albero di Natale), «dicevano "andrà tutto bene, qualcosa si sta facendo". Questo mi spaventava». L'unico "compagno" di Greta per tutto il film è papà Svante, definito in tutte le recensioni un "padre premuroso" ma che in realtà sembra vagare a caso come un figurante al seguito della figlia portando valige e senza sapere che pesci pigliare, se non ricordare a Greta di mangiare, passarle una banana, aspettandola sulle scale mentre riscrive ossessivamente ogni discorso, «deve essere perfetto». Alla mamma è stato lasciato dal regista solo il posto di un viso nei collegamenti disturbati col cellulare, nonché il compito di ragguagliare la figlia sulle condizioni dei cani, che sembrano le uniche creature capaci di strappare a Greta un'autentica gioia bambina. Surreale l'unico dialogo personale tra le due che trova spazio nel film, la donna che tra le lacrime commenta quanto sia straordinario che la figlia mangi in mezzo ad altre persone, e la ragazzina che risponde «è caduto» guardando un pezzo di torta a terra.LA SOLITUDINE DI GRETAPer il resto Greta è sola. Non ci sono parenti, amici, coetanei al di fuori degli sconosciuti impegnati nella sua causa. «I bambini non mi invitavano mai alle feste o ai compleanni, venivo sempre esclusa. Passavo tempo con la mia famiglia e i miei cani», racconta. Quando coetanee attiviste ben truccate e pettinate la trascinano ai comizi si muove a disagio, limitandosi ad afferrare un microfono enorme e assicurare alla folla esuberante che «saremo una spina nel fianco». Le minacce di morte e i commenti di "hater" illustri (da Trump a Bolsonaro) e sconosciuti sui social non la intimoriscono, «so bene che i miei genitori sono spaventati ma a me spaventa di più cosa accadrebbe se non facessi tutto questo». Tuttavia un giorno, seduta su un prato, rivela asciutta a una di queste compagne di palchi e picchetti: «Vorrei studiare, lavorare, sposarmi, ma non riesco nemmeno a pianificare il weekend perché quando qualcuno chiama all'improvviso per una riunione devo andarci. Dobbiamo continuare e ripetere sempre la stessa cosa finché le persone capiscono», «e allora facciamolo», conclude l'entusiasta compare.Il giorno della consegna dei diplomi a Stoccolma, Greta, impacciata e timida, sembra capitata per sbaglio in una sessione di studenti troppo grandi, alti e lunghi. Corre ad abbracciare la cavalla che aspetta un puledro e vengono in mente le parole consegnate sempre al Nyt: «Non passo il tempo in giro con gli amici, perché non riesco a socializzare. Non ho bisogno di farlo per sopravvivere», «prima di iniziare lo sciopero scolastico ho praticamente parlato solo con gli adulti di cui mi fidavo. Trovavo le persone della mia età completamente poco interessanti. A loro non importava di me. Non mi parlavano. Ma poi ho iniziato a scioperare a scuola», «improvvisamente non ero più invisibile. Hanno iniziato a chiedermi di fare foto con loro. A volte mi sentivo sopraffatta e dovevo andarmene, perché avevo troppa paura di loro», «oggi non è più facile. Non so ancora come sono le persone della mia età o come si comportano».IN LACRIME NELL'OCEANOPiange Greta, il giorno della partenza per imbarcarsi a Plymouth, in Inghilterra, sul Malizia II, la barca a basso impatto ambientale di Pierre Casiraghi con la quale raggiungerà New York City per parlare alle Nazioni Unite. Viaggerà così, senza inquinare a bordo di un aereo. Sa che è una pazzia ma «non voglio essere una persona che afferma una cosa e poi ne fa un'altra». Una traversata spaventosa, la barca perennemente inclinata che sbatte come un tamburo sulle onde, il vento che ulula, pioggia e acqua da tutte le parti. Ed è qui che la ragazzina in lacrime registra, ancora una volta senza rivolgersi a nessuno in particolare, il suo diario sul cellulare: «Mi manca casa. Mi manca la vita normale con tutte le mie abitudini e i miei cani. È una tale responsabilità. Io non voglio dover fare tutto questo. È troppo per me, 24 ore al giorno. So bene quanto è importante e cosa c'è in gioco. Ma è una tale responsabilità». Dopo pochi giorni quelle lacrime da bambina diventeranno celebri lacrime di rabbia contro i leader del mondo, i ladri di futuro.Chi è Greta? Un piccolo carro lanciato solo a tutta velocità che vorrebbe disperatamente essere presa sul serio (quanta frustrazione mentre viene strattonata solo per selfie, photo opportunity e coretti), ma che invece si ribalta, disperdendo e rivelando le poche mercanzie trasportate. Non lo ribalta la natura, sovrastante la bambina sempre più esile, consumata, e che appena sputata fuori dall'Atlantico guarda seria la folla di seguaci e coetanei in delirio per lei al porto e chiama tra sé e sé gli esseri umani «animali da branco». Lo ribalta l'impatto col mondo che l'ha resa l'icona del re

    Grazie coronavirus che hai fatto sparire Greta Thunberg da tv e giornali

    Play Episode Listen Later Jul 24, 2020 8:13


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6214GRAZIE CORONAVIRUS CHE HAI FATTO SPARIRE GRETA THUNBERG DA TV E GIORNALI di Mauro FaverzaniAltro che "riscaldamento globale"! Al Polo Sud c'è più ghiaccio marino oggi di 40 anni fa, per estensione e per concentrazione. A rivelarlo, è stato il C3S-Copernicus Climate Change Service, raffrontando i dati rilevati nel giugno 2020 a quelli raccolti nel giugno 1980: in Antartide, infatti, lo scorso mese il ghiaccio marino ha raggiunto un'estensione media di 13,2 milioni di chilometri quadrati contro i 12,5 milioni del giugno 1980; estensione peraltro superiore anche a quella rilevata negli ultimi tre anni. Pure la concentrazione del ghiaccio marino è stata di 10,6 milioni di chilometri quadrati nel giugno 2020 contro i 9,6 milioni del giugno 1980. Cifre, queste, che parlano da sole, come evidenziato dall'NSIDC-National Snow & Ice Data Center.Ciò consente di fotografare la situazione meglio di quanto preteso dalla grancassa mediatica: nei giorni scorsi, infatti, è stato dato grande risalto ad uno studio relativo all'aumento della temperatura al Polo Sud, senza osservare però come in esso si precisi che il contributo antropico non ne stato è un fattore rilevante. L'incremento cioè si sarebbe verificato in ogni caso e per cause naturali, anche senza ricorrere al cosiddetto «global warming». Ma tant'è: l'ideologia ambientalista non dà tregua. Anche se qualche crepa comincia ad esserci. E c'è chi, ad un certo punto, dà retta più alla propria coscienza che al coro. Ad esempio, Michael Shellenberger, presidente di Environmental Progress, organizzazione militante nell'ambito dell'energia pulita, ambientalista della prima ora, proclamato peraltro «Eroe dell'Ambiente» dalla rivista Time nel 2008. È significativo che proprio lui, con un simile curriculum, ora abbia chiesto scusa per l'allarmismo climatico creato negli ultimi trent'anni.TUTTE LE BALLE DEGLI AMBIENTALISTIIn un lungo articolo, apparso sulla rivista della sua associazione, Shellenberger ha precisato: «Come esperto, cui è stato chiesto dal Congresso di fornire una testimonianza obiettiva, invitato dall'Ipcc-Intergovernmental Panel on Climate Change a fare da revisore del suo prossimo rapporto di valutazione, sento l'obbligo di scusarmi per come noi ambientalisti abbiamo fuorviato il pubblico».In particolare, ha esplicitamente negato che l'uomo stia causando una sesta estinzione di massa; che l'Amazzonia sia il polmone del mondo; che i cambiamenti climatici siano la causa dei peggiori disastri naturali.E contemporaneamente ha ammesso che le emissioni di anidride carbonica siano in calo nella maggior parte delle nazioni ricche; che la perdita di habitat e l'uccisione diretta degli animali selvaggi rappresenti una minaccia molto più dei grandi cambiamenti climatici; che i combustibili legnosi siano ben peggiori di quelli fossili; che dal 2003 si sia registrata una riduzione degli incendi pari al 25%; che la causa di quelli avvenuti in Australia ed in California sia da ricercarsi per lo più nell'accumulo di combustibili legnosi e nella crescente presenza di abitazioni vicino alle foreste, non nei cambiamenti climatici; che per prevenire le future pandemie serva più agricoltura industriale e non meno.«So come questi fatti suonino come "negazionismo climatico" per molti - ha detto Shellenberger - ma dimostrano solo il potere dell'allarmismo sul clima»; in realtà, tali dati «provengono dai migliori studi scientifici disponibili, inclusi quelli condotti o accettati dai principali organismi scientifici» internazionali.L'ALLARMISMO CLIMATICO È UNA COLOSSALE BUGIADeterminante la "confessione" fatta pubblicamente da Shellenberger: «Fino allo scorso anno ho principalmente evitato di parlare contro l'allarmismo climatico. In parte perché ero imbarazzato. Dopo tutto, sono colpevole di allarmismo come qualsiasi altro ambientalista. Ma soprattutto avevo paura. Sono rimasto in silenzio sulla campagna di disinformazione sul clima, perché avevo paura di perdere amici e finanziamenti. Le poche volte, che ho trovato il coraggio di difendere la climatologia da coloro che la distorcono, ho subìto dure conseguenze. Quindi ho aspettato e non ho fatto quasi nulla, mentre i colleghi ambientalisti terrorizzavano il pubblico».Una campagna di disinformazione, quella in atto, da lui definita sostanzialmente «fuori controllo», a giudicare almeno da quanto avvenuto l'anno scorso. Ciò lo ha spinto, in coscienza, a rinnovare le sue scuse formali nel libro Apocalypse Never. Why Environmental Alarmism Hurts Us All ovvero «Mai l'Apocalisse: perché l'allarmismo ambientale fa male a tutti noi». Nel libro, fondato su quanto visto e vissuto in vent'anni di ricerca e trenta di militanza, Shellenberger ha evidenziato, tra l'altro, come «le industrie e l'agricoltura moderna siano le chiavi per la liberazione umana ed il progresso ambientale», per ridurre l'inquinamento e le emissioni di carbonio si debba passare «dal legno al carbone al gas naturale all'uranio», l'impatto del vegetarianismo nella riduzione delle emissioni di una persona sia «di meno del 4%». Non solo. Shellenberger ha rivolto anche accuse pesanti e sulle quali sarebbe bene riflettere. Ha detto, ad esempio, che «il dogmatismo di Greenpeace ha peggiorato la frammentazione delle foreste dell'Amazzonia», mentre «gruppi motivati da convinzioni anti-umaniste hanno costretto la Banca Mondiale a smettere di porre fine alla povertà ed a renderla invece "sostenibile". Il clima d'ansia, depressione e ostilità alla civiltà moderna sono alla base di gran parte dell'allarmismo. L'ideologia alla base dell'allarmismo sull'ambiente, il maltusianesimo, è stata ripetutamente sfatata per 200 anni, eppure è ancora più potente che mai», benché messa alla prova dall'emergenza Coronavirus. Come mai? A chi giova? Sarebbero queste le vere domande, cui trovare risposta...

    Arrivano gli ecopeccati: quante volte hai usato il detersivo? Greta ti sgriderà!

    Play Episode Listen Later Nov 12, 2019 3:54


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5881ARRIVANO GLI ECOPECCATI: QUANTE VOLTE HAI USATO IL DETERSIVO? GRETA TI SGRIDERA'! di Rino CammilleriUn amico mi ha inviato la foto di tre foglietti in cui c'è una lunga Confessione da recitarsi dai Fedeli guidati da un Lettore. Nel preambolo c'è una bella incisione antica e si legge: 3 ottobre, cattedrale di Massa, in occasione del beato transito del Serafico Padre (che sarebbe san Francesco d'Assisi). Par di capire che detta Confessione deve essere stata declamata durante la funzione.CONFESSIAMO I NOSTRI DETERGENTI, I NOSTRI COSMETICI, I NOSTRI VESTITI SINTETICIDopo una specie di prefazione, il Lettore (il prete? boh) si rivolge al Signore del Creato, che sarebbe il vecchio Creatore, invocandolo come «Dio di misericordia e giustizia». Poi, scorrendo le risposte alle invocazioni, si trova: «Tutti: confessiamo il nostro abuso di mezzi di trasporto». Non c'è spazio qui per riportare anche le invocazioni del Lettore, ma già avete capito in che cosa è stato coinvolto il solito san Francesco. Limitiamoci alle risposte corali: «Confessiamo i nostri detergenti, i nostri cosmetici, i nostri vestiti sintetici».Sì, perché, spiega il Lettore (sempre rivolgendosi a Dio), il peccato su cui si invoca misericordia e giustizia è stato perpetrato «ignorando che le loro invisibili microsfere di plastica (dei detergenti, dei cosmetici, dei vestiti sintetici, ndr) finiscono nei corsi d'acqua e negli oceani». Continua la confessione generale: «Confessiamo le nostre discariche, i cumuli di ciò che gettiamo via, confessiamo il nostro iperconsumo di cibo ed energia». E il Lettore torna a invocare: «Convertici dalle nostre pratiche maledette». Addirittura! Qualcuno, scherzando, dopo aver letto l'enciclica ecologica di papa Francesco, Laudato si', ha ipotizzato che, continuando l'uscita della «Chiesa in uscita» si sarebbe finiti per uscire dall'altra parte e ritrovarsi ben oltre le periferie, a errare (verbo che, non a caso, ha due significati) sperduti.HO SPUTATO IL CHEWING-GUM SUL MARCIAPIEDEE che i peccati ecologici sarebbero saliti in cima alla lista nel sacramento della Riconciliazione («Ho sputato il chewing-gum sul marciapiede». «Quante volte, figliolo?»). Scherzava, sì, ma non aveva tenuto conto del famoso clericalismo. Il quale vizio tende spesso ad anticipare i desiderata di chi in quel momento comanda, trasformandone i portatori in quelli che i colti chiamavano «più realisti del re». Certo, chi scrive è ormai vecchio e credeva di averne viste tante.Ma mai avrebbe immaginato di dover andare all'Inferno perché porta i calzini di nylon. Santa Greta Thurnberg da Stoccolma, intercedi per noi, perché questi cominciano con la misericordia e finiscono con la giustizia. Non a caso, ai tempi di Robespierre, si celebrava la Virtù ghigliottinando quelli che «virtuosi», a parere di chi comandava, non erano. Molti preti non l'hanno dimenticato e, per non finire «refractaires», giurano sulla Costituzione dell'Anno 2019 prima ancora che glielo chiedano. Ahò, e l'a detto er papa! E chi siamo noi per giudicare? Sant'Antonio de Curtis da Napoli, scampaci.

    Le contraddizioni dello sciopero del clima

    Play Episode Listen Later Oct 23, 2019 5:36


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5859LE CONTRADDIZIONI DELLO SCIOPERO DEL CLIMA di Anna BonoUna delle preoccupazioni che suscita la congettura del global warming antropico sono i limiti che esige al benessere umano: se per i paesi sviluppati la "decrescita felice" rappresenta in realtà un arretramento delle condizioni di vita difficile da accettare, per quelli in via di sviluppo significa la rinuncia a superare situazioni disagevoli, e peggio, associate a ingiustizie e discriminazioni diffuse. Ecco un esempio.Alle donne dei paesi sviluppati si chiede di rinunciare agli assorbenti igienici usa e getta. Nell'arco della vita ogni donna ne usa in media 12.000 che finiscono nell'indifferenziato. Sono fatti di rayon, xantato di cellulosa, polveri super assorbenti derivate dal petrolio, plastica e lattice. Non sono sostenibili. Quindi bisogna trovare un rimedio.Si tentano già campagne per convincere le donne a usare metodi alternativi: dagli assorbenti lavabili, riciclabili, alle coppette mestruali agli assorbenti bio - piuttosto costosi, però - fino al "flusso istintivo libero" che, si dice, quasi tutte le donne possono imparare a controllare evitando così gli assorbenti oltre ad acquisire una migliore consapevolezza del proprio corpo. In attesa di convincere le donne, gli assorbenti devono essere tassati come beni di lusso.Se per le donne occidentali il traguardo è "liberarsi" degli assorbenti usa e getta che inquinano, per quelle dei paesi in via di sviluppo il traguardo è invece dotarsene. In Africa, ad esempio, milioni di studentesse non dispongono di assorbenti igienici, le loro famiglie non hanno i mezzi per comprarli o per farlo regolarmente.Secondo l'Unesco in Africa sub-sahariana una studentessa su dieci non va a scuola nei giorni del ciclo. Alcune perdono così addirittura il 20% della loro istruzione e questo aumenta la probabilità che interrompano gli studi prima di conseguire un diploma.L'associazione Femme International calcola che in un solo paese dell'Africa orientale, il Kenya, le ragazze perdano complessivamente fino a 500.000 giorni di scuola all'anno per via dei problemi che insorgono durante il ciclo mestruale. Prive di assorbenti, si aggiustano come possono, usando stracci, pezzi di carta, foglie. Ma in quelle condizioni hanno paura ad andare a scuola.In Uganda il 30% delle ragazze di famiglie povere non se li possono permettere e perciò durante il ciclo non vanno a scuola. Nel resto del continente la situazione è la stessa, con casi ancora peggiori.Distribuirli gratuitamente è dunque un passo avanti a cui stanno pensando alcuni governi. Lo Zambia è tra questi. Il 3 ottobre il parlamento ha approvato all'unanimità una mozione che prevede la distribuzione di assorbenti igienici nelle scuole. Adesso il governo dovrà trovare i fondi necessari. Inoltre è in esame la richiesta di togliere tasse di importazione e imposta sul valore aggiunto sugli assorbenti.Nota di BastaBugie: oltre a rinunciare agli assorbenti, per essere coerenti i ragazzi affascinati da Greta dovrebbero sapere a cosa si condannano a rinunciare.Interessante la risposta che un giornalista di SkyNews Australia - Andrew Bolt - ha scritto sul suo profilo facebook rivolgendosi ai giovani che hanno recentemente manifestato per il clima:Voi siete la prima generazione che ha preteso l'aria condizionata in ogni sala d'aula; le vostre lezioni sono tutte fatte al computer; avete un televisore in ogni stanza; passate tutta la giornata a usare mezzi elettronici; invece di camminare a scuola prendete una flotta di mezzi privati che intasano le vie pubbliche; siete i maggiori consumatori di beni di consumo di tutta la storia, comperando in continuazione i più costosi capi di abbigliamento per essere 'trendy'; la vostra protesta è pubblicizzata con mezzi digitali e elettronici.Ragazzi, prima di protestare, spegnete l'aria condizionata, andate a scuola a piedi, spegnete i vostri telefonini e leggete un libro, fatevi un panino invece di acquistare cibo confezionato.Niente di ciò accadrà, perché siete egoisti, mal educati, manipolati da persone che vi usano, proclamando di avere una causa nobile mentre vi trastullate nel lusso occidentale più sfrenato. Svegliatevi, maturate e chiudete la bocca. Informatevi dei fatti prima di protestare.

    La soluzione che il sinodo sull'Amazzonia non darà mai: torniamo a celebrare le 4 tempora per i ''problemi ecologici'' e la mancanza di voca

    Play Episode Listen Later Oct 23, 2019 17:03


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5856LA SOLUZIONE CHE IL SINODO SULL'AMAZZONIA NON DARA' MAI: TORNIAMO A CELEBRARE LE 4 TEMPORA PER I ''PROBLEMI ECOLOGICI'' E LA MANCANZA DI VOCAZIONI di Luisella ScrosatiSi fa un gran parlare, in questi giorni di Sinodo, di una maggiore attenzione all'armonia con la creazione, che i popoli indigeni delle foreste amazzoniche avrebbero particolarmente custodito. È probabilmente in questa prospettiva che si sono svolte quelle para-liturgie dal sapore decisamente pagano, ma che - pare - non si sappia bene chi le abbia proposte e quale significato volessero trasmettere. Mentre attendiamo che dalla Sala Stampa vaticana arrivino informazioni chiare e concordi, non possiamo non far notare che il gesto di prostrarsi a terra di fronte a delle statue o davanti ad una pianta, olezzi tanto di idolatria, sia che si tratti della "classica" idolatria" del paganesimo, che della moderna idolatria ecologista.Fatto sta che l'antico Rito romano prevedeva, all'inizio delle quattro stagioni, tre giorni di digiuno ed astinenza (mercoledì, venerdì e sabato), giorni che prevedevano un formulario della Messa proprio, che viene mantenuto ancora oggi nella Forma Straordinaria del Rito Romano. Dalla Chiesa universale salivano a Dio digiuni e preghiere, per poter ricevere il frutto della terra e la grazia di numerose vocazioni.L'origine di questi giorni liturgici risale almeno al V secolo, quando li si chiamava con il nome di jejunium primi, quarti, septimi, decimi mensis. In realtà vi sono attestazioni di una pratica precedente, al punto che san Leone Magno non esitava a definirle di "istituzione apostolica".Secondo alcuni liturgisti si tratterebbe di una versione cristiana di un'osservanza ebraica; secondo altri, di una cristianizzazione delle romane feriae messis, vindemiales, sementivae, che il genio evangelizzatore avrebbe non semplicemente preso e riportato nei riti cristiani, ma purificato della loro paganità ed elevato al culto dell'unico Creatore di tutte le cose.LA RIFORMA LITURGICALa riforma liturgica ha poi abolito tali formulari, lasciando libertà ai parroci, come attesta un Benedizionale del 1992, "il mercoledì, il venerdì e il sabato dopo la III domenica di Avvento (Inverno), dopo la III domenica di Quaresima (Primavera), dopo la domenica della SS. Trinità (Estate), dopo la III domenica di settembre (Autunno)" di usare "qualche formulario particolare di preghiera dei fedeli e anche, nelle ferie del Tempo Ordinario, il formulario delle Messe per varie necessità". Si tratta di una minimalizzazione impressionante di una antichissima tradizione liturgica. Risultato? Praticamente nessuno lo fa e quasi nessun fedele sa cosa siano le Quattro Tempora.In realtà, il passaggio verso la "dimenticanza" è stato più sottile. Secondo quanto riporta Bugnini, il Consilium incaricato di riformare la liturgia avrebbe delegato la celebrazione delle Quattro Tempora alle Conferenze episcopali, perché potessero fissarne i giorni in armonia con le stagioni. E Paolo VI, sempre secondo Bugnini, si era tanto raccomandato che le Conferenze Episcopali fissassero effettivamente tali giorni, dedicandoli anche alla preghiera per ottenere da Dio vocazioni sacerdotali, conformemente alla prassi tradizionale delle Quattro Tempora.Qualche cosa non deve aver funzionato, se oggi ci ritroviamo in questa situazione.I giorni delle Quattro Tempora hanno una duplice valenza, oggi più che mai necessaria. Anzitutto, in essi si domanda al Creatore di benedire i frutti della terra che si stanno per raccogliere o della semina che si sta per effettuare; lo si ringrazia della sua Provvidenza e si fa penitenza, perché il nostro peccato non sia la causa dei giusti castighi che ci potrebbero raggiungere attraverso la terra. Nelle menti cristiane non dovrebbe infatti mai cessare il ricordo che la terra fu colpita dalla maledizione a causa del peccato dei nostri Progenitori. Un ricordo che aiuta a capire le cause più profonde della "ribellione" della creazione, anche oggi.Le Quattro Tempora celebrano dunque la dipendenza dell'uomo dal suo Creatore e la necessità di non violare le leggi che Dio stesso ha posto nella natura, inclusa la natura umana; una dipendenza riconosciuta con gioia e vissuta con senso di fiducioso abbandono. E nel contempo, nella loro dimensione penitenziale, esse nutrono la consapevolezza che ogni sconvolgimento che colpisce la terra ha la sua causa, prossima o remota, nel peccato di noi uomini, e non solo nei "peccati ecologici".PREGHIERA PER LE VOCAZIONI SACERDOTALIIn secondo luogo, nelle Quattro Tempora si digiuna e si prega per implorare da Dio il dono di numerose e sante vocazioni sacerdotali. Questo significato si è sovrapposto al precedente, a motivo dell'uso della Chiesa di Roma di ordinare i sacerdoti nella veglia del sabato delle Tempora invernali. È così che la Chiesa per secoli ha affrontato il problema della mancanza di vocazioni, pregando il Padrone della messe e digiunando.Sarà un caso che questo Sinodo - ma il problema non riguarda solo l'Amazzonia - lamenti proprio le due calamità che le Quattro Tempora affrontavano con spirito di fede? Sarà un caso che, abolite le Quattro Tempora, ai "problemi ecologici" e alla mancanza di vocazioni si cerchi di far fronte con soluzioni troppo umane, al limite (e spesso oltre il limite) della fede cattolica?Lasciateci almeno la libertà di lamentare questi continui cortocircuiti in una gerarchia che sembra non sapere più dove andare: prima si aboliscono di fatto quei riti secolari (si pensi anche alle Rogazioni, anch'esse sparite) che educano il popolo di Dio alla giusta relazione con la creazione e al giusto modo di affrontare i problemi della fame, delle calamità, delle malattie, della carenza di vocazioni; e poi ci si dice che bisogna inventarsi qualcosa per recuperare il rapporto con la Terra e risolvere il problema della mancanza dei sacerdoti.E non si può tacere che se si pensa di affrontare queste questioni con riti di fertilità e adorazione della "Madre Terra" da una parte, e con la creazione di un clero non continente dall'altra, siamo fuori strada. E non di poco.Nota di BastaBugie: Marinellys Tremamunno nell'articolo seguente dal titolo "L'Amazzonia non è il polmone verde, né un paradiso" svela i tanti falsi miti sull'Amazzonia. Che non è affatto "vergine". Non è "indigena". Non è "il polmone verde" del mondo. Ed è tutt'altro che un paradiso: viverci è praticamente un inferno.Ecco l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18-10-2019:Più di 180 vescovi si trovano in Vaticano per partecipare all'Assemblea Speciale del Sinodo per la regione Panamazzonica sul tema "Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale". [...]Il grande pubblico ha visto bruciare le foreste amazzoniche per tutta la scorsa estate, nonostante i roghi siano presenti ogni anno nella stagione secca, tra luglio e settembre. Eppure, si sono sentiti risuonare ovunque grida d'allarme: dai più noti influencers green fino alla protesta massiva sui social, con tante immagini false e vecchie, sfociate in una grande crisi internazionale discussa perfino tra i Paesi del G7. Ma non è la prima volta che l'Amazzonia è motivo di dibattito e spesso, curiosamente, le persone che si proclamano difensori di quest'immenso territorio non hanno mai messo piede nella regione o semplicemente ci sono stati solo qualche volta da turisti.In questo contesto, è sempre più difficile distinguere i fatti dalle fake news. Per questo motivo da La Nuova BQ puntiamo la lente di ingrandimento su questo vasto territorio sudamericano, per sfatare ogni mito amazzonico e contribuire a una vera compressione del Sinodo.1) L'AMAZZONIA NON È SOLO IL BRASILEL'opinione pubblica internazionale ha segnalato spesso il Presidente del Brasile Jair Bolsonaro come l'unico piromane distruttore dell'Amazzonia. Falso! Sebbene nell'immaginario comune si tenda ad associare la foresta amazzonica con il Brasile, questo paradiso naturale è talmente vasto da coinvolgere nove paesi sudamericani: Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Guyana Francese, Suriname e il già citato Brasile. Così, mentre tutti puntano il dito contro Bolsonaro, passano inosservati i socialisti Evo Morales (Bolivia) e Nicolas Maduro (Venezuela). Il primo ha legalizzato gli incendi delle zone amazzoniche, provocando un vero ecocidio; il secondo, porta avanti la distruzione dell'"Arco Minero del Orinoco" attraverso il sostegno dell'attività mineraria illegale.2) L'AMAZZONIA NON È IL POLMONE DEL NOSTRO PIANETANell'Instrumentum Laboris dell'Assemblea speciale del sinodo dei vescovi per la regione Panamazzonica, Papa Francesco cita i bacini dell'Amazzonia e del Congo come il "polmone del pianeta" (cf. LS 38). Ma cosa si intende per "polmone del pianeta"? Se l'implicazione è riferita alla produzione di ossigeno, è sbagliata! La foresta amazzonica produce appena il 6% dell'ossigeno del pianeta, secondo la rivista Science. Informazione che è stata ampiamente confermata da numerosi scienziati, perché nelle foreste antiche come quella amazzonica le piante hanno smesso di crescere e, nel bilancio CO2/O2, tendono a un maggiore consumo di ossigeno e di conseguenza non aiutano all'ossigenazione dell'atmosfera.3) L'AMAZZONIA NON È VERGINELe aree della foresta con una lussureggiante vegetazione sono viste come simboli di ecosistemi vergini e non toccate da mani umane. Tuttavia, gli abitanti hanno selezionato e piantato specie arboree utili per le loro esigenze, cambiando per sempre le caratteristiche della foresta pluviale amazzonica. Quindi, "l'Amazzonia non è così incontaminata e intatta come sembra", ha confermato alla BBC lo scienziato Hans ter Steege, ecologo del Naturalis Biodiversity Center e dell'Università di Amsterdam.

    Greta all'Onu: a noi ragazzi avete rubato il futuro e la speranza (e stavolta ha ragione)

    Play Episode Listen Later Sep 26, 2019 10:28


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5832GRETA ALL'ONU: A NOI RAGAZZI AVETE RUBATO IL FUTURO E LA SPERANZA (E STAVOLTA HA RAGIONE)Greta, la paladina dell'ambientalismo, all'ONU ha gridato ai politici lì presenti: a noi ragazzi avete rubato il futuro e la speranza. Ovviamente, poco dopo, i media hanno calcato la mano per fare adeguata cassa di risonanza a queste parole che a molti suonano come coraggiose, storiche, di svolta, di punto di non-ritorno.Ebbene, questa volta siamo d'accordo con Greta. Anzi, diciamo di più: questa cosa noi la stiamo dicendo da molto tempo, da tanto - troppo! - tempo.Chi ci sta leggendo è pregato di non agitarsi. Il fatto che siamo d'accordo con Greta non significa che siamo d'accordo sulle cause che avrebbero fatto sì che ai nostri ragazzi siano stati rubati il futuro e la speranza. Piuttosto siamo d'accordo - ahinoi! - che ai nostri ragazzi si sta offrendo una vita senza futuro e senza speranza.Aggiungiamo anche un'altra cosa: è proprio ciò che intende indicare Greta (o chi per lei, visto che alla favola che sia stata lei a costruirsi il proprio personaggio non ci crede più nessuno) come cause che rende i nostri giovani ancor più senza futuro e senza speranza.DERUBATI DEL FUTUROSe Greta e i suoi coetanei sono stati derubati del futuro non è certo perché i mari sarebbero ridotti in un certo modo, oppure se nell'aria ci sarebbero troppe polveri sottili o per qualche grado in più (a riguardo ricordiamo che il XIII secolo fu un secolo molto caldo e non c'era certo l'inquinamento umano), bensì perché la cultura, cioè il giudizio sulle cose e sull'esistere che si è offerto loro è monco del futuro, in quanto non c'è tempo possibile laddove viene censurata totalmente la domanda dell'eterno. E' solo l'eterno che può spiegare e rendere ragione al tempo. Quando il ragazzo riflette sul senso della propria vita, non è perché, affacciandosi alla finestra vede il cielo uggioso o avverte il sole torrido, bensì perché avverte soprattutto un'assenza, che è quella della ragione per il suo spendersi, sacrificarsi e lottare. Se al giovane vengono tarpate le ali, è finito.Se questi decide inconsapevolmente di farsi del male con una vita banalmente spericolata, praticando violenza gratuita, ingurgitando senza senso superalcolici per stordirsi e non pensare, o perfino inserendo nel suo corpo la menzogna illusoria della droga, è perché consapevolmente o inconsapevolmente avverte l'assenza di un fondamento su cui poggiare il proprio esistere.UNA RAMPA DI LANCIO SOLIDAIl giovane è come un razzo che per partire e schizzare verso l'alto ha bisogno di una rampa di lancio solida. Se un razzo volesse decollare dalla debolezza dalla sofficità della sabbia o - peggio - dalla flaccidità del fango, imploderebbe invece che schizzare in alto. A Napoli direbbero: farebbe fetecchia!Ebbene, è vero: a Greta e ai suoi coetanei è stato rubato il futuro e la speranza, ma non certo perché il termometro segnerebbe (non ne siamo sicuri) qualche grado in più, bensì perché noi adulti che avremmo dovuto educarli a valori forti, abbiamo deciso di inquinare la loro vita (questo sì è il più preoccupante inquinamento) con le scorie del relativismo, del nichilismo e del piattume di un desiderio ridotto a moloch a cui stupidamente e vilmente inchinarsi.Abbiamo offerto la sofficità della sabbia (le comodità smodate) e la flaccidità del fango (la perdita del senso del peccato) e loro, i ragazzi, non sanno più spiccare il volo.Il fatto stesso che pensano che il problema ambientale sia il problema più importante la dice lunga... come la dice lunga sui nostri peccati di omissione e sui tanti peccati di omissione di una Chiesa che invece di salvare le anime, pensa a salvare le foreste.Nota di BastaBugie: Romano l'Osservatore nell'articolo seguente dal titolo "Dopo il sabato fascista, arriva il venerdì ecologista" parla della circolare ministeriale che invita gli studenti a partecipare allo sciopero ecologista di venerdì 27 settembre sul tema dei cambiamenti climatici". Una incredibile novità: uno sciopero indetto dal governo. Gli studenti stanno a casa, giustificati, come nei sabati fascisti. Il nuovo regime è però verde e vuole "salvare il pianeta"...Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 24 settembre 2019: "Tutti gli studenti sono invitati a partecipare allo sciopero ecologista di venerdì 27 settembre sul tema dei cambiamenti climatici. L'assenza per la partecipazione alla manifestazione non incida sul numero massimo delle assenze consentite." È questo il testo della direttiva emanata dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, un vero e proprio invito giunto in questi giorni ai dirigenti scolastici delle scuole statali e paritarie (!!!) italiane di ogni ordine e grado.Veramente una novità rivoluzionaria quella di uno sciopero su ordine dell'autorità, anche se per un residuo di pudore l'espressione sciopero generale è sostituita dal termine inglese Global Strike, nella speranza che non tutti la comprendano. Ma il senso è chiarissimo, la dittatura culturale del politicamente corretto fa un ulteriore balzo in avanti, raggiunge gli strati giovanili e dimostra chiaramente, ove ce ne fosse bisogno, che le iniziative della ragazzina svedese Greta Thunberg nulla hanno di spontaneo ma sono il frutto di un progetto globale ben studiato, architettato, realizzato.A che scopo? L'obiettivo è chiarissimo, e 'abbastanza' ambizioso: salvare il pianeta!, destinato a sicura estinzione se non si prendono drastici universali e immediati provvedimenti. E dopo aver coinvolto negli appelli premi Nobel, cantanti, donne e uomini di spettacolo, politici a fine carriera e anche qualche capo di Stato, ora si gioca la carta più emozionale, i giovani. Ma è davvero così? Davvero rischiamo la fine imminente della Terra, e davvero la rischiamo per l'opera dell'uomo?Va ricordato che di previsioni catastrofiste sono piene le cronache degli ultimi anni, per esempio nell'anno 2000 autorevoli riviste assicurarono che di lì a 10 anni in tutte le principali metropoli sarebbe stato obbligatorio indossare le mascherine, e la quantità di luce disponibile si sarebbe dimezzata. In realtà è falso lo stesso slogan 'salviamo il Pianeta'. Noi non possiamo salvarlo, sono i numeri a dirlo. Ogni anno nell'atmosfera vengono emesse 800 miliardi di tonnellate di Co2, ovvero la principale concausa del riscaldamento globale per l'effetto serra che produce. Il 55% di queste emissioni proviene dalla Terra, il 40% dagli oceani e solo il 5% dalle attività antropiche, cioè dalle attività umane.Questo vuol dire che la responsabilità dell'uomo è molto limitata e che le cause del riscaldamento sono tante e non tutte note. Sostenere che l'uomo sia la causa di ogni cosa non soltanto non è suffragato dai dati, ma soprattutto è l'ultima deriva di una visione illuministica. Escludere che ci siano motivi misteriosi che ancora non riusciamo a identificare è una presunzione non fondata, che porta dritti ad analisi faziose. L'ecologismo estremista si è trasformato in una nuova 'religione atea' dell'umanità, un'idolatria laicista, una dottrina irreligiosa dell'apocalisse. I profeti ambientalisti dicono di voler salvare il mondo. In realtà, oltre a favorire corposi interessi economici, vogliono punire l'umanità per i suoi peccati contro il panteismo ecologista e materialista. L'umanità, l'Occidente in particolare, deve pagare per come avremmo maltrattato e non avremmo adorato la Terra, la natura, per non essere stati panteisti ed avere invece adorato gli dei delle nostre religioni. Per questo, ripeto, dobbiamo pagare, realizzare una decrescita ben poco felice, limitare il numero delle nascite perché l'uomo sarebbe il principale nemico della natura.Sia ben chiaro, con questo non vogliamo sostenere che alcune ben precise attività umane siano innocenti sul fronte dell'inquinamento. Ma non nella misura che i catastrofisti vorrebbero farci intendere. È doveroso e sacrosanto studiare e produrre motori meno inquinanti, sviluppare energie pulite, ridurre l'uso delle auto private, intervenire sul versante delle costruzioni e della stessa agricoltura per avete prodotti meno impattanti. Non nella presunzione di salvare il pianeta, perché questo non dipende da noi, ma per rendere più vivibili le nostre città e tutelare meglio la salute dei cittadini.

    La bufala degli incendi in Amazzonia

    Play Episode Listen Later Sep 12, 2019 7:06


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5807LA BUFALA DEGLI INCENDI IN AMAZZONIA di Eugenio Trujillo VillegasIl mondo piange sconsolato l'Amazzonia. Certo, nessuna persona sensata vuole che un così vasto e importante territorio si trasformi in una torcia accesa, prosciugando la più grande riserva di acqua dolce del pianeta e distruggendo il più ricco patrimonio di vita animale e vegetale esistente. Il furore dei sedicenti difensori della natura s'indirizza decisamente contro il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, accusato di essere il responsabile della tragedia. Alcuni leader delle potenze del G7, riunito qualche giorno fa in Francia, la maggioranza dei movimenti ambientalisti del mondo e, va da sé, la sinistra mondiale, alzano il dito accusatore contro chi in realtà colpa non ne ha. Il peccato di Bolsonaro è infatti solo quello di avere avuto il coraggio di denunciare e sfidare l'agenda ideologica del mondialismo, fondata in gran parte su volgari bugie. Il tempo e il senso comune le smentiranno, tappando la bocca di tutti quelli che creano una psicosi ambientalista.L'ESEMPIO DEL PRESIDENTE BOLIVIANO EVO MORALESL'area amazzonica del Brasile è di quattro milioni di km2, quattro volte la Colombia, e grande quanto tutta l'Europa. Come tutti sanno, non solo in Amazzonia, ma in ogni luogo del mondo avvengono incendi forestali di origine criminale o naturale. Di recente, sono scoppiati in vaste aree della California e nelle Isole Canarie. In Colombia, capitano tutti i giorni. Ma a chi viene in mente l'insensatezza d'incolparne il presidente americano, il premier spagnolo, il presidente colombiano? Secondo rapporti scientifici della NASA, che da anni controlla la vasta regione amazzonica, oggi gli incendi in Brasile sono meno rispetto ad altri anni. E attestano che attualmente il pianeta è più verde di 20 o 30 anni fa, grazie alle politiche di conservazione ambientale e di riforestazione intraprese in diverse parti del mondo. Tuttavia, tra i furiosi ambientalisti, nessuno denuncia che il più grande incendio dell'Amazzonia è stato causato dal Decreto Supremo 3973 del presidente boliviano Evo Morales. Davanti ai media e con grande pomposità, il 9 luglio scorso Morales ha annunciato che avrebbe dato fuoco in modo "controllato" a 500.000 ettari di Amazzonia boliviananei pressi della frontiera brasiliana, al fine di ampliare lo spazio agricolo del suo Paese, che ha come principale coltivazione la foglia di coca. Ma la decisione socialista e dittatoriale del personaggio si è trasformata in un errore madornale. L'incendio è andato fuori controllo e si è esteso ad un milione di ettari, originando così un inferno che, 45 giorni dopo, è ancora attivo: un vero monumento di fuoco alla incompetenza e alla irresponsabilità.L'OBIETTIVO È IL PRESIDENTE BOLSONARO, COLPEVOLE DI NON ESSERE DI SINISTRAMa la sinistra ha parole di accusa solo per il presidente del Brasile. E perché non contro Evo Morales? Per la semplice ragione che questi è di sinistra, come i grandi campioni dell'odierna crociata ambientalista per l'ecologia; inoltre Morales è indigeno, status presentato come modello ideale alla società attuale; infine è il grande protettore dei coltivatori di coca nel suo Paese, il che non sembra recare alcun dispiacere ai promotori di un Nuovo Ordine Mondiale. Basta ipocrisie! È dimostrato che il Brasile protegge in modo responsabile la propria regione amazzonica, anche se ci sarà sempre un margine per farlo meglio. Ma è inaccettabile che altre nazioni dicano al Brasile cosa deve o non deve fare con le sue foreste, quando esse stesse hanno sfruttato e tagliato per secoli le loro. Peggio ancora, è intollerabile che, come se si trattasse di un Paese di serie B, senza sovranità né indipendenza, lo minaccino con sanzioni economiche arbitrarie, fino ad arrivare al delirio di augurarsi una sostituzione del suo capo di Stato, come ha fatto Emmanuel Macron. [...]L'ecologismo oltranzista, penetrato anche nella Chiesa, agisce come una setta e pretende di celebrare il funerale dello sviluppo, per inaugurare un regime socialista e pauperista che innalza sugli altari il modello primitivo e tribale. Tale ideologia verde rifiuta i benefici, pur imperfetti, della società occidentale e il suo stile di vita. Pretende di trasformare la religione cattolica in una pantomima di culti alla natura e alla "Madre Terra", lasciando così alle spalle due millenni di civiltà cristiana. Imbevuti di bugie e ipocrisie, questi fanatici ecologisti fingono d'ignorare che i Paesi con gli indici più alti di prosperità sono proprio quelli che meglio preservano le sorgenti di acqua dolce, che meglio curano i loro boschi, che meno inquinano l'ambiente e che offrono la migliore qualità di vita ai propri abitanti.In realtà sanno tutto alla perfezione, ma deliberatamente lo nascondono al mondo. Speriamo che l'inganno non duri troppo a lungo. Gli incendi un giorno si spegneranno, il fumo si dissiperà, e la realtà riemergerà agli occhi di quanti la vogliono vedere.

    Greta in barca a vela dimostra che l'alternativa ecologista non è possibile

    Play Episode Listen Later Aug 28, 2019 7:16


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5778GRETA IN BARCA A VELA DIMOSTRA CHE L'ALTERNATIVA ECOLOGISTA NON E' POSSIBILE di Stefano MagniSi avvicina la conferenza sul clima di New York. Come in tutte le occasioni di summit internazionali in cui si propone la riduzione drastica di emissioni, gli osservatori più smaliziati fanno il calcolo di gas serra emessi dagli aerei che trasportano le delegazioni sul luogo dell'incontro, anche dall'altra parte del mondo. "Perché non viaggiate in barca a vela?" è l'ironia che di solito li accompagna. Ma Greta Thunberg, la ragazza svedese divenuta guru dell'ambientalismo non ama l'umorismo, evidentemente e ha preso il suggerimento alla lettera. In America, come ormai è noto da mesi, ci andrà veramente in barca a vela. Non c'è però veramente nulla da ridere. Perché il suo viaggio "a impatto zero" è la dimostrazione che l'alternativa ecologista al nostro modello di vita non esiste, a meno di non voler accettare un regresso di secoli.La traversata, da Plymouth (Sud dell'Inghilterra) a New York, durerà due settimane a bordo dello yacht da regata Malizia 2, governato dagli skipper di fama mondiale Pierre Casiraghi (della famiglia reale di Monaco) e Boris Herrmann. Si tratta di una barca ad alta tecnologia, dotata di dispositivi eolici e solari che possono alimentarla solo con energie rinnovabili. Un prodigio della tecnica tanto costoso (sui 4 milioni di euro) quanto scomodo (niente latrina, niente doccia, niente privacy) che solo pochi preparati e determinati possono permettersi di usare per una traversata che, si prevede, durerà due settimane. Un viaggio che non è privo di rischi, considerano che la rotta che passa dalla Groenlandia e ridiscende la costa canadese fino alla costa nordorientale statunitense può riservare brutte sorprese, come iceberg e tempeste. Sono difficoltà normali per le navi che usiamo in questo secolo, ma possono essere ancora insormontabili per un natante di appena 18 metri, dunque poco meno dei drakkar a remi e a vela con cui i vichinghi esploravano quelle rotte, mille anni fa.UN'ALTERNATIVA A IMPATTO ZERO NON ESISTEProprio questo aspetto ci dovrebbe suggerire che un'alternativa "a impatto zero" al nostro modello di vita non esiste. Greta, per compiere il suo viaggio simbolico, avrebbe potuto dimostrare che si può viaggiare in modo più sicuro, confortevole e rapido con una tecnologia (aerea o navale) più ecologica rispetto a un volo di linea o a una nave da crociera? Evidentemente no. Soprattutto considerando il fatto che gli ecologisti, pur puntando all'obiettivo "emissioni zero" scartano l'opzione nucleare: una nave nucleare ha un impatto decisamente inferiore rispetto ad un natante equivalente con motore a nafta, ma il nucleare non lo si può neppure nominare, perché è l'emblema di tutto quel che i Verdi hanno sempre combattuto. L'obiettivo, dunque, è ideologico: si tratta, non solo, di ridurre le emissioni, ma di ricorrere esclusivamente alle energie rinnovabili, quelle "naturali" di sole e vento. Quanto al sole, un aereo che va ad energia solare, il Solar Impulse, ha impiegato più di un anno (dal marzo del 2015 al luglio del 2016) per compiere il giro del mondo, all'incirca lo stesso tempo che impiegavano i velieri dell'epoca del Bounty per raggiungere l'Indonesia dall'Europa. Il Solar Impulse viaggia ad appena 50 km/h e non ci sono attualmente grandi prospettive per raggiungere velocità molto superiori. Un normale aereo di linea fa abitualmente più di 700 km/h. Quanto al vento, appunto, resta la nave a vela: due settimane per attraversare l'Atlantico da Plymouth a New York, la stessa rotta che un volo di linea percorre in 7 ore e una nave passeggeri in 3 giorni.LE CONTRADDIZIONI DI GRETANon c'è solo una questione di velocità, ma anche di costi e di possibilità. Navi da crociera e soprattutto aerei di linea hanno reso i viaggi alla portata di tutti. Quello che prima era un privilegio di pochi ricchi e forti, oggi può permetterselo qualsiasi famiglia. A New York, da Milano o Roma, si trovano anche biglietti andata-ritorno di 300-400 euro. Affrontare sette ore di volo è sopportabile anche per bambini e anziani. Le navi da crociera offrono standard di comfort e di sicurezza che non richiedono alcun tipo di preparazione atletica, né alcun addestramento alla navigazione. La traversata di Greta riporta invece le lancette dell'orologio indietro di cinque secoli, almeno, quando per compiere un viaggio intercontinentale in mare occorrevano tanti soldi, potenti sponsor (re e principi, esattamente come in questo caso), tantissimo spirito di sacrificio, coraggio e/o incoscienza. Navigare a remi voleva dire: braccia e schiene spaccate dallo sforzo. Navigare a vela: rischio di morire in ogni momento per governare vele, in cima agli alberi in mezzo al vento. Viaggiare in mare verso altri continenti, nel medioevo o nel rinascimento, era cosa per pochissimi, per nobili ed eroi. Gli ecologisti mirano implicitamente a tornare a quella condizioni. A non farci viaggiare, a riservare gli spostamenti solo a pochi "meritevoli". Gli altri tornino a restare dove sono, entro il loro borgo, a coltivare verdura a km 0. Con una differenza: se gli esploratori vichinghi, Colombo, Vespucci e Magellano facevano naufragio, erano morti. Se Greta Thunberg farà naufragio sarà invece soccorsa da navi ed elicotteri ad altissimo impatto ambientale. E ancora non ha dichiarato con che mezzo tornerà dal Nord America all'Europa.

    Vietato criticare Greta (o Twitter vi cancella l'account)

    Play Episode Listen Later Aug 7, 2019 5:10


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5767VIETATO CRITICARE GRETA (O TWITTER VI CANCELLA L'ACCOUNT) di Mauro FaverzaniVietato criticare Greta Thunberg o Twitter vi cancella l'account. A scoprirlo a proprie spese, è stata l'on. Emmanuelle Duverger in Ménard, eletta deputata alle legislative del 2017. Lei non ha mai avuto problemi a dire quello che pensa, né si è mai sottratta alla battaglia politica: cattolica praticante, pro-family convinta, militante di Manif pour tous, si è più volte dichiarata contraria alle "coppie gay" ed al fatto che possano adottare bambini o averne tramite la fecondazione in vitro. Per questo, si è sentita già etichettare in molti modi: nel migliore dei casi «conservatrice» oppure «integralista», «omofoba» e via elencando, seguendo alla lettera il dizionario del politically correct.Nei giorni scorsi però è stata censurata anche da Twitter, per aver commesso - si fa per dire - il "crimine" di lesa maestà nei confronti di Greta Thunberg, la ragazzina divenuta ormai a livello planetario l'icona dell'ambientalismo spinto.NESSUNO TOCCHI GRETAGreta Thunberg è stata invitata lo scorso 23 luglio a tenere un discorso presso l'Assemblea Nazionale francese. L'on. Ménard, come molti altri deputati, ha trovato sconcertante che in tale prestigiosa sede istituzionale venissero imposte le elucubrazioni ideologiche della giovane e la sua lezioncina moraleggiante; ma ancor più ha lasciato di stucco il fatto che, interpellata a proposito del voto sul Ceta-Accordo economico e commerciale globale, Thunberg abbia dichiarato di «non aver opinioni» in merito. Da tener presente che solo due giorni prima la ragazzina aveva ricevuto il «Premio per la Libertà» in Normandia, assegnatole a scapito di altre candidature ben più forti quali quelle di giornalisti, attivisti e politici torturati ed imprigionati nei propri Paesi a causa delle loro idee... Ma tant'è.A bilancio della giornata, l'on. Ménard ha quindi postato il suo commento su Twitter: «Peccato che la sculacciata sia proibita, Greta Thunberg ne meriterebbe una sonora», ha scritto. Commento, cui han fatto seguito migliaia di reazioni, favorevoli e contrarie, anche violentemente contrarie, per non dire vere e proprie delazioni. La parlamentare francese è stata accusata di «molestie», d'«incitare alla violenza contro una minorenne», c'è chi l'ha minacciata online di volerle «rompere il muso», senza che nessun organismo per questo si sia mosso in sua tutela; ha ricevuto persino una minaccia di morte telefonica, incredibile!«È vero che ho "osato" toccare un'icona, un'adolescente, un'ecologista - ha dichiarato la deputata d'Oltralpe in un proprio comunicato - La nostra epoca ha i santi, che si merita...». Ed, osserva, per qualcuno il cosiddetto «riscaldamento climatico globale» è divenuto una sorta di «nuova religione, un dogma che rifiuta qualsiasi dibattito». Ma da qui a cancellare il suo tweet ed a bloccare il suo account, ce ne passa! Senza peraltro alcuna forma di garanzia a fronte delle pesanti minacce ricevute.CENSURA DI REGIMEQui ad esser schiacciata, umiliata, mortificata è stata la libertà d'opinione, sacrosanta in un Paese che voglia dirsi democratico; qui si è fronte ad una censura di regime, imposta dalla dittatura del «pensiero unico», grazie anche alla recentissima legge Avia, difesa dal governo francese e votata dal Parlamento per porre il bavaglio sul web a tutte le voci sgradite: «In tale occasione - ha dichiarato l'on. Ménard - Twitter è stato molto più veloce di quando ho sporto denuncia al commissariato di Béziers l'8 luglio del 2018 (Procedura 2018/6218), in quanto il mio account personale era stato piratato. Più di un anno dopo, sto ancora aspettando la risposta di Twitter in merito!».All'epoca la parlamentare francese dovette crearsi un nuovo account, perdendo però nell'operazione oltre 10 mila contatti; ed ora dovrà rifare la stessa cosa, «poiché quello che Twitter mi propone è un autentico ricatto - afferma - o cancello definitivamente quel mio tweet su Greta Thunberg ed accetto di riconoscere, sul mio stesso profilo, di "aver infranto le regole della comunità" oppure faccio ricorso, ma il mio account resta bloccato durante l'intero esame della questione, il che potrebbe richiedere anche molto tempo! Io non intendo cedere. Non possiamo retrocedere di un solo millimetro, altrimenti verremo presto letteralmente cancellati con la stessa facilità con cui si elimina un'opinione non conforme sui social». Cancellati così. Con un click.

    Gli scienziati italiani smascherano la bufala dell'uomo responsabile del riscaldamento globale (fate leggere a Greta!)

    Play Episode Listen Later Jun 26, 2019 14:51


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5711GLI SCIENZIATI ITALIANI SMASCHERANO LA BUFALA DELL'UOMO RESPONSABILE DEL RISCALDAMENTO GLOBALE (FATE LEGGERE A GRETA!) di Riccardo CascioliÈ di grande importanza la petizione firmata da decine di scienziati italiani che demolisce la teoria del riscaldamento globale antropico. Finalmente in tanti trovano il coraggio di sfidare il Potere e dire apertamente ciò che fino a poco tempo fa soltanto in pochi avevano il coraggio di affermare. La teoria del riscaldamento globale antropico è una truffa ideologica e segna l'asservimento della scienza alla politica.Due sono gli aspetti che vale la pena sottolineare, oltre a quelle nozioni elementari che smontano la vulgata corrente sui cambiamenti climatici e che sono facilmente verificabili.Il primo aspetto è la richiesta iniziale di serie politiche contro l'inquinamento. Seppure la lotta contro i cambiamenti climatici si combatta in nome della difesa dell'ambiente, la verità è che proprio queste battaglie danneggiano l'ambiente. Perché concentrano enormi risorse su obiettivi fasulli e così facendo si dimenticano i veri problemi ambientali. Ci sono conoscenze scientifiche disponibili per limitare l'emissione di veri inquinanti, ci dicono gli scienziati, ma vengono ignorate per questa caccia alla CO2. Trattare l'anidride carbonica (CO2) da pericoloso elemento inquinante è una grave distorsione della realtà, eppure oggi tutte le risorse, umane ed economiche, vengono concentrate su questo obiettivo nella convinzione (illusoria) che questo freni l'aumento delle temperature.Si conferma cioè che questo ambientalismo è nemico dell'ambiente.Il secondo aspetto da sottolineare si ricava dall'appello finale. Il principale obiettivo delle campagne contro i cambiamenti climatici sono i combustibili fossili, cioè la principale fonte energetica mondiale (costituiscono l'86% circa dell'energia consumata globalmente). Checché ne dica la propaganda ecologista, non c'è alcuna possibilità che queste fonti energetiche nei decenni a venire siano sostituite dalle energie rinnovabili, in particolare sole e vento. Una transizione energetica violenta, che si vorrebbe imporre brandendo la minaccia della catastrofe climatica, può solo provocare una crisi energetica mondiale. Il che vuol dire l'impoverimento dei paesi industrializzati e l'impedimento allo sviluppo dei paesi poveri. E non sarebbe un effetto collaterale, ma esattamente l'obiettivo che certi movimenti si prefiggono, perché considerano l'uomo una iattura per la Terra, per cui si fa di tutto per rendergli la vita difficile e sconsigliata.Questo ambientalismo infatti, prima che nemico dell'ambiente, è nemico dell'uomo.La cosa però più drammatica in tutto questo è constatare che la Chiesa o, meglio, i suoi attuali vertici, si sono messi alla guida di questo movimento distruttivo. La Chiesa, che fino a pochi anni fa, rappresentava l'ultimo baluardo a difesa della dignità umana contro la potenza e la violenza di un potere disumanizzante, oggi sembra passata armi e bagagli dall'altra parte, addirittura rappresenta la principale spinta morale all'adozione di politiche ecologiste estreme.L'impostazione del prossimo Sinodo dell'Amazzonia è l'esempio più eclatante di questa deriva che lascia l'uomo indifeso e tradito.Ben vengano allora iniziative come questa degli scienziati italiani, che peraltro si uniscono a tanti altri scienziati nel mondo che da anni stanno cercando di spiegare la follia di questo fanatismo climatico. Se c'è un grido di allarme da ascoltare è proprio questo.Nota di BastaBugie: ecco il documento completo pubblicato a Roma il 17 giugno 2019.Al Presidente della RepubblicaAl Presidente del SenatoAl Presidente della Camera dei DeputatiAl Presidente del ConsiglioPETIZIONE SUL RISCALDAMENTO GLOBALE ANTROPICOI sottoscritti, cittadini e uomini di scienza, rivolgono un caloroso invito ai responsabili politici affinché siano adottate politiche di protezione dell'ambiente coerenti con le conoscenze scientifiche. In particolare, è urgente combattere l'inquinamento ove esso si presenti, secondo le indicazioni della scienza migliore. A tale proposito è deplorevole il ritardo con cui viene utilizzato il patrimonio di conoscenze messe a disposizione dal mondo della ricerca e destinate alla riduzione delle emissioni antropiche inquinanti diffusamente presenti nei sistemi ambientali sia continentali che marini.Bisogna però essere consapevoli che l'anidride carbonica di per sé non è un agente inquinante. Al contrario essa è indispensabile per la vita sul nostro pianeta.Negli ultimi decenni si è diffusa una tesi secondo la quale il riscaldamento della superficie terrestre di circa 0.9°C osservato a partire dal 1850 sarebbe anomalo e causato esclusivamente dalle attività antropiche, in particolare dalle immissioni in atmosfera di CO2 proveniente dall'utilizzo dei combustibili fossili. Questa è la tesi del riscaldamento globale antropico promossa dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazione Unite, le cui conseguenze sarebbero modificazioni ambientali così gravi da paventare enormi danni in un imminente futuro, a meno che drastiche e costose misure di mitigazione non vengano immediatamente adottate. A tale proposito, numerose nazioni del mondo hanno aderito a programmi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e sono pressate, anche da una martellante propaganda, ad adottare programmi sempre più esigenti dalla cui attuazione, che comporta pesanti oneri sulle economie dei singoli Stati aderenti, dipenderebbe il controllo del clima e, quindi, la "salvezza" del pianeta.L'origine antropica del riscaldamento globale è però una congettura non dimostrata, dedotta solo da alcuni modelli climatici, cioè complessi programmi al computer, chiamati General Circulation Models. Al contrario, la letteratura scientifica ha messo sempre più in evidenza l'esistenza di una variabilità climatica naturale che i modelli non sono in grado di riprodurre. Tale variabilità naturale spiega una parte consistente del riscaldamento globale osservato dal 1850. La responsabilità antropica del cambiamento climatico osservato nell'ultimo secolo è quindi ingiustificatamente esagerata e le previsioni catastrofiche non sono realistiche.Il clima è il sistema più complesso presente sul nostro pianeta, per cui occorre affrontarlo con metodi adeguati e coerenti al suo livello di complessità. I modelli di simulazione climatica non riproducono la variabilità naturale osservata del clima e, in modo particolare, non ricostruiscono i periodi caldi degli ultimi 10.000 anni. Questi si sono ripetuti ogni mille anni circa e includono il ben noto Periodo Caldo Medioevale, il Periodo Caldo Romano, ed in genere ampi periodi caldi durante l'Ottimo dell'Olocene. Questi periodi del passato sono stati anche più caldi del periodo presente, nonostante la concentrazione di CO2 fosse più bassa dell'attuale, mentre sono correlati ai cicli millenari dell'attività solare. Questi effetti non sono riprodotti dai modelli.Va ricordato che il riscaldamento osservato dal 1900 ad oggi è in realtà iniziato nel 1700, cioè al minimo della Piccola Era Glaciale, il periodo più freddo degli ultimi 10.000 anni (corrispondente a quel minimo millenario di attività solare che gli astrofisici chiamano Minimo Solare di Maunder). Da allora a oggi l'attività solare, seguendo il suo ciclo millenario, è aumentata riscaldando la superficie terrestre. Inoltre, i modelli falliscono nel riprodurre le note oscillazioni climatiche di circa 60 anni. Queste sono state responsabili, ad esempio, di un periodo di riscaldamento (1850-1880) seguito da un periodo di raffreddamento (1880-1910), da un riscaldamento (1910-40), ancora da un raffreddamento (1940-70) e da un nuovo periodo di riscaldamento (1970-2000) simile a quello osservato 60 anni prima. Gli anni successivi (2000-2019) hanno visto non l'aumento previsto dai modelli di circa 0.2°C per decennio, ma una sostanziale stabilità climatica che è stata sporadicamente interrotta dalle rapide oscillazioni naturali dell'oceano Pacifico equatoriale, conosciute come l'El Nino Southern Oscillations, come quella che ha indotto il riscaldamento momentaneo tra il 2015 e il 2016.Gli organi d'informazione affermano anche che gli eventi estremi, come ad esempio uragani e cicloni, sono aumentati in modo preoccupante. Viceversa, questi eventi, come molti sistemi climatici, sono modulati dal suddetto ciclo di 60 anni. Se ad esempio si considerano i dati ufficiali dal 1880 riguardo i cicloni atlantici tropicali abbattutisi sul Nord America, in essi appare una forte oscillazione di 60 anni, correlata con l'oscillazione termica dell'Oceano Atlantico chiamata Atlantic Multidecadal Oscillation. I picchi osservati per decade sono tra loro compatibili negli anni 1880-90, 1940-50 e 1995-2005. Dal 2005 al 2015 il numero dei cicloni è diminuito seguendo appunto il suddetto ciclo. Quindi, nel periodo 1880-2015, tra numero di cicloni (che oscilla) e CO2 (che aumenta monotonicamente) non vi è alcuna correlazione.Il sistema climatico non è ancora sufficientemente compreso. Anche se è vero che la CO2 è un gas serra, secondo lo stesso IPCC la sensibilità climatica ad un suo aumento nell'atmosfera è ancora estremamente incerta. Si stima che un raddoppio della concentrazione di CO2 atmosferica, dai circa 300 ppm preindustriali a 600 ppm, possa innalzare la temperatura media del pianeta da un minimo di 1°C fino a un massimo di 5°C. Questa incertezza è enorme. In ogni caso, molti studi recenti basati su dati sperimentali stimano che la sensibilità climatica alla CO2 sia notevolmente più bassa di quella stimata dai modelli IPCC.Allora, è scientificamente non realistico attribuire all'uomo la responsabilità del riscaldamento osservato dal secolo passato ad oggi.

    La spazzatura e' un grande business... e il fesso che paga sei tu!

    Play Episode Listen Later Jun 12, 2019 6:10


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5687LA SPAZZATURA E' UN GRANDE BUSINESS... E IL FESSO CHE PAGA SEI TU! di Roberto MarchesiniSi diventa vecchi quando si comincia una frase dicendo «ai miei tempi». Bene: ai miei tempi la spazzatura, in pratica, non esisteva. I vestiti si riciclavano, così come gli imballaggi (borse, bottiglie di vetro, involti di carta e stagnola...); per la «frazione organica» c'era l'orto. L'oratorio passava a raccogliere, casa per casa, carta e rottami; e ci faceva dei bei soldi.Poi è arrivato l'ecologismo. Senza che me ne accorgessi, sono passato a produrre così tanta spazzatura da non poterla più accumulare in casa. Sono, soprattutto, imballaggi di ogni genere. A me gli imballaggi non servono, servono all'industria; perché la vendita al minuto è praticamente scomparsa. Grazie agli imballaggi riducono i costi di stoccaggio e trasporto. E io ho la casa piena di spazzatura che non mi serve.UN BUSINESS GENIALEMa l'industria ha la soluzione: i «servizi ambientali». Passano a raccogliere carta, plastica, vetro e lattine a domicilio; persino la «frazione organica». Ma dev'essere ben separata e pulita. Non solo: devo pagare. Parecchio, sempre di più. Cioè: io gli fornisco preziosi materiali e glieli devo pure pulire. E devo pure pagare. Una volta pagavano loro: soldi in cambio di materiali. Ora do sia i soldi che i materiali; e li devo pure separare e pulire.Non solo. Recentemente ho ricevuto dei «sacchi personalizzati»: se sbaglio a separare i preziosi materiali che regalo alla «industria del riciclo», mi multano. Grazie al codice a barre personalizzato sono facilmente individuabile. Non capisco. Io pago questa azienda che mi fornisce servizi: dovrei essere io a controllare. Invece è l'azienda che controlla me.Poi, un giorno, ho capito. Un mio amico ha svuotato il garage e ha portato la risulta in discarica (pardon: piattaforma ecologica). Ha distribuito tutto tra vari container ma, arrivato al rotolo di catrame è stato fermato. «No, questo no». «Perché no?» ha chiesto stupito il mio amico. «Perché non lo possiamo vendere». Mi ha raccontato l'episodio piuttosto sconfortato: «Cosa me ne dovrei fare? Se non lo posso portare in discarica dove dovrei portarlo? Ti istigano ad abbandonare i rifiuti ai bordi delle strade... Me lo terrò ancora nel garage e poi... boh...». Però io ho capito. Non è un servizio. È un business. Un business geniale. Non pagano il materiale, non pagano la separazione né il trasporto alla loro sede. Se la manovalanza (cioè io) si sbaglia, fanno pure le multe (cioè prendono altri soldi). E la gente è anche entusiasta: lavora gratis, regala del materiale, paga ed è pure felice. Geniale.GRETA E I GRETINI CHE GLI VANNO DIETROPoi arriva questa ragazza di 17 anni acconciata come una bambina e partecipa al World Economic Forum di Davos. E dice: «Sul clima voglio che andiate nel panico, dovreste agire come se la vostra casa fosse in fiamme». Lo dice davanti ai rappresentanti dei membri del World Economic Forum cioè davanti a coloro che mi hanno riempito la casa (e il mondo) di spazzatura per aumentare i ricavi. Greta dice che vuole vederli nel panico, ma loro non sembrano nel panico. Sorridono e si atteggiano davanti a questa ragazza acconciata da bambina come se fosse davvero una bambina. Non hanno l'idea di chi vuole smettere di inquinare. Poi ho capito.Leggo una notizia sul sito dell'ANSA. Per abitudine vado alla fonte e trovo la conferma: «Il passaggio a questo percorso di crescita sostenibile a basse emissioni di carbonio potrebbe fornire un guadagno economico diretto di 26 trilioni di dollari fino al 2030 rispetto agli affari normali». Anche in questo caso: non è un servizio, e un business. Un business geniale. Perché se le companies guadagnano 26 trilioni di dollari in dieci anni... chi li spende? «[...] tutte le economie dovrebbero porre maggiore enfasi sugli investimenti in infrastrutture sostenibili come motore centrale del nuovo approccio alla crescita. [...] Ciò comporterà un lavoro a stretto contatto con i governi e gli investitori privati per sbloccare gli investimenti e potenziare le finanze miste». Risposta: io.Greta non vuole vedere nel panico le companies, coloro che inquinano: vuole vedere nel panico me. Perché continui a regalare materiale, a selezionarlo, a trasportarlo e a pagare. Senza pensare. Chi è nel panico non pensa. Geniale.

    I millennial hanno problemi emotivi per il clima e il 30% di questi gretini (seguaci di Greta) non fa figli per salvare il pianeta (!)

    Play Episode Listen Later May 29, 2019 15:48


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5671I MILLENNIAL HANNO PROBLEMI EMOTIVI PER IL CLIMA E IL 30% DI QUESTI GRETINI (SEGUACI DI GRETA) NON FA FIGLI PER SALVARE IL PIANETA (!)Seguendo l'esempio di Greta Thunberg, i giovani di tutto il mondo sono tornati ieri a protestare per l'ambiente. Il Gruppo intergovernativo dell'Onu sul cambiamento climatico (Ipcc) ha ribadito che se non verrà fatto nulla nei prossimi 12 anni, il pianeta andrà incontro a inenarrabili disastri entro il 2050.Se nella comunità scientifica sono tutti d'accordo nell'affermare che il clima sta cambiando, diventando più caldo, non c'è unanimità sulla causa del riscaldamento. Secondo l'Ipcc e l'ambientalismo più aggressivo, di cui Greta è illustre rappresentante, la causa è l'uomo e le emissioni di CO2 di origine antropica. Che questa sia soltanto un'ipotesi, e neanche troppo confermata dai dati, lo si può intuire dagli stessi documenti dell'Ipcc, dove il modo verbale più utilizzato è il condizionale e l'avverbio più abusato è "probabilmente".L'ambientalismo catastrofista ha però un effetto certo e immediato, almeno negli Stati Uniti: deprime i giovani. A forza di srotolare lo slogan "Ci stanno rubando il futuro", secondo un rapporto del 2018 della American Psychological Association, il 72 per cento dei millennial (nati tra il 1981 e il 1996) dichiara di avere "problemi emotivi" a causa della "inevitabilità del cambiamento climatico".Matt Fellowes, a capo della United Income, piattaforma online che si occupa di gestire i risparmi pensionistici, ha dichiarato a MarketWatch che «c'è una certo fatalismo nella popolazione più giovane. C'è molto cinismo riguardo alla possibilità di mettere soldi da parte e riguardo alla possibilità di avere una pensione». In parte lo scetticismo è dato dall'esiguità dei guadagni, che impedisce di risparmiare, ma molti ritengono che «non c'è alcun futuro in vista del quale risparmiare».Brad Klontz, docente associato presso il Financial Psychology Institute, ritiene invece che molti giovani usino la scusa dei cambiamenti climatici per non risparmiare. «Il risparmio va contro la natura umana, è difficile farlo perché implica un costo vivo. Per risparmiare, inoltre, bisogna superare la paura del futuro. È ovvio che chi ha una visione depressa di un terribile futuro, non pensa a risparmiare».C'è un altro dato inquietante, rilevato nel 2018 dal New York Times. Il 30 per cento degli americani che affermano di non volere figli, lo fanno perché preoccupati di vederli nascere in un mondo apocalittico e perché non vogliono contribuire all'apocalisse generando altri esseri umani. In attesa di sapere se i cambiamenti climatici sono davvero causati dall'uomo, c'è dunque una certezza: il catastrofismo sta danneggiando seriamente il pianeta, deprimendo quelle stesse persone che potrebbero "salvarlo".Nota di BastaBugie: Pietro Piccinini nell'articolo seguente dal titolo "Non credi al collasso climatico? Sarai chiamato negazionista" spiega perché il nuovo linguaggio adottato ufficialmente dal Guardian per parlare del riscaldamento globale (global warming) è più allarmante dell'allarme sul riscaldamento globale.Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 27 maggio 2019:Se non si riesce a convincerle, come si fa a costringere le persone a vedere le cose in un certo modo? Occorre innanzitutto impadronirsi delle loro parole. Non c'è più bisogno di leggere Orwell per comprendere l'efficacia di questa regola base del potere. Basta dare un'occhiata al Guardian e alle sue nuove linee guida per descrivere i cambiamenti climatici. Qualche giorno fa, infatti, il direttore del celebre quotidiano britannico, Katharine Viner in persona, ha deciso di diramare ai suoi redattori un memo per assicurarsi che «i termini che utilizziamo» a proposito dell'ambiente «riflettano con precisione i fenomeni che descrivono».Non basta più sparare a ripetizione articoli-manifesto allarmanti e disperati (come questo proprio del Guardian) su quanti pochi anni ci restano prima di morire tutti noi disidratati o arrostiti dal caldo, salvo poi dover aggiornare continuamente il countdown verso un armageddon che non arriva mai. È necessario alzare l'asticella, o meglio la temperatura percepita intorno al tema. Occorre che il senso di emergenza climatica diventi indiscutibile, acquisito una volta per tutte, non più problematizzabile. Nemmeno i termini che si usano per designare queste cose devono lasciare adito a obiezioni o anche solo a domande. La signora Viner è convinta che ciò significhi essere più «fedeli ai fatti». E dunque, per assicurarsi di essere più «fedeli ai fatti», i giornalisti del Guardian d'ora in poi dovranno parlare non più di "global warming", ma di "global heating", mentre chi si ostina a mettere in dubbio l'allarme andrà definito non "scettico", bensì, molto più suggestivamente, "negazionista".L'OFFENSIVA LESSICALENessun obbligo, per carità, «i termini originali non sono vietati», ha concesso il direttore del Guardian nella nota per i suoi giornalisti, «ma dovete pensarci due volte prima di utilizzarli». Perché? È chiaro il perché:«L'espressione "cambiamento climatico", per esempio, suona piuttosto passiva e delicata quando quello di cui parlano gli scienziati è una catastrofe per l'umanità».Bisogna rendere atto al Guardian di avere avuto almeno l'onestà intellettuale di dichiarare apertamente le regole e i motivi della nuova strategia di persuasione. Cosa che però nulla toglie al disagio provocato da questa specie di offensiva lessicale in ogni lettore dotato di senso critico: l'idea, da parte di uno degli organi di informazione più seguiti al mondo, di far passare una certa visione delle cose semplicemente manipolando le parole usate per definirle è, appunto, vagamente orwelliana. Tanto più nell'ambito di una materia complessa e controversa come il clima.I DENIERS DEL BREAKDOWNMa quali sono i rudimenti della Neolingua meteorologica del Guardian? Eccone un assaggio, tratto dalla nota del direttore (le virgolette sostituiscono i neretti del testo originale):«Usate "climate emergency", "crisis" oppure "breakdown" invece di "climate change"Usate "global heating" invece di "global warming"Usate "wildlife" invece di "biodiversity" (quando opportuno)Usate "fish populations" invece di "fish stocks"Usate "climate science denier" oppure "climate denier" invece di "climate sceptic"».Non serve un inglese particolarmente fluent per cogliere la rilevanza della forzatura linguistica. Il fievole tepore evocato dalla parola "warming" diventa l'allarmante incandescenza del termine "heating"; un semplice, quasi banale cambiamento climatico ("change") evolve in una spaventosa emergenza, una crisi, addirittura un collasso ("breakdown"). Ma probabilmente il vero capolavoro subliminale è il nuovo marchio coniato dal Guardian per stigmatizzare i dissidenti del global heating: essi non saranno più chiamati "scettici", saranno bollati direttamente come "deniers", guarda caso lo stesso termine che gli anglosassoni dedicano ai negazionisti dell'Olocausto. Ma non basta: i nuovi negazionisti devono sapere che quel che negano non è soltanto una teoria scientifica come le altre, bensì la "scienza del clima" in quanto tale.L'HO VISTO ALLA BBCArgomenti a supporto di tutto questo? Oltre alle filippiche (politiche) del segretario dell'Onu António Guterres, il Guardian menziona le tesi di un professore del Met Office britannico (che sarà pure uno scienziato e forse perfino in ottima compagnia, ma sicuramente non è "la scienza"). Poi cita la Bbc, che nello scorso settembre ha pensato bene di raddrizzare i suoi talk show troppo equilibrati sul tema del clima spiegando che «non c'è bisogno di un "negazionista" per bilanciare un dibattito»; e infine l'immancabile Greta Thunberg, ovviamente favorevolissima all'adozione della Neolingua climatica. Tutti appigli perfetti per restare «fedeli ai fatti».DOVE NON ARRIVA GRETA, ARRIVERANNO I GIUDICILeone Grotti nell'articolo seguente dal titolo "Cambiamenti climatici. Dove non arriva Greta, arriveranno i giudici" rivela che un gruppo di esperti ha teorizzato che i governi possono essere costretti a ridurre le emissioni di CO2 dai tribunali, come fatto da Olanda e Australia, nel nome dei "diritti umani", ma in realtà contro l'uomo.Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 27 aprile 2019:Non sarà l'attivismo di Greta Thunberg a convincere i governi occidentali a «fare di più» per salvare la Terra e ridurre le emissioni di CO2 secondo la Bibbia del catastrofismo climatico. Saranno i giudici a obbligarli. È questa la teoria di un gruppo di esperti di diritto, che nel 2014 si è riunito per mettere nero su bianco una strategia per lavorare ai fianchi le democrazie di tutto il mondo e che ha cominciato a metterla in pratica. Se gli scienziati non riescono a dimostrare che i cambiamenti climatici sono causati dall'uomo, i popoli si ostinano a non percepire il riscaldamento globale come un'emergenza e di conseguenza i Parlamenti non hanno intenzione di prendere misure drastiche per contenerlo, allora il problema va portato nelle aule di tribunali. Sarà la giustizia a sopperire alle mancanze della politica, aggirando un piccolo dettaglio chiamato democrazia.OLTRE 1.300 CAUSE IN 30 ANNISecondo una ricerca della Columbia University sono circa 1.300 le cause legali connesse ai cambiamenti climatici intentate in tutto il mondo dagli anni Ottanta a oggi. La più famosa, scrive il Washington Post, ha avuto successo in Olanda, dove nel 2015 il tribunale distrettuale dell'Aia ha condannato il governo olandese a fare di più per combattere i cambiamenti climatici, cioè a ridurre le emissioni di CO2 almeno del 25 per cento entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990. Il governo aveva approvato misure per tagliarle del 17 per cento. Nel 2018 la sentenza è stata confermata dalla Corte d'appello dell'Aia e il governo ha fatto ricorso alla Corte Suprema.

    Greta salvera' il mondo? Vi raccontiamo la storia di 4 ragazzi straordinari che hanno preferito Gesu' come loro salvatore

    Play Episode Listen Later May 1, 2019 9:00


    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5634GRETA SALVERA' IL MONDO? VI RACCONTIAMO LA STORIA DI 4 RAGAZZI STRAORDINARI CHE HANNO PREFERITO GESU' COME LORO SALVATORE di Costanza SignorelliSe è chiaro che Greta Thunberg, come tutti, non s'è fatta da sé, è ancor più chiaro che il suo fenomeno mediatico sia gonfiato ad arte da chi sta usando una ragazzina non solo per difendere interessi di parte, ma per passare una precisa idea del mondo. E nonostante i media mondiali e i vari maitre à penser, la vogliano ergere a paladina (salvatrice?) del pianeta, facendo del male a lei per prima, rispetto a tale idea del mondo noi desideriamo dissentire, se ancora ci è concesso.Si badi bene: nulla di personale contro questa tenace sedicenne dalle trecce bionde, che, ormai da mesi, suggestiona l'opinione pubblica internazionale con i suoi scioperi green e i suoi precetti per salvare il pianeta. In fondo, le va riconosciuto, la giovane sta cercando di spendere la vita per qualcosa di vero e di grande, così come il "suo" mondo le ha fatto credere da sempre.Il problema, infatti, sta qui e non si chiama Greta Thunberg, per quanto la ragazzina sia abbastanza grande da essere responsabile delle sue azioni. Il problema non sono nemmeno i giovani come lei che, viva Dio, hanno ancora dentro una scintilla per cui vorrebbero conquistare il mondo e renderlo un posto migliore. Il vero dramma siamo noi adulti che su questa scintilla vogliamo gettarci secchiate d'acqua. E che non siamo in grado di raccogliere questo desiderio del cuore, per educarlo e condurlo sempre più in là, verso la vetta del vero Bene. Il che, nel caso di Greta, basterebbe a domandarsi: ma davvero noi pensiamo che il problema del mondo sia il clima? È esattamente per i cambiamenti climatici che noi intendiamo dare la vita? E ancora: è nel dio-pianeta che noi crediamo?PURTROPPO QUESTE DOMANDE NON SONO AFFATTO RETORICHEPer chi ancora non lo sapesse, il Greta-pensiero è proprio questo e si può riassumere così: «Mancano 10 anni, 257 giorni e 13 ore al 2030. Nel 2030 ci sarà una reazione a catena che potrebbe portare alla fine della civiltà umana, se entro quella data non saranno ridotte drasticamente le emissioni di anidride carbonica», con testuali parole la Thunberg ha iniziato il suo discorso a Palazzo Madama lo scorso 18 aprile, spronando i politici italiani ad agire in fretta e assumersi le proprie responsabilità.Insomma, di fronte a tanto, se ancora ci è concesso, non possiamo non dissentire: è davvero questa la visione catastrofista del mondo che vogliamo consegnare ai nostri ragazzi? Una visione che vede nell'uomo la causa di ogni male e che proclama la salvezza dell'umanità in comportamenti ecologicamente virtuosi? È veramente questo il nostro modello di vita?Ebbene, parrebbe proprio di sì. Non c'è consesso di potenti o assemblea di esperti, non c'è parlamento nazionale o Stato europeo che negli ultimi tempi non abbia ospitato e applaudito la piccola Greta, candidata di punta al prossimo Nobel per la Pace. E se il mondo laicista, si sa, ha i suoi idoli, stupisce che persino in Vaticano in molti l'abbiano additata come esempio da seguire. È dei giorni scorsi - per dirne una - l'uscita di padre Spadaro (direttore della Civiltà Cattolica) che ha twittato così: "Il mondo salvato dai ragazzini", con il volto di Greta in primo piano.Ancora una volta, se ci è concesso, abbiamo il dovere di dissentire. Ma questa volta, il come e il perché ce lo insegnano per davvero dei ragazzini.MANUEL, DAVID, GIULIA,CARLOManuel, 9 anni, salito al Cielo nel 2010 per un tumore osseo. Della vita, del mondo e del creato, da un letto di ospedale, il piccolo parlava così: "I miei occhi vedono ciò che altri non vedono, perché nel buio della mia vita per molti insignificante, io vivo cose bellissime. (...) Poter ammirare la bellezza della natura mi emoziona perché è un'opera d'arte del mio Signore che ha dipinto paesaggi bellissimi per me! Poter amare gli altri con tutto il cuore e la mia vita mi rende felice (...). Tutto mi fa capire che Gesù mi ama molto e non mi abbandona mai perché Lui è roccia, rifugio e salvezza!". Manuel è un bambino che aveva solo 4 anni quando ha deciso di regalare tutte le sue sofferenze e la sua vita per la salvezza dei peccatori e del mondo intero. Per lui la salvezza del pianeta coincideva con la salvezza delle anime che voleva condurre tutte in Paradiso: così gli aveva insegnato Gesù.David, 17 anni, salito al Cielo nel 2017 per un osteosarcoma al bacino. Prima di lasciare questo mondo, chiedeva questo: "Pregate molto, ma non affinché io guarisca, perché non è questo l'importante, ma perché sia fatta la Volontà di Dio. Perché se sarà fatta la Sua Volontà, qualsiasi cosa accada, anche la più brutta che si possa immaginare, io avrò vinto e nulla potrà essere meglio di così". Per David non c'era catastrofe imminente, se non quella di perdere l'amicizia con il suo Signore e il suo Dio.Giulia Gabrieli, 14 anni, salita al Cielo nel 2014 per un cancro alla mano. Poco prima di morire voleva lasciare questo messaggio a tutti i ragazzini come lei: "Vorrei fare qualcosa per i giovani che non hanno ancora conosciuto il grande amore per il Signore. Questi ragazzi del giorno d'oggi che sono autonomi e che pensano di non avere più bisogno del Signore. Vanno alla ricerca, fanno una caccia al tesoro pensando di trovare chissà che cosa. Ma in realtà è una caccia al tesoro senza il tesoro quella che fanno! Il tesoro lo trovano solo se stanno sulla strada del Signore!". Giulia se n'è andata con il sorriso sulle labbra e la pace nel cuore. Se n'è andata non perché voleva cambiare il mondo, ma perché lo voleva amare tutto, sino alla fine. Se n'è andata tra le braccia del Padre, l'unico Salvatore che era certa avrebbe vinto la morte. Giulia se n'è andata sicura di raggiungere il Paradiso, vera meta di Salvezza contro il male che si abbatte sul mondo.Carlo Acutis, 15 anni, salito al Cielo nel 2006 per una leucemia fulminante. Nella sua breve e intensissima esistenza Carlo ripeteva: "La nostra meta deve essere l'infinito, non il finito. L'Infinito è la nostra Patria, perché da sempre siamo attesi in Cielo. L'Eucaristia è la mia autostrada per il Cielo!". Nella sua estrema concretezza, vitalità e intelligenza Carlo sapeva che non esisteva nulla che avrebbe potuto dare significato pieno alla vita se non Cristo vivo e vero. Quel Cristo che lui amava, adorava e incontrava tutti i giorni nell'Eucaristia, unica consistenza del mondo e dell'intera umanità.È vero, Giulia, Manuel, David, Carlo... così come tutti i "giovani santi" raccontati nel libro della Nuova BQ, "Il Chicco di Grano", erano diventati dei piccoli grandi maestri di vita. I loro stessi genitori dicono che, dentro e fuori casa, erano come delle stelle da seguire, erano delle vere autorità. Ma questo era possibile per una sola e misteriosa ragione: questi ragazzini si erano totalmente abbandonati alla Volontà di Dio, tanto da poter dire come san Paolo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me" (Gal, 2, 20). No, se questi piccoli santi fossero qui oggi rifiuterebbero con forza ogni visione catastrofista del mondo sapendo che esso è pieno e sorretto dalla Grazia di Dio Padre Onnipotente. E respingerebbero ogni merito o plauso, essendo assolutamente convinti che il Salvatore del mondo e della storia è uno solo e si chiama: Gesù Cristo, Figlio di Dio.Nota di BastaBugie: dopo il video si trovano i link a due nostri precedenti articoli che svelano la verità su Greta Thunberg.Ecco un video (durata: 17 minuti) con la trasmissione su Tv2000 dove la giornalista Costanza Signorelli racconta le storie dei giovani di cui lei stessa ha parlato nell'articolo qui sopra.https://www.youtube.com/watch?v=S5wgJbmOSKIGRETA E' UN FENOMENO COSTRUITO AD ARTE DAI SUOI GENITORILa 16enne svedese non è per nulla spontanea: soffre di autismo, ma, guarda caso, proprio quando ''scioperava'' davanti al parlamento è uscito il suo libro in varie lingue (VIDEO: recensione critica del libro di Greta)di Francesco Agnolihttp://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5623LA 16ENNE SVEDESE GRETA THUNBERG SOFFRE DI AUTISMO E VIENE SFRUTTATA DALLE ELITE ECOLOGISTE PER MOTIVI ECONOMICIPuò sembrare strano, ma l'ideologia ecologista che manda in piazza Greta e migliaia di giovani (strumentalizzati dalle élite ecologiste per i loro interessi) è la stessa che ispira il terrorista australianodi Riccardo Casciolihttp://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5582

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