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Alessandro Gnocchi"Giovannino Guareschi. Una vita controcorrente"Edizioni Areswww.edizioniares.itFormidabili quei sessant'anni vissuti controcorrente seguendo sempre e soltanto le eterne leggi del buon Dio e la propria coscienza. Sessanta tumultuosi, irrequieti, generosi, intelligenti, formidabili anni impreziositi da un inequivocabile genio letterario, giornalistico e grafico. Ciò ha fatto di Giovannino Guareschi lo scrittore italiano forse più conosciuto e amato nel mondo, ma anche il più detestato dal potere politico e culturale. Quando morì nel 1968 i suoi lettori lo piansero, gli intellettuali e i politici poterono finalmente ignorarlo. Eppure, i censori passano mentre il vecchio Giovannino, i suoi personaggi (soprattutto Don Camillo e Peppone) e i suoi lettori, restano. Grazie alla lunga frequentazione della sua opera e di documenti di archivio spesso inediti, Alessandro Gnocchi, uno dei suoi maggiori studiosi, ne spiega il motivo cogliendolo tanto nel valore intellettuale dello scrittore e del giornalista, quanto nell'integrità dell'uomo capace di inimicarsi proprio tutti, comunisti e anticomunisti, fascisti e antifascisti, clericali e anticlericali.Alessandro Gnocchi si occupa delle tematiche religiose nella letteratura moderna e contemporanea. In questo àmbito, ha pubblicato scritti su Cristina Campo, Fëdor Dostoevskij, J.R.R. Tolkien, G.K. Chesterton, Georges Simenon, Carlo Collodi e Arthur Conan Doyle. A Giovannino Guareschi, di cui è considerato uno dei maggiori studiosi, ha dedicato una decina di opere, tra cui Don Camillo & Peppone. L'invenzione del vero (Rizzoli), Giovannino Guareschi. Una storia italiana (Rizzoli), Viaggio sentimentale nel Mondo piccolo di Guareschi (Rizzoli), Lettere ai posteri di Giovannino Guareschi (Marsilio), Andavamo con Dio e tornavamo al tramonto (DreamBook) e, nel catalogo Ares, il profilo letterario Giovannino Guareschi. La poetica della libertà (2025).IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarewww.ilpostodelleparole.itDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.
Quando, tra l'aprile e il maggio del '45, si aprono i cancelli dei lager, gli IMI sono vittime di un altro paradosso: sono liberati ma non liberi, presi in consegna dagli Alleati. Inglesi, francesi, russi: fra biechi calcoli politici e scandalosa indifferenza, i prigionieri italiani sono trattenuti nei campi di raccolta per mesi e mesi. E neppure in patria ci si preoccupa di loro: un prolungamento di attesa e sofferenza scandaloso. Il ritorno a casa, poi, dovranno spesso farselo a piedi, dalla Germania o dalla Polonia, tra infinite traversie: per poi scoprire che i famigliari e gli amici magari li hanno dimenticati, si sono rifatti una vita, conciati come sono neppure la madre li riconosce, e nessuno ha voglia di sentirsi raccontare quel che hanno passato. Così, gli Imi finiscono per tacere e la loro storia non la racconta più nessuno. Tranne Guareschi, e pochi altri. Anche e voi, ora: se vorrete.Perché adesso avrete più chiaro che quel loro “NO” contiene un senso profondo e ci suggerisce che noi italiani siamo magari un po' meglio di come ci dipingono. E poi, ora sappiamo che non è vero che il non violento perde sempre e il violento vince: esistono vittorie senza violenza. Testo: Paolo Colombo con Valentina VillaCura editoriale, musiche e sound design: Andrea Franceschi.Registrazione e editing: Giorgio BaùComunicazione e marketing: Arianna FainaDesign director: Laura CattaneoIllustrazione: Giorgio De MarinisProduzione: Il Sole 24 Ore
Un elemento di forza nella resistenza opposta dagli IMI agli orrori del lager è la cultura. Gli IMI studiano, come e quando possono. C'è chi, facendosi aiutare dai più istruiti, prepara la tesi laurea: un modo come un altro per tenersi aggrappati alla vita. Sono organizzate conferenze e lezioni clandestine sui più disparati argomenti: chi sa, insegna agli altri. La “Regia Università del lager” la battezza Guareschi. Ma si riescono ad allestire anche veri e propri spettacoli teatrali: scopre lì il proprio talento artistico quel grande attore che sarà Gianrico Tedeschi. E assolutamente geniale è il modo in cui gli Internati, maestri assoluti nell'arte di cavarsela, riescono a costruire dal nulla una radio per ascoltare notizie dal mondo esterno e non sentirsi dei sepolti vivi: “Caterina”, la chiameranno e riusciranno a tenerla nascosta ai loro carcerieri fino alla liberazione. Ma poi, neanche essere liberi sarà per loro cosa facile. Testo: Paolo Colombo con Valentina VillaCura editoriale, musiche e sound design: Andrea Franceschi.Registrazione e editing: Giorgio BaùComunicazione e marketing: Arianna FainaDesign director: Laura CattaneoIllustrazione: Giorgio De MarinisProduzione: Il Sole 24 Ore
Una storia che può cambiare il nostro modo di pensarci come popolo. La storia di oltre mezzo milione d'italiani che scontano due anni di lager perché sono determinati a dire “NO” al fascismo, al nazismo e alla loro assurda guerra. Pensa che Paese si sarebbe potuto costruire su una storia così. Ma le cose sono andate diversamente. Nonostante qualcuno ci avesse provato, a raccontarla, questa storia. Si chiamava Giovanni Guareschi, l'autore delle storie di Peppone e Don Camillo, e - da grande scrittore qual'era - la mise nero su bianco: perché lui era stato uno di quelli che avevano detto “NO”. E l'aveva provata sulla propria pelle, l'assurdità e l'epica di quella storia: la storia degli IMI, gli Internati Militari Italiani.
Una storia che può cambiare il nostro modo di pensarci come popolo. La storia di oltre mezzo milione d'italiani che scontano due anni di lager perché sono determinati a dire “NO” al fascismo, al nazismo e alla loro assurda guerra. Pensa che Paese si sarebbe potuto costruire su una storia così. Ma le cose sono andate diversamente. Nonostante qualcuno ci avesse provato, a raccontarla, questa storia. Si chiamava Giovanni Guareschi, l'autore delle storie di Peppone e Don Camillo, e - da grande scrittore qual'era - la mise nero su bianco: perché lui era stato uno di quelli che avevano detto “NO”. E l'aveva provata sulla propria pelle, l'assurdità e l'epica di quella storia: la storia degli IMI, gli Internati Militari Italiani. Testo: Paolo Colombo con Valentina VillaCura editoriale, musiche e sound design: Andrea Franceschi.Registrazione e editing: Giorgio BaùComunicazione e marketing: Arianna FainaDesign director: Laura CattaneoIllustrazione: Giorgio De MarinisProduzione: Il Sole 24 OreAscolta tutti gli altri podcast realizzati da Paolo Colombo per Il Sole 24 Ore: https://podcast.ilsole24ore.com/hub/history-telling-AFVa88lC
La finezza d'animo del grezzo parroco che fiuta tabacco… Il sesto capitolo di "Il parroco di Lamotte", letto dal prof. Giovanni Zenone.
Na estante da semana, há um ensaio sobre comportamentos humanos que aparentemente não produzem qualquer resultado prático no mundo exterior: chama-se simplesmente “Ritual”; a autora do famoso Persépolis, Marjane Satrapi, regressa à banda desenhada com uma homenagem às mulheres iranianas em “Mulher Vida Liberdade”; no domínio da filosofia política, há um ensaio que usa a designação de “liberal” como adjectivo: chama-se “A Luta por uma Política Decente”; e com a reedição de “Dom Camilo e o seu Pequeno Mundo” regressa um clássico do humor que junta, numa aldeia italiana, o padre Dom Camilo e o Peppone, o presidente de câmara comunista, numa relação de inimigos íntimos. See omnystudio.com/listener for privacy information.
O Don Peppone é um dos 32 estabelecimentos participantes do Roteiro Blumenau Gastronômico 2023 que acontece de 03 de agosto à 17 de setembro de 2023. Aperte o play e conheça essa história de empreendedorismo. Host: André Cantoni Siga o Blumencast no instagram: https://www.instagram.com/blumencast/?hl=pt-br Siga o instagram do Roteiro Blumenau Gastronômico: https://instagram.com/blumenaugastronomico?igshid=MzRlODBiNWFlZA==
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7468DON CAMILLO DIFENDE LE CROCI IN CIMA ALLE MONTAGNE di Lorenzo BertocchiDalle finestre del tinello don Camillo aveva un meraviglioso panorama sulle cime, ma quella mattina all'orizzonte mancava qualcosa. Non aveva ancora finito di raccapezzarsi sulla faccenda paesaggistica che arrivò come un fulmine lo Sparalesto, in compagnia del presidente della Pro Loco.In nome dell'ambiente, il gruppo "Spirito libero in libera natura" aveva ottenuto dal comune il permesso di abbattere la Croce di vetta che era lì da duecento anni.Don Camillo fece irruzione nell'ufficio della nota assessora alla cultura e, mani sui fianchi, la guardò come si guarda un abusivo che scaccia di casa il padrone. Ma l'assessora era un osso duro.«Si calmi e non ne faccia una questione integralista», disse, «noi pensiamo che i frequentatori della nostra vetta più alta debbano avere la possibilità di attribuire liberamente alle loro esperienze in montagna i valori che sentono più affini. Senza alcun inquinamento prevaricatore. Lo diciamo anche per una questione di libera lode alla natura, senza preconfezionamenti».Il povero parroco, di fronte a un tale sfoggio di cultura, rimase per un momento al tappeto. E pensò che l'assessora colpiva molto più duro del vecchio Peppone.Uscito dal palazzo comunale don Camillo ebbe un'altra notizia da knock-out, i talebani dell'ambiente libero non si erano limitati a togliere la vecchia Croce di vetta, ma al suo posto avevano posizionato un monumento al libero pensatore che, pensoso, avrebbe atteso lo scalatore per dargli un vago senso di conquista della cima. Il vaso era colmo e al nostro parroco di crinale non rimase che andare dal Crocifisso dell'altar maggiore.«Signore, qui la vogliono sfrattare da casa sua».«Non preoccuparti don Camillo, ci sono abituato, sono salito sulla Croce per questo. Tu continua a salire la tua strada e non perdere di vista la meta».E fu sera, e fu mattina. Il giorno dopo verso mezzogiorno in piazza non si parlava d'altro, tutti a guardare la vetta. Nottetempo qualcuno, di fianco al libero pensatore, aveva piantato tre metri di Croce con su scritto In hoc signo vinces. Qualcuno gridava al miracolo. Quelli dello "spirito libero" erano già pronti a salire in vetta con l'assessora che voleva vedere con i suoi occhi. Don Camillo si rese subito disponibile per accompagnarli.Durante la salita raggiunsero il vecchio Paolino, che ogni anno in quaresima saliva alla Croce di vetta per lasciare un fiore. Era solo da anni, aveva perso in un colpo la moglie e il giovane figliolo, assassinati all'epoca della linea gotica.«Buongiorno reverendo, venite anche voi alla Croce?», domandò Paolino.«Andiamo a vedere chi ha rimesso la Croce in vetta, visto che questi signori l'avevano tolta per far posto ai pensatori».«Ma la Croce è sempre rimasta al suo posto», rispose Paolino, «da casa mia non ho mai smesso di vederla».Tutti conoscevano il vecchio Paolino e a qualcuno la storia del miracolo cominciava a far sudare freddo. A togliere tutti dall'impaccio pensò don Camillo: «Cari liberi pensatori, spesso solo un cammino molto accidentato può condurre a Dio, un cammino che solo nella Croce trova significato. Allora si sale per la strada giusta. Chi nel proprio cammino non vede più la Croce, allora è segno che è fuori strada. Ma si può sempre tornare sulla retta via e vedere così riapparire all'orizzonte il Segno della vera libertà». La comitiva girò i tacchi e scese a valle. Dal tinello di don Camillo il panorama era tornato a posto.Nota di BastaBugie: Ermes Dovico nell'articolo seguente dal titolo "Il Cai, le croci e le montagne (che ci parlano di Dio)" commenta la vicenda del portale il Club Alpino Italiano che prima disapprova l'installazione di nuove croci sulle vette, poi fa un parziale dietrofront, ma la toppa è peggiore del buco. All'origine, il mancato riconoscimento della meta eterna a cui la Croce e le stesse montagne ci richiamano.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il maggio giugno 2023:«Prima che nascessero i monti / e la terra e il mondo fossero generati / da sempre e per sempre tu sei, Dio» (Sal 89,2). Le lodi mattutine di ieri, 26 giugno, ci ricordano che l'intera creazione - dai monti a tutta la realtà di cui noi stessi facciamo parte - è opera dell'Eterno, cioè di Dio. Esse ci parlano dello stesso Dio che si è incarnato nella pienezza dei tempi, condividendo tutto della condizione umana (tranne il peccato) fino a lasciarsi crocifiggere per la nostra salvezza. È quindi curioso, sebbene non originale, che oggi, A. D. 2023, si possa definire «anacronistico» quel simbolo, la croce, che ricorda l'evento centrale nella storia dell'uomo, richiamando evidentemente Colui - Gesù Cristo - che ha voluto amare i suoi figli fino al dono della sua stessa vita.Il caso è già ben noto alle cronache: tutto nasce dalla posizione espressa da esponenti di spicco del Cai, il Club Alpino Italiano, a proposito delle croci innalzate sulle cime delle montagne. Ricostruiamo i fatti.Giovedì 22 giugno, all'Università Cattolica di Milano, si è tenuto un convegno con relatori di diversa estrazione che si sono confrontati sui temi presenti nel libro Croci di vetta in Appennino, di Ines Millesimi. Il convegno era stato annunciato il 13 giugno attraverso un articolo sulla testata online del Cai, Lo Scarpone, in cui Pietro Lacasella, curatore del portale, a proposito delle croci di vetta, scriveva che è sbagliato rimuoverle ma è «anacronistico» innalzarne altre, perché «la croce non rappresenta più una prospettiva comune, bensì una visione parziale», mentre le vette dovrebbero essere considerate «come un territorio neutro».La stessa posizione - né rimuovere le croci esistenti né innalzarne di nuove - veniva espressa al convegno alla Cattolica dal direttore editoriale e responsabile delle attività culturali del Cai, l'ateo dichiarato Marco Albino Ferrari. In un solco simile anche la linea dell'autrice del libro presentato all'evento, Ines Millesimi, secondo cui «la croce non può essere un segno divisivo». Lo Scarpone ritornava quindi sul tema con un articolo - Croci di vetta: qual è la posizione del CAI? - sempre a firma di Lacasella, per ribadire, a sintesi del convegno, il concetto che il Cai rispetta le croci esistenti e si occupa anche della loro manutenzione, ma il presente impone di «disapprovare la collocazione di nuove croci e simboli», per via del «dialogo interculturale» e delle «nuove esigenze paesaggistico-ambientali». Anche questo è un paradossale segno dei tempi: accantonare Dio in nome dell'ambiente e delle religioni (e pazienza che quella rivelata sia una sola).La posizione del Cai ha suscitato malcontento tra diversi soci. E ha portato vari leader di centrodestra a intervenire, forse anche per un malinteso sulla rimozione: malinteso che comunque - stando a quanto riportava il sito del TgCom il 24 giugno - avrebbe coinvolto anche alcune guide di Alagna (provincia di Vercelli) che avevano già cominciato a rimuovere le croci «per ammassarle in un memoriale».A seguito dell'intervento della maggioranza al Governo - incluso il Ministero del Turismo, che vigila per competenza sul Club Alpino Italiano - il presidente dello stesso Cai, Antonio Montani, ha diffuso una nota per dire che non c'è «una posizione ufficiale» sulle croci di vetta e quanto pubblicato in precedenza «è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari […]. Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco ad immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce». La nota, a ben vedere, è solo un parziale dietrofront, perché toglie l'aura di ufficialità alla posizione espressa da Ferrari-Lacasella, ma nulla dice su eventuali nuove installazioni di croci.E questo non è un punto secondario. Le croci di vetta di cui si parla - come riporta il portale del Cai - risalgono per la maggior parte al periodo compreso tra la seconda metà del XIX e la prima metà del XX secolo. Dunque, innanzitutto, oggi non c'è questa presunta "emergenza" di evitare chissà quale proliferazione di nuove croci. D'altra parte, presentare la croce come anacronistica e divisiva pone come minimo un problema di prudenza, perché il discorso investe evidentemente non solo le croci sulle vette - il che è già problematico - ma tutte le croci e i simboli cristiani negli spazi e luoghi pubblici. Le assurdità da politicamente corretto della nostra epoca - quelle sì divisive, nel senso negativo del termine - stanno lì a ricordarcelo. E la storia ci dice che quando serpeggia un clima culturale così, basta nulla perché dalla persecuzione ai simboli si passi a quella alle persone che in quei simboli si riconoscono.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7329ELLY SCHLEIN, IL NUOVO SEGRETARIO DEL PD E' LESBICA E PIACE ANCHE A SOROS di Giuliano Guzzo«Ora uniti per tornare a vincere. Saremo un problema per il governo Meloni. Il naufragio di migranti in Calabria pesa sulla coscienza dell'esecutivo». Le prime parole di Elly Schlein, neoeletta segretaria del Pd, sono battagliere e ne riflettono bene la tempra. Del resto, se battagliera non fosse questa trentasettenne non sarebbe arrivata dov'è, riuscendo - grazie al 53,8% dei consensi - a conquistare il principale partito progressista italiano, che pure da mesi veniva saldamente dato in mano al superfavorito Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia Romagna il quale, a questo punto, può tornare a fare il suo lavoro.Invece per Elly Schlein [...] ora cambia tutto e non solo per lei, motivo per cui vale la pena conoscerla più da vicino. Nata a Lugano nel 1985, figlia di due docenti universitari - il padre è americano di origine ebraica aschenazita, la madre italiana -, l'enfant prodige del progressismo italiano è cresciuta a pane e politica, inanellando da subito esperienze ai massimi livelli. Basti dire che, a suo tempo, volò a Chicago per sostenere le campagne elettorali di Barack Obama. Poi sono arrivati l'Europarlamento e la vicepresidenza della Regione Emilia Romagna.Ma Elly Schlein, il cui trionfo è avvenuto soprattutto grazie ai non iscritti al Pd (presagio, quello dell'onda esterna che aveva lo stesso Bonaccini, già forse intimorito dal fatale appoggio di Piero Fassino), ha coltivato la passione politica, con militanza attiva ed esperienze, si accennava, anche molto prestigiose, sin dagli anni dell'università. Vuoi per il suo bruciare le tappe, vuoi per il suo bagaglio ideologico - di cui diremo subito - la neosegretaria Pd, oltre che idola di giovani venuti su col Woke nel biberon, è una dagli appoggi così potenti che c'è da domandarsi se il suo successo, in fondo, sia così casuale. Quali appoggi? C'è l'imbarazzo della scelta. Un documento della Open Society, società del finanziere supermiliardario George Soros, la indicava tra «gli alleati affidabili» già nel 2014, al suo primo mandato all'Europarlamento.FEMMINISTA, AMBIENTALISTA, PROGRESSISTAInsieme a lei, tra gli «alleati affidabili», ha fatto notare su Facebook la scrittrice femminista Marina Terragni, c'erano pure Antonio Panzeri e Antonio Cozzolino…Ma non divaghiamo e torniamo alla neoeletta segretaria del Pd. Che, dicevamo, da anni gode di sostegni potenti. Ancora nel settembre 2020, per dire, L'Espresso - che della sinistra italica non sarà la Bibbia, ma giù di lì - le aveva dedicato una intera copertina incoronandola come «femminista, ambientalista, progressista, di governo»: più che un titolo, un'investitura. Giusto pochi mesi prima, era invece stata Daria Bignardi, su La7, ad ospitarla dandole modo di dichiarare pubblicamente il suo orientamento sessuale fluido: «Ho amato molti uomini e donne. Ora sono felice con una ragazza».Questa dichiarazione ci consente di iniziare ad introdurre il profilo ideologico di Elly Schlein, che è quello di una paladina del mondo Lgbt, peraltro su posizioni fieramente abortiste. Prova ne sia il tono "allarmato" con cui la neosegretaria - che alcune fonti, a proposito di endorsement di peso, hanno descritto come assai gradita anche a Romano Prodi, benché il suo ufficio stampa abbia poi smentito - aveva commentato la decisione della Corte Suprema Usa di revocare la sentenza Roe vs Wade del 1973, che aveva definito «un salto indietro di 50 anni, un terrificante salto nel buio in cui si cancellano i diritti delle donne a scegliere sul proprio corpo».LA NUOVA ANTI-MELONIToni tanto duri, va da sé, non sono affatto casuali. Al contrario, riflettono appieno quanto per la nuova «anti-Meloni», contino i temi etici, e cioè tantissimo. Non a caso ha ottenuto anche l'appoggio di Alessandro Zan, di Laura Boldrini, perfino di nomi nobili - come Beatrice Borromeo - insomma di tutto l'establishment della sinistra Ztl ed ultra radical. Ergo, con Elly Schlein il Pd diventa - definitivamente, dato che un po' lo era già - il Partito di Davos. Da Gramsci a Greta, dalla Festa dell'Unità al Gay Pride, dall'articolo 18 all'asterisco, sì completa così quello che - attualizzando Augusto del Noce - potremmo definire il suicidio della rivoluzionə. D'accordo, ma al vecchio elettore ex comunista, ora, che resta?Lo stesso militante di Capalbio - tutto cashmere, babbucce ed evve moscia - è ora scalzato dal metrosexual di City Life: figurarsi lo spaesamento dell'iscritto proletario al Pci. L'affermazione di Elly Schlein, che farà senz'altro felice Matteo Renzi - che pronosticava che un suo successo gli avrebbe portato «metà Pd» -, segnerà dunque il definitivo pensionamento dei Peppone superstiti; proprio loro, che hanno per decenni animato le Case del Popolo, ora si ritrovano senza più averne una. È il triste ma inevitabile epilogo d'un mondo che, a forza di strizzar l'occhio a eutanasia e ius soli, si trova ora una segretari* che ha preso la «cittadinanza politica» - la tessera - l'altro giorno e si accinge a praticare al suo partito la sospirata "dolce morte".Nota di BastaBugie: Elly Schlein nasce a Sorengo, vicino Lugano in Svizzera. Suo padre, Melvin Schlein, politologo e accademico statunitense di origini ebraiche è professore emerito di Scienze politiche e Storia alla Franklin University in Svizzera. L'attività politica della Schlein ha inizio a partire dal 2008, quando partecipa come volontaria alla campagna elettorale di Barack Obama per le elezioni presidenziali statunitensi. Scala negli anni le vette della politica, arrivando a ricoprire nel 2014 il ruolo di europarlamentare del PD e, dopo una latitanza di sette anni dal partito per dissensi con i suoi vertici, torna infine alla carica il 4 dicembre 2022 candidandosi per la Segreteria del PD, lasciata vacante da Enrico Letta all'indomani delle elezioni. (Fabio Fuiano, Corrispondenza Romana, 22 febbraio 2023)Elly Schlein è dichiaratamente e orgogliosamente gay, sull'aborto è disposta a spostare i paletti ancora più in là, ha dichiarato in più occasioni che la 194 implica per le donne un diritto ad abortire, è dell'idea che lo Stato dovrebbe garantirlo anche negando l'obiezione di coscienza dei medici. È ecologista radicale ed è a favore di tutte le transizioni, che sono oggi sul tappeto. Ai tempi del Covid si era allineata al pensiero unico. Se vogliamo quindi porla sulla postmodernità liquida, la Schlein è molto più avanti di Letta o Bonaccini, nonostante loro non fossero granché indietro. [...] Tra l'altro sembra in grado di risvegliare un Partito Democratico morente. Con Bonaccini avrebbe forse continuato a morire, con la Schlein potrebbe riprendersi dal coma. (Stefano Fontana, La nuova Bussola Quotidiana, 28 febbraio 2023)
Heartbeat ...Dein Glücklichmach Podcast Resilienz & Lebensfreude Jeden Freitag eine neue Folge
Mein heutiger Gast in der letzten Folge des Specials " Glück - Passion - Kraft" ist Franz Hinteregger aus Lüsen im wundervollen Südtirol. Franz ist der Inhaber des Lüsner Hofs- einem sehr außergewöhnlichen Hotel in Lüsen, hinter dem eine Philosophie der tiefen Verbudnenheit mit der Natur, der gesunden Verlangsamung und der Achtsamkeit steht . Ich habe Franz als einen ruhigen und klaren Menschen kennengelernt und als ich mehr über sein tun und Wirken erfuhr, wollte ich ihn unbedingt als Gast im Glück - Passion - Kraft Special haben. Franz hat mit seinem Engagement Lüsen geprägt - nicht eben "nur" sein Hotel..sondern durch ein Andersdenken und durch ausgefallene Ideen dafür gesorgt, dass Lüsen nicht ein weiterer Skiort von vielen in dieser Region wird . Seine Familie ist seit sehr langer Zeit in und um Lüsen verbunden - aber was soll ich hier alles schreiben: hört euch die Folge an. Hört über Monate auf der Alm, über Don Camillo und Peppone und über Nachhaltigkeit.. Viel Freude damit.
Weihnachten 1946 erscheinen erstmals Geschichten um Don Camillo und Peppone aus der Feder von Giovannino Guareschi. Es geht um den Zwiespalt zwischen tradierten Werten und gesellschaftlicher Aufbruchsstimmung und um einen Appell an die Moral der politischen Lager nach der faschistischen Diktatur Mussolinis.
Un cappello da prete nuovo coi nastrini di seta dà il via oggi a una carrellata irriverente su preti poco in odore in santità. Si parte con un giallo ante litteram di fine Ottocento di Emilio De Marchi, dove un certo don Cirillo viene assassinato, passando per lo starez Zosima di Dostoevsky, per il don Camillo di Guareschi, per padre Ralph e padre Brown, rispettivamente della MuCullogh e di Chesterton, fino ad arrivare ad alcuni curati di campagna e di montagna (Campanile, Bernanos, Mancinelli). Alla fine, dopo avere accennato al disegno di un boa che sta digerendo un elefante, ci si lascia con una strana domanda. Che però allude a un'altra storia.
Heute vor 70 Jahren kam der erste der fünfteiligen "Don-Camillo-und-Peppone-Filmsaga" ins Kino.
Dopo la fine della guerra, in Italia arrivano le prime scelte da fare. Con gli americani o con i sovietici? Con Coppi o con Bartali? Peppone o Don Camillo? E intanto l'economia cresce... Andrà così a lungo?Ti piace Salvatore racconta? Puoi avere anche due episodi a settimana, se vuoi!Il mercoledì esce su Patreon Salvatore racconta l'attualità, dove si parla dell'Italia di oggi.Se vuoi iscriverti puoi farlo a: www.patreon.com/salvatoreraccontaTesto e voce di Salvatore GrecoSullo sfondo: Spanish music – Unknown authorYou are my rainbow – Unicorn heads – Licenza Creative Commons CC 0Blue creek trail – Dan Lebovitz – Creative Commons CC BY 4.0Run – Oak Studios – Licenza Creative Commons CC BY 4.0
Mit dem guten Felo vom "Sumpf" und "Data sein Hals" Podcast war ich im Auftrag des Herrn unterwegs um über die Don Camillo Filme mit dem großartigen Fernandel zu sprechen.
Ogni fiume, per arrivare al mare, compie un percorso tre volte più lungo della distanza in linea retta tra la sorgente e la foce. Per essere precisi, circa 3,14 volte, ossia la costante matematica pi greco. È affascinante pensare che la natura - apparentemente così disordinata - abbia regole matematiche. In realtà niente in natura è casuale: le vacche rosse reggiane ne sono un esempio. Resistono al caldo e sono a loro agio in questa pianura. Nelle campagne emiliane l'allevatore Marco Prandi ci racconta come sta scommettendo su un mix di tradizione e innovazione per portare avanti l'attività di famiglia, producendo energia e risparmiando acqua. Il risparmio idrico è fondamentale in un'area dove la siccità si vede a occhio nudo: quello che Giovannino Guareschi aveva soprannominato il “grande fiume”, oggi appare in alcuni tratti quasi un rigagnolo. Nei suoi racconti, le terre di don Camillo e Peppone erano perennemente minacciate dalle esondazioni del Po, oggi sono aride e sabbiose.
Nel 1941 Giovannino Guareschi percorse 1.200 km in bicicletta tra la Lombardia e l'Emilia, per un reportage pubblicato a puntate sul Corriere della Sera. Ottant'anni dopo, Enrico Brizzi ripercorre lo stesso viaggio e lo racconta nel libro "Il fantasma in bicicletta. All'inseguimento di Giovannino Guareschi" (Solferino, 752 p., € 22,00). Si è trattato di un duplice viaggio – spiega Brizzi: uno fisico, l'altro alla scoperta del lato meno conosciuto dell'autore di Don Camillo e Peppone, ovvero quello del giornalista scanzonato che ha fatto la storia del Novecento politico e letterario. Guareschi è uno degli scrittori più venduti e tradotti della storia d'Italia, ma è stato a lungo ignorato dai nostri intellettuali, un po' per ragioni politiche, un po' perché considerato scrittore popolare – conclude Brizzi. RECENSIONI "Coraggio, guardiamo" di Giuseppe Marotta (Alessandro Polidoro Editore, 372 p., € 17,00) "La cucina in valigia" di Gaia Servadio (Neri Pozza, 192 p., € 14,50) "Palermo. Seconda stella a destra" di Maria Luisa Tuscano, Valeria Cappelli, Laura Daricello, Chiara Di Benedetto (Les Bas Bleu, 100 p., € 10,00) "Firenze. Seconda stella a destra" di Alessandra Zanazzi, Valeria Cappelli, Chiara Di Benedetto (Les Bas Bleu, 100 p., € 10,00) "Padova. Seconda stella a destra" di Leopoldo Benacchio, Valeria Cappelli, Chiara Di Benedetto (Les Bas Bleu, 100 p., € 10,00) "Dell'andare in montagna altre amabili ascensioni" a cura di Francesca Cosi e Alessandra Repossi (Ediciclo, 176 p., € 21,00) IL CONFETTINO "Le stelle" di Jacques Goldstyn (La Nuova Frontiera Junior, 64 p., € 17,90) "Dodici storie dal cielo" di Maddalena Oriani (Vallardi, 96 p., € 14,00) "Storia illustrata degli Ufo" di Adam Allsuch Boardman (Einaudi Ragazzi, 128 p., € 16,90)
"Angedacht" – das geistliche Wort und eine kleine Portion Optimismus für den Start in den Tag. Heute mit Thomas Dammann aus Halle.
Don Camillo e Peppone, 70 anni fa il primo ciak, le vostre storie di eroi di quartiere. Il Previ racconta della Bomba Sibarita, miscuglio piccante di ortaggi: da qui, i vostri racconti sulle cose più piccanti che avete mai mangiato. Ospiti del Trio Roberta Fiore (WeWorld) ed Enrico.
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In questo episodio del nostro podcast di italiano comprensibile vi parlo del mio film italiano preferito: Don Camillo. Ambientato nel dopoguerra, il film ci presenta un'Italia povera, dove il protagonista si confronta con l'amico nonché antagonista Peppone. Nel film emergono tutti quelli che erano i valori di una volta e che ora sembrano essere andati un po' persi. Perché non lo guardate anche voi e mi dite che ne pensate? Ecco dove potete trovare il film completo: https://www.youtube.com/watch?v=phFagDdV_HY ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ITALIAN COMPREHENSIBLE INPUT:
⚽️⚪️⚫️ #almanaccobianconero 4 settembre
Per ricevere la trascrizione dell'episodio: http://eepurl.com/hrMwC1Peppone e Don Camillo sono due personaggi di fantasia, ma incredibilmente reali. Un prete collerico e un comunista bonaccione, simboli dell'Italia del dopoguerra e non solo.Testo e voce di Salvatore GrecoBrani sullo sfondo:Creek whistle – Steve Adams – Licenza Creative Commons Attribution CC 0An army of none – The whole other – Licenza Creative Commons CC 0A New Orleans Crawfish boil – Unicorn Heads - Licenza Creative Commons CC 0Soothie – Oak Studios – Licenza Creative Commons CC BY 4.0Cold Funk - Funkorama di Kevin MacLeod è un brano concesso in uso tramite licenza Creative Commons Attribuzione 4.0. https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/Fonte: http://incompetech.com/music/royalty-free/index.html?isrc=USUAN1100499Artista: http://incompetech.com/
Prisluhnili smo še enemu utrinku dogodivščin duhovnika in komunističnega župana, ki se soočata s političnimi, življenjskimi in družinskimi težavami, a dokazujeta, da se tudi med nasprotnimi bregovi lahko stkejo nenavadne prijateljske vezi.
Koga povabi v svoj dom partijski veljak, ko se bliža zadnja ura? In kdo je skrit v predalu?
Today on the Rarified Heir Podcast we are talking to Gigi Garner daughter of James Garner, star of films like Grand Prix, The Americanization of Emily & Victor/Victoria, as well as Television icons Bret Maverick & Jim Rockford in classic shows like Maverick and The Rockford Files. We also hear about James' love of animals which pushed daughter Gigi to start the James Garner Animal Rescue Fund (https://www.jgarf.org) in his honor after more than 30 years helping animals herself. With a star on the Hollywood Walk of Fame, 15 Emmy nominations, a SAG Lifetime Achievement Award and a Television Hall of Fame inductee, we also discuss James Garner's love of sports cars, Raiders football and his dedication to his work. He often ran lines & stayed off camera to run his lines with actors after he'd been released for the day or as a producer, coming in under budget because the crew loved him so much. In a career that spanned more than 50+ years, James Garner was able to move from light comedy to heavy drama on both television and movies easily. We also learn about his love of Italian food and current/former Los Angeles restaurants Matteos and Peppone,being the ‘fun dad' and being the most competitive and excelling at pretty much everything he tried. It's a romp down memory lane sprinkled with a little about Gigi's newfound love – painting. Oh and did you know her father took on the TV studios to court, not once but twice and won or settled both? Or that he was a double purple heart recipient during his time in the Korean War? There's lots to unpack here on the current episode of the Rarified Heir Podcast.
V odlomku iz šeste knjige “Don Camillo in Peppone” spremljamo, kakšna zunanja nevarnost združi in poveže prebivalce vasi.
Alessandro Balestrieri"Concentrica"un progetto del Teatro della Cadutaattraverso il Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta insieme a Faber Teater, Nuovi Mondi Festival, Officine Papage, Officina Teatrale degli Anacoleti, Progetto Cantoregi, Santibriganti Teatro, Spazio Kor, Palinodie, Teatro delle SelveScampagnate Teatrali in collaborazione con Direzione Generale Musei Piemonte, Ass. La Cabalesta,Ass. Turismo InCollina, Comune di Albugnano, ATL Cuneese, Città di Racconigi, Comune di Asti,Comune di Valloriate, Ass. Ratatoj, Fondazione Amleto Bertoni, AEVF – Associazione Europea delle Vie Francigene, Comune di Piverone, ACSEL, maggior sostenitore Fondazione Compagnia di San Paolocon il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo,Regione Piemonte, Torino Arti Performative, Fondazione CRTin collaborazione con Fondazione Piemonte dal VivoGli approdi di ConcentricaAsti (AT), Busca (CN), Valloriate (CN), Piverone (TO), Morgex (AO), Vercelli (VC), Casalborgone (TO), Framura (SP), S. Maurizio d'Opaglio (NO), Albugnano (AT), Settimo Torinese (TO), Racconigi (CN), Mattie (TO).Concentrica//Spettacoli in Orbita riparte con un'edizione speciale articolata fra giugno e settembre 2021. L'edizione 8 e ½ – come abbiamo deciso di chiamarla – vedrà la riprogrammazione di alcuni spettacoli saltati nell'arco della sfortunata edizione 8 e una serie di nuovi eventi. Vista la necessità di programmare in estiva e in luoghi all'aperto si è data priorità al format delle Scampagnate Teatrali che è diventato di fatto il fulcro della nuova edizione.Le Scampagnate Teatrali sono delle vere e proprie gite fuori porta in cui l'evento teatrale non è più al centro dell'esperienza ma è uno degli ingredienti di una proposta culturale più ampia: turismo lento, sostenibilità, ecologia, enogastronomia, arte, teatro.Per rendere accessibili questi eventi ad un pubblico più ampio possibile e nell'ottica di una mobilità sostenibile è stata attivata una collaborazione con l'agenzia I Viaggi di Gabry&Max: un pullman con partenza da Torino, sarà a disposizione del pubblico della rassegna per completare la proposta del pacchetto.La molteplicità dei linguaggi resta prerogativa imprescindibile di una proposta sempre più attenta alla valorizzazione del patrimonio artistico, paesaggistico e culturale delle regioni coinvolte. Dalle escursioni sulla Via Francigena all' Abbazia di Vezzolano, dal Lago d'Orta al Castello Gamba di Chatillon, dalla riviera ligure di Framura alla Val di Susa; luoghi straordinari che si fanno palcoscenico di eventi irripetibili in cui arte performativa, convivialità e turismo di prossimità si fondono indissolubilmente.29 artisti coinvolti, 10 spettacoli, 12 luoghi. 3 caldissimi mesi di programmazione per tornare ad incontrarci dal vivo! Il progetto è ideato e organizzato dal Teatro della Caduta, con il prezioso sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo (maggior sostenitore) nell'ambito del Viva 2021, del Ministero per i Beni e le Attività culturali e del Turismo, della Regione Piemonte, Fondazione CRT e la collaborazione di Fondazione Piemonte dal Vivo.IL PROGRAMMAA partire dal 3 luglio si entra nel vivo dei nuovi appuntamenti con la prima Scampagnata Teatrale del 2021, si va a Valloriate (CN) nell'ambito del Festival Nuovi Mondi per una serata all'insegna di musica e cinema: alle 19,00 il concerto gipsy dell'irresistibile Bandaradan che con le sue sonorità balcaniche fa da apri pista all' evento delle 21,00 La vita è un miracolo, dialogo con il regista serbo Emir Kusturica che si racconta attraverso i suoi film. Si continua l'11 luglio con una Scampagnata sulla Via Francigena organizzata con la collaborazione dell' Associazione Europea delle vie Francigene (AEVF) e del Comune di Piverone: il programma prevede una passeggiata guidata lungo un breve tratto dell'itinerario storico che da Viverone arriva al Rudere del Gesiùn di Piverone, una chiesetta oggi parzialmente in rovina (stile romanico primitivo, datato presumibilmente al terzo quarto dell'XI secolo) che ospiterà lo spettacolo Le Confessioni di Monica a S. Agostino di Lorena Senestro. Il 15 luglio invece si cambia regione, ci si spinge in Valle d'Aosta in virtù della nuova partnership con la compagnia Palinodie; dopo una visita al Castello Gamba di Chatillon ci si muoverà verso l'auditorium di Morgex per La felicità è uno schiaffo di Giorgia Goldini. Lo spettacolo inserito all'interno della rassegna Prove Generali è protagonista anche dell'appuntamento successivo previsto per il 18 luglio presso l' Arena Estiva Antico Ospedale di Vercelli (in collaborazione con Officina Teatrale degli Anacoleti); si tratta di un recupero della passata edizione, reso possibile da Piemonte dal Vivo, così come l'ultimo appuntamento di luglio: Saluti da Brescello della storica compagnia del Teatro delle Albe in scena il 23 luglio a Casalborgone grazie a Faber Teater. Saluti da Brescello parla di un'Italia che sta cambiando, di una regione che si credeva avere tutti gli "anticorpi", ma non è risultata immune dalla corruzione. Le statue di Peppone e Don Camillo raccontano, in un onirico dialogo notturno, la vicenda realmente accaduta a Donato Ungaro, vigile a Brescello licenziato senza giusta causa per le sue denunce sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nel paese.Agosto porta in dote un solo appuntamento e ci fa “sbarcare” in Liguria da uno dei partner storici della rassegna: Officine Papage. La compagnia tosco/ligure è organizzatrice del Festival Nuove Terre che il 23 agosto ospita a Framura (SP) lo spettacolo Meno male che c'è la luna della giovane compagnia Pan Domu. L'operazione rientra in un progetto più ampio di sostegno alla drammaturgia contemporanea under 35 portato avanti nel consolidato rapporto con Officine Papage.Le Scampagnate Teatrali riprendono poi a settembre con 4 appuntamenti piemontesi. Il 18 settembre a San Maurizio d'Opaglio nella splendida cornice del Lago d'Orta appuntamento esperenziale con la passeggiata teatralizzata Camminanti del Silenzio. Un percorso nella stupenda Antica Via degli Scalpellini, un ambiente dove la vegetazione è cresciuta sugli enormi massi di granito bianco della cava che lì sorgeva circa un secolo fa. L'evento è in collaborazione con il Teatro delle Selve. Il 19 settembre invece si torna a quello che è ormai un “classico” delle Scampagnate Teatrali, l'appuntamento all'Abbazia di Vezzolano. Quest'anno in scena ci sarà Marco Gobetti/ Teatro di Riciclo con il suo 130 Repliche de “Il Nome della Rosa”. Stesso giorno ma a Settimo Torinese va in scena nuovamente Antonella Questa con Un Sacchetto d'amore spettacolo che affronta con ironia le dinamiche relazionali di oggi, costrette a fare i conti con un mondo sempre più rivolto al consumo, all'opulenza, al bisogno di avere per affermarsi. Appuntamento inserito nella stagione Battiti – Dentrofuori del Teatro Garybaldi curata da Santibriganti Teatro. Si prosegue il 25 settembre con una Scampagnata sui generis in collaborazione con Progetto Cantoregi. A Racconigi arriva Il campione e la zanzara di Faber Teater, spettacolo epico itinerante di strada per attori e pubblico in bicicletta. Tutti sono in bicicletta in questo spettacolo atipico, per attraversare lo spazio e il tempo sul fiume del Novecento, pedalando. I personaggi, tutti con maschere, sono le Guide del Tempo che prendono gli spettatori per mano accompagnandoli lungo la vita di uno straordinario campione di ciclismo, Fausto Coppi.Chiude l'edizione 8 e ½ la Scampagnata presso l'Ex Discarica di Mattie in Val di Susa prevista per il 26 settembre: il programma prevede una visita all'ex impianto di interramento dei rifiuti chiuso dal 2016 ed ora diventato laboratorio all'aperto di educazione ambientale; da lì attraverso un sentiero facilmente percorribile ci si sposterà nella frazione Grandi Tanze del Comune di Mattie per poi tornare, attraverso un percorso ad anello, al punto di partenza; qui si assisterà al Gran Varietà della Caduta, spettacolo divertente e di impatto visivo, fatto di numeri circensi, di giocoleria, monologhi comici, teatro di strada e musica. Il cast è composto da alcuni degli artisti che hanno attraversato il Varietà della Caduta, lo storico format andato in scena per 15 anni nel teatrino di via Buniva a Torino. IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
Odlomek iz pete knjige Don Camillo in Peppone ponazarja, kako lahko dobitek na lotu spremeni človeka.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6629LA MOGLIE A PEPPONE: PERCHE' MI HAI SPOSATA? di Lorenzo BertocchiA Peppone i sondaggi telefonici non erano mai piaciuti, ma la signorina gentile lo aveva preso alla sprovvista a proposito di una indagine sullo stato del matrimonio in Italia:«È una domanda soltanto, non si preoccupi: perché lei ha sposato sua moglie?».Peppone restò mezzo tramortito, anche perché la domanda era arrivata in salotto in uno di quei giorni in cui i figli e nuore e nipoti gli stavano invadendo la casa crinale. «Ma che domanda è questa?», disse, senza però riuscire a trovare una ragione per questa domanda sensata. «Guardi, è passato molto tempo e ci devo pensare».La signorina disse che lo avrebbe chiamato il giorno dopo per avere la risposta. Peppone arrivò in cucina e la signora Bottazzi si accorse che qualcosa non andava. «Chi era al telefono?».«Un'indagine demoscopica per la democrazia, volevano sapere perché ti ho sposata...».Se la curiosità è femmina, davanti a una domanda come questa si aggiunge anche la curiosità della moglie, producendo un effetto senza via di scampo per il marito. Della democrazia alla base del sondaggio alla signora Bottazzi non importava un bel niente, la domanda non ammetteva risposte democratiche.«Io comunque non ho risposto perché preso alla sprovvista ...», attaccò Peppone vista la situazione.«E adesso ce l'hai la risposta? Perché mi hai sposata?», rispose la signora moglie con un tono da tribunale dell'Inquisizione.A quel punto Peppone cercò di ripensare ai momenti della giovinezza, dei primi incontri etc, etc, ma il massimo di risposta che ne cavò fuori fu: «Perché volevo farmi una famiglia e avere dei figli».«E che motivo è mai questo! Allora potevi sposarti anche con un'altra...».«È il destino! Si dice che Dio li fa e li accoppia, uno ci nasce per sposare una talaltra».«Peppone, ma che bel romantico che sei... proprio una bella storia d'amore e passione. E io che passo una vita con uno così e questo non sa neanche perché mi ha sposata...».«E tu allora, perché mi hai sposato?», provò a contrattaccare un Peppone alle corde.«Beh, io mi sono lasciata sposare da te, è ovvio. È l'uomo che si fa avanti!».«Bene», rispose Peppone, «quindi se si fosse fatto avanti un altro era uguale, allora anche tu non sai perché mi hai sposato!».Tutta la famiglia assisteva attonita al dibattito che in quel momento fu attraversato dal silenzio. La signora Bottazzi andò alla finestra del tinello per guardare l'orizzonte: «Ma vi rendete conto... se ci siamo sposati per caso questo è un matrimonio senza fondamenta e voi», disse guardando i figli e nipoti, «siete prodotti del caso e avreste potuto essere anche figli e nipoti di altri due».«Eh no», rispose Peppone, «questa è roba nostra».A quel punto saltò su il Giovannino, di anni 6, il più piccolo fra i nipoti. «Meno male che il nonno ha sposato la nonna, e la nonna ha sposato il nonno, che hanno fatto il papà che ha sposato la mamma, che poi ha fatto me. Perché è sempre meglio essere nipoti di due disgraziati di nonni e figli di un papà e una mamma piuttosto che nipoti e figli di due estranei».Il ragionamento filava e convinse anche Peppone e la signora Bottazzi, i quali in quel momento sembrarono anche ricordarsi perché si erano sposati. Il giorno dopo la signorina che aveva aperto il dibattito telefonò per avere la risposta.La signora Bottazzi prese in mano la situazione telefonica: «Mio marito dice di avermi sposato per ovvie ragioni».«Ma le sembra un motivo valido?», rispose la signorina.«Guardi, ognuno si sposa come può e comunque il fatto è che l'importante è che il marito sposi sua moglie evitando così che i suoi figli cadano in mano d'estranei!».
Odlomek iz četrte knjige Don Camillo in Peppone Giovannína Guareschija, ki jo je izdala Celjska Mohorjeva družba, slika Pepponejevo trmo in neomajnost.
Odlomek iz tretje knjige Don Camillo in Peppone Giovannína Guareschija, ki jo je izdala Celjska Mohorjeva družba, prevedel pa Dean Rajčić, opisuje don Camillovo srboritost in pokoro.
Duhovnik in komunistični župan sta sicer na nasprotnih bregovih, a nehote dobro vplivata drug na drugega. Odlomek iz druge knjige opisuje predvolilno vzdušje.
Odslej lahko osem zaporednih četrtkov v rubriki Radijski roman spremljate hudomušne odlomke iz osmih knjig Celjske Mohorjeve družbe Don Camillo in Peppone. Giovannino Guareschi na šaljiv način opisuje dogodivščine duhovnika in komunističnega župana, ki se soočata s političnimi, življenjskimi in družinskimi težavami. Zgodbe nam na sočen in berljiv način pokažejo, da se tudi med nasprotnimi bregovi lahko stkejo nenavadne prijateljske vezi.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=3DON CAMILLO, UN PERSONAGGIO AMATO IERI COME OGGIQuando venne alla luce, il 28 dicembre di sessant'anni fa, don Camillo non immaginava certo che la sua sarebbe stata la generazione del sessantotto. Chissà quanti compagni di seminario ha visto trasformarsi in preti contestatori o, magari, solo in contestatori. E chissà quanto ci ha sofferto, lui che non ha mai smesso di portare la tonaca, di recitare il breviario e di obbedire al Papa.Se le cose sono andate così, lo deve a Giovannino Guareschi, il suo padre letterario. L'antivigilia di Natale del 1946, lo scrittore si trovava nella tipografia milanese della Rizzoli dove stava trafficando per chiudere Candido, il settimanale di cui era direttore. Bisognava tappare un buco in fretta se si voleva che il giornale fosse in edicola il giorno 28. E il destino volle che Guareschi facesse ciò che solo la rapidità del giornalista e il genio del narratore riescono a concepire in una tale circostanza: prese un racconto che aveva scritto per Oggi, il settimanale della Rizzoli con cui collaborava, lo cavò dalla pagina già composta e lo fece ricomporre in un corpo più grosso per il Candido, che così fu pronto per andare in stampa. A Oggi ci avrebbe pensato nella mezz'ora successiva.Il racconto si intitolava Don Camillo e cominciava così: «Don Camillo, l'arciprete di Ponteratto, era un gran brav'uomo...». Ora, con l'incipit leggermente modificato, apre la prima raccolta in volume di Mondo piccolo con il titolo «Peccato confessato». La storia è quella ormai celebre dell'assoluzione con annessa pedata nel sedere sparata da don Camillo a Peppone. Quando uscì il 28 dicembre, ebbe un tale successo che costrinse il suo autore a scriverne altri, fino arrivare alla bella cifra di 346: l'intera saga di Mondo piccolo, che, se Candido non fosse stato in affanno per la chiusura, probabilmente non avrebbe mai visto la luce.Scampato quel pericolo, oggi don Camillo continua ad avere un esercito di lettori. E non si tratta solo di vecchi arnesi affezionati alla propria giovinezza: ammesso e non concesso che questa possa essere considerata una categoria di ammiratori di cui vergognarsi. Ma si tratta anche di giovani che, attraverso le storie raccontate da Guareschi, scoprono un'Italia di cui nessuno ha mai parlato loro a scuola e, magari, neanche in chiesa o all'oratorio. E non basta. Questi nuovi lettori scoprono la bellezza di un mondo in cui, pur tra le difficoltà della vita, le cose vanno per il verso giusto perché quel luogo è fatto apposta per accogliere la Grazia. Per la prima volta, si trovano a passeggiare per le contrade di un universo capace di mostrare agli uomini quanto siano belli e quanto grande sia il loro destino: basta solo che abbiano l'umiltà di aprire la loro anima al soffio eterno del Creatore. Quel soffio che corre lungo il Grande Fiume e pulisce l'aria per riempirla di invenzioni impastate di terra e di cielo come raramente capita di trovarne nella letteratura contemporanea.Non è un caso se don Camillo, nei suoi sessant'anni di vita, dopo aver trovato milioni di lettori, incontra anche uomini che vorrebbero addirittura farsi suoi parrocchiani. Una decina d'anni fa, l'università di Padova commissionò un sondaggio sul sacerdote ideale e, naturalmente, stravinse il parroco guareschiano. Non ci fu uno straccio di prete progressista e contestatore capace di tenere il suo passo.Questo, del resto, lo aveva previsto il suo stesso inventore nel 1966. In quell'anno Guareschi scrisse per Oggi una storia intitolata Don Camillo e la ragazza yé-yé, poi uscita incompleta in volume con il titolo Don Camillo e i giovani d'oggi e, quindi, opportunamente reintegrata a cura di Alberto e Carlotta Guareschi in Don Camillo e don Chichì. Il filo conduttore della vicenda è il serrato confronto tra il vecchio pretone e il giovane don Chichì, arrivato in paese con il suo spiderino rosso per spiegare a don Camillo che, come stabilito dal Concilio Vaticano II, i tempi sono cambiati ed è venuto il momento di aggiornarsi.Sollecitato dai superiori, il vecchio prete lascia che il nuovo curato, leggendo i segni dei tempi, si dia da fare per ammodernare la parrocchia. Ma, a forza di demitizzare, di svecchiare, di cercare ciò che unisce e lasciare ciò che divide con l'illusione di conquistare i lontani, il poveretto finisce per rimanere da solo. I vecchi se ne vanno perché preferiscono farsi insultare da Peppone, che, almeno, è un comunista come si deve. I nuovi non si vedono perché diffidano delle imitazioni e, pure loro, preferiscono tenersi stretto Peppone.Il motivo del fallimento, spiega Guareschi, è molto semplice. Don Chichì, nella smania di buttare via l'acqua sporca, ammesso che lo fosse, ha gettato anche il Bambino: quello nato a Betlemme due millenni fa. Un prete senza Gesù Cristo non va da nessuna parte e don Camillo lo spiega in un dialogo drammatico al suo curato. «Reverendo - urla don Chichì - questa è l'ora della verità e bisogna dire pane al pane e vino al vino!». E il vecchio parroco risponde: «Pericoloso dire pane al pane e vino al vino là dove il pane e il vino sono la carne e il sangue di Gesù».Ma questo è un banale discorso da prete, da uomo che si è fatto sacerdote per vocazione. E don Chichì, purtroppo, ci tiene a far sapere che ha preso, si fa per dire, la tonaca per ben altri motivi: «Io - spiega - sono sacerdote non per ispirazione, ma per ragionata convinzione». Un fior di assistente sociale, insomma. Ma gente di sana e robusta costituzione spirituale come quella di Mondo piccolo non può prendere sul serio questo giovanotto che, avendo rinunciato a Cristo, può offrire al prossimo solo la propria disperazione e le proprie miserie.Fa ben sperare, pur nel desolante panorama di oggi, che don Camillo abbia tanti lettori. È segno che, nonostante il triste attivismo dei troppi don Chichì, uomini di sana e robusta costituzione spirituale ve ne sono ancora. Tutta gente che si fida dei vecchi parroci e la pensa proprio come Guareschi quando dice: «I vecchi parroci, anche quelli col cuore tenero, hanno le ossa dure e per questo la Chiesa di Cristo che grava principalmente sulle loro spalle resiste a tutte le bufere. Deo gratias».QUELL'UOMO LIBERO FINITO IN CARCERE PER LE SUE IDEEGiovannino Guareschi (Fontanelle di Roccabianca, 1 maggio 1908 - Cervia, 22 luglio 1968) è stato giornalista e scrittore umorista. La sua creazione più famosa è Don Camillo, il parroco che parla col Cristo dell'altare maggiore e ha come antagonista il sindaco comunista del paese, Brescello, l'agguerrito Peppone. Corteggiato dalla politica, sia a destra che a sinistra, Guareschi è stato prima di tutto un uomo libero. Egli criticò e rese oggetto di satira i comunisti, che lui definiva trinariciuti (la terza narice serviva a far uscire il cervello e far entrare le direttive di partito), ma criticò, soprattutto dopo le elezioni del 1948, anche la Democrazia cristiana, che a suo parere non seguiva i principi cui si era ispirata. Nel 1954 Guareschi fu accusato di diffamazione per avere pubblicato sul Candido due lettere di De Gasperi (allora capo del governo) risalenti al 1944, nelle quali De Gasperi avrebbe chiesto agli Alleati di bombardare Roma. Fu condannato a 12 mesi di carcere in primo grado. Per coerenza si rifiutò di ricorrere in appello (fu incarcerato a Parma) e di chiedere la grazia.Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=4GIOVANNINO GUARESCHI: IL PADRE DI DON CAMILLOAlla morte di Giovannino Guareschi (a sessant'anni, nel 1968), nessun messaggio giunge dalle autorità di governo, nessuno da uomini politici. Solo tante calunnie, aspre e velenose, dai giornali più diffusi e da quelli di partito. Colui che aveva creato e diretto il settimanale più letto d'Italia, il Candido, lo scrittore italiano più tradotto al mondo, veniva dimenticato dall'Italia ufficiale, piena di fretta di seppellirlo, ma non dalla gente della Bassa, accorsa in massa al suo funerale. Nella predica il parroco apre un libro del defunto, e legge. "Adesso vi racconto tutto di me: ho l'età di chi è nato nel 1908, conduco una vita molto semplice, non mi piace viaggiare, non pratico nessuno sport, non credo in tante fantasticherie. Ma in compenso credo in Dio". Poi il parroco prosegue: "Su questa terra noi piantiamo la croce di Cristo, del tuo Cristo che hai saputo far vibrare nei cuori e nelle coscienze degli italiani e di tanti altri milioni di uomini, soprattutto nell'ora della lotta".La fretta di seppellire Guareschi continua ancor oggi, nel volenteroso sforzo di farlo dimenticare, ad esempio eliminandolo dalle antologie scolastiche, in cui invece trovano spazio autori noiosissimi, che non hanno mai avuto vera fortuna presso il pubblico, ma solo presso l'onnipotente giudizio della critica. Ma chi era Giovannino Guareschi?"Quando mi specchio e vedo sul mio viso un truce cipiglio, scuoto il capo e dico: Giovannino, quanto sei fesso!".Un uomo senz'altro eccezionale, sin dalla prima giovinezza.I compagni ricordano il suo spirito goliardico, la sua intraprendenza, la sua intelligenza vivace. Scrive di lui Cesare Zavattini, suo istitutore in quinta ginnasio: "Troppo spiritoso. La sua verve è spesso inopportuna. Le sue mancanze sono conseguenza d'irrefrenabili doti umoristiche. Veramente intelligente, ottiene per lo studio, con i minimi mezzi, i massimi risultati". Finita la scuola, iscrittosi all'università, più per partecipare alle feste studentesche che altro, si cimenta in una grande varietà di mestieri: elettricista, caricaturista, cartellonista, scenografo, custode di depositi di biciclette ecc. Finalmente riesce ad approdare al mondo del giornalismo: lavora dapprima per alcuni quotidiani emiliani, finché nel 1936 si trasferisce a Milano, con la moglie Ennia, per lavorare al Bertoldo, insieme ad Achille Campanile, Giovanni Mosca e Cesare Zavattini. Dal 1940 collabora anche col Corriere della Sera.Fin dai primi anni di giornalismo Guareschi snobba le conventicole degli intellettuali e degli scrittori che si elogiano e si premiano a vicenda, e col suo stile semplice e pieno d'umorismo svillaneggia la retorica ufficiale. L'umorismo gli appare il nemico giurato di ogni retorica di regime, di ogni menzogna ufficializzata e consacrata: "Liberiamoci dalla parte peggioreCampagna di Russia di noi stessi, guardiamoci allo specchio e ridiamo della nostra tracotanza, del nostro barocco messianismo, della nostra retorica. Guardiamoci allo specchio dell'umorismo, così come ho fatto tante volte io, cittadino-niente, che, quando mi specchio e vedo sul mio viso un truce cipiglio, scuoto il capo e dico: Giovannino, quanto sei fesso!".Nel 1942 Guareschi viene arrestato dai fascisti, "per aver comunicato al rione Gustavo Modena, Ciro Menotti, Castelmorrone ciò che in quel momento pensavo di tutta la faccenda. Si tratta di un episodio poco onorevole in quanto accade che io, la notte del 14 ottobre 1942 – riempitomi di grappa fino agli occhi in casa di amici – per tornare alla mia casa di via Ciro Menotti, che è lontana non più di ottocento metri, impieghi due ore. E in quelle due ore urlo delle cose che poi l'indomani trovo registrate diligentemente in quattro pagine di protocollo… Gli amici mettono in moto l'eterna macchina della camorra italiana in modo da sottrarmi alle giuste sanzioni della legge, e, per prudenza, mi fanno richiamare alle armi". Sembra insomma, chiosa Guareschi, "che per perdere la guerra ci sia assoluto bisogno della mia collaborazione". Così finisce in Egitto, per alcuni mesi. Dopo l'8 settembre si trova di fronte alla grande decisione: collaborare coi fascisti e coi tedeschi, diventare partigiano o restare fedele al giuramento fatto al re. Giovannino opta per la terza scelta, e la paga duramente, con due anni di lager, durante i quali rifiuta più volte l'opportunità di venir liberato in cambio di una collaborazione, anche solo di penna. Nell'atmosfera cupa e angosciante del lager non si dà per vinto: organizza teatrini, inventa favole piene di speranza, promuove chiacchierate e discussioni tra internati, tenendo desto il desiderio di vivere di chi lo circonda. Chi scrive ha conosciuto persone che devono alla sua vitalità e alla sua forza di non essere sprofondate nella disperazione e, forse, nella morte. "Non muoio neanche se mi ammazzano", è il suo motto di quei giorni. Ma lo sconforto prende talora il sopravvento anche in un animo fiero come il suo: "Le mie ore si annullano in questa sabbia, e ogni ora mi ruba una goccia di vita, un sorriso dei miei figli, e io vedo me stesso scendere gradino per gradino la scala che non si risale mai più. Questa noia che sa di catrame come l'aria di questa terra ostile… Un anno è finito. Un anno comincia. La noia continua, niente di nuovo".Finalmente arriva la liberazione, e Guareschi può tornare a casa: "Per ventiquattro mesi ho calpestato sabbia di lager e la sabbia non dà suono, e così il mio passo ha perso la sua voce. Ora ritrovo sulle lastre del porticato la voce del mio passo… Non ho notizie dei miei da troppo tempo. La guerra è passata lì vicino: li ritroverò tutti? Qualcuno? Nessuno? E proprio e solo adesso, quando l'avventura è finita, ho paura e mi sfascio sulla riva del fosso, come uno straccio… Quando arrivo davanti a casa mia sta schiarendo e io rimango seduto sulla sponda del fosso e aspetto che il sole si sia ben levato e intanto guardo le finestre chiuse e soffro come non ho mai sofferto neanche lassù. Perché lassù si aveva un po' l'idea che tutto si fosse fermato, a casa nostra, e soltanto al nostro ritorno la vita avrebbe ripreso il suo naturale corso. Poi, a un tratto, sento una voce gridare qualcosa: ed è la mia voce e io ne sono terrorizzato e attendo con gli occhi sbarrati che tutte le finestre si aprano e conto le teste che spuntano fuori: una, due, tre, quattro. Ne manca una, la più piccola. Allora lascio il sacco in riva al fosso e corro dentro e, sperduta in un enorme letto, trovo la signorina Carlotta che dorme. E dico 'Cinque!', anche se la prima cosa che vedo non è una testa, ma un sederino rosa… Ennia è più magra di me. E' un sacchetto d'ossa tenute insieme soltanto dal desiderio di farsi ritrovare viva da me al mio ritorno".Ma il ritorno tanto desiderato si tinge presto di scuro. Non c'è, ad accoglierlo, un paese unito, desideroso di rialzarsi, di ricominciare. Non c'è uno spirito comunitario, un sentimento di fratellanza, come quello che si era creato tra compagni di lager, nell'ora del dolore, della nostalgia e della speranza: "Gli italiani non hanno imparato niente dalla guerra. E' triste: nelle guerre imparano qualcosa soltanto i morti". Infatti l'Italia è divisa dall'odio di classe, dal veleno di un'altra ideologia, non meno terribile di quelle sconfitte. Alla guerra mondiale si è sostituita la guerra civile, il rancore e l'odio tra compaesani e connazionali. Guareschi ricorda soprattutto, come segno evidente di questo clima appestato, il riso di disprezzo di una ragazza seduta su una panchina: "Ogni tanto, tra una raffica e l'altra di riso, urla qualcosa sui miei baffi, sui miei capelli. E io che rido tanto degli altri e che non mi arrabbio se qualcuno ride di me, per quel riso non mi offendo: mi sgomento… La ragazza non ha nessuna ragione. Non sa nemmeno chi sono: a lei non piacciono i miei baffi e i miei capelli, perché un uomo che li porta di quel genere è uno degli altri. Un rappresentante della classe odiata che bisogna impiccare". Di fronte a tutto ciò Guareschi ricorre ancora all'unica arma che conosce, la sua penna, e fonda, nel dicembre 1945, il Candido, il giornale che svelerà, puntualmente, le stragi comuniste, specie in Emilia Romagna e in Toscana; che denuncerà il passaggio in massa degli intellettuali fascisti al comunismo; che consacrerà le figure di Peppone e di don Camillo, destinate a rimanere nell'immaginario collettivo per molti anni. Bisogna leggere queste storie, piene di umorismo leggero, di umanità, ma anche profondamente storiche, per capire l'atmosfera di quegli anni: "L'ambiente in cui i miei personaggi operano è il mio paese. E' la Bassa. Alla Bassa, dove il sole d'estate spacca la testa alla gente, e dove, d'inverno, non si capisce più quale sia il paese e quale il cimitero, basta una sciocchezza come una gallina accoppata a sassate o un cane bastonato per mettere due famiglie in guerra perpetua… Alla Bassa, dove le strade sono lunghe e diritte, da una parte c'è l'alba e dall'altra il tramonto, piacciono i tipi con una fisionomia precisa, facili da amare e facili da odiare".Candido diviene così il giornale che, insieme ai Comitati civici di Luigi Gedda, segna la sconfitta dei comunisti e la vittoria della Dc nel 1948. Ben più di De Gasperi, col suo aspetto "secco e funereo", ben più degli uomini di partito, contano, in questa splendida campagna elettorale, le vignette e i manifesti elettorali di Guareschi, e l'azione solerte e instancabile dei ragazzi delle parrocchie. Giovannino Guareschi, monarchico, cattolico, destrorso, antifascista e reduce da due anni di lager in Germania, si trova quindi a combattere ancora una volta per la libertà, e lo fa, ancora una volta, senza risparmiarsi. Ma pur risultando vincitore non reclama alcuna prebenda, né alcun onore: vuole tenersi libero, non vuole legarsi a n
Eine gute Woche nach der Kommunalwahl in NRW treffen Vicco und Bernd ihren Kollegen Ingo Stucke. Der ist Pfarrer, Historiker und Bademeister. Und er wäre beinahe Bürgermeister geworden. Und so plaudern die drei locker flockig über Kirche und Politik. Darf Kirche politisch sein? Darf und soll sie sich in politische Debatten einmischen? Und was reizt Ingo mehr, Theologe oder Bürgermeister zu sein?
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6263L'ETERNO FASCINO DI DON CAMILLO IN UN FUMETTO-FILM di Rino CammilleriIl 5 maggio ricorre la morte di Napoleone, e la data ci è rimasta impressa (a noi di una certa età, almeno) per via della poesia-cordoglio di Manzoni, che un tempo era obbligatorio mandare a mente a scuola. Il venerabile Felice Prinetti, ex ufficiale piemontese veterano delle guerre d'indipendenza, poi sacerdote lanteriano e fondatore di una congregazione di suore, al nipotino che gli chiedeva cos'avesse di speciale il 5 maggio rispose, ironico, che in quel giorno morivano i grandi uomini.Ebbene, anche lui morì un 5 maggio (1916). Naturalmente, è sicuro che nulla di tutto ciò sapevano gli amministratori comunali di Milano che il 5 maggio 2019 inaugurarono il Parco Guareschi. Sorge nel quartiere Vigentino, in via Chopin ed è dedicato al papà di Don Camillo. Cosa buona e giusta, perché Giovannino Guareschi era molto legato a Milano, città in cui visse per un periodo vicino a piazza Erba. Non sono molti gli scrittori italiani noti nel mondo: Dante, Collodi, Gramsci (sì, proprio lui: è tra i cinque italiani più letti al mondo).Ma il più tradotto, dopo Pinocchio, è il suo Don Camillo. Ora la milanese ReNoir edita un grande volume cartonato a fumetti che ripropone il celeberrimo primo film della serie (Don Camillo. Il film a fumetti, pp. 240, €. 29,90) e contiene anche inedite foto di scena del film, stralci della sceneggiatura originale di Giovannino Guareschi e «la storia segreta della lavorazione della pellicola». Infatti, nella prima idea doveva essere lo stesso Guareschi a recitare nella parte del sindaco Peppone (che dall'autore aveva mutuato i baffoni).Per giunta, Guareschi aveva ben altra idea della faccia di Don Camillo (e il fumettista ne tiene conto), faccia che invece fu quella di Fernandel. Non fu certo la prima volta che un autore dovette piegarsi alle esigenze della produzione cinematografica e all'intreccio di equilibri che emerge quando si deve fare i conti con contratti già firmati, registi che lavorano meglio con certi attori piuttosto che con altri, produttori (che poi sono quelli che ci mettono i soldi, dunque il loro parere pesa eccome) che seguono loro disegni e mire.Anche il commissario Montalbano nei romanzi di Andrea Camilleri aveva un aspetto ben diverso da quello di Luca Zingaretti (infatti, la statua che gli è stata dedicata a Porto Empedocle ha i capelli). Ma poi tutto si accomoda e le cose vanno come devono andare.Tuttavia, nel caso di Guareschi fu proprio l'autore ad avere torto, perché Fernandel riuscì a caratterizzare talmente Don Camillo da superare in espressività anche il ritratto originale. Infatti, dopo la sua morte si provò a riportare sugli schermi la coppia Don Camillo-Peppone ma con scarsissimo esito. Fernandel aveva dalla sua anche il fatto di essere personalmente un buon cattolico, così come Guareschi.E quel film, con i due seguiti, continua implacabile a venire programmato tutti gli anni, specialmente sotto Natale, in tutti i canali televisivi. Per un paragone, solo La vita è meravigliosa di Frank Capra ha la stessa longevità-eternità. Film in bianco&nero, datatissimi, che però hanno l'incredibile capacità di tenere la gente incollata allo schermo su una storia già vista decine di volte. Guareschi ha creato un personaggio immortale che, pur muovendosi in un «mondo piccolo» e italianissimo, ha travalicato i confini nazionali e fatto vibrare le corde del cuore di ogni persona a qualsiasi latitudine. La riprova? Se cercate su internet troverete la foto, d'epoca, di un cinema thailandese (thailandese!) con la gente fuori a fare la (lunghissima) fila per vedere Don Camillo. Titolo originale: L'eterno fascino di don Camillo. In un fumetto-filmFonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02/12/2019Pubblicato su BastaBugie n. 680
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6178IL CROCIFISSO DI DON CAMILLO CONTRO IL CORONAVIRUS di Rino CammilleriA Roma, nella chiesa di San Marcello al Corso, c'è un crocifisso miracoloso che sopravvisse, solo, a un incendio totale nel 1519. Riferisce Radio Spada che nel 1522 fu portato, visto che era miracoloso, in processione per sedici giorni di fila in occasione della peste. E, nelle strade in cui passava, diminuiva l'epidemia. Quando la città fu tutta battuta, la processione terminò in San Pietro e con essa il contagio. Allora, come prevenzione, dal 1600 in poi ogni Giovedì Santo la processione fu ripetuta con gran concorso di popolo e andò avanti fino al Giubileo del 2000. Nei secoli cristiani la gente, correttamente, voleva, prima, la prova che un'immagine sacra fosse capace di prodursi in miracoli, poi le si affidava con trasporto (e col trasporto pubblico). Ora, l'ex Cristianità è piena di immagini del genere; grazie al cielo il Dio cristiano ha moltiplicato gli intercessori e, tra arcangeli, santi, madonne e cristi, si può addirittura scegliere.Tuttavia non era mai successo che qualcuno si affidasse a un'immagine sacra di origine letteraria e pure cinematografica. Cioè, inventata. Vabbè, proviamo anche questa. È successo che il parroco di Brescello, don Evandro Gherardi, in concomitanza col dilagare del coronavirus ha esposto sul sagrato il crocifisso di Don Camillo, quello che nei film parlava a Fernandel. Il presbitero (dopo l'aggiornamento conciliare i preti si chiamano così) si era già prodotto in qualcosa del genere quando, in occasione mi pare di un'alluvione, aveva portato quell'immagine in processione sugli argini del fiume. Imitando esattamente una scena di uno dei film di Don Camillo.Ora, il fatto è che quel crocifisso è pura invenzione. Giovannino Guareschi aveva immaginato colloqui tra il suo protagonista e quel Gesù in croce nella chiesa. E il regista Duvivier ne aveva fatto realizzare uno in cartapesta (o in gesso?), perché nella chiesa reale non c'era. Non solo. Le realizzazioni furono più di una, giacché il volto di quel crocifisso doveva avere differenti espressioni a seconda della scena e del dialogo. Una di queste figure fu, alla fine, regalata alla chiesa di Brescello ed è quella che il parroco ha pensato bene di esporre alla venerazione dei fedeli in questi tempi di pandemia.Ora, poiché non è l'immagine sacra in sé a produrre miracoli ma il Santo raffigurato (e, a volere essere pignoli, nemmeno il Santo, ma Dio a cui il Santo stesso li chiede a favore di chi lo invoca), un crocifisso cinematografico può altrettanto bene ovviare alla bisogna. Se quello di Brescello si produrrà in miracoli, la cosa costituirà un interessante precedente. In fondo, la cinematografia è l'ultima arte, nei secoli cristiani non esisteva, sennò sicuramente Raffaello e Giotto vi avrebbero fatto ricorso. Non si dimentichi che il primo film italiano a colori fu Mater Dei, alla cui sceneggiatura mise mano tal «sac. Alberione Giacomo», il Beato fondatore della San Paolo e dei paolini. Questo accadeva nel 1950, quando ancora la Chiesa era all'avanguardia e non al rimorchio. E non a caso il primo lungometraggio a colori d'Italia venne dedicato alla Madonna. Ah, quasi dimenticavo: anche il regista era un prete, don Emilio Cordero.Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 5 minuti) vediamo una immortale scena tratta dai film di don Camillo. Peppone vuole strumentalizzare per fini politici la tradizionale processione al Po, ma di fronte all'opposizione di don Camillo deve rinunciare. Allora passa alle maniere forti... Del resto tutti i totalitarismi hanno impedito le manifestazioni pubbliche del cattolicesimo. Ma Gesù è più potente e Peppone è "costretto" a scansarsi.Alla fine don Camillo fa una preghiera politicamente scorretta e perciò assai franca e ruvida, ma dove alla fine la misericordia di Cristo prevale. Un vero modello per i sacerdoti di tutti i tempi.
V oddaji Moja zgodba ste lahko prisluhnili dr. Jožetu Dežmanu, ki je spregovoril o knjigah pod skupnim naslovom Don Camillo in Peppone. V knjigah spoznavamo zapleten odnos vaškega župnika in komunističnega župana v časih neposredno po drugi svetovni vojni na severu Italije. Zgodbe še zdaleč niso samo humoristične, ampak zastavljajo nekatera temeljna vprašanja o svobodi, veri in vesti v času hladne vojne. Za nas pa so zanimive tudi zato, ker so se dogajale v naši neposredni (demokratični) soseščini.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6121CORONAVIRUS E I PIENI POTERI DEL COMITATO TECNICO-SCIENTIFICO di Aldo Maria ValliSe solo qualche mese fa un analista politico o un comune osservatore ci avessero detto che un giorno un Paese intero, il nostro Paese, sarebbe stato completamente bloccato, con la popolazione costretta a restare chiusa in casa, in base ai provvedimenti presi da un governo di non eletti il quale si muove a sua volta seguendo le indicazioni di un comitato tecnico-scientifico, sicuramente avremmo dato del pazzo a quell'analista o a quel comune osservatore. Invece, eccoci qui.Al di là delle aberrazioni della nostra politica, il segreto sta tutto in quel doppio aggettivo: tecnico-scientifico. Se una decisione è presa da un comitato tecnico-scientifico, occorre credergli. Se una dichiarazione arriva da un comitato tecnico-scientifico, quella dichiarazione va ritenuta vera. Il comitato tecnico-scientifico è un'entità rispetto alla quale è obbligatorio un atto di fede e le sue formulazioni hanno valore di dogma.Se ci pensiamo, è davvero singolare che tutto ciò avvenga in un Paese segnato, come tutto l'Occidente, da un processo di secolarizzazione che ha preteso di mettere sempre più ai margini ogni religione fondata su una fede trascendente. E ancor più singolare è che ai dogmi del comitato tecnico-scientifico debba piegarsi anche la Chiesa, la quale da tempo, nel tentativo di rendersi, si dice, più umana e simpatica, ha intrapreso un cammino per apparire meno dogmatica.Non è vero che oggi i dogmi non ci sono più. Oggi i dogmi ci sono e sono quelli tecnico-scientifici. [...] Siamo appesi alle decisioni di un comitato tecnico-scientifico al quale, di fatto, è stato riconosciuto il valore di fonte dogmatica, altrimenti non ci piegheremmo a tutte le sue decisioni.UN VERO E PROPRIO ORACOLOIl comitato tecnico-scientifico è talmente dogmatico da aver assunto ormai l'aspetto di un vero e proprio oracolo. Dinnanzi a ogni comportamento o possibilità, la prima domanda, ormai, è una sola: ma che cosa ha detto il comitato tecnico-scientifico? I nostri antenati probabilmente nei confronti dei responsi delle sibille erano più liberi di quanto lo siamo noi adesso nei confronti del comitato tecnico-scientifico.Pensiamoci. Di questo comitato tecnico-scientifico noi non conosciamo neppure la composizione. Sì, i nomi sono stati resi noti e pubblicati, ma alzi la mano chi li conosce tutti quanti. Alzi la mano chi può dire di sapere chi siano effettivamente coloro che ne fanno parte e perché, precisamente, sono stati nominati nel comitato. Quasi nessuno sa chi siano, e non lo sappiamo perché non è necessario. Trattandosi, appunto, di un'entità dogmatica, non è importante entrare nel perché e per come. Di fronte a un'entità dogmatica è richiesta soltanto una cosa: un atto di fede. E un atto di fede è appunto quello che noi tutti stiamo mettendo in pratica.Ma in virtù di che cosa noi diamo ogni giorno sostanza a tale atto di fede, dal momento che i nomi dei membri del comitato addirittura ci sfuggono? In virtù, lo ripeto, di quel doppio aggettivo: tecnico-scientifico. Ecco il sigillo di garanzia, se così possiamo dire. Ecco il contrassegno della verità. Basta dire "tecnico-scientifico" e il gioco è fatto: l'entità che si fregia di tale titolo diventa ipso facto entità dogmatica e le sue formulazioni diventano verità indiscutibili.IN TUTTA QUESTA SITUAZIONE C'È UN ALTRO ASPETTO CURIOSOÈ dato dal fatto che i veri scienziati, non i millantatori, sanno una cosa sola: sanno di non sapere. Certo, uno scienziato sa molte cose che riguardano il suo settore di studio, ma, in fondo, ciò che ne fa veramente uno scienziato è la consapevolezza di non sapere. Perché la scienza funziona così: più acquisisce conoscenze, più scopre nuovi orizzonti da esplorare; più ottiene risposte, più si pone nuove domande. La scienza, in effetti, ha risposte sempre e soltanto relative, tutt'altro che immutabili, definitive e dogmatiche. La scienza, poi, per dare le sue risposte relative ha bisogno di tempo e di confronto tra le informazioni. Eppure, noi l'abbiamo eletta a sacerdotessa di Apollo, a tal punto che un comitato tecnico-scientifico, per il solo fatto di fregiarsi di questo aggettivo, è diventato un oracolo, e noi ci avviciniamo ai suoi responsi come se entrassimo nell'antro della sibilla, in atteggiamento di umile ascolto e disposti ad accogliere tutto come oro colato.Insomma, ciò che stiamo vivendo merita qualche riflessione perché è tutto davvero paradossale. Secondo il noto aforisma di Chesterton, "chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente, perché incomincia a credere a tutto". [...]Nota di BastaBugie: Paolo Gulisano nell'articolo seguente dal titolo "Seconda ondata, propaganda di Stato per limitarci la libertà" spiega che il termine 'seconda ondata' non è preso dal linguaggio dell'epidemiologia, bensì da quello della propaganda politica, come del Pci degli anni '50. E il Governo fa di tutto per tenere sulla popolazione una pressione psicologica altissima, per indurre anche in tempi di allentamento del Lockdown ad una "spontanea" rinuncia alle proprie libertà.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 3 maggio 2020:Nel Dizionario delle Neolingua (ricordate Orwell?) inventata per la Pandemia, negli ultimi giorni uno dei termini più in voga è "Seconda ondata". Di cosa si tratta? Della possibilità di un nuovo aumento dei numeri dei contagiati, dei ricoverati, dei morti. Si tratta di un termine che non è preso dal linguaggio dell'epidemiologia, ma da quello della propaganda politica. Era un termine usato nel Dopoguerra e fino agli anni '50 dal Partito Comunista Italiano. La prima ondata era stata la Resistenza, che aveva spazzato via il Fascismo; la seconda - attesissima - era quella che avrebbe dovuto fare il resto, e trasformare l'Italia in una Repubblica Sovietica. Per chi conosce racconti del grande scrittore Giovannino Guareschi, l'espressione è familiare: era lo spauracchio costantemente sventolato da Peppone davanti agli occhi di don Camillo.Oggi di seconda ondata parlano le istituzioni e la grande stampa. E' bastato che una esponente dell'ufficio regionale europeo dell'OMS esprimesse la propria preoccupazione per la possibilità di nuove infezioni nei vari Paesi che l'affermazione è stata tradotta in Italia in questo sintetico concetto: arriverà una seconda ondata. Ovvero: il nemico è sempre qui. Poco importa che la curva epidemica sia in discesa, poco importa che siano ormai a disposizione importanti ed efficaci strumenti di cura: il terrore per il Covid deve continuare."Non saremo mai a contagio zero" ha dichiarato l'assessore lombardo al welfare, evidentemente in possesso di certezze epidemiologiche non meglio identificate. E ha aggiunto che "dobbiamo convivere con questo virus, davanti al quale siamo indifesi". Evidentemente l'assessore non è informato che proprio nella sua Regione esistono ospedali - come la NBQ ha documentato - dove si cura e si guarisce.Ma il maggior utilizzo propagandistico del concetto di Seconda ondata viene dal Governo centrale. Conte lo ripete a ogni piè sospinto. L'allentamento del lockdown può avvenire, ma solo sotto strettissimo controllo, perché l'epidemia può riesplodere, parola del famigerato Comitato tecnico scientifico che nei giorni scorsi ha comunicato che nel mese di giugno potremmo avere oltre 150.000 persone ricoverate in terapia intensiva. Sì, proprio così. Uno scenario apocalittico, specie se si pensa che quando è stato raggiunto il picco ai primi di aprile i ricoverati in tutta Italia in terapia intensiva erano poco più di 4.000. Secondo i consulenti di Conte insomma ci attende qualcosa di paragonabile ad un disastro nucleare, naturalmente se si allentassero le misure restrittive. Questa previsione - non suffragata da alcuna documentazione epidemiologica - è stata peraltro categoricamente smentita da una autorevole società di analisi, Carisma, che ha definito come totalmente sbagliato il Calcolo del Comitato. Un errore addirittura aritmetico, perché avrebbe preso in considerazione una popolazione di 260 milioni di abitanti, anziché 60 milioni come quella italiana.Il problema del documento, dice Carisma, è di tipo statistico-matematico, con errori anche nel calcolo del tasso di letalità dei contagi. Insomma: il cenacolo di tecnici e scienziati al servizio di Conte ha preso un abbaglio madornale. Oppure è stata confezionata una bella bufala per una opinione pubblica ormai sommersa da dati contradditori e soprattutto da messaggi terroristici.La "fase due", per utilizzare un altro termine della neolingua, dovrà essere caratterizzata da nuove paure. Si deve seminare il panico rispetto, ad esempio, a quella fascia di persone che non è stata toccata dall'epidemia, i bambini. Così assistiamo ad un montare di sospetti nei confronti della possibilità di ammalarsi da parte dei bambini che è assolutamente in contraddizione con le evidenze scientifiche rilevate. In Svizzera, dove ad esempio il Governo ha cominciato ad allentare le misure di lockdown,è stato liberalizzato il contatto tra bambini e tra questi e i nonni. Il responsabile Dipartimento malattie infettive del Ministero della Sanità, Daniel Koch, ha detto che "gli scienziati sono arrivati alla conclusione che i bambini non trasmettono il virus. Sarebbe sbagliato proibire ai nonni, che stanno già soffrendo per questa situazione, di essere abbracciati dai loro nipoti quando si sa che essi non sono contagiosi."
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6084DON CAMILLO E IL RIFIUTO DELLE COMODITA'Una mattina arrivarono in piazza alcuni uomini del comune e presero a scalzare coi picconi uno dei colonnotti. Un attimo dopo don Camillo era sul posto."Questo è il sagrato," disse "e non si tocca." "Il sindaco ci ha ordinato..." tentò il capo della squadra. "Dite al sindaco che, se vuol cavare le colonne, venga lui" lo interruppe don Camillo. In altri tempi Peppone non avrebbe esitato un minuto e sarebbe piombato in piazza armato di piccone, vanga e mazza. Ma gli anni passano anche per i sindaci comunisti: così prese le cose con calma e arrivò in piazza soltanto dopo un'ora, al volante di una delle enormi macchine escavatrici impegnate nei lavori del Ponte Nuovo.Arrestò il bestione a qualche metro da uno dei colonnotti e abbassò il braccio della macchina. Scese, imbrigliò il colonnotto con la fune d'acciaio penzolante dalla cima del braccio e don Camillo lo lasciò fare. Poi, quando Peppone stava per risalire sul macchinone e azionare il braccio, don Camillo tranquillamente si sedette sul colonnotto. Anche se il Concilio ha esautorato i parroci a favore dei vescovi e dei laici, non è consentito sradicare un colonnotto sul quale sta tranquillamente seduto un parroco, e la piazza in un attimo si riempì di gente. "Lei non può ostacolare lavori di pubblica utilità decretati dal comune!" urlò Peppone a don Camillo."Lei non può asportare queste colonne piantate sul terreno della chiesa dal molto reverendo parroco don Antonio Bruschini nel 1785" replicò don Camillo accedendosi un mezzo toscano. Ma anche Peppone si era preparato."Reverendo," urlò Peppone "lei dimentica che nel 1796 questo territorio entrò a far parte della Repubblica Cispadana e quindi..." "Quindi," gli saltò sulla voce don Camillo "se Napoleone non fece cavare queste colonne non le può certo far cavare lei che, mi permetta, è assai meno importante di Napoleone".La cosa era arrivata in curia e la curia aveva mandato il segretario del vescovo per convincere quel vecchio e ottuso parroco...Due giorni dopo, piombava in canonica il segretario del vescovo. Il giovane sacerdote, come tutti i preti progressisti della nouvelle vague, disprezzava e detestava i vecchi parroci..."Reverendo!" gridò. "È mai possibile che lei non perda occasione per dimostrare la sua insensibilità politica e sociale? Che cosa significa questa sua nuova pagliacciata? Giustamente il signor sindaco, per incrementare il turismo e adeguare il paese alle nuove esigenze della motorizzazione, vuol creare nella piazza un ampio posteggio e lei si oppone?""No: noi semplicemente non permettiamo che si tolga alla chiesa il sagrato.""Ma che sagrato! Lei non può occupare col sagrato mezza piazza. Non capisce che, oltre al resto, è un vantaggio anche per lei? Non si rende conto che molta gente non va alla Messa perché le chiese non hanno spazio per posteggiare le macchine?""Sì, lo so, purtroppo" rispose calmo don Camillo. "Però non ritengo che la missione di un pastore d'anime possa essere quella di organizzare dei posteggi e delle messe yé-yé per offrire ai fedeli una religione fornita di tutti i comfort moderni. La religione di Cristo non è e non può essere né comoda né divertente."Era un banale ragionamento da prete e il segretario esplose:"Reverendo, lei dimostra di non aver capito che la Chiesa deve aggiornarsi e deve aiutare il progresso, non ostacolarlo!""Lei, invece, non ha capito che il suo 'progresso' ha preso il posto di Dio nell'anima di troppa gente e il demonio, quando passa nelle strade degli uomini, non lascia più puzza di zolfo, ma di benzina. E che il Pater Noster non dovrebbe più dire 'liberaci dal male' ma 'liberaci dal benessere'." [...]"Don Camillo, lei dunque si rifiuta di obbedire.""No. Sua eccellenza il vescovo ci ordini di trasformare il sagrato in un parcheggio e noi obbediremo anche se il Concilio ha stabilito che la Chiesa di Cristo deve essere la Chiesa dei poveri e, di conseguenza, non dovrebbe preoccuparsi delle automobili dei fedeli." [...]
VIALE MONZA - Il diavolo e l'acqua santa, ovvero Camillo e Peppone made in MilanTesto: https://bit.ly/3CcH347
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5835DON CAMILLO: ''LITIGARE E' L'UNICO DIALOGO POSSIBILE CON I NEMICI DELLA CHIESA''Abbiamo già avuto più volte modo di intrattenerci su quel grande scrittore cattolico del '900 italiano qual è stato Giovannino Guareschi. Un cattolico, ma anche uno scrittore tutto di un pezzo, nel senso che non solo sapeva scrivere francamente, senza "peli sulla lingua" come si suol dire, ma anche con quella capacità di "parlare al cuore" che fa di uno scrittore un grande scrittore.Guareschi è stato anche un "profeta", uno che ha saputo capire prima di tanti altri i nostri tempi e soprattutto quali sarebbero state le terribili conseguenze di certi nefasti errori. Ovviamente tutto questo non gli derivava da chissà quali carismi, ma solamente dalla sua straordinaria capacità di saper "guardare le cose", di vederli con quello stupore infantile e contadino che gli davano la possibilità di leggere la realtà attraverso il buon senso, che filosoficamente possiamo anche definire (anche se non c'è una perfetta coincidenza) "senso comune".Guareschi ha parlato di tante cose e c'invita a capire tante cose. Per esempio ci dice molto su quella che è oggi una moda molto consolidata tra tanti - troppi - cattolici: l'irenismo. Per la serie: mai litigare, mai far polemica, bisogna sorvolare sulla verità... l'importante è conservare il dialogo e l'armonia. Non è di molto tempo fa l'affermazione di un noto vescovo italiano, monsignor Galantino [...] che alla domanda rivoltagli da un giornalista su cosa eventualmente dire a un credente omosessuale, ha risposto affermando che in questi casi bisogna mettersi in ascolto piuttosto che parlare, come se Nostro Signore Gesù Cristo non avesse parlato, denunciato, condannato chiaramente e duramente il peccato, e come se le opere di misericordia spirituale non fossero, appunto, di "misericordia".TORNIAMO A GUARESCHINel suo Don Camillo e i giovani d'oggi c'è un significativo dialogo. Il pretino progressista, don Chichì, sentenzia rivolgendosi al rude parroco della Bassa: "Don Camillo, la Chiesa è una grande nave che, da secoli, era alla fonda. Ora bisogna salpare le ancore e riprendere il mare! E bisogna rinnovare l'equipaggio: liberarsi senza pietà dei cattivi marinai e puntare la prua verso l'altra sponda. E' là che la nave troverà le nuove forze per ringiovanire l'equipaggio. Questa è l'ora del dialogo, reverendo!" Ma don Camillo risponde: "Litigare è l'unico dialogo possibile coi comunisti. Dopo vent'anni di litigi, qui siamo ancora tutti vivi: non vedo migliore coesistenza di questa. I comunisti mi portano i loro figli da battezzare e si sposano davanti all'altare, mentre io concedo ad essi, come a tutti gli altri, il solo diritto di obbedire alle leggi di Dio. La mia chiesa non è la grande nave che dice lei, ma una povera piccola barca: però ha sempre navigato dall'una all'altra sponda. (...) Lei allontana molti uomini del vecchio equipaggio per imbarcarne di nuovi sull'altra sponda: badi che non le succeda di perdere i vecchi senza trovare i nuovi. Ricorda la storia di quei fraticelli che fecero pipì sulle mele piccole e brutte perché erano sicuri che ne sarebbero arrivate di grosse e bellissime, poi queste non arrivarono e i poveretti dovettero mangiare le piccole e brutte?"DUE PUNTI IMPORTANTI SU CUI RIFLETTEREIl primo. Don Camillo dice: "Litigare è l'unico dialogo possibile coi comunisti. Dopo vent'anni di litigi, qui siamo ancora tutti vivi...". Qui Guareschi, ovviamente, non fa riferimento al litigio in quanto litigio, ma al fatto che la scelta di rimanere se stessi, di continuare a testimoniare la verità sempre e comunque, siano le uniche possibilità per rimanere "vivi". Vivi come uomini che ancora riconoscono un ordine naturale. Il contrario di ciò che sta avvenendo oggi. Chi è chiamato a proclamare la verità, ha paura di farlo; e diviene una sorta di zombi: non si capisce perché esiste. Oggi verrebbe da chiedersi a proposito di tanti sacerdoti che hanno paura di proclamare la verità: ma perché sono sacerdoti? perché esistono? Chi non avverte l'entusiasmo della verità, di difenderla, di annunciarla, di amarla è come uno zombi, nel senso che la sua vita finisce con l'essere organizzata sul disconoscimento dell'ordine naturale delle cose. Don Camillo lo dice: il fatto che io litigo con i comunisti non solo mi ha conservato "vivo", ma ha fatto sì che i comunisti si conservassero "vivi". Infatti, quelli del paese del Prete della Bassa erano comunisti molto spesso a parole, ma assai poco nei fatti: "I comunisti mi portano i loro figli da battezzare e si sposano davanti all'altare, mentre io concedo ad essi, come a tutti gli altri, il solo diritto di obbedire alle leggi di Dio."Veniamo al secondo punto. Don Camillo fa capire quanto sciocca sia la pretesa di "annacquare" la verità per cercare di attirare: si finisce in questo caso non solo di non attirare nessuno, ma anche di perdere chi in precedenza aveva aderito. I dati sono quelli che sono. L'apertura al "mondo" degli ambienti ecclesiali, voluta dalla teologia postconciliare, non ha "convertito" il mondo, ha piuttosto "mondanizzato" la Chiesa. Notizia di qualche mese fa. Secondo dati diffusi dalla Congregazione Vaticana per gli Istituti di Vita Consacrata sono oltre 2600 i religiosi e le religiose che abbandonano ogni anno i loro Ordini. Per la precisione, tra il 2008 e il 2012 sono state complessivamente decise 12.123 dispense formali dalla vita religiosa, premessa per la successiva riduzione allo stato laicale con una media annua di 2.624,6 casi. Se gli alberi si devono giudicare dai frutti...Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 5 minuti) vediamo una immortale scena tratta dai film di don Camillo. Peppone vuole strumentalizzare per fini politici la tradizionale processione al Po, ma di fronte all'opposizione di don Camillo deve rinunciare. Allora passa alle maniere forti... Del resto tutti i totalitarismi hanno impedito le manifestazioni pubbliche del cattolicesimo. Ma Gesù è più potente e Peppone è "costretto" a scansarsi.Alla fine don Camillo fa una preghiera politicamente scorretta e perciò assai franca e ruvida, ma dove alla fine la misericordia di Cristo prevale. Un vero modello per i sacerdoti di tutti i tempi.