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Quando parli italiano, conoscere le espressioni giuste per ogni situazione è fondamentale quanto sapere la grammatica. Questo articolo ti mostra più di 70 frasi essenziali che gli italiani usano ogni giorno nelle conversazioni normali. Imparerai le espressioni pratiche per salutare, ringraziare, scusarti, chiedere aiuto e molto altro. 50+ Frasi Comuni da Usare in Conversazione in Italia Fase 1: Iniziare una Conversazione L'Importanza delle Domande Aperte Per iniziare bene una conversazione, devi usare domande aperte. Cosa significa? Sono domande che invitano l'altra persona a parlare e a raccontare qualcosa, non solo a dire "sì" o "no". Domande da evitare (sono troppo chiuse): 1. "Tutto bene?" 2. "Va tutto ok?" 3. "Sta bene?" (formale con Lei) Queste domande portano solo a risposte brevi come "sì" o "no", e poi la conversazione si blocca. Domande migliori (aprono la conversazione): 4. "Che mi racconti?" 5. "Come procede?" 6. "Come sta?" (formale) Con queste domande, l'altra persona deve raccontare qualcosa e parlare di più. Se vuoi davvero invitare qualcuno a parlare, usa queste espressioni molto utili: 7. "Che c'è di nuovo?" / 8. "Novità?" Queste sono perfette perché dicono "Raccontami tutto quello che è successo!" Fase 2: Rispondere Quando Ti Chiedono Come Stai Quando qualcuno ti chiede "Come stai?", devi scegliere la risposta giusta per la situazione. Risposte Positive 9. "Bene, grazie!" 10. "Tutto bene!" 11. "Benissimo!" 12. "Sto bene, e tu?" 13. "Alla grande!" (registro informale, significa "molto bene") Usa queste espressioni quando stai bene e vuoi comunicarlo. Risposte Neutre o Moderatamente Negative Attenzione: nei libri di italiano trovi sempre "così così", ma gli italiani quasi mai lo usano davvero! Ecco cosa dicono invece: 14. "Non troppo male" (vuol dire "non sto benissimo, ma va bene così") 15. "Boh, non benissimo" ("boh" mostra che non sei sicuro) 16. "Mah..." (dici solo questo con faccia perplessa – dice tutto senza parole!) 17. "Potrebbe andare meglio" (modo gentile per dire "non sto benissimo") 18. "Non è il massimo" (significa che le cose non vanno molto bene) 19. "Non è un disastro, ma potrebbe andare meglio" (versione più completa e onesta) Fase 3: Ringraziare Dire grazie è molto importante in italiano. Puoi usare espressioni diverse a seconda della situazione e di quanto formale vuoi essere. Espressioni di Ringraziamento 20. "Grazie!" (la forma base, sempre corretta) 21. "Grazie mille!" 22. "Grazie tante!" 23. "Ti ringrazio" / "La ringrazio" (più sincero e personale) 24. "Sei troppo gentile!" / "È troppo gentile!" (quando qualcuno è molto gentile con te) 25. "Non dovevi!" (quando ricevi un regalo inaspettato) Fase 4: Rispondere a "Grazie" In italiano, quando qualcuno ti dice "grazie", devi sempre rispondere! Non puoi restare in silenzio, altrimenti sembra scortese. Risposte Appropriate ai Ringraziamenti 26. "Prego!" (la più usata in tutta Italia) 27. "Di niente!" 28. "Figurati!" (informale) 29. "Si figuri!" (formale) 30. "Il piacere è tutto mio" (molto educato ed elegante) 31. "Non c'è problema!" / "Tranquillo!" (molto casual) Fase 5: Scusarsi e Rispondere alle Scuse Tutti dobbiamo chiedere scusa qualche volta – quando arriviamo in ritardo, facciamo un errore o creiamo un problema. Ecco come farlo: Formulare le Scuse 32. "Scusa!" / "Scusi!" (formale) 33. "Mi dispiace tanto!" 34. "Scusami per il ritardo" / "Mi scusi per il ritardo" (formale) 35. "Chiedo scusa" (più formale) 36. "Perdonami!" / "Mi perdoni!" (formale) Quando qualcuno si scusa con te, devi rispondere anche qui! Accettare le Scuse 37. "Non ti preoccupare!" / "Non si preoccupi!" (formale) 38. "Non fa niente!" / "Figurati!" 39. "Nessun problema!" Fase 6: Chiedere Aiuto o Informazioni Quando hai bisogno di aiuto, è meglio usare il condizionale ("potresti", "potrebbe") per essere più educato. Rende la richiesta meno diretta. Formulare Richieste di Aiuto 40. "Potresti indicarmi la strada per...?" 41. "Potrebbe indicarmi la strada per...?" (formale) 42. "Potresti darmi una mano?" (informale) 43. "Potrebbe darmi una mano?" (formale) 44. "Potresti/Potrebbe aiutarmi, per favore?" Nota importante: "Darmi una mano" è un'espressione che significa semplicemente "aiutarmi". Gli italiani la usano moltissimo! Fase 7: Rispondere a una Richiesta di Aiuto Quando qualcuno ti chiede aiuto, le tue risposte dipendono da una cosa semplice: puoi aiutarlo oppure no? Se Puoi Aiutare 45. "Sì, certo!" 46. "Volentieri!" 47. "Con piacere!" Se Non Puoi Aiutare (o Non Sei Sicuro) 48. "Mi dispiace, non posso aiutarti/aiutarla" 49. "Non ne sono sicuro/a" / "Non ne ho idea" / "Boh!" (molto informale) Fase 8: Offrire Qualcosa e Rispondere a un'Offerta Gli italiani amano offrire caffè, cibo e aiuto! Devi sapere come offrire qualcosa, e anche come accettare o rifiutare in modo educato. Formulare un'Offerta 50. "Ti va un caffè?" / "Le va un caffè?" (formale) 51. "Posso offrirti qualcosa?" / "Posso offrirLe qualcosa?" (formale) 52. "Vuoi/Vuole bere qualcosa?" 53. "Accomodati!" / "Si accomodi!" (per invitare qualcuno a sedersi - formale) Accettare un'Offerta 54. "Sì, grazie!" / "Volentieri!" 55. "Molto gentile, grazie!" 56. "Non mi dispiacerebbe!" (significa "sì, mi piacerebbe") 57. "Perché no?" (modo informale per dire "sì") Rifiutare in Modo Educato 58. "No, grazie, sei/è troppo gentile!" 59. "Grazie mille, ma ho già mangiato/bevuto" 60. "Magari un'altra volta, grazie!" Fase 9: Esprimere Accordo Quando qualcuno dice qualcosa e tu pensi "Esatto! Hai ragione!", come lo dici in italiano? Espressioni di Accordo 61. "Assolutamente!" 62. "Esattamente!" 63. "Verissimo!" 64. "Sono completamente d'accordo (con te/lei)" 65. "Chiaro!" / "Lo ammetto!" (utilizzato particolarmente dai giovani) Curiosità: "Lo ammetto" letteralmente significa "riconoscere qualcosa", ma i giovani lo usano così: "Quel film è bellissimo!" – "Eh sì, lo ammetto!" Come modo per dire "sono d'accordo". Fase 10: Esprimere Disaccordo E se invece NON sei d'accordo? Devi fare attenzione a quanto vuoi essere diretto, in base alla situazione. Formulare il Disaccordo 66. "Non sono d'accordo (con te/Lei)" 67. "Non è il mio modo di vedere le cose" (educato e diplomatico) 68. "Ma stai scherzando?" / "Ma sei pazzo/a?" (attenzione! Molto informale, usa solo con amici stretti!) Fase 11: Esprimere Opinioni in Modo Neutro e Interrompere Educatamente A volte non vuoi essere troppo diretto, oppure devi cambiare argomento senza sembrare scortese. Ecco come fare: Esprimere Incertezza 69. "Forse..." / "Può darsi..." 70. "Dipende..." (molto usato!) 71. "Non saprei..." 72. "Mah, non sono convinto/a" (quando hai dubbi) Interrompere o Cambiare Argomento 73. "Scusa se ti interrompo, ma..." / "Mi scusi se La interrompo, ma..." (formale) 74. "Posso dire una cosa?" 75. "A proposito..." (per cambiare argomento in modo naturale) 76. "Comunque..." (anche questo per cambiare argomento) Nota utile: Gli italiani usano "comunque" e "a proposito" tantissimo! Sono come ponti che ti permettono di passare da un argomento all'altro senza problemi. Fase 12: Concludere e Salutare La conversazione è stata piacevole, ma ora devi andare. Come concludi in modo naturale? Segnalare che Vuoi Concludere 77. "È stato un piacere vederti/vederla" 78. "Beh, credo che sia meglio andare, ho molte cose da fare" Saluti Finali 79. "Ciao!" (informale) 80. "Arrivederci!" / "ArrivederLa!" (formale) 81. "Buona giornata!" 82. "A presto!" (ci vediamo tra giorni o settimane) 83. "A dopo!" / "A più tardi!" (ci vediamo oggi) 84. "Alla prossima!" 85. "Abbi/Abbia cura di te/sé" (molto carino) 86. "Salutami la tua famiglia!" Curiosità interessante: Gli italiani, anche se amano la loro lingua, usano spesso parole inglesi nei saluti! Sentirai molto spesso: 87. "Bye!" / 88. "Bye bye!" Quindi puoi usarlo anche tu senza problemi. Approfondimento: Elementi per una Conversazione Autentica Parlare del Tempo: L'Argomento Preferito degli Italiani Gli italiani adorano parlare del tempo! Ogni conversazione, prima o poi, arriva a questo argomento. È un modo facile per iniziare o continuare una chiacchierata: "Che brutto tempo con questa pioggia, che depressione!" "E da te che tempo fa?" "C'è il sole almeno?" "Qui piove da tre giorni..." Parlare del tempo è considerato un argomento sicuro quando non conosci bene la persona con cui parli. È perfetto per iniziare una conversazione! I Riempitivi: Come Rendere il Tuo Italiano Più Naturale I riempitivi sono piccole parole che gli italiani usano mentre parlano. Non hanno un significato preciso, ma rendono la conversazione più naturale e fluida. Ecco i più comuni: RiempitivoFunzione Comunicativa"Allora..."Iniziare un enunciato o prendere tempo per formulare il pensiero"Dunque..."Funzione analoga a "allora", con registro leggermente più formale"Insomma..."Riassumere o esprimere difficoltà nell'articolazione del pensiero"Cioè..."Riformulare o fornire chiarimenti aggiuntivi"Praticamente..."Semplificare una spiegazione complessa"Tipo..."Introdurre esempi (registro informale giovanile) Esempio di utilizzo integrato: "Allora, praticamente dovrei andare al supermercato, cioè, devo comprare un po' di cose, tipo latte, pane, insomma, le cose base!" Vedi? Suona immediatamente più italiano! Non usarne troppi, ma qualcuno qua e là ti farà sembrare più naturale.
Beber café a seguir à refeição pode dificultar a absorção de ferro, o que é determinante para quem tem reservas de ferro baixas. A nutricionista Mariana Chaves responde a esta questão do ouvinte.See omnystudio.com/listener for privacy information.
[O Observador está a republicar os três episódios mais ouvidos do ano em cada podcast. Este é de 23 de fevereiro de 2025.] As nossas crianças estão a “comer” verbos e isso é motivo para alarme? No mapa da língua falamos de expressões lisboetas como “treuze” ou “caixodré” e ainda de quem diz “ojolhos” ou “ajaulas”.See omnystudio.com/listener for privacy information.
Antes de virar espetáculo de palco, a emoção era ritual, identidade, pertencimento. A Haka maori não nasceu para vender cursos, mas para lembrar um povo de quem ele é. Neste episódio, partimos dos rituais ancestrais e chegamos aos eventos de coaching que transformaram catarse em produto, emoção em controle e autoconhecimento em marketing. Transformação real ou engenharia emocional? Vem pensar comigo. Posso entrar? Sabe aquele momento... em que você precisa confiar cem por cento no freio da sua moto? É aí que entra a Nakata.Discos de aço inoxidável com alta dissipação de calor, pastilhas que mantêm performance em qualquer temperatura,e sapatas com ajuste perfeito.Frenagem eficiente, segura e confortável — faça sol ou chuva. Agora, você também pode contar com a qualidade e segurança da marca Nakata para 2 rodas.Visite @ferasdaoficinanakata no Instagram. A Nakata entrega qualidade de quem entende de estrada e confiança. Nakata. Pode contar. O comentário do ouvinte é patrocinado pela Vinho 24 Horas. Já pensou em ter um negócio que funciona 24h, sem precisar de funcionários? Uma adega autônoma instalada no seu condomínio, com vinhos de qualidade, controle pelo celular e margem de 80%. Com apenas R$ 29.900, você inicia sua franquia e ainda ganha 100 garrafas de vinho. Acesse Vinho24.com.br e comece seu novo negócio! A Terra Desenvolvimento revoluciona a gestão agropecuária com métodos exclusivos e tecnologia inovadora, oferecendo acesso em tempo real aos dados da sua fazenda para estratégias eficientes. A equipe atua diretamente na execução, garantindo resultados. Para investidores, orienta na escolha das melhores atividades no agro. Com 25 anos de experiência, transforma propriedades em empreendimentos lucrativos e sustentáveis. Conheça mais em terradesenvolvimento.com.br. Inteligência a serviço do agro! ...................................................................................................................................................................
Quando a comunicação deixa de ser talento e passa a ser trabalho Há pessoas que parecem ter nascido com presença. Quando falam, o silêncio organiza-se à volta delas. Quando entram numa sala, sentimos qualquer coisa mudar. A tentação é chamar a isso carisma. Ou talento. Ou dom. A conversa com Diogo Infante desmonta essa ideia logo à partida. Antes da presença houve timidez. Antes da voz segura houve dificuldade em falar. Antes do palco houve desajuste, deslocação, a sensação de não pertencer completamente ao sítio onde se estava. O teatro não surgiu como ambição, mas como solução. Uma forma de aprender a comunicar quando comunicar não era natural. Um lugar onde a palavra podia ser ensaiada, onde o corpo podia ganhar confiança, onde o erro não era um fim — era parte do processo. Talvez por isso a noção de presença apareça nesta conversa de forma tão concreta. Não como algo abstrato, mas como um estado físico e relacional. Presença é perceber se o outro está connosco. Presença é sentir quando uma frase chega — ou quando cai no vazio. E esse vazio, quando acontece, dói. Não por vaidade. Mas porque revela uma falha de ligação. Há um momento particularmente revelador: quando fala do silêncio do público. Não o silêncio atento, mas aquele silêncio inesperado, quando uma deixa cómica não provoca riso. “Aquilo dói na alma”, diz. E nessa frase está tudo o que importa saber sobre comunicação: falar é sempre um risco. O outro não é cenário. É parte ativa do que está a acontecer. A conversa avança e entra na exposição pública. Aqui, Diogo Infante faz uma distinção interessante: entre a pessoa privada e a figura pública. Não como máscara, mas como responsabilidade. Há um “chip” que se ativa — uma disciplina interna que permite aguentar expectativas, projeções, rótulos. A maturidade está em não confundir esse papel com a verdade interior. É uma ideia útil num tempo em que confundimos visibilidade com autenticidade. Falamos também de televisão, cinema, teatro. Dos ritmos diferentes. Das exigências técnicas. Mas a ideia central mantém-se: a verdade não depende do meio. Depende da intenção. Comunicar para milhões não dispensa rigor. Simplificar não é empobrecer. Outro ponto forte da conversa é a vulnerabilidade. Num espaço público cada vez mais dominado por certezas rápidas e discursos blindados, assumir fragilidade continua a ser um gesto arriscado. Mas aqui a vulnerabilidade surge como força tranquila. Como forma de aproximação. Como autoridade que não precisa de se impor. Quando a conversa entra no território da família, tudo ganha outra densidade. Dizer “amo-te”. Pedir desculpa. Estar disponível. A comunicação íntima aparece como o verdadeiro teste. Se falhamos aí, o resto é técnica. E só técnica não chega. No plano mais largo, surge a pergunta maior: para que serve a arte num tempo acelerado, ruidoso, polarizado? A resposta não vem em tom grandioso. Vem simples: para nos salvar. Não salvar o mundo. Salvar-nos a nós. Da pressa. Do cinismo. Da incapacidade de escutar. No fim, fica uma conclusão exigente: a presença não é talento — é trabalho. A comunicação não é performance — é relação. E a verdade, quando existe, dá sempre algum trabalho a dizer. Talvez seja por isso que esta conversa não é apenas sobre teatro. É sobre como falamos, como ouvimos e como estamos uns com os outros. E isso, hoje, é tudo menos simples. LER A TRANSCRIÇÃO DO EPISÓDIO Esta transcrição foi gerada automaticamente. A sua exatidão pode variar. 0:00 Abertura do Episódio e a Angústia do Impostor Muitos de nós temos o síndroma de um impostor. Achamos sempre que que somos uma fraude, que na verdade, estamos só a replicar uma mentira. Não estamos a ser suficientemente verdadeiros ou estamos a repetir um padrão de comportamento que já fizemos. Achamos sempre que não estamos à altura do desafio. 0:15 É muito doloroso. É por isso que as pessoas acham que isso ser ator é. É maravilhoso, mas é um processo de grande angústia, angústia criativa, porque estamos perante a expetativa. Tu já estás a pensar aí, a peça do do clube dos poetas mortos, e eu e eu começo a pensar, AI, meu Deus, se aquilo for uma merda, o que é que eu faço, não é? 0:44 Pessoa 2 Ora, digam bem vindos ao pergunta simples, o vosso podcast sobre comunicação? Hoje conversamos com alguém que encontrou no palco não apenas uma profissão, mas uma espécie de casa interior. Diogo Infante contou me que na infância começou pela timidez e pelo desajuste, por aquela sensação de ser observado, de ser o lisboeta gozado no Algarve, de não ter ainda um lugar onde a voz encaixasse e que foi o teatro que lhe deu essa linguagem, a presença e, nas palavras dele, uma forma de se adaptar ao mundo. 1:13 À medida que foi crescendo como artista, veio uma outra descoberta. É de que existe um chip, uma espécie de mecanismo, um parafuso que se ativa quando ele entra no modo figura pública. Um mecanismo de responsabilidade, de expectativa e, às vezes, de peso. 1:30 Mas o mais interessante veio quando falou do silêncio do público, do que acontece quando diz uma frase que ele sabe que devia provocar o riso. E ninguém reage. Esta frase diz tudo sobre a comunicação. O público não é cenário, é organismo vivo, é uma reação em tempo real, é a energia que mexe connosco. 1:48 E é essa conversão entre a técnica e a vida, palco, intimidade, presença e vulnerabilidade que atravessa a conversa de hoje. Falamos do medo de falhar, daquele perfeccionismo que vive colado na pele dos artistas e que o Diogo conhece tão bem. Falamos da comunicação dentro de casa, da importância de dizer. 2:06 Gosto de ti ao filho do valor de pedir desculpa do que se aprende ao representar os outros e do que se perde quando acreditamos demasiado na imagem que o público tem de nós. E falamos dessa ideia luminosa que ele repete com ternura. A arte no fim existe para nos salvar da dureza do mundo, da dureza dos outros e, às vezes, da dureza que guardamos para nós próprios. 2:28 Esta é, portanto, uma conversa sobre teatro, mas não só. É, sobretudo uma conversa sobre. Comunicação humana sobre como nos mostramos, como nos escondemos, como nos ouvimos e como nos reconstruímos. Se eu gostar desta conversa, partilhe, deixe o comentário e volte na próxima semana. 2:44 E agora, minhas senhoras e meus senhores. Diogo Infante, Diogo Infante, ponto. Não tem mais nada para dizer. UI é só isto, Diogo Infante. 2:56 Como a Timidez Moldou o Caminho para o Palco Diogo Infante, ator, encenador. Quando eu disse que que IA conversar contigo, que IA ter o privilégio de conversar contigo, uma minha amiga disse, Ah, diz lhe que eu gostei muito do do sirano de bergerak. E eu pensei, mas isso já passou algum tempo? Sim, sim, mas eu continuo. Adorei aquela peça, deixar a marca das pessoas. 3:13 É isso que tu fazes todos os dias. 3:15 Pessoa 1 É isso que eu tento, se consigo umas vezes mais, outras vezes menos, antes mais. Olá, como estás? Muito obrigado por este convite. Sim, eu, eu, eu tento comunicar. Se é esse o tema. Acho que percebi cedo que tinha dificuldade em comunicar. 3:35 Era muito tímido, tinha dificuldade em em em fazer me ouvir, tu sabes. 3:41 Pessoa 2 Que ninguém acredita nisso? 3:42 Pessoa 1 Mas é verdade, é verdade, é absolutamente verdade. 3:44 Pessoa 2 Como é que é isso? Como é que tu tens? Como é que tu tens? 3:47 Pessoa 1 Dificuldade porque era talvez filho único, porque fui muito cedo para o Algarve e era um meio que me era estranho com um. Um linguajar diferente e eu sentia me deslocado. Eu tinha para aí 11 anos e no início foi difícil e eles olhavam, achavam que eu era Beto e não era nada Beto. 4:03 E falava a lisboeta, e eles gozavam comigo e depois, à medida, fui crescendo. Foi uma adaptação e percebi que representar era algo natural em mim, porque era uma forma de me adaptar ao meio e de conseguir encontrar plataformas de comunicação. 4:20 E quando finalmente expressei que queria ser ator, a minha mãe sorriu porque pensou, estás lixado e pronto. E vim para o conservatório EE. Foi. Foi me natural representar, ou seja, esta ideia de eu assumir um Alter Ego que não sou eu é me fácil. 4:42 Às vezes é mais difícil ser eu própria. 4:45 Pessoa 2 Tu criaste uma capa no fundo que resolve o teu problema, que pelo menos que tu imaginavas como sendo 11 não comunicador, não era um mau comunicador, um não comunicador 11 alguém que tem timidez para para conseguir falar e então toca a pôr a capa de super herói e eu vou superar. 5:00 Todavia, quando eu vejo os teus trabalhos, a última coisa do mundo que o se me ocorre é que tu estás a fingir, porque é que ele tresanda à verdade? Bom, esse é o truque. 5:11 Pessoa 1 Não é? É acreditarmos tão tanto na mentira que ela se torna verdade. Estou a brincar, claro, mas hoje em dia acho que já ultrapassei a minha timidez, mas sempre que tenho que estar aqui, por exemplo, ou tenho que assumir uma persona pública, eu meto um chip. 5:27 É o Diogo Infante que está a falar, não é o Diogo, é o Diogo Infante, é a figura, é pessoa com responsabilidade, com uma carreira, diretor de um teatro que tem. Há uma expectativa, não é? 5:37 Pessoa 2 Isso pesa? 5:38 Pessoa 1 Claro que pesa, claro que pesa. Eu quero dizer a coisa certa. Quer? Quer corresponder às expectativas? Não quer desiludir? Quer que gostem de mim? Bem, isso parece uma terapia. 5:46 Pessoa 2 Estamos todos a fazer isso, não é um. 5:47 Pessoa 1 Bocadinho, acho que sim, então. 5:49 Pessoa 2 E quando é que tu és, Diogo? Só Diogo. 5:51 Pessoa 1 Bom, olha, quando acordo, quando lá ando lá por casa e digo umas asneiras. E quando me desanco com os cães e quando me desanco com o meu filho e não estou a brincar. Ou seja, eu acho que sou eu quando baixo A guarda, quando estou muito à vontade, quando estou rodeado de pessoas que me querem bem, os amigos, a família. 6:08 Não quero com isto dizer que eu seja uma construção. Eu digamos que tornei me uma versão mais polida de mim próprio, porque tenho que passar uma impressão. Tenho que comunicar EE quero controlar o veículo da comunicação. 6:23 Pessoa 2 E controlar a narrativa? Imagino que sim. 6:25 Desafios de Interpretar um Ícone e a Pressão Artística Estás agora, neste exato momento, disse me um passarinho azul a preparar uma peça cujo o título é. O clube dos poetas mortos, ou pelo menos é inspirado nos clubes dos poetas mortos. Não sei se é este o título, é mesmo esse o título? 6:38 Pessoa 1 É o título. 6:39 Pessoa 2 E tu és o professora. 6:40 Pessoa 1 Vou ser o professor ainda. 6:43 Pessoa 2 Há bilhetes para isso? 6:44 Pessoa 1 Sim, o espetáculo só vai estrear no final de abril. Portanto, mas está a voar. Os bilhetes estão a voar a. 6:50 Pessoa 2 Verdade. Como é que é isso? Como é que como é que tu fazes essa personagem mítica do. Do professor que inspira os seus alunos para sair da banalidade e que o sonho é, no fundo, infinito e que devemos conquistá lo? 7:03 Pessoa 1 Olha, eu eu sinto muita empatia por essa personagem, porque eu tento fazer isso na minha esfera de trabalho diária no seja no teatro, seja na televisão. Eu eu acho que é quase uma obrigação. E hoje em dia. Esta mensagem que o filme integra incorpora talvez faça mais sentido do que nunca, num momento em que estamos a assistir a comportamentos extremados na nossa sociedade, em que estamos a regredir relativamente a algumas conquistas EE direitos adquiridos e portanto, esta ideia de não sigas não sejas mais um não sigas, não sejas 11 Carneirinho no meio da manada. 7:43 Assume, te vive a tua verdade faz todo o sentido. E o personagem é tão inspiradora aqui, a dificuldade se quiseres é distanciar me da interpretação icónica do do do Kevin, não é Kevin, AI meu Deus, do Robin Williams, do Robin Williams, coitadinho. 8:00 EE encontrar a personagem em mim, portanto, tenho que fazer a minha própria versão. 8:04 Pessoa 2 Como é que isso se faz? Tu reescreves o texto que te pegas no texto? 8:07 Pessoa 1 Não, não, não. 8:08 Pessoa 2 Não, o texto é aquele. 8:09 Pessoa 1 Não o texto Oo filme faz 30 anos. EOO, argumentista para celebrar os 30 anos, fez uma versão para teatro. Normalmente há peças de teatro que dão filmes. Aqui foi ao contrário, ele próprio escreveu o guião, neste caso, a peça para teatro e Ela Foi feita nos Estados Unidos, em Washington, já foi feita em Paris e Lisboa. 8:30 Vai ser o terceiro país onde ela vai ser interpretada e já teve, já fizemos audições, já temos um elenco de miúdos fantástico e o espetáculo está em preparação e nem sequer estamos em ensaios. Mas a verdade é que já está a gerar imensa expetativa e imensa procura. 8:44 Pessoa 2 Como é que se prepara o que é que até porque tu tens que tocar estes instrumentos todos, não é? Quer dizer, tens, tens que tocar OOO instrumento de de encenador Oo de fazer o casting. Imagino que tenhas também esse tenhas aí uma mão nisso de de ator EE tu dizes me, que já está em preparação, mas ainda não começaram os ensaios. 9:02 Pessoa 1 Os ensaios ainda não começaram, é só só estreia em em abril do ano que vem e. 9:05 Pessoa 2 Começa se a ensaiar quando? 9:06 Pessoa 1 2 meses antes? Neste momento, o que está em preparação foi as audições, foi feito um cartaz, entretanto, já tivemos reuniões com o cenógrafo, com o figurinista, com está se a preparar toda a logística para depois o espetáculo seja montado no fundo é juntar as peças. 9:22 A parte dos ensaios propriamente dita acaba por ser mais divertido para os atores. Mas eu não vou encenar o espetáculo, vou apenas representar, quem vai encenar é o Elder Gamboa. Antes disso, vou eu encenar um espetáculo que começo os ensaios para a semana que é a gaivota do shakhov. 9:37 Que vamos estrear, entretanto, No No Trindade. Com quem? Com o Alexandre lencastre a fazer AA arcadina. Porque está de volta. Está de volta, claro. O teatro, sim, sim. 9:45 Pessoa 2 Bem, isso é 111 grande, uma grande sorte. 9:49 Pessoa 1 Sobretudo depois dela, há 30 anos atrás, ter feito a Nina, que é outro personagem icónico da gaivota, bastante mais novo, a jovem atriz. E ela agora vai fazer a Diva do teatro a arcadina num numa interpretação que eu tenho a certeza que vai ser memorável. 10:03 Pessoa 2 Como é que se encena uma Diva? Como é que se ajudam? 10:05 Pessoa 1 Com muito amor, com muito amor. Não se ensina nada, não é porque ela sabe tudo. Mas é no fundo, instigando, instigando confiança, apoio, dando ânimo. Porque os atores, seja Alexandre ou outro, qualquer grande ator tem muitas dúvidas, tem muitas angústias. 10:24 Pessoa 2 Precisa de mimo? 10:25 Pessoa 1 Sim, muito, até porque nós somos assaltados por. Muitos de nós temos o síndroma de um impetor. Achamos sempre que que somos uma fraude, que na verdade estamos só a replicar uma mentira, não estamos a ser suficientemente verdadeiros ou estamos a repetir um padrão de comportamento que já fizemos. 10:42 Achamos sempre que não estamos à altura do desafio. Eu trabalhei com o Eunice Muñoz e ela também tinha dúvidas, ela também se questionava e, portanto, todos nós passamos por esse processo. Mas isso é doloroso ou não é muito doloroso? É por isso que as pessoas acham que isso ser ator é. É maravilhoso, mas é um processo de grande angústia, angústia criativa, porque estamos perante a expectativa. 11:03 Tu já estás a pensar aí, a peça do do clube dos poetas mortos já está cá em cima. E eu começo a pensar, AI, meu Deus, se aquilo for uma merda, o que é que eu faço? 11:09 Pessoa 2 Não é, mas, mas, mas, mas é legítimo, não é? Quer dizer, repara, eu vi o filme, adorei o filme, claro, eu vejo te a ti. Eu gosto muito do teu trabalho. Juntar estas 2 coisas. Eu digo, não, não pode falhar. 11:19 Pessoa 1 É evidente que não é inocente AA junção desses fatores, mas isso não alivia a responsabilidade que eu sinto nos ombros, eu? E Alexandra e outros atores que têm sentem esse peso. 11:29 Pessoa 2 Mas tu, quando as pessoas entram no teatro, tu já estás ali a ganhar 10 zero. Quer dizer isto, isto não, não é um processo. Virgem eu, não, eu, eu, eu, eu, eu já, eu sentei, me na minha, no meu lugar do teatro, com essa expectativa, mas. Mas. Mas também tem um lado bom que, é claro, tens créditos, claro. 11:47 Pessoa 1 Obviamente, e. E estes anos todos de trabalho e de reconhecimento, dão nos essa, esse crédito e essa confiança. O público compra muitas vezes o bilhete sem saber o que vai. Confia nas nossas escolhas. EE, essa pressão é boa. E repare, eu muitas vezes comparo nos a atletas de alta competição. 12:04 Nós temos que ter aquela performance naquele momento, naquele segundo. É agora que toca, dá o gong e vai. EEE tens que o que é que? 12:13 Pessoa 2 Se sente nesse nesse momento? 12:14 Pessoa 1 Um choque de adrenalina brutal é das coisas que mais nos faz sentir vivos, o momento, a responsabilidade. Mas também bebemos dessa adrenalina e alimentamo nos para poder encarar um espetáculo com 2 horas e chegar ao fim com uma energia vital brutal e o público sair de lá arrebatado preferencialmente. 12:32 Pessoa 2 E não se cansasse no fim. 12:34 Pessoa 1 Passado 1 hora, quando aquilo começa a baixar e chegas a casa. E Tomas um copo de vinho e olhas assim para a televisão e aí dá a quebra. 12:41 Pessoa 2 E que e dói te músculos, dói ou não? 12:43 Pessoa 1 Não, às vezes dói mais a alma, Oo músculo da. 12:46 Pessoa 2 Calma, porquê? 12:47 Pessoa 1 Porque falhaste naquela frase? Porque hesitaste a respiração? Porque não deste a deixa se calhar no timing certo? Nós somos muito críticos. Eu acho que todas as pessoas que têm uma responsabilidade pública, não é? 12:59 A Dinâmica com o Público e Diferenças de Meio Se tu fizeres uma apresentação e te enganares, vais. 13:01 Pessoa 2 É uma, é uma. 13:02 Pessoa 1 Dor é uma dor, sim. Lá está é a mesma coisa. É uma. 13:04 Pessoa 2 Dor, mas é tu és muito perfeccionista na. 13:06 Pessoa 1 Muito, muito, muito. É por isso que eu trabalho com muita antecedência. Sou muito chato. Quero o quero garantir que tudo está preparado para quando o momento, se der, não há. Não há falhas, EEEE. 13:17 Pessoa 2 E esse diálogo com o público, porque tu estás em cima de um palco, mas tu estás a respirar com o mesmo público. Como é que é? Como é que é essa comunicação? Porque ela não flui só. Do palco para o lado de cá, não é? Quer dizer. Para o outro lado também também a maneira como nós nos rimos, como como aplaudimos, como nos distraímos, sim. 13:36 Pessoa 1 Sim, tudo interfere. E é por isso que nós dizemos, cada cada dia é um dia diferente. Cada espetáculo é diferente conforme o público. O público muda e é o público. Esse coletivo, naquele dia, forma uma espécie de um organismo. Como pulsar próprio com uma respiração própria, umas vezes são mais agitados, outras vezes são mais calmos, umas vezes são mais reativos, outras vezes são mais introspectivos e eles emanam uma energia e nós estando no palco, sentimo la mas mas física é palpável, é algo que dizemos bem, isto hoje UI não estão a sentir e às vezes é uma carga. 14:09 Pessoa 2 Mas isso é uma angústia, essa que deve ser uma angústia. 14:11 Pessoa 1 Sim, às vezes é boa, às vezes é. É uma expectativa. 14:14 Pessoa 2 Boa agora é que vai ser agora é que eu vos vou mostrar. 14:17 Pessoa 1 Que nós começamos logo por sentir Oo bruá na sala antes do espetáculo começar. A Carmen de Loures dizia me, quando eles falam muito é porque vêm para gostar. Se um público estiver muito calado, muito silencioso. UI. Isto hoje eles vêm para para cortar na casa. 14:31 Pessoa 2 Hoje vai ser difícil, hoje é o tipo júri do do festival da canção e, portanto, tem que ser. 14:34 Pessoa 1 Conquistado profissional está muito habituado. EEE apropria. Se EE absorve essas energias e transforma as sejam elas boas ou más. Agora nós não somos indiferentes a elas e às vezes isso contamina. Eu já parei um espetáculo mais do que uma vez para pedir às pessoas. 14:50 Se acalmarem, ou para deixarem de olhar para o telemóvel ou ou para deixarem de escrever já. 14:55 Pessoa 2 Isso é uma falta de respeito também, não é bom. 14:56 Pessoa 1 Infelizmente, é um prato desde que há 20 anos, apareceram os telemóveis e agora com os com os smartphones, para além dos toques, as luzes, as pessoas escrevem. 15:05 Pessoa 2 Tu vês na cara das pessoas? 15:06 Pessoa 1 Claro, no meio de uma plateia, às escutas acendes, um telemóvel é um é um. É um clarão não só incomodativo para nós, mas como também é incomodativo para todos os outros que estão à volta, não é? É evidente que há toda uma lógica. Nós anunciamos no anúncio de sala, pedimos encarecidamente, explicamos os anúncios, até que testa um bocadinho cada maiores e mas invariavelmente acontece. 15:26 Mas é uma, vai se ir tocando? É um, é um processo. 15:29 Pessoa 2 Olha, fazer isto no teatro. Tu tens pessoas à tua frente e, portanto, tu consegues. Ouvi Los. Tu consegues interagir com eles. Tu sabes seguramente. Táticas e técnicas para ora para desposterizar, ora para aumentar o interesse, enfim, ora para os acalmar. 15:47 Se aquilo estiver muito, muito complicado. A tua outra experiência é das telenovelas, onde tu também apareces muito apareces, como como como um das personagens principais. Aí não há público e aquilo é suspeito. 16:04 Uma carga de trabalhos muito grande, uma carga de trabalho muito grande para para fazer cena, pôr cena, para a cena, pôr cena, pôr cena. Como? Como é que é essa experiência aí? Bom, é menos criativa. 16:14 Pessoa 1 São técnicas diferentes, ou seja, na essência, tudo é representar, não é? Quando estamos num palco, é evidente, tu tens essa consciência que estás perante uma plateia? EE, há uma relação viva, dinâmica, EEE, que tu, da qual tu tens a responsabilidade de tentar controlar. 16:31 Em televisão ou em cinema, é diferente, porque o há o corte, há, há o take, podes repetir, podes fazer um pick up. EE no fundo, o que é que é um picape? O picape é. Se estás a fazer uma cena e há um engano, vamos pegar ali. EE vais e. 16:45 Pessoa 2 Depois dá para montar. 16:45 Pessoa 1 Sim, porque depois as templeiras de corte e, portanto, podemos ir salvar a cena com pick up. Normalmente o que se diz é tens que olhar a pensar na Câmara como o público. Eles estão a ver te a através da lente, mas tu? 17:00 Pessoa 2 Relacionas te com a lente com a Câmara, não. 17:01 Pessoa 1 Diretamente. Mas tu sabes que ela está ali. Eu também. Eu também não olho para o público quando estou no palco ou tento. Mas eu sei que eles estão lá, portanto, essa consciência permanente que está ali, um interlocutor que está, mas. 17:13 Pessoa 2 Não é frio, lá está a Câmara, é uma coisa fria. 17:15 Pessoa 1 É, é, mas ao mesmo tempo bom, há os camerman. Há toda uma equipa que está ali a acompanhar te e tu imaginas sempre que há uma grande intimidade, porque efetivamente a Câmara permite essa proximidade. E, portanto, tu adequas Oo teu registo, quer de voz, quer até de expressão, a um plano que é necessariamente mais próximo. 17:35 No teatro, tens aquela amplitude toda e, portanto, tens. Sabes que tens que projetar a voz? O gesto tem que ser mais amplo. A energia com que pões nas frases tem que chegar à à velhinha que é surda, que está na última fila, na. 17:46 Pessoa 2 Televisão? Não. Na televisão, não muito. 17:48 Pessoa 1 Ampliada na televisão, tu trabalhas para um plano médio apertado e, portanto, tens é que ser mais subtil, tens que conter mais em em termos de traços gerais, é isto. 17:55 Pessoa 2 Porque senão se tu fizeres, fores mais histriónico ou falares mais alto do que ficas. 17:58 Pessoa 1 Esquisito não é? Fica muito, super expressivo. EE fica, lá está. Fica muito teatral. Não é do mau sentido. 18:04 Pessoa 2 E o que é EEE? É as telenovelas, tanto quanto eu consigo perceber elas. Estão a ser escritas ao mesmo tempo que vocês estão a representar? Não necessariamente. Não necessariamente pode. Portanto, podes ser o guião. 18:12 Pessoa 1 Todo sim, há. Sim, há guiões que já estão acabados e, portanto, às às vezes são adaptações de outros formatos que se importam, outras vezes são abertas, ou seja, estão a ser escritas à medida que estão a ser feitas, às vezes com uma frente de 101520 episódios e, portanto, tu próprio não sabes para onde é que aquilo vai. 18:28 Ritmo Intenso das Novelas e a Eternidade de Shakespeare E conforme e se estiver no ar, então. Pode haver até 111 dinâmica com o público. O público está a gostar muito daquele casal. Lá está a gostar muito daquele conflito e isso é explorado. 18:38 Pessoa 2 Vamos pôr mais fermento aqui, vamos pôr, criar mais cenas depois. 18:41 Pessoa 1 Varia, varia. 18:42 Pessoa 2 Estás a gravar o quê agora? 18:43 Pessoa 1 Neste momento, estou AA gravar uma novela na TVI que se chama amor à prova e é um lá está é uma adaptação de um formato chileno ou venezuelano, portanto, adaptado à realidade portuguesa. 19:00 É, é mais pequena do que habitualmente. Tem apenas 100 episódios, apenas 100 apenas. Mas efetivamente tem uma carga de gravação muito intensa. Nós chegamos, eu gravo tranquilamente 12 cenas de só da parte da manhã. 19:13 Pessoa 2 12 cenas só. 19:14 Pessoa 1 Em 3. 19:14 Pessoa 2 Horas e 1 e 1 cena normalmente demora quê 2 minutos? 19:17 Pessoa 1 5 minutos. A cena pode ter 223 páginas, portanto estamos a falar de 234 minutos. Mas multiplicas isto por 10. Estás a ver, não? 19:25 Pessoa 2 É só para decorar o texto, como é que? 19:26 Pessoa 1 Sim. 19:27 Pessoa 2 Como é que eu? 19:27 Pessoa 1 Eu decoro na hora. 19:29 Pessoa 2 Na hora, como é que? 19:30 Pessoa 1 Isso se faz? 19:31 Pessoa 2 Espera lá. Isto aqui vai ser uma ótima explicação para os alunos do secundário, que é. Como é que se decora na hora, é? 19:36 Pessoa 1 Diferente é uma coisa, é decorares 11 conteúdos em que tens que dominar a matéria e saber do que é que estás a falar ali. O que eu faço é, eu leio a cena na véspera para perceber o que é que se passa e quando chego lá, passo com o colega, Bora lá e em vez de decorar as palavras, eu decoro as ideias. 19:51 Pessoa 2 O sentido, o sentido. 19:53 Pessoa 1 Que é, se eu souber o que estou a dizer, é mais fácil replicar, e mesmo que eu não diga aquela palavra, digo outra, parecida. E a coisa dá se. 20:00 Pessoa 2 E os realizadores não são muito aborrecidos, não querem, não é? 20:03 Pessoa 1 Shakespeare não é, não é, não é propriamente mulher. Portanto, o que interessa aqui é. Lá está a semelhança, a verdade, a fluidez e a sinceridade. EE se ficares muito agarrada à palavra, porque aquela que. 20:15 Pessoa 2 Pronto, vai soar a falso, vai soar péssima. Olha o que é que Shakespeare tem de interessante e de extraordinária para continuarmos todos AA ver e a e a gostar daquilo que os atores a fazerem. 20:25 Pessoa 1 Ele é um génio. Ele conseguiu captar na sua obra de 30 e tal peças mais não sei quantos contos, mais poemas mais. Eu diria que o essencial da natureza humana. Considerando que ele escreveu no século 15, é incrível pensar que ele tem esta esta capacidade de de de nos identificar e perpetuar. 20:51 E eu acho que estão estão está lá tudo. A Shakespeare ensina a ser, ensina a humanidade, mas. 20:58 Pessoa 2 Aquilo que é extraordinário é que depois aquele texto parece muito simples, bom, muito, muito simples, no sentido em que eu entendo aquilo. O que é que ele está a? 21:06 Pessoa 1 Dizer isso é um trabalho difícil, difícil. 21:09 Pessoa 2 Fazer o mais fácil ou mais? 21:10 Pessoa 1 Difícil? Exatamente no original. Em em inglês, o texto é inverso e, portanto, e usa uma série de terminologia que já está em desuso. Portanto, os próprios ingleses têm dificuldade muitas vezes. Em acompanhar aquilo que é dito, eles percebem o sentido mais do que todas as palavras. 21:29 Pessoa 2 E como é que tu fazes para para? 21:30 Pessoa 1 Para quando é pensar nisso, o que acontece é, há várias abordagens à tradução. Há uns que são mais académicos e que tentam ser fiéis ao verso EEE, à estrutura EEE. As traduções ficam muito pouco dizíveis. E depois há alguns tradutores, felizmente, que se. 21:49 Traduzem em prosa, portanto, EE tentam é captar AA ideia e menos AO verso, e então torna se mais fluido em português. Na tradução tu podes simplificar para facilitar o entendimento. 22:00 Pessoa 2 Fica lá a poesia no fundo, sempre sem, sem aparecer necessariamente inverso. 22:04 Pessoa 1 Sempre que é necessário, até se pode ir ir buscar um verso ou outro. Mas a prosa é poética também. EEEA essência do texto não se perde. 22:13 O Que Distingue a Presença e o Talento Bruto Olha o que é. 22:13 Pessoa 2 Que distingue? A presença, aquilo que nós sentimos como uma presença ali de uma mera performance. Há bocadinho que estavas a falar aqui do do síndrome do impostor. Que que que é essa nossa relação com a verdade? De de, do, do que é, da da, de quem está a fingir ou de quem está a interpretar uma verdade, apesar de estar a ser teatralizada? 22:33 Como é que se treina, no fundo, uma voz para dizer a verdade? 22:37 Pessoa 1 Não sei, sinceramente, não sei. Ainda me debato com isso. Não tanto no meu próprio processo, mas, sobretudo quando estou a dirigir atores e quando estou a tentar explicar como é que se consegue chegar lá. O que tenha testemunhado ao longo dos anos é que há pessoas que entram num palco sem abrir a boca e algo acontece. 22:56 Elas transportam uma energia. 11, confiança. 11. Aura. 23:01 Pessoa 2 O que é que é isso? Algo acontece? 23:05 Pessoa 1 Chama a tua atenção. Tu queres olhar para aquela pessoa? Tu precisas de olhar para aquela pessoa. E ela ainda não abriu sequer a boca. E isso é muito claro. Por exemplo, quando estou a fazer audições, estou a fazer audições em teatro, tens 20 atores a fazer o mesmo texto e há um ou 2 de repente. 23:20 Pessoa 2 Brilha. 23:20 Pessoa 1 Brilha. Às vezes é. É a maneira como se proporiam do texto, como o tornam seu, como conseguem escavar uma leitura muito original. Outras vezes é meramente 11 atitude, uma postura. 23:35 E isto não se codifica porque é é muito difícil de EE, nem sempre acontece, ou seja, o mesmo ator. Noutro contexto, se calhar pode não ter o mesmo efeito ou com as mesmas pessoas, mas as pessoas que normalmente são brilhantes. 23:51 Olha, há pouco falávamos da Alexandra. A Alexandra é uma atriz para quem a conhece bem, muito insegura, com muitos anseios, muitos temores. Mas lembro me quando fizemos o quem tem medo de Virgínia woolf? Também no teatro da Trindade. Há 8 anos atrás, quando era hora de entrar, nós entrávamos os 2 em cena na nossa casa. 24:13 Fora de cena, Alexandre estava a dizer, não quero, não quero, não quero, tenho medo, tenho medo, tenho medo de ir assim, Ah, não quero depois entrava e mal ela entrava, explodia algo acontecia, era incrível, ela mudava, ela mudava assim de um do dia para a noite. EE aquilo que era um temor, ela transformava numa arma. 24:30 Pessoa 2 Transformar uma fragilidade numa força. 24:32 Pessoa 1 Sim, claro, Oo meu medo? Há há pessoas que com o medo, atacam, não é? E portanto, é. Eu acho que é isso que ela fazia e que ela faz, que é quando tem temor, ela vai para cima de um palco e seduz. EE abraça, nos abraça, nos com o público. 24:46 Pessoa 2 Arrebata nos no fundo, arrebata nos e leva nos quando ela quiserem. 24:49 Pessoa 1 E algo não, não se explica. Tu podes tentar dizer e um ator vê lá, se consegues fazer isto. Mas isto às vezes é inato. 24:56 Pessoa 2 É, não dá para treinar. 24:57 Pessoa 1 É uma natureza? Não. O que dá para treinar é todo o lado técnico. É a postura, é a maneira como lanças, a voz, a maneira como. Como tu atacas uma cena, a energia que colocas, a vitalidade, e isso trabalha se agora, depois de fatores que nos escapam, muitas vezes é, é o subtexto, não é, é aquilo que não é dito, é, é, é uma essência, é uma natureza. 25:16 Porque é que numa multidão nós passamos por 50 pessoas e há uma a quem, onde, onde o nosso olhar pára e não é necessariamente porque é mais bonito, é qualquer coisa que nos faz olhar para aquela. 25:27 Pessoa 2 Pessoa é um fator x, é um carisma. 25:28 Pessoa 1 Sim, claro, claro. Qualquer coisa que impacta a toca comove. 25:35 Pessoa 2 E nós conseguimos correlacionarmos logo com essa pessoa, apesar de não a conhecermos, apesar. 25:38 Pessoa 1 Eu diria que sim. Eu, eu sou. Eu adoro talento. Sou muito sensível ao. 25:44 Pessoa 2 Talento, não é? 25:45 Pessoa 1 Certo, mas digamos que eu estou treinado por via da da minha profissão para ver talento. E quando eu vejo o talento no seu estado bruto, como um Diamante é, é normalmente é muito comovente. Porque tu vês todo o potencial e a pessoa às vezes só está só, só é e tu dizes me meu Deus, como é que esta pessoa às vezes eu vejo jovens atores acabaram de sair do conservatório, pisa, vão para cima de um palco, uma maturidade, uma energia, uma luz e eu disse, como é que se ensina isto? 26:18 Onde é que tu estás, onde é que tu aprendeste isto e não se aprendeu? Eles trazem com eles, trazem da vida, trazem de outra, não sei de. 26:24 Pessoa 2 Outras vidas há bocadinho falavas da Eunice. Ou ou o Rui de Carvalho, por exemplo. Oo que é que o que é que estes 2 atores que juntam longevidade EE lá está e essas coisas todas, o que é que eles têm de verdadeiramente especial? 26:39 Pessoa 1 Ah, olha, eu, Rui, conheço menos. Bem, eu trabalhei muito com a Eunice e com a Carmen de Loures. O que o que eu sinto é é uma entrega total AAA, uma arte que amam eles amam aquilo que fazem. 26:56 E há um sentido de ética e de paixão, de rigor e profissionalismo, tudo isso. Mas depois há algo que é transcendente, que é é a maneira como como estão Oo Rui conta se que no início da sua carreira sofreu muito nas mãos do ribeirinho que o maltratava e que o dirigiu e o isso. 27:16 E o Rui é um ator que se foi construindo, foi foi dominando 11 técnica e uma. E uma presença invulgar por causa da escultura sim, a inicia Carmen. A história é diferente. A Carmen era uma mulher de uma beleza plácida, começou por fazer cinema, a Eunice mal apareceu com miúda 18 anos, era logo um furacão toda a gente não falava de outra coisa no conservatório, ela já era a melhor aluna nota 19 aos 12 anos, quando estreou No No teatro nacional, dona Maria segunda, perceberam logo que ela era um bicho de palco. 27:51 Pessoa 2 Saiam da frente. 27:51 Pessoa 1 E saiam da frente. E pronto, EE foi assim até à sua morte, aos 94. 27:55 Pessoa 2 Anos e há agora novas das destas novas geração? Já há, há há atrizes e atores que tenham também. 28:01 Pessoa 1 Isso assim, há gente muito boa, há gente muito boa. 28:03 Pessoa 2 O que é que tu fazes com essas? 28:04 Pessoa 1 Epifanias para ti, guardo as registo verbalizo. 28:10 Pessoa 2 És mais exigente com eles? 28:11 Pessoa 1 Não, não, não. Eu tento é aprender. Aprender, sim. Ou seja, porque eles têm uma frescura e têm um olhar tão novo perante situações que, para mim, já são recorrentes. E eu penso. Como é que eu nunca vi isto antes? Como é que eu nunca olhei para isto desta maneira? 28:25 Pessoa 2 Eles trazem uma frescura do ponto de vista, sim. 28:27 Pessoa 1 E. 28:28 Pessoa 2 Isso também e isso ensina te. 28:29 Pessoa 1 Há uma audácia, não tem Nada a Perder. Arriscam sem medo. E isso aprende se claro que sim. 28:35 Pessoa 2 Isso é absolutamente EE pode se estimular ou, pelo contrário, esvaziar. 28:39 Pessoa 1 Bom, sim, tu podes fazer todo um trabalho psicológico, pois que os demova. Espero bem que não. Isso seria de uma enorme crueldade. O que eu tento fazer é fomentar, alimentar, beber e estimular EE, aprender. 28:52 Pessoa 2 Olha, estamos no momento das redes sociais, onde? Temos coisas muito interessantes, como a propagação da mensagem, como a proximidade. Imagino que até para a promoção do teu trabalho as coisas sejam mais fáceis. Mas, por outro lado, temos tudo, todo o lixo que vem por aí, não é o ruído, a toxicidade, a pressão para se ter uma opinião, sobretudo, e sou contrário anão aceitação da opinião do outro. 29:17 Navegar o Digital e Lições da Comunicação Familiar Como é que? Como é que tu vais gerindo isto? 29:20 Pessoa 1 Tento gerir com alguma prudência, alguma parcimónia. Tento não, não. Não viver totalmente dependente destas plataformas e desta esta necessidade de extravasar opiniões a torto e direito ou até dispor uma intimidade. 29:36 Eu sempre fui recatado e, portanto, sou muito criterioso naquilo. 29:40 Pessoa 2 Que como é que te protege, lá está? 29:42 Pessoa 1 Com critério, com selecionando bem aquilo que me interessa partilhar e faço com parcimónia. É sobretudo isto. É sobretudo um instrumento de trabalho. De há uns anos para cá, eu sinto que tornei me mais. 29:58 Não diria acessível, mas tive mais vontade de partilhar alguns aspetos da minha vida. 30:04 Pessoa 2 O que é que mudou quando foste pai? Sim, isso foi muito público. Adotaste uma criança, agora um homem. 30:11 Pessoa 1 Desde que fui pai Oo meu olhar mudou necessariamente EEE. Portanto, as escolhas. Todas as escolhas que fiz. Pensava sempre também nele e naquilo que eu acho que poderia ser bom para ele. Mas, portanto, tento não não ficar escravo nem nem nem pôr me a jeito para me magoar, fruto de qualquer reação da bisbilhotice, da bisbilhotice ou dos comentários ou do que for AA verdade é que tenho tido sorte. 30:40 Bom, eu também não ando sempre AA ver tudo o que escrevem, mas normalmente tenho reações muito positivas e. Muito agradáveis àquilo que publico, seja pessoal ou profissional, mas tento não levar nada disto muito a Sério porque acho perverso. 30:57 Pessoa 2 Olha, eu não quero entrar muito na tua intimidade, mas tenho uma curiosidade só na tua relação com o teu filho. Como é que são os diálogos? Porque isso interessa me tu, tu que és 11 cativador de de jovens talentos no mundo. Quando ele apareceu na tua vida, como é que foi? 31:13 O que é que, o que é que, como é que, como é que é esse, como é que é esse diálogo? Com, com, com uma, com uma pessoa que já que tem capacidade de pensar e de dizer e de desafiar. 31:25 Pessoa 1 Olha, eu basicamente repliquei o modelo de educação e que tive na minha vida e que implicava essencialmente 2 coisas, uma muito amor, muito amor. Todos os dias, agora menos, mas todos os dias lhe dizia que o amava e todos os dias falamos ao telefone. 31:46 Quando não estamos fisicamente perto, falamos, falamos várias vezes ao dia e a segunda coisa é precisamente isso, é a comunicação, é proximidade, é para o bem, para o mal. Eu disse, lhe tu podes me podes me contar tudo, podes falar comigo de tudo e, portanto, eu também promovo isso que é, falo com ele, se mesmo que se estou chateado, se discordo, promovo um diálogo, vamos tentar perceber porque é que o que é que está mal ou o que é que está bem? 32:11 O que é que tu achas? O que é que eu acho? E isso criou, entre nós 11, franqueza que me parece saudável e que nos permite falar de assuntos que possam ser mais ou menos delicados, mais ou menos sensíveis, sempre com a certeza que queremos Oo bem e o melhor do outro. 32:26 Pessoa 2 Que é uma definição de amor. Mas como qualquer pai e filho, deve haver momentos em que vocês socam. Sim, tem pontos de vista completamente radicais, mas uma. 32:32 Pessoa 1 Uma coisa que eu aprendi com o meu filho foi a pedir desculpa, ou seja, aprendeste com ele porque ele tinha dificuldade em fazê lo ele pequenino. Ficava muito nervoso, se fazia uma asneira e eu percebi, OK, se tu não consegues. 32:50 Então eu comecei a pedir desculpa quando errava ou quando fazia alguma coisa mal. E como quem para lhe dizer não faz mal nenhum, assumir que falhamos ou ou ou que estamos arrependidos ou que queremos melhorar. E foi um processo EE. Eu hoje também peço mais vezes desculpa e ele falo já de uma forma muito mais tranquila, já sem dramas sem, mas não os nossos confrontos. 33:11 São muito desta natureza. Eu às vezes sou mais impulsivo, emocional, EEE. Depois ele olha assim para mim e diz, porque é que estás a falar assim e tens razão? Desculpa, estou irritado, mas tens que perceber isto, tens razão, pá, eu percebo também peço desculpa, mas tens que perceber que eu pensei assim e a minha ideia foi esta, disse, é OK, então vá, está cá, um abraço e vamos. 33:29 Pessoa 2 Portanto, tenho um efeito calmante em ti, no. 33:31 Pessoa 1 Fundo sim, absolutamente. EE agora já está numa fase em que se é 11 jovem adulto. Tem 22 anos e já posso falar com ele de outras coisas. Posso falar das minhas angústias, dos meus sonhos, das minhas ambições. Ele dá me conselhos. Ele vai ver tudo o que eu faço. 33:46 Ele gosta muito de teatro e, portanto, tem um olhar crítico, tem um olhar sustentado, tem opiniões formadas. É muito giro falar de política, falar de do que, do que seja. 33:56 Pessoa 2 O que é o maravilhoso da da vida? 33:58 Enfrentar Desafios Sociais e o Sonho de Salvar Olha, estamos num tempo em que a ética, a responsabilidade e a empatia parece que tiraram férias durante algum tempo. Coisas que nós considerávamos como normais, nomeadamente direitos civis, coisas que são normais e banais, parecem agora estar sob ameaça. 34:14 O que é que fazemos a isto? Ignoramos ou combatemos? Com toda a formação, tenho sempre essa dúvida que é quando quando alguém defende alguma coisa completamente absurda e que nós temos a sensação de que não faz sentido. 34:28 Pessoa 1 Eu, eu percebo a pergunta, podemos dar? 34:29 Pessoa 2 Gás. 34:30 Pessoa 1 Porque às vezes sinto que quanto mais combatemos ou quanto mais damos visibilidade a esse tipo de posturas e. 34:35 Pessoa 2 Estamos a ajudar, não é? 34:36 Pessoa 1 Exatamente, estamos AAA divulgá las a fomentá las. Às vezes é evidente que ignorar silenciosamente também não é uma boa política. Eu acho que temos que encarar isto enquanto sociedade, enquanto coletivo, enquanto e perceber quais é que são os limites. Oo que é que é razoável. 34:53 Vivendo nós em democracia e admitindo que há pessoas com opiniões diferentes e respeitando essa diferença. Ainda assim há limites. Há limites para aquilo que é passível de ser dito quando isso incita o crime, a violência, o ódio. 35:10 AA os extremismos. EE portanto, eu acho que temos que olhar para os políticos que têm responsabilidade legislativa. Temos que olhar para a justiça. Que seja mais eficaz, seja mais célere. Quando assistimos na própria casa da democracia, no parlamento, a comportamentos, bom que não se não aceitaríamos numa escola, por exemplo, então algo que está profundamente mal e isso tem que ser balizado. 35:35 Pessoa 2 Olha, EE, quando essas discussões começam a contaminar a nossa bolha, dos nossos amigos, que nós até dizemos, mas porque é que tu estás a dizer 11? Coisa daquele passa um efeito de contágio, não é? É como os. 35:47 Pessoa 1 Vírus com os amigos. 35:50 Pessoa 2 Amigos ou próximos? 35:51 Pessoa 1 Eu. 35:51 Pessoa 2 Vou não vou largar um bocadinho o. 35:52 Pessoa 1 Círculo eu quero acreditar que o que as a escolha a minha escolha de amigos. 35:57 Pessoa 2 Te protege. 35:58 Pessoa 1 Protege me. Mas se ouvir pessoas a dizerem coisas que a mim me agridem, porque são absolutamente idiotas, eu não vou entrar nesse, nesse, nesse, nessa discussão, nesse diálogo. Não vou gastar essa energia. Um amigo SIM. 1 conhecido não. 36:14 Pessoa 2 Pois deixas deixas passar, olha, há bocadinho estavas a falar dos teus, dos teus medos, das tuas vulnerabilidades que vem de onde, que, que tipo de medos são? 36:23 Pessoa 1 Esses os normais, ou como qualquer pessoa, o medo de morrer, o medo de falhar, o medo de desiludir, o medo de sofrer, o medo de não ser suficiente, o medo de. São muitos, mas é assim, eu, eu, eles existem. 36:40 Mas eu não sou uma pessoa medrosa. Eu não sou um pessimista da entende. 36:44 Pessoa 2 Que és um otimista? 36:45 Pessoa 1 Sim, sim, eu, eu, eu vejo o copo meio cheio. Eu, eu não me escudo a uma luta, a um embate. Eu posso tremer, mas vou, eu vou lá, eu vou à eu vou à luta. 36:57 Pessoa 2 Então, EE do lado otimista, do lado solar, onde é que? Onde é que estão os teus sonhos? O que é que, o que é que tu, o que é que tu projetas como? OK, aqui eu tenho que pôr mesmo as minhas fichas e que isto tem que acontecer mesmo. 37:07 Pessoa 1 Bom, eu estou numa fase. Da minha vida, em que eu o que procuro é acolher um bocadinho, os frutos daquilo que semeai ao longo da vida. 37:15 Pessoa 2 O que já acontece, o que já acontece? 37:17 Pessoa 1 E, portanto, os meus sonhos agora são, se calhar, de outra natureza. Já não tenho ambições profissionais, não quero ir para Hollywood, não quero ganhar um óscar. Não, não, não, porque isso implicava uma outra vida que eu não tenho. Já não tenho e não tenho nem energia, nem vontade. 37:33 Adoro o meu país, adoro viver aqui. Tenho 111, carreira longa, já fiz muita coisa. Sinto me muito reconhecido pelo meu trabalho. Sinto que tenho um espaço de ação, de intervenção, tenho responsabilidades. Portanto, eu, eu, no essencial, sinto me um privilegiado. 37:51 Os meus sonhos são em garantir que a minha família está bem, saudável, que tenho condições para poder continuar a trabalhar e a fazer os textos que. Gosto que quero trabalhar me e relacionar me com os públicos que me acompanham há muitos anos. 38:07 Este trabalho tem vindo a desenvolver há 8 anos no Trindade, que me deixa cheio de de orgulho. 38:12 Pessoa 2 Que é um teatro especial, não? 38:13 Pessoa 1 É. É muito especial. Não só porque foi lá que me estreei como encenador há muitos, muitos anos. Mas tem 11. Bom, é um belíssimo exemplo. Do teatro palco à italiana, neste país muitíssimo bem preservado. E depois tem 11. Relação plateia, palco fantástica. 38:29 E tenho me permitido levar a cena espetáculos de que tenho muito orgulho. É uma proximidade também? Sim, sim, também essa proximidade física, energética, EE é um teatro onde me sinto bem e sinto me acarinhado. Sinto, me sinto me em casa. 38:42 Pessoa 2 Exatamente, há bocadinho usavas a palavra casa. Disseram me que tu cuidas de todos os detalhes que vão desde a bilheteira, no sentido de quem é que é? A pessoa que acolhe na bilheteira, a pessoa que leva as pessoas até até se sentar isto tudo isto faz parte do espetáculo. 39:00 Pessoa 1 Sim. Ou seja, eu diria que um projeto artístico, que foi isso que eu desenhei para a Trindade não se esgota apenas na programação. É um conceito. Que é um conceito de fruição. É uma experiência que começa desde que a gente liga para o para o Trindade a pedir uma informação, desde que compramos um bilhete. 39:16 Como somos, a maneira como somos recebidos na sala, como somos acolhidos no fundo, eu trato Oo Trindade e este projeto como uma empresa cultural que tem que ter uma relação privilegiada com o seu público, tem que acarinhar os seus funcionários e que tem que ter resultados. 39:32 E, portanto, eu não acho que seja nada de novo, de nem transcendente, é apenas um cuidado que eu imprimo em todas as Vertentes que têm que ver com o espetáculo, seja no palco ou fora dele. 39:42 Pessoa 2 Que é isso que nos faz depois sentir bem num determinado sítio e acolhidos. 39:44 Pessoa 1 É o que eu desejo. É assim que eu gosto, é assim que eu me sinto quando eu me sinto bem num num sítio, num espaço, enquanto utente público, seja o que for, eu volto. E é isso que eu quero proporcionar, proporcionar às pessoas com autoridade. 39:55 Pessoa 2 Olha, o que é que a arte pode fazer por nós? Por estes tempos mais conturbados. 39:59 Pessoa 1 Olha, se eu tivesse que reduzir uma única palavra, diria salvar nos. 40:02 Pessoa 2 Assim, logo uma coisa simples. 40:04 Pessoa 1 Simples, porque, na verdade, para que é que vivemos? Não é? Não pode ser só para comer e para procriar e para. Ou seja. 40:11 Pessoa 2 Fazem os animais. 40:12 Pessoa 1 Pronto, exatamente, quer dizer. 40:13 Pessoa 2 Os animais, mas os outros? 40:14 Pessoa 1 Distinguem nos não é. A arte eleva, nos eleva nos a um nível de sofisticação intelectual, espiritual. É É Ela que nos permite. Encarar OA vida OA essência da vida, o sentido da vida EE podermos ao mesmo tempo mergulhar em nós próprios, os nossos sentimentos, na nossa história. 40:34 Portanto, eu acho que esse legado é algo essencial. Acho que todas as pessoas que de uma forma ou de outra têm um contacto com expressões artísticas, eles não têm que ser artistas, mas as pessoas que na vida têm contacto com experiências artísticas. 40:50 São necessariamente mais felizes, mais completas, mais preenchidas. 40:54 Pessoa 2 Mas estamos numa cidade onde gastamos AA vida e a formação dos nossos, das nossas crianças, mais a ter matemática e física e afins do que ir ao teatro, ver uma exposição, ir passear no parque. 41:07 Pessoa 1 Isso é outra discussão, não é? Ou seja. 41:08 Pessoa 2 A nossa matriz está a criar na realidade autómatos e não e não. 41:13 Pessoa 1 Certo, é por isso que já há muitos métodos a serem desenvolvidos e explorados de ensino. Que não passam necessariamente por essa essa compilação de conhecimento, essa aquisição, essa quantificação de de conhecimento que depois, na verdade fica muito pouco, não é quantos nós nos lembramos das coisas que aprendemos na escola? 41:31 Já nem dos rios eu me lembro, entre entre outras coisas. Matemática nem pensar. Felizmente temos as calculadoras, mas o que eu quero dizer é, sabem, matemática é evidente. Eu acho que a educação pela arte podia ser um caminho muito interessante. 41:48 Ou seja, pôr precocemente jovens em contacto com as expressões artísticas ajuda não só a desenvolver a fruição e o sentido crítico, mas e o sentido estético, mas também a desenvolver competências do ponto de vista da imaginação, da criatividade, que são coisas que nós podemos usar em todas as áreas da nossa existência. 42:07 E isso torna nos seres mais sensíveis, mais atentos, mais empáticos e menos e mais generosos também. 42:14 Ferramentas Essenciais para uma Comunicação Eficaz Olha, eu quero aprender. Quero tomar a tua experiência, aprender EE, partilhar com quem nos ouve. O que é que nós precisamos de fazer para nos tornarmos melhores comunicadores? Tu tens uma caixa cheia de ferramentas para nos para, para nos ajudar a comunicar melhor. 42:32 O que é que nós podemos fazer? Vamos, vamos lá. Podemos fazer 11 lista ou ou ou ir ou ir por um caminho para nos tornar melhores comunicadores. 42:40 Pessoa 1 Olha, eu, eu não tenho isto sistematizado, não é? Mas eu diria. 42:44 Pessoa 2 Também não precisamos de todas. Pronto, isso são 2. Quer dizer, podemos começar pela voz, por exemplo. 42:47 Pessoa 1 Eu diria que para para comunicarmos melhor, é muito importante começar por saber o que é que queremos dizer, o que é que queremos comunicar? O problema é que se as pessoas não têm bem a certeza do que querem comunicar. 43:00 Pessoa 2 Sai propaganda, sai propaganda. 43:02 Pessoa 1 Ou sai, envie usado. Não é ou, ou a comunicação perde. Se algures eu, eu começaria por aí, que é termos convicções, termos valores, termos opiniões estruturadas. Vai facilitar. Depois eu diria sermos económicos, concisos. 43:18 Pessoa 2 Não gastar, não gastar o tempo da Malta. 43:20 Pessoa 1 Nem o tempo da Malta, nem a voz, nem nem nem nem o vocabulário. Porque às vezes diz se muita coisa para, às vezes é uma coisa tão simples, não é? Portanto, eu acho que a simplicidade é um bom artifício. 43:30 Pessoa 2 Estamos a falar e à procura do que vamos a dizer. 43:32 Pessoa 1 Exatamente. 43:34 Pessoa 2 Dá, me dá me um sujeito, dá me dá, me dá me um predicado que é para a gente conseguir perceber do que é que estás a. 43:40 Pessoa 1 Falar shakhov já defendia isso. Ser conciso é muito importante. Bom se estivermos a falar da comunicação oral. A articulação é fundamental, não é? Ou seja, porque quando a gente. 43:53 Pessoa 2 Ninguém entende nada. 43:54 Pessoa 1 Entende nada. Portanto, eu acho que falam para dentro a capacidade de falar para fora no sentido de comunicar EEE. Porque nós quando falamos, não falamos só com a voz. Para além de falarmos com a voz de lançarmos as palavras de as articularmos, depois falamos com a energia que pomos na. 44:11 Pessoa 2 E lá está a nossa caixa pulmonar também, não é? 44:13 Pessoa 1 Torácica, EE as nossas expressão. EEE aquilo que não dizemos também é muito importante, não é toda o toda a linguagem que fica. 44:20 Pessoa 2 Isso aprendemos logo com as mães quando elas estão zangadas. 44:22 Pessoa 1 Connosco e não, não precisam de muito. 44:26 Pessoa 2 Não é? 44:27 Pessoa 1 E depois, eu acho que sermos sinceros também ajuda. 44:29 Pessoa 2 Não é sempre? 44:31 Pessoa 1 Bom. 44:31 Pessoa 2 Ou uma mentirinha piedosa também pode caber neste neste. 44:35 Pessoa 1 Se a intenção é que ela pessoa perceba, tens é que. 44:38 Pessoa 2 Circular não é? Olha, e a arte de escutar, porque isto de dizer depois de pensar ou não pode ser uma coisa mais visceral, a arte de ouvir. 44:48 Pessoa 1 Olha, no teatro é fundamental. Aliás, na arte de representação, há mesmo workshops que se chama escuta ouvir, saber ouvir. 44:56 Pessoa 2 Como é que se ensina isso? 44:57 Pessoa 1 Ouvindo. Que é que é? O que é que acontece? Muitas vezes um ator sabe as suas falas, não é? EE sabe a tua deixa e só está à espera da deixa para dizer a dele, portanto, tu dizes chapéu a chapéu é a minha deixa. 45:11 Pessoa 2 Isso fica artificial, não é claro. 45:13 Pessoa 1 Fica. Tu estás à espera da deixa. Mas se tu estiveres a ouvir tudo aquilo que tu estás a dizer, tem um sentido EOAAA. Minha fala é uma reação à tua. 45:22 Pessoa 2 E tu entras no comboio? 45:23 Pessoa 1 Obviamente, tens que ouvir, tens que ouvir, tens que processar e tens que integrar. E isso tudo tem tempos e às vezes OAA, Malta nova, muitas vezes com a ansiedade. Precipita um bocadinho e tu dizes. Calma, calma, ouve, ouve o que ele está a dizer, ouve, ouves, retens. 45:39 Ah, e reages. E isso pressupõe um tempo, pressupõe uma respiração, pressupõe jogo, jogo. 45:44 Pessoa 2 O timing conta. 45:45 Pessoa 1 Muito. Timing é tudo. Timing é tudo em em representação, em comédia. Então é fundamental, se tu falhas o timing, a piada já foi. A maneira como lança se aquele tempo de suspensão. 45:56 Pessoa 2 Há uma aceleração, há uma suspensão e depois consegues fazer que a piada aconteça. 46:01 Pessoa 1 Em em teoria, sim, mas é uma coisa que se sente mais do que se explica, não é? É aqui, cuidado, estás a correr, estás a assim, não tem graça. Tens que tens que fazer o punchline, tens que fazer a chamada e depois lanças a eu estou te a ouvir. 46:12 Pessoa 2 Estou a pensar no ralo solnado lá está que que, independentemente do texto e tudo o que fosse, havia não só maneira de dizer, mas depois também aquela tu quase antecipavas que ali IA acontecer alguma. Coisa e ele trocava te as. 46:24 Pessoa 1 Voltas e tu? 46:25 Pessoa 2 Ias tu ias te embora logo rapidamente, o que é que te falta fazer? 46:30 Pessoa 1 Olha bom o jantar. 46:33 Pessoa 2 Logo tu cozinhas. 46:35 Pessoa 1 Pouco, felizmente, tenho. Tenho em casa quem cozinho muito bem, mas. 46:38 Pessoa 2 Gostas de comer. 46:39 Pessoa 1 Eu gosto muito de comer, pronto. Gosto da sou, sou, sou. Sou um bom garfo. Não sei. Não sei se me falta fazer assim tanta coisa. Eu tenho 11 gaveta cheia de peças que quero fazer. Gostava de fazer um bocadinho mais de cinema, mas é algo que não depende só de mim. 46:55 Pessoa 2 É difícil fazer cinema em Portugal, não é? É fazer no sentido de produzir. 46:59 Pessoa 1 Sim, é muito, é muito difícil, não é porque. 47:00 Pessoa 2 É caro? 47:01 Pessoa 1 É muito caro, não é? Um filme custará à volta de meio milhão, meio milhão de euros, pelo menos. E. 47:08 Pessoa 2 Depois, depende do que é que se venda daquele filme, não é? 47:10 Pessoa 1 Nem tanto, porque não há. Não temos indústria, portanto, este dinheiro é, é. São apoios do estado. Muitas vezes ARTP também participa. Às vezes vêm da Europa, da euro imagens ou de outros organismos que consegues uma co produção, mas eu não tenho capacidade nem tempo para montar esse tipo de coisas. 47:29 Estou aqui empenhado em tentar escrever uma série que propusemos. De resto, ou ou o ica, para ver se conseguimos desenvolver uma ideia. Portanto, eu gostava também de realizar. É uma coisa que já fiz, já já realizei uma curta metragem, mas gostava de realizar a uma série a uma longa metragem. 47:47 No fundo, é um prolongamento natural do facto de eu já ensinar os espetáculos há muitos anos. 47:51 Pessoa 2 E mesmo com com os netflixs desta vida e afins, esse processo não se tornou melhor? Quer dizer, houve o rabo de peixe, obviamente. 47:56 Pessoa 1 É muito competitivo, há muita gente boa a competir por esse nicho e, portanto, para alguém como eu, que vem da área mais do teatro. 48:03 Pessoa 2 E o mercado é pequeno, é muito. 48:05 Pessoa 1 Eficiente, mas eu não, eu não, não vou desistir e se surgir a oportunidade, falo way, mas perguntavas me o que é que eu gostava de fazer? Gostava ainda de realizar um filme ou uma série. 48:14 Pessoa 2 Diogo Infante, muito obrigado. Estou obviamente ansioso e com uma elevadíssima expetativa. Desculpa, como já aqui cá em cima, para para ver esse professor do clube dos poetas mortos. Não sei o que é que vais fazer da tua vida, mas mas isto está a correr bem. 48:32 Pessoa 1 Não vai correr bem? 48:33 As Seis Lições Essenciais para uma Melhor Comunicação Quantos espetáculos é que é que é que são, quantas? Quantas? Então, eu fico sempre frustrado quando aparece um grande espetáculo. Que que eu às vezes que eu tenho a sorte de ir ver. E me dizem isto agora só tem mais mais 3, 3 sessões e eu digo, mas por? 48:48 Pessoa 1 Nós, no Trindade, é ponto, assente. Não fazermos espetáculos menos de 2 meses e meio. Mínimo que luxo. Sim, a gavolta vai estar 2 meses e meio em cena, mas o clube dos poetas mortos. Vai estar bastante mais. 49:00 Pessoa 2 Há conversas que nos deixam marca e esta é uma delas, o Diogo Infante lembro nos que comunicar não é despejar palavras, é estar inteiro, é estar presente, é saber escutar. Mostrou me que a presença não é talento, é uma construção e que a vulnerabilidade, quando não é usada como arma, torna se uma força e que a verdade vive sempre na tensão entre técnica e alma. 49:19 Aqui ficam as lições que eu tirei desta conversa, 5 lições principais a primeira é que a presença constrói se todos fomos tímidos de algum momento. A diferença está no trabalho que fazemos para lidar com isso e para ultrapassar essa timidez e para reforçar a presença. 49:35 A segunda é que a vulnerabilidade é um ativo e não um risco. Quando alguém assume fragilidade com clareza, cria proximidade e não fraqueza. A terceira lição é que a comunicação começa sempre na escuta. Diogo mostrou isso sempre. Escutar é parte da presença, escutar é parte da ética, escutar é parte do ofício quarto. 49:55 A expetativa pesa, mas pode ser transformada. O chip público pode ser disciplina, sem deixar de ser a verdade. A quinta é que, em família, comunicar é amar, é dizer gosto de ti, é pedir desculpa, é estudar o tom e tudo isso molda vínculos. 50:12 A sexta pode ser a arte. A arte salva porque nos baixa, a guarda, porque nos dá um espelho, porque nos dá respiração, e a sétima é que a verdade implica sempre risco e ainda assim. É sempre melhor do que viver dentro do papel. Errado. 50:27 Obrigado ao Diogo Infante pela generosidade, pela coragem desta conversa e obrigado a quem nos está a escutar. Se este episódio vos compartilhem com alguém que precisa de comunicar melhor ou simplesmente ouvir uma boa conversa, podem seguir o pergunta simples, no YouTube, no Spotify, no Apple podcast e em perguntasimples.com e até para a semana.
DoggodaiilyNavid Tarazi"Posso fare una foto al tuo cane?"Storie di amore, resilienza, complicitàElecta Mondadoriwww.librimondadori.it«Posso fare una foto al tuo cane?» è la domanda che ormai a Torino aleggia nelle strade. Meticci o esemplari con pedigree non importa, perché Navid Tarazi, in arte Doggodaiily, in un attimo li trasforma in superstar del web.«Questo libro nasce da migliaia di incontri nelle vie e nelle strade italiane. Ogni scatto è una porta aperta su una storia: adozioni che cambiano destini, complicità costruite tra passeggiate e cure, ferite guarite dalla fiducia. Le immagini sono accompagnate da racconti brevi, spesso narrati dalla voce dei cani, per restituire ciò che lo sguardo non dice: paure, gioie, piccoli segreti condivisi con gli umani. Non è un catalogo di razze, ma un mosaico di relazioni: dal cane di quartiere al compagno arrivato da un rifugio in Spagna o Irlanda, fino agli anziani che insegnano la pazienza. Ho scelto uno sguardo onesto e gentile: nessun sensazionalismo, solo incontri veri, luce naturale, città reali. Sfogliarlo significa camminare con me, fermarsi, chiedere il permesso, ascoltare. Se ami i cani, troverai riconoscenza. Se ami le persone, scoprirai che dietro ogni guinzaglio c'è un mondo. Questo è un invito a vedere con più attenzione le presenze a quattro zampe che ci accompagnano.»Navid Tarazi, fotografo e narratore, è il creatore di Doggodaiily su Instagram e TikTok. Si è trasferito in Italia dall'Iran nel settembre 2022 ed è studente di Ingegneria Ambientale al Politecnico di Torino. La curiosità lo porta per strada, all'altezza dei cani. Quattro mesi dopo l'arrivo inizia a fotografarli, trasformando un'antica paura in un legame speciale. Con una macchina fotografica e una domanda gentile raccoglie ritratti veri di fiducia tra persone e amici a quattro zampe.Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/il-posto-delle-parole--1487855/support.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.it/
“É assim, então, que saberemos que pertencemos à verdade de Deus e que o nosso coração se sente seguro na presença dele. Pois, se o nosso coração nos condena, sabemos que Deus é maior do que o nosso coração e conhece tudo.” 1João 3:19-20 NTLH Você se sente culpado?Ao longo da vida podemos ter vivido situações que nos fazem sentir-se culpados, pois na consciência de hoje acreditamos que poderíamos ter agido de forma diferente, como se isso pudesse mudar o passado.Ainda que acusações possam vir através de pensamentos e pessoas a nosso respeito, ter de forma segura quem verdadeiramente somos, nos blinda de injustos julgamentos.Seu coração pode até latejar a dor do arrependimento e da condenação, mas o Senhor com sua infinita misericórdia sabe e conhece tudo que há em nós, nos trazendo o perdão absoluto.Nenhuma condenação há para quem está em Cristo!Romanos 8:1Não se cobre por aquilo que não foi, ou por aquilo que gostaria de fazer, Seja em Deus uma pessoa segura e confiante que não trás a condenação maior que o perdão e misericórdia de Deus.Pergunte a si mesmo:Posso me condenar por aquilo que não sou ou por aquilo que Deus já me perdoou?Oração: Senhor nos ajude a sentir-se liberto de toda e qualquer acusação, pois sabemos que contigo somos libertos de tudo aquilo que nos condena, ainda que venha de nós mesmos.Em nome de Jesus, Amém !Que você tenha hoje um dia abençoado!Por Ubiratan Paggio#devocionaisdiarios#deusfalacomigo#NãoSeCondene#SejaSeguro#ubiratanpaggio@ubiratan.paggio@ubiratanpaggio
O Caixa de Música é exibido na TV Novo Tempo de segunda a quinta às 18h e, aos sábados, às 12h.Curta e siga o Caixa de Música nas redes sociais: Instagram: https://www.instagram.com/caixademusica/Facebook: https://www.facebook.com/CaixadeMusica/X: https://x.com/caixademusica
No episódio de hoje, você escuta uma conversa um pouco diferente: um bate-papo com as pesquisadoras Germana Barata e Sabine Righetti, ambas do Laboratório de Estudos Avançados em Jornalismo (Labjor). Elas estiveram na COP30 e conversaram com Mayra Trinca sobre a experiência de cobrir um evento ambiental tão relevante e sobre quais foram os pontos fortes da presença da imprensa independente. __________________________________________________________________________________ TRANSCRIÇÃO [música] Mayra: Olá, eu sou a Mayra, você já deve me conhecer aqui do Oxigênio. Hoje a gente vai fazer uma coisa um pouquinho diferente do que vocês estão acostumados. E eu trouxe aqui duas pesquisadoras do LabJor pra contar um pouquinho da experiência delas na COP30, que rolou agora em novembro. Então vai ser um episódio um pouco mais bate-papo, mas eu prometo que vai ficar legal. Vou pedir pra elas se apresentarem e a gente já começa a conversar. Então eu estou com a Germana Barata e a Sabine Righetti, que são pesquisadoras aqui do Labjor. Germana, se apresenta pra gente, por favor. Germana: Olá, pessoal, eu sou a Germana. Obrigada, Maíra, pelo convite pra estar aqui com vocês no Oxigênio. Eu sou pesquisadora do LabJor, do aula também por aqui, e tenho coordenado aí uma rede de comunicação sobre o oceano, que é a Ressou Oceano, que é o motivo da minha ida pra COP30.Então a gente vai ter a oportunidade de contar um pouquinho do que foi essa aventura na COP30. Mayra: Agora, Sabine, se apresenta pra gente, por favor. Sabine: Oi, pessoal, um prazer estar aqui. Sou pesquisadora aqui no LabJor, ouvinte do Oxigênio, e trabalho entendendo como que o conhecimento científico é produzido e circula na sociedade, sobretudo pela imprensa. Então esse foi um assunto central na COP lá em Belém. [vinheta] Mayra: Eu trouxe a Sabine e a Germana, porque, bom, são pesquisadoras do Labjor que foram pra COP, mas pra gente conhecer um pouquinho o porquê que elas foram até lá a partir das linhas de interesse e de pesquisa. Então, meninas, contem pra gente por que vocês resolveram ir até a COP e o que isso está relacionado com as linhas de trabalho de vocês. Germana: Bom, acho que uma COP no Brasil, no coração da Amazônia, é imperdível por si. Sabine: Não tinha como não ir. Germana: Não, não tinha. E como eu atuo nessa área da comunicação sobre o oceano pra sociedade, esse é um tema que a comunidade que luta pela saúde do oceano tem trabalhado com muito afinco para que o oceano tenha mais visibilidade nos debates sobre mudanças climáticas. Então esse foi o motivo que eu percebi que era impossível não participar dessa grande reunião. Enfim, também numa terra onde eu tenho família, Belém do Pará é a terra do meu pai, e uma terra muito especial, uma cidade muito especial, eu acho que por tantos motivos era imperdível realmente essa experiência na COP. Sabine: Voltamos todas apaixonadas por Belém. O pessoal extremamente acolhedor, a cidade incrível, foi maravilhoso. Eu trabalho tentando compreender como a ciência, conhecimento científico, as evidências circulam na sociedade, na sociedade organizada. Então entre jornalistas, entre tomadores de decisão, entre grupos específicos. E no meu entendimento a COP é um espaço, é um grande laboratório sobre isso, porque a ciência já mostrou o que está acontecendo, a ciência já apontou, aliás faz tempo que os cientistas alertam, e que o consenso científico é muito claro sobre as mudanças climáticas. Então o que falta agora é essa informação chegar nos grupos organizados, nos tomadores de decisão, nas políticas públicas, e quem pode realmente bater o martelo e alterar o curso das mudanças climáticas. Claro que a gente precisa de mais ciência, mas a gente já sabe o que está acontecendo. Então me interessou muito circular e entender como que a ciência estava ou não. Porque muitos ambientes, as negociações, os debates, eles traziam mais desinformação ou falsa controvérsia do que a ciência em si. Germana: E é a primeira vez que a COP abrigou um pavilhão de cientistas. Então acho que esse é um marco, tanto para cientistas quanto outros pavilhões, outras presenças que foram inéditas ou muito fortes na COP, como dos povos indígenas ou comunidades tradicionais, mas também de cientistas, que antes, claro, os cientistas sempre foram para as COPs, mas iam como individualmente, vamos dizer assim. Sabine: Para a gente entender, quem não tem familiaridade com COP, os pavilhões, e isso eu aprendi lá, porque eu nunca tinha participado de uma COP, os pavilhões são como se fossem grandes estandes que têm uma programação própria e acontecem debates e manifestações, eventos diversos, culturais, enfim. Então a zona azul, que a gente chama, que é a área central da COP, onde tem as discussões, as tomadas de decisão, tem um conjunto de pavilhões. Pavilhões de países, pavilhões de temas. Oceanos também foi a primeira vez, né? Germana: Não foi a primeira vez, foi o terceiro ano, a terceira COP, mas estava enorme, sim, para marcar a presença. Mayra: O Oceano foi a primeira vez que estava na Blue Zone ou antes ele já estava na zona azul também? Germana: Ele já estava na Blue Zone, já estava na zona azul, é a terceira vez que o Oceano está presente como pavilhão, mas é a primeira vez que o Oceano realmente ocupou, transbordou, digamos assim, os debates, e os debates, incluindo o Oceano, acabaram ocupando, inclusive, dois dias oficiais de COP, que foram os dias 17 e 18, na programação oficial das reuniões, dos debates. Então é a primeira vez que eu acho que ganha um pouco mais de protagonismo, digamos assim. Mayra: E vocês participaram de quais pavilhões? Porque a gente tem o pavilhão dos Oceanos, tinha um pavilhão das universidades, que inclusive foi organizado por pesquisadores da Unicamp, não necessariamente aqui do Labjor, mas da Unicamp como um todo, e eu queria saber por quais pavilhões vocês passaram. Germana, com certeza, passou pelo do Oceano, mas além do Oceano, quais outros? Vocês passaram por esse das universidades? Como é que foi? Sabine: Eu apresentei um trabalho nesse contexto dos pavilhões, como espaço de discussão e de apresentações, eu apresentei um resultado de um trabalho que foi um levantamento de dados sobre ponto de não retorno da Amazônia com ajuda de inteligência artificial. Eu tenho trabalhado com isso, com leitura sistemática de artigos científicos com ajuda de inteligência artificial e tenho refletido como a gente consegue transformar isso numa informação palatável, por exemplo, para um tomador de decisão que não vai ler um artigo, muito menos um conjunto de artigos, e a gente está falando de milhares. Eu apresentei no pavilhão que a gente chamava de pavilhão das universidades que tinha um nome em inglês que era basicamente a Educação Superior para a Justiça Climática. Ele foi organizado institucionalmente pela Unicamp e pela Universidade de Monterrey, no México, e contou com falas e debates de vários cientistas do mundo todo, mas esse não era o pavilhão da ciência. Tinha o pavilhão da ciência e tinha os pavilhões dos países, os pavilhões temáticos, caso de oceanos, que a gente comentou. Então, assim, eu circulei em todos, basicamente. Me chamou muita atenção o dos oceanos, que de fato estava com uma presença importante, e o pavilhão da China, que era o maior dos pavilhões, a maior delegação, os melhores brindes. Era impressionante a presença da China e as ausências. Os Estados Unidos, por exemplo, não estava, não tinha o pavilhão dos Estados Unidos. Então, as presenças e as ausências também chamam a atenção. Mayra: Tinha o pavilhão do Brasil? Sabine: Tinha. Germana: Tinha um pavilhão maravilhoso. Sabine: Maravilhoso e com ótimo café. Germana: É, exatamente. Sabine: Fui lá várias vezes tomar um café. Germana: Inclusive vendendo a ideia do Brasil como um país com produtos de qualidade,né, que é uma oportunidade de você divulgar o seu país para vários participantes de outros países do mundo. E acho que é importante a gente falar que isso, que a Sabine está falando dos pavilhões, era zona azul, ou seja, para pessoas credenciadas. Então, a programação oficial da COP, onde as grandes decisões são tomadas, são ali. Mas tinha a zona verde, que também tem pavilhões, também tinha pavilhão de alguns países, mas, sobretudo, Brasil, do Estado do Pará, de universidades etc., que estava belíssimo, aberta ao público, e também com uma programação muito rica para pessoas que não necessariamente estão engajadas com a questão das mudanças… Sabine: Muito terceiro setor. Germana: Exatamente. Sabine: Movimentos sociais. Germana: E fora a cidade inteira que estava, acho que não tem um belenense que vai dizer o que aconteceu aqui essas semanas, porque realmente os ônibus, os táxis, o Teatro da Paz, que é o Teatro Central de Belém, todos os lugares ligados a eventos, mercados, as docas… Sabine: Museus com programação. Germana: Todo mundo muito focado com programação, até a grande sorveteria maravilhosa Cairu, que está pensando inclusive de expandir aqui para São Paulo, espero que em breve, tinha um sabor lá, a COP30. Muito legal, porque realmente a coisa chegou no nível para todos. Mayra: O que era o sabor COP30? Fiquei curiosa. Sabine: O de chocolate era pistache. Germana: Acho que era cupuaçu, pistache, mais alguma coisa. Sabine: Por causa do verde. É que tinha bombom COP30 e tinha o sorvete COP30, que tinha pistache, mas acho que tinha cupuaçu também. Era muito bom. Germana: Sim, tinha cupuaçu. Muito bom! Mayra: Fiquei tentada com esse sorvete agora. Só na próxima COP do Brasil. [música] Mayra: E para além de trabalho, experiências pessoais, o que mais chamou a atenção de vocês? O que foi mais legal de participar da COP? Germana: Eu já conheci a Belém, já fui algumas vezes para lá, mas fazia muitos anos que eu não ia. E é incrível ver o quanto a cidade foi transformada em relação à COP. Então, a COP deixa um legado para os paraenses. E assim, como a Sabine tinha dito no começo, é uma população que recebeu todos de braços abertos, e eu acho que eu estava quase ali como uma pessoa que nunca tinha ido para Belém. Então, lógico que a culinária local chama muito a atenção, o jeito dos paraenses, a música, que é maravilhosa, não só o carimbó, as mangueiras dando frutos na cidade, que é algo que acho que chama a atenção de todo mundo, aquelas mangas caindo pela rua. Tem o lado ruim, mas a gente estava vendo ali o lado maravilhoso de inclusive segurar a temperatura, porque é uma cidade muito quente. Mas acho que teve todo esse encanto da cultura muito presente numa reunião que, há muitos anos atrás, era muito diplomática, política e elitizada. Para mim, acho que esse é um comentário geral, que é uma COP que foi muito aberta a muitas vozes, e a cultura paraense entrou ali naturalmente por muitos lugares. Então, isso foi muito impressionante. Sabine: Concordo totalmente com a Germana, é uma cidade incrível. Posso exemplificar isso com uma coisa que aconteceu comigo, que acho que resume bem. Eu estava parada na calçada esperando um carro de transporte, pensando na vida, e aí uma senhora estava dirigindo para o carro e falou: “Você é da COP? Você está precisando de alguma coisa?” No meio da rua do centro de Belém. Olhei para ela e falei, Moça, não estou acostumada a ter esse tipo de tratamento, porque é impressionante. O acolhimento foi uma coisa chocante, muito positiva. E isso era um comentário geral. Mas acho que tem um aspecto que, para além do que estávamos falando aqui, da zona azul, da zona verde, da área oficial da COP, como a Germana disse, tinha programação na cidade inteira. No caso da COP de Belém, acho que aconteceu algo que nenhuma outra COP conseguiu proporcionar. Por exemplo, participei de um evento completamente lateral do terceiro setor para discutir fomento para projetos de jornalismo ligados à divulgação científica. Esse evento foi no barco, no rio Guamá que fala, né? Guamá. E foi um passeio de barco no pôr do sol, com comida local, com banda local, com músicos locais, com discussão local, e no rio. É uma coisa muito impressionante como realmente você sente a cidade. E aquilo tem uma outra… Não é uma sala fechada.Estamos no meio de um rio com toda a cultura que Belém oferece. Eu nunca vou esquecer desse momento, dessa discussão. Foi muito marcante. Totalmente fora da programação da COP. Uma coisa de aproveitar todo mundo que está na COP para juntar atores sociais, que a gente fala, por uma causa comum, que é a causa ambiental. Mayra: Eu vou abrir um parênteses e até fugir um pouco do script que a gente tinha pensado aqui, mas porque ouvindo vocês falarem, eu fiquei pensando numa coisa. Eu estava essa semana conversando com uma outra professora aqui do Labjor, que é a professora Suzana. Ouvintes, aguardem, vem aí esse episódio. E a gente estava falando justamente sobre como é importante trazer mais emoção para falar de mudanças climáticas. Enfim, cobertura ambiental, etc. Mas principalmente com relação a mudanças climáticas. E eu fiquei pensando nisso quando vocês estavam falando. Vocês acham que trazer esse evento para Belém, para a Amazônia, que foi uma coisa que no começo foi muito criticada por questões de infraestrutura, pode ter tido um efeito maior nessa linha de trazer mais encanto, de trazer mais afeto para a negociação. Germana: Ah, sem dúvida. Mayra: E ter um impacto que em outros lugares a gente não teria. Germana: A gente tem que lembrar que até os brasileiros desconhecem a Amazônia. E eu acho que teve toda essa questão da dificuldade, porque esses grandes eventos a gente sempre quer mostrar para o mundo que a gente é organizado, desenvolvido, enfim. E eu acho que foi perfeita a escolha. Porque o Brasil é um país desigual, riquíssimo, incrível, e que as coisas podem acontecer. Então a COP, nesse sentido, eu acho que foi também um sucesso, mesmo a questão das reformas e tudo o que aconteceu, no tempo que tinha que acontecer, mas também deu um tom diferente para os debates da COP30. Não só porque em alguns momentos da primeira semana a Zona Azul estava super quente, e eu acho que é importante quem é do norte global entender do que a gente está falando, de ter um calor que não é o calor deles, é um outro calor, que uma mudança de um grau e meio, dois graus, ela vai impactar, e ela já está impactando o mundo, mas também a presença dos povos indígenas eu acho que foi muito marcante. Eu vi colegas emocionados de falar, eu nunca vi tantas etnias juntas e populações muito organizadas, articuladas e preparadas para um debate de qualidade, qualificado. Então eu acho que Belém deu um outro tom, eu não consigo nem imaginar a COP30 em São Paulo. E ali teve um sentido tanto de esperança, no sentido de você ver quanto a gente está envolvida, trabalhando em prol de frear essas mudanças climáticas, o aquecimento, de tentar brecar realmente um grau e meio o aquecimento global. Mas eu acho que deu um outro tom. Sabine: Pegou de fato no coração, isso eu não tenho a menor dúvida. E é interessante você trazer isso, porque eu tenho dito muito que a gente só consegue colar mensagem científica, evidência, se a gente pegar no coração. Se a gente ficar mostrando gráfico, dado, numa sala chata e feia e fechada, ninguém vai se emocionar. Mas quando a gente sente a informação, isso a COP30 foi realmente única, histórica, para conseguir trazer esse tipo de informação emocional mesmo. [música] Mayra: E com relação a encontros, para gente ir nossa segunda parte, vocês encontraram muita gente conhecida daqui do Labjor, ou de outros lugares. O que vocês perceberam que as pessoas estavam buscando na COP e pensando agora em cobertura de imprensa? Porque, inclusive, vocês foram, são pesquisadoras, mas foram também junto com veículos de imprensa. Germana: Eu fui numa parceria com o jornal (o) eco, que a gente já tem essa parceria há mais de dois anos. A Ressou Oceano tem uma coluna no (o) eco. Portanto, a gente tem um espaço reservado para tratar do tema oceano. Então, isso para a gente é muito importante, porque a gente não tem um canal próprio, mas a gente estabeleça parcerias com outras revistas também. E o nosso objetivo realmente era fazer mais ou menos uma cobertura, estou falando mais ou menos, porque a programação era extremamente rica, intensa, e você acaba escolhendo temas onde você vai se debruçar e tratar. Mas, comparando com a impressão, eu tive na COP da biodiversidade, em 2006, em Curitiba, eu ainda era uma estudante de mestrado, e uma coisa que me chamou muito a atenção na época, considerando o tema biodiversidade, era a ausência de jornalistas do norte do Brasil. E, para mim, isso eu escrevi na época para o Observatório de Imprensa, falando dessa ausência, que, de novo, quem ia escrever sobre a Amazônia ia ser o Sudeste, e que, para mim, isso era preocupante, e baixa presença de jornalistas brasileiros também, na época. Então, comparativamente, essa COP, para mim, foi muito impressionante ver o tamanho da sala de imprensa, de ver, colegas, os vários estúdios, porque passávamos pelos vários estúdios de TV, de várias redes locais, estaduais e nacionais. Então, isso foi muito legal de ver como um tema que normalmente é coberto por poucos jornalistas especializados, de repente, dando o exemplo do André Trigueiro, da Rede Globo, que é um especialista, ele consegue debater com grandes cientistas sobre esse tema, e, de repente, tinha uma equipe gigantesca, levaram a abertura dos grandes jornais para dentro da COP. Isso muda, mostra a relevância que o evento adquiriu. Também pela mídia, e mídia internacional, com certeza. Então, posso falar depois de uma avaliação que fizemos dessa cobertura, mas, a princípio, achei muito positivo ver uma quantidade muito grande de colegas, jornalistas, e que chegou a quase 3 mil, foram 2.900 jornalistas presentes, credenciados. Sabine: E uma presença, os veículos grandes, que a Germana mencionou, internacionais, uma presença também muito forte de veículos independentes. O Brasil tem um ecossistema de jornalismo independente muito forte, que é impressionante, e, inclusive, com espaços consideráveis. Novamente, para entender graficamente, a sala de imprensa é gigantesca em um evento desse, e tem alguns espaços, algumas salas reservadas para alguns veículos. Então, veículos que estão com uma equipe muito grande têm uma sala reservada, além dos estúdios, de onde a Globo entrava ao vivo, a Andréia Sadi entrava ao vivo lá, fazendo o estúdio i direto da COP, enfim. Mas, dentro da sala de imprensa, tem salas reservadas, e algumas dessas salas, para mencionar, a Amazônia Vox estava com uma sala, que é um veículo da região norte de jornalismo independente, o Sumaúma estava com uma sala, o Sumaúma com 40 jornalistas, nessa cobertura, que também… O Sumaúma é bastante espalhado, mas a Eliane Brum, que é jornalista cofundadora do Sumaúma, fica sediada em Altamira, no Pará. Então, é um veículo nortista, mas com cobertura no país todo e, claro, com olhar muito para a região amazônica. Então, isso foi, na minha perspectiva, de quem olha para como o jornalismo é produzido, foi muito legal ver a força do jornalismo independente nessa COP, que certamente foi muito diferente. Estava lá o jornalismo grande, comercial, tradicional, mas o independente com muita força, inclusive alguns egressos nossos no jornalismo tradicional, mas também no jornalismo independente. Estamos falando desde o jornalista que estava lá pela Superinteressante, que foi nossa aluna na especialização, até o pessoal do Ciência Suja, que é um podcast de jornalismo independente, nosso primo aqui do Oxigênio, que também estava lá com um olhar muito específico na cobertura, olhando as controvérsias, as falsas soluções. Não era uma cobertura factual. Cada jornalista olha para aquilo tudo com uma lente muito diferente. O jornalismo independente, o pequeno, o local, o grande, o internacional, cada um está olhando para uma coisa diferente que está acontecendo lá, naquele espaço em que acontece muita coisa. [som de chamada] Tássia: Olá, eu sou a Tássia, bióloga e jornalista científica. Estou aqui na COP30, em Belém do Pará, para representar e dar voz à pauta que eu trabalho há mais de 10 anos, que é o Oceano. Meghie: Oi, gente, tudo bem? Meu nome é Meghie Rodrigues, eu sou jornalista freelancer, fui aluna do Labjor. Estamos aqui na COP30, cobrindo adaptação. Estou colaborando com a Info Amazônia, com Ciência Suja. Pedro: Oi, pessoal, tudo bem? Eu sou Pedro Belo, sou do podcast Ciência Suja, sou egresso do LabJor, da turma de especialização. E a gente veio para cobrir um recorte específico nosso, porque a gente não vai ficar tanto em cima do factual ali, do hard news, das negociações. A gente veio buscar coisas que, enfim, picaretagens, coisas que estão aí, falsas soluções para a crise climática. Paula: Eu sou Paula Drummond, eu sou bióloga e eu fiz jornalismo científico. Trabalho nessa interface, que é a que eu sempre procurei, de ciência tomada de decisão, escrevendo policy briefs. [música] Mayra: Acho que esse é um ponto forte para tratarmos aqui, que vai ser o nosso encerramento, falar um pouco da importância desses veículos independentes na COP, tanto do ponto de vista de expandir a cobertura como um todo, da presença mesmo de um grande número de jornalistas, quanto das coberturas especializadas. Então, eu queria saber qual é a avaliação que vocês fizeram disso, se vocês acham que funcionou, porque a gente teve muita crítica com relação à hospedagem, isso e aquilo. Então, ainda tivemos um sucesso de cobertura de imprensa na COP? Isso é uma pergunta. E por que é importante o papel desses veículos independentes de cobertura? Germana: Eu, falando por nós, da Ressoa Oceano, o Oceano é ainda pouco coberto pela mídia, mas a gente já vê um interesse crescente em relação às questões específicas de oceano, e quem nunca ouviu falar de branqueamento de corais, de aquecimento das águas, elevação do nível do oceano? Enfim, eu acho que essas questões estão entrando, mas são questões que não devem interessar apenas o jornalista especializado, que cobre meio ambiente, que cobre essas questões de mudanças climáticas, mas que são relevantes para qualquer seção do jornal. Então, generalistas, por exemplo, que cobrem cidades, essa questão das mudanças climáticas, de impactos etc., precisam se interessar em relação a isso. Então, o que eu vejo, a gente ainda não fez uma análise total de como os grandes veículos cobriram em relação ao jornalismo independente, que é algo que a gente está terminando de fazer ainda, mas em relação ao oceano. Mas o que a gente vê é que as questões mais políticas, e a grande mídia está mais interessada em que acordo foi fechado, os documentos finais da COP, se deu certo ou não, o incêndio que aconteceu, se está caro ou não está caro, hospedagem etc., e que são pautas que acabam sendo reproduzidas, o interesse é quase o mesmo por vários veículos. O jornalismo independente traz esse olhar, que a Sabine estava falando, inclusive dos nossos alunos, que são olhares específicos e muito relevantes que nos ajudam a entender outras camadas, inclusive de debates, discussões e acordos que estavam ocorrendo na COP30. Então, a gente vê, do ponto de vista quase oficial da impressão geral que as pessoas têm da COP, que foi um desastre no final, porque o petróleo não apareceu nos documentos finais, na declaração de Belém, por exemplo, que acho que várias pessoas leram sobre isso. Mas, quando a gente olha a complexidade de um debate do nível da COP30, e os veículos independentes conseguem mostrar essas camadas, é mostrar que há muitos acordos e iniciativas que não necessitam de acordos consensuais das Nações Unidas, mas foram acordos quase voluntários, paralelos a esse debate oficial, e que foram muito importantes e muito relevantes, e que trouxeram definições que marcaram e que a gente vê com muito otimismo para o avanço mesmo das decisões em relação, por exemplo, ao mapa do caminho, que a gente viu que não estava no documento final, mas que já tem um acordo entre Colômbia e Holanda de hospedar, de ter uma conferência em abril na Colômbia para decidir isso com os países que queiram e estejam prontos para tomar uma decisão. Então, esse é um exemplo de algo que foi paralelo à COP, mas que trouxe muitos avanços e nos mostra outras camadas que o jornalismo independente é capaz de mostrar. Sabine: A cobertura jornalística de um evento como a COP é muito, muito difícil. Para o trabalho do jornalista, é difícil porque são longas horas por dia, de domingo a domingo, são duas semanas seguidas, é muito desgastante, mas, sobretudo, porque é muita coisa acontecendo ao mesmo tempo e é difícil entender para onde você vai. Novamente, ilustrando, na sala de imprensa tem, e todo grande evento com esse caráter costuma ter isso, umas televisões com anúncios. Vai ter tal coletiva de imprensa do presidente da COP, tal horário. Então, nessa perspectiva, dá para se organizar. Eu vou aqui, eu vou ali. Às vezes, é hora de almoço, e, na hora de almoço, o jornalista já vai, sem almoçar, escrever o texto, e, quando vê, já é a noite. Mas você vai se organizando. Só que tem coisas que não estão lá na televisão. Então, por exemplo, passou o governador da Califórnia por lá. Não foi anunciado que ele estava. Ele estava andando no corredor. Para um jornalista de um grande veículo, se ele não viu que o governador da Califórnia estava lá, mas o seu concorrente viu, isso, falo no lugar de quem já trabalhou num veículo jornalístico grande comercial, isso pode levar a uma demissão. Você não pode não ver uma coisa importante. Você não pode perder uma declaração de um chefe de Estado. Você não pode não ver que, de repente, a Marina parou no meio do corredor em um quebra-queixo e falou, a Marina Silva, que estava muito lá circulando, e falou alguma coisa. Então, a cobertura vai muito além do que está lá na programação da sala de imprensa e do que está nos debates, nos pavilhões que a gente mencionava. Então, o jornalista, como a Germana disse, jornalista dos veículos, está correndo atrás disso. E, muitas vezes, por essa característica, acaba se perdendo, entre grandes aspas, nesses acontecimentos. Por exemplo, o que ficou muito marcante para mim na COP foi a declaração do primeiro-ministro da Alemanha, que foi uma declaração desastrosa, mas que tomou pelo menos um dia inteiro da cobertura, porque acompanhei na sala de imprensa os colegas jornalistas tentando repercutir aquela fala. Então, tentando falar com o governo do Brasil, com o presidente da COP, com outros alemães, com a delegação da Alemanha, com o cientista da Alemanha, porque eles precisavam fomentar aquilo e repercutir aquilo. E foi um dia inteiro, pelo menos, um dia inteiro, diria que uns dois dias ou mais, porque até a gente voltar, ainda se falava disso, vai pedir desculpa ou não. Para quem não lembra, foi o primeiro-ministro que falou que ainda bem que a gente saiu daquele lugar, que era Belém, que ele estava com um grupo de jornalistas da Alemanha, que ninguém queria ficar lá. Enfim, um depoimento desastroso que tomou muito tempo de cobertura. Então, os jornalistas independentes não estavam nem aí para a declaração do primeiro-ministro da Alemanha. Eles queriam saber outras coisas. Então, por isso, reforço a necessidade e a importância da diversidade na cobertura. Mas é importante a gente entender como funciona esse jornalismo comercial, que é uma pressão e é um trabalho brutal e, muitas vezes, de jornalistas que não são especializados em ambiente, que estão lá, a Germana mencionou, na cobertura de cidades e são deslocados para um evento tipo a COP30. Então, é difícil até entender para onde se começa. É um trabalhão. [música] Mayra: E aí, para encerrar, porque o nosso tempo está acabando, alguma coisa que a gente ainda não falou, que vocês acham que é importante, que vocês pensaram enquanto a gente estava conversando de destacar sobre a participação e a cobertura da COP? Germana: Tem algo que, para mim, marcou na questão da reflexão mesmo de uma conferência como essa para o jornalismo científico ou para os divulgadores científicos. Embora a gente tenha encontrado com vários egressos do Labjor, que me deixou super orgulhosa e cada um fazendo numa missão diferente ali, eu acho que a divulgação científica ainda não acha que um evento como esse merece a cobertura da divulgação científica. Explico, porque esse é um evento que tem muitos atores sociais. São debates políticos, as ONGs estão lá, os ambientalistas estão lá, o movimento social, jovem, indígena, de comunidades tradicionais, os grandes empresários, a indústria, enfim, prefeitos, governadores, ministros de vários países estão lá. Eu acho que a divulgação científica ainda está muito focada no cientista, na cientista, nas instituições de pesquisa e ensino, e ainda não enxerga essas outras vozes como tão relevantes para o debate científico como a gente vê esses personagens. Então, eu gostaria de ter visto outras pessoas lá, outros influenciadores, outros divulgadores, ainda mais porque foi no Brasil, na nossa casa, com um tema tão importante no meio da Amazônia, que as mudanças climáticas estão muito centradas na floresta ainda. Então, isso, eu tenho um estranhamento ainda e talvez um pedido de chamar atenção para os meus colegas divulgadores de ciência de que está na hora de olharmos para incluir outras vozes, outras formas de conhecimento. E as mudanças climáticas e outras questões tão complexas exigem uma complexidade no debate, que vai muito além do meio científico. Sabine: Não tinha pensado nisso, mas concordo totalmente com a Germana. Eu realmente não… senti a ausência. Eu estava falando sobre as ausências. Senti a ausência dos divulgadores de ciência produzindo informação sobre algo que não necessariamente é o resultado de um paper, mas sobre algo que estava sendo discutido lá. Mas eu voltei da COP com uma reflexão que é quase num sentido diferente do que a Germana trouxe, que a Germana falou agora dos divulgadores de ciência, que é um nicho bem específico. E eu voltei muito pensando que não dá para nós, no jornalismo, encaixar uma COP ou um assunto de mudanças climáticas em uma caixinha só, em uma caixinha ambiental. E isso não estou falando, tenho que dar os devidos créditos. Eu participei de um debate ouvindo Eliane Brum em que, novamente a cito aqui no podcast, em que ela disse assim que a Sumaúma não tem editorias jornalísticas, como o jornalismo tradicional, porque isso foi uma invenção do jornalismo tradicional que é cartesiano. Então tem a editoria de ambiente, a editoria de política, a editoria de economia. E que ela, ao criar a Sumaúma, se despiu dessas editorias e ela fala de questões ambientais, ponto, de uma maneira investigativa, que passam por ciência, passam por ambiente, passam por política, passam por cidade, passam por tudo. E aí eu fiquei pensando muito nisso, no quanto a gente, jornalismo, não está preparado para esse tipo de cobertura, porque a gente segue no jornalismo tradicional colocando os temas em caixinhas e isso não dá conta de um tema como esse. Então a minha reflexão foi muito no sentido de a gente precisar sair dessas caixinhas para a gente conseguir reportar o que está acontecendo no jornalismo. E precisa juntar forças, ou seja, sair do excesso de especialização, do excesso de entrevista política, eu só entrevisto cientista. Mas eu só entrevisto cientista, não falo com política e vice-versa, que o jornalismo fica nessas caixinhas. E acho que a gente precisa mudar completamente o jeito que a gente produz informação. [música] Mayra: Isso, muito bom, gostei muito, queria agradecer a presença de vocês no Oxigênio nesse episódio, agradecer a disponibilidade para conversar sobre a COP, eu tenho achado muito legal conversar com vocês sobre isso, tem sido muito interessante mesmo, espero que vocês tenham gostado também desse episódio especial com as pesquisadoras aqui sobre a COP e é isso, até a próxima! Sabine: Uma honra! Germana: Obrigada, Mayra, e obrigada a quem estiver nos ouvindo, um prazer! Mayra: Obrigada, gente, até mais! [música] Mayra: Esse episódio foi gravado e editado por mim, Mayra Trinca, como parte dos trabalhos da Bolsa Mídia Ciência com o apoio da FAPESP. O Oxigênio também conta com o apoio da Secretaria Executiva de Comunicação da Unicamp. A trilha sonora é do Freesound e da Blue Dot Sessions. [vinheta de encerramento]
Evangelho de Jesus Cristo segundo Mateus 9,27-31Naquele tempo,27partindo Jesus, dois cegos o seguiram, gritando:"Tem piedade de nós, filho de Davi!"28Quando Jesus entrou em casa,os cegos se aproximaram dele.Então Jesus perguntou-lhes:"Vós acreditais que eu posso fazer isso?"Eles responderam: "Sim, Senhor".29Então Jesus tocou nos olhos deles, dizendo:"Faça-se conforme a vossa fé".30E os olhos deles se abriram.Jesus os advertiu severamente:"Tomai cuidado para que ninguém fique sabendo".31Mas eles saíram,e espalharam sua fama por toda aquela região.Palavra da Salvação.
Roberta Martinelli conversa com Jonas Sá sobre seu novo disco, "_MNSTR_", lançamento e música.See omnystudio.com/listener for privacy information.
Você é do tipo de pessoa que pede coisas demais pra Deus?Posso afirmar que somos pedintes por natureza. Desde pequenos pedimos, pedimos e pedimos. Aprendemos logo cedo a expressar a nossa vontade.Mas veja o que diz o Salmo 27 no verso 4: "Uma coisa peço ao Senhor e a buscarei: que eu possa morar na Casa do Senhor todos os dias da minha vida, para contemplar a beleza do Senhor e meditar no seu templo."Olho para esse verso e penso em pelo menos duas coisas: 1) a quantidade de coisas que peço; 2) as coisas que peço.Puxa, ele só pede uma coisa ? Acho que em cada oração temos no mínimo uns 5 pedidos. Será que não nos acostumamos a pedir demais? Temos necessidade de pedir tudo o que pedimos?A outra questão apontada pelo salmista é a qualidade do pedido. O salmista quer apenas estar com Deus, esse é o seu pedido. Será que isso também não nos constrange? Até mesmo na história do gênio da lâmpada a pessoa tem apenas 3 pedidos a realizar, o que seria uma boa lição sobre pedir bem.O fato é que a gente pede demais e pede coisas que nem sempre nos aproximam de Deus. O ideal seria aprender a não pedir nada, porque Deus conhece todas as nossas necessidades, mas isso parece ser muito difícil. Então, que pelo menos seus pedidos sejam mais sábios e só sobre aquilo que é realmente necessário.
O Corpo, o Erro e a Imaginação: Uma Conversa Aberta Sobre o Que Nos Torna Humanos Há conversas que não vivem apenas na superfície; conversas que abrem espaço para respirar, repensar e reorganizar o que levamos por dentro. A conversa de Jorge Correia com um dos atores mais intensos e inquietos da ficção portuguesa é uma dessas. Ao longo de quase uma hora, falámos de corpo, erro, infância, imaginação, afeto, tecnologia, masculinidade e do que significa estar vivo com alguma atenção. O episódio gira em torno de uma ideia simples, mas transformadora: a vida é uma negociação permanente entre o que sentimos e o que conseguimos colocar no mundo. E é isso que o convidado pratica — no teatro, no cinema, e na forma como se relaciona com os outros. Essa reflexão nos leva a perguntar: O que nos torna ainda humanos num mundo de máquinas? Albano Jerónimo O corpo como primeiro lugar de comunicação Uma das ideias que atravessa toda a conversa é o papel do corpo — não como acessório do trabalho, mas como a sua raiz. É através da respiração, do gesto, da postura e do ritmo que se organiza a verdade de uma cena. Antes da palavra, antes da técnica, antes da intenção, está o corpo. O que nos torna ainda humanos num mundo de máquinas? Albano Jerónimo Fala-se disso com uma clareza rara: o corpo não mente, não adorna, não otimiza. O corpo não tem discurso — tem presença. E na era da comunicação acelerada, onde tudo é mediado por filtros, algoritmos e versões de nós mesmos, esta é uma ideia que nos devolve ao essencial. Comunicar não é impressionar; é estar presente. O erro como método e como espaço seguro A segunda grande linha desta conversa é o erro — não como desgraça, mas como ferramenta. E aqui há um ponto forte: ao contrário da ideia dominante de que falhar é perigoso ou condenável, o convidado assume o erro como ponto de partida. É no erro que se descobrem novas possibilidades, que se afinam gestos, que se encontra o tom certo. O erro é uma espécie de laboratório emocional. E esta visão não se aplica só à arte. É também um modelo de liderança. No teatro e nas equipas, defende que o ensaio deve ser um lugar onde se pode falhar sem medo — porque a criatividade só existe quando não estamos a proteger-nos o tempo todo. Criar espaço para o erro é criar espaço para a coragem. Infância pobre, imaginação rica A conversa revisita ainda as origens do convidado — um contexto de escassez que se transformou numa máquina de imaginação. Um tapete laranja, bonecos de bolo de anos, uma casa pequena que exigia inventar mundos alternativos. “Há quem estude para aprender a imaginar. Há quem imagine para sobreviver.” Esta frase resume bem o impacto da infância na sua forma de estar. A imaginação não é um escape — é uma estrutura vital. E quando mais tarde se interpretam personagens duras, frágeis ou moralmente difíceis, não se parte de conceitos abstratos; parte-se dessa memória de observar o mundo com atenção e curiosidade. Entrar num personagem é entrar num corpo que podia ter sido o nosso. A relação com a tecnologia e o palco: carne.exe e o confronto com a Inteligência Artificial Uma das partes mais inesperadas e ricas da conversa é a reflexão sobre a peça carne.exe, em que o convidado contracena com um agente de inteligência artificial criado especificamente para o espetáculo. Uma “presença” que responde, improvisa e interage — mas que não sente, não cheira, não erra. A conversa revela uma inquietação legítima: o que acontece ao humano quando se retira o corpo da equação? Quando a imaginação é substituída pela otimização? Quando a falha desaparece? Há uma frase que se tornou icónica: “Uma máquina pode descrever um cheiro… mas não o sente.” É aqui que a arte se torna também crítica do seu tempo: o perigo não está na tecnologia em si, mas na possibilidade de nos esquecermos do que nos diferencia dela. Masculinidade, vulnerabilidade e o lado feminino O episódio toca ainda num tema essencial: as masculinidades contemporâneas. Fala-se de dúvidas, fragilidades, contradições — de como fomos educados para esconder sentimentos e de como isso nos limita. E há uma admissão honesta e importante: a presença de um lado feminino forte — não no sentido identitário, mas sensorial. Esse lado que observa, que cuida, que escuta, que sente. É talvez a parte mais desarmante da conversa: a vulnerabilidade não diminui; amplia. A sensibilidade não fragiliza; afina. A mãe, a sobrevivência e aquilo que nos organiza por dentro Um dos momentos mais humanos surge quando se fala da mãe — do que ela ensinou, do que ficou, do que ainda ressoa. A conversa entra aqui num registo íntimo, afetivo, não sentimentalista, mas cheio de verdade. É um lembrete de que, por muito que avancemos na vida, há sempre uma pergunta que nos organiza: como é que sobrevivi até aqui e quem me segurou? Cuidar dos outros: uma ética para a vida e para o palco A conversa termina com uma ideia simples e luminosa: cuidar é uma forma de estar no mundo. Cuidar do colega, da equipa, do público, de quem está ao nosso lado. Não é um gesto heroico; é uma prática diária. E é a base de qualquer comunicação que queira ser mais do que um conjunto de palavras. Albano Jerónimo está em cena entre 12 e 14 de dezembro, no CAM – Gulbenkian, com o espetáculo carne.exe, de Carincur e João Pedro Fonseca, onde contracena com AROA, um agente de inteligência artificial desenvolvido especificamente para a peça. O projeto explora as fronteiras entre corpo, tecnologia, imaginação e presença — um prolongamento direto dos temas que atravessam esta conversa. LER A TRANSCRIÇÃO DO EPISÓDIO Esta transcrição foi gerada automaticamente. A sua exatidão pode variar. 0:12 Por vivam bem vindos ao pergunta simples, o vosso podcast sobre a comunicação hoje com o ator e encenador albane Jerónimo, alguém que procura o erro para se fertilizar, que acha que tudo começa no corpo, numa respiração, no momento. 0:29 Albano Jerónimo, que fala neste programa, não é só o ator, é uma pessoa que aparece ora com uma simplicidade radical, ora com uma complexidade e a profundidade que nos obriga a seguir atrás. 0:51 Hoje vamos falar do corpo, da imaginação, do erro, do cuidado, do afeto e dessa coisa difícil que é ser pessoa. Porque, sejamos honestos, há dias em que não sabemos comunicar, não sabemos ouvir, não sabemos lidar, connosco e mesmo assim continuamos a tentar. 1:06 É isso que nos salva, é isso que nos torna humanos. O convidado de hoje viu exatamente nesse território onde as palavras às vezes não chegam para ele. Tudo começa numa frase, num gesto, num olhar, numa respiração, na forma como se ocupa um espaço, como se sente o chão. 1:22 Há quem passe anos a tentar treinar a dicção, mas ele comunica da maneira como está e isso, muitas vezes explica mais do que qualquer discurso. Ao longo desta conversa, percebe que o trabalho dele não é só interpretar personagens, é observar o mundo como quem escuta. 1:37 É absorver o que acontece à volta e devolver sem couraça, sem esconder o que é frágil. E no meio disto tudo, há ali sempre um cuidado discreto, uma preocupação em não ferir, em não atropelar, em não roubar espaço ao outro. Ele fala muito de afeto, não como romantismo, mas como ética, e percebe se que para ele comunicar é isso, é cuidar. 1:58 E depois há o erro, o tema que atravessa toda a conversa. Há quem fuja dele e ele corre na direção contrária. Ele procura o erro. Não porque queira provocar, mas porque percebeu que é no erro que acontece qualquer coisa. O erro obriga nos a parar, a ajustar, a aprender outra vez. 2:15 É o momento em que a máscara cai e vemos quem somos e, no fundo, é o lugar onde ficamos mais próximos uns dos outros. Ele diz isso como a simplicidade desarmante, falhar não é cair. Falhar é encontrar. Quer sempre experimentar coisas diferentes. Agora, por exemplo, está a criar uma peça a carne ponto EXEA, peça onde contracena com uma inteligência artificial criada só para estar em palco com ele. 2:40 E aqui abre se uma porta grande, o que é a presença, o que é a relação, o que é que um corpo humano consegue fazer? Ele disse uma frase que me ficou na cabeça, uma máquina pode escrever e bem, um cheiro, mas não o consegue sentir. E percebemos que este confronto com a inteligência artificial. 2:55 Não é só teatro, é uma reflexão sobre o mundo que estamos a construir, onde tudo é rápido, mas muito pouco sentido. Falamos também de masculinidade, não a do peito feito, mas a das dúvidas e contradições. E aqui acontece uma coisa bonita. E ela admite, sem qualquer agitação, que tem um lado feminino muito forte, que contracena quase a tal masculinidade e que a sensibilidade feminina e masculina é uma ferramenta. 3:18 Ainda é uma ameaça. No fim, falamos deste tempo em que vivemos, da pressa da polarização. Do cansaço e de empatia. E eu aprendi 3 coisas principais. A primeira é que comunicar começa no corpo, antes da palavra. Há sempre uma respiração que diz tudo. Um gesto aparece no corpo antes de aparecer dentro da nossa cabeça. 3:37 A segunda? É que o erro não É o Fim, é o princípio, é o lugar onde crescemos e onde nos encontramos com os outros também da comunicação. E a terceira é que a sensibilidade não é um luxo, é uma forma de sobreviver, sim, mas muitas vezes é a única forma de percebermos quem temos à frente. 3:54 Se esta conversa o fizer, aprendar um pouco ou simplesmente respirar fundo já valeu a pena. Viva Albano Jerónimo. Apresentar te é sempre um desafio ou fácil ator? Canhoto, estamos aqui 2 canhotos, portanto já estamos aqui. 4:13 Como é que tu te apresentas? Quando, quando, quando quando aparece alguém que não te que não te conhece, EE tu chegas lá e dizes. Eu, eu sou o Albano. Normalmente nós definimos sempre pela pela profissão, habitualmente não é? Não sei com não sei se é da idade, mas digo o meu nome, Albano. 4:29 Digo que sou pai, sou irmão, sou amigo e que calha ser também ator e às vezes encenador. E às vezes encenador, já gostas mais de ser ator ou encenador, imagino que. São zonas diferentes, zonas de comunicação diferentes. 4:47 Ser ator tenho o privilégio de ser ator e consigo estar por dentro, de certa forma, do processo, junto dos corpos dos atores ou de quem eu convidar para fazer um determinado trabalho e teres uma perspetiva de todo que é construíres um objeto artístico. 5:03 Que é outra perspetiva. Isso enquanto encenador, enquanto encenador, o trabalho do encenador é muito o estimular que os atores façam uma determinada coisa. Como é que funciona o processo mesmo porcas e parafusos, como eu costumo dizer. É, é. É um pouco no sentido em que, no fundo, eu tenho que gerir escutas e sensibilidades em torno de uma determinada zona de ação, ou um momento específico, ou um texto. 5:28 E então, para mim, passa muito por uma gestão quase pessoal. E emocional e obviamente, muito técnica também, muitas vezes. Como a técnica quer dizer o quê diz isto desta maneira dá mais ênfase que eu ou não é preciso, porque tu quer dizer, quando trabalhas com profissionais, eu lembro me sempre mal comparado com com os treinadores de futebol. 5:47 Estava sempre a pensar no Mourinho, por exemplo, que é não se ensina nada um jogador de futebol profissional de topo. Suspeito que no caso de 1/01/1 ator profissional de topo, também há muito pouca coisa que se possa ensinar em termos técnicos ou não. De certa forma, acho que podemos sempre aprender qualquer coisa uns com os outros. 6:05 Mas é um bocado a imagem do pastor. O pastor não muda AA ovelha, por mais que se esforce, e nessa uma teimosa sim, também se apanha. Mas no fundo, aquilo que eu tenho, a minha função central como encenador, é, é, é escolher o pasto onde as ovelhas podem comer. 6:23 E nessa lógica também me permite ter um afastamento e divertir me. Ter uma perspetiva, uma posição de tal forma afastada que me permite olhar e divertir me com esse processo todo. És uma espécie de primeiro espectador. Sim, e sou. 6:39 Tento sempre criar uma zona confortável, uma zona de segurança, uma zona segura de trabalho, onde nós estamos aqui é uma espécie de comunhão em torno de uma coisa concreta. E então isso é uma zona segura. É um safe SPACE, como se costuma dizer, o. Que é que é o que é que é o espaço seguro? Ou ou podemos, ou, pelo contrário, o que é que é um espaço inseguro? 6:57 É um espaço onde tu podes um inseguro. É um espaço onde tu existes com limitações, pelo menos aquilo que eu pretendo no teatro nacional 21, que é a estrutura profissional que eu tenho e não só eu. A Claudia lucaschew e o Francisco Leon tentamos sempre desenvolver zonas de Liberdade, zonas onde tu podes existir, contudo, em pleno, ou seja, com erros, porque é isso que nos interessa. 7:18 No fundo, é quase trazer à superfície. Essas falhas, porque é isso que nos torna de facto mais interessantes. E depois o erro é para aperfeiçoar e para apagar ou para assumir? Não sei como é que eu. Acho um bocadinho disso tudo, mas tendencialmente é para assumir, porque o erro. Eu costumo costumo dizer que o erro é o nosso melhor amigo de facto, porque é o momento onde tu deixas de pensar e te conectas com o momento. 7:40 Não há cá, digamos, preconceitos de qualquer coisa, ideias feitas à partida. Há um erro, há uma falha. Paras a narrativa, a tua própria. E então estás em conexão total com o momento e, de certa forma, na falha. 7:55 Existe uma proximidade com o espectador, com esta coisa de estarmos vivos. A falha tira te essas defesas, dá te corpo. A vulnerabilidade, sem dúvida, então, mas para um ator como tu, com, com, com a capacidade, com o talento e com os anos que tens de profissão, esta ideia de de de falhar não é uma coisa que te perturba. 8:15 Não é mesmo o oposto, eu quero falhar. Eu tento sempre muito, falhar muito, porque é aí que eu me sinto numa espécie de de vertigem qualquer, neste Salto de fé que é um bocado. Aquilo que nós fazemos também é uma vertigem qualquer próxima do corpo. 8:33 EE fazer coisas que eu desconheço, no fundo é pôr me a jeito numa escuta ativa, para aquilo que eu não sei. E fazes isso de uma forma deliberada. Sim, faço como trabalhando imenso, sei lá, no caso específico de um filme, decorar, quando digo decorar é mesmo decorar total a totalidade do guião, as minhas dessas, as tuas deixas para depois em plateau, eu poder destruir tudo e não pensar no texto. 9:03 O texto é o corpo. Portanto, é é mais ou menos como quando nós estamos a conduzir um carro pela primeira vez, em que temos que pensar nas mudanças e nos pedais e fins. O que tu estás a dizer é que tu absorves o texto, o teu e da das outras, da da, da, dos outros atores com quem tu estás a contracenar, para depois ter a Liberdade de dançar sobre sobre esse texto. 9:21 Precisamente. E aí vem o erro. E o erro é o momento de descoberta as pessoas, não sei porque há uma tendência de associar o erro. Não é o erro, é uma coisa má. Na vida, no dia a dia, digo, obviamente há casos e casos, não é? 9:38 Mas o erro é sem dúvida nenhuma a coisa mais interessante, então, nomeadamente nos tempos que hoje correm com tecnologias onde com instagrams, onde temos uma espécie de best of das nossas pessoas e tudo é perfeito. Tudo é bonito, o ângulo perfeito, a luz perfeita. 9:55 O erro é urgente. É trazer me quase um elogio do erro ou o elogio da falha acho que é mesmo necessário. Há uma plasticidade falsa nesse nesse mundo perfeito. Com certeza, há umas personas todos nós representamos. Quando saímos de casa, dizemos, OK, eu sou esta persona e, portanto, vou, vou fazer, vou fazer uma coisa qualquer, mas isso é uma coisa. 10:16 Provavelmente intuitiva, uma inconsciente sequer inconsciente, não é? Sim, sim, sim. Bom, tu com esta vontade de te pores a jeito, porque na realidade eu acho que é quando eu te olho como espectador, eu vejo te como o comunicador que se põe a jeito que é. Ele meteu, se ele meteu, se noutra alhada é sempre aquilo que eu estou à pena, estou bom. 10:34 Princípio. Ele meteu se noutra alhada, como é que como é que ele se vai desenrascar disso? EEE quando quando nós combinamos esta esta conversa? Um passarinho disse me que tu estavas a fazer a montar uma peça AA encenar uma a ensinar não. Neste caso, tu vais ser o ator da peça em que decidiste falar com uma máquina, ó diabo, tu és o novo kasparov. 10:57 Neste caso, na sua versão, o homem vai bater a máquina, não é porque kasparov foi aquele que tentou, tentou, na realidade conseguiu. Depois há dúvidas sobre se havia alguma batota naquela máquina na primeira vez que a máquina bateu kasparov. O que é que se fala com uma máquina? 11:14 É um é um projeto, um espetáculo, uma performance. O que for do coletivo zabra, o coletivo zabra já agora faço aqui uma nota que é é um coletivo que eu gosto imenso do trabalho que tem feito, nomeadamente numa zona experimental de vídeo de som. 11:30 Tem objetos artísticos muito interessantes, na minha ótica, onde são sempre muito próximos da filosofia de uma perspetiva existencialista. Juntando isso com uma tecnologia que eu acho isso Superinteressante, aqui há uma otimização desse discurso onde o homem versus máquina surge em cena e, de facto, foi desenvolvido um modelo de inteligência artificial. 11:50 Estamos a falar do espetáculo carne, ponto EXE, que vai estrear agora na gulbenkian, a 1213 e 14, no centro, no cam, no centro de artes modernas, só 3 dias, só 3 dias e já está esgotado. É verdade, mas isto para te dizer o que é que é este diálogo? 12:06 Onde é que nós nos situamos? E é um projeto experimental, nunca feito até hoje em Portugal, pelo menos que eu saiba onde nos colocamos, digamos, frente a frente com uma máquina. O que é que prevalece, o quais é, quais é que são as valências de uma inteligência artificial versus uma inteligência humana? 12:25 E vamos jogar um bocadinho o nosso diálogo por aí com uma dose de improvisação total. Eu posso dizer literalmente o que quero. Perguntar o que quiser à máquina e a máquina vai me responder literalmente o que ela quiser. Quer dizer que tu não vais fazer um ensaio em que as tuas falas estão definidas e a máquina também tem falas definidas? 12:43 Não, não queres este livro? É tudo livre? É tudo livre? Sim. Eu. Não quero estragar o espetáculo, mas o que é que tu perguntas à máquina? O que é que tu queres saber da máquina? Vou deixar isso à consideração do espectador, convido vos sim a irem à sala, mas as? Pessoas vão poder também também ajudar te nesta nesta conversa com a máquina. 13:01 Não sei. Podemos abrir aqui agora essa caixa de Pandora. Podemos abrir aqui 111 espécie de sugestões de perguntas que as pessoas achariam interessantes para para perguntar à máquina. Eu acho que isso é um grande exercício. Como é? Como é que tu te dás com os com os chat GPTS cá da vida? Eu tento não usar ou não uso de todo. 13:17 Eventualmente usei uma vez para desenvolver. Lá está um guião, numa questão dramatúrgica e de possibilidades várias. Então, e se esta personagem fosse assim? Então e se esta trama fosse, ele não tivesse uma relação com esta pessoa, fosse com outra, para perceber as ramificações de um possível outro, guião à volta daquilo que me é dado, não é? 13:36 Assusta te essa ideia. Achas que te que te pode retirar criatividade ou que nos pode pode nos transformar todos no fundo, na linguagem da máquina? Susta me um bocadinho, porque se perde aqui não só a questão do erro que falávamos há pouco, esta otimização do ser humano não é perde. 13:53 Se aqui um bocadinho, é como a caligrafia. Nós hoje em dia já muito pouca gente escreve EE, esse exercício da caligrafia é absolutamente fundamental, não só te define enquanto pessoa através do tipo de letra que tu usas, como escreves da forma como escreves. Então aquilo que eu tenho de certa forma pena ou receio, se quiseres, é que se perca um bocadinho esta. 14:15 Este este usa esta experimentação de se ser humano que é das coisas mais fascinantes que existe, que está intimamente porque ligado com a questão do erro que falávamos há pouco também. Olha, e outra coisa que é profundamente humana é, é a relação tal e qual relação entre pessoas, a relação entre atores que tu estavas a dizer, mas tu neste aqui tens que te relacionar com com aroan, que é que é o nome da precisamente, que é o nome. 14:38 Não sei se lhe posso chamar personagem, não sei o que é que lhe posso chamar. Como é que tu te relacionas lá está com uma máquina, sabendo que a máquina não tem inteligência? Chamo lhe inteligência artificial, mas não tem uma inteligência, não tem seguramente uma sensibilidade, é um modelo. 14:55 Como é que é essa relação? É uma descoberta também em tempo real. Nós estamos estamos a ensaiar, mas existe uma espécie de diálogo com uma ideia de quase de de de uma biblioteca de uma Alexandria. Imagina como é que tu falas com uma coisa destas? 15:12 Sendo que nós temos corpo, o corpo de uma aroa é outra coisa. Digamos que a minha realidade é o meu corpo, como é que eu contraponho a uma realidade toda ela? Informática, de certa forma quase bélica. Como é que tu começas um diálogo em setas, uma conversa, um imaginário, com uma máquina? 15:33 Então um bocadinho estes limites até receios que nós hoje temos. Há pessoas, muitos. Conhecidos e amigos que eu tenho que têm um certo receio desta evolução quase de bruto. Não é brutal, é? Não é. É cavalar da da tecnologia, ou seja, que nos está a colocar numa zona que nós ainda não sabemos qual é. 15:53 Então, o espetáculo também se propõe um pouco AAAA mexer a trazer à superfície estas questões. Porque é uma fala sem rede no fundo não é porque a máquina lá está por um lado, é muito rápida, por outro lado é muito dócil, vai, vai sempre tentar encontrar uma solução, nem que a tenha que inventar ou ou alucinar. 16:09 E nós começamos a perder o controlo de perceber onde é que está ali a Fronteira entre entre a verdade ou ou ou entre o que é que em em que é que nós podemos explorar melhor a máquina ou ou em que é que a gente devia dizer não, obrigado, máquina, eu agora vou escrever aqui o meu texto à mão. Sim, mas que digamos que há uma tendência para ir diminuindo. 16:28 O papel de estarmos aqui vivos não é da tua criatividade, da tua, digamos, o teu trabalho intelectual, emocional. Uma máquina não tem cheiro. Quanto muito pode descrever um cheiro? Esse cheiro é queimado, não é bom. 16:44 Exato. Agora nós podemos sentir esse cheiro. A própria máquina não sente esse cheiro, é queimado, pode detetar, uma falha qualquer. Algures. Portanto, é um bocadinho este diálogo entre aquilo que tu de facto valorizas no fundo, aquilo que me tem dado. Assim, de uma forma muito resumida e não querendo levantar o véu, é que o privilégio das coisas simples e a importância que elas têm no teu dia a dia e. 17:08 Isso é uma necessidade para ti? Sem dúvida, sem dúvida é, é vital. Olha, eu tinha. Eu estava a falar do corpo. EE num dos tópicos desta conversa, tinha tinha escrito aqui o corpo. Que quando te vejo como instrumento político, poético e comunicacional, o teu corpo fala antes da voz, antes de tu dizeres qualquer coisa num palco ou num 7 filmagens. 17:30 É pá, eu espero que sim, porque estou. Eu estou estava aqui a pensar no estávamos a falar bocadinho do do Arruda, da da da série rabo de peixe. Aquele Arruda ainda não disse nada. EEE isso. EE só. Eu estou a olhar a tua testa AA boca. 17:48 E eu já disse, eu não quero, eu não quero encontrar esta pessoa à noite. Quer dizer, porque ele quer dizer, fiquei estendido. Não, não sei o que é que acontece, como é que se compõe isso, como é que se faz isso? Como é que tu usas isso? Como é que tu usas o teu corpo? Acho que é um pouco isso que estavas a dizer há bocado, que é o corpo tem que falar. E a memória do corpo é algo que não engano. 18:06 É um pouco como a memória dos sapatos. Os sapatos nunca mentem. Podes ter uma máscara, mas os teus sapatos? Vão te denunciar no andar que tu tens. Portanto, o corpo imprime uma impressão digital no chão, que se traduz num sapato à partida. 18:22 Portanto, eu tento sempre que o corpo seja um bocadinho. Essa alavanca tem tudo que passar pelo corpo, por mais cerebral que seja um trabalho mais intelectual que seja, mas o corpo tem que lá estar, porque a minha realidade é o meu corpo, não é dentro dessa lógica que falei há pouco. 18:37 E então? Respondendo de outra forma, a melhor definição de um ator que eu ouvi foi esta que é um ator, é um cerco que respira e só isto. E então o respirar vem do corpo, passa pelo teu corpo. 18:54 E se te focares nesses impulsos primários que eu acho que aquilo que eu faço é um elogio, é uma espécie quase Bárbara de existir aos impulsos básicos de vida, de vida, de existência. Procuro sempre que o corpo venha sempre em primeiro lugar, até às vezes faço um exercício que é, como é que eu poderia comunicar isto sem palavras, porque o corpo tem que lá estar primeiro, porque atrás vem tudo. 19:19 Eu posso não saber o meu texto, mas se eu adquirir esta posição que agora adquiri, se calhar aqui neste gesto está associado a 11 solilóquio e eu não sabia. E eu, AI verdade está aqui, esta é a parte que eu ponho aqui a mão, pois é. Um exemplo básico, mas a verdade é que o corpo tem que ser a alavanca de tudo, para mim, pelo menos. 19:37 Que instintos básicos são esses? Quais são esses, essa paleta de cores que tu trabalhas? São os sentidos básicos. É uma coisa meio de sobrevivência. Eu venho do meio pobre também. Importante referir isto neste sentido, e sempre me habituei a gerir aquilo que tinha e não aquilo que gostaria de ter. 19:57 Então, para mim, pequenas coisas eram mundos. Como é que é? Foi essa tua experiência na tua infância? Sim, sim, eu lembro me perfeitamente. Eu brincava imenso no tapete laranja que tinha em casa, que tinha os cantos arredondados, era um tapete assim mesmo, pequeno, e via aqueles bonecos de futebol que vinham nos bolos de anos. 20:13 E pelos tubotios. Exatamente. E eu tinha uma série deles e passava horas, mas horas mesmo, a jogar naquele tapete. E aquilo para mim era o mundo sem fim. Pegando nesse exemplo. Eu amplio para o meu dia a dia e tento que a minha vida seja exatamente que exista diariamente em pequenos mundos, onde um plano apertado em cinema para mim é o mundo muitos atores sentem se enclausurados. 20:37 Mas não. Isto aqui é tão pequenino que eu posso viver nisto tudo. Não é arriscado esses planos de lá? Está da tua cara muito fechado. Não ampliando o conceito também de saber o lugar que tu ocupas, que é muito importante na vida. Num plano apertado em cinema, também é saber o lugar onde tu existes e os olhos são uma arma absolutamente brutal. 20:58 Eu posso ter um olhar aqui contigo, mas se abaixar, sei lá, umas pálpebras. Até metade do meu olhar já é outra coisa. E. Denuncia nos logo porque nós conseguimos ler. Automaticamente qualquer um de nós lê o outro de uma forma parece que viemos com essa programação. No fundo, está a fazer me a dizer, tu vens? De um meio economicamente pobre agarraste a que, mestres, onde é que, onde é que, como é que como é que tu transformaste no fundo, essa escassez em abundância? 21:25 À minha mãe, aos meus irmãos, à capacidade de trabalho, ao conceito de família, ao amor EEA, importância do outro se quiseres em comunidade. 21:41 Como é que tu sobrevives? O que te disse, o que te disse à tua mãe? O que te disse à tua? Mãe disse me muitas coisas, mas destaco aquilo que disse há pouco, saber o lugar que tu ocupas. Se queres alguma coisa, tens de trabalhar para ela. E se não te respeitares a ti, ninguém te vai respeitar. 21:59 Portanto, são princípios que eu hoje ainda uso e tento passar à às minhas filhas e ao meu filho. Olha como é que se constrói? E eu acho que tu és um bom exemplo disso. EE, há bocado estavas a falar da vulnerabilidade e da falha num tempo em que estamos a discutir ou a reorganizar um bocadinho o universo feminino e masculino. 22:18 EE todas as diversidades que cabem aqui, nesta, nesta paleta, como é que se constrói diferentes masculinidades corporais, se quisermos? Onde tu tens que demonstrar isso, lá está desde a fragilidade até à violência, desde a intensidade até à suavidade. 22:39 Eu acho que vêm todas do meu lado feminino. Do teu lado feminino? Sim, eu tenho um lado feminino, tu sentes te. Feminino. Sim, muitas vezes sim. E acho que é dos lados mais interessantes que eu tenho. Pode vir da minha mãe, pode vir do convívio com a minha mulher, com as minhas filhas, dos meus colegas, os meus amigos, colegas atores, o que seja. 22:56 Mas eu sou um homem feminino. Gosto de pensar em mim dentro dessa lógica do sentir ou de absorver aquilo que está à minha volta, porque não gosto de reduzir aquilo que faço ao meu corpo masculino, biologicamente falando. 23:13 Gosto de ampliar o meu espetro de entendimento das coisas e de mim próprio, através do meu ser feminino. Acho que é muito mais fértil, se calhar. Dando te outro exemplo, o meu trabalho é político. No que diz respeito à minha atitude pessoal, tenho obviamente, as minhas tendências ou preferências ou crenças, o que seja. 23:35 Mas o que é interessante não é fechar. Me outro exemplo, eu não fecho. Eu não gosto de pensar em personagens. Acho que me fecha o leque de possibilidades. Eu fecho sozinho quê? Em momentos, momentos que imagina, entrava agora aqui um homem com uma metralhadora neste estúdio. 23:51 A forma como tu reagias ao mesmo acontecimento é que te poderia eventualmente definir como uma possível pessoa ou possível personalidade, portanto, uma vez mais, é no sentido de abrir o meu leque de opressões, aumentar o meu alfabeto de comunicação. E estás sempre a tentar fazer isto. Tento, tento, porque eu gosto muito de viver. 24:10 EEE ficar fechado numa só leitura, no só corpo, numa só pele. Aqui me cria me aqui uma espécie de toiro toiro enraivecido, citando aqui Martin score César. Lá está, mas é curioso tu a definires te como eu quero ir à procura do meu eu feminino, mas o teu corpo e até muito da tua atuação, da tua fórmula, da tua, da tua marca na nos trabalhos que fazes eu eu defino desde já como um, como um ator profundamente masculino também nessa afirmação. 24:40 Nem que seja pelo contraste. Ir buscar o meu lado feminino para fazer o oposto. E dá para misturar? Completamente, completamente. Eu gosto dessa desse menu de degustação, desse melting POT que pode ser por estarmos aqui. 25:00 E acho que é também importante. Por outro lado, hoje em dia, quando se fala em conceitos como masculinidade tóxica, por exemplo, acho muito pertinente e interessante que se fale. Que há homens que não têm receio de assumir uma certa fragilidade, um certo lado feminino, um certo espectro de sensibilidade de outro. 25:23 Porque acho que é importante uma vez mais um homem esta ideia de que homem macho, alfa, branco, o que seja, acho que tudo tão redutor ao mesmo tempo. Foi uma armadilha que nos montaram. Há várias armadilhas sociais que nos catalogam de determinada forma e que nos marcam os comportamentos, quer dizer. 25:43 As mulheres levaram a fatura. Pior não é? Quer dizer, é isso, mas, mas provavelmente agora, nos últimos anos e tempos, as coisas estão estão a mover se mas o que tu estás a dizer é que para os homens também é uma fatura, que é que é uma menor? Permissão de de de estar também nesse espectro da familiaridade. 25:59 Sim, acho que sim. Se não, vejamos os últimos exemplos que temos de jovens vários jovens AA terem opiniões extremadas, nomeadamente de direita, não só de direita, mas também de esquerda, mas os vários casos agora, recentemente no Instagram, 111 espécie de associação, eu não quero dizer o nome de propósito, mas que se pauta exatamente por valores ultramasculinos. 26:19 O que é que é isso? Repressão feminina total, portanto, acho que. Na base de tudo isto, uma das coisas que existe, não tenho dúvidas, é o receio. É o receio de existir de outra forma, porque o que é que há depois deste desta embalagem de masculina tóxica, forte, super bombada, proteína style. 26:39 O que é que há? Não sabem? E então eu proponho exatamente a fazer um exercício oposto, não tenho a coragem de tirar essas máscaras de. De não corresponder a um estereótipo, o. Que torna cada vez mais difícil. Lá está estava estava a falar da polaridade da polarização. 26:56 Não, não citando, eu também estou contigo. Acho que há coisas que a gente não deve citar que é para não as propagar. Acho que é. Acho que é uma boa, uma boa estratégia. Aliás, agora que o quando o Nuno markl ficou doente e houve. Algumas probabilidades, uma em particular, mas houve outras que tenta porque perceberam obviamente o carrinho que isso dava de popularidade e fizeram uma declaração profundamente imbecil e infeliz EEE, eu e eu apanho Montes de amigos meus, pessoas de quem eu gosto, a dizer, já viste o que está a acontecer? 27:24 E eu alguns ligo e diz, e tu já viste o que é que estás a fazer quando estás AAA propagar na tua rede aquilo que é uma coisa imbecil, quer dizer, mostra vasos de flores, quer dizer, é preferível quem estás a fazer uma coisa, é a melhor gato a tocar piano, será a fazer qualquer coisa. Menos, menos dar esse esse Lastro a é o que está a acontecer. 27:42 Como é que num mundo tão polarizado e onde tudo está a ficar muito extremado, à esquerda e à direita, mas não só com as pessoas todas cheias de grandes certezas. Oo papel da arte, isto é, quando tu arriscas coisas no Na Na arte, o que é que levas como reação? 27:58 OK, os teus fãs obviamente vão aparecer a dizer que tu és extraordinário e o fel levas com muito fel. Nas re erguesinas, sim, eu espero que sim. Eu costumo dizer que um bom espetáculo é quando algum algum espectador sai, porque acho que um objeto artístico não tem que forçosamente agradar a todos. 28:19 Aliás, até sou da opinião que se não agradar a todos é mais interessante, porque isso significa, entre muitas outras coisas, que está a provocar aqui alguma reação, que alguém está em desacordo, completo e não gosta de tal forma que sai de uma sala de espetáculos. Eu acho isso extremamente interessante e útil. Porque estamos a apelar a um espectador emancipado no sentido em que ele tem que se chegar à frente com uma atitude, tem que tomar uma decisão sobre aquilo que está a haver. 28:41 E se sair, a gente diz, OK, esta pessoa teve esta opinião, não está a gostar disto? Ótimo. O que 11 dos objetivos daquilo que eu faço é que, de facto, aquilo que se constrói, trabalha com todo o amor e profissionalismo e por aí fora, que provoque reações e que as pessoas tenham a coragem de se inscrever nessa reação, nesse gesto que é preciso ter coragem também para se inscrever numa ação tão. 29:03 Barulhenta, como sair de uma sala? Portanto, que a arte surge, surge para exatamente estimular uma atitude em quem recebe, seja ela qual for, seja ela qual for. Eu gosto imenso de fazer espetáculos onde estão escolas, por exemplo. A maior parte dos meus colegas detesta fazer espetáculos. 29:21 As. Crianças são cruéis, não é? Elas são muito viscerais e muito dizem te logo. O que é que pensam sobre aquilo? Eu adoro isso, adoro isso porque não há filtros no sentido em que é um espectador super justo, porque nos coloca ali. Perante aquilo que estamos a fazer de forma justa, muitas vezes cruel e desnecessária e grata até ou gratuita. 29:40 Mas o que é interessante aqui, uma vez mais, é que estamos AA estimular uma reação, um pensamento sobre e acho que uma das funções da arte é, sem dúvida, estimular o pensamento, o pensamento crítico, o pensamento pessoal, questionas te no fundo. Estamos a perder esse essa veia do do pensamento crítico, sem dúvida. 30:00 Porque há uma, há uma higienização, há uma ingenuidade de tudo, do gosto, do sentir. Esta educação do gosto dá muito trabalho. E a cultura tem um papel fundamental nessa nessa perspetiva sobre as coisas e o mundo, não só sobre os objetos artísticos, mas sobre a vida, sobre tudo. 30:16 E a cultura vem exatamente para estimular essa capacidade de reação, de ter a coragem de dizer, não me tocou, não acho interessante porque no fundo, é que há uma ausência de pensamento crítico. E de discurso em si, posso dizer, não gosto nada daquela pessoa XYEZE. 30:35 Porquê vemos isso em debates políticos, quando se prende e se vive em chavões, vamos mandar fora do país determinadas pessoas, mas porquê? Desenvolva com que base baseie, se em quê factos, números, venha. 30:51 Temos OINE que é tão útil muitas vezes, mas. Nós está, mas depois entramos numa discussão que é uma discussão de propaganda e uma discussão de. Naturalista barata, não. É sim, e é. E é o aquele chavão. E eu ponho aquele chavão repetindo a mentira 1000 vezes. Se calhar ela transforma se numa numa verdade EE esta até estamos todos a discutir coisas sem ter esse cuidado até de ir verificar se aquela fonte faz sentido ou se aquela declaração faz sentido. 31:15 Mas, em princípio, se essas coisas deveriam ser até. Relativamente fáceis de parar. A minha sensação é que estamos todos cansados, não é? E quando ficamos frustrados com determinada coisa, uma boa solução populista, apesar de mentirosa, se calhar é aquela que a gente se agarra, porque porque estamos a sentir que que não conseguimos fazer nada. 31:35 No fundo, não. É, acho que uma das coisas que este desenvolvimento agora fala de uma forma geral, não é do desenvolvimento da tecnologia, não querendo empacotar tudo no mesmo saco. Mas as redes sociais, por exemplo, acho que contribuem para, de certa forma, a nossa empatia. 31:52 Está cansada? O algoritmo me deu cabo disto. Acho que é um pouco isso. Acho que estamos um bocadinho anestesiados. Estamos cansados. Ouve lá, temos uma revista que eu costumo comprar, que tinha uma publicação, um número muito interessante que. Exatamente dentro desta lógica que estamos a falar aqui da imagem do cansaço, que isso já deposita numa espécie de anestesíaco geral, que era uma edição sem fotografias e no lugar da fotografia tinha a descrição daquilo que estaria lá, e isso provoca te isso, só esse simples mecanismo. 32:23 Quase um irritante, não é? É irritante, mas é. Foi muito interessante porque, de facto, estimula o teu exercício de imaginar e não sei hoje em dia o que é que é mais horrível. Tu imaginas uma imagem concreta ou imaginares dentro do teu horror. Da tua história, cultura e educação, o que seja imaginares o possível horror através daquela descrição. 32:40 Portanto, no fundo, acho que temos que baralhar aqui o jogo e voltar a dar e ter a clara noção que, de facto, a empatia e os mecanismos de comunicação, de receção, de escutas são outros. O tempo é outro. Sim, porque se nós estivermos num mercado ou se estivermos num num não quer dizer num jogo de futebol, se calhar é um péssimo exemplo. 32:58 Mas Nenhum de Nós, ou a maioria de nós não diz as barbaridades que a gente lê. Nas caixas de comentários dos instagrams e dos facebooks quer dizer de pessoas que estão a dizer coisas completamente horríveis, verdadeiramente um insulto aos outros. Sem dúvida são montras de de disfarce, não é? 33:18 As pessoas escondem se atrás dessas matrículas. Tecnológicas para existirem de formas completamente grotescas. E aproveitam e aproveitam isso no tempo em que nós deixamos praticamente de ir ao cinema. Eixos que aparece uma série chamada rabo de peixe, filmada nos Açores, que para mim 11 série absolutamente fabulosa. 33:42 Onde tu entras? Desempenhando um tal de Arruda. Não sei se podemos descrever te nessa série como o pequeno meliante, o pequeno traficante OOOO pequeno mal, mas na realidade que sabe mais do que os outros no dia em que aparece droga, em que aparece cocaína em rabo de peixe, uma das freguesias mais mais pobres do do país e faz se o rabo de peixe, essa série, o que é que esta série teve de tão? 34:13 Extraordinário. Acho que a história em si é de facto, logo o ponto de partida é é absolutamente brutal e único, não é Na Na Na freguesia mais pobre da Europa, rabo de peixe da Acosta, fardos e fardos de cocaína e logo isso logo só esta. 34:30 Este enquadramento já é suficiente quase e depois passa se nos Açores não é Açores uma ilha que também é muito importante, pelo menos para mim, foi na construção desta deste possível Arruda. Tudo isto acho que traz à superfície para mim, no final do dia, o que é que tu fazes para sobreviver? 34:53 E que mecanismos são esses? E a que é que tu te agarras? E o que é que é mais fácil? O que é que tu optas por um bocado? Se tens a coragem ou não de quebrar os moldes de educação com que tu cresceste. É uma discussão moral interna. Eu acho que também passa por aí, sem dúvida nenhuma. 35:09 Que é uma vida desgraçada. E o que é que a gente faz para sobreviver? O que é que o que é que tens que fazer qualquer coisa? Eu acho que sem dúvida, se queres sobreviver, sim, claro, tens que fazer qualquer coisa e às vezes não é a coisa mais correta de todo, não é? Mas acho que o que é que faz de rap de peixe? 35:26 Acho que é o facto de ser isto que já mencionei ser feito em Portugal. A Geografia também, para mim é absolutamente fundamental. E depois tem esta questão que é universal, que é esta esta necessidade de te reinventares e de repente toma lá fartos de cocaína, o que é que tu fazes com isto? 35:47 Tem o teu euromilhões em cocaína. É para muitas pessoas, alguns sabiam ou muito pouca gente sabia quando de facto, chegou à ilha. E depois, toda a forma como o conceito, a ideia, o conhecimento se propaga é super fascinante para mim. Como é para mim é das coisas mais interessantes. 36:04 Como é que o conceito de que que é isto? Ah, isto é uma caneca, dá para beber coisas, Ah, dá para beber isto já não sabia. E isto e esta descoberta para mim é das coisas mais fascinantes. Eu acho que é das coisas mais inocentes, que eu acho que prende o espectador. Portanto, houve 11. No fundo, uma aprendizagem em rede que é mostrada nessa série. 36:21 Que é, eu não sei se isto é farinha para fazer bolos. Isto é uma coisa que nos vai aditivar a vida ou que vai matar alguém, porque depois também ouve esses esses fenómenos. Como é que se faz a composição desse mauzão, desse, desse Arruda, que contrasta muito com o personagem principal da série, mas nem tanto EE que e que aparece ali um bocadinho, como entre, por um lado, o ameaçador, por outro lado, Oo protetor e acolhedor. 36:46 Quer dizer, há ali, há ali muitos sentimentos que que aparecem no meio de no meio desta desta série. Então, como é que se cria? Eu tento sempre criar algo incompleto, algo que necessita de público. A Sério? Sim, tento sempre criar objetos coxos, objetos que carecem de um outro olhar para serem confirmados de alguma forma como. 37:07 É que é isso? Ou seja, o que é interessante para mim é quando tens 111 personagem ou um ou uma pessoa ou uma ideia de de uma pessoa que é o Arruda e que é 11 aliante como disseste 11 dealer um pequeno dealer. Interessa te só fazer isso ou interessa te que seja, de facto um ser incompleto, que tenha, que tenha essa capacidade de proteger a família, que é perfeitamente legítimo, que goste genuinamente da da sua filha à sua maneira, ou seja, que não seja declaradamente mau. 37:36 Acho que isso tão pouco interessante, uma vez mais, é tão redutor. Então temos que criar coisas incompletas, coisas abrangentes e nessa abrangência, detetas falhas. E é exatamente aí que eu, que eu trabalho, eu tento sempre criar. Objetos que é pá, que que carecem, que estão mal se quiseres ou que estão com falhas ou com rachas e que precisam de alguém para ficar completo, precisa do teu olhar para tu absorveres aquilo que viste do rabo de peixe e de certa forma sintetizar este Arruda. 38:08 Isso cria uma dinâmica de comunicação, sem dúvida. Sem dúvida. E a próxima? Esse sim e aproxima e aproxima das pessoas. Acho que Humaniza de certa forma. Porque a minha pergunta é, porque é que eu gosto deste mau? É um bocado isso. Não era suposto, não é? Quer dizer, então, mas ele é assim. Ele faz bullying ao resto dos seus amigos e ali à comunidade, ele trafica. 38:29 Em princípio, eu devia pôr te uma Cruz em cima e dizer por amor da Santa. Quer dizer, tira, tira me esta pessoa daqui, mas não, a gente tem essa empatia em relação a. Essa não há nada mais fascinante do que isso. Como é que tu tens empatia por um ser abjeto? E isso é fascinante. Como é que tu é quase grotesco? 38:46 E eu acho que é isso. Isso é que é fascinante. Acho que isso revela em parte, a matéria daquilo que nós somos feitos esta quase quase absurda em que vivemos, esta vida com que que é violentíssima? Como é que tu tens empatia por um ser violento? Eu acho isso fascinante em. 39:02 Princípio eu não devia acontecer. Pois. Mas, mas empatia, imagina? Tens um arco incrível para seres altamente violento ou altamente brutal. E isso é que eu acho que é interessante. É fascinante teres numa mesma cena, uma empatia com o público, uma comicidade até se quiseres e de repente acabares essa cena com uma violência Extrema. 39:21 Acho isso super fascinante, porque isso é que é destabilizador para mim enquanto espectador, é uma coisa que não é óbvia. Olha como é que foi a construção da série? Porque tu tu contracenas com? Atores muito jovens que que lá estão e que e que são, quer dizer, e para mim, ainda mais surpreendentes, porque não porque não conhecia o trabalho deles. 39:38 É tão simples como isso é pura ignorância. Mas como é que, como é que tu os ajudas? Como é que tu? Como é que tu? Há muitas cenas em que, em que se sente claramente que tu és o motor daquele. Provavelmente o realizador obviamente escolhe te também por isso. Como é que tu, como é que tu os ajudas? 39:54 Como é que tu, como é que tu os ajudas? Ou como é que tu lhes dás cabo da cena, não faço a mínima ideia se se tu, nesse afã de criar um desequilíbrio que crie comunicação, se os se os se os questionas, se os, se os, se os passas, eletricidade. 40:09 Não, não faço a mínima ideia. Como é que? Como é que é esse movimento? A melhor forma de os ajudar é é ser o mais competente possível. Na minha, na minha função, é a melhor forma que eu posso ter. Eu, eu não. Eu não sou muito de. De dar conselhos, porque não me coloco nessa posição. Obviamente, se alguém me perguntar alguma coisa, estarei sempre cá para isso. 40:27 Mas a melhor forma de os ajudar é eu ser altamente competitivo numa forma saudável. Ser competitivo, literalmente. Eu vou fazer isto muito bem. Se quiseres agora não, eu vou trabalhar tanto. Eu vou trabalhar tanto que eu parto sempre do princípio que eles sabem mais do que eu, isto de uma forma transversal no cinema, teatro, televisão. 40:48 Quem está ao meu lado, à minha volta, sabe mais do que eu. Portanto, eu, para os acompanhar, tenho que trabalhar muito e trabalho, de facto, muito, para quando for a jogo ter alguma coisa a dizer. E se eu for, se eu tiver focado naquilo que trabalhei e acho que o meu desempenho vai ser fiel àquilo que eu trabalhei, acho que é. 41:07 Estou a ser justo, não estou cá como bolshet para ninguém. E é a melhor forma de eu ser colega ou de dar na ideia de conselhos se quiseres. Portanto, não é uma ideia paternalista nesta tua relação com eles. De todo eu vou ser bom, vou trabalhar para ser muito bom e para que este produto seja extraordinário. 41:22 Exatamente isto é, deve criar uma pressão do catano em em em atores mais jovens e que estão a começar a sua carreira ou não. Eu espero que sim. É é difícil contracenar contigo. Eu acho que não. Eu sou muito lá está. Eu trabalho muito numa escuta e eu quero muito quem está ao meu lado. 41:41 Que que esteja no seu, na sua melhor versão, e então eu vou fazer tudo para que isso aconteça. Somos melhores, os outros são melhores também. Sem dúvida nenhuma isso eu espero sempre que os meus colegas sejam muito bons mesmo. E digo muito bons de propósito, sejam mesmo bons naquilo que sejam atores iluminados em estado de graça, porque é a única forma de eu também me quase educar, de de melhorar, de me potenciar naquilo que faço. 42:07 Porque se não for assim, é mesmo desinteressante aquilo que eu faço. Portanto, tu tens um poder secreto verdadeiramente, não é que acabas de confessar aqui que é na realidade, esse é o teu segredo, é conseguir potenciar no outro. Esse esse vislumbre de excelência é, é, é, é não conceder, não dar qualquer concessão a que o nível tem que ser muito elevado. 42:28 É pá sim, numa premissa de que eles sabem mais do que eu. Isso é o contrário da inveja portuguesa? Ah, eu não tenho nada disso, não tenho nada disso. Acho que isso é uma coisa que não não faz parte do meu alfabeto. Acho isso um sentimento horrível de transportar. 42:43 Não te acrescenta rigorosamente nada e sempre experiência. E o ego, o que é que tu fazes ao ego? O ego está sempre de férias. Tu não, tu és vaidoso. Eu olho para ti, quer dizer, tu pela pela maneira como estás. Como tu és vaidoso ou não? 42:58 Ou ou queres um desmentir já. Obrigado. Pela maneira como te cuidas, pela maneira, pela maneira como entraste no estúdio, pela. Maneira, palavra certa, cuidar. E a minha mãe sempre dizia uma das coisas que a minha mãe dizia não me ensinei há pouco, que é o afeto, o afeto, afeto, o afeto tens dúvidas, afeto e eu parto sempre deste princípio. 43:21 Eu não sei como é que as pessoas estão à minha volta e acho que a narrativa da vida muda quando tu és confrontado com a dor, não é? Portanto, ao saboreares essa experiência da dor, tu, o corpo, a realidade das outras pessoas, daquilo que tu desconheces do estrangeiro, ganha outra sensibilidade em ti. 43:41 Portanto, eu tenho sempre que cuidar das pessoas que estão à minha volta. E digo isto de uma forma transversal e de. Eliminar a sala, porque quando tu entraste aqui no estúdio, tu cruzaste com 34 pessoas e todas as pessoas com quem tu te cruzaste sorriram. É das melhores coisas que me podem dizer porque. 44:00 O meu trabalho passa por aí se quiseres a minha vida passa por aí, que é nesse cuidar do dia a dia de todas as pessoas. E sinceramente, se eu tiver se acabar um dia de trabalho e tiver feito 2 ou 3 pessoas, quebrar a narrativa do seu dia, já tenho o dia a ganho. 44:19 E digo te isto com todo o carinho e com toda a sensibilidade, porque é isso, cuidar, cuidar daquilo que tu desconheces é tão importante e isto é tão importante. EE, ou seja, no fundo, ainda a pergunta que fizeste há pouco em relação aos meus colegas e aquilo que eu faço é através do afeto. 44:39 Esta palavra é mesmo muito importante todos os dias. Cultivar isso em ti é uma espécie de nutrição? Sem dúvida, é a nutrição interessante para mim é essa foi assim que me relacionei com o Augusto Fraga, foi assim que me relacionei com o André schenkowski, que é uma peça absolutamente fundamental para a temporada, um que não esteve na segunda, segunda temporada, nem na terceira. 45:00 Foi assim que eu me é assim que eu me. Ou seja, no fundo, como é que eu posso ser fiel a uma visão de um realizador, de um encenador, o que seja de um colega meu, se eu não cuidar dessa pessoa, se eu, porque através do cuidar eu consigo entrar melhor nessa pessoa, consigo confiar, porque estamos a falar daqui de uma coisa que é basilar, que é a confiança que tu estabeleces com alguém. 45:23 Nem sempre isso é possível. Trabalhas lá fora, não estabeleces, às vezes, muita relação com quem te dirige ou por aí fora. Mas eu tento sempre deixar aberto esse canal da confiança, porque quanto mais eu confiar, mais consigo espreguiçar me naquilo que é a tua ideia sobre um texto. 45:41 Como é que tu lidas com as tuas neuras? É pá que é o contrário disso, não é que é o contrário da da nutrição. Quer dizer, quando tu estiveres solar, quando tu estiveres presente, quando tu acreditas que mudas a vida dos outros, Eu Acredito que tu estás em expansão, mas imagino o dia em que tu acordas ou que tu vais deitar. 46:00 EEE, tu EEEEE, te drenaram energia. E eu tenho muitas vezes essa sensação de quando a gente está com algumas pessoas que por alguma razão não interessa, mas que que que a única coisa que fizeram na nossa vida durante aquele dia foi drenar a nossa energia. EEE geralmente, e essa é a boa notícia, é que são são pessoas que são que que nem sequer são muito significativas para nós. 46:22 O que ainda é mais ainda me leva AO que é que como é que tu? Como é que o que é que tu fazes? Fechas te na conchinha? Não. Começas AAAA restaurar te. Já houve tempos em que me fechava, mas acho que me fechava por inexperiência ou por medo, e depois acho que está intimamente ligado com com esta coisa que te falei há pouco, da dor. 46:43 A dor acho que te devolve o corpo e devolve te o corpo. Numa consciência do agora. E nessa lógica, como é que eu vou gerindo estas estas coisas? Eu tento o facto de ser pai também te limpa muito a porcaria, porque os teus filhos são, podes vir e chegar a casa, todo partido, mas um filho é uma realidade tão forte, pelo menos para mim, e contagiosa. 47:11 Totalmente, que te obriga rapidamente AA ser altamente seletivo. E o hiper foco aí vem. Ou seja, o que é que é o que é que é completamente adereço, o que não é relevante. Tu tiras automaticamente tu limpas. Então tento exercitar me nessa autogestão, em tentar perceber o que é que de facto importa e aí filtrar aquilo que eu posso capitalizar em prol do meu trabalho, em prol do meu dia a dia. 47:37 E tento que não contamine muito aqui outras coisas, porque acho que é pouco interessante. E a no dia seguinte seguramente desaparece. Olha, nós estamos praticamente AA puxar, mas eu quero falar do estamos em tempo de ruído e para mim é muito interessante. E ri me muito a ver a série do Bruno Nogueira, onde tu, onde tu apareces que é? 47:54 Na realidade, é um conjunto de Sketch, mas que é completamente distópico. Em primeiro lugar, nós, quer dizer, estamos num mundo completamente em que é proibido rir. Não sei se é distopia ou se a realidade já está mais próxima. Aquilo é completamente louco, é completamente incongruente, é completamente absurdo e é absolutamente mágico. 48:15 Ali, eu tenho a certeza, apanho as minhas fichas, que houve ali uma comunhão geral na naquela, naquela tribo. Sem dúvida, é uma tribo falaste bem todas essas esses adjetivos que usaste para definir este ruído. 48:30 É, é. Passa tudo por aí que disseste, mas a confiança, a forma como nos conhecemos. A relação que temos já de vários anos, acho que tem ganho ali outra expressão, a expressão através de uma coisa que nos une ainda mais, que é aquilo que fazemos, o amor que sentimos por aquilo que fazemos, juntamente com aquela ideia de de Recreio, não é que é um Recreio? 48:52 Aquilo é um Recreio mesmo, não é? Portanto, vocês devem se ter rido à brava para fazer aquelas coisas. É muito livre, é muito solto e o Bruno tem essa, tem essa característica que é criar objetos soltos, livres, onde? A diferença existe e não só existe como eu. 49:08 É o motor central de tudo isto é o que nos alimenta é sermos tão diferentes e ali encontrarmos 11 ilha onde podemos coexistir em prol de quem está em casa. O que é que aquilo, o que a narrativa é, que aquilo tem de de de especial é, é, quer dizer, porque é que aquela aquela série, por um lado é deprimente, é opressiva. 49:29 Por outro lado, lembro me sempre da Rita cabaço com a mandar calar os os seus entrevistados já completamente fora assim. Quer dizer, há há ali coisas aquilo está escrito, aquelas coisas todas ou ou vocês têm têm essa possibilidade e capacidade de reinterpretar aquilo. Temos a capacidade de ajustar, mas obviamente 9590 a 95%. 49:50 Aquilo que lá está é escrito, como é óbvio, mas tentamos sempre expandir um bocadinho também, não fechar aquilo ao momento. Sei lá as exigências de um decore às vezes, mas há um momento como tu estás, como o meu colega está, como é que eu reajo a uma roupa que eu tenho e depois passas por processos de criação? 50:07 Make up guarda roupa que também são camadas de criatividade. Como é que tu no final desse bolo? Consegues existir, então, nesse momento ajustas sempre uma coisa à outra. Consegues sempre ir levar ou ir levar o discurso e ver onde é que, onde é que se tentar de ver, onde é que o público pode agarrar, o que é que se pode? 50:24 Eu espero que seja elevar. Porque? Porque muitas vezes muita coisa que sugere não é, não é, não é interessante, ponto. Mas sim, tentamos sempre potenciar aquilo que lá está, que por si só ganha. E depois aquilo, aquilo consegue, obviamente consegue, claro, respirar. 50:42 Mesmo nas coisas profundamente obsessivas. Quer dizer, porque há há momentos em que a gente sente até quase quase vergonha alheia, não é? Estamos a ver aqui uma coisa até até se pôr assim, uma Mona cara e outras. E outros momentos em que há momentos de expansão e que nós é é mais fácil fazer rir ou fazer chorar. Então a perguntar, me mais mais clichê do mundo, mas. 50:58 Não, não é. Não é o meu percurso todo. Estou. Estou mais habituado a fazer coisas ditas dramáticas ou sérias, ou o que seja. Mas a comédia também é séria, mas mais dramáticas. A comédia tem sido 111, registo que eu tenho vindo a descobrir nos últimos anos, sobretudo EE. 51:16 Eu acho que é igualmente difícil. Ainda não tenho experiência suficiente para te responder de forma clara que o drama, por assim dizer, é mais difícil que a comédia. Aquilo que eu sei é que exige existências diferentes. Numa zona cómica ou numa zona mais dita dramática, mas o cómico e o trágico está sempre muito junto. 51:37 O dramático está sempre junto com o com o cómico e a comédia com o trágico, portanto. Podemos nos rir de uma de uma boa desgraça? Claro. Então não é essa das coisas mais fantásticas que a evita nos dá. Portanto, não te consigo dar uma resposta certa, porque para mim, está tudo num Horizonte comum. 51:53 Há, há. Há uma atmosfera que se toca inevitavelmente. Olha o que é que tu nos podes oferecer a nós? Cidadãos comuns que ainda por cima não temos como ferramenta a comunicação. Não somos atores para na nossa vida aprender um bocadinho dessa tua arte para comunicarmos melhor. 52:12 É pá. Posso partilhar? Aquilo que eu fui aprendendo ao longo da vida? Nunca tomarem nada como garantido. Não há nada que seja garantido, pelo menos para mim. Acetuando o amor pelos meus filhos, acho que. 52:28 Para já na experiência que eu tenho digo te isto, daqui a uns anos pode ser diferente, mas para já digo te isto não tomar nada como garantido, não te levares a Sério saber o lugar que tu ocupas e esta ideia do pastor que eu te falei ao início. Isto aplica se a muitas coisas, nomeadamente a filhos, por exemplo, os filhos. 52:47 Se tu olhares para eles como ovelhas de um rebanho que não consegues mudar, não consegues, fazer com que pronto uma ovelha seja outra ovelha seja um cão, não dá. Portanto, a única facto, a única coisa que podes fazer é, de facto, escolher o pasto onde elas vão comer. E isso isto para focar o quê? 53:03 Esta posição de de curtires, de apreciares, o crescimento, a vida a acontecer. Ou seja, no fundo, o que é que eu te estou a dizer? Não se esqueçam que viver é uma coisa boa. Às vezes, no stress do dia a dia, isto é tão complicado uma pessoa parar e meteres isto na tua cabeça. 53:23 Mas sim. Eu falo por mim às vezes, não tenho essa capacidade, mas de facto, estar aqui há um prazer nas pequenas coisas e de facto, viver é um privilégio. E é quase uma espécie de não sendo religioso, um milagre. No final desta conversa, fica claro que o trabalho do Albano Jerónimo está encorado numa ideia simples, compreender o mundo através do corpo e da relação com os outros. 53:45 Falamos de infância, da construção de personagens. De direção de atores e desse novo território, um duro humano contracena com inteligência artificial. A forma como ele articula estes temas mostra um criador atento às mudanças do seu tempo, mas firme na importância do que não se pode digitalizar. 54:03 Há um tópico principal desta conversa, que é o erro, não como falha, mas como método. O Albano Jerónimo descreve o erro como um lugar de descoberta, onde se ajusta, se afina e se encontra. Uma voz acerta para cada momento. Até para a semana.
TEMPO DE REFLETIR 01600 – 1 de dezembro de 2025 Romanos 5:5-8 (NVI) – Deus derramou Seu amor em nossos corações, por meio do Espírito Santo que Ele nos concedeu. De fato, … quando ainda éramos fracos, Cristo morreu pelos ímpios. Dificilmente haverá alguém que morra por um justo, embora pelo homem bom talvez alguém tenha coragem de morrer. Mas Deus demonstra Seu amor por nós: Cristo morreu em nosso favor quando ainda éramos pecadores. Você estaria disposto a morrer por um viciado em drogas com acusações múltiplas de abuso de crianças? Você poderia estar disposto a arriscar sua vida doando um órgão para salvar seu filho que morreria se você não fizesse a doação, mas você daria a vida pelo viciado estuprador? Provavelmente não. Deus, entretanto, deu Seu Filho para morrer “pelos ímpios”. Admire-se do fato de que “Deus derramou Seu amor em nossos corações”. “Quando ainda éramos fracos” para viver como Cristo viveu e amar como Cristo amou, Deus nos deu o Seu amor, para com ele podermos amar. Ele nos oferece o tipo de amor que Jesus teve quando “morreu pelos ímpios”. O tipo de amor com o qual Jesus amou quando bradou: “Pai, perdoa-lhes, pois não sabem o que estão fazendo” (Lc 23:34, NVI). Jac Colon, um pregador da Bíblia, antes de sua conversão era piloto de avião de caça da Força Aérea dos Estados Unidos no Vietnã. Em 1991, dirigiu uma série de reuniões evangelísticas em Riga, Látvia. Um dos batizados foi um piloto de caça soviético que havia servido no lado adversário no Vietnã. Durante as reuniões evangelísticas, o ateu entregou o coração a Jesus. No dia do batismo, ele disse a Jac: “Já fomos inimigos mortais, que teriam abatido um ao outro lá no céu, mas agora somos irmãos em Cristo.” Depois se abraçaram e choraram emocionados, em silêncio. Um milagre assim só aconteceu porque Deus “derramou Seu amor” no coração dos dois homens. “Quando os homens se ligam entre si, não pela força do interesse pessoal, mas pelo amor, mostram a operação de uma influência que é superior a toda influência humana. Onde existe esta unidade, é evidente que a imagem de Deus está sendo restaurada na humanidade, que foi implantada nova vida” (O Desejado de Todas as Nações, p. 678). Que diferença faz o amor – o amor de Jesus – no coração de uma pessoa! Reflita sobre isso no dia de hoje e ore comigo agora: Precisamos amar como Tu nos amas, Pai! Faz-nos mais parecidos contigo, por favor! Em nome de Jesus, amém! Saiba como receber as mensagens diárias do Tempo de Refletir: -> No celular, instale o aplicativo MANAH. -> Para ver/ouvir no YouTube, inscreva-se neste Canal: youtube.com/AmiltonMenezes7 -> Tenha os nossos aplicativos em seu celular: https://www.wgospel.com/aplicativos -> Para receber pelo WhatsApp, adicione 41 99893-2056 e mande um recadinho pedindo os áudios. -> Participe do nosso canal no TELEGRAM: TELEGRAM AMILTON MENEZES . -> Participe do nosso canal no WhatsApp: WHATSAPP CHANNEL Amilton Menezes . -> Instagram: https://www.instagram.com/amiltonmenezes7/ -> Threads: https://www.threads.net/@amiltonmenezes7 -> X (Antigo Twitter): https://x.com/AmiltonMenezes -> Facebook: facebook.com/AmiltonMenezes
“Último Rapper” é o mais recente álbum de Phoenix RDC. O trabalho é um testemunho que é transmitido por quem tem o poder que faz da palavra e do microfone uma arma. Com as colaborações de Wet Bed Gang, Nenny, Regula, Valete, Carlão, Chullage, Sam The Kid, Sir Scratch, Stereossauro, Missy Bity e Tekilla, o álbum “Último Rapper” é o afirmar de um percurso de engajamento de mais de duas décadas no rap feito em Portugal que abraça a dura realidade com a paixão e olhar atento do cronista Phoenix RDC. Último Rapper é um disco de futuro, Phoenix RDC afirma que vai “continuar a politicar até não conseguir mais”. Phoenix RDC: Hoje em dia há mais trap, é tudo mais cantado, com notas, e como não havia muito disso, eu fui resgatar todos aqueles artistas que também me fizeram gostar de rap, visto que eu também tenho uma boa exposição, hoje sou ouvido mesmo até pelos mais jovens, para não deixar morrer o rap. Porque eu acredito que dentro do rap tem muitos subgéneros, só que o rap não pode morrer por existirem outros subgéneros, e o rap também tem que se manter, Este é um álbum de rap numa era trap. Eu vou continuar a politicar até não conseguir mais. RFI: Há temas, aqui, que fazem observação sobre as redes sociais, sobre o consumismo, sobre conflitos sociais. Como é que este tipo de tema é aceite pelos mais novos quando existem novas veias do rap que puxam para o outro lado, que não puxa tanto pela cabeça? Phoenix RDC: A mensagem é muito importante. Eu faço questão de trazer sempre uma boa mensagem, porque quem cala consente. Se nós ficarmos calados e não falarmos, não trazermos temas que falem que é importante a música ter mensagem, todos os ouvintes actuais vão achar que é uma coisa normal ter uma música mais oca, porque ninguém fala. Por isso, em muitos dos temas eu faço questão, mesmo, de apontar o dedo, mesmo em entrevistas; de não valorizar tanto esses artistas que às vezes estão à procura de uma música para ficarem famosos. Perdeu-se muito a vontade de querer ser um grande artista, a grande vontade hoje em dia é de ser famoso apenas. Eu acho que, olhando assim, não vamos progredir, não vamos evoluir em termos de arte. RFI: O Phoenix neste trabalho tem mais de metade do álbum com parcerias, com convidados. Estou-me a lembrar de Valete, Chullage, Carlão, entre outros nomes conceituados, tal como o Fenix, que fazem parte da guarda mais experiente do rap feito em Portugal, porquê ir buscar esses parceiros de aventura, de estrada? Phoenix RDC: É para a nova geração também beber de uma fonte boa, que ainda não secou. Se eles estão vivos, para quê esconder o produto? Eu até surpreendi-me, tenho estado a receber um feedback impressionante. Nas minhas plataformas tem o gráfico das idades, diz tudo, o género, e muita malta jovem está a consumir este meu álbum, falam do Chullage, falam do Carlão, falam do Valete. Os miúdos quando estão naquela transição dos 17 para os 18, mudam de escola, vão para a faculdade, eles também já são mais exigentes com o estilo de música que consomem. E também quero motivar outros artistas para que agarrem a caneta, percam mais um bocado de tempo para conseguissem fazer uma boa arte, e para quem não percebe tanto do rap, do hip-hop, para entender e não continuar a dizer que o rap é música para marginais, que está completamente errado. Eu aprendi muito com o rap, com o Chullage, com o Valete, e são artistas que têm álbuns que são enciclopédias. RFI: Há um ou dois temas, se não mais, que fazem referência ao papel da música, a importância da música. Dizem algo como: a música salvou-me, ou mostrou-me um caminho. Falando desse exemplo que o Phoenix gravou com o Wet Bed Gang, como é que surgiu esse tema, como é que foi trabalhado? Eu, o Wet Bed Gang, Nenny, nós somos todos daqui, de Vialonga, está ali o prédio do Gson, ali é o prédio da Nenny, e já estamos a trabalhar para que isso acontecesse há muito tempo. Phoenix RDC: Claro que na altura eles eram mais novos, tinham 13 anos, eu era o mais velho, eu já trabalhava, eu já conseguia comprar material, e eu trazia eles para a minha casa, gravávamos, incentivava. Por vezes, havia um concerto, onde iam pagar um sumo: Fenix, olha, vai haver ali um concerto, consegues nos levar? Eu pegava no meu carro, levava. Mas sempre a lapidarmos. Não achávamos que ia ser tão grande, este boom. Achávamos que íamos ser reconhecidos aqui dentro do Concelho de Vila Franca de Xira, fazer festas no centro comunitário e nada mais. Hoje em dia, aconteceu. E como estamos na correria, eles estão nos concertos deles, a Nenny nos dela, eu nos meus, e nunca tivemos esse tempo é para fazer música, ainda bem que fizemos agora, na altura certa, e veio para o meu álbum. Estamos a fazer o agradecimento, e eu, quando estou a ouvir a música, as letras deles, eu fico mesmo a ter um 'déjà vu', de tudo aquilo que nós vivemos e passámos. Porque, nós não tivemos aquela direcção, infelizmente, porque também somos filhos de famílias numerosas, e estávamos numa condição não privilegiada. Os nossos pais vieram numa altura que também ainda estavam à procura de um espaço, e, então, a música salvou-nos, porque se não fosse a música, hoje se calhar, não sei qual seria o caminho, mas não ia ser um caminho muito agradável. Mas, graças a Deus, estamos a viver da música, estamos a motivar. Antigamente, os miúdos, só queriam estar na rua a brincar com um pau a fingir de pistola, hoje eles agarram o mesmo pau e fingem de microfone. RFI: Chullage é outro dos nomes que aparece no álbum, como é que foi esse trabalho com o Chullage? Phoenix RDC: Numa das festas que nós fazíamos aqui dentro de Via Longa, antes da fama, o Chullage um dia foi um dos nossos convidados, cantor, e foi nessa altura que eu o conheci. Mas eu acho que a nossa união, o que fez mesmo estarmos mais próximos, foi “real recognize, real”. Eu gostei da arte dele, antes de ele conhecer a minha, e quando eu tive voz, ele também conheceu a minha arte. Foi recíproco em momentos diferentes. Quando eu dei o toque, ele disse, olha, é uma honra para mim, e fizemos acontecer. Convidámos a Missy Bity, que também é uma grande artista da Guiné-Bissau. Fizemos magia, a música está perfeita. RFI: Carlão é outro nome que aparece neste álbum. Como é que o Carlão surge? Phoenix RDC: Quando organizaram a festa com todos do hip-hop português, no Altice Arena, estava lá o Carlão, ele elogiou-me, deu-me um abraço, foi a partir daí. A música surgiu porque o Stereossauro é que fez a ponte. Ele tinha um instrumental e disse: olha, esse beat aqui é a vossa cara. Falou com o Carlão, o Carlão curtiu, eu já tinha feito também o refrão e uma parte do meu verso. O Carlão gravou e fizemos acontecer, está aí mais uma bomba. RFI: O trabalho de composição, de escrita, como é que acontece? Como é que vocês trabalham? Phoenix RDC: Quando estamos dentro de um projecto, estou a gravar um álbum, eu já tenho aquilo tudo delineado, já sei o que eu quero, os temas e tudo. Quando vão surgindo os instrumentais, eu vou vendo, porque o instrumental muda muito. Posso ter a letra em papel ou na mente, mas quando chega o beat, eu até às vezes tenho que alterar um bocado os temas. Os temas estão na minha mente, às vezes eu estou a pensar, olha, isso vai ser uma música triste, mas depois vem o instrumental, e dá uma outra cena. Automaticamente, também me traz o artista que eu posso convidar, e que possa encaixar nesse beat. É assim o processo. Todos os beats foram assim. Quando foi a cena com o Regula também, foi a mesma coisa. Liguei e disse, oh Regula, olha, ouve lá esse beat. Eu já sabia que ele ia gostar, porque é um beat tem a ver com a vibe dele. O do Chullage eu já sabia. Isso foram coisas que aconteceram sem planos, porque os produtores também não estavam a me enviar os instrumentais a pensar nisso. Mas tudo se encaixou de forma natural. Hoje eu vejo que os artistas que não responderam à minha mensagem, que deram nega, hoje eu, estando a ver o projecto, eu digo assim, fogo, ainda bem. Isto ficou tão bom, porque as únicas pessoas que responderam foram as pessoas com mais maturidade. É um álbum sem ego. Tenho uma obra que eu até podia dar o nome de um sonho, eu podia chamar este álbum de um sonho. Porque não são só as músicas, foi a energia que foi depositada nesse projecto. É um projecto que eu digo, desde as entradas até a sobremesa, está impecável. Isto aqui é uma partilha. É a Champions League, está uma selecção de Kings. Além de ser uma partilha, é uma seleção de Kings. É um álbum para todos, é uma cena muito completa. RFI: As raízes do Phoenix são Angola. Concertos em Angola, há perspectiva, há possibilidade? Phoenix RDC: Não, não há. Por acaso, ultimamente, os números (nas redes sociais de Phoenix) têm estado a aumentar, mesmo os comentários vindos de Angola. Tem sido muito Angola, Moçambique, mas não, não há muita procura. Há aqui tantos angolanos bons a fazer música, DJ Telly, Wet Bet Gang, aqui tantos angolanos, e a irem de cinco em cinco anos, ou nem isso, para Angola, mesmo para Moçambique, Cabo Verde. Eu gostaria que olhassem mais, valorizassem mais, porque música não é só Kizomba, não é só Kuduro, e eu gostaria muito que valorizassem mais. Phoenix RDC YouTube : https://www.youtube.com/channel/UCqyPFRUdo54aeASdY3Gr4QQ
Conversas com as Entidades sobre temas diversos
Aula ministrada 27/11/2025 no Beit Chinuch.
Há criadores que operam dentro das fronteiras técnicas do seu ofício. E há outros que as redesenham. Manuel Pureza pertence à segunda categoria — a dos artistas que não apenas produzem obras, mas insinuam uma forma diferente de olhar para o mundo. Ao longo da última década, Pureza foi aperfeiçoando um dialeto visual singular: um equilíbrio improvável entre humor e melancolia, entre disciplina e improviso, entre ironia e empatia. Cresceu no ritmo acelerado das novelas, onde se aprende a filmar com pressão, velocidade e um olho permanentemente aberto para a fragilidade humana. Dali trouxe algo raro: um olhar que recusa o cinismo fácil e que insiste que até o ridículo tem dignidade. Na televisão e no cinema, a sua assinatura tornou-se evidente. Ele filma personagens como quem observa amigos de infância. Filma o quotidiano com a delicadeza de quem sabe que ali mora metade das grandes histórias. Filma o absurdo com a ternura de quem reconhece, nesse absurdo, o lado mais honesto do país que habita. Um humor que pensa Pureza não usa humor para fugir — usa humor para iluminar. Em “Pôr do Sol”, o fenómeno que se transformou num caso sério de análise cultural, a comédia deixou de ser apenas entretenimento. Tornou-se catarse colectiva. Portugal riu-se de si próprio com uma frontalidade rara, quase terapêutica. Não era paródia para diminuir; era paródia para pertencer. “O ridículo não é destrutivo”, explica Pureza. “É libertador.” Essa frase, que poderia ser um manifesto, resume bem o seu trabalho: ele leva o humor a sério. Independentemente do género — seja melodrama acelerado ou ficção introspectiva — há sempre, no seu olhar, a ideia de que rir pode ser um acto de lucidez. Num país onde o comentário público tantas vezes se esconde atrás da ironia amarga, Pureza faz o contrário: usa a ironia para abrir espaço, não para o fechar. A ética do olhar Filmar alguém é um exercício de confiança. Pureza opera com essa consciência. Não acredita em neutralidade — acredita em honestidade. Assume que cada plano é uma escolha e que cada escolha implica responsabilidade. Entre atores, essa postura cria um ambiente invulgar: segurança suficiente para arriscar, liberdade suficiente para falhar, humanidade suficiente para recomeçar. Num set regido pelo seu método, a escuta é tão importante quanto a técnica. E talvez por isso os seus actores falem de “estar em casa”, mesmo quando as cenas são emocionalmente densas. A câmara de Pureza não vigia: acompanha. É aqui que a sua realização se distingue — não por uma estética rigorosa, mas por uma ética clara. Filmar é expor vulnerabilidades. E expor vulnerabilidades exige cuidado. Portugal, esse laboratório emocional O país que surge nas obras de Pureza não é apenas cenário: é personagem. É o Portugal das contradições — pequeno mas exuberante, desconfiado mas carente de pertença, irónico mas sentimental, apaixonado mas contido. É um país onde a criatividade nasce da falta e onde o improviso se confunde com identidade. Pureza conhece esse país por dentro. Viu-o nos sets frenéticos das novelas, nos estúdios apressados da televisão generalista, nas equipas improváveis de produções independentes. E filma-o com um olhar feito de amor e lucidez: nunca subserviente, nunca destructivo, sempre profundamente humano. Há nele uma capacidade rara de observar sem desistir, de criticar sem amargar, de rir sem ferir. Infância, imaginação e paternidade Numa das passagens mais íntimas desta conversa, Pureza regressa à infância — não como nostalgia decorativa, mas como território de formação. A infância, para ele, é o sítio onde nasce a imaginação, mas também o sítio onde se aprende a cair, a duvidar, a arriscar. Esse lugar continua a acompanhar o seu trabalho como uma espécie de bússola emocional. Falar de infância leva inevitavelmente a falar de paternidade. Pureza rejeita a figura do pai iluminado, perfeito, imune ao erro. Fala antes da paternidade real: aquela onde se erra, se tenta, se repara, se adia, se volta a tentar. A paternidade que implica fragilidade. A paternidade que obriga a abrandar num mundo que exige velocidade. Talvez seja por isso que, quando dirige, recusa o automatismo: a vida, lembra, é sempre mais complexa do que aquilo que conseguimos filmar. Escutar como acto político Se há uma frase que atravessa toda a conversa, é esta: “Nós ouvimos pouco.” No contexto de Pureza, ouvir é um verbo político. Num país saturado de ruído, opiniões rápidas e indignações instantâneas, escutar tornou-se quase um acto contracultural. Ele trabalha nesse espaço de atenção — aquele que permite às pessoas serem pessoas, antes de serem personagens, headlines ou caricaturas. É por isso que o seu trabalho ressoa: porque devolve humanidade ao que, tantas vezes, o discurso público reduz. O que fica No final, a impressão é clara: Manuel Pureza não realiza apenas obras. Realiza ligações. Realiza espelhos que não humilham. Realiza pontes entre o ridículo e o sublime. Realiza histórias que, ao invés de nos afastarem, nos devolvem uns aos outros. Há artistas que acrescentam ao mundo um conjunto de imagens. Pureza acrescenta uma forma de ver. E num tempo em que olhar se tornou um acto cada vez mais acelerado — e cada vez menos profundo — isso não é apenas uma qualidade artística. É um serviço público da imaginação. LER A TRANSCRIÇÃO DO EPISÓDIO Esta transcrição foi gerada automaticamente. A sua exatidão pode variar. 0:12 Ora, vivam bem vindos ao pergunta simples, o vosso podcast sobre comunicação? Hoje recebemos alguém que não apenas realiza séries e filmes, mas realiza no sentido mais profundo do termo, a forma como olhamos para nós próprios, a maneira como nos espelhamos. 0:28 Manuel pureza é daqueles criadores que trabalham com rigor e com leveza, com inteligência, com humor, com disciplina e com um caos. Ele cresceu nas novelas, aprendeu a filmar sob pressão, descobriu um olhar que combina ternura com ironia e tornou se uma das vozes mais originais da ficção portuguesa. 0:46 E é capaz de pegar no ridículo e transformá lo em verdade, de pegar no quotidiano e transformá lo em drama, de pegar no drama e transformá lo em riso. Tudo sem perder a humanidade, o coração e a ética de quem sabe que filmar é escolher, ter um ponto de vista e que escolher é sempre um ato moral. 1:06 Neste episódio, abrimos as portas ao seu processo criativo, às dúvidas e às certezas, às dores e às gargalhadas, às memórias da infância e às inquietações da idade adultam. Falamos de televisão como um espaço de comunhão. Das novelas como um ginásio, do humor, como o pensamento crítico da arte de ouvir e de ser pai no mundo acelerado, da vulnerabilidade que existe por detrás de uma Câmara e, claro, de Portugal, este país pequeno, cheio de afetos e de feridas, onde tudo é simultaneamente muito absurdo e muito verdadeiro. 1:38 Pureza fala com profundidade e como honestidade às vezes. Desconcertante é uma dessas conversas em que senti que estamos a ver para além do artista, estamos a ver a pessoa, a sensibilidade das dúvidas, a Esperança e a inquietação de alguém que pensa o mundo através das histórias que nos conta. 2:05 Ao longo desta conversa, percebemos como as histórias, para Manuel pureza, não são apenas entretenimento. São uma estrutura emocional de uma forma de organizar o caos, uma linguagem antiga que herdamos mesmo antes de sabermos ler ou escrever. Falamos do poder das narrativas para dar sentido à vida, mas também do seu lado perigoso, porque todas as histórias têm um ponto de vista, todas têm escolhas e omissões, todas moldam a forma como vemos o que é real. 2:33 E ele, pureza. Assume isto sem medo. Assume que filma com olhar assumidamente subjetivo e que essa subjetividade é precisamente a sua assinatura. Não procura parecer neutro, procura ser honesto. Também exploramos a sua relação com o humor. 2:49 O humor que nunca é cínico, nunca é cruel, nunca é gratuito. O ridículo não é uma arma para diminuir os outros. É uma maneira de libertar, de expor o que há de comum entre nós, de desmontar o que é pomposo e de aliviar o peso de viver. 3:04 Diz na própria conversa que tudo pode ser ridículo e isso é uma forma de Redenção. O riso organiza o pensamento, afia o espírito, desarma o mundo e, talvez por isso, o pôr do sol. A série tem sido mais do que um fenómeno cômico, foi um fenómeno emocional quase terapêutico. 3:20 Um espelho carinhoso onde Portugal se reviu e se perdoou, um bocadinho. Falamos da ética, da ética, do olhar, de como se almar alguém. É sempre um ato de intimidade. De como se cria confiança dentro de um set de filmagens, como se dirige atores diferentes, como se acolhe fragilidades? 3:38 Várias. E falamos da amizade e esse tema que atravessa todo o trabalho de pureza, porque para ele, realizar não é apenas uma técnica, é uma escuta, uma presença, um cuidado. Ouvimos muitas vezes ao longo deste episódio, uma afirmação quase simples. Nós ouvimos pouco. 3:55 E quando alguém é capaz de. A olhar tanto e nos diz que ouvimos pouco. Vale a pena parar para escutar. E, claro, falamos de Portugal, um país pequeno, por vezes cínico, com uma profunda tendência para desconfiar do sucesso alheio. Um país que pureza filma com ironia, amor e lucidez. 4:14 E da inveja. Claro que falamos da inveja no país das novelas, do improviso, da criatividade teimosa, das personagens maiores que a vida. O país que ele conhece por dentro e por fora, e que aprende a amar com o humor, mesmo quando o humor é a única forma de suportá lo. Num dos momentos mais belos da conversa, falamos da infância, esse lugar de Liberdade, de curiosidade, de imaginação que pureza tenta manter vivo dentro de si. 4:39 E falamos também do que é ser pai, dos medos que isso acende, da responsabilidade que isso traz. Da paternidade iluminada, mas da paternidade real, onde se falha, se tenta, se repara, se ama e se recomeça. É um episódio cheio de emoções, pontos de vista e algumas surpresas. 5:01 Viva. Manuel pureza, olá, nós encontramo nos e na realidade, temos que dizer às pessoas desde já que há 2 características que nos unem na vida OKA primeira, gostar de pessoas. A segunda, sermos hipocondríacos. Ah, poças? 5:17 Bom, estou em casa sim, sim, sim. Poça altamente hipocondríaco? Sim. Olha, fala me das pessoas, para quem? Para quem não te conhece. Tu és realizador, és um dos mais originais e interessantes realizadores da ficção portuguesa, nomeadamente essa telenovela que subitamente se transformou num objeto de culto, uma coisa chamada pôr do sol. 5:40 Já agora digo te eu, a primeira vez que vi o pôr do sol, o primeiro episódio foi dos enganados. Achavas que era verdade. Pensei assim, é pá, mas o que é isto? Mas o que é que isto está? Mas, mas, mas, mas que coisa tão. EE depois. Lá está à terceira cena. 5:56 É aquela parte do ainda bem que ninguém ouviu o meu pensamento, claro, fala, me fala me desse fenómeno. Então esse fenómeno foi. Uma pulga, uma pulga, uma pulga, várias pulgas. Aliás, eu, eu, enquanto realizador, antes de começar a assinar as minhas séries, fiz 10 anos de telenovelas e fi Los numa lógica de ginásio. 6:22 Eu costumo dizer isto, ou seja, é uma tarefa difícil. É uma tarefa que luta contra. Vários tipos de preconceitos, não só meus, como de quem vê. É uma fábrica? É uma fábrica, sim. Aliás, será a coisa mais próxima de uma indústria audiovisual que nós temos em Portugal. 6:39 É, é, são as novelas. Não é? E isso filma se de que, de, de, de, de que horas? Até que horas? Filma se em horários que AACT se funcionasse não IA não preço, iria sim, iria tudo preço, não em boa verdade, até até podemos falar sobre isso mais à frente que é, eu estive envolvido nalgumas lutas laborais em relação à Malta, que faz novelas em Portugal. 6:58 Porque é pá, chega se a trabalhar trabalhava, se na altura 11 horas mais uma, quer dizer, IA receber colegas meus a receberem me francamente pouco, numa lógica de fazer 40 minutos diários de ficção útil, que é uma enormidade, uma alarvidade e que e que muitas vezes depois tem um efeito nefasto de das pessoas em casa. 7:17 Dizer assim é pá, isto é uma novela, isto não vale nada, mas o esforço das pessoas que estão a fazê la é hercúleo, é desumano. Não tem de ser forçosamente 11. Não tem furiosamente de levar as pessoas a apreciarem esse esforço como sinónimo de qualidade, porque muitas vezes as novelas não têm essa qualidade. 7:35 Portanto, não há tempo no fundo para respirar, para o tédio, para a repetição, para o prazer. Não, nem nem nem. Então por acaso que seja essa a função das novelas, até um certo ponto. As novelas historicamente são feitas para serem ouvidas, não para serem vistas, não é? Ou seja, não em países, não só Portugal, mas outros países machistas, em que as mulheres ficavam a tomar conta da casa e dali da casa, e não tinham trabalho. 7:57 Tinha uma televisão ligada para irem ouvindo. Por isso é que a novela é repetitiva. A novela é. Reiterativa há uma há uma métrica de comunicação. De comunicação, sim. E, portanto, se temos avançado tecnicamente e até qualitativamente nas novelas nos últimos 20 anos, porque temos? 8:13 Ainda estamos nos antípodas do que? Do que uma novela pode ser? A novela pode ser uma arma de educação fantástica. A novela pode ser um retrato. Quase numa perspetiva arqueológica do que é ser português em 2025. E não é disso que estamos a falar. Em quase nenhuma novela falamos disso, não é? 8:30 Talvez tenhamos 2 ou 32 ou 3 casos honestos de portugalidade nas novelas recentes. Ainda estou a falar, por exemplo, de uma novela que eu, eu não, eu não, não sou consumidor de novelas, confesso que não sou. Mas há uma novela que da qual me lembro da premissa que me pareceu interessante, que é uma coisa chamada golpe de sorte. 8:46 Uma mulher numa aldeia que ganhou o euromilhões. Isso pode ser bastante português. Parece me bem. Pode ser bom e tive um sucesso bastante grande e foi uma coisa honesta. Não era de repente alguém que é salvo por uma baleia no ataque de 2 tubarões e sobrevive porque foi atirada? Espera, enfim, ainda vou continuar, porque isso é uma realidade que acontece. Olha, porque é que nós, seres humanos, precisamos tanto de histórias para compreender o mundo? 9:08 Olha, eu acho que as histórias são o que nos estrutura, são aquilo que nos garante a sobrevivência. Até um certo.eu falo disto com os meus alunos. Eu às vezes dou uns workshops para atores e não só é só a palavra workshop dá me logo aqui, carrega me logo aqui umas chinetas um bocado estranhas. 9:24 O workshop downshoising downgraving assim não interessa estamos. Todos AAA praticar o inglês. O inglês neologisticamente falamos. A bom, a bom notícia é que nós, como falamos mal inglês, damos uns pontapés no inglês também terríveis, não é? Sim, sim, sim, mas sim, mas está o inglês. O inglês passou a ser uma espécie de língua Franca, exato, EEA. 9:41 Gente tem palavras bonitas para dizer. EEEEE não, diz. Voltamos às histórias, as histórias. E costumo falar disso com os meus alunos, que é que que passa por nós. Nós não nascemos com direitos humanos, não é? Não nascemos dentro do nosso, do nosso corpo. Não há aqui 11, saca com direitos humanos. 9:56 Houve alguém que inventou essa história e a escreveu numa numa carta universal dos direitos humanos e, portanto, a partir dessa narrativa de que as pessoas têm direito a ser felizes, direito a ter uma casa feliz, direito a ter uma família, direito a ser. A ter um trabalho, et cetera, essa narrativa e estou estou a, estou a, estou AA alargar Oo conceito, evidentemente essa narrativa salva nos todos os dias mais a uns do que a outros, infelizmente. 10:20 Então os dias correm, isso é muito frequente. Há há há zonas do mundo em que essa história não chega, não é? Essas histórias não chegam. A fantasia não chega. A fantasia, sobretudo, é essa coisa mais prática de, de, de, de nos regermos por aquela célebre história do Mello Brooks, não é? A Mello Brooks faz a história mais louca do mundo. 10:36 E o Moisés sobe ao sobe ao ao Monte e Deus dá lhe 15 mandamentos. Só que há uma das pedras que se parte. Ele diz, bom, ele deu me só 10. Inventou um bocado. Isto inventou mas 10 por acaso até um número melhor do que 15. Sim, 15 não dava. Jeito o marketing, ele lá da altura, o homem do marketing, disse disse 15. 10:53 Não dá jeito nada de ser mais redondo que não podem ser 17 nem 13. Não, não. Nem convém, não é para a enologia? Acho que não, não, não, não te ajuda nisso, mas eu acho que sim. As as histórias, sobretudo acima de tudo. Eu sou pai de 3 crianças. Uma criança mais velha que tem 14 anos e outra que tem 3 e outra que tem 11 ano e meio. 11:10 Já tens bom treino de conta histórias. Voltei a recuperá lo, não é? Ou seja, eu sempre andei sempre a treiná lo, porque esta é a minha profissão e é isso que me me entusiasma, não é? Ou seja, mais do que ter um ator que diz bem o texto que lá está e que o diz ipsis verbis como lá está, interessa me um ator que perceba o que é que quer ser dito e que o transforma numa história compreensível e emotiva. 11:29 Ou seja, no limite, é o que o Fellini diz, Oo Fellini diz. Oo cinema serve para para emocionar, seja para eu rir ou para chorar, serve para emocionar. EEO emocionar tem a ver com essa coisa das histórias. Quantas vezes é que tu não vês um é pá, o testemunho de alguém, uma carta que tu descobres 11 texto bonito, um poema simples ou soberbo, ou ou ou o que é que? 11:50 O que é que é uma boa história para mim, sim. Uma boa história é aquela que me lança perguntas, que te provoca sim, que me provoca perguntas, eu faço isso aos meus alunos lhe perguntar, qual é a tua história? E regregelas, confundem, qual é a tua história, qual é que é o meu bilhete de identidade? Então começam, Ah, nasci na amadora, depois foi não sei quê, depois não sei quantos, depois não sei quê, EEA mim, não me interessa, não me interessa mesmo saber se eles vieram da amadora ou não interessa me mais saber. 12:14 No outro dia, uma aluna dizia uma coisa fantástica, eu estou, eu estou aqui porque o meu irmão lê mal, é incrível, uau. E eu disse, então porquê? Eu já quero saber tudo sobre. Essa tua aluna? Queres ver o próximo episódio? Como é? A lógica é essa. Ou seja, eu acho que quando os miúdos estão a ler uma história como a Alice, querem saber quando é que ela cai no fundo do poço que nunca mais acaba. 12:31 Porque é que o poço nunca mais acaba? Porque é que no meio do poço se vão descobrindo retratos e coisas. E que poço é este? Que que coelho é este? Que coelho é que apareceu aqui a correr? E em princípio, não faz sentido nós, mas depois nós, nós nós entramos e embarcamos nesta história. E somos nós que a que a que a construímos. 12:47 Não é na nossa cabeça. Sim, sim. Na nossa cabeça, no nosso coração, de alguma maneira. Quer dizer, pensando, por exemplo, a minha experiência, a minha primeira experiência, aliás, a experiência que definiu a minha. Vontade de ir para para cinema e para o conservatório, et cetera. Conta te quando é que tu descobriste? 13:02 Foi haver uma lodon drive do David Lynch, eu tinha 15 anos. Que é um filme. Estranhíssimo, para filme extraordinário. Eu, eu não o entendo, lá está. Mas estás a ver? Portanto, mudou a tua vida e eu estou a sentir me aqui, o tipo mais perdido do mundo. Não, eu nem entendi o que é que eles estavam a falar. Não. A coisa fantástica desse filme é que é um filme absolutamente clássico, mas não está montado de maneira normal. 13:21 Ou seja, não há princípio, meio e fim por essa ordem. Mas ele é absolutamente clássico. É sobre a cidade dos sonhos, não é? É sobre um sonho. Sobre um sonho de uma mulher que desceu ao mais, mais mais horrível dos infernos de de Hollywood. E, portanto, aí eu vi me obrigado a participar nessa história. 13:39 Estás a ver? Tiveste que montar a história conforme estás a ver. Sim, e acho que isso é isso, é o que determina o que o que é uma boa história e o que é mero, no pior sentido de entretenimento. Podemos estabelecer aqui a diferença entre o que é que é uma. Uma história mais funcional, de uma história que nos que nos expande, porque todos nós, todos nós, temos a história. 14:01 Então, mas como é que foi? Olha o meu dia, eu vim para aqui, trabalhei, sentei, me e escrevi ao computador. E eu digo assim, não quero saber nada dessa história, quero mudas de canal, já não quero saber em cada muda de canal, às vezes mudamos até de conversa. Há há 27 páginas da literatura portuguesa que são muito características e toda a gente se lembra que é AAA caracterização da frente de uma casa chamada ramalhete. 14:24 E na altura, quando tínhamos 1415 anos, a dor achámos que era uma dor. Mas se se recuperarmos isso é provavelmente as coisas mais brilhantes, porque mistura precisamente o que tu estás a dizer, ou seja, uma coisa meramente funcional, não é? É. Esta era a casa e são 27 páginas e, ao mesmo tempo, essa casa é metáfora para o que se vai para o que se vai passar nos capítulos à frente é o. 14:47 Cenário. É EE, mais do que o cenário. É um personagem, não é aquela casa, é uma personagem. Porque os objetos podem ser personagens. Podem? Então não podem? Claro que sim. A Sério? Para mim, sim, claro que sim. Sem falar. Sem falar às vezes, eu prefiro atores que não falam do que com. Atores que? Não, eu digo isto muito dos meus atores. 15:03 É, prefiro filmar te a pensar do que a falar, porque. Porque isso é uma regra antiga do do cinema e da televisão, da ficção para televisão que é mostra me não me digas, não é? As as novelas são reiterativas, porque tem de ser tudo dito. A pessoa entra, diz, faz e pensa a mesma coisa. 15:19 E também não há muito dinheiro para para mostrar com com a qualidade e com é, dá. Há, não há é tempo. Talvez isso seja um sinónimo. Não havendo, se se houvesse mais dinheiro, haveria mais tempo e, portanto, eu acho que ainda assim seria absolutamente impossível alguém humano e mesmo desconfio que o site GPT também não é capaz de o fazer de escrever 300 episódios de uma história. 15:38 Eu estou. Eu estou a pensar aqui. Eu. Eu ouvi alguém a dizer, não me recordo agora quem, infelizmente, que era. Quando quando se faz um roteiro, aquilo que está escrito para se filmar uma determinada coisa, que todos os adjetivos que que lá estão escritos têm que ser mostrados, porque não adianta nada dizer. 15:55 Então entrou agora na cena, EEEE salvou a velhinha, certo? Está bem, mas isso não chega, não é? Sim, eu até te digo, eu, eu prefiro. Regra geral, os argumentos até nem são muito adjetivos, os argumentos, ou seja, o script nem é muito adjetivado. É uma coisa mais prática. Eu acho que essa descoberta está. 16:13 Não sei. Imaginem, imaginem a leres Oo estrangeiro do camus, não é? Tem Montes de possibilidades dentro daquele não herói, dentro daquela vivência, daquela existência problemática. Não é porque não se emociona, et cetera e tudo mais. 16:29 Como é que tu imagina que tinhas um argumento ou um script sobre sobre Oo estrangeiro? Eu acho que seria importante discuti lo profundamente com os atores. Tu fazes isso porque queres ouvir a opinião deles? Quero sempre eu acho que os atores que se os atores e as atrizes que são atores e atrizes, não são meros tarefeiros. 16:52 Qual é o fator x deles? O fator x? Deles, sim. O que é? Eu estou. Eu tive aí uma conversa aqui Na Na, neste, exatamente neste estúdio com com a Gabriela Batista, com a com a com a com a Gabriela Barros. E eu não preciso de saber e não sei nada sobre técnica, mas. 17:09 Eu, eu, eu imagino que qualquer munição que se dei àquela mulher, que ela vai transformar aquilo noutra coisa completamente diferente. O Woody Allen dizia uma coisa muito interessante que Era Eu sempre odiei ler e depois percebi que para conhecer mulheres interessantes, precisava de ler 2 ou 3 livros. 17:27 Para ser um pronto atual à certa. O que é que acontece com a Gabriela? A Gabriela é uma pessoa interessante. Os atores e as atrizes que são atores e atrizes são pessoas interessantes porque são inquietas, porque são atentas, porque percebem, porque conseguem. Conseguem ler não só uma cena, mas as pessoas que estão em cena com elas conseguem ler um realizador, conseguem ler uma história e, sobretudo, perceber. 17:50 Imagina se pensares no rei leão? Muitas vezes a pergunta sobre o que é que é O Rei Leão? As pessoas menos, menos levadas para as histórias dizem, Ah, é sobre um leãozinho. Que sofre? Não, não, não é sobre isso, é sobre família, é sobre herança, é sobre poder, é sobre legado, é sobre. No fundo, é sobre todos os conceitos que qualquer drama shakespeariano ou tragédia shakespeariana também é. 18:14 E, portanto, eu acho que quando tu encontras atores e atrizes a Sério, o fator x é serem interessantes porque têm ideias e porque pensam. Não se limitam a fazer pá. Um ator que se limita a fazer e diz o textinho muito, muito, muito certinho. É um canastal enerva me enerva, me dá vontade de lhes bater. 18:30 Não, não gosto disso, não me interessa. E isso não é sinónimo de desrespeito pelo argumento. É sublimar o argumento ou sublimar o scripta, a outra coisa que não é lida. É fermentar aquilo? Sim, eu diria que sim. É regar? Sim. Olha, eles oferecem te obviamente maneiras de fazer e a interpretação do texto, mas. 18:50 E tu tens a tua parte e a tua parte é aquilo que eu posso te chamar a ética do olhar, que é o teu ponto de vista o ponto de vista como eu queria dizer, como é que tu defines o ponto de vista? Como é que tu escolhes? Se queres fazer uma coisa mais fechada, mais aberta, de cima, de lado, o que é esse? E tu pensas nisso para além da técnica. 19:09 Sim, penso eu acho que o meu trabalho, Oo trabalho do realizador, no geral, é essa filtragem da realidade. Para, para encaminhar. Para encaminhar a história e encaminhar quem a vê ou quem, quem está a ver, para uma determinada emoção ou para uma determinada pergunta ou para determinada dúvida. 19:31 Para lançar de mistério. Enfim, eu, eu tenho. Eu sinto que eu tenho 41 anos, tenho já alguns anos de de realização, mas sinto que estou sempre não só a aprimorar, mas a encontrar melhor. Qual é a minha linguagem. 19:47 O pôr do sol não tem qualquer espécie de desafio do ponto de vista da linguagem. Ele é a réplica de uma de uma linguagem televisiva chata de de planos abertos, o plano geral. E agora vem alguém na porta, plano fechado na porta, plano fechado na reação, plano fechado na EE. Isso para mim, enquanto realizador, não foi um desafio maior. 20:05 Talvez tenha sido o desafio do corte, o desafio. Do ritmo da cena, da marcação da cena. Para, por exemplo. Há uma coisa que eu digo sempre e que é verdade no pôr do sol, sempre que as pessoas pensam, vão para o pé das janelas. Porque é uma cena de novela, não é? Eu vou aqui passar ao pé de uma janela e põem, se encostadas às janelas a pensar, não é pronto. 20:21 Isso tem muita. Influência olhando para o Horizonte? Horizonte longico não é essa aquelas coisas. Portanto, isso tem muita influência dos Monty Python, tem muita influência dos dos dos Mel Brooks, da vida, et cetera, porque eu, porque eu sou fã incondicional de tudo o que surge dessas pessoas. Mas, por exemplo, se me perguntares em relação à série que eu fiz sobre o 25 de abril, o sempre já é outra coisa, já não tem, já não há brincadeira nesse sentido. 20:45 E como é que eu conto? Como é que eu conto a história das pessoas comuns do dia mais importante para mim enquanto português, da nossa história recente para mim? E, portanto, essa filtragem, essa escolha, essas decisões têm a ver com. 21:03 Eu, eu. Eu sinto que sou um realizador hoje, em 2025, final de 2025, sinto que sou um realizador que gosta que a Câmara esteja no meio das personagens. No meio, portanto, não como uma testemunha afastada. Exato, não como uma testemunha, mas como uma participante. 21:18 Pode ser um, pode ser um personagem da minha Câmara. Pode, pode. Eu lembro me quando estava a discutir com o meu diretor de fotografia com o Vasco Viana, de quem? De quem sou muito amiga e que é uma pessoa muito importante para mim. Lembro me de estar a discutir com ele. Como é que íamos abordar a Câmara na primeira série que nós assinámos coiote vadio em nome próprio que se chama, até que a vida nos cepare era uma série sobre uma família que organizava casamentos e eram eram 3 visões do amor, os avós dessa desse casal que tinha essa quinta de casamentos, que vivia também nessa quinta, esse casal de avós, para quem o amor era para sempre o casal principal nos seus cinquentas, para quem o amor está a acabar por razão nenhuma aparente. 21:56 Desgaste, talvez. O amor às vezes acaba e é normal, e em baixo os filhos. Para ela, o amor às vezes, e para ele o amor é um lugar estranho, ou seja, repara. São uma série de aforismos sobre o amor que eu vou ter de filtrar com a minha Câmara. 22:11 Portanto, a maneira como eu filmo uso a voz em que o amor é para sempre está dependente de toque da mão que se dá da dança que se surge no Jardim dele, acordar a meio da noite, sobressaltado porque ela está junto à janela, porque está a começar a sofrer. De uma doença neurológica e, portanto, ele está a sarapantado e vai ter com ela e cobra com um cobertor. 22:31 Portanto, todos estes toques diferentes. No caso do casal principal que se estava a separar, eles nunca param muito ao pé um do outro e, portanto, a Câmara tem de correr atrás de um para alcançar o outro e nunca lá chega. Há uma tensão. Sim, há sempre uma tensão. E depois nos no. No caso dos mais novos, ainda era o mais específico. Mas diria que o Vasco sugere me e se falemos os 2 sobre isto. 22:51 E se a Câmara não for entre pé? E for respirada, não é, não é não é Câmara mão agitada, mas é eu sentir que há uma respiração Na Na lente que ela está um ligeiramente abanada. É o suficiente para, se eu estiver a esta distância da personagem e a Câmara estiver mais ou menos a respirar, eu sinto que eu próprio o espetador. 23:10 Estou sentado naquele sofá a olhar para aquela pessoa, a olhar para aquele, para aquela pessoa, para aquela realidade, para aquela família, para para aquelas ideias, não é? E para essa ideia? Que se tenta explanar, em 3 gerações, o que é o amor? A pergunta mais inútil que eu tenho para te fazer é, o que raio faz um diretor de fotografia num? 23:28 Filme, então o diretor de fotografia, para quem não sabe, é é Quem é Quem. No fundo, comigo decide a estética. Da imagem, a luz, a luz acima de tudo. Eu trabalhei já com vários direitos da sociografia, de quem gosto muito. O Vasco Viana é um deles, o Cristiano Santos é outro, porque é uma porque é. 23:44 Que se gosta de um e não se gosta tanto de outro? Não. Às vezes não tem a ver com isso. Eu não me lembro de um. Talvez em novelas que tenham trabalhado com diretos de sociografia, que, enfim, que foram bons, outros nem tanto. Mas eles constroem uma estética, constroem uma luz, um ambiente. Nas séries, sim. Não é no cinema, sim. 24:00 Na televisão. Acho que é muito complicado porque. Porque se obedece a critérios, sobretudo dos canais. Que vêm com uma frase, quando eu comecei a fazer novelas, ainda estávamos a discutir se a coisa havia de serem 16:9 ou 4 por 3. Portanto, parecia que ainda estávamos a quase na Roménia dos anos 60. 24:16 EEE não estávamos e, ao mesmo tempo, estávamos muito próximos disso. EEE. No fundo, o que o diretor da fotografia faz é essa escolha da cor, da luz, do enquadramento, claro que em concordância com aquilo que eu pensei, mas é a primeira pessoa que consegue consubstanciar. 24:35 A minha visão sobre a história é isso. Olha, OOA, escolha de um plano para filmar é uma escolha moral. Também estava te a ouvir, agora a falar do 25 de abril e de e, portanto, 11. A ideia que tu tens sobre as coisas depois interfere também na maneira como tu escolhes um plano. 24:51 O que é que vais filmar ou como é que vais? Filmar, eu acho que, sobretudo, tem a ver com o eco que a história tem em ti. Não é uma coisa acética nem agnóstica. É uma coisa implicada, não é uma coisa implicada, isto é, se há uma ideia tua enquanto autor. Sobre a história, que vais esmiuçar em imagens, é mais ou menos a mesma coisa. 25:11 Que tu sabes que a Sophia de Mello breyner aprendeu gramática na escola. Eventualmente português teve aulas de português. Suspeitamos que. Sim, pronto. Aprendeu a escrever, mas ninguém a ensinou a fazer poemas. Vem dela. E essa implicação na escolha das palavras, da métrica do soneto ou do verso, et cetera, ou da ou da Quadra, ou, enfim, seja o que for. 25:30 É uma coisa que lhe vem de uma decisão. Não é de uma decisão, nem que seja do espírito, não é? Eu acho que o realizador tem a mesma função quando quando se permite e, acima de tudo, quando se assume como realizador e não um tarefeiro a mesma coisa que o ator. 25:46 Olha, como é que tu estás a falar de ficção? Obviamente, mas a ficção tem um poder secreto que é alterar a realidade ou a nossa perspetiva sobre a realidade ou não. Quando eu vejo, quando eu vejo que tu filmas uma determinada coisa num determinado prisma, com uma determinada ideia, eu, eu já quase não consigo ver a realidade como a realidade é eu, eu, eu já já tenho mais uma camada de tu vais me pondo umas lentes, não é? 26:15 Quer dizer, olha para aqui, olha para acolá. Sim, mas repara, os livros têm o mesmo poder, não é? Desde que tu te deixes contagiar com uma ideia, a arte. A arte, seja ela. Seja ela sobre a forma de uma Mona lisa ou de uma comédia, não é é essa reconfiguração do real para ser percecionada pelo outro. 26:40 E o outro pode se deixar contagiar ou não se deixar contagiar. Imagina que tu não achavas piada nenhuma ao pôr do sol? Há pessoas que não acharam piadinha nenhuma ao pôr do. Sol desligas te não vais ver? Sequer. Mas não vais ver isso? O teu real continua, ou seja, a minha. A minha pretensão com o pôr do sol não é mudar o mundo. Não é mudar, é divertir, me em primeiro lugar e achar que isto pode pode divertir. 27:02 Pessoas pode fazer umas cócegas à moda? Pode fazer cócegas à moda, aliás, pode pôr o dedo na ferida até rir. Estás a ver. Sim, porque depois tu é assim aqui. A história obviamente é engraçada. EE aquilo dá vontade de rir, mas tu gozas com todo o tipo de preconceitos e mais algum que lá estão em cima da mesa. 27:17 Claro. E esse EE aí também se tem de fazer jus ao ao texto que me chega do Henrique dias. Ou seja. Eu, o Rui e o Henrique discutimos a ideia. Eu e o Rui tínhamos uma lista extensa de tudo o que se passa em novelas, quem é a esta hora, quem é que Há de Ser no meu telemóvel, beber copos, partir, copos, cavalos, bem, famílias ricas, et cetera. 27:36 Mas depois o Henrique tem esse condão de agarrar nessas ideias e de algumas de algumas storylines que nós vamos lançando, é pá. E fazer aqueles diálogos que são absolutamente fabulosos, não é? Quer dizer, lembro, me lembrei, me. Lembro me sempre de vários, mas há uma, há um, há um apidar no na primeira temporada, que é talvez o meu plano favorito, que é um dos membros da banda que vem a correr desde o fundo do plano e que cai em frente à Câmara e diz, não, não, eu estou bem. 27:59 Dê me um panado e um local que eu fico logo bué, pronto. Isto é uma coisa muito nossa, muito proximidade, que tem graça porque tu já ouviste alguém dizer isto e pronto. E quando se tem essa, quando se tem essa junção porreira de de sentidos, de humor. 28:17 A tendência é que isso crie, crie qualquer coisa de reconhecimento. O que nós encontrámos com o pôr do sol foi um reconhecimento, é pá, surpreendeu, me surpreendeu me ao máximo e depois açambarcou nos a todos e foi a Suburbano a sobrevoou me de uma maneira assustadora, foi, imagina, eu tive um acidente de Mota pouco tempo depois da primeira temporada acabar, fui ao chão e fiquei, fiquei magoado e fiz me nada de especial, estava no hospital. 28:46 E o enfermeiro chefe dizia, sistema anel, pureza, agora vou pôr aqui um megaze, não sei quê. Ou sistema anel, pureza, não sei quê, mas assim. 11 trato espetacular. Uma coisa muito, muito solene, muito solene, e é. Pá e nas tantas ele estava a fazer o tratamento e disse assim, é pá e vê lá se tens cuidado e eu, espera aí, houve aqui qualquer coisa, houve aqui um problema na Matrix ou então não sei o que é que aconteceu e o gajo diz, desculpe, desculpa, é que eu sou de massamá e eu sei o que é que é cheirar AIC 19, todos os dias que é uma tirada do pôr do sol posso chamar os meus colegas assim? 29:12 O que é que se passa? Entraram para aí 5 ou 6 enfermeiros. Dizer é pá, obrigado. Pelo pôr do sol, por isso é convidada, portanto, Na Na enfermaria. Todo todo arrebentado. E eles todos quando em dia e eu percebi pronto, isto bateu, bateu a um nível de podemos reconciliar a televisão com uma certa cultura pop que teve alguns exemplos extraordinários na comédia ao longo da nossa história. 29:34 Temos o Raul solnado, temos o Herman José, temos Oo Ricardo Araújo Pereira e o gato fedorento, o Bruno Nogueira. Esses. Esse, atualmente, o Bruno Nogueira e o Ricardo Araújo Pereira continuarão a? Fazer são fundações, no fundo, são coisas que a gente olha e diz assim, uou. Eu acho que experimentei um bocadinho disso. Ele experimentava esta equipa, experimentou um bocadinho disso, quando de repente temos pá, um Coliseu de Lisboa cheio para ver uma banda que está a fazer playback. 29:56 Nós fizemos isso com Jesus Cristo, não é? A banda do pôr do sol foi tocar, não tocou nada, ninguém deles. Nenhum dos tocou, não sabem tocar e. Esgotámos OOO Coliseu para ouvirmos uma cassete em conjunto e as pessoas foram. Para participar num episódio ao vivo que não era episódio, não estava a ser. Filmado sequer tu vendeste, tu vendeste uma fantasia que toda a gente sabe que não existia, mas a ideia de comunhão. 30:16 Foi nessa narrativa e eu acho que isto é uma coisa que nos anda a faltar cada vez mais, não é? Nós nós não temos essas comunhões. Tu vês uma série? Ou melhor, é mais frequente teres um diálogo com um amigo e diz assim, pá, tens de ver aquela série, não sei quê, é espetacular, não sei quê quantos episódios, viste? Vi meio, mas é espetacular. 30:32 E já não é aquela coisa de Bora fazer um? Serão lá em casa, em que juntamos amigos e vemos um filme? Como aconteceu antigamente, antes da televisão se alinear? Antes de antes da da televisão te permitir uma ilusão de poder da escolha, não é? Eu agora escolho o que vejo. E a televisão morreu? Nada, não. 30:49 Nem vai morrer. É como a rádio morreu, não é? Quer dizer, a gente volta e meia a rádio a. Rádio a rádio tem mais vidas que um gato. Não é pronto porque a rádio foi ver o apagão, não é? O apagão foi uma. O apagão foi um delírio. Apagou tudo para. Os da rádio? Claro, claro. Evidentemente, isso era o que havia. E isso é extraordinário, porque isso faz, nos faz nos perceber que a volatilidade das das novas tecnologias etcétera, pá, é porreiro, é óbvio. 31:11 Então agora temos aqui 2 telemóveis, estamos anão é? Estamos aqui a filmar. Temos boa parafernália, mas mas. No limite. Naquele momento em que achávamos todos que a Rússia atacar e não era nada disso, o que queríamos era ouvir alguém a falar. Connosco o fenómeno dos podcasts como este é eu, eu dou por mim assim que é. 31:30 Eu gosto de ouvir pessoas à conversa, porque me acalma e me baixa o ritmo do scroll. Há uma. Música, não é? E é EEEE, aprendes qualquer coisa. E por isso é que eu gosto de pessoas. Estás a ver quando eu, eu houve uma vez 11 coisa que me aconteceu que eu acho que que é pá, que eu nunca mais me esqueci, que foi um amigo meu. 31:48 Que, entretanto, nunca mais falámos, é um facto. As histórias foram para os sítios diferentes, mas um dia entrou me para casa, à dentro. Eram para aí 10 da noite e diz me assim, preciso de conversar. E perguntei, lhe mas o Gonçalo de quê? Não, pá de nada, preciso só de conversar. Tens tempo para conversar e eu fiquei. 32:07 Isso é uma grande declaração, isto é. Extraordinário. Pouco tempo depois, estava em Angola a fazer uma série, uma novela. Perdão, uma. A melhor novela que eu fiz na vida é que foi uma novela para Angola, uma coisa chamada jikounisse. E há um assistente meu, Wilson, que chega 2 horas atrasado ao trabalho, é pá e era um assistente de imagem, fazia me falta. 32:25 Ele chega, Ah, presa, peço desculpa, cheguei atrasado e tal só para o Wilson 2 horas atrasado, o que é que aconteceu? Tive um amigo que precisou de falar e eu juro te que me caiu tudo, eu não lhe. Eu quero ter um amigo assim, eu não. Posso, sim. Eu não me lembro disto acontecer em Portugal. 32:42 Para mim, disse. Para mim mesmo, eu não me lembro. De. De. De dar prioridade a um amigo em detrimento do trabalho. Porque o trabalho me paga as contas e os filhos e não sei quê. E o ritmo e a carreira. E eu reconheci me e de repente há um amigo meu que precisa de conversar. 32:58 Estamos a ouvir pouco. Então, não estamos eu acho que estamos. Estamos mesmo muito. Temos mesmo muito a ouvir, a ouvir muito pouco, acho mesmo, acho mesmo. Isso isso aflige me sobretudo porque há um, há um é pá. Eu estou sempre a dizer referências, porque eu, de repente, nestas conversas, lembro me de coisas. O Zé Eduardo agualusa assina 11 crónica, creio no público há, há uns anos, largos da importância de, de, de, de de fazer mais bebés, porque o mundo está tão perdido que só trazendo gente boa, muita gente boa de uma vez em catadupa. 33:29 É que isto melhora e eu acho, essa visão. Uma chuva de. Bebés uma chuva de bebés, mas de, mas de bebés bons, de bebés, inquietos, de bebés que fazem birras pelas melhores razões de bebés, que brincam sem computadores, sem coisas que que se que chafurdam na, na lama, et cetera, fazem asneiras. 33:45 Sim, sim, eu, eu, eu gosto muito de ser pai, mais até do que ser realizador, gosto muito de ser pai e acho que isso é é precisamente por essas, pelos meus filhos, claro que são os meus, mas se tivesse, se houvesse outras crianças. De que eu tomasse conta? Acho que era isso que é. 34:01 Tu perceberes que até uma certa idade nós não temos de nos armar noutra coisa que não ser só crianças. E acho que eu pessoalmente, acho que tenho 41 anos e às vezes sinto uma criança perdida até dizer chega EE, acho que pronto. 34:18 Enfim, o tempo vai adicionando, adicionando te camadas de responsabilidade. Agora temos temos de saber mexer microfones, inverter a água, et cetera, e meter fones, et cetera. Mas, no fundo, somos um bocado miúdos perdidos a quem? A quem se chama pessoas adultas porque tem de ser, porque há regras, porque há responsabilidades e coisas a cumprir. 34:35 Acho que só o Peter Pan é que se conseguiu livrar dessa ideia de poder. Crescer, coitado. Já viste? Pois é mesmo o Peter Pan sem andar com aquelas botas ridículas também. Exato. EE, qual é? Sabemos. E o capitar, não é? Pensando bem, a história dramática é o que quando estás com neuras a tua vida é um drama refugias te na comédia fechas te de ti próprio. 34:55 Não queres falar com ninguém? Quando estou com. Que é frequente é. Frequenta é? Então, o que é que te bate? O que é que te faz o. Que me bate é nos dias que correm e não só não conseguir tocar à vontade na minha função enquanto artista. 35:15 Isto eu vou te explicar o que é. Os artistas não precisam de ser de um quadrante político ou de outro. Eu eu sou de esquerda, assumidamente de esquerda. EEE, defenderei até à última este esses ideais. Ainda à esquerda, direita. Há, há, há. Eu acho que há, há. É cada vez menos gente com quem se possa falar de um lado e de outro. 35:32 Há uma. Polarização sim, sim, porque porque, enfim, isso são são outras conversas, mas o os artistas, no meu entender, estão a perder a sua perigosidade isso enerva me, ou seja, eu às vezes sinto que não estou anão, não estou a transgredir. 35:49 Não estou a ser perigoso, não estou a questionar, não estou. Estou a ir ao sabor de uma coisa terrível, que é ter de pagar as minhas contas. É o rame. Rame mais do que isso é eu deixar me levar pela corrida que é. Tenho de ter mais dinheiro, tenho de conseguir a casa, tenho de conseguir a escola dos putos tenho, não sei quê. 36:07 Devias ser mais um moscado, aquele que que dava umas picadelas aqui à. Eh pá devia questionar. Devia. Os artistas são se nasceram para isso e eu se me se eu me considero artista e às vezes isso é difícil. Dizer isso de mim, de mim para comigo. Eu imagina o Tiago Pereira, o Tiago Pereira que anda AA fazer um acervo da música portuguesa, a gostar dela própria, pelo pelo país todo, com gente antiga, com gente nova, com com gente toda ela muito interessante. 36:36 A importância de um Tiago Pereira no nosso, no nosso país, é é inacreditável. Quantas pessoas é que conhecem o Tiago Pereira? E, pelo contrário, não estamos focados Na Na última Estrela do ou do TikTok ou do big Brother ou de outra coisa qualquer. 36:51 Até podia ser uma coisa boa, estás a ver? Ou seja. Complementar uma coisa e outra. Sim, ou seja, eu, eu. A coisa que mais me interessa é saber quem é que com 20 anos, neste momento está a filmar em Portugal e há muita gente boa. Tu vês os projetos da RTP play e da RTP lab? E é gente muito interessante. Então, e porque é que? 37:06 Nós não estamos a estornar essa gente? E a e a potencial? Porque, porque a corrida? É mais importante, ou seja, tu queres a. Corrida dos ratos Na Na roda. É e é coisa de chegar primeiro, fazer primeiro, ganhar mais que o outro, não a solidariedade é uma, é uma fraqueza AA generosidade é uma fraqueza aplaudires alguém que é teu par é mais, é mais um penso para a tua inveja do que propriamente uma coisa de quem é que ganhamos? 37:34 Todos vamos lá. OOOO rabo de peixe, por exemplo, é um é um caso lapidar nesse sentido. Que é o rapaz? É extraordinário. É extraordinário neste sentido, eu? Posso? A primeira série é uma pedrada No No charco, que é uma coisa mágica o. 37:50 O Augusto Fraga, que é uma pessoa que eu, de quem eu gosto bastante e conheço o mal, mas gosto bastante, assina uma série que a primeira coisa que foi vista sobre essa série, ainda que estivéssemos a com 35000000 de horas ou 35000000 de horas, sim, vistas por todo o mundo. 38:08 Ah, não sei quantas pessoas, minhas colegas, tuas colegas, enfim, colegas de várias pessoas que estão a ver este mote caso dizem assim, ó, mas eles nem sequer fizeram o sotaque açoriano. Ah, e aquela e aquela ideia de não contrataram só atores açorianos? Pronto, sim, vamos ver uma coisa, porque porque é que vamos sempre para essa zona precisamente por causa da corrida, porque isto é importante. 38:32 A inveja é lixada? Nada. Fraga sim, a inveja é lixada e mais do que isso, esta inveja. É patrocinada pelo sistema, o sistema, o sistema sublima. Quando nós achamos que quem, quem, quem é nosso inimigo é quem faz a mesma coisa do que nós, nós temos menos de 1% para a cultura neste país. 38:50 E quando há dinheiro, quando há dinheiro, nós andamos a tentar queimar o outro para conseguirmos chegar ao dinheiro, ou seja, perante as migalhas. Nós não nos organizamos, a dizer assim. Pá a mão que está a dar as migalhas é que está errada. 39:05 Não. O que acontece é não. Mas eu já discutimos isso. Primeiro eu preciso de de amoedar as migalhas para mim e depois então discutimos, é uma. Corrida mal comparado de esfomeados. É, mas em vários. Mas é. Não estou a ver só na cultura, não é? Não é só na cultura. E. Já dizia o Zé Mário branco, arranja me um emprego. 39:22 O Zé Mário branco dizia tanta coisa tão mais importante, tão tão tão importante nos dias que correm, o Zé Mário branco, enfim. Mas eu até diria que isto, que este país que é pequeno. Que é pequeno em escala. Que é pequeno, que é pequena escala. 39:39 Podia ver nisso uma vantagem. Podíamos ver nisso uma vantagem, porque eu acho que o país somos nós e acho que as pessoas não. Não temos essa noção, não é EE essa e essa noção de que não dedicamos tempo suficiente a estarmos uns com os outros e de ligarmos as peças boas e de tornar isto uma coisa mais interessante, claro. 39:57 Interessa me, interessa me. Muito há uma cultura de mediocridade, não? Isso eu acho que não, o que eu acho é que há. Ou melhor, como é que se compatibiliza esse essa corrida dos ratos na roda, em busca da última migalha com coisas de excelência que subitamente aparecem? 40:13 Eu acho que quando tu sentes que isso é um acidente, rapaz, isso é um acidente, não é? É um acidente. Antes tinha tinha havido o Glória e nós tínhamos achado. Tio Glória era a primeira coisa da Netflix. Parece um bocado aquela coisa de o ator que é pá. 40:29 Eu sou um grande ator. Eu fiz uma formação no Bahrain para aprender a ser a fazer de post. Foi uma formação de meia hora, chega cá e dentro e vai dizer assim, é pá. Este gajo é bom meu. O gajo esteve no barrain. Vende-se bem este. Gajo é bom, não é? E de repente não. Ele esteve no barém a fazer de post e é melhor do que um puto que veio da PTC ou 11 miúda que veio da STCE está a tentar vingar. 40:50 Eu tive agora uma conversa por causa da da dos encontros da GDA para para o qual foi foi gentilmente convidado e foi foi incrível estar à conversa com Malta nova. Não é assim tão nova quanto isso, mas Malta entre os 25 e os 35 anos, atores e atrizes, em 4 mesas redondas em que IA assaltando eu, o António Ferreira, a Soraia chaves e a Anabela Moreira, é pá EEAEA dúvida é a mesma de que se houvesse uma mesas redondas de veterinários, de veterinários ou de médicos, ou de ou de assistentes sociais, que é como é que eu começo isto? 41:20 Como é que eu faço isto? Qual é o percurso, onde é que está? O repente GDA faz uma coisa incrível que é, vamos pôr as pessoas a conversar. É um bom início, pá, é um. Excelente início. E nós não andamos a fazer isso, não andamos a fazer isso, por mais associações que haja, por mais coisas, et cetera. E há gente a fazer este, a tentar fazer este trabalho. 41:38 Não há um sindicato da minha área que funcione. O sindicato dos criativos pode ser então? O sindicato, o Sena, o sindicato Sena. As pessoas queixam se que não é um sindicato, mas não estão nele. Quando eu digo que não há um sindicato, é o sindicato, existe. As pessoas é que não vão para lá e queixam se das pessoas que lá estão. 41:55 Isto não faz sentido nenhum. Ou seja, nós estamos sempre à espera que nos dêem. Mas é aquela coisa velha, essa coisa que foi o Kennedy, que disse não é não, não perguntes. O que é que o teu país pode fazer por ti? Pergunta te, o que é que tu podes fazer pelo teu? Portanto, não temos uma mecânica por um lado de devolução à sociedade daquilo que nós estamos AA receber e, por outro lado, de de agregação, num interesse comum, ou numa imaginação comum, ou em alguma coisa que podemos fazer juntos. 42:17 Eu, eu acho que, sobretudo, tem a ver com celebramos? Não, acho que não. Até porque é tudo uma tristeza, não? É, não, não, não. Eu acho que é assim. Eu acho é que é tudo muito triste porque não nos celebramos. Porque há razões enormes para nos celebrarmos, há razões mesmo boas, para nos celebrarmos. Bom, mas eu não quero deprimir te mas um tipo que chuta 11 coisa redonda de couro e que acerta numa Baliza é mais valorizado do que um poeta que escreveu o poema definitivo sobre o amor ou sobre a vida? 42:43 Mas isso, pão e circo? Isso pão e circo. E isso a bola também é importante. E está tudo bem? Eu sou. Mas tão importante. Não é? Porque eu eu gosto de futebol, gosto. Eu gosto de futebol, sou um, sou um. Sou um fervoroso adepto da académica de Coimbra e do. Falibana do Benfica, da da académica, sou da académica. 43:00 Está péssima, não é? A académica está terrível, mas é isso. Ou seja. Eu acho que tem, Maura continua, tem? Maura, claro. E terá sempre. Eu sou, sou, sou da briosa até morrer, mas. Mas de qualquer das maneiras, sinto que essa coisa que é, há espaço para tudo. Eu acho que eu o que faz falta? E animar a Malta? 43:17 É educar a Malta? É educar a Malta. Faz muita falta. Eu acho que faz muita falta a educação neste país. E isso tem a ver com política, tem a ver com escolhas, tem a ver com coragem. EAAA educação não tem sido muito bem tratada nos últimos tempos. 43:35 Se há gente que se pode queixar são os professores e os. Alunos, porque nós só descobrimos daqui a 10 anos ou 20 que isto não correu bem. Claro, mas já estamos a descobrir agora, não é? Depois, já passaram algum tempo sim. Quais é que são as profissões de algumas das pessoas que estão no hemiciclo que tu reconheces profissões não é? 43:52 De onde é que vêm? Vêm das jotas vêm. São juristas, normalmente economistas, certo? Mas um médico. Há um ou 2? Há um ou 2, há alguém que tu, um professor? Deixa de ser atrativo. A política devia ser essa coisa de eu reconhecer. 44:10 Figuras referenciais. Os melhores entre nós que que escolhidos para liderarmos, sim. Escolhidos por nós. Ou seja, porque é que eu acho isto? Mas eu acho isto desde sempre, sempre, sempre. Eu sei isto. Aliás, eu venho de uma casa que é bastante politizada. A minha casa, a minha família é bastante politizada. O apelido. 44:27 De pureza não engana. Pois não engana. Às vezes acham que ele é meu irmão, mas é meu pai. EE pá é um gajo novo. De facto, é um gajo novo. Mas é isso que é caneco. Quem são estas pessoas? Porque é que eu vou votar nestas pessoas, estas pá. A prova agora de Nova Iorque não é 11 Mayer de 34 anos, chamado zoranmandani, que de repente ganha as eleições sem os mesmos apoios, que teve outro candidato. 44:50 Não houve Bloomberg, não houve Trump, não houve nada. Houve um tipo que veio falar para as pessoas e dizer lhes o que é que vocês precisam, de que é que precisam, o que é que vos aflige, de que é que têm medo, que sonhos é que vocês têm? Isso é tão importante e tão raro. 45:06 Afinal, o método que funciona sempre não é fala com pessoas, conta uma história ou houve cria uma expectativa? Olha, porque é que o humor explica tão bem o mundo? Eu sei, também há o choro, porque é que o humor explica tão bem? Porque tudo pode ser ridículo. E é e é tão ameaçador, não é? 45:22 Claro, claro, claro. Olha o Rio, vai nu. Exatamente tal e qual tem a ver com isso, não é? E mais do que isso, é eu, eu acho. Eu sinto que nós vivemos num país que não tem assim tanto sentido de humor. E explico porquê nós não nos rimos tanto de nós. Rimos mais dos outros quando nos rimos de nós? 45:39 É é tipo, Ah, então, mas mas estão a falar de mim. Rimos de escárnio. Sim, os os melhores, as melhores pessoas, as melhores pessoas portuguesas a terem sentido humor são os alentejanos. Porque são eles que têm as melhores notas sobre eles. Que eles próprios contam? Exatamente quando tu tens um. 45:54 Eu não sou lisboeta, portanto, posso dizer mal à vontade de vocês todos que estão a ouvir. Quando o lisboeta disse assim também. Sou alto minhoto, portanto, já estamos. Estás à vontade, não é pronto quando o lisboeta disse. Tudo que seja abaixo, abaixo, ali do cavado é soul. É soul? Exatamente. Está resolvido, pá. A minha cena é coisa do quando o lisboeta diz, tenho aqui uma nota sobre alentejana dizer, Hum. 46:11 A minha família toda alentejana, pá. Não, não acho que acho que não é bem a coisa eu diria isso, ou seja, porque é que o amor explica tão bem o mundo, explica no sentido em que, de facto, isto esta frase não é minha, é do Henrique dias. E ele acho que acho que ressintetiza isto muitíssimo bem. O argumentista do pôr do sol, que é tudo, pode ser ridículo. 46:28 O gajo da bola de couro, um círculo de de de couro que é chutado para uma Baliza, é tão ridículo como é eventualmente alguma. De algum ponto de vista sobre a religião, sobre a política, sobre a economia, sobre os cultos? 46:46 Não é os cultos pessoalizados em líderes que de repente parece que vêm resolver isto tudo e são ridículos. Quer dizer, são ridículos acima de tudo. O mito do Salvador da pátria. O mito do Salvador da pátria não é? Depois ficou substanciado em 60 fascistas. Isso é para mim. Era expulsos ao ridículo. 47:02 Incomoda os imensos. Mas a gente já viu isto em vários momentos, desde momentos religiosos até momentos políticos que é. E este vem lá ao Messias, vem lá ao Messias. E o cinema português também. O próximo filme vem sempre salvar isto tudo. E é só um filme percebes o que eu estou a dizer? Ou seja, não. 47:18 Este é que é o filme que toda a gente vai ver e vai rebentar com as Caldas. Não, não tem de ser assim, é só um filme. Só me lembro da Branca de Neve, do João César Monteiro, não é que filmou uma coisa para preto, para negro? Sim, mas mais do que isso, estava a falar de termológica comercial que é, os exibidores estão sedentos? 47:35 Que venham um filme que faça muitos números e que salve o cinema, et cetera. A pressão que se coloca, se fosse fácil fazer um filme desses, até eles próprios administradores teriam ideias. Sim, faz mesmo. A campanha viral lembro me sempre é. Faz uma coisa que vai ocupar toda a gente vai falar exatamente e que vai ser uma coisa. 47:51 Extraordinária. Um escândalo, no melhor sentido. Não sei quê, não sei quê e depois não acontece porque não é assim que as coisas não é, as pessoas não vão, não vão. Nessas modas, aliás, as pessoas estão cada vez mais dentro. O paradoxo é que as pessoas estão cada vez mais exigentes. O que é bom? Sim, mas dentro desta lógica que temos falado, que é tiktoks, et cetera, volatilidade é uma coisa superficial e de repente já nem tudo cola. 48:12 O humor repara o humor. O Bruno Nogueira, por exemplo, é um bom exemplo disso que é o Bruno Nogueira faz 111 programa extraordinário vários. Faz os contemporâneos, faz o último a sair, depois faz o princípio meio e fim, que é uma coisa arrojadíssima. Sim, ele faz coisas sempre diferentes. 48:28 Não é ele. Ele. Ele quebra os padrões sempre. Mas se reparares agora, neste, no, no, no ruído, ele já não é a mesma coisa. É um programa de Sketch que tem lá uma história que num tempo distópico em que. Sim, mas aquilo resolve se a um conjunto de de Sketch e as. 48:45 Pessoas aderiram massivamente, portanto, eu acho que isto é assim. A roda vai dando voltas. Depois voltamos um bocado à mesma coisa. O Herman, por exemplo, o Herman que é um dos meus heróis da televisão. O Herman andou por todas essas ondas e agora está numa onda de conversa e tudo mais. 49:04 E continua a ter imensa. Graça mas ele pode fazer tudo o que? Quiser, não é? Pode. Chegou este mundo do mundo para poder fazer tudo. Sim, talvez não chegue a todas as gerações como chegava. Não é dantes. Eu lembro me, por exemplo, No No no célebre Sketch da da última ceia, não é? 49:20 Ele chegou a todas as gerações, houve umas gerações que odiaram isso foi incrível, eu adorei, eu adorei esse momento iá, e ele é também um dos meus heróis por causa desse momento, porque, porque, enfim, porque qual que lá está transgressor, perigoso artista? 49:38 O Herman é tudo isso sim. Pode a qualquer momento fazer dinamitar isto olha fora o humor, tu tens, posso chamar lhe maturidade emocional entre o felps e os infanticidas. O que, o que muda no teu olhar quando quando tu transpassas da comédia para, para, para o drama, o humor e a dor são são irmãos. 49:58 O sim, diria que sim, mas mais do que isso, é há coisas que me que me inquietam, não é? Eu com 41 anos e 3 filhos, EEE uma história já muito porreira. O que? É que te inquieta. Várias coisas. Olha esta coisa da do dos artistas, esta coisa da sociedade portuguesa, esta coisa de o que é que é ser português em 2025, o que é que é ter 41 anos em 2025? 50:21 A amizade, a amizade inquieta me há amigos que desaparecem e não é só porque morrem, há há. Há outros que desaparecem porque. Perdemos lhe o rasto. Ou isso, ou porque nos zangamos EEA coisa vai de vela e é assim. E a vida é dinâmica e. E às vezes questiono, me, não é? 50:37 Questiono me sobre quanto é que vale uma amizade, por exemplo, os enfatisídeos é sobre isso, não é? Ou seja, 22 amigos de 2 amigos de infância que aos 17 anos dizem, se aos 30 anos não estivermos a fazer aquilo que queremos fazer, matamo nos daquelas promessas adolescentes e de repente um deles apaixona se e casa se. 50:57 E ele às vezes não quer morrer e a amizade vai à vida. E aquele que ficou para sempre com 17 anos, que sou um bocado eu, não é? Porque eu acho os problemas aos 17 anos é que são os verdadeiros problemas da existência humana. Os outros são chatices da EDPE da epal estás a ver isso? São outros chatices pagar as contas, pagar contas é só isso, porque tudo o resto é só o que é que eu estou aqui a fazer? 51:17 Porque é que eu me apaixonei, porque é que ninguém gosta de mim, porque é que essas coisas são tão ricas, são tão boas de testemunhar eu tenho. Tenho um exemplo incrível de ter 11 filho extraordinário chamado Francisco, que tem 14 anos e que tem umas inquietações muito. 51:34 Muito boas pá, muito, muito poéticas, muito. É uma idade difícil. E boa. E tão boa. E tenho. Tenho muita sorte. Francisco é um miúdo incrível. Mas mesmo que não fosse, eu diria assim. Para ele e tu e tu estimulas ou acalmas as ânsias dele. Eu eu acho que sou eu e a mãe dele, acho que somos estimuladores da sua, das suas várias consciências, social, política, artística. 52:02 Mas temos uma, o respaldo que encontrámos naquele naquele ser humano, foi maior do que qualquer um incentivo que nós pudéssemos dar. Ou seja, nós lançámos um bocadinho, as paisadas para os pés dele e ele de repente floresceu. E é hoje em dia uma pessoa é um ser humano extraordinário e pronto. 52:19 E eu costumo dizer aos meus amigos que o primeiro filho muda a nossa vida, o segundo acaba com ela, uma terceira. Esta turística, sim, é pá. Eu acho que os 3 deram um cabo da minha vida. É uma dinâmica diferente, não é? 3. É, é ainda por cima estão os passados, não é? Um tem 14, outro tem 3, outro tem 1 ano e meio e para o ano provavelmente quero ter mais um filho, porque acho que é lá está eu estou com água, luz a tatuar aqui, algures, portanto, tu. 52:43 Vais salvar o nosso problema de de de naturalidade e demográfico. Eu espero que sim, eu já sou Oo chamado povoador dos olivais. Portanto, vão para sim, sim, olha o que é que te falta fazer para fecharmos o que é que anda o que é que andas a escrever o que é que anda, o que é que te anda a inquietar o que é que te anda aí a. 53:01 Debaixo do teu olho. Olha, estou concorri a uma bolsa para escrever um livro. Pode saber sobre o quê? Sim, sim, é um filme que eu não, que eu não tenho dinheiro para fazer e, portanto, vou fazer o livro. E depois pode ser que o livro reúna. E os bons livros dão sempre grandes filmes. 53:17 Ao contrário, os maus livros, eu sei que eu sei que vou ser fraquinha e, portanto, os maus livros dão bons filmes, os bons livros. Portanto, a tua expectativa é que o livro seja mau que é um grande filme? Sim, sim, não. Mas pelo menos seja seja livro. Isso é importante. Eu gosto imenso de livros. Gosto imenso de ler. É das coisas que eu mais gosto de fazer, é de ler. Fiz isso candidatei me EE. 53:33 Entretanto, estou a preparar uma série de outro género, completamente diferente, que é uma série de de fantástico de terror, escrita por 5 amigos, de que eu tenho muita estima. Por quem tenho muita estima, o Tiago r Santos Oo Artur, o Artur Ribeiro, o Luís Filipe Borges, o Nuno Duarte e o Filipe homem Fonseca. 53:51 Que é uma série chamada arco da velha, que terá estreia na RTPE, que se passa entre Portugal e a galiza e também vai ter uns toques de Brasil. E estou também a preparar outro projeto lá mais para a frente, que é provavelmente os projetos que eu mais quero fazer na vida até hoje, que estou a desenvolver com a Ana Lázaro, com a Gabriela Barros e com o Rui Melo. 54:13 É impossível falhar, já ganhaste. Completamente impossível falhar porque esta ideia original é da Gabriela e do Rui. Ei, e eles vieram ter comigo. E eu fiquei para já muito conten
Este é só um trecho da aula completa da música "Hello", com Lionel Richie, que você encontra aqui no podcast "Aprenda Inglês com Música". Use a lupa do podcast para encontrar a aula completa para ouvir ;) Quer dar aquele up no seu inglês com a Teacher Milena ?
O que são os LLM e porque estão na moda? Qual a diferença entre usar um LLM (ChatGPT, por exemplo) ou pesquisar no Google? Posso usar os LLM para responder a dúvidas relacionadas com a minha saúde? Quais são os principais riscos? Neste episódio, os cardiologistas Hélder Dores e José Ferreira Santos discutem um tema atual e cada vez mais presente no quotidiano, recorrendo a exemplos práticos para o contextualizar.
O Caixa de Música é exibido na TV Novo Tempo de segunda a quinta às 18h e, aos sábados, às 12h.Curta e siga o Caixa de Música nas redes sociais: Instagram: https://www.instagram.com/caixademusica/Facebook: https://www.facebook.com/CaixadeMusica/X: https://x.com/caixademusica
Comer tarde pesa mais do que parece. A Nutricionista Mariana Chaves mostra como a distribuição das calorias ao longo do dia pode mudar tudo — inclusive a saúde.See omnystudio.com/listener for privacy information.
Aprofunde sua devoção a Deus em fiel.in/devocionalAcheguemo-nos, portanto, confiadamente, junto ao trono da graça, a fim de recebermos misericórdia e acharmos graça para socorro em ocasião oportuna. (Hebreus 4.16)Cada um de nós precisa de socorro. Nós não somos Deus. Temos necessidades, fraqueza e confusão. Temos limitações de todos os tipos. Nós precisamos de ajuda.Mas cada um de nós tem outra coisa: temos pecados. E, portanto, no íntimo dos nossos corações, sabemos que não merecemos o socorro que precisamos. E, assim, nos sentimos aprisionados.Eu preciso de socorro para viver minha vida, enfrentar a morte e lidar com a eternidade — ajuda com minha família, minha esposa, meus filhos, minha solidão, meu trabalho, minha saúde, minhas finanças. Eu preciso de socorro. Mas eu não mereço a ajuda de que preciso.Então, o que posso fazer? Posso tentar negar toda essa necessidade e ser um super-homem que não precisa de ajuda. Ou posso tentar sufocar tudo e lançar a minha vida em um mar de prazeres sensuais. Ou posso simplesmente dar lugar à paralisia do desespero.Mas Deus declara sobre essa conclusão sem esperança: Jesus Cristo se tornou um Sumo Sacerdote para destruir esse desespero com a esperança; humilhar aquele super-homem ou supermulher; e resgatar aquele miserável afogado.Sim, todos nós precisamos de socorro. Sim, nenhum de nós merece o socorro que precisamos. Porém, “não” ao desespero, ao orgulho e à luxúria. Veja o que Deus diz. Porque temos um Grande Sumo Sacerdote, o trono de Deus é um trono de graça. E o socorro que recebemos nesse trono é misericórdia e graça para nos socorrer em ocasião oportuna. Graça para socorro! Não socorro merecido, mas socorro gracioso.Você não está aprisionado. Diga “não” a essa mentira. Nós precisamos de socorro. Nós não o merecemos. Mas podemos tê-lo. Você pode ter socorro agora e para sempre, caso receba e confie no seu Sumo Sacerdote, Jesus, o Filho de Deus, e se aproxime de Deus por meio dele.--Devocional Alegria Inabalável, por John Piper | Editora Fiel.Conteúdo oferecido em parceria entre Desiring God e Ministério Fiel.
NotiMundo Estelar - Lucia Posso, Imbabura le dijo 'NO' a la consulta popular by FM Mundo 98.1
Ao aproximar-nos do final do ano litúrgico, a Palavra de Deus oferece-nos textos de tonalidade apocalíptica que, à primeira leitura, podem assustar-nos. Parece que tudo piora: guerras, perseguições, catástrofes. Mas, se escutamos com atenção, percebemos a mensagem contrária: apesar de todas as tribulações, Deus triunfará. A primeira leitura fala-nos desse “sol de justiça, trazendo nos seus raios a salvação”; o Evangelho confirma que, no meio do que treme e desaba, o Senhor permanece fiel. Para aqueles que se deixam iluminar e aquecer por Jesus, há salvação, há futuro, há vida eterna.É aqui que aparece a palavra “esperança”, que tantas vezes usamos sem perceber bem o que significa. A esperança na vida eterna pode tornar-se confusa se a reduzirmos a uma ideia. Posso formar na minha cabeça uma imagem da vida eterna, a partir de histórias que ouvi ou li, e depois limitar-me a esperar que isso aconteça. Mas, muitas vezes, o que chamamos esperança mistura-se com um sentimento muito parecido: o medo. Também o medo nasce de um futuro imaginado; só que, em vez de desejar que aconteça, tremo com a possibilidade de que venha a acontecer. A diferença entre esperança e medo não está no mecanismo interior, mas no conteúdo daquilo que projeto.A segunda leitura, da carta de São Paulo aos Tessalonicenses, mostra um modo errado de viver a esperança. Alguns cristãos, convencidos de que a vinda do Senhor era iminente, concluíram que já não valia a pena trabalhar nem assumir responsabilidades. “Se o fim está próximo, para quê cansar-me?”, pensavam. É a caricatura de uma esperança desligada da vida concreta: uma espiritualidade que olha para o céu e esquece a terra, que fala de eternidade, mas foge das tarefas de cada dia. Paulo reage com firmeza: quem não quer trabalhar, também não coma. A verdadeira esperança não desobriga da responsabilidade; torna-nos mais atentos e fiéis no pouco de cada dia.Talvez ajude distinguir entre esperança e desejo. A esperança pode ficar só na cabeça, como ideia que me agrada. O desejo nasce da vida: das experiências, dos encontros, das feridas e alegrias onde vou reconhecendo a passagem de Deus. Eu posso simplesmente esperar que o autocarro chegue; nada depende de mim, limito-me a aguardar. Mas, se desejo encontrar alguém que vem nesse autocarro, a minha espera muda: fico inquieto, atento, desinstalado. O desejo mobiliza o corpo, o tempo e as decisões.Também na fé não basta “esperar” a vida eterna como quem faz contas a um prémio futuro. Somos convidados a desejar a vida eterna, isto é, a deixar que ela se torne força viva no presente. Quando a desejo não apenas porque me falaram dela, mas porque, na luz da Palavra, reconheço que é boa, começo a viver de modo diferente. Procuro que essa vida de Deus cresça em mim e nos outros. A esperança deixa então de ser projeção futura e torna-se confiança ativa, que inspira escolhas concretas.Assim descobrimos algo decisivo: a vida eterna já começou. Não nasce no momento da morte; começa agora, cada vez que acolhemos o amor de Deus e o deixamos transformar o nosso modo de pensar, sentir e agir. Aqui, no tempo frágil, a vida eterna manifesta-se em “centelhas de eternidade”: momentos de graça e alegria em que nos sentimos habitados por um amor maior do que nós. São pequenos sinais de que o “sol de justiça” já se ergueu sobre nós e nos envolve com os seus raios de salvação.Celebramos hoje o Dia Mundial dos Pobres, e a liturgia propõe textos que, à primeira vista, podem parecer assustadores. Deus não nos quer paralisados pelo medo nem distraídos numa esperança vaga. Coloca diante de nós os pobres, os últimos, os que sofrem, para que o desejo de vida eterna se traduza em gestos de partilha, de justiça e de cuidado. Não caminhamos movidos por uma esperança adormecida, mas por um desejo vivo de vida eterna que Deus acende no nosso coração. Esse desejo faz-nos levantar, aproximar, servir e, assim, começar já aqui a viver aquilo que um dia se há de cumprir em plenitude.
Succede a Thiene, fra stazione delle corriere e il parcheggio del Bosco. L'orario è quello dopo l'uscita da scuola, nell'attesa di rincasare. Calci, pugni, insulti: la violenza è palpabile, ma a fare quasi ancor più male è l'indifferenza di chi guarda, sorride e riprende con lo smartphone.
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Parliamo di DIABETE e SPORT con GIULIO FRONTINO, endocrinologo e diabetologo, e LAURA MORENO, creator e advocate per il diabete di tipo 1.Molte persone con diabete si chiedono: posso fare sport? Devo limitarmi? Oppure devo evitare del tutto? In questo episodio torniamo a parlare di un tema fondamentale, per chiarire dubbi e fornire informazioni pratiche.Scopriremo insieme a loro:- Se lo sport è sicuro per chi ha il diabete e quali precauzioni prendere- I benefici dell'attività fisica nella gestione della malattia- La storia di Laura Moreno: vivere e fare sport con diabete di tipo 1- Quali sport sono consigliati e come personalizzare l'allenamento- Tecnologie e dispositivi utili per allenarsi in sicurezza- Il concetto di “organizzazione” come chiave per conciliare sport e diabeteUn episodio pensato per chi vuole capire come allenarsi in modo sicuro ed efficace, anche con una condizione cronica, sfruttando lo sport come vera e propria medicina.Buon ascolto!---Sapevi che Serenis ha creato un Percorso Nutrizione online per accompagnarti verso un rapporto più sereno e consapevole con il cibo?Rispondendo a un breve questionario sul sito verrai abbinato al nutrizionista più adatto alle tue esigenze per ricevere un percorso personalizzato in base ai tuoi obiettivi: dal rapporto con il cibo all'alimentazione sportiva, dalla gestione di intolleranze e allergie fino alla creazione di un piano alimentare equilibrato.Il colloquio conoscitivo è sempre gratuito e noi di PDP ti offriamo una convenzione da paura per la tua prima seduta: 69€ invece di 77€! È un'agevolazione speciale pensata per chi non ha mai provato il servizio e vuole fare un primo passo verso un percorso di salute, fisica e mentale. Scopri la nostra offerta e il Percorso Nutrizione di Serenis a questo link: https://www.serenis.it/influencer/sara-compagni?utm_source=influencer&utm_medium=affiliate&utm_campaign=SARACOMPAGNI8&utm_content=podcast&utm_term=host+read#adv https://www.instagram.com/serenis.nutrizione/--SEGUI POSTURA DA PAURA INSTAGRAM - https://www.instagram.com/posturadapaura/ FACEBOOK - https://www.facebook.com/posturadapaura/ YOUTUBE - Per ascoltare e vedere la puntata https://www.youtube.com/@posturadapauraSEGUI SARA INSTAGRAM - https://www.instagram.com/sara.compagni/ PER INFO: Per avere informazione sui nostri programmi, attività, collaborazioni e altro: sara@posturadapaura.com PER B2B/WELARE: Scopri come introdurre programmi di prevenzione e benessere nel tuo piano di welfare aziendale: welfare@posturadapaura.com--- IMPORTANTE Il benessere fisico è una cosa seria! Le informazioni discusse in PDPodcast hanno esclusivamente scopo informativo e in nessun caso possono costituire la formulazione di una diagnosi o la prescrizione di un trattamento. Se sei alle prese con problematiche di salute che non avevi mai avuto, se i fastidi si intensificano o se noti cambiamenti al tuo stato di salute, non esitare a parlarne con un medico. Solo uno specialista può aiutarti a chiarire ogni dubbio e ritrovare il benessere.
Episódio do dia 07/11/2025, com o tema " Posso ouvir pastores que falam heresias?" Apresentação: Itamir Neves, André Castilho e Renata Burjato. Pergunta do dia: Existem bons pregadores que as vezes falam heresias, se eu souber filtrar posso ouvi-los? Redes Sociais Instagram: @rtmbrasil@itabeti@acastilhortm Site: www.rtmbrasil.org.br WhatsApp da RTM - (11) 97418-1456See omnystudio.com/listener for privacy information.
Climamarket non è "solo" un e-commerce: è la dimostrazione che quando un'azienda parte da una filiera reale, la accorcia e la ricompone intorno al cliente, il digitale diventa moltiplicatore di valore, non vetrina di prezzo. La storia raccontata ai microfoni di Radio Next da Emanuele Scilanga, direttore generale di E-Globe S.p.A., è istruttiva per chiunque operi in mercati maturi e ultra-competitivi come la climatizzazione e il riscaldamento. Il punto di svolta? Portare online non soltanto il catalogo ma la promessa del negozio fisico: consulenza, trasparenza, installazione chiavi in mano. Siamo davvero pronti a misurare il nostro e-commerce sulla qualità del servizio, e non sullo sconto in homepage? Per E-Globe la risposta è sì, perché il cliente non cerca un "prodotto" di efficientamento energetico: cerca una soluzione che funzioni, sia installata a regola d'arte e arrivi nei tempi che la vita di oggi impone. Da qui l'impegno a garantire in Italia la consegna con installazione in cinque o sei giorni lavorativi "con un click": una value proposition semplice da capire, difficile da replicare senza un'organizzazione end-to-end e una rete di partner davvero selezionata. Dietro c'è una scelta strategica chiara: spostarsi dalla pura distribuzione al servizio completo, evitando la trappola dei marketplace dove si compete solo sul prezzo. È un messaggio a tutti i brand e i retailer che fanno fatica a difendere margini e identità: la differenza non la fa l'algoritmo di bidding, la fanno la consulenza e l'esecuzione. Quali processi e competenze servono per sostenere questa promessa? In primo luogo una rete di installatori costruita negli anni, qualificata su sicurezza e standard operativi, e gestita come asset critico, non come "ultimo miglio" da improvvisare. La selezione è progressiva: si parte "larghi" e si ottimizza, con criteri oggettivi di qualità e affidabilità. Così l'azienda può dire al professionista di Pescara (o di Aosta): "domani ti affido un cliente, tu installa e rispetta il percorso di qualità; al resto pensiamo noi". È un capovolgimento rispetto al modello tradizionale: il partner non deve fare CRM o generazione di lead, perché la piattaforma si prende carico di orchestrare domanda, logistica, compliance. Un invito a tanti operatori B2B italiani: siete disposti a portare in casa vostra il "pezzo di servizio" dove nasce il valore?Secondo pilastro: la trasparenza. Prezzi, condizioni, tempi, responsabilità. In un settore affollato, la frizione informativa è spesso la vera barriera all'acquisto. Rendere visibile ciò che normalmente è opaco-dal preventivo all'installazione-non è un vezzo di UX, è una leva commerciale. Ogni manager e-commerce dovrebbe chiedersi: quanta incertezza sto scaricando sul cliente? Posso trasformarla in promessa contrattuale e, quindi, in vantaggio competitivo?Terzo pilastro: il capitale. La scelta di quotarsi in Borsa non è stata un esercizio di immagine: ha abilitato raccolta di risorse per un piano industriale più ambizioso, ha consolidato la credibilità verso partner e fornitori e ha reso possibili operazioni straordinarie, come l'acquisizione della spagnola Bayona-oggi Climamarket Europe-che ha accelerato il posizionamento internazionale. È una lezione utile per chi scala dal regionale al nazionale (e oltre): il passaggio non si fa solo aumentando il budget media, ma costruendo solide fondamenta finanziarie e istituzionali. Ci chiediamo spesso se "il digitale" basti a crescere: questa esperienza dice che il digitale va innestato su scelte corporate-governance, finanza, M&A-coerenti con l'ambizione. Quarto pilastro: il talento. La conversazione scardina un luogo comune duro a morire-il digitale è "solo" Milano-e mette al centro la leva più sottovalutata delle imprese del Sud: le competenze che ci sono, che possono rientrare, e che si fidelizzano quando l'azienda dà voce, responsabilità e traiettorie di crescita. Non è retorica: se la piattaforma digitale consente di vendere e servire clienti ovunque, allora l'organizzazione può attrarre profili ovunque e riportare a casa professionalità emigrate, a patto di offrire un progetto credibile, processi chiari e un ambiente dove le persone contano davvero. La domanda da manager è brutale: stiamo ripensando ruoli, formazione e percorsi per far sì che i team periferici siano centrali? O continuiamo a cercare profili "copy-paste" nel raggio di tre fermate di metro?C'è poi un messaggio operativo destinato a PMI e retail tradizionali: "credere" nel digitale significa dotarsi di una presenza che accompagni ogni fase del customer journey, anche quando l'acquisto si chiude nel negozio fisico. Oggi, con l'avvento dell'intelligenza artificiale conversazionale, la discoverability non passa solo dal motore di ricerca, ma da risposte che gli utenti ottengono in chat. Questo impone contenuti chiari e strutturati, schede prodotto ricche, politiche di prezzo leggibili, FAQ utili, e soprattutto una logistica del servizio (installazione, resi, manutenzione) disegnata per essere promessa e mantenuta. Siamo pronti a misurare KPI che contano davvero-lead to install, time-to-comfort, NPS post-intervento-invece di fermarci al CTR della campagna?Il caso Climamarket suggerisce anche un'architettura di crescita per chi opera in settori "heavy": 1) posizionamento sul valore totale della soluzione, non sul prezzo del singolo componente; 2) orchestrazione di partner locali con standard condivisi e incentivi corretti; 3) contratti e processi che rendano misurabile la promessa (tempi, sicurezza, qualità); 4) uso della leva finanziaria per scalare mercati e consolidare brand; 5) cultura organizzativa che metta le persone-clienti e team-al centro. È un framework replicabile in molti comparti, dall'arredo bagno alle caldaie fino all'home improvement: ovunque l'installazione sia parte integrante dell'esperienza, l'e-commerce di prodotto che diventa e-commerce di soluzione crea barriere all'entrata più solide di qualsiasi sconto.Infine, una riflessione di governance digitale: la "libertà dell'utente" evocata da Scilanga non è uno slogan, è design del servizio. Vuol dire poter scegliere tempi, modalità, trasparenza sul prezzo, canali di supporto. Per ottenerla, l'azienda deve rinunciare a un po' di controllo interno-aprire API organizzative, standardizzare flussi, accettare la disciplina della misurazione-per guadagnare fiducia esterna. È un cambio di mentalità che separa chi "fa e-commerce" da chi costruisce piattaforme di business. La domanda che resta sul tavolo, per tutti: stiamo progettando i nostri canali digitali come se dovessimo installare-non solo vendere-ciò che promettiamo? Perché è lì, nel momento della verità, che si vince la partita.
Será o vinagre saudável? E será que todos os tipos — balsâmico, de sidra, de vinho — nos fazem bem ou há diferenças que importa conhecer? Mariana Chaves explica que vinagre vale mesmo a pena usar.See omnystudio.com/listener for privacy information.
Eu não posso parar - Pr. Fabiano Milanese by Igreja Missionária Evangélica Maranata da Tijuca Para conhecer mais sobre a Maranata: Instagram: https://www.instagram.com/imemaranata/Facebook: https://www.facebook.com/imemaranataSite: https://www.igrejamaranata.com.br/Canal do youtube: https://www.youtube.com/channel/UCa1jcJx-DIDqu_gknjlWOrQDeus te abençoe
E a longevidade das empresas hein ? empresas ficam longevas ?inovadoras ? sim, ficam e muito e eu posso provar isso !
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Neste episódio falo sobre dores de dentes, calcanhares gretados, bebés com olheiras, ter catos em casa, preparar o Halloween, aspiradores verticais, experimentar perfumes, veterinários suicidas e as casetes do Tomás Taveira.
Muitos acreditam que a fruta fermenta no estômago se for comida no fim da refeição. Mas será mesmo assim? A Nutricionista Mariana Chaves explica.See omnystudio.com/listener for privacy information.
LEITURA BÍBLICA DO DIA: 1 CORÍNTIOS 13:4-13 PLANO DE LEITURA ANUAL: ISAÍAS 17–19; EFÉSIOS 5:17-33 Já fez seu devocional hoje? Aproveite e marque um amigo para fazer junto com você! Confira
Posso fazer seus pais se machucarem. Posso fazer com que eles se machuquem. Posso fazer com que eles se comam se eu quiser. Eu quero, Alex?
NotiMundo A La Carta - Lucia Posso, Imbabura pide diálogo y paz by FM Mundo 98.1
Um belo dia você acorda e já não tem mais vinte anos. Tem trinta, quarenta, ou mais, e tudo o que você faz, você já faz há algum tempo. Escovar os dentes, tocar violão, comprar tomates, esticar lençóis, enfileirar letras – são partes de uma rotina que você nem lembra onde começou. Você adquiriu um jeito de ser, embora pudesse ser de qualquer outro. Como adulto, você performa saber, mas continua com mais de mil perguntas sem resposta. Neste programa, fizemos uma crítica da maturidade e da ideia reacionária de crise da meia-idade.ParticipantesBruna AlmeidaRafael LauroRafael TrindadeLinksTexto lidoOutros LinksFicha TécnicaCapa: Felipe FrancoEdição: Pedro JanczurAss. Produção: Bru AlmeidaTexto: Rafael LauroGosta do nosso programa?Contribua para que ele continue existindo, seja um assinante!Support the show
Quando nasce um irmão, a cama dos pais pode tornar-se palco de ciúmes, de medos e de lutas pelo colo que parece ter encolhido. Como lidar quando a criança não quer dormir sozinha?See omnystudio.com/listener for privacy information.
LEITURA BÍBLICA DO DIA: DEUTERONÔMIO 10:17-20 PLANO DE LEITURA ANUAL: PROVÉRBIOS 16–18; 2 CORÍNTIOS 6 Já fez seu devocional hoje? Aproveite e marque um amigo para fazer junto com você! Confira: Ao fugir da guerra, milhares de ucranianos chegaram à Berlim e se depararam com uma surpresa: famílias alemãs segurando cartazes oferecendo refúgio em suas casas. “Posso hospedar duas pessoas!” e “Quarto grande [disponível]”, diziam alguns. Ao ser questionada sobre o motivo de oferecer hospitalidade a estranhos, uma mulher disse que sua mãe precisou de refúgio quando fugiu dos nazistas e ela queria ajudar outros também. No livro de Deuteronômio, Deus convoca os israelitas a cuidar dos que estão longe de sua terra natal. Por quê? Porque Ele ama o órfão, a viúva e o estrangeiro (v.18), e porque os israelitas sabiam o que significava estar vulnerável: “pois, em outros tempos, [tinham sido] estrangeiros na terra do Egito” (v.19). A empatia deveria motivá-los ao cuidado com eles. Mas há um outro lado também. Quando a viúva de Sarepta acolheu Elias como estrangeiro em sua casa, foi abençoada (1 REIS 17:9-24). Abraão foi abençoado por seus três visitantes estrangeiros (GÊNESIS 18:1-15). Muitas vezes, Deus usa a hospitalidade para abençoar o anfitrião, não somente o hóspede. Acolher estranhos em casa é difícil, mas essas famílias alemãs talvez sejam as verdadeiramente beneficiadas. Quando acolhemos os vulneráveis com a empatia de Deus, podemos nos surpreender com as dádivas que Ele nos dá por meio deles. Por: SHERIDAN VOYSEY
Neste episódio, Luiz Gasparetto conduz uma conversa profunda sobre autoconhecimento, espiritualidade e os mecanismos inconscientes que moldam nossa vida. Ele explora como crenças negativas, muitas vezes formadas na infância, criam bloqueios internos que sabotam nossas relações, finanças e autoestima. Chamando essas barreiras de “lado não”, Gasparetto mostra como pensamentos como “eu não posso”, “eu não mereço” ou “eu não sou suficiente” operam silenciosamente e limitam nossa capacidade de avançar.Ao atender ouvintes ao vivo, ele utiliza uma abordagem direta e emocionalmente poderosa para ajudá-los a reconhecer suas feridas emocionais e resgatar o “eu adulto”, capaz de acolher e curar o “eu criança” que ainda sofre. A proposta do episódio é clara: sair da superficialidade, acessar o subconsciente e transformar padrões antigos com consciência e responsabilidade pessoal. Com uma linguagem acessível e sem moralismos, Gasparetto convida o ouvinte a assumir o próprio poder e se libertar de condicionamentos que já não servem mais.Com uma vasta biblioteca de cursos e palestras em áudio e vídeo do nosso mestre Luiz Gasparetto, você pode descobrir as leis universais e o poder do autoconhecimento. Acesse agora e comece a sua jornada: www.gasparettoplay.com.br
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Gosta de petiscar massa crua enquanto cozinha? A nutricionista Mariana Chaves explica porque é que é melhor deixá-la para depois de cozida.See omnystudio.com/listener for privacy information.
Anunciaram que “voltamos ao normal”, mas o peito segue buzinando. No Café Brasil 992 eu explico por que prefiro “pós-lockdown”: o vírus arrefeceu, a ansiedade ficou. Corpo não entende decreto — entende hábito, luz e abraço. Vamos destrinchar o mecanismo do alarme, distinguir desconforto de perigo e apresentar um protocolo simples de regulação: rotina, respiração, sono, limites digitais e rede de apoio. Under Pressure, Belchior e Lenine embalam a conversa. Posso entrar? O comentário do ouvinte é patrocinado pela Vinho 24 Horas. Já pensou em ter um negócio que funciona 24h, sem precisar de funcionários? Uma adega autônoma instalada no seu condomínio, com vinhos de qualidade, controle pelo celular e margem de 80%. Com apenas R$ 29.900, você inicia sua franquia e ainda ganha 100 garrafas de vinho. Acesse Vinho24.com.br e comece seu novo negócio! A Terra Desenvolvimento revoluciona a gestão agropecuária com métodos exclusivos e tecnologia inovadora, oferecendo acesso em tempo real aos dados da sua fazenda para estratégias eficientes. A equipe atua diretamente na execução, garantindo resultados. Para investidores, orienta na escolha das melhores atividades no agro. Com 25 anos de experiência, transforma propriedades em empreendimentos lucrativos e sustentáveis. Conheça mais em terradesenvolvimento.com.br. Inteligência a serviço do agro! ...................................................................................................................................................................
Fluent Fiction - Italian: High Stakes in Milano: Trust, Tension, and Triumph Find the full episode transcript, vocabulary words, and more:fluentfiction.com/it/episode/2025-08-15-22-34-02-it Story Transcript:It: Nella sala di un vecchio palazzo di Milano, le luci brillavano debolmente sopra un tavolo ricoperto di fiches e carte.En: In the room of an old palace in Milano, the lights glowed dimly over a table covered with chips and cards.It: Fuori, il caldo di Ferragosto avvolgeva la città, mentre dentro si percepiva una tensione palpabile.En: Outside, the Ferragosto heat enveloped the city, while inside, a palpable tension was felt.It: Il rumore delle fiches che si scontravano riempiva l'aria, creando un sottofondo quasi ipnotico.En: The clatter of chips colliding filled the air, creating an almost hypnotic background.It: Marco sedeva al tavolo, lo sguardo fisso sulle carte.En: Marco sat at the table, his gaze fixed on the cards.It: Era un giocatore sicuro di sé, ma quel giorno, l'ansia gli scavava un buco nello stomaco.En: He was a confident player, yet that day, anxiety gnawed at his stomach.It: Aveva bisogno di vincere a poker per pagare i risultati di un test medico cruciale per un familiare.En: He needed to win at poker to pay for the results of a crucial medical test for a family member.It: Sapeva che non era solo il denaro in gioco, ma anche la speranza.En: He knew it wasn't just about the money at stake but also hope.It: Giulia era accanto a lui.En: Giulia was beside him.It: Una donna serena e attenta, osservava Marco con preoccupazione.En: A calm and attentive woman, she watched Marco with concern.It: Lo conosceva bene, sapeva dei suoi problemi.En: She knew him well and was aware of his problems.It: In silenzio, gli offriva supporto, sperando che lui si confidasse.En: In silence, she offered him support, hoping he would confide in her.It: Dall'altra parte del tavolo c'era Lorenzo, un enigma.En: Across the table sat Lorenzo, an enigma.It: Abile giocatore, era contemporaneamente amico e rivale di Marco.En: A skillful player, he was both friend and rival to Marco.It: Lorenzo aveva quell'aria misteriosa, di chi sa più di quanto lasci intendere.En: Lorenzo had that mysterious air, of someone who knows more than they let on.It: Marco cercava di concentrarsi sulle carte, ma la sua mente continuava a tornare ai risultati medici.En: Marco tried to focus on the cards, but his mind kept returning to the medical results.It: Un pensiero persistente: "Posso fidarmi di Lorenzo?".En: One persistent thought: "Can I trust Lorenzo?"It: Sapeva che Lorenzo poteva avere informazioni che avrebbero cambiato la partita, per il meglio o per il peggio.En: He knew Lorenzo might have information that could change the game, for better or worse.It: Mentre il gioco proseguiva, Giulia gli sussurrò: "Stai bene?".En: As the game continued, Giulia whispered to him: "Are you okay?"It: Marco esitò, combattuto tra il condividere il suo peso o tentare di gestirlo da solo.En: Marco hesitated, torn between sharing his burden or trying to handle it alone.It: Con un sospiro profondo, decise di mantenere il silenzio.En: With a deep sigh, he decided to keep silent.It: Il tempo scorreva, e i giri di carte aumentavano la sua ansia.En: Time was passing, and the rounds of cards increased his anxiety.It: Arrivò il momento clou.En: The climax arrived.It: Marco aveva una mano buona, ma se avesse sbagliato, avrebbe perso tutto.En: Marco had a good hand, but if he made a mistake, he would lose everything.It: Proprio in quel momento, il telefono vibrò.En: At that very moment, the phone vibrated.It: Un messaggio: i risultati del test erano pronti.En: A message: the test results were ready.It: Il cuore di Marco batteva forte.En: Marco's heart pounded.It: Si trovava a un bivio: giocare o piegarsi.En: He stood at a crossroads: play or fold.It: Guardò Giulia, che gli sorrise dolcemente, e Lorenzo, la cui faccia era impassibile.En: He looked at Giulia, who smiled at him sweetly, and at Lorenzo, whose face was impassive.It: "Potrei vincere tutto o perdere ancora di più," pensò.En: "I could win everything or lose even more," he thought.It: Con coraggio, decise di rischiare.En: With courage, he decided to take the risk.It: Puntò tutto, sentendo il peso di ogni fiches.En: He went all in, feeling the weight of every chip.It: Le carte furono girate.En: The cards were turned.It: Lorenzo scosse la testa, giulia alzò un sopracciglio.En: Lorenzo shook his head, Giulia raised an eyebrow.It: Marco vinse.En: Marco won.It: Un'emozione di sollievo e gioia lo travolse, mentre afferrava con mani tremanti il suo telefono.En: A feeling of relief and joy overwhelmed him as he grabbed his phone with trembling hands.It: Il risultato del test era positivo.En: The test result was positive.It: La persona cara stava bene.En: The loved one was fine.It: In quel momento, capì che non era solo una questione di soldi.En: In that moment, he realized it wasn't just about the money.It: Aveva capito che la fiducia e l'amore contavano di più.En: He had understood that trust and love mattered more.It: Si voltò verso Giulia e Lorenzo, grato per la loro presenza.En: He turned to Giulia and Lorenzo, grateful for their presence.It: Forse il vero premio era stato questo: scoprire chi fosse davvero al suo fianco.En: Perhaps the real reward had been this: discovering who was truly by his side.It: La serata proseguì, mentre il Ferragosto continuava a dipingere l'estate di Milano di colori e risate lontane.En: The evening continued, as Ferragosto kept painting Milano's summer with distant colors and laughter.It: Marco, rinvigorito, guardò al futuro con nuovi occhi, pronto ad affrontare qualsiasi sfida insieme ai suoi amici.En: Reinvigorated, Marco looked to the future with new eyes, ready to face any challenge alongside his friends.It: Sapeva che, vincendo o perdendo, era sempre possibile trovare e dare speranza.En: He knew that, winning or losing, it was always possible to find and give hope. Vocabulary Words:the palace: il palazzothe challenge: la sfidathe poker: il pokerthe tension: la tensioneto perceive: percepirethe result: il risultatothe concern: la preoccupazioneto confide: confidarsithe enigma: l'enigmathe air: l'ariathe support: il supportothe burden: il pesothe mistake: l'erroreto grab: afferrarethe climax: il momento clouthe anxiety: l'ansiathe hope: la speranzathe whisper: il sussurroto bet: puntarethe relief: il sollievoto envelop: avvolgerethe summer: l'estateto trust: fidarsito hesitate: esitarethe gaze: lo sguardothe mystery: il misterothe smile: il sorrisoto face: affrontarethe joy: la gioiathe crossroads: il bivio
Poco più che ventenne, Kamran Keshavarz ha lasciato l'Iran per "un mondo diverso" in Italia. Trasferitosi in Australia, ma ancora innamorato dell'Italia, Kamran continua a studiare l'italiano, ascolta sempre la radio in italiano e ha sposato un'italiana.