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Per ricordare Papa Francesco, tornato alla Casa del Padre nel primo giorno dell'Ottava di Pasqua, il 21 aprile 2025, questa puntata speciale è interamente dedicata a un aspetto particolare del suo Magistero: le citazioni in lingua latina, la lingua ufficiale della Chiesa. Il latino è infatti una lingua cui Papa Francesco è ricorso molte volte per spiegare il significato più profondo di parole, concetti teologici o filosofici in modo semplice e comprensibile. Il suo stile sempre chiaro e diretto, non poteva non ricorrere alla logica essenziale della lingua di Cicerone. Nel Messaggio in occasione del conferimento del Premio “Pontificie Accademie 2023”, alla Pontificia Academia Latinitatis, Papa Francesco ne ricordava innanzitutto l'importanza: “Il latino - spiegava - è un tesoro di sapere e di pensiero, una chiave per accedere ai testi classici che hanno forgiato il nostro mondo. Rappresenta le radici della civiltà occidentale e, in molti modi, la nostra stessa identità. È una lingua che abbraccia la filosofia, la scienza, l'arte e la politica, dimostrando così il suo valore intrinseco di strumento di riflessione e di dialogo, quanto mai necessario in un mondo frammentato come il nostro". Conducono: Fabius Colagrande & Maria Milvia Morciano Sono citati in questa puntata: Discorso di Papa Francesco ai partecipanti al Giubileo della comunicazione, 25 gennaio 2025 Discorso di Papa Francesco per l'Udienza Giubilare dell'11 gennaio 2025 Catechesi di Papa Francesco all'Udienza generale del 12 ottobre 2022 Messaggio di Papa Francesco ai partecipanti al IV Incontro Annuale di "The Economy Of Francesco", ad Assisi dal 6 all'8 ottobre 2023 Catechesi di Papa Francesco all'Udienza generale del 6 novembre 2024 Discorso di Papa Francesco per la sessione conclusiva dei "Rencontres Méditerranéennes", "Palais du Pharo” (Marsiglia), 23 settembre 2023 Puoi ascoltare tutti i podcast di Radio Vaticana - Vatican News cliccando qui: vaticannews.va/it/podcast.html
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8055L'AMBIGUA PRESENZA LGBT AL GIUBILEO 2025 di Roberto de Mattei Il 24 dicembre, con l'apertura della Porta santa di San Pietro, Papa Francesco ha inaugurato il Giubileo 2025. Il Papa ha attraversato la soglia della Porta per entrare nella Basilica, mentre risuonavano le parole del Vangelo di Giovanni, "Io sono la Porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato", e poi quelle del Salmo 118, "È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti".Dietro di lui una processione con i cardinali, vescovi, sacerdoti e alcune famiglie rappresentanti dei cinque continenti. Il 26 dicembre il Papa ha aperto, per la prima volta in un Giubileo ordinario, una Porta santa nel carcere romano di Rebibbia e il 29 dicembre quella della Basilica di San Giovanni in Laterano, cattedrale di Roma. Contemporaneamente l'anno giubilare è stato aperto da tutti i vescovi del mondo.La tradizione vuole che ogni Giubileo venga proclamato tramite la pubblicazione di una bolla papale d'Indizione. Il Giubileo del 2025 è stato indetto in San Pietro, il 9 maggio 2024, con la bolla Spes non confundit (La speranza non delude, Rm 5,5). In questa bolla, papa Francesco ricorda che "la speranza, insieme alla fede e alla carità, forma il trittico delle "virtù teologali", che esprimono l'essenza della vita cristiana". La speranza soprannaturale è quella della vita eterna. "Un'altra realtà connessa con la vita eterna - ha ricordato il Papa - è il giudizio di Dio, sia al termine della nostra esistenza che alla fine dei tempi. Il Sacramento della Penitenza ci assicura che Dio cancella i nostri peccati".La Penitenzieria Apostolica ha reso note le norme sulla concessione dell'Indulgenza durante il Giubileo 2025. Potranno ricevere l'indulgenza, con la remissione e il perdono dei peccati, tutti i fedeli "veramente pentiti", "mossi da spirito di carità", "che, nel corso del Giubileo, purificati attraverso il sacramento della Penitenza e ristorati dalla Santa Comunione pregheranno secondo le intenzioni del Sommo Pontefice", visitando una delle quattro Basiliche Papali Maggiori di Roma, o uno dei numerosi luoghi sacri previsti dalla Chiesa in tutto il mondo. Tuttavia, per ottenere l'indulgenza non è sufficiente passare la Porta santa. Bisogna confessarsi ed essere pentiti dei propri peccati. Il Concilio di Trento definisce il pentimento "un dolore dell'anima e una detestazione del peccato commesso con il proposito di non più peccare" (Sess. 14, cap. 4). Senza il proposito di non peccare, non c'è il perdono dei peccati, né la remissione delle pene, che dei peccati sono conseguenza.FEDE CRISTIANA E PRATICA DELL'OMOSESSUALITÀÈ a questa luce che dobbiamo giudicare notizie, come quella della possibile partecipazione al Giubileo di "La Tenda di Gionata", un'associazione che pretende conciliare la fede cristiana con la pratica dell'omosessualità.Il pellegrinaggio era stato incluso sul sito del Giubileo tra le centinaia di eventi elencati per il 2025, ma dopo che molti siti cattolici hanno espresso la loro riprovazione per questa inclusione, che suonerebbe come una forma di approvazione ufficiale della cultura e della pratica LGBT da parte del Vaticano, la presenza ufficiale de "La Tenda di Gionata" è scomparsa dal calendario del sito ufficiale del Giubileo. Lo staff dell'Anno giubilare ha spiegato che la rimozione è avvenuta per una mancanza di dettagli forniti dagli organizzatori.In un'intervista all'Agenzia spagnola EFE, il 23 dicembre 2024, l'arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del dicastero per l'Evangelizzazione, responsabile dell'organizzazione dell'Anno Santo, ha dichiarato che "se un'associazione che fa pastorale per gli omosessuali vuole concretizzare questa esperienza di fede, penso che dovrebbe trovare il Giubileo preparato anche per loro". Lo stesso giorno, in una intervista a "il Giornale" mons. Fisichella ha affermato: "Il Giubileo appartiene al popolo, è per tutti, non si può negare a nessuno. Tra le molte richieste più svariate, ne abbiamo avuta una dall'associazione "La Tenda di Gionata". Tuttavia, dopo la richiesta verbale - inserita nel calendario - non avevamo la certezza della loro partecipazione; abbiamo quindi tolto la giornata dagli appuntamenti fino a quando l'associazione si è iscritta come tutti gli altri. A quel punto è stata reinserita nel calendario. Abbiamo agito in modo trasparente. Voglio anche dire che non si tratta di un Giubileo specifico per una categoria di persone; sono credenti che vogliono fare un'esperienza di fede. Mi domando chi potrebbe proibire loro un pellegrinaggio alla Porta santa".L'IMBARAZZANTE POSIZIONE DI MONS. FISICHELLANelle parole di mons. Fisichella si riscontra purtroppo la stessa perniciosa ambiguità della Dichiarazione Fiducia Supplicans del 18 dicembre 2023. La pratica dell'omosessualità è una gravissima trasgressione morale condannata dalla Sacra Scrittura e dal Magistero della Chiesa. Se un omosessuale si pente del proprio peccato e si confessa, può certamente varcare la Porta santa affidandosi alla misericordia di Dio per la remissione delle pene dovute ai propri peccati, ma non ha bisogno di farlo con clamore, e tantomeno in un gruppo organizzato. L'associazione "Tenda di Gionata" si presenta invece come un gruppo costituito per "allargare il sostegno e l'accoglienza della Chiesa verso le persone LGBT e verso ogni persona colpita da discriminazione" e sostiene notoriamente la compatibilità tra la fede cristiana e la pratica dell'omosessualità.La partecipazione ufficiale al Giubileo di un'associazione di omosessuali, che non ha come fine la loro conversione, ma che anzi giustifica la loro condotta, ha un chiaro intento strumentale: quello di lasciar credere che la Chiesa abbia mutato il suo giudizio sull'omosessualità. Per evitare queste strumentalizzazioni, ma soprattutto per il bene delle anime e per l'onore della Chiesa, chi ha la massima responsabilità organizzativa del Giubileo avrebbe il dovere di ribadire su questo punto e su tutti gli altri, l'incompatibilità che esiste tra l'Anno Santo e la trasgressione morale rivendicata come un diritto. Altrimenti si fa complice della violazione morale che omette di condannare,Il Giubileo non è la canonizzazione del peccato vissuto e rivendicato, ma l'occasione di convertirci a un cristianesimo autentico, perché, come ricorda il Salmo, solo i giusti entrano nella Porta del Signore.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7955SAN TOMMASO, IL DOTTORE ANGELICO, IN CINQUE PUNTINel 1567 Papa san Pio V proclamò san Tommaso dottore della Chiesa (a quel tempo i dottori della Chiesa erano solo i 4 più grandi Padri della Chiesa: Ambrogio, Girolamo, Agostino e Gregorio Magno)di Padre Giorgio CarboneNel 1317, cioè 43 anni dopo la morte e 6 anni prima della canonizzazione, Tommaso d'Aquino era abitualmente chiamato "communis doctor" presso l'Università di Parigi, all'epoca il più importante centro di studi di Filosofia e di Teologia. 250 anni dopo, esattamente il 15 aprile 1567, il papa san Pio V proclamò san Tommaso dottore della Chiesa. Oggi i dottori della Chiesa sono 37, ma allora erano solo 4: Ambrogio, Girolamo, Agostino e Gregorio Magno. Pertanto sia il titolo in sé sia il numero esiguo dei santi proclamati tali ci segnalano una dote singolare e rara. (...)In altri termini la Chiesa segnala in Tommaso un eccellente maestro della fede cristiana e del pensiero umano, esemplare per gli scritti e per la fedeltà a Cristo Signore vissuta nella sua esistenza. (...) Se consideriamo che il Concilio Vaticano II indica solo Tommaso d'Aquino come maestro cui ispirarsi, e non altri teologi o dottori, allora questi due brani del magistero conciliare acquistano un significato peculiare per il nostro discorso. Questa presa di posizione ufficiale con grande probabilità fu ispirata da papa Paolo VI, il quale un anno prima, il 12 marzo 1964, rivolgendosi agli insegnanti e agli studenti dell'Università Gregoriana di Roma aveva detto: «I professori ascoltino con riverenza la voce dei dottori della Chiesa, tra i quali san Tommaso d'Aquino occupa un posto speciale. Infatti, la forza dell'ingegno del Dottore Angelico, il suo sincero amore per la verità e la sua sapienza nel ricercare le altissime verità, illustrarle e unirle in un nesso appropriatissimo sono talmente grandi che la sua stessa dottrina è uno strumento efficacissimo non solo per dare alla fede un solido fondamento, ma anche per sperimentare utilmente e con sicurezza i frutti di un suo sano sviluppo».RAPPORTO TRA FEDE E RAGIONEGiovanni Paolo II nell'enciclica Fides et Ratio dedicata al rapporto tra fede e ragione cita ripetutamente san Tommaso e dedica un intero paragrafo alla «novità perenne» del suo pensiero (nn. 43-44). (...): «(...) Pur sottolineando con forza il carattere soprannaturale della fede, il Dottore Angelico non ha dimenticato il valore della sua ragionevolezza; ha saputo, anzi, scendere in profondità e precisare il senso di tale ragionevolezza. La fede, infatti, è in qualche modo "esercizio del pensiero"; la ragione dell'uomo non si annulla né si avvilisce dando l'assenso ai contenuti di fede; questi sono in ogni caso raggiunti con scelta libera e consapevole. E per questo motivo che, giustamente, san Tommaso è sempre stato proposto dalla Chiesa come maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia. (...) Tra le grandi intuizioni di san Tommaso vi è anche quella relativa al ruolo che lo Spirito Santo svolge nel far maturare in sapienza la scienza umana. Fin dalle prime pagine della sua Summa Theologiae l'Aquinate volle mostrare il primato di quella sapienza che è dono dello Spirito Santo ed introduce alla conoscenza delle realtà divine. La sua teologia permette di comprendere la peculiarità della sapienza nel suo stretto legame con la fede e la conoscenza divina. Essa conosce per connaturalità, presuppone la fede e arriva a formulare il suo retto giudizio a partire dalla verità della fede stessa: "La sapienza elencata tra i doni dello Spirito Santo è distinta da quella che è posta tra le virtù intellettuali. Infatti quest'ultima si acquista con lo studio: quella invece viene dall'alto, come si esprime san Giacomo. Così pure è distinta dalla fede. Poiché la fede accetta la verità divina così com'è, invece è proprio del dono di sapienza giudicare secondo la verità divina". La priorità riconosciuta a questa sapienza, tuttavia, non fa dimenticare al Dottore Angelico la presenza di altre due complementari forme di sapienza: quella filosofica, che si fonda sulla capacità che l'intelletto ha, entro i limiti che gli sono connaturali, di indagare la realtà; e quella teologica, che si fonda sulla Rivelazione ed esamina i contenuti della fede, raggiungendo il mistero stesso di Dio. Intimamente convinto che "omne verum a quocumque dicatur a Spiritu Sancto est", san Tommaso amò in maniera disinteressata la verità. Egli la cercò dovunque essa si potesse manifestare, evidenziando al massimo la sua universalità. In lui, il Magistero della Chiesa ha visto ed apprezzato la passione per la verità; il suo pensiero, proprio perché si mantenne sempre nell'orizzonte della verità universale, oggettiva e trascendente, raggiunse "vette che l'intelligenza umana non avrebbe mai potuto pensare». Con ragione, quindi, egli può essere definito "apostolo della verità". Proprio perché alla verità mirava senza riserve, nel suo realismo egli seppe riconoscerne l'oggettività. La sua è veramente la filosofia dell'essere e non del semplice apparire».SAN TOMMASO, MAESTRO PERENNE, IN CINQUE PUNTIPossiamo così riassumere gli aspetti per cui san Tommaso è presentato come maestro perenne:- l'amore sincero per la verità che induce a dialogare con l'altro per conoscere le sue opinioni e a cercare sempre, non il rispetto umano o il concordismo, ma l'adesione anche spregiudicata dell'intelligenza alla realtà;- la fiducia nella ragione umana: questa è capace di conoscere la realtà, e quindi di approdare al vero;- l'armonia e la collaborazione tra la ragione e la fede: sono due modi diversi e complementari di conoscere il reale;- la capacità di esercitarsi nella speculazione delle cose conosciute per cogliere il nesso che le unisce (altrimenti il sapere è ridotto ad un'accozzaglia di nozioni) e per proporre un sistema coerente di idee;- il primato dato a Dio, che creandoci ci dà oggi la vita e la capacità di agire, e quindi il primato dato alla comunione con Dio nella preghiera, nella Messa e nell'Eucaristia offerta e adorata. Tommaso era solito dire ai suoi confratelli e ai suoi studenti che aveva imparato di più pregando che studiando.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7956I VESCOVI NORVEGESI: ESISTONO SOLO DUE SESSIInsieme a circa 30 altre comunità cristiane in Norvegia, i vescovi cattolici hanno firmato una dichiarazione ecumenica sulle questioni della teoria del genere e della sessualità, per dare «un contributo costruttivo»; il documento intitolato "Dichiarazione ecumenica sulla diversità di genere e sessuale" è stato pubblicato ieri e «nasce in preghiera, dal nostro impegno per la nostra nazione e dal desiderio di costruirla», afferma il presidente della Conferenza episcopale nordica, Erik Varden.In un'intervista con Cna Deutsch, il vescovo ha spiegato: «Il progetto ha come sottofondo una dichiarazione ecumenica del 2016 sul matrimonio, di cui anche i vescovi cattolici sono stati cofirmatari. Un seminario tenutosi questa primavera ha stimolato l'idea che sarebbe potuto essere costruttivo prendere in considerazione una dichiarazione simile sulla questione della "diversità" sessuale e di genere, un argomento attualmente molto discusso e che incide profondamente sulla vita di molte persone».In una società che non riconosce, anzi rifiuta, la realtà oggettiva delle cose, è ancor più importante dimostrare che la visione antropologica cristiana «è in linea con i dati empirici. Una comprensione cristiana della vita è eminentemente concreta», spiega ancora con Trondheim. È da qui che prende le mosse la dichiarazione ecumenica, che si prefigge di riconoscere la «realtà biologica [...] nel rispetto dei diritti dei bambini». «Dio è il Creatore dell'universo e lo sostiene nell'esistenza. Ha creato l'essere umano come uomo e donna. Tutti gli esseri umani sono creati a immagine di Dio. Tutti sono profondamente amati da Lui e possiedono lo stesso inalienabile valore e la stessa inviolabile dignità. Il matrimonio, secondo l'ordine della creazione e del diritto naturale, è l'unione tra un uomo e una donna. Il matrimonio è stato istituito da Dio, confermato da Cristo e dagli Apostoli, e riconosciuto dalla Chiesa cristiana in tutti i secoli (cfr. Genesi 1,26-28 e Matteo 19,4-6). Il matrimonio tra un uomo e una donna costituisce il quadro biblico per le relazioni sessuali. Altre forme di relazioni sessuali sono varianti di una "diversità sessuale" che contraddice la teologia della creazione biblica e l'etica di Gesù, anche se tali relazioni fossero caratterizzate da fedeltà duratura», così inizia la dichiarazione.SPIEGARE L'OVVIOPoiché è necessario oramai spiegare l'ovvio, nel testo si ribadisce la realtà biologica dell'uomo e della donna: «Esistono solo due sessi biologici: maschile e femminile. Il sesso dell'essere umano è deciso nel momento del concepimento. Il nostro sesso è determinato dalla grandezza e dalla funzione delle cellule germinali»; per poi spiegare che «l'idea che esista un sesso soggettivo e una "identità di genere" che si possa scegliere liberamente e che si basi sui sentimenti è il risultato di un'ideologia e non ha fondamento nella biologia o nella scienza naturale».Chiarendo che la Chiesa cattolica non è «un corpo lontano, cinico e burocratico», bensì «Mater e Magistra» - afferma ancora nell'intervista il presidente della Conferenza episcopale nordica -, l'impegno dei sacerdoti sarà sempre accompagnare tutti, in quanto «ogni essere è amato da Dio». Tuttavia, si chiarisce che «come pastori [...] siamo ordinati a proclamare e insegnare non idee di nostra creazione, ma il Vangelo di Cristo come insegnato ed esposto dal Magistero della Chiesa cattolica». Da "Madre e Maestra", la Chiesa ha una profonda conoscenza ed esperienza nel campo dell'animo umano e della persona, per questo «cerca di farci crescere oltre le nostre categorie e aspettative troppo ristrette, verso quella pienezza dell'essere che la tradizione cristiana chiama santità, una partecipazione alla vita di Dio stesso», senza fare «concessioni a scapito delle verità bibliche, anche se tali verità sono in conflitto con linee guida politiche o tendenze sociali attuali».I DANNI DELL'IDEOLOGIA GENDERA partire da questi assunti, nella dichiarazione si passa a mettere in guardia rispetto ai danni che producono l'ideologia gender e la grande menzogna che una persona possa essere nata nel corpo sbagliato - la storia di Luka Hein ne manifesta tutte le ferite -: «È estremamente problematico far confrontare i bambini e gli adolescenti con l'idea [...] che esistano "ragazzi, ragazze e altri generi" e insegnare loro che esiste un "genere interiore"». La dichiarazione invita a guardare ai danni già fatti: «Le conseguenze della vicenda della clinica Tavistock in Inghilterra sono un esempio ben noto di come sono state affrontate queste ferite, ma non è certo l'unico», aggiunge nell'intervista von Trondheim.I vescovi affrontano poi il tema dei diritti, oggi innominabili, che ha il bambino: «Privare consapevolmente e intenzionalmente un bambino della possibilità di conoscere la madre o il padre o le famiglie dei genitori biologici - ad esempio attraverso la fecondazione artificiale o la maternità surrogata - è una violazione della volontà creativa di Dio e dei diritti del bambino». Sebbene infatti «tutti i bambini sono ugualmente preziosi e amati da Dio, indipendentemente dal modo in cui sono stati concepiti», è necessario ribadire che «il benessere del bambino deve sempre avere la priorità rispetto alle richieste e ai desideri degli adulti», senza peraltro contrastare la stessa Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia nell'articolo 7 citata dai vescovi: «È un diritto umano del bambino conoscere i propri genitori e, per quanto possibile, essere accudito da loro».In ultimo, la dichiarazione afferma: «La libertà di opinione e di coscienza e la libertà religiosa sono per noi valori centrali ed essenziali»; ed è proprio all'interno di questa libertà che «crediamo che anche la nostra voce meriti di essere ascoltata», prosegue l'intervista. Senza far mistero che «le autorità governative e le istituzioni pubbliche abusino del loro mandato e del loro potere quando cercano di costringere cittadini e organizzazioni ad adattarsi alla "teoria queer" riguardo al genere, alla sessualità e al matrimonio» è ancor più urgente il ruolo della Chiesa nell'«affermare la preziosità della vita la preziosità della vita di ogni persona in cui vogliamo riconoscere una sorella, un fratello, un potenziale amico, vedendola, per quanto possibile, come la vede Dio, cioè con immensa speranza», conclude il vescovo Varden.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7930IL MANIFESTO DI VENTOTENE: L'OLIGARCHIA TECNOCRATICA AL POTERE di Riccardo PedrizziFin dalla campagna elettorale per le europee tutti i candidati di Italia Viva, Più Europa e della sinistra in genere avevano ripetuto la litania: "Ventotene da sogno di pochi diventerà una necessità per tutti", dimenticando tutti gli altri fondatori. Per realizzare questo sogno si è subito ricostituito il "Gruppo Spinelli" in questa legislatura del Parlamento europeo. Con l'obiettivo ambizioso di costituire un'Unione federale, sovrana e democratica. Per ultimo, nei giorni scorsi, Josep Borrell, alto rappresentante della Politica estera dell'Ue, ha detto che: "Il Manifesto di Ventotene è la base dell'Unione europea e rappresenta tutti i valori in cui crediamo, lo manderei a Putin". Ed è naturale che la pensi cosi lui che è del Partito Socialista Operaio spagnolo, inaugurando domenica 1° settembre sull'isola pontina il murales che riproduce il testo dello scritto di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, considerato dalla sinistra internazionale il documento fondativo dell'Unione europea.Ora, che siano esponenti della sinistra più o meno estrema a sognare "Ventotene" è anche comprensibile, quello che non si capisce, invece, è il giudizio positivo espresso su quel manifesto da qualche rappresentante della gerarchia cattolica, che alla vigilia del voto sul laicista giornale Repubblica dichiarava: "Mi auguro che l'Europa torni ad essere coerente con lo spirito di Ventotene che prevalgano i principi della solidarietà, della condivisione e della fraternità". Non so, a questo punto, se si possa parlare di ignoranza o di mala fede di questi vescovi italiani.Come molti sanno, il manifesto di Ventotene sull'Europa unita era stato redatto nell'omonima isola da un gruppo di confinati dal regime fascista, di ideologia socialista, marxista e atea. Pochi però sanno, perché non l'hanno mai neppure letto che quel manifesto voleva attuare una rivoluzione socialista, abolire la proprietà privata; rifiutava il metodo democratico; il popolo doveva essere guidato da pochi esperti e soprattutto doveva essere "educato".UN'EUROPA AUTORITARIA, ATEA E ANTICRISTIANAIn estrema sintesi quello di Ventotene è il manifesto di un'Europa autoritaria, atea e anticristiana, guidata da una categoria di esperti illuminati. Ciononostante qualche ecclesiastico si augurava che l'Europa ritornasse ancora di più a quello spirito. L'offensiva su e con Ventotene era iniziata qualche anno fa con la venuta nell'isola di personaggi delle istituzioni europee come Ursula von del Layen, presidente della Commissione e come lo scomparso David Sassoli, presidente del Parlamento europeo.Il decollo dell'attenzione - come si ricorderà - era proseguito, con il vertice promosso da Matteo Renzi il 22/8 del 2016 e con la partecipazione di Francois Holland e di Angela Merkel sulla portaerei Garibaldi, perché - disse l'allora il presidente del Consiglio italiano - "l'Isola di Ventotene rappresenta i valori e gli ideali che hanno fondato l'Unione europea". Poi arrivò il 20 agosto del 2021 il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, si recò in occasione dell'ottantesimo anniversario del "Manifesto di Ventotene" e del 40° "Seminario per la formazione federalista europea" sull'isola pontina, rendendo omaggio alla tomba di Altiero Spinelli, sulla quale depose una corona di fiori. In pratica anche lui, ex democristiano e, quindi, presumibilmente cattolico, contribuì ad alimentare la tesi secondo la quale il "Manifesto di Ventotene" sarebbe il fondamento della Unione europea.Da allora il leit-motive di tutte le manifestazioni è stato quello, appunto, di far passare sempre più l'idea che quel "manifesto" fosse la base, l'atto di battesimo della causa europeista. [...]In realtà le istituzioni europee erano nate con tutt'altra ispirazione molto diversa di quella del Manifesto per principale impulso dei tre statisti, tutti e tre cattolici, i quali avevano preso le mosse dalle comuni radici cristiane dell'Europa ed avevano assunto come riferimento simbolico il Sacro Romano Impero (attualmente il massimo riconoscimento europeo è proprio e non a caso un premio intitolato a Carlo Magno) e pochi sanno che le stelle che circondano il vessillo europeo sono le stelle che ornano il capo della Vergine Maria.Il filone "laico" era già allora presente, ma aveva i suoi antesignani nel francese Jean Monnet e nel belga Paul-Henri Spaak e non certo negli autori del Manifesto di Ventotene e nella loro Unione dei Federalisti Europei.Ora ci si dovrebbe chiedere perché si sta insistendo tanto su tale manifesto e perché si rende omaggio alla tomba di Altiero Spinelli, sepolto a Ventotene? Ciò è evidente. Perché la cultura, e quindi il progetto politico attuale dell'Europa, sono del tutto subalterni proprio a quei circoli politico-culturali, eredi del mondo da cui provenivano gli autori del Manifesto di Ventotene.C'è dunque un obbiettivo ideologico e ci sono poi gli aspetti simbolici per celebrare col massimo risalto possibile il "Manifesto di Ventotene". Scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colosini e altri, infatti è molto celebrato dalla cultura di sinistra italiana, ma in effetti largamente ignoto altrove. In pratica si sta facendo passare quel Manifesto come se fosse davvero la pietra angolare delle istituzioni europee e si parla dei suoi autori come se fossero davvero i padri dell'Europa.IMAGINE THERE'S NO COUNTRIESLa verità è che, redatto da intellettuali di sinistra, futuri co-fondatori del Partito d'Azione, il documento è un vessillo di quell'idea d'Europa molto "laica", se non laicista, e molto statalista, che in effetti all'inizio del processo di unificazione ebbe ben poco peso e che prevalse più tardi, solo dagli anni '80 del secolo scorso, fino a condurre l'attuale Unione europea nella situazione in cui si trova adesso.In effetti l'Europa di Spinelli e compagni è oligarchica e mondialista, vuole superare le differenze nazionali e non è pensata come il coronamento di un'unità di popoli europei, basata sui loro caratteri comuni (etnici, culturali, religiosi), ma come l'embrione di una futura aggregazione di livello mondiale, che elimini definitivamente dalla faccia della Terra ogni confine, ogni differenza culturale e che riunisca tutti i popoli del Mondo. Insomma l'Europa del Manifesto è solo un primo passo di una struttura che dovrebbe preludere ad un internazionalismo indifferenziato ed uniforme con un governo globale mondialista.È la visione, per essere ancora più chiaro, di un insieme di tutti i popoli che costituiscono l'umanità, di cui la federazione europea dovrebbe essere la garanzia perché i rapporti con i popoli asiatici e americani possano svolgersi su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un avvenire, in cui diventi possibile l'unità politica dell'intero globo. Risulta chiaro pertanto l'impostazione antinazionale di tutto il progetto.Basta leggere bene tutto il documento.Nella prima parte del Manifesto si sostiene che gli Stati nazionali sono stati uno strumento utile a ridurre il potere reazionario del Vaticano, ma poi sono diventati gli artefici di nazionalismi e totalitarismi; sono stati una tappa, che è da superare in vista di una sempre più grande aggregazione statale, prima europea e poi mondiale.Nessun riferimento alla comune identità europea, alla cultura, alle tradizioni, alla religione che hanno costituito la storia del continente europeo è rilevabile all'interno del freddo e burocratico manifesto spinelliano, che vuole l'unità europea perché "è la tendenza storica della Modernità a volerlo".LA RELIGIONE COME FATTORE DI OSCURANTISMOAncora, considerata la religione come fattore di oscurantismo, [...] si propone di sostituirla con la fratellanza universale che ignora le differenze tra i popoli. Il Manifesto di Ventotene ha, inoltre, un sapore elitario: Spinelli critica il processo democratico e la sovranità popolare e chiarisce che deve essere una minoranza "veramente rivoluzionaria" a guidare il processo di integrazione europea.Di fronte a questa vera e propria ideologia antidemocratica, oligarchica, tecnocratica e persino dittatoriale [...] non viene riconosciuto spazio alcuno all'autonomia della persona, alla società civile, insomma al principio di sussidiarietà.Come tutte le leggende, dunque, anche quella dell'Ue ha i suoi miti. Uno dei più significativi e falsi è il Manifesto di Ventotene; ma la semplice lettura di quel documento dovrebbe indurre i suoi apologeti ad avere un po' di pudore nell'esaltarlo, visto che in quel Manifesto vi è la radice ideologica di istituzioni lontane dai popoli ed oggi arroccate in burocrazie, che guardano alla democrazia come a un pericolo, che ritengono l'unificazione europea non l'esito di un percorso di federazione fra popoli e nazioni, nel rispetto delle specificità di ciascuna, ma l'imposizione dall'alto di regole comuni.Ora questa leggenda, con i suoi falsi miti, mostra i suoi limiti nel confronto con la realtà.L'alternativa vera oggi non è fra europeismo e nazionalismo (o sovranismo), ma fra Ventotene e Magistero della Chiesa quanto al rispetto delle identità e della volontà dei popoli, alla consapevolezza di una storia e di un destino comune.In pratica Altiero Spinelli avrebbe voluto alla guida della futura Unione europea un organismo indipendente, senza legittimità democratica, non eletto, competente (i migliori di oggi) e non soggetto a scrupoli di carattere morale o sentimentale; in una
Il 2 giugno 1944 Pio XII rivolgeva un discorso ai cardinali che gli avevano presentato gli auguri in occasione della festa di Sant'Eugenio. Era il quinto anno della Seconda guerra mondiale e il Papa affermava che: “La Città eterna, cellula madre di civiltà, e lo stesso territorio sacro intorno al sepolcro di Pietro, hanno dovuto sperimentare e provare quanto lo spirito degli odierni metodi di guerra, per molteplici cause fattisi sempre più feroci, si sia allontanato da quelle indefettibili norme, che un tempo erano ritenute come leggi inviolabili.” Il bombardamento di San Lorenzo era già avvenuto e il Papa levava il suo ammonimento: “Chiunque osasse levare la mano contro Roma, sarebbe reo di matricidio dinanzi al mondo civile e nel giudizio eterno di Dio”.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7759NON SI PUO' RIDURRE IL PAPA A UN RUOLO PURAMENTE ONORIFICO sdi Roberto de MatteiDi fronte allo sfacelo della situazione ecclesiastica contemporanea non manca nel mondo tradizionalista chi arriva a mettere in dubbio le stesse istituzioni della Chiesa, a cominciare dal Papato. C'è chi sostiene, ad esempio, la necessità di rafforzare il potere dei vescovi, spogliando il Papa delle prerogative che ne farebbero un autocrate; una tesi non molto lontana da quella progressista della Chiesa sinodale, che vorrebbe ridurre il ruolo del Pontefice a un primato puramente onorifico. Altri sostengono l'abolizione dello Stato della Città del Vaticano, altri ancora vorrebbero abolire ogni forma di potere giuridico ed economico del Papato, ricordando le parole del Vangelo "non prendete borsa, né bisaccia, né denaro, né sandali, né due tuniche" (Lc 10,4). Così, il mito della Chiesa "primitiva" opposta a quella "costantiniana", un tempo cavallo di battaglia di protestanti e modernisti, si fa strada oggi tra i cattolici fedeli alla Tradizione. La frattura con la Tradizione della Chiesa, all'origine del disastro attuale, risalirebbe non al Concilio Vaticano II, ma all'Imperatore Costantino.La confusione è grande e vorremo ricordare alcune verità tratte dal Magistero perenne della Chiesa. Dobbiamo conoscere e amare la Chiesa per come è stata voluta da Gesù Cristo e non per come noi vorremmo che fosse.La Chiesa fondata da Gesù Cristo è una realtà che nasce e vive nella storia ed è allo stesso tempo umana e divina: umana per le membra di cui si compone, soprannaturale e divina per la sua origine, per il suo fine, per i suoi mezzi.Come società umana, la Chiesa è un corpo visibile, composto da persone non necessariamente sante o in stato di grazia, ma unite dalla stessa fede sotto un medesimo governo. Questo governo, per volere del suo Fondatore è monarchico e gerarchico, ed è dotato di tutti i mezzi per esistere ed operare. Quali sono questi mezzi? Il primo è l'esistenza di leggi. La Chiesa è una società nel suo ambito perfetta, che non solo insegna, ma governa. Perciò ha anche il diritto di formulare delle leggi ed infliggere delle pene proporzionate alla gravità delle loro violazioni.UN'ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE E GERARCHICAEssendo la Chiesa governata da vescovi in unione con il Papa, è necessaria poi un'organizzazione territoriale. Per questo le sue diocesi sono configurate e distribuite secondo zone geografiche distinte.La Chiesa può anche disporre di beni temporali, tratti dai liberi contributi sia dei fedeli che dello Stato, e di chiunque sia convinto dell'importanza della sua missione e sia desideroso di favorirla. E' questa l'origine del patrimonio della Chiesa, riconosciuto dagli imperatori Costantino e Licinio, fin dal 313 dopo Cristo.Alla fine del V secolo, in un periodo in cui mancava un'amministrazione imperiale continuativa ed efficiente, il Papa san Gregorio Magno (590-604) volle assicurare una vigorosa amministrazione dei beni della Chiesa (patrimonium Petri), perché essa iniziava ad assumersi responsabilità pubbliche che esigevano ingenti mezzi materiali. Paolo Diacono, biografo di Gregorio, ci offre un resoconto dettagliato dei patrimoni di cui il Papa fu abile amministratore. I viaggi e il mantenimento dei missionari nei diversi paesi; le ambascerie presso l'imperatore e quelle dei legati straordinari, che dovevano spesso intraprendere lunghi viaggi per conto del Papa; le fondazioni o le visite dei monasteri; l'esercizio della giustizia sotto ogni forma; tutto questo comportava spese che venivano assunte dall'insieme dei beni della Chiesa denominato Patrimonio di San Pietro. Questo patrimonio non venne accumulato per esercitare un crescente potere politico, ma per garantire la piena libertà dell'azione evangelizzatrice della Chiesa e mantenere il Primato ecclesiastico di Roma in tutta la Cristianità.Ancora oggi l'autonomia spirituale del Papa esige la sua indipendenza personale e territoriale da ogni potere civile. Un tempo questa indipendenza era realizzata dallo Stato Pontificio, oggi dallo Stato della Città del Vaticano.Ma più in generale la missione della Chiesa esige una sua presenza, sostenuta economicamente, in tutti i campi: i suoi edifici sono costruiti da architetti e da maestranze in spazi pubblici: la sua liturgia è legata ad arredi, vesti, memorie storiche; la sua azione pastorale esige le condizioni create dalla tecnica e dal progresso. Oggi ad esempio rientrano in questa presenza pubblica anche le piattaforme web, usate da difensori e oppositori della Chiesa. Tutto questo presume il diritto di possedere della Chiesa.LA CHIESA È UNA SOCIETÀ DI UOMINI E NON DI ANGELINel discorso La vostra presenza del 4 aprile 1913 ai pellegrini della diocesi di Milano venuti a Roma per le feste del XVI centenario della Pace di Costantino, san Pio X diceva: "La Chiesa ha il diritto di possedere, perché è una società di uomini e non di angeli, ed ha bisogno dei beni materiali ad essa pervenuti dalla pietà dei fedeli, e ne conserva il legittimo possesso per l'adempimento dei suoi ministeri, per l'esercizio esteriore del culto, per la costruzione dei templi, per le opere di carità, che le sono affidate e per vivere e perpetuarsi fino alla consumazione dei secoli. E questi diritti sono così sacri che la Chiesa ha sentito sempre il dovere di sostenerli e difenderli, ben sapendo che, se cedesse per poco alle pretensioni dei suoi nemici, verrebbe meno al mandato ricevuto dal Cielo e cadrebbe nella apostasia. Perciò la storia ci segnala una serie di proteste e rivendicazioni fatte dalla Chiesa contro quanti volevano renderla schiava. La sua prima parola al Giudaismo, detta da Pietro e dagli altri Apostoli: Bisogna obbedire a Dio, piuttosto che agli uomini (Act. V, 29), questa sublime parola fu ripetuta sempre dai loro successori e si ripeterà fino alla fine del mondo, fosse pure per confermarla con un battesimo di sangue".Le pratiche del culto, l'organizzazione giuridica, la stessa propagazione della fede, predicata da uomini in carne ed ossa che vivono nel mondo, è soggetta a tutte le esigenze della condizione storica. Certamente questa dimensione visibile della Chiesa è quella umana, e quindi quella più soggetta a decadenza e corruzione. La soluzione però non sta in una Rivoluzione che sfiguri i connotati della Chiesa, ma in una sua riforma interna, che si richiami all'azione invisibile e misteriosa dello Spirito Santo, che sempre la assiste. La strada da seguire, in una parola, non è quella di Lutero o dei modernisti, ma quella dei grandi riformatori come san Pier Damiani, san Carlo Borromeo o lo stesso san Pio X.Bisogna affermarlo con fiducia nel futuro malgrado il disfacimento attuale. La Chiesa, a differenza delle società umane, non si avvia verso il declino, ma verso una pienezza di vita capace di durare in eterno. Essa è stata fondata da Gesù Cristo, Uomo-Dio, e la sua dimensione è l'eternità.
Di fronte allo sfacelo della situazione ecclesiastica contemporanea non manca nel mondo tradizionalista chi arriva a mettere in dubbio le stesse istituzioni della Chiesa, a cominciare dal Papato. C'è chi sostiene, ad esempio, la necessità di rafforzare il potere dei vescovi, spogliando il Papa delle prerogative che ne farebbero un autocrate; una tesi non molto lontana da quella progressista della Chiesa sinodale, che vorrebbe ridurre il ruolo del Pontefice a un primato puramente onorifico. Altri sostengono l'abolizione dello Stato della Città del Vaticano, altri ancora vorrebbero abolire ogni forma di potere giuridico ed economico del Papato, ricordando le parole del Vangelo “non prendete borsa, né bisaccia, né denaro, né sandali, né due tuniche” (Lc 10,4). Così, il mito della Chiesa “primitiva” opposta a quella “costantiniana”, un tempo cavallo di battaglia di protestanti e modernisti, si fa strada oggi tra i cattolici fedeli alla Tradizione. La frattura con la Tradizione della Chiesa, all'origine del disastro attuale, risalirebbe non al Concilio Vaticano II, ma all'Imperatore Costantino.La confusione è grande e vorremo ricordare alcune verità tratte dal Magistero perenne della Chiesa. Dobbiamo conoscere e amare la Chiesa per come è stata voluta da Gesù Cristo e non per come noi vorremmo che fosse.La Chiesa fondata da Gesù Cristo è una realtà che nasce e vive nella storia ed è allo stesso tempo umana e divina: umana per le membra di cui si compone, soprannaturale e divina per la sua origine, per il suo fine, per i suoi mezzi. Come società umana, la Chiesa è un corpo visibile, composto da persone non necessariamente sante o in stato di grazia, ma unite dalla stessa fede sotto un medesimo governo. Questo governo, per volere del suo Fondatore è monarchico e gerarchico, ed è dotato di tutti i mezzi per esistere ed operare. Quali sono questi mezzi? Il primo è l'esistenza di leggi. La Chiesa è una società nel suo ambito perfetta, che non solo insegna, ma governa. Perciò ha anche il diritto di formulare delle leggi ed infliggere delle pene proporzionate alla gravità delle loro violazioni.Essendo la Chiesa governata da vescovi in unione con il Papa, è necessaria poi un'organizzazione territoriale. Per questo le sue diocesi sono configurate e distribuite secondo zone geografiche distinte.La Chiesa può anche disporre di beni temporali, tratti dai liberi contributi sia dei fedeli che dello Stato, e di chiunque sia convinto dell'importanza della sua missione e sia desideroso di favorirla. E' questa l'origine del patrimonio della Chiesa, riconosciuto dagli imperatori Costantino e Licinio, fin dal 313 dopo Cristo. Alla fine del V secolo, in un periodo in cui mancava un'amministrazione imperiale continuativa ed efficiente, il Papa san Gregorio Magno (590-604) volle assicurare una vigorosa amministrazione dei beni della Chiesa (patrimonium Petri), perché essa iniziava ad assumersi responsabilità pubbliche che esigevano ingenti mezzi materiali. Paolo Diacono, biografo di Gregorio, ci offre un resoconto dettagliato dei patrimoni di cui il Papa fu abile amministratore. I viaggi e il mantenimento dei missionari nei diversi paesi; le ambascerie presso l'imperatore e quelle dei legati straordinari, che dovevano spesso intraprendere lunghi viaggi per conto del Papa; le fondazioni o le visite dei monasteri; l'esercizio della giustizia sotto ogni forma; tutto questo comportava spese che venivano assunte dall'insieme dei beni della Chiesa denominato Patrimonio di San Pietro. Questo patrimonio non venne accumulato per esercitare un crescente potere politico, ma per garantire la piena libertà dell'azione evangelizzatrice della Chiesa e mantenere il Primato ecclesiastico di Roma in tutta la Cristianità.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7703CONCORDATO DEL 1984: QUARANT'ANNI DI SCRISTIANIZZAZIONE di Roberto De MatteiQuarant'anni fa, il 18 febbraio 1984, il presidente del Consiglio Bettino Craxi ed il cardinaleSegretario di Stato Agostino Casaroli firmarono solennemente a Villa Madama, il Nuovo Concordato tra la Santa Sede lo Stato italiano, che rivedeva profondamente i Patti Lateranensi dell'11 febbraio 1929.I Patti Lateranensi del 1929, avevano sancito un nuovo rapporto di collaborazione tra Chiesa e Stato in Italia, la cosiddetta "Conciliazione", dopo il lungo dissidio seguito all'occupazione militare dello Stato pontificio e alla presa di Roma del 20 settembre 1870. Essi avevano il loro principio fondamentale nel riconoscimento della Religione cattolica, apostolica e romana, come la sola Religione dello Stato. Da questo principio scaturivano alcune importanti conseguenze, come l'insegnamento della dottrina cristiana nelle scuole, il riconoscimento giuridico del matrimonio sacramentale, la proclamazione del carattere sacro della città di Roma.La Costituzione repubblicana del 1948, pur essendo animata da un profondo spirito laicista, nel suo articolo 7, recepì i Patti Lateranensi come fondamento dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia. La novità del "Nuovo Concordato", firmato nel 1984, come spiegò lo stesso Presidente del Consiglio Craxi, consisteva invece nel realizzare la «moderna separazione» tra Stato e Chiesa, affermando il principio della "neutralità" dello Stato in materia di religione. Lo stesso cardinale Casaroli precisò che il «fulcro» del Nuovo Concordato era costituito dall'abolizione del "principio originariamente richiamato dai Patti Lateranensi della religione cattolica come sola religione dello Stato». La segreteria di Stato vaticana e la Conferenza episcopale italiana, esprimevano pubblicamente il loro plauso per il nuovo traguardo raggiunto.IL CENTRO CULTURALE LEPANTOL'11 febbraio 1984, una settimana prima della firma del Nuovo Concordato, il Centro Culturale Lepanto, che avevo l'onore di presiedere, pubblicò, come inserto pubblicitario, su alcuni quotidiani nazionali un «manifesto» intitolato «Può un cattolico preferire lo Stato ateo?». Scrivevamo tra l'altro: "Non meraviglia che le forze rivoluzionarie e anticristiane, che professano l'ateismo e l'egualitarismo radicale, esprimano la loro sostanziale soddisfazione verso un progetto concordatario in cui vedono affermato il principio dell'uguaglianza delle religioni, e quindi un implicito ateismo di Stato, destinato ad avere enormi conseguenze in seno alla società civile. Ciò che invece è strabiliante è che la stessa intima soddisfazione per questo Concordato venga espressa pubblicamente dai vertici del mondo cattolico, sia laici che ecclesiastici, tanto da considerarlo molto migliore dell'antico e quindi a questo nettamente preferibile. Il Centro Culturale Lepanto - associazione civico-culturale che si ispira all'immutabile dottrina della Chiesa - rivolge a queste autorità del mondo cattolico italiano una domanda, rispettosa ma pressante: Può un cattolico preferire uno Stato "neutrale" in materia di religione, e quindi implicitamente ateo, ad uno Stato ufficialmente cattolico? Questa preferenza non contraddice la dottrina cattolica e lo stesso buon senso? Negli ultimi due secoli, il Magistero della Chiesa, soprattutto per bocca dei Sommi Pontefici, ha sempre condannato il principio anticristiano del laicismo e della neutralità religiosa, affermando per contro il dovere dello Stato di riconoscere pubblicamente e di sostenere efficacemente la vera Religione. Tra le innumerevoli citazioni, ci limitiamo a riportare questa di san Pio X: «È una tesi assolutamente falsa, un errore pericolosissimo, pensare che bisogna separare lo Stato dalla Chiesa. Questa posizione si basa infatti sul principio che lo Stato non debba riconoscere nessun culto religioso. Essa è assolutamente ingiuriosa verso Dio, poiché il Creatore dell'uomo è anche il fondatore della società umana, e mantiene in vita sia questa che noi singoli individui. Perciò gli dobbiamo non soltanto un culto privato, ma anche un culto sociale ed onori pubblici» (Enc. Vehementer dell' 11 febbraio 1906). Lo stesso buon senso impone del resto che un cattolico abbia il diritto di vivere in una società in cui costumi, leggi e istituzioni subiscano la più profonda influenza da parte della vera Religione. La stessa logica esige che il cattolico reclami l'irrinunziabile diritto di formare una famiglia cattolica, una civiltà cattolica, uno Stato di principio e di fatto cattolico. Assolutamente illogico è invece che un cattolico preferisca uno Stato "neutrale" ad uno Stato animato dallo spirito della Santa Chiesa. Come può infatti egli preferire uno Stato in cui la Religione cattolica perda il suo primato e il suo prestigio per essere trattata alla stregua di una setta qualsiasi? In cui l'insegnamento religioso non venga più impartito nelle scuole, se non su esplicita richiesta? In cui 1e preziose figure dei cappellani debbano abbandonare ospedali, carceri, caserme? In cui l'adorabile immagine del Crocefisso venga estromessa da ogni edificio pubblico? In cui la bestemmia non sia più perseguibile come reato, ma venga considerata una rispettabile opinione? Non sono forse queste le logiche conseguenze del Nuovo Concordato?".CONCLUSIONICiò che era scandaloso non era l'accordo, ma l'elogio che di esso facevano le autorità ecclesiastiche. Esse avrebbero potuto presentare il Nuovo Concordato come un compromesso doloroso, ma necessario, esprimendo il loro rammarico per una oggettiva menomazione dei diritti della Chiesa e ricordando l'ideale dello Stato cattolico, come modello a cui tendere. La CEI, in una dichiarazione ufficiale del 19 febbraio 1984, si vantava invece di aver "dato il deciso contributo di sua competenza nelle fasi dell'elaborazione del testo, lieta ora che il contributo sia stato accolto".Il 12 dicembre 1984 venne posta a Roma la prima pietra della grande moschea islamica che fu ufficialmente inaugurata il 21 giugno 1995, Fu questa una delle prime conseguenze della scomparsa del carattere sacro della città di Roma, tutelato dai Patti Lateranensi.Quarant'anni dopo possiamo confermare ciò che nel 1984, unica voce cattolica in Italia, affermavamo ad alta voce. Il Nuovo Concordato rappresentò una grave tappa nel processo di scristianizzazione del nostro paese.
L'esortazione apostolica Laudate Deum di Papa Francesco è appiattita sul catastrofismo ambientalista. La denuncia di Franco Prodi, fisico dell'atmosfera del CNR che mette in guardia dalle bugie green che sono entrate anche nella Chiesa come il fumo di satana nel Tempio...Qual'è la vera dottrina cattolica riguardo all'ecologia?Leggi Cattolicesimo, ecologia e ambiente del vescovo Dominique ReyFede & CulturaLa Tradizione che non passa di moda
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7575I DUBIA SPIEGATI A CHI AVESSE ANCORA DUBIA di Alfredo Maria MorselliI dubia sono delle domande che qualsiasi fedele può rivolgere al Santo Padre, analogamente a quanto uno scolaro può fare con la maestra. La Maestra è la Chiesa, e lo scolaro è un qualsiasi fedele.Il Catechismo, infatti, ci insegna che "La Legge di Dio, affidata alla Chiesa, è insegnata ai fedeli come cammino di vita e di verità. I fedeli hanno, quindi, il diritto [CIC, can. 213.] di essere istruiti intorno ai precetti divini salvifici, i quali purificano il giudizio e, mediante la grazia, guariscono la ragione umana ferita. Hanno il dovere di osservare le costituzioni e i decreti emanati dalla legittima autorità della Chiesa. Anche se sono disciplinari, tali deliberazioni richiedono la docilità nella carità" (Catechismo della Chiesa Cattolica, § 2037).Il Magistero ordinario è infallibile globalmente preso, ma può contenere errori in pronunciamenti particolariMentre l'ispirazione del testo biblico è tale che l'agiografo gode di una tale assistenza per cui egli certamente scrive, come vero autore, senza alcun errore, tutto e solo quello che Dio muove a scrivere, questo tipo di aiuto divino non si estende in modo così perfetto al Magistero.Infatti, i pronunciamenti magisteriali possono in qualche modo, e in base al tenore con cui sono pronunciati, essere redatti in modo più o meno perfetto e talvolta possono contenere o favorire l'eresia o altre forme di errore.Neppure le definizioni infallibili, che certamente non contengono errori e richiedono necessariamente da parte del fedele l'assenso interno della fede, godono dell'assistenza propria dell'ispirazione biblica.Nella storia della Chiesa si sono verificati rari casi in cui i Pontefici si sono pronunciati in modo erroneo. Il caso più eclatante è stato quello di Onorio I (585-638), che favorì l'eresia monotelita asserendo che in Gesù Cristo ci sarebbe una sola volontà: per questo fu condannato da quattro Concilî, dopo la sua morte, senza che nessuno mettesse in dubbio che fosse vero Papa o che fosse decaduto dal Pontificato, o ipotizzasse la sede vacante dopo l'affermazione contraria alla vera fede.IL MAGISTERO ORDINARIO DEL PAPA È LA NORMA PROSSIMA DELLA FEDEImmaginiamo una libreria con dieci scaffali, su cui ogni credente e ogni teologo va a prendere gli argomenti per credere e per argomentare: Melchior Cano ha chiamato questi scaffali "luoghi teologici": sette luoghi teologici propri - Scrittura, Tradizione, Magistero della Chiesa, Concili, decisioni dei Papi, SS. Padri, Teologi - , e tre impropri e annessi - la ragione umana, la filosofia e la storia.Ebbene, il Papa ha l'ultimissima parola su tutti questi luoghi; è lui stesso che interpreta il suo Magistero e quello dei suoi predecessori, che convalida le opinioni dei Padri, che interpreta la S. Scrittura, che dice se un sistema filosofico può svolgere una funzione ancillare nei confronti della fede etc. Ovviamente la sua è una funzione di interpretazione, di esplicitazione e di trasmissione, non di creazione del deposito rivelato.Questa funzione è un servizio indispensabile perché altrimenti ci troveremmo davanti non a una rivelazione certa, ma a una interpretazione o a un cerchio gnostico di interpretazioni che rimandano ad altre interpretazioni. Contro questo pericolo, ci metteva in guardia San Giovanni Paolo II: «L'interpretazione di questa Parola [e, aggiungo io, analogamente, di una testimonianza autentica della Tradizione, la quale, insieme alla Parola, costituisce la Rivelazione] non può rimandarci soltanto da interpretazione a interpretazione, senza mai portarci ad attingere un'affermazione semplicemente vera; altrimenti non vi sarebbe rivelazione di Dio, ma soltanto l'espressione di concezioni umane su di Lui e su ciò che presumibilmente Egli pensa di noi» (Fides et Ratio, § 84).È NECESSARIO UN PRIMUM MOVENS INGIUDICABILE NELLA TRASMISSIONE DELLA RIVELAZIONEPossiamo applicare alla catena della trasmissione della Rivelazione il principio comune alle cinque vie di San Tommaso d'Aquino, cioè delle sue dimostrazioni dell'esistenza di Dio: si deve risalire a un primo principio, che è Dio, perché non si può andare all'infinito - Hic autem non est procedere in infinitum (S. Th. Iª q. 2 a. 3 co.) - nella serie di moti, di causa-effetto-fine, e nell'ordine delle perfezioni.Cerco di semplificare: un treno che parte dall'infinito non arriverà mai; se parte da molto lontano, ci metterà molto tempo, ma prima o poi arriva. Noi ci siamo e siamo arrivati, quindi è necessario che ci sia un punto di partenza: e questo è ciò che gli uomini chiamano Dio.Analogamente, per una fede certa e convinta, ci vuole anche il punto di partenza certo e sicuro della proposizione a credere: questo principio è Dio che si rivela, non senza la mediazione del Romano Pontefice.Non si può procedere all'infinito, in un loop testo-obiezione privata: «...è cosa impossibile valicare l'infinito. Se dunque la ricerca del consiglio fosse infinita, nessuno inizierebbe mai una deliberazione, contro ogni evidenza».E se ci troviamo di fronte a quei pochi casi in cui è per noi evidente che il Papa sbaglia?A questo punto sorgono le difficoltà e possibili obiezioni. Siccome il Papa non è sempre infallibile, e non tutto quello che dice richiede il grado massimo dell'assenso (assenso interno di fede), non potrò forse mettere in dubbio o contestare il Papa quando sbaglia, oppure quando non definisce o non si esprime in forme particolarmente solenni nel suo magistero ordinario?DUE SOLUZIONI SBAGLIATEDi fronte a questo problema, ci sono due soluzioni entrambe sbagliate: attribuire al Papa infallibilità in tutte le Sue affermazioni (un'intervista sull'aereo avrebbe lo stesso valore di una definizione dogmatica e un'esortazione post-sinodale varrebbe come una dottrina da tenersi in modo definitivo), oppure nell'attribuire al Papa un'infallibilità estremamente limitata - e quindi prestare l'assenso solo alle definizioni ex cathedra: in questo caso, ci troveremmo, nell'ultimo secolo, a dover credere incondizionatamente solo all'Assunzione in Cielo della Madonna (recentemente alcuni teologi hanno messo in dubbio persino l'infallibilità delle canonizzazioni).Quest'ultima ultima posizione trova alleati per diametrum, da un lato, teologi progressisti ed episcopati che, ad esempio, hanno accolto e valutato Humane vitae contestandola come un incidente di percorso non infallibile, e, dall'altro, pseudo-tradizionalisti, frammentati in varie forme di contestazione: un ventaglio che abbraccia sedevacantisti (vari gruppi), resistenti, Fraternità Sacerdotale San Pio X, Mons. Viganò, altri gruppi minori. Sono tutti concordi nel dire che il Papa (vero o presunto) sbaglia, ma pure sono un contro l'altro armati, per decidere quanto e come si può accettare o rifiutare Papa e Magistero. La tragicità di questa frantumazione mostra la debolezza delle premesse: di fatto, se non sono sedevacantisti, sono magistero-vacantisti, cioè scelgono che cosa va bene o no del Magistero, subordinandolo alla loro analisi, a cui attribuiscono un valore maggiore di quello del Magistero stesso.Si vede chiaramente l'errore comune delle due posizioni solo apparentemente contrapposte: rifiutare il primato e l'ingiudicabilità definitiva del punto di partenza.Come uscire dalle due false soluzioni? Appurato che non è contro la fede ritenere che un Papa non è sempre infallibile, come collocarsi, rimanendo cattolici, di fronte a un Papa di cui si potrebbe avere la certezza morale che sbaglia (ammesso e non concesso che sbagli realmente)?Premettendo la valutazione qualitativa del valore di una certa affermazione (se si tratta di verità definite o proposte a credere in modo definitivo ogni difetto di assenso è illecito), una via d'uscita potrebbe essere costituita dal metodo dei dubia, cioè porre al Papa una domanda analoga a quella di uno scolaro (Chiesa discente) alla propria insegnante (Chiesa docente): "Signora Maestra, non ho capito; mi sembra che Lei stamattina abbia spiegato diversamente da quello che Lei stessa ci ha detto ieri e che hanno dettole maestre degli anni scorsi. Mi può spiegare come non c'è contraddizione?"Questo atteggiamento interlocutorio non si pone né al posto, né al di sopra del primum movens della trasmissione della rivelazione. Ci si pone come figli che attendono una risposta dal Padre. E, se il Padre non risponde, è responsabilità e inadempienza del Padre, non disobbedienza dei figli.IL MAGISTERO AFFERMA LA LICEITÀ DEI DUBIAIl Magistero stesso afferma la liceità di questo criterio: riporto uno stralcio della Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede Donum veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo, del 24 maggio 1990, §§ 24 e 29-30 (grassetto e corsivo redazionale):«Il Magistero, allo scopo di servire nel miglior modo possibile il Popolo di Dio, e in particolare per metterlo in guardia nei confronti di opinioni pericolose che possono portare all'errore, può interv
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7573SE HANNO RAGIONE I LEFEBVRIANI, LE PORTE DEGLI INFERI HANNO PREVALSO di Alfredo Maria MorselliVorrei esprimere la mia solidarietà alla dott.ssa Luisella Scrosati, che coraggiosamente ha spiegato come, nella devastante crisi che oggi colpisce gli uomini di Chiesa, pur con tanti pastori che remano contro la Verità, ebbene, pur in questa situazione, non è lecito schiodarsi dalla Croce e rifugiarsi presso i priorati della Fraternità Sacerdotale San Pio X.La vostra cara collaboratrice è stata oggetto, nei giorni successivi alla pubblicazione dei suoi articoli, di un impietoso tiro al bersaglio, maleducato nei modi ed errato nella sostanza. Se forse c'è un appunto (di natura strategica) da fare ai suoi ultimi scritti, è quello di essersi dilungata su questioni particolari, piuttosto che concentrarsi sui problemi dottrinali. Non che Ella non l'abbia fatto, ma, un dibattito punto a punto rischia di impantanarsi e di dividersi in tante sotto-questioni.Conviene concentrarsi dunque sulla questione essenziale, che, come ha scritto Benedetto XVI, è di natura dottrinale: «La remissione della scomunica era un provvedimento nell'ambito della disciplina ecclesiastica: le persone venivano liberate dal peso di coscienza costituito dalla punizione ecclesiastica più grave. Occorre distinguere questo livello disciplinare dall'ambito dottrinale. Il fatto che la Fraternità San Pio X non possieda una posizione canonica nella Chiesa, non si basa in fin dei conti su ragioni disciplinari ma dottrinali. [...] Bisogna quindi distinguere tra il livello disciplinare, che concerne le persone come tali, e il livello dottrinale in cui sono in questione il ministero e l'istituzione. Per precisarlo ancora una volta: finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa» (Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai Vescovi della Chiesa Cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei 4 Vescovi consacrati dall'Arcivescovo Lefebvre, 10 Marzo 2009).E quali sono le questioni dottrinali? Sono soprattutto due principali (con altre minori, derivate dalle prime, ad esempio, l'allontanamento dalla dottrina tradizionale circa l'infallibilità delle canonizzazioni): il rifiuto della Nuova Messa e il rifiuto dell'autorità del Magistero dopo il 1962. Prendiamo in esame in dettaglio questi due punti.1) LA NUOVA MESSA VIENE RIFIUTATA IN SÉLa nuova Messa viene rifiutata in sé, ed è presentata come un rito che fa perdere la fede, tanto da vietarne ai fedeli la partecipazione. In pratica la partecipazione alla nuova Messa e la sua celebrazione (pur ritenuta sacramentalmente valida) sono diventati un assoluto morale, una cosa sempre da evitare, che né intenzioni né circostanze possono rendere buona, e quindi lecita. Nel 1976 Mons. Lefebvre così si pronunciava nei confronti del Novus Ordo Missae: «Ah! E questo proprio perché questa unione voluta dai cattolici liberali fra la Chiesa e la Rivoluzione è un'unione adultera! E da questa unione adultera non possono venire che dei bastardi. E chi sono questi bastardi? Sono i riti. Il rito della nuova messa è un rito bastardo. I sacramenti sono dei sacramenti bastardi. Noi non sappiamo più se sono dei sacramenti che danno la grazia o se non la danno più. Noi non sappiamo più se questa messa ci dà il Corpo e il Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo o se non ce lo dà. I preti che escono dai seminarii, essi stessi non sanno più chi sono. [...] I preti che escono dai seminarii sono dei preti bastardi. Essi non sanno più chi sono» (Omelia di S. Ecc. Mons. Marcel Lefebvre nella S. Messa celebrata a Lille, in Francia 29 agosto 1976).E queste sono le posizioni attuali immutate: don Philippe Toulza, in un articolo pubblicato sul sito italiano della Fraternità San Pio X, riassume in questi termini la soluzione del problema: «Non si può celebrare la messa con un rito non cattolico, né assistervi. Ora, la messa di Paolo VI è un rito non cattolico. Dunque non si può celebrare la messa di Paolo VI né assistervi». E nella presentazione di detto articolo, viene anche esposta la strategia pastorale per dissuadere i fedeli: «Benché nelle nostre cappelle si accolgano i nuovi fedeli così come sono, con le loro motivazioni, i loro dubbi, alcune ritrosie etc., il nostro compito è comunque quello di farli crescere nella fede, nelle nozioni, ammonendoli dei pericoli, sino ad approfondire la questione della messa, per giungere a questa consapevolezza: "Non possiamo assistere attivamente al novus ordo"».Che risposta dà le fede autenticamente cattolica a questa ostinazione? Se quanto asserito dalla Fraternità San Pio X fosse vero, sarebbero rese vane le promesse di Nostro Signore, il quale ci ha assicurato che le porte dell'inferno mai prevarranno contro la Chiesa: ora, visto che nel mondo ci sono oltre quattrocentomila sacerdoti, e che (se celebrano tutti i giorni) abbiamo circa 4,5 S. Messe ogni secondo (ammettiamo pure anche una riduzione a una sola S. Messa al secondo, contando gli orientali e le concelebrazioni)... ebbene, se da oltre 50 anni ogni secondo, la Chiesa, nel suo massimo atto di culto, compiuto dalla totalità morale dei Vescovi e dei Sacerdoti, compisse qualcosa di cattivo, come possono essere ritenute vere le promesse del Salvatore?2) IL MAGISTERO VALE SOLO FINO AL 1960Il secondo problema è il giudizio sul Magistero, una sorta di ortodossia ferma al 1960 piuttosto che ai primi sette concílî, un vero libero esame del Magistero, ovvero la trasformazione del cattolicesimo in una "religione del libro", piuttosto che fondata sull'assenso alla Rivelazione proposta continuamente a credere dal Magistero vivo, regola prossima della fede e ultimo e definitivo giudice della corretta ermeneutica. Naturalmente non ogni pronunciamento richiede il medesimo grado di assenso, ma nessuno "privatamente" può decidere che cosa, nel Magistero, vada bene o no a partire dal 1960.La prova di questo neo-protestantesimo è la frammentazione del mondo pseudo-tradizionalista, dove le varie componenti hanno le loro sacrosante ed evidenti ragioni: Fraternità San Pio X, resistenti, Viganò, sedevacantisti (a loro volta divisi in vari gruppi), senza contare alcuni liberi battitori che potremmo definire folcloristici, se non ammaliassero migliaia di persone distogliendole dalla pratica sacramentale. Ora, questa frammentazione, fondata sul Magistero post-conciliare portato innanzi all'esame tribunale della sola [loro] ragione, come non rassomiglia fin troppo a quella divisione in luterani, calvinisti, zwingliani e via via fino alle migliaia di denominazioni protestanti di oggi, ciascuna della quali è certa evidentemente delle sue ragioni?Sia che il punto di partenza sia la Bibbia ("Sola Scriptura"), sia il Denzinger ("Solo Denzinger"), sempre si tratta di libero esame di un libro, di una lettera che uccide in quanto priva dello Spirito vivificante che solo il Magistero vivo, accolto nella sua "autoritatività", può immettere nei cuori (Cf 2 Cor 3,6).PROVA DELLE MIE AFFERMAZIONI1) Chiedete a un sacerdote della Fraternità San Pio X se è lecito partecipare a una S. Messa, celebrata secondo il Novus Ordo, nel migliore dei modi (es.: come celebrava Benedetto XVI).2) Chiedete a un sacerdote della Fraternità San Pio X se accetta il nuovo Codice di diritto canonico, il Catechismo della Chiesa Cattolica, e se ritiene vincolanti i documenti del Magistero dopo il 1960, in base alla lor oggettiva nota teologica.Se vi risponde "No", purtroppo ho ragione io; se vi risponde "Sì", allora è fatto l'accordo dottrinale, e ciò significherebbe la fine alla divisione. E sarebbe accettare finalmente le condizioni che lo stesso Mons. Lefebvre accettò il 5 maggio 1988, ma che poi, disgraziatamente per tutta la Chiesa, ritrattò; ne riporto il nucleo essenziale:Protocollo fissato nel corso della riunione tenutasi a Roma il 4 maggio 1988 tra S. Em. il Cardinale Joseph Ratzinger e S. Ecc. Mons. Marcel Lefèbvre, e firmato dai due prelati il 5 maggio 1988.I - Testo della dichiarazione dottrinaleIo, Marcel Lefèbvre, arcivescovo e vescovo emerito di Tulle, insieme con i membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X da me fondata:1) promettiamo di essere sempre fedeli alla Chiesa cattolica e al romano Pontefice, suo Pastore Supremo, Vicario di Cristo, Successore del Beato Pietro nel suo primato e Capo del corpo dei vescovi.2) Dichiariamo di accettare la dottrina contenuta nel n° 25 della Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano II sul Magistero ecclesiastico e sull'adesione che gli è dovuta.3) A proposito di certi punti insegnati dal Concilio Vaticano II o relativi alle riforme posteriori della liturgia e del diritto, che ci sembrano difficilmente conciliabili con la Tradizione, ci impegniamo ad assumere un atteggiamento positivo di studio e di comunicazione con la Sede Apostolica, evitando ogni polemica.4) Dichiariamo inoltre di riconoscere la validità del Sacrificio della messa e dei sacramenti celebrati con l'intenzione di fare ciò che fa la Ch
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7530IL RIFIUTO DEI LEFEBVRIANI DI SOTTOMETTERSI AL PAPA E' UN ATTO SCISMATICO di Luisella ScrosatiAd emergere in modo preoccupante nelle repliche, spesso scomposte, al dossier della Bussola sulla Fraternità Sacerdotale San Pio X è l'insufficiente comprensione della natura della Chiesa e dell'appartenenza al Corpo mistico di Cristo. Pio XII nell'enciclica Mystici Corporis insegnava che la natura giuridica della Chiesa è l'espressione della dimensione visibile della Chiesa. Ed è nell'unione della dimensione visibile ed invisibile che la Chiesa «presenta una perfettissima immagine di Cristo», il quale "nascondeva" la sua divinità invisibile nell'umanità visibile: Dio agiva mediante la carne assunta. Qui si radica la sacramentalità della Chiesa, così come la sua azione sacramentale. Ora, sottolinea ancora Pio XII, è proprio «in virtù di quella missione giuridica per la quale il divin Redentore mandò nel mondo gli Apostoli come egli stesso era stato mandato dal Padre», che Cristo continua ad agire tramite la Chiesa.Chi ci accusa di essere formalisti, legalisti, non comprende il senso della struttura giuridica della Chiesa. Ed è in ragione di questa dimensione essenziale che mai la Chiesa ha approvato l'esercizio del ministero clericale "slegato" dalla sua struttura giuridica. La posta in gioco non è semplicemente canonica, ma di fede. Ed è bene ricordare che le norme canoniche scaturiscono non solo dalla giustizia, ma spesso e volentieri dai dogmi della fede. Così come è da tenere presente che la costante disciplina canonica è sempre stata considerata come un locus theologicus, ossia un elemento della sacra Tradizione. Pensiamo, tra le tante attestazioni di questa verità, al fatto che Giovanni Paolo II si riferì proprio alla costante pratica della Chiesa per sostenere l'impossibilità di ordinare delle donne. La logica secondo cui, siccome l'elezione dei vescovi è questione disciplinare, allora non riguarda la fede, è decisamente sbagliata; e, ironia della sorte, si pone nella stessa linea del presente pontificato che ha sganciato completamente tra loro prassi e dottrina.CONSACRATO CONTRO LA VOLONTÀ DEL PAPAL'istituzione di un vescovo è prerogativa del Papa: non si è vescovi cattolici semplicemente con la consacrazione (come non si è sacerdoti cattolici solo con l'ordinazione). E nemmeno semplicemente con la dottrina. Qualcuno ha questionato sul fatto che l'obbligatorietà della nomina dei vescovi da parte del Papa sia contraddetta dalla storia. Abbiamo già avuto modo di distinguere la modalità di elezione dalla nomina; e parimenti nessuno intende sostenere che debba essere il Papa in persona a consacrare. Nemmeno è richiesto che questa designazione del vescovo provenga esplicitamente dal Papa, ma è assolutamente chiaro che nessuno può consacrare un vescovo contro la volontà del Papa e nessuno può essere considerato un vescovo cattolico se il Capo del Collegio episcopale non lo accoglie nel Collegio. Questo è un aspetto chiave del primato del Papa, da cui deriva anche la sua potestà di deporre un vescovo, ovunque si trovi. Un pontefice può certamente abusare di questo suo potere, ma, come si suol dire, l'abuso non toglie l'uso.È proprio perché si va contro la legge divina e non quella semplicemente umana, che il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, nella Nota sulla scomunica per scisma in cui incorrono gli aderenti al movimento del Vescovo Marcel Lefebvre, chiariva che «non si dà mai una necessità di ordinare Vescovi contro la volontà del Romano Pontefice, Capo del Collegio dei Vescovi. Ciò infatti significherebbe la possibilità di "servire" la Chiesa mediante un attentato contro la sua unità in materia connessa con i fondamenti stessi di questa unità». Mai. Sostenere il contrario significherebbe pensare che Nostro Signore, disponendo in questo modo le cose, non sia stato in grado di prevedere tutte le situazioni e circostanze che si sarebbero verificate nella storia della sua Chiesa. Ecco perché rifarsi allo "stato di necessità" per andare contro un diritto divino è un controsenso.Ci sono due lettere di papa Innocenzo I (+417) che attestano l'impossibilità di concepire l'episcopato senza la sua connessione con il Papa. Nella lettera 29, indirizzata al Concilio di Cartagine, egli parla della Sede Apostolica «a quo ipse episcopatus et tota auctoritas nominis hujus emersit» (PL 20, 583). L'episcopato e la sua autorità provengono dalla Sede Apostolica. Nella lettera successiva, indirizzata al Concilio di Milevi, il Pontefice afferma inoltre che i vescovi «ad Petrum (...) sui nominis et honoris auctorem referre debere» (PL 20, 590); Pietro è quindi l'autore sia del nome che della dignità dei vescovi.Si potrebbero aggiungere anche altri testi che vanno nella stessa direzione: nei primi secoli, quando ancora non c'era tecnicamente il mandatum, né c'era un codice di diritto canonico che prevedeva sanzioni, era già chiaro che un episcopato contro la volontà del Papa è semplicemente una contraddizione; come risulta un nonsenso la teorizzazione della separazione tra potere d'ordine e potere di giurisdizione (separazione, non distinzione). Per la Chiesa la semplice questione della validità di un sacramento non è mai stata questione dirimente il fatto che lo si possa ricevere o esercitare. Un vescovo validamente consacrato contro la volontà del Papa semplicemente non è un vescovo cattolico.LA GIURISDIZIONE PROVIENE SOLO DAL PAPAUn altro chiarimento: supponiamo che la tesi della separazione tra potere d'ordine e giurisdizione sia possibile. Ne consegue che mons. Lefebvre non ha voluto trasmettere alcuna giurisdizione, come la Fraternità Sacerdotale San Pio X afferma. Ma allora, perché la Fraternità Sacerdotale San Pio X agisce come se l'avesse ricevuta dal Papa, mentre il Papa non solo non gliel'ha data, ma gliel'ha espressamente rifiutata? Lo stato di necessità non può dare alcuna giurisdizione: è di fede che la giurisdizione provenga solo dal Papa. Quali fonti magisteriali o della Tradizione può esibire la Fraternità Sacerdotale San Pio X per affermare che lo stato di necessità, per se stesso, conferisce la giurisdizione?Dunque, perché mons. Lefebvre ha istituito - e la Fraternità Sacerdotale San Pio X continua ad avere - un Tribunale Canonico che usurpa i diritti di chi invece ha giurisdizione? Perché, a quanti si rivolgono a questi tribunali per ricevere una sentenza sulla validità del proprio matrimonio o sulla dispensa dai voti, si fa firmare una dichiarazione nella quale si promette «di non rivolgermi ad un tribunale ecclesiastico ufficiale per fargli esaminare o giudicare il mio caso», il tutto giurando con la mano sul Vangelo? Perché la Fraternità solleva i fedeli dal precetto domenicale che impone l'assistenza alla Messa, qualora questi non possano ricorrere a delle Messe nel rito antico? Perché impedisce ai propri sacerdoti ogni tipo di partecipazione attiva, inclusa quella di assistere in coro con la cotta, alle Messe con il rito riformato ed anche alle Messe in rito antico celebrate dai sacerdoti ex-Ecclesia Dei? Perché non ammette il culto pubblico dei santi canonizzati dai papi post-conciliari, per la ragione che tutto quello che viene dopo il Concilio è dubbio? Perché non accetta il Codice di Diritto canonico, rifiuta la Professio Fidei, e insegna essere dubbio tutto il Magistero dopo il Vaticano II? La lista, purtroppo, potrebbe continuare. Se ci sono cose che la Fraternità Sacerdotale San Pio X ha nel frattempo corretto, ne saremmo sinceramente contenti. Ma sarebbe bene dirlo pubblicamente, soprattutto di fronte ai propri fedeli.UN ATTO SCISMATICO: IL RIFIUTO DELLA SOTTOMISSIONE AL PAPAUn'altra obiezione riguarderebbe il fatto che la Fraternità Sacerdotale San Pio X non sarebbe in scisma, perché mons. Lefebvre non aveva l'intenzione di compiere un atto scismatico. Qui c'è una confusione piuttosto evidente tra il finis operis ed il finis operantis. Lo scisma - lo si è già visto - è essenzialmente «il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti» (CIC, can. 751). Non in teoria, ma nella pratica. L'autore classico di riferimento è il Cajetanus, che trova la specificità dello scisma nel voler agire non come una parte, regolata dall'autorità, ma come un corpo autonomo, indipendente. Per distinguere lo scisma dalla disobbedienza, egli spiegava che il rifiuto di obbedire non riguarda l'ordine che viene dato (e che dunque si presume sbagliato), ma il fatto di non riconoscere il Papa come superiore, anche se lo si crede tale (non recognoscens eum ut superiorem, quamvis hoc credat).
VIDEO: I castighi di Dio ➜ https://www.youtube.com/watch?v=ehyTtby2rAITESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7404L'UMANITA' MERITA I CASTIGHI DI DIO di Roberto De MatteiIl padre Francescano Stefano Cecchin, presidente della Pontificia Accademia Mariana Internazionale, in una intervista pubblicata il 30 aprile da "Alfa&Omega" ha fatto una sconsiderata affermazione, che non può essere tenuta sotto silenzio.Dopo aver rivendicato l'autorità e la competenza dell'organismo che presiede, padre Cecchin ha testualmente dichiarato che un criterio per discernere la autenticità delle apparizioni mariane è questo: "le apparizioni che parlano di castighi di Dio sono assolutamente false".C'è da augurarsi che padre Cecchin corregga al più presto questa dichiarazione, perché se c'è qualcosa di assolutamente falso, e in contraddizione con l'insegnamento e la pratica della Chiesa cattolica sono proprio le sue parole.Non c'è bisogno di ricorrere alla Sacra Scrittura, e all'insegnamento dei Padri della Chiesa, di San Tommaso e dei Santi. [...] Mi limito a citare il Magistero di un Papa contemporaneo, Benedetto XVI.Nell'omelia tenuta il 5 ottobre 2008 per l'apertura del XII Sinodo dei Vescovi, papa Benedetto non esita a pronunciare la parola castigo, riferendola alle nazioni e alla Chiesa stessa. "Se guardiamo la storia, siamo costretti a registrare non di rado la freddezza e la ribellione di cristiani incoerenti. In conseguenza di ciò, Dio, pur non venendo mai meno alla sua promessa di salvezza, ha dovuto spesso ricorrere al castigo. E' spontaneo pensare, in questo contesto, al primo annuncio del Vangelo, da cui scaturirono comunità cristiane inizialmente fiorenti, che sono poi scomparse e sono oggi ricordate solo nei libri di storia. Non potrebbe avvenire la stessa cosa in questa nostra epoca? Nazioni un tempo ricche di fede e di vocazioni ora vanno smarrendo la propria identità, sotto l'influenza deleteria e distruttiva di una certa cultura moderna".Queste nazioni, dice il Papa, potrebbero essere castigate, come accadde alle comunità cristiane un tempo fiorenti e oggi dimenticate. Accadde a Cartagine, devastata dai Vandali e poi sommersa dall'Islam. Il Cristianesimo fu cancellato da quella terra. E cosa attende le nazioni europee che iscrivono i vizi di Cartagine, come la sodomia, nelle loro leggi? "Non potrebbe avvenire la stessa cosa in questa nostra epoca"? Questa domanda drammatica di Benedetto XVI interpella ognuno di noi.In un altro discorso, l'udienza generale del 18 maggio 2011, Benedetto XVI ha parlato della preghiera di intercessione di Abramo per Sodoma e Gomorra, le due città bibliche punite da Dio a causa dei loro peccati, perché Abramo non poté trovare in esse neppure dieci giusti, che ne meritassero la salvezza.Il Signore voleva questo: un numero anche minimo di giusti per salvare la città. "Ma - afferma il Papa - neppure dieci giusti si trovavano in Sodoma e Gomorra, e le città vennero distrutte. Una distruzione paradossalmente testimoniata come necessaria proprio dalla preghiera d'intercessione di Abramo. Perché proprio quella preghiera ha rivelato la volontà salvifica di Dio: il Signore era disposto a perdonare, desiderava farlo, ma le città erano chiuse in un male totalizzante e paralizzante, senza neppure pochi innocenti da cui partire per trasformare il male in bene. Perché è proprio questo il cammino della salvezza che anche Abramo chiedeva: essere salvati non vuol dire semplicemente sfuggire alla punizione, ma essere liberati dal male che ci abita. Non è il castigo che deve essere eliminato, ma il peccato, quel rifiuto di Dio e dell'amore che porta già in sé il castigo. Dirà il profeta Geremia al popolo ribelle: «La tua stessa malvagità ti castiga e le tue ribellioni ti puniscono. Renditi conto e prova quanto è triste e amaro abbandonare il Signore, tuo Dio» (Ger 2,19)".Il Papa ricorda dunque che "non è il castigo che deve essere eliminato, ma il peccato, quel rifiuto di Dio e dell'amore che porta già in sé il castigo". Il peccato porta con sé, come conseguenza, il castigo, sia sul piano individuale che su quello collettivo.La prospettiva di un grande castigo per l'umanità, se non si fosse convertita, costituisce il nucleo del "segreto" di Fatima del 1917. Nelle parole di Benedetto XVI risuona l'eco di quel messaggio che proprio l'allora cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Fede, presentò e commentò il 26 giugno del 2000.A Fatima la Madonna avvertì i tre pastorelli che "Dio sta per castigare il mondo per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre (...) i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Infine il mio Cuore Immacolato trionferà".Il Messaggio di Fatima, ufficialmente divulgato dalla Santa Sede, ci ricorda come la spada di Damocle di un terribile castigo incombe sull'umanità. La Pontificia Accademia Mariana, presieduta dal padre Stefano Cecchin, oggi avrebbe il dovere di ricordare ai fedeli la scelta radicale davanti a cui il messaggio di Fatima pone la società intera e ognuno di noi, tra la conversione e il castigo, individuale e collettivo.Se il mondo non si pente, e soprattutto se gli uomini di Chiesa tacciono, i castighi sono destinati ad aggravarsi sempre di più, fino ad arrivare all'annientamento di nazioni intere, come la Madonna ha annunciato a Fatima. E Fatima non è una rivelazione dubbia o discutibile, ma un annuncio divino, riconosciuto da ben sette Papi che si sono succeduti nell'ultimo secolo.Chi afferma che Dio non castiga, nel tempo e nell'eternità, è uno stolto e un insipiente, perché è privo di quel timore di Dio che è l'inizio della Sapienza ed è la prima condizione per la nostra salvezza.
Il giudizio universale nel Magistero della Chiesa e i suoi punti salienti: il fatto che tutta l'umanità si presenterà davanti a Dio per rendere stretto conto, davanti a tutti, delle proprie azioni e riceverne la giusta retribuzione. Considerazioni di san Tommaso d'Aquino al riguardo. Ciclo di catechesi "I Novissimi", ventinovesima puntata, Mercoledì 19 Aprile 2023
La risurrezione della carne neli splendidi testi del Magistero della Chiesa: sinodi di Toledo, Papa Leone IX e Innocenzo III, Concilio Lateranense IV e Catechismo della Chiesa cattolica. La risurrezione della carne è dogma di fede non impugnabile che afferma che risorgeremo nell'ultimo giorno con il nostro proprio corpo, lo stesso che abbiamo avuto sulla terra. Ciclo di catechesi "I Novissimi", ventiseiesima puntata, Lunedì 27 Marzo 2023
Il 2 febbraio del 1922 il nuovo Papa Achille Ratti assunse il nome di Pio XI. I diciassette anni del suo Magistero si dividono in due periodi. All'inizio, la sua principale preoccupazione fu quella di dare una dimensione nuova all'ex Stato Pontificio, facendolo riconoscere dai vari Stati d'Europa con una serie di Concordati; a partir però e dai primi anni Trenta subentrò una crescente e sempre più ferma condanna dei totalitarismi, con la pubblicazione in rapida successione di una serie di encicliche sempre più esplicite.
VIDEO: Chiesa Cattolica, benvenuti a casa! ➜ https://www.youtube.com/watch?v=zUSdXf8_xeE&list=PLolpIV2TSebUYAolUy8XGKkkSVK1dUyXFTESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7315NON POSSIAMO ANDARE VIA DALLA CHIESA CATTOLICA PERCHE' NON CE N'E' UN'ALTRA di Luisella ScrosatiLa lampada è stata messa sotto il moggio e dappertutto è tenebra. E nella tenebra, confusione, disorientamento, paura. È perciò assolutamente comprensibile che in questa situazione, non appena si veda una fiammella accesa, ci si avvicini per godere un po' di quella luce e di quel calore.La tremenda crisi della fede che stiamo vivendo è davvero una prova grande, tanto più che appare alimentata proprio da quel centro di unità, che trova la sua ragion d'essere nel confermare i fratelli (cf. Lc 22, 32) e non nel seguire ogni «vento di dottrina» (Ef 4, 14). Una crisi che sposta il fronte dei cattolici ad approvare qualsiasi atto, parola e scritto del Pontefice, in quanto proviene dal Papa, oppure a riconsiderare il ministero petrino in una modalità che cattolica non è.Sul primo versante si dimentica che il papa non è la Chiesa, ma il centro di unità della Chiesa. Che il papa non è un monarca assoluto, quasi possa agire legittimamente anche distruggendo la Chiesa. Che il papa non è la fonte della verità, ma il primo a dover obbedire alla verità rivelata. Che il riferimento ultimo non è il suo arbitrio, ma la volontà di Dio, verso la quale papa, vescovi, sacerdoti e fedeli sono rivolti. Ed è per questo che nella tradizione teologica è previsto il caso in cui si possa e si debba resistere di fronte a ordini iniqui del papa, a suoi insegnamenti o disposizioni che risultano oggettivamente contrari al bene della Chiesa e alla verità.Sul secondo versante, si presenta un ampio ventaglio di situazioni in atto, differenti tra loro: il passaggio all'autocefalia ortodossa, le svariate posizioni che ritengono la Sede vacante, formazioni che riconoscono ufficialmente il legittimo pontefice, ma che si ritengono l'istanza ultima di decisioni dottrinali, e che hanno dato vita ad una gerarchia di fatto autocefala, nata da ordinazioni senza mandato pontificio e che di fatto si mantiene canonicamente indipendente dalla Sede romana. La confusione è molta e vede i cattolici, anche tra i sacerdoti, rivolgersi ora agli uni ora agli altri, per ritrovare il senso della fede.La posizione cattolica intende la successione petrina all'interno della successione apostolica, ma con una singolarità: quella cioè della successione del capo del collegio apostolico. Nei Vangeli emerge chiaramente che Pietro non è semplicemente uno dei Dodici; all'interno del collegio apostolico egli è capo, per volontà di Cristo, ed è pietra su cui è edificata la Chiesa. Questo è generalmente riconosciuto dagli ortodossi, mentre invece in loro difetta il fatto della successione petrina; possono accettare che al solo Pietro sia stato riconosciuto questo primato, mentre rifiutano la successione lineare dei successori di Pietro, accogliendo solamente la successione da collegio apostolico a collegio episcopale. Il centro di unità della Chiesa non si troverebbe pertanto nei successori di Pietro, ma in Cristo stesso e nello Spirito Santo.UNA, SANTA, CATTOLICA, APOSTOLICANon si tratta di negare quest'ultima affermazione, ma di riflettere sulla necessaria "visibilità" e "incarnazione" delle quattro notae della Chiesa, che professiamo nel Credo, e che ne sono proprietà indefettibili. La Chiesa è visibilmente apostolica nel collegio episcopale; nei successori degli apostoli prende carne la sua apostolicità. È visibilmente cattolica (kath'olon, ossia secondo la totalità) nella sua universalità e nella pienezza di verità e dei mezzi della grazia; la sua presenza in ogni angolo della terra, il suo Magistero e i sacramenti incarnano la sua cattolicità. È visibilmente santa, perché, santificata da Cristo, diviene santificante: possiede cioè visibili mezzi di santificazione e visibili frutti di santificazione; da qui il senso delle canonizzazioni, che manifestano l'incarnazione della santità. Dove la Chiesa è visibilmente una? Dove si incarna questa unità? Nell'unità del primato di Pietro, che ha il compito di «presiedere questa comunione universale; di mantenerla presente nel mondo come unità anche visibile, incarnata» (Benedetto XVI, Omelia, 29 giugno 2006). Senza la successione petrina, la nota dell'una non troverebbe la sua espressione visibile e tangibile. Senza la successione petrina, Pietro non avrebbe trasmesso nulla di "proprio" e quella pietra su cui viene fondata la Chiesa rimarrebbe un cimelio storico.Il collegio episcopale è a sua volta individuabile proprio grazie alla sua comunione con il successore di Pietro, e non può esistere, come collegio, senza di lui. Il carattere sacramentale dell'ordine episcopale fa, a sua volta, riferimento alla comunione gerarchica. Se pertanto un vescovo rifiuta il primato sovverte il senso del sacramento che gli è stato conferito. Ed è per questa ragione che, per un'ordinazione episcopale, è necessario (non ad validitatem, ma ad liceitatem) che vi sia il mandato papale, o che questo sia, nelle situazioni di grave necessità per la Chiesa, almeno presunto.Ancora, il successore di Pietro, essendo «perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli» (LG, 23), è in stretta relazione con il sacramento dell'unità, ossia l'Eucaristia. Per questo, la comunione con il papa «è un'esigenza intrinseca della celebrazione del Sacrificio eucaristico» (Ecclesia de Eucharistia, 39).È Cristo che ha voluto la sua Chiesa una, e ha voluto che questa unità fosse chiaramente visibile e tangibile, che vi fosse un riferimento certo ed individuabile. E noi siamo legati a questa espressa volontà del Signore. Non vi è ragione al mondo che autorizzi a contraddire questa sua volontà. Per questo, nella struttura della Chiesa, al netto delle flessibilità di alcune forme organizzative, non può mai mancare l'espressione concreta di questa unità. Né può mancare questo concreto riferimento all'unità nelle sue "parti": diocesi, comunità, monasteri, istituti.L'ERRORE DEGLI ORTODOSSI, DEI LEFEVRIANI E DEI SEDEVACANTISTIQuella dell'autocefalia del mondo ortodosso è una di queste forme che contraddicono la volontà di Cristo. Non si vogliono negare gli innumerevoli elementi di verità, bontà e bellezza, ma nemmeno si può tacere che la mancanza del riconoscimento del primato petrino sia un problema grave, causa degli innumerevoli problemi di unità in esso presenti. Il teologo ortodosso Alexander Schmemann faceva notare, per esempio, che, dal punto di vista canonico, il principio affermato della piena cattolicità di ogni chiesa locale, riunita attorno al suo vescovo, non è di fatto applicato, dal momento che il potere di giurisdizione del vescovo è ricevuto dal primate (analogamente a come, nella Chiesa cattolica, il vescovo lo riceve dal papa). Problema all'origine dei vari scismi e delle varie tensioni relative alla questione della Diaspora.Vi è poi tutto il filone del sedevacantismo, che teorizza la Sede vacante a causa dell'eresia da Giovanni XXIII (per altri da Paolo VI), o nella sua versione più recente, che non riconosce Francesco come papa. Le motivazioni a sostegno di queste posizioni sono chiaramente diversificate, ma l'effetto è quello di ritenere che la Chiesa universale sia rimasta senza il suo centro di unità per un tempo minimo di quasi dieci anni (per chi considera "solo" Francesco un antipapa) ad uno massimo di oltre sessanta. In questo periodo di tempo, mancando il papa, non si può fare nulla che abbia valore per la Chiesa universale, che rimane, in qualche modo, sospesa.La storia della Chiesa ha conosciuto un tempo massimo di sede vacante di 1006 giorni, ossia il tempo intercorso tra la morte del beato Clemente IV e l'elezione del beato Gregorio X; ci vollero quasi tre anni per eleggere il nuovo papa, perché i cardinale riuniti in conclave a Viterbo, nel Palazzo dei papi, non riuscivano a mettersi d'accordo. Fu una situazione più unica che rara, che portò i viterbesi a ridurre il loro vitto e scoperchiare il tetto della sala, per cercare di accelerare l'elezione. In ogni caso si tratta di un tempo contenuto, motivato dal tempo di un'elezione. Situazioni analoghe quelle della Sede vacante per poco più di due anni, che portarono all'elezione di Giovanni XXII e poi di Celestino V. Un altro caso riguarda l'elezione di Martino V, che mise fine allo scisma d'Occidente, dopo due anni di antipapi.Il problema del sedevacantismo sta nel fatto che, sostanzialmente, non si sa più come porre fine alla situazione di Sede vacante: c'è chi si elegge il papa riunendo alcuni fedeli, c'è chi ne attende uno "cattolico" (e non si capisce bene chi decida dell'integrità dottrinale del neo-eletto). Nel frattempo, la Chiesa in quanto universale rimane inerte, svuotando sostanzialmente di senso la promessa del Signore che le porte degli inferi no
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5247SAN TOMMASO E IL SENSO LETTERALE DELLA BIBBIA di Fabrizio CannoneL'estate direi che è la stagione più propizia per la lettura e la meditazione. Le vacanze, il tempo libero, il fattore climatico, un certo legittimo desiderio di evasione ed infine l'importanza - avvertita soprattutto dalle persone profonde - di formarsi e di riflettere.San Tommaso è di uno quegli autori che difficilmente si riescono ad esaurire in una sola esistenza. Leggere tutte le opere di Manzoni, di Petrarca, di Pirandello o di Shakespeare, è difficile, ma non è impossibile. E c'è chi c'è riuscito senza pena, in anni di intense letture.Le opere di Tommaso d'Aquino hanno una profondità, una vastità e una complessità difficilmente raggiungibile, e molti studiosi tomisti mi hanno rivelato di aver impiegato molti anni per leggere la sola Summa teologica, il testo sicuramente più autorevole dell'immenso teologo italiano (oggi disponibile, in 4 volumi, ed in una nuova eccellente traduzione, a cura delle ESD di Bologna).Ma san Tommaso oltre che teologo (Summa theologiae, Commento alle Sentenze e Summa contra Gentiles), fu anche filosofo (con i celebri studi su Aristotele, Boezio e gli undici volumi delle Quaestiones Disputatae) e ottimo esegeta della Sacra Scrittura.Quest'ultima sua caratteristica è la meno nota e forse un minimo anche la meno riconosciuta da certi teologi della Chiesa. Costoro, per varie diverse ragioni, sono ostili alla Scolastica medievale e vorrebbero - pazzescamente, il faut le dire - ridurre Tommaso ad una sorta di Aristotele cattolico, né biblico, né realmente "cristiano" poiché carente di impregnazione scritturistica nelle sue opere.LA REALTÀ È ESATTAMENTE ALL'OPPOSTONon solo tutte le opere di san Tommaso, ove più ove meno, sono delle riflessioni che tengono conto della Rivelazione divina e dei dogmi della fede, ma l'Angelico ha anche "commentato alcuni libri biblici, in particolare Isaia, Geremia, i primi cinquanta Salmi, Giobbe, i Vangeli di san Matteo e di san Giovanni e le Lettere di san Paolo" (Tommaso d'Aquino, Commento al Vangelo secondo Matteo, Edizioni Studio Domenicano, Bologna, 2018, 2 volumi, di pagine 1194 ciascuno, euro 98, p. 5).E non è davvero poco, specie in mancanza di web, pc ed altre moderne facilitazioni.Il domenicano Roberto Coggi, traduttore del libro, nota con legittimo stupore che mentre "Tutti questi commenti sono stati tradotti in qualche lingua moderna [ovviamente nel Medioevo si scriveva in latino]", fa eccezione, "stranamente, il Vangelo di san Matteo", benché il Commento di san Tommaso non sia "per nulla inferiore agli altri" (p. 5).Secondo il sacerdote, il Commento al Vangelo secondo Matteo risale al secondo periodo parigino di san Tommaso, probabilmente proprio al biennio 1269-1270, pochi anni prima dunque della morte dell'Autore, avvenuta presso l'abbazia di Fossanova, nel 1274.La dotta introduzione di padre Coggi si diffonde sulle caratteristiche testuali e critiche dell'opera tomistica, notando per esempio che alcuni brevi passaggi del Commento non sarebbero dell'Aquinate, ma di un certo "Pietro di Scala, un domenicano della fine del XIII secolo" (p. 6).IL SENSO LETTERALE DELLA SACRA SCRITTURA È IL PRIMO E IL PIÙ IMPORTANTEQuello che ci pare ancora più rilevante, vista la crisi spaventosa dell'esegesi cattolica attuale, è il valore che il Dottore Comune della Chiesa dà al senso letterale della Sacra Pagina. "Fra i quattro sensi della Scrittura, letterale o storico [il I], allegorico, cioè dogmatico [il II], morale [il III] e anagogico, cioè rivolto alle realtà future [il IV], san Tommaso, come suo solito, dà la priorità al senso letterale, essendo convinto che esso è il solo adattabile alle necessità dell'argomentazione teologica, e inoltre che ogni interpretazione spirituale (...) deve essere confermata dall'interpretazione letterale, in modo da evitare qualsiasi rischio di errore" (p. 7, corsivo nostro).Non crediamo che l'esegesi del Novecento, pur tra tante conquiste e scoperte, abbia seguito il consiglio di san Tommaso in materia di interpretazione biblica. E neppure siamo in grado di dire se tale principio assiomatico dell'esegesi cattolica - assieme a quello duplice dell'ispirazione-inerranza - sia ben integrato negli stesso documenti ufficiali recenti, come L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa (Pontifica Commissione Biblica, Libreria Editrice Vaticana, 1993). Anzi, temiamo che la crisi epocale dell'esegesi sia dovuta proprio all'oblio, più o meno volontario, dei 3 principi summenzionati: primato del senso letterale, ispirazione (che fa di Dio l'autore principale di tutta la Scrittura canonica, dalla Genesi all'Apocalisse) e la totale inerranza del Testo sacro.Ci si permetta una breve riflessione, proprio a partire da san Tommaso esegeta sul senso profondo e dimenticato dell'autentica ispirazione biblica.IL PREVALERE DI ESEGETI CON POCA FEDEIl 23 aprile 1993, Giovanni Paolo II, durante un'udienza commemorativa del centenario della Providentissimus Deus di Leone XIII e del cinquantenario della Divino afflante Spiritu di Pio XII - le due encicliche che fondarono in qualche modo l'esegesi critica dei cattolici - disse che "l'interpretazione della Sacra Scrittura è di una importanza capitale per la fede cristiana e la vita della Chiesa" (n. 1).E sottolineava giustamente che "La Chiesa non teme la critica scientifica" (n. 4), ed "attribuisce una grande importanza allo studio storico-critico della Bibbia" (n, 7), fino a parlare, con linguaggio ardito, "dei condizionamenti umani della Parola di Dio" (n. 8). Ma nell'esegesi prevalente oggi questi 'condizionamenti umani' sono giunti a far dire all'esegeta cattolico, che non possiamo conoscere l'intenzione degli autori dei Sacri testi, e neppure saperne l'identità, l'origine e gli scopi. Fino al punto che tale condizionamento potrebbe aver causato degli errori fattuali (di tipo storico, cronologico, scientifico o culturale) nella Scrittura, negando così implicitamente sia il dogma dell'ispirazione biblica, sia il suo corollario immediato, ovvero la sua inerranza assoluta (in tutti gli ambiti e non solo in quello dogmatico-morale).Giovanni Paolo II però, in quel Discorso, parlava proprio di ciò che larga parte dell'esegesi scientifica attuale non vuol più sentire, cioè della doverosa "fedeltà alla Chiesa" (n. 10), che consiste nel "situarsi risolutamente nella corrente della grande Tradizione che, sotto la guida del Magistero, assicurato da un'assistenza speciale dello Spirito Santo" (n. 10), interpreta autorevolmente i testi. Il papa collega persino la virtù personale che l'esegeta cattolico deve perseguire e il suo lavoro di esegeta. Risulta infatti "necessario che lo stesso esegeta percepisca nei testi la parola divina, e questo non gli è possibile che nel caso in cui il suo lavoro intellettuale venga sostenuto da uno slancio di vita spirituale (...). Lo studio scientifico dei soli aspetti umani dei testi può far dimenticare che la parola di Dio invita ognuno ad uscire da se stesso per vivere nella fede e nella carità" (n. 9).Questa dimenticanza dal 1993 ad oggi è diventata legione. L'Angelico, con la sua interpretazione magistrale del Vangelo di Matteo, contribuirà, ne siamo certi, alla ripresa di quella grande corrente della Tradizione, che dalla Patristica ad oggi, non si è mai interrotta, nonostante il prevalere di esegeti con poca fede e nulla carità.
Il Paradiso nei documenti dogmatici del Magistero. La descrizione della visione beatifica e l'affermazione dei diversi gradi di gloria che hanno i beati in ragione dei maggiori o minori meriti accumulati in vita. "I Novissimi. La morte e la vita del mondo che verrà", diciottesima puntata, 23 Gennaio 2023
La sana dottrina cattolica sul Purgatorio nel Magistero vincolante della Chiesa: Concilio di Lione, lettera di Clemente VI, Concilio di Trento, Concilio Vaticano II e Catechismo della Chiesa Cattolica. Il Purgatorio, il fuoco, la necessità della penitenza e il valore dei suffragi. Ciclo di catechesi: "I Novissimi. La morte e la vita del mondo che verrà", tredicesima puntata, Lunedì 12 Dicembre 2022
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7232UN CARDINALE CHIEDE UN'ENCICLICA CONTRO IL GENDER di Roberto de MatteiIl cardinale Wim Eijk, arcivescovo di Utrecht, in occasione della visita ad limina dei vescovi olandesi a Roma, ha chiesto alle autorità vaticane che il Papa emani un'enciclica per mettere in guardia contro la teoria del gender. La sua richiesta è stata presentata ufficialmente al cardinale Kevin Farell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. Nel corso di una conferenza stampa tenuta a Roma, il 16 novembre, il cardinale ha spiegato che la Chiesa non si è ancora pronunciata su una teoria che viene promossa in tutto il mondo da organizzazioni di ogni tipo. Per questo c'è bisogno di un importante documento papale in cui gli insegnamenti della Chiesa vengono spiegati e, se necessario, ulteriormente sviluppati.Non è la prima volta che il cardinale Eijk, che unisce la competenza del teologo a quella del medico, chiede un intervento del Magistero sul gender. Il 16 maggio 2019, intervenendo alla Pontificia Università dell'Angelicum in occasione del Rome Life Forum, il cardinale ha esposto le radici storiche e ideologiche della teoria del gender, mostrandone le gravi conseguenze per la proclamazione delle fede cristiana.TRE GRAVI CONSEGUENZE DEL GENDERIn primo luogo, la teoria del gender per la separazione del genere dal sesso biologico, contraddice radicalmente l'insegnamento della Chiesa secondo cui il rapporto sessuale ha il suo posto solo fra un uomo e la donna dentro il matrimonio e deve essere sempre aperto alla procreazione. La teoria del gender implica invece una libera scelta del genere sessuale indipendentemente dal sesso biologico, accetta ogni tipo di orientamento sessuale, promuove il cosiddetto matrimonio fra persone dello stesso sesso biologico. Accetta anche rapporti sessuali extraconiugali, la maternità surrogata e la riproduzione artificiale.In secondo luogo, la teoria di genere promuove la legittimazione dell'aborto procurato - sotto i termini eufemistici dei diritti sessuali e riproduttivi - per evitare che una donna, involontariamente incinta, sia costretta ad assumersi il ruolo di madre, imposto dalla società occidentale.In terzo luogo, la teoria del gender impedisce la proclamazione della fede cristiana di per sé, minando i ruoli del padre, della madre, degli sposi, del matrimonio e del rapporto fra figli e genitori. Togliere o cambiare i significati del padre, della madre, del matrimonio, della paternità e della maternità rende difficile annunziare la fede in un Dio in tre Persone: Dio Padre, Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, e lo Spirito Santo di cui Maria, Madre del Figlio di Dio, è sposa. Inoltre la separazione del gender dal sesso biologico rende di per sé irrilevante, se il prete sia un maschio o una femmina.Per questo, conclude il cardinale Eijk, mostrare gli sbagli della teoria del gender è una cosa molto urgente, perché non è in gioco solo la morale sessuale, ma la stessa proclamazione della fede cristiana.Ci associamo alla richiesta del cardinale Eijk, che è una delle personalità più eminenti del collegio cardinalizio.LA TEORIA DEL GENDEROggi la teoria del gender si inserisce all'interno di un processo rivoluzionario di attacco alla famiglia, che va oltre la stessa idea di gender, come fa il cosiddetto xenofemminismo, che afferma "l'abolizione del gender" attraverso una moltiplicazione, all'infinito, dei generi e delle identità, secondo le tendenze e i gusti soggettivi di ciascuno. Il riconoscimento di innumerevoli generi viene considerato come il primo passo verso il rifiuto di accettare qualunque genere come criterio di significato immutabile.Sono idee utopiche e contraddittorie, ma l'utopia e la contraddizione è l'anima dell'errore. La verità invece non muta, segue regole immutabili, ha un valore oggettivo e universale. Per questo Pio XI nella Casti connubii invita a meditare l'idea divina sulla famiglia e il matrimonio e ed operare in conformità a questo modello. Un modello permanente e stabile che non muta nel corso dei secoli; un modello che può subire delle eclissi, avere delle crisi ma che ha una sua intrinseca perfezione.Il principio su cui si basa la vita della famiglia è l'esistenza di un ordine di valori assoluti, radicato nella natura dell'uomo. Una natura che l'uomo non ha auto-costruito e quindi non può decostruire, ma ha ricevuto da Dio, il quale ha stabilito delle leggi che regolano la vita dell'uomo, della società umana e dell'intero universo.Tale concezione della famiglia è fondata sull'idea che l'uomo nasce all'interno di una condizione storica data; che ha dei limiti invalicabili, a cominciare dalla morte; che esiste una natura oggettiva ed immodificabile; che questa natura ha la sua origine in Dio, creatore dell'ordine dell'universo.La legge dell'umanità riunita in società è la dipendenza. Tutto dipende da qualcosa, nulla si autodetermina. Il principio di causalità regge l'universo. Questa regola appartiene ai principi primi e indimostrabili che già Aristotele aveva colto nella realtà. Il rifiuto della realtà, il rifiuto dell'evidenza, il rifiuto della logica è la caratteristica degli errori che ci aggrediscono: ciò porta allo squilibrio e alla follia. Solo chi segue le leggi immutabili della logica, della metafisica e della morale, illuminate dalla luce della fede, è in grado di ricostruire una società che si decompone.
ncredibile. Sconcertante. Devastante. Non vi sono parole, per commentare la recente nomina dell'economista italo-americana Mariana Mazzucato a membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita. Proprio lei, abortista convinta. Proprio lei, fautrice dell'Agenda 2030 e dei suoi «Obiettivi di Sviluppo Sostenibile».Surreale la giustificazione avanzata in una nota dalla Pontificia Accademia, per la quale sarebbe importante promuovere al proprio interno «un costante e proficuo dialogo interdisciplinare, interculturale e interreligioso», trattandosi di «un organismo di studio e ricerca». Ma Giovanni Paolo II, in realtà, non la istituì con questo fine, non la pensò come una sorta di palestra per disquisizioni accademiche o una vetrina di virtuosismi dialettici, bensì per indirizzare studi e formazione verso «la promozione e la difesa della vita, soprattutto nel diretto rapporto che essi hanno con la morale cristiana e le direttive del Magistero della Chiesa», come spiegato nel Motu Proprio Vitæ mysterium dell'11 febbraio 1994. Il che è tutta un'altra cosa. Non solo. Primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita è stato il venerabile Jérôme Lejeune, che fissò un regolamento interno, con cui si richiedeva a ciascun membro – dicasi ciascuno… - di firmare una dichiarazione, in cui si affermava che «davanti a Dio ed agli uomini, testimoniamo che per noi ogni essere umano è una persona» e che «dalla formazione dell'embrione fino alla morte, è lo stesso essere umano, che cresce fino alla maturità e muore». Dunque, tutt'altra fu la direzione impressa a tale organismo, poi cambiata con i nuovi statuti, varati dopo la nomina alla presidenza dell'arcivescovo Paglia e approvati da papa Francesco. Anch'essi comunque richiedono ai propri membri di conformarsi all'insegnamento della Chiesa, nonché, quando di religioni differenti, di promuovere comunque «e difendere i principi relativi al valore della vita e alla dignità della persona umana, interpretati in modo coerente con il magistero della Chiesa», pena l'estromissione dalla Pontificia Accademia, «in caso di azione o dichiarazione pubblica e deliberata manifestamente contraria ai suddetti principi o gravemente offensiva della dignità e della credibilità della Chiesa cattolica e dell'Accademia stessa».«Le nomine degli Accademici ordinari sono fatte dal Papa», ha proseguito la nota emessa dalla Pontificia Accademia a fronte delle critiche sollevate dopo la nomina di Mariana Mazzuccato. Il che non spiega, non risolve, anzi aggrava e compromette ulteriormente la situazione. Certamente non è nulla di cui andare orgogliosi…
¡¡¡Muy buenas amante del Software Libre!!! Bienvenido a otra entrega, la número 161, de Podcast Linux. Un saludo muy fuerte de quien te habla, Juan Febles. Hoy estamos con Baltasar Ortega, Licenciado en físicas. Enamorado de su familia y del Software Libre. Profesor de ciencias en Secundaria que le encanta combinar las herramientas informáticas con la educación. Profesor-tutor de la UNED y Profesor de Magistero en la UNIR. Fundador y editor de KDE Blog.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7062NO AI TRANS NELLE GARE FEMMINILI DI NUOTO E DI RUGBY (PRESTO NEMMENO CALCIO E ATLETICA?) da Provita & FamigliaNegli ultimi mesi si erano moltiplicate le polemiche e le proteste per la partecipazione di atleti maschi transgender alle gare di nuoto femminili e in molti avevano chiesto di porre fine a questo fenomeno che discrimina e penalizza le atlete.Alla fine la FINA (Federazione internazionale di nuoto) ha ascoltato le voci di protesta e ha deciso di impedire agli atleti transgender di competere nelle gare ufficiali femminili se hanno attraversato qualsiasi fase della pubertà maschile. La nuova policy richiede che i concorrenti transgender abbiano completato la transizione di sesso all'età di 12 anni per poter competere nelle competizioni femminili.La Federazione ha anche annunciato che verrà creata una categoria "aperta" nelle competizioni riservata a tutti i nuotatori la cui identità di genere è diversa dal sesso di nascita.Brent Nowicki, direttore esecutivo della Federazione, ha affermato che il loro approccio nella stesura di questa policy è stato completo, inclusivo, basato sulla scienza e, soprattutto, sull'equità competitiva.Nota di BastaBugie: ecco altre notizie sul "gaio" mondo gay... sempre meno gaio.ANCHE NEL RUGBY BANDITI GLI ATLETI TRANSLa questione dell'invasione di maschi trans nello sport femminile sembra fortunatamente essersi avviata verso la soluzione più ragionevole e diversi organi internazionali hanno iniziato a muoversi per proteggere i diritti delle atlete.Ora anche l'International Rugby League (IRL) ha infatti deciso di vietare agli atleti maschi transgender di partecipare a eventi sportivi femminili. L'annuncio dell'IRL è arrivato appena poche ore quello della Federazione internazionale di nuoto (FINA), che lunedì ha istituito un divieto simile per i nuotatori transgender.I membri della federazione hanno comunicato che "nel raggiungere questa posizione, l'IRL, che ha esaminato per l'ultima volta la questione della partecipazione degli atleti transgender alla lega internazionale di rugby nel gennaio-febbraio 2021, ha preso in considerazione diversi sviluppi rilevanti nello sport mondiale, tra cui la pubblicazione da parte del CIO del suo Framework del novembre 2021 sull'equità, la non discriminazione e l'inclusione sulla base dell'identità di genere e delle variazioni di sesso.L'IRL ha affermato che era una sua responsabilità bilanciare il diritto dell'individuo a partecipare con il rischio percepito per gli altri partecipanti e garantire che tutti ricevano un'equa udienza.(Provita & Famiglia, 23 giugno 2022)ANCHE CALCIO E ATLETICA VOGLIONO PROTEGGERE LE DONNE DAI TRANSLa FIFA, ovvero l'organo di governo del calcio mondiale e la Federazione internazionale dell'Atletica Leggera stanno rivedendo le loro politiche pro-transgender dopo la svolta di qualche giorno fa da parte della FINA, la federazione internazionale di nuoto.La Fina, infatti, cambiando finalmente e fortunatamente rotta, ha deciso di limitare la partecipazione degli atleti transgender alle competizioni femminili, per non discriminare le donne. Sebastian Coe, presidente di World Athletics, ha detto alla BBC che il consiglio dell'organizzazione ha discusso i regolamenti a fine dell'anno e ha elogiato il suo collega della Fina per la decisione presa.Un atteggiamento simile sembra stia prendendo la Fifa. Un portavoce, infatti, avrebbe dichiarato che c'è un cambiamento "in corso". Non ha rivelato dettagli o particolari, ma è emerso che la Fifa sta prendendo in esame le indicazioni di esperti medici, legali, scientifici, delle prestazioni e dei diritti umani e anche della posizione del Comitato olimpico internazionale (CIO) proprio per rivedere le politiche pro-transgender al fine di evitare qualsiasi discriminazioni per le donne.Il vento sta, finalmente, cambiando? C'è da augurarselo.(Provita & Famiglia, 26 giugno 2022)COSA C'È DI INSOPPORTABILE NEL ''MATRIMONIO'' TRA PAOLA TURCI E FRANCESCA PASCALE?C'è qualcosa di insopportabile intorno a quelle che tutti chiamano le "nozze" della cantante Paola Turci e di Francesca Pascale, l'ex "fidanzata" di Silvio Berlusconi. Qualcosa di ancora più insopportabile della morbosa copertura dell'evento da parte di giornali e tv, che per settimane ci hanno scassato l'anima su tutti i dettagli di questa "splendida storia d'amore", e poi sulla cerimonia e su quanta gioia si riversa sull'umanità intera a causa di questo "matrimonio".Matrimonio? Ecco la cosa ancora più insopportabile: quelli che si preoccupano solo di precisare che non di matrimonio si tratta, ma di unione civile. E ti spiegano che la legge italiana non permette di chiamare matrimonio (che è solo fra uomo e donna) quella che è una semplice unione fra persone dello stesso sesso. E chiedono quindi alla stampa di usare la terminologia corretta. Sono magari gli stessi, soprattutto cattolici, che hanno sempre sostenuto il sì alle unioni civili "basta che non si confondano con il matrimonio e la famiglia".Al che ti chiedi se costoro siano più ingenui o ipocriti. Perché è vero: tecnicamente in Italia c'è una differenza tra matrimonio e unione civile, ma nella sostanza? L'unica vera differenza concreta sta nel divieto - per i civiluniti - di adottare bambini, divieto peraltro aggirabile. Per il resto diritti e doveri sono gli stessi (anzi, tra civiluniti non c'è l'obbligo di fedeltà come nel matrimonio). E allora a cosa serve mettersi a discutere se il riferimento è all'articolo 29 della Costituzione o all'articolo 2?La realtà è che è solo una questione di tappe. Introdurre subito il matrimonio omosessuale - o egualitario - sarebbe stato un boccone troppo difficile da digerire in una sola volta. Così, come è stato per altri paesi prima dell'Italia, si comincia con l'approvazione di una legge sull'unione civile: nel linguaggio comune, dei media, si comincia però a chiamarlo matrimonio, "civiluniti" sparisce dal linguaggio comune per lasciare spazio a "sposi", e nel frattempo il concetto di "famiglia arcobaleno" si è già affermato; infine si arriva all'approvazione di una legge che prende atto della realtà e cambia anche la terminologia, matrimonio e basta. Senza che nessuno obietti perché tanto ci si è già abituati a considerarlo tale e anzi, ci si chiederà stupiti e scandalizzati come mai prima si chiamava unione civile.Tutto il can can pubblicitario intorno alla coppia Turci-Pascale - uno spazio che neanche per Diana e Carlo d'Inghilterra - proprio a questo serve: a far entrare nella testa la parola matrimonio riferita a una unione omosessuale (magari ricordando che c'è ancora un passo da fare per arrivare alla piena uguaglianza). Così come era stato poche settimane prima per l'altra coppia omo molto celebrata: il giornalista Alberto Matano con il "suo" Riccardo Mannino.Era una strada segnata fin dall'inizio, e a questa deriva hanno pesantemente concorso politici cattolici e persino pastori (non dimenticheremo i fantastici editoriali di Avvenire sul grande contributo che unioni omosessuali stabili danno alla società), che hanno giustificato e valorizzato le unioni civili, facendo credere che basti giocare sui termini per salvare l'unicità della famiglia.Costoro, invece di fare equilibrismi impossibili sull'uso delle parole, avrebbero dovuto e dovrebbero ora rileggersi quanto il Magistero (e sottolineo Magistero, non l'opinione personale di questo o quel vescovo) ha chiaramente affermato sul tema delle unioni fra persone dello stesso sesso, e troviamo sintetizzato nel documento della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2003, "Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali".Citiamo solo la conclusione: «La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all'approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali. Il bene comune esige che le leggi riconoscano, favoriscano e proteggano l'unione matrimoniale come base della famiglia, cellula primaria della società. Riconoscere legalmente le unioni omosessuali oppure equipararle al matrimonio, significherebbe non soltanto approvare un comportamento deviante, con la conseguenza di renderlo un modello nella società attuale, ma anche offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell'umanità. La Chiesa non può non difendere tali valori, per il bene degli uomini e di tutta la società».Il giudizio della Chiesa è sempre stato chiaro, stare oggi a disquisire su quale parola usare è solo patetico. E, appunto, insopportabile.(Riccardo Cascioli, La Nuova Bussola Quotidiana, 4 luglio 2022)
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7045LA SCANDALOSA BENEDIZIONE GAY NELLA DIOCESI DI BOLOGNA DEL CARDINAL ZUPPI, PRESIDENTE CEI di Andrea ZambranoPietro Morotti e Giacomo Spagnoli si sono uniti civilmente l'11 giugno scorso nel Comune di Budrio in provincia di Bologna. Giusto il tempo della classica foto all'uscita del Municipio e il tradizionale lancio del riso che per i due si sono spalancate le porte della chiesa di San Lorenzo, la quale è proprio di fronte, dall'altra parte della piazza.Così, come un allegro e rustico corteo, gli invitati e i due "sposini" sono entrati in chiesa dove li attendevano un nutrito stuolo di sacerdoti preparati per la messa. Casula rossa, memoria di San Barnaba martire.Il celebrante, in particolare, è don Gabriele Davalli, parroco nella vicina Vedrara, il quale conosce i due e li segue nel gruppo "in cammino" rivolto ai cattolici cosiddetti Lgbt, ma tra i vari incarichi che ha in diocesi a Bologna ha anche quello di responsabile della pastorale familiare. Non deve essere un problema, evidentemente, occuparsi della famiglia naturale così come la Chiesa la promuove e la sostiene e le famiglie cosiddette arcobaleno.Una volta in chiesa, per Pietro e Giacomo, i genitori, i parenti e gli amici è iniziata una seconda cerimonia, dopo il sì appena pronunciato davanti al pubblico ufficiale. Una Messa. Una Messa nella quale i due - omosessuali dichiarati - sono stati festeggiati anche dalla Chiesa. C'era tutto l'armamentario tipico dei matrimoni: i fiori, l'abito delle grandi occasioni, i canti, il fotografo e i due "sposini" in prima fila perché, in fondo, erano loro i due protagonisti.«Si è trattato di una benedizione di due uomini appena uniti civilmente - spiega alla Bussola padre Antonio Bai, parroco della chiesa di Budrio -, d'altra parte una benedizione non si nega a nessuno, no?». Ma come è possibile? Soprattutto dopo che la CdF su queste cerimonie spinte dalla chiesa catto protestante tedesca era stata chiara? «Io, non so. Dovete chiedere al celebrante».RESPONSUM VIOLATOCosì, per non far sembrare la cosa una aperta violazione delle leggi della Chiesa, che proibisce le benedizioni alle coppie gay e lo fa con un responsum molto chiaro, i sacerdoti si sono inventati infatti una Messa di ringraziamento.Ringraziamento per l'unione civile appena fatta nella quale due uomini si uniscono in una coppia? «Ogni messa è un ringraziamento, è nell'etimologia della parola stessa», esordisce don Davalli al telefono con la Bussola. E dunque, i due per che cosa hanno detto grazie? «Se si riferisce ai due ragazzi, Giacomo e Pietro, che hanno fatto l'unione civile, hanno partecipato come tutte le persone che erano in chiesa».Le cose non sono proprio andate così: ad un certo punto, dopo la comunione, i due sono saliti sull'altare dove il sacerdote ha consegnato loro un grembiule. «La consegna di questo grembiule ha significato che questi due ragazzi sono ragazzi che in questi anni hanno da sempre servito il gruppo in cammino con il servizio di coordinamento e accoglienza, non è stato un gesto liturgico».Insomma, il sacerdote cerca di normalizzare, ma quella andata in scena, mascherata da una tautologia come Messa di ringraziamento, è stata una benedizione di una unione civile di due omosessuali.Che poi l'obiettivo della benedizione fosse chiaro fin da subito, del resto, lo prova un video del 2021 con 2400 visualizzaizoni su Youtube nel quale Pietro e Giacomo si mettono letteralmente a nudo raccontando del loro innamoramento e del loro percorso dentro la Chiesa, notando tra l'altro come «Le risposte del Catechismo non erano esaustive per la nostra vita» e - parafrasando San Pietro col centurione pagano da battezzare - in fondo «lo Spirito già benedice questa unione». Il titolo dato al filmato, di qualità elevata, è The Greatest blessing, la "benedizione più grande". Che sarebbe poi quella di Dio, il Quale benedice già le scelte dei suoi figli omosessuali che sono inseriti in una comunità di cattolici e che la Chiesa deve accettare.UN VIDEO ZUCCHEROSO PRESENTA UNA FAMIGLIA "NORMALE"Il filmato però vede protagonisti soltanto Pietro e Giacomo che si presentano come una coppia con tanto di divisione dei ruoli. Uno di loro, ad esempio, si presenta in cucina col grembiule (aridaje) intento a fare i tortellini, che a Bologna è un rito sacro, riservato alle nonne e che si tramanda di generazione in generazione di madre in figlia, dalla cottura del pesto alla chiusura del "cappelletto" con la maestria che si conviene a una vera e propria rezdora. Insomma, il video, di per sé è un concentrato di luoghi comuni e messaggi, orientato ad ottenere una benedizione della Chiesa per un'unione che il Catechismo - ancora lui! - definisce non secondo la natura.Con l'aiuto di preti compiacenti, la missione è compiuta e anche in Italia cominciamo a vedere questo tipo di benedizioni, pur con l'ipocrita foglia di fico della "Messa di ringraziamento", che è un modo per aggirare la legge di Dio e prendersi gioco della Chiesa stessa.E l'arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi era al corrente di tutto questo? «Sì, l'ho informato io», taglia corto don Davalli.Dunque, a Bologna va in scena una benedizione di una coppia gay appena unita civilmente e la benedizione pubblica si svolge nella diocesi del neopresidente della Cei.L'obiettivo, però, a detta di tutti è normalizzare, appianare, far presagire che non c'è nessuno strappo col passato, nessuna violazione: «Non abbiamo fatto altro che pregare - ha aggiunto don Maurizio Mattarelli, un altro prete bolognese che segue da vicino altre coppie omo e che era presente in San Lorenzo assieme ad altri preti -. Abbiamo pregato per il dono dell'amore e della fede».Di che amore e di che fede si stia parlando, però, non è dato sapere.Nota di BastaBugie: Riccardo Cascioli nell'articolo seguente dal titolo "Uno tsunami Lgbt sta travolgendo la Chiesa" parla del moltiplicarsi di eventi di promozione Lgbt, mentre da Roma prosegue il silenzio.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 17 giugno 2022:Quello che si sta abbattendo sulla Chiesa ormai è un vero e proprio tsunami Lgbt. Scrivevamo qualche giorno fa che «non passa settimana e a volte giorno, che non ci sia una qualche iniziativa omosessualista nella Chiesa»: eravamo troppo ottimisti, in realtà negli ultimi giorni è stato un moltiplicarsi di eventi di promozione Lgbt. Proviamo a citare i casi più clamorosi, dopo la benedizione della coppia gay a Bologna. [...]In Germania, 300 francescani della provincia di Santa Elisabetta hanno eletto come nuovo superiore padre Markus Fuhrmann, appena poche settimane dopo che quest'ultimo si era pubblicamente dichiarato omosessuale. Dunque non si tratta di un caso isolato, ma di una intera provincia francescana che trova l'omosessualità come un punto di merito, voglia di «innovazione nella Chiesa», come ha detto padre Fuhrmann, che ovviamente è favorevole all'abolizione del celibato sacerdotale e all'ordinazione delle donne. Interessante questa dichiarazione del nuovo provinciale dei francescani a proposito del suo coming out: «Se io stesso sono gay, allora voglio dimostrare che posso essere parte della Chiesa in questo ministero. Questo è importante perché per la Chiesa non dovrebbe essere così. Purtroppo c'è troppa ipocrisia istituzionale nella Chiesa». Quello che emerge da queste parole è che siamo di fronte a un vero e proprio lavoro di infiltrazione: si entra nei seminari e negli ordini religiosi celando la propria omosessualità (ammesso che non si entri in luoghi di formazione già corrotti) con l'obiettivo di cambiare la dottrina della Chiesa, ridurla a pura istituzione umana.Scendiamo un po' più giù, in Svizzera, diocesi di Coira per l'esattezza: riferisce il sito rossoporpora.org che qui il vescovo Joseph Maria Bonnemain ha varato un codice anti-abusi che tutti i preti e quanti lavorano per la diocesi hanno l'obbligo di firmare. Nel lungo documento c'è una sezione che già dal titolo è tutta un programma: «Come rispettare l'autodeterminazione sessuale?». Ed ecco le risposte: «Io rinuncio a valutazioni globalmente negative su pretesi comportamenti non biblici in materia di orientamento sessuale»; «Riconosco i diritti sessuali come diritti umani, in particolare il diritto all'autodeterminazione sessuale». «Nei colloqui pastorali non parlo spontaneamente di temi legati alla sessualità». «Tralascio qualsiasi forma di discriminazione fondata su orientamento sessuale o identità».Un bel "liberi tutti" che qualcuno in diocesi non ha preso bene, e 44 sacerdoti (su circa 500 presenti in diocesi) hanno firmato una petizione per chiedere al vescovo che ritiri il codice e convochi una commissione per rivedere queste parti del testo. «Ci duole molto - scrivono nella petizione - che il vescovo diocesano abbia offerto la possibilità all'ideologia Lgbt di impiantarsi nella Chiesa sotto la copertura pretestuosa della prevenzione degli abusi, così da espellerne l'insegnamento di fede».Il vescovo ha già risposto picche con una lettera il 14 giugno in cui pretende che tutti firmino il documento perché i passaggi contestati del Codice sono in sintonia con l'insegnamento della Chiesa. Monsignor Bonnemain evidentemente ha le idee un po' confuse sull'insegnamento della Chiesa visto che da nessuna parte del Magistero si parla di orientamenti sessuali, men che meno di autodeterminazione sessuale. Oppure non ce le ha confuse, semplicemente usa la seconda strategia per cambiare la dottrina della Chiesa: farlo facendo finta di rispettarla. In compenso commette anche un inaudito abuso di potere, vincolando il servizio alla diocesi a una ideologia.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7028FINALMENTE BEATO IL SACERDOTE UCCISO DAI PARTIGIANI di Paolo RissoLa notte del 21 luglio 1945 - la guerra era finita da tre mesi - alle ore 2, si ode una scampanellata alla porta della canonica di Crocette (Pavullo - Modena). La buona "perpetua", Angiolina F., affacciatasi alla finestra, vede un uomo che le dice di voler il parroco per l'assistenza a un infermo assai grave.Angiolina conosce l'uomo e si affretta a chiamare il parroco, don Luigi Lenzini, 64 anni di età, che dovrebbe riposare, ma carico di preoccupazioni, veglia e prega. Don Luigi, intuito il diabolico tranello, rifiuta l'invito, dicendo che ha già visitato il malato il giorno prima e che sarebbe tornato al mattino, alla luce del sole. La perpetua dalla finestra lo dice all'uomo rimasto ad attendere.Segue un lungo silenzio nella calda notte d'estate. Quindi si sentono strani rumori lungo i muri della casa. Gli uomini presenti, partigiani comunisti, (sono almeno in quattro) servendosi di una scala a pioli, riescono a entrare in canonica attraverso la finestra del ballatoio, rimasta aperta, all'altezza di 7 metri da terra.Sono mascherati e, appena entrati, terrorizzano la perpetua, la quale fugge in una casa vicina, dopo aver riconosciuto uno di quei figuri. Frattanto risuonano nella notte lenti rintocchi della campana a martello, come un gemito, un grido di aiuto.Don Luigi, compreso il pericolo, è sceso al piano terra ed è risalito subito sul pianerottolo del campanile e ha dato di piglio alla corda della campana. A quel suono, si scatena sul piazzale della chiesa una sparatoria infernale a scopo intimidatorio: guai a chi fosse sopraggiunto!I briganti, introdottisi in canonica, sono assai pratici dei luoghi e, scendendo la scala interna, si portano in chiesa e sparano diversi colpi, quindi salgono sul pianerottolo del campanile, dove trovano don Luigi. Lo afferrano - quattro contro uno, buon affare, vero? - e lo strappano via dal luogo santo con brutale sacrilega violenza.Nel tragitto dalla chiesa verso la morte ormai sicura, don Luigi vive il suo calvario. Gli assassini infieriscono su di lui con sevizie ed efferata crudeltà. Vogliono costringerlo a bestemmiare il suo Dio, quel Dio che lo ha elevato alla dignità più alta sulla terra: "alter Christus".Giunto nella vigna a mezzo chilometro dalla chiesa, con il corpo orribilmente straziato, il parroco viene finito con un colpo alla nuca, quindi viene "semisepolto" sotto poca terra, intrisa del suo sangue. I senza-Dio, peggiori di Attila, fuggono "a capolavoro compiuto".L'odio a Cristo e alla sua Chiesa, li ha condotti a un delitto, contro uno dei suoi Ministri. È notte fonda, notte nera, sulla campagna di Crocette e ancor più in quei fanatici chiusi alla luce.Il povero corpo di don Luigi è ritrovato da alcuni contadini una settimana dopo, il 27 luglio 1945, nella vigna, lungo la scorciatoia che conduce a Pavullo. I suoi funerali, in mezzo al rimpianto e alle lacrime degli onesti, vengono celebrati nella sua chiesa di Crocette dal Vicario foraneo di Pavullo, don Giuseppe Passini.La tomba del martire - perché di un martire vero si tratta - nel cimitero parrocchiale, è subito meta di pellegrinaggi e luogo di preghiera: indimenticabile buon pastore che ha dato la vita per Gesù e per le anime a lui affidate.APOSTOLO DI GESÙLuigi Lenzini era nato a Fiumalbo il 28 maggio 1881, figlio del dottor Angelo e di Silvia Lenzini, in via Bassa Costa, N. 74. Cresce in famiglia agiata e soprattutto profondamente cristiana. Fin dall'infanzia, Gesù è il suo primo Amico. Una fanciullezza segnata dalla devozione a Gesù Eucaristico e alla Madonna. Sente presto che Gesù lo chiama a farsi sacerdote.Compie gli studi ginnasiali nel Seminario di Fiumalbo (Modena). Nel 1898, 17enne, a Natale veste l'abito talare, come chierico della diocesi di Modena. È molto contento della scelta compiuta e intraprende con slancio e profitto gli studi di filosofia e teologia. Si radica nella Verità della santa Dottrina Cattolica, alla luce del Magistero di Leone XIII che all'inizio del secolo XX, indica con autorità Gesù Cristo come Via, Verità e Vita per l'umanità (enciclica Tametsi futura), e del santo Pontefice Pio X, che inaugurando il suo pontificato, nell'agosto 1903, si propone di "ricapitolare tutte le cose in Cristo" ("instaurare omnia in Christo").A 23 anni, ricco del vero spirito religioso e sacerdotale che vuole stabilire davvero tutto in Gesù Cristo e che non può sopportare che qualcosa o qualcuno sia fuori di Lui, Luigi Lenzini viene ordinato sacerdote il 19 marzo 1904, festa di S. Giuseppe, dall'Arcivescovo di Modena, Mons. Natale Bruni.Celebrata la prima S. Messa a Fiumalbo tra la gioia dei suoi cari e dei concittadini, viene mandato vice-parroco prima a Casinalbo, quindi a Finale Emilia, dove resterà sei anni. È un giovane prete colmo di amore a Dio che lo spinge ogni giorno di più a essere apostolo del Redentore in mezzo, ai fratelli. In Italia, in particolare in Emilia, in questi anni, dilaga il socialismo, ateo e materialista, che si propone di sradicare la Fede cattolica e, a parole, di promuovere i ceti più umili: ecco dove sta l'inganno.A Finale, una delibera del consiglio comunale del 1882 aveva abolito il Crocifisso e l'insegnamento della Religione dalle scuole, che però era stato subito ripristinato da un decreto del prefetto. All'inizio del secolo, il socialista Gregorio Agnini organizza a Finale e dintorni la penetrazione del socialismo, recandosi a ‘predicare' anche sulla piazza della chiesa. Don Luigi, appena 30enne, scende in piazza con competenza e coraggio a controbattere baldanzosamente il "compagno" Agnini, con la Luce della Verità del Vangelo di Cristo.Prima e dopo, prega davanti a Gesù Eucaristico, acquistando per suo dono una parola franca e luminosa che confuta gli errori e custodisce molte anime nella Fede.Dal 1912 al 1921, è rettore della parrocchia di Roncoscaglia, quindi viene nominato parroco di Montecuccolo, dove rimarrà fino al 1937. Sente in profondità come un assillo pungente la responsabilità di essere parroco e di portare le anime che gli sono affidate a Gesù, in questa vita nella fuga dal peccato e nella Grazia santificante, quindi nell'al-di-là in Paradiso. Vuole giungere a ogni anima, nessuno escluso.Nella piccola biografia che abbiamo tra mano, leggiamo di lui: "Mattiniero e puntuale all'orario della Messa, si preoccupava dell'istruzione religiosa (e non solo) dei suoi parrocchiani: con il catechismo ai ragazzi, agli aspiranti dell'Azione Cattolica, riuniti nel circolo dei "Lorenzini" (dal loro protettore S. Lorenzo, diacono e martire), alle madri di famiglia, ai giovani, ai capifamiglia, raggruppati in confraternite. Aveva istituito una piccola biblioteca circolante con libri di formazione, vite di santi, romanzi buoni. Era sempre disponibile al confessionale e alla direzione spirituale" (da: G. Lenzini, Don Luigi Lenzini, martire di un atroce odio anti-clericale, pro manuscripto, Modena, 2009).In una parola, è attento a tutte le necessità della parrocchia dove è amato come il buon pastore a immagine di Gesù, come l'apostolo di Gesù, che vive per Gesù solo e per donargli tutte le anime. Il suo più grande amore è il Santo Sacrificio della Messa, Gesù Eucaristico. Ogni domenica guida i suoi parrocchiani in un'ora di adorazione eucaristica.SEMPRE VICINO AL TABERNACOLOTra i suoi scritti, questa elevazione ardente a Gesù-Ostia esposto sull'altare: "So di essere alla tua presenza, o Gesù mio, e benché con gli occhi non ti veda, pure la Fede mi dice che Tu sei lì in quell'Ostia, vivo e vero, come lo fosti un dì sulla terra. Sì, lo credo, o Gesù, più che se ti vedessi con gli occhi, e sapendo di essere alla tua reale presenza, il mio primo dovere è di adorarti. Ti adoro con lo spirito di adorazione con cui ti adorò tua Madre, quando ti vide nato nella grotta di Betlemme. Voglio la Fede e la carità del tuo padre putativo S. Giuseppe per adorarti come meriti. Ti adoro con le adorazioni dei tuoi Apostoli e soprattutto con quella del tuo diletto Pietro, quando ti disse: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Fa', o Gesù, che la mia adorazione non si limiti a questo giorno, ma che il mio pensiero sia sempre vicino al tuo santo Tabernacolo".Alla fine del 1937, don Luigi si sente chiamato a farsi religioso redentorista a Roma. Lascia Montecuccolo, ma a Roma non resiste a causa dell'età non più giovanile: così nel 1939 ritorna in diocesi a Modena. Per due anni è cappellano nella casa di cura di Gaiato, servendo Gesù nei malati con la delicatezza di un padre. Intanto ha la gioia, di vedere due giovani già suoi parrocchiani, da lui guidati, salire l'altare come sacerdoti di Gesù.Il 26 gennaio 1941, a 60 anni, è nominato parroco di Crocette, 700 abitanti, nel comune di Pavullo (Modena). Un'altra volta, è tutto dedito al suo ministero: sacerdote della Verità che annuncia e fa amare Gesù, uomo di sconfinata carità che soccorre e consola i suoi nelle difficoltà enormi della guerra. È subito benvoluto e stimato da molti, quelli che amano la Verità.Nessuno può accusarlo di simpatie fasciste, anzi aiuta anche i partigiani che rispettano la dignità dell'uomo e nasconde in canonica alcuni ricercati. La sua preoccupazione è "salvare" chiunque abbia bisogno. Non usa il pulpito per fare propaganda politica per qualche partito, ma esprime con chiarezza, in chiesa e fuori, il suo timore per il diffondersi di ideologie avverse al Cristianesimo: "Se il comunismo ateo avesse a prevalere - afferma con coraggio nelle sue omelie - un giorno sarà anche impedito alle famiglie di battezzare i loro bambini".Bastano parole come queste a renderlo inviso, a trasformarlo in bersaglio da colpire e da eliminare. A una riunione a metà giugno 1945, interviene un propagandista comunista per chiedere in tono minaccioso "dove si trovi il parroco a cui intende insegnare come deve parlare in chiesa".
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=266SETTE CONSIGLI PER EDUCARE I GIOVANI AL RISPETTO DEL CORPOIl coraggio di un giudizio controcorrente su tatuaggi, piercing, parolacce, moda, maleducazione, ecc.Tatuaggi, capelli alla "moicana", parolacce, moda trasandata, stravaganze variopinte. Perché? un cattolico non è indifferente di fronte a questi fenomeni giovanili. Il coraggio di un giudizio cristiano controcorrente.Salire su un autobus urbano di buon mattino può essere un'esperienza molto istruttiva: anche lo sguardo più distratto non può ignorare le stravaganze che affliggono la varia umanità giovanile che si accalca per raggiungere le scuole di ogni ordine e grado. Capelli rossi e tagli alla moicana; orecchini multipli alle orecchie, sul naso, sulle labbra; tatuaggi stile vecchio lupo di mare; abbigliamento trasandato, sciatto, ma spesso "firmato"; linguaggio pieno zeppo di volgarità che farebbero impallidire uno scaricatore di porto. Ciò che più colpisce in questo scenario sono due aspetti inquietanti: da un lato, l'omologazione verso il basso dei due sessi. Le ragazze vestono, si muovono, parlano, dicono parolacce né più né meno dei loro coetanei. Si direbbe si siano lasciate convincere che quello è l'unico "passaporto" per entrare nel gruppo, per essere notate dal ragazzino verso il quale nutrono segrete simpatie adolescenziali. L'altro elemento allarmante di questo "ritratto" della gioventù è che, salvo eccezioni sempre più rare e isolate, l'armamentario negativo che abbiamo descritto è diventato una vera e propria divisa dei ragazzi di questo nuovo millennio. L'aspetto più desolante e meno "giovanile" di questa situazione è che stiamo coltivando una generazione di conformisti: portano tutti le stesse scarpe (rigorosamente di ginnastica, poveri piedi), gli stessi pantaloni (rigorosamente jeans), vestono il taglio d'abito all'ultima moda che si restringe e si allarga ciclicamente, si acconciano i cappelli all'unisono, usano il medesimo linguaggio sboccato. Qualche decennio fa, certi modi di vestire e certi atteggiamenti pur deprecabili avevano almeno qualche significato di rottura, di sincera contestazione dell'esistente; adesso questi poveri ragazzi si sono lasciati ritagliare addosso una divisa, un po' come i tristissimi "pigiami" della Rivoluzione culturale comunista cinese. Hanno dato in affitto, poveretti, i loro corpi, lasciando che altri scelgano per loro che cosa mettersi, come pettinarsi, dove e quanto bucarsi il corpo con pezzettini di metallo, come parlare, dove divertirsi, quando impasticcarsi. L'importante è che pensino poco, male, e tutti uguale.Di fronte a questa realtà, i cattolici che cosa hanno da dire? Vediamo di mettere insieme qualche buona idea da tradurre in pratica.1. EVITARE IL MODELLO STRUZZOInnanzitutto, evitiamo di ascoltare i "cattolici modello struzzo", quelli che preferiscono non affrontare la realtà. Per costoro "i giovani non sono tutti come quelli che abbiamo descritto, anzi la maggioranza sono bravi, i nostri figli saranno diversi". Un settimanale di ispirazione cristiana riportava il mese scorso un'indagine condotta su un campione di 150 giovani tra i 20 e i 24 anni, per conoscere le loro idee in materia di sessualità: ne è venuto fuori che il 50% non considera essenziale la fedeltà di coppia, che il 65% ritiene il sesso sia disgiunto dall'affettività, che il 70% giudica l'omosessualità "eticamente e socialmente ammissibile", e che la stragrande maggioranza predica e pratica i rapporti prematrimoniali. Il settimanale in questione concludeva che "converrà in ogni caso evitare di porsi di fronte a questo quadro utilizzando giudizi di valore". Che è, appunto, la "legge dello struzzo".2. FORMULARE GIUDIZI DI VALOREIl Timone, invece, crede che il nostro compito di cristiani pensanti sia proprio quello di formulare "giudizi di valore" alla luce del Vangelo e del Magistero ecclesiale. Facile comprendere che in questo scenario sarà sempre più difficile educare i nostri ragazzi a uno stile di vita sano, se tutte le loro principali compagnie dalla scuola, all'oratorio, alla squadra di calcio hanno stili diametralmente opposti: "Se loro lo fanno, papà, perché io no?".3. NON DIRE "NON C'È NULLA DI MALE"Un altro pericolo da evitare è concludere come farebbe il "cattolico modello struzzo", che "comunque, non c'è nulla di male a tingersi i capelli di rosso e a mettersi l'orecchino al naso, anzi...". Il problema vero, è che invece c'è molto di male a "maltrattare" il proprio corpo, perché questo è il sintomo di una malattia mortale per la fede: il disprezzo verso se stessi. Come sempre, la verità cristiana è una verità paradossale, che si presenta ribaltata rispetto all'immagine che ne fornisce il mondo. Una di queste leggende sostiene e riesce a far credere che la Chiesa di Cristo nega valore e significato al corpo dell'uomo, riducendone il valore alla dimensione spirituale. Nulla di più falso. Anzi: chi afferma che il cristianesimo detesta e disprezza il corpo dell'uomo, dice un'eresia.4. TUTTA LA VITA SI MANIFESTA ATTRAVERSO IL CORPOBasterebbe a sciogliere ogni dubbio in proposito il modo con cui Gesù si presenta ai suoi discepoli dopo la resurrezione: "Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!" (Lc 24.39). La fede dei cristiani è la fede dell'incarnazione, di Dio che si fa uomo non semplicemente rivestendosi di un involucro antropomorfo come vorrebbe il manicheismo ma diventando autenticamente e pienamente uomo, fuorché nel peccato. Soffermiamoci a pensare per qualche istante: Gesù ebbe fame e sete nel deserto, gustò i cibi prelibati delle nozze di Cana, pianse lacrime calde sulla tomba di Lazzaro, ebbe paura e sudò sangue nel Getsemani, soffrì l'atroce umiliazione dei soldati romani e la terribile agonia della croce. Certo, la Chiesa ci insegna che non esiste un materialismo sano: l'uomo è il suo corpo e la sua anima. Ma si potrebbe dire che il cristiano è portatore sano di un materialismo, cioè della consapevolezza che tutta la sua vita, compresa quella eterna, si gioca e si manifesta attraverso il corpo.5. L'AMORE SI MANIFESTA ATTRAVERSO IL CORPOPensiamo, se ancora non bastasse, alla "materialità" che caratterizza i sacramenti: senza un po' di pane e un po' di vino, fatti da mani d'uomo, non vi può essere Eucaristia. Gesù fatto pane viene ad abitare dentro il nostro cuore, il nostro corpo. E ancora: pensiamo al Gesù-medico dei Vangeli che si curva a curare e guarire migliaia di malati. Certo, senza mai dimenticare che il vero grande male è il peccato, ma rivelando che l'amore si manifesta attraverso un gesto, una carezza, un abbraccio, un bacio. Attraverso il nostro corpo.6. LO SPIRITUALISMO È IL NEMICODunque, oggi il nemico più agguerrito del cristianesimo sembra non essere più il materialismo, ma lo spiritualismo: il separare fittiziamente l'anima dal corpo, per cui posso tenere comportamenti immorali e contrari alla dignità della mia persona, ma ritenere l'anima preservata dal male compiuto dal corpo. Ciò è impossibile. Come insegna Gesù, dal nostro cuore escono i peccati, cioè la volontà al male; ma è con le nostre azioni sia della mente che del corpo che il male prende forma corrodendo il nostro corpo, che è tempio dello Spirito Santo.7. DOMANI POTREBBE ESSERE TROPPO TARDITutte queste considerazioni sembrano averci portato lontano. E invece siamo stati ricondotti all'interno del nostro autobus delle 7 e 20, pieno zeppo di ragazzi mal vestiti e mal consigliati. Il modo con cui maltrattano il loro corpo rivela che non hanno capito il tesoro che hanno a disposizione, anzi, il tesoro che sono. Normale poi che svendano se stessi sulla strada del sesso facile, della contraccezione, del matrimonio a termine, di qualche droga che faccia evadere verso la felicità. La felicità: sarebbe in realtà nelle loro mani, nei loro sguardi, nella pulizia delle loro facce, nei loro corpi vestiti con tanta semplicità e conformemente agli impegni della giornata. Mostriamo loro il volto incarnato di Gesù, sveliamo loro che la fede è vita, che Cristo è vicinissimo e non un dio lontano e inafferrabile. Questa nuova evangelizzazione essi si attendono da noi; questa franchezza gli educatori cristiani devono ai loro ragazzi. Oggi, subito. Perché domani potrebbe essere troppo tardi.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=257SESSO, PERCHE' ASPETTAREI rapporti pre-matrimoniali in realtà sono anti-matrimoniali (ecco perché sempre più fidanzati scelgono la via della castità)Da una seria osservazione degli ultimi accadimenti nella realtà odierna e nella storia, limitandoci anche soltanto alle vicissitudini del secolo appena trascorso, un dato emerge con chiarezza: i giovani, nel bene o nel male, sono mossi da ideali grandi. Reclamano un'istruzione migliore, una maggiore giustizia sociale ed una politica attenta alla loro vita piuttosto che alle questioni "di Palazzo".All'interno di questa gioventù, tuttavia, vive un nucleo ancora più rivoluzionario, perché ha iniziato la rivoluzione a partire dalla propria vita, dalla propria esperienza più intima: quella dell'amore. Mi riferisco a quei giovani ed, in particolare, a quelle silenziose, ma sempre più numerose, coppie di giovani fidanzati che hanno fatto una scelta decisiva per la loro vita affettiva: vivere la castità prematrimoniale. Questi giovani non sono extraterrestri catapultati nella nostra società ma esseri umani; anzi, hanno deciso di vivere la loro umanità fino in fondo e vogliono viverla proprio laddove questa si esprime alla massima potenza: nell'amore.Sono ragazzi che hanno deciso di opporsi fermamente a quella strisciante ideologia che sta insidiando la nostra cultura e che vuole brutalmente banalizzare l'affettività: l'equazione amore = sesso. Quando loro parlano di amore si riferiscono all'Amore vero, quello con la "A" maiuscola. Vi è un conflitto acutissimo tra il sentore comune, quello che i media quotidianamente ci propinano, il frutto marcio di rivoluzioni sessuali più che discutibili, e questa loro scelta; la vera rivoluzione, tuttavia, la stanno facendo loro. Tale conflitto valoriale lo si avverte ancora di più allorché si ascolta parlare di castità invocando lo spauracchio del "divieto dei rapporti prematrimoniali", come se la castità fosse un sinonimo di tale divieto e niente più.Il nocciolo della questione risiede proprio in questo fraintendimento, perché la castità è molto di più: la castità è una virtù. La castità ha un valore propedeutico necessario per la comprensione dell'amore vero. Proprio per questo ci viene prontamente suggerita dal Magistero della Chiesa. La castità è quell'energia spirituale che libera l'amore dall'egoismo. Il sesso svincolato da un contesto di donazione totale e completa di sé all'altro diviene un animalesco esercizio fisico, mosso da pulsioni egoistiche, che conduce ad una reificazione del proprio partner. La castità prematrimoniale, che implica per i fidanzati la continenza fino al matrimonio, è una virtù che eleva l'uomo; viene suggerita, non per mortificare la coppia, ma perché fa bene e promuove la comprensione dell'immenso valore del matrimonio.L'esperienza ci dice che il sesso prematrimoniale è, in verità, "antimatrimoniale". Il sesso unisce, crea un legame molto intimo col partner e, poiché ciò accade più o meno consapevolmente ogni volta, più partner sessuali si hanno, più il legame con ognuno si indebolisce: aumentano drasticamente, al contrario, le chance di un futuro fallimento della coppia. L'attesa, invece, fortifica il legame tra i fidanzati perché il rapporto sessuale diviene qualcosa che i coniugi hanno condiviso solo l'uno con l'altro, dopo averlo desiderato senza soddisfarlo per un certo periodo. Questa attesa, questa "fatica", viene sacrificata (etimologicamente sacrum facere: "rendere sacro") per amore, facendo comprendere che ci si vuole bene in modo autentico ed affascinante: nella coppia ci si stima molto di più quando si è sciolti dai lacci delle pulsioni egoistiche del mero piacere. Il sesso prematrimoniale, inoltre, è intrinsecamente deleterio per quella stagione della vita che è il fidanzamento. Questo periodo è un tempo di verifica della scelta della persona da amare.Ebbene, il rapporto prematrimoniale rischia spesso di annebbiare tale scelta perché, se lascia insoddisfatti, porta a concludere che si è incompatibili, quando magari il matrimonio potrebbe dimostrare il contrario; se, invece, il rapporto intimo soddisfa, può celare alcune incompatibilità pronte ad emergere dopo il matrimonio. I fidanzati ancora non si appartengono. A tal proposito, è bellissima una considerazione di don Giussani che afferma: "Per amare veramente una donna occorre un distacco: adora di più la sua donna un uomo che la guarda ad un metro di distanza, meravigliato dell'essere che ha davanti, quasi inginocchiato davanti ad essa, o quando la prende? No! No, quando la prende, finisce". Solo il matrimonio suggella la completa e definitiva donazione di sé all'altro e, quindi, solo allora si giustifica quella più intima e profonda donazione di sé che si concreta, soprattutto, nella potenzialità procreativa dell'atto sessuale.Ciò che più ha stimolato questi giovani a tale scelta d'amore risiede tuttavia nei frutti che la castità procura. La castità richiede, anzitutto, ai fidanzati che acquisiscano e mantengano solide convinzioni circa i veri valori della vita e della famiglia, e che vivano una perfetta padronanza di sé: l'autodominio. La castità esige un continuo sforzo ma, grazie al suo benefico influsso, i fidanzati sviluppano integralmente la loro personalità, arricchendosi di valori spirituali: essa apporta alla vita di coppia i beni della serenità e della pace ed agevola la soluzione degli altri problemi; favorisce l'attenzione verso l'altro, aiuta gli amanti a bandire l'egoismo, nemico del vero amore, e approfondisce il loro senso di responsabilità nel compimento dei doveri reciproci. La castità è, in definitiva, la chiave di volta di un amore vero; e poiché l'amore vero risponde intimamente alle esigenze del cuore umano, la castità stessa è un bisogno intimo ed insopprimibile dell'uomo. Molti giovani ne hanno compreso la preziosità e l'hanno sperimentata. Questi giovani vogliono essere uomini veri, uomini vibranti d'umanità!
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=263UN NO CHE PREPARA UN GRANDE SILe ragioni ed i vantaggi della castità prematrimonialeUn giovane e una giovane si conoscono, si frequentano, si vogliono bene. Scoprono di desiderare una vita insieme e, magari, stabiliscono che un giorno diventeranno solennemente e pubblicamente marito e moglie. Un periodo di tempo - più o meno lungo - li separa dal momento in cui, salvo ripensamenti, si uniranno in matrimonio. Come vivere questa particolarissima stagione della vita che è il fidanzamento? Secondo la mentalità corrente, nulla di più normale che quei giovani si comportino come se fossero già sposati.Nell'insegnamento della Chiesa, invece, soltanto il matrimonio rende lecito il rapporto sessuale tra l'uomo e la donna. Si tratta di un conflitto acutissimo tra il senso comune dei contemporanei e il Magistero petrino; il divieto dei cosiddetti "rapporti prematrimoniali" rischia di risuonare sempre meno ascoltato e compreso, al punto da suscitare perfino nei pastori la tentazione alto scoraggiamento. Non è raro ascoltare il "lamento" di qualche parroco: "Dissuadere i fidanzati dai rapporti prematrimoniali? Figuriamoci, inutile perfino parlarne, non ci capiscono".CHE FARE, DUNQUE?C'è un significato profondamente umano di questo insegnamento che, ininterrottamente e ostinatamente, la Chiesa affida agli uomini di ogni tempo. Bisogna aiutare le persone a riscoprire che non si tratta di un'impuntatura moralistica - "devi fare così perché devi, perché te lo dico io" - né di un sacrificio imposto ai fidanzati per il gusto di mortificarli, né di una prescrizione formalistica. priva di qualsiasi giustificazione razionale.Come sempre quando la Chiesa insegna una verità morale, la castità al di fuori del matrimonio ha un profondo significato antropologico: è proposta perché "fa bene" all'uomo, rispetta e promuove la sua più intima natura, lo aiuta a comprendere in profondità l'essenza del matrimonio.Proveremo dunque a offrire alcuni argomenti "umani" che possano aiutare a riaprire gli occhi sulla bellezza di questa "fatica" richiesta ai fidanzati e a chiunque viva al di fuori del matrimonio. Un piccolo prontuario per ragionare sul fatto che il "bene" insegnato dal "Papa e dai preti"' alla fine, conviene. E che il sesso prematrimoniale è, in verità, "anti-matrimoniale".1) SIGNIFICATO UNITIVOUna prima constatazione di buon senso: il sesso unisce Crea cioè subito tra gli amanti un'unione affettiva, psichica, emotiva, intima e speciale che nessun'altra relazione è in grado di eguagliare. lì sesso produce un legame, poiché il corpo parla un linguaggio che va anche al di là delle intenzioni coscienti del partner. Ora, poiché questo legame nasce più o meno consapevolmente ogni volta, più partner sessuali si hanno più il legame con ognuno si fa più debole. Il sesso prematrimoniale aumenta drammaticamente le chance di divorzio.2) ATTESA CHE RAFFORZASaper aspettare irrobustisce il legame coniugale, perché il rapporto sessuale diviene qualcosa che i coniugi hanno condiviso solo l'uno con l'altro, dopo averlo desiderato senza soddisfarlo per un certo periodo. Un tempo che li ha visti cimentarsi (e cementarsi) in un impegno che implica aiuto reciproco, buona volontà "incrociata", crescita nella stima l'un per l'altro.3) UNA SCELTA VAGLIATAIl rapporto sessuale prematrimoniale determina un accecante "effetto valanga", poiché è così affettivamente forte da annebbiare la scelta della persona. Il fidanzamento è tempo di verifica della scelta, tant'è vero che si può ancora ripensarci. Ebbene, se il rapporto lascia insoddisfatti, porta a concludere che i due sono "incompatibili", mentre magari il matrimonio potrebbe dimostrare il contrario; se, viceversa, risulta soddisfacente, maschera effettive incompatibilità pronte ad esplodere dopo il matrimonio.4) UNIONE INFRANGIBILEEsiste un nesso intrinseco fra il sesso e il rapporto stabile tra uomo e donna. Dunque è innaturale creare, attraverso il rapporto sessuale, un'intimità così forte per poi romperla. Ciò avverrà a prescindere dalle intenzioni delle persone: il significato oggettivo del sesso è intatti più importante - prevale - sul significato soggettivo. Il don Giovanni impenitente può credere soggettivamente che nessun rapporto è per lui realmente importante, ma non può evitare che ciascuno di quei rapporti lasci segni profondi nella struttura più intima della sua persona. C'è un fatto inequivocabile: l'effetto unitivo automatico del sesso.5) MANCA POCO ALLE NOZZE...A questo punto, un'obiezione classica consiste nell'ipotizzare che due ragazzi abbiano già deciso di sposarsi, e che solo un lasso temporale "organizzativo" (la casa, il lavoro, gli studi...) li separi dal matrimonio. Perché "rifiutarsi" quegli atti che, compiuti dopo le nozze, la Chiesa considera pienamente legittimi? L'errore del ragionamento sta nella premessa: anche in casi simili, il sesso avverrebbe al di fuori di una decisione di esclusività e permanenza. Soltanto il matrimonio è un punto dì non ritorno che cambia la vita. Soltanto il patto matrimoniale è così forte e inclusivo - come scrive il filosofo Fulvio Di Blasi - da giustificare, cioè rendere giusta di fronte a Dio e agli uomini anche l'unione corporea. La castità prematrimoniale è il percorso propedeutico alla comprensione della vera essenza del matrimonio. Non si può capire l'indissolubilità matrimoniale se si rifiuta ottusamente il valore della continenza prima delle nozze.6) PROVA D'AMORE?I fidanzati non hanno "il diritto" a possedersi carnalmente per la semplice ragione che ancora non si appartengono. Il sesso fuori dal matrimonio è quindi una specie di furto. Né vale a dissipare la colpa la tesi del sesso come "prova d'amore". L'amore non si prova. Ci si crede e lo si vive, responsabilmente. Provare una persona è ridurla a oggetto.7) CONVIVENZA "DI FATTO"La convivenza "di fatto" è, in tal senso, l'abbaglio più clamoroso per le coppie moderne: infatti, esse pensano in questo modo di "provare" il matrimonio, mentre la convivenza è tutto fuorché una prova di matrimonio, poiché manca della responsabilità di una vita altrui per tutta la vita, che è tipica solo della promessa matrimoniale. Come scrivono Aduro Cattaneo, Paolo Pugni e Franca Malagò, c'è una bella differenza tra coniuge e compagno: l'uno - da cum e iugum è colui con il quale divido il giogo; l'altro - da cum e panis - colui con il quale divido il pane. Un conto è condividere il pranzo - esperienza aperta ai più svariati incontri - e un conto è mettere in comune la sorte e tutto se stesso. L'amore dei conviventi è tutto tranne che libero; perché un amore libero da impegni è un controsenso. lì motto implicito di ogni convivenza è: "fin che dura".8) LA VERITA' ALLA FINE VINCENonostante queste argomentazioni, resta oggi molto difficile convincere le persone che è meglio sforzarsi di aspettare la prima notte di nozze. Da un lato, gioca in senso contrario la pulsione degli istinti, che la modernità ha pensato di liquidare secondo le parole di Oscar Wilde: "L'unico modo di vincere le tentazioni è assecondarle". Ma c'è poi un motivo più profondo: i fatti della legge morale sono molto più evidenti nel lungo periodo. Può darsi che ad alcune generazioni possa sfuggire una verità morale. Ma di fronte al lungo cammino della storia, la verità si impone: una società non casta è ricca di divorzi e povera di figli.9) IMPOSSIBILE AGLI UOMINI, MA NON A DIOChe cosa dire ai giovani che abbiano fatto esperienza della caduta nel cammino verso il matrimonio? Di solito c'è una tacita convinzione - magari avallata dall'arrendevolezza degli educatori - secondo la quale non è possibile "invertire la rotta" una volta che due fidanzati vivano, sessualmente parlando, more uxorio: "oramai...", quasi che esistessero persone sottratte alla potenza della grazia santificante per colpa di una scelta o di uno stile di vita sbagliato. È dovere di ogni cattolico invece proporre la verità tutta intera anche a questi fratelli, trasmettendo loro la certezza della misericordia e del perdono di Dio, insieme alla robusta convinzione dell'efficacia degli strumenti che la Chiesa mette a disposizione per "fare nuova" la vita di ognuno. Di fronte alla vertigine che oggi un giovane prova nel sentirsi proporre la castità matrimoniale, valgano sempre le parole così umane degli Apostoli di fronte alla "intransigenza" del loro Maestro: "Dunque, chi potrà salvarsi?". E la risposta di Gesù: "Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile" (Mt 19,25-26).
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6945OMELIA IV DOM. DI PASQUA - ANNO C (Gv 10, 27-30)Il Vangelo di oggi ci offre della parole molto consolanti, tra le più belle di tutta la Sacra Scrittura. Gesù, parlando delle sue pecorelle, ci assicura: "Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano" (Gv 10,28).Promesse grandissime. Affinché si realizzino, la condizione è quella di ascoltare la sua voce. Gesù lo dice chiaramente: "Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono" (GV 10,27). Dunque, se vogliamo anche noi essere pecorelle del Signore, se anche noi vogliamo appartenere al suo gregge, dobbiamo ascoltare la sua voce.Come possiamo ascoltarla? In tre modi. Prima di tutto leggendo la Sacra Scrittura. Gesù ci parla nel Vangelo. Ignorare la Scrittura significa ignorare Cristo. Sant'Antonio da Padova, per averla assiduamente meditata, conosceva a memoria più o meno tutta la Bibbia. Da parte nostra cerchiamo ogni giorno di annotarci le frasi della Scrittura che maggiormente ci colpiscono. Sarà proprio con quelle frasi che Gesù vorrà parlare al nostro cuore: cerchiamo di memorizzarle e di ruminarle continuamente dentro di noi. Ne seguiranno delle belle riflessioni che nutriranno la nostra anima. Questo è il primo e più importante modo di ascoltare la voce del Signore. Ma domandiamoci: quanti di noi hanno letto attentamente tutto il Vangelo? Forse pochi. Da oggi in poi impegniamoci di più. Inoltre dobbiamo ascoltare la Chiesa, il Papa, i vescovi. "Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me". E' la chiesa a insegnarci cosa è bene e cosa è peccato, non la nostra testa. Chi disprezza il Magistero della Chiesa disprezza Gesù Cristo. Pensiamo alla morale familiare: quante critiche alla Chiesa! Ma non ascoltando la voce della Chiesa ci chiudiamo alla voce del Signore.Un altro modo è quello di ascoltare le ispirazioni interiori. Ogni cristiano si deve abituare ad un po' di tempo di meditazione quotidiana. Quando preghiamo siamo noi a parlare a Dio; quando meditiamo è Dio che parla al nostro cuore. Il momento più bello di una mamma di famiglia, una volta, era quello di alzarsi molto presto alla mattina, quando la città ancora dormiva, e di mettersi a pensare e a pregare. Erano momenti bellissimi ed era proprio grazie a quella ora di silenzio che riusciva ad affrontare il peso della giornata. Santa Gemma Galgani e Santa Teresina, quando erano bambine, amavano molto starsene in silenzio e mettersi a pensare...ed era proprio in quel silenzio che Dio parlava al loro cuore e donava loro delle celesti ispirazioni.Dobbiamo abituarci al silenzio e alla riflessione così da trovare il consiglio per ogni nostro problema. San Giuseppe Moscati, celebre medico, iniziava la sua giornata con due ore di preghiera, la Comunione e la meditazione, e dopo andava all'Università a insegnare e all'ospedale per le visite mediche. E, prima di ogni diagnosi difficile, metteva le mani in tasca e stringeva la corona del Rosario. Impariamo anche noi a organizzare la nostra giornata nel silenzio e nella preghiera. Nella prima lettura di oggi abbiamo ascoltato come i giudei non vollero ascoltare la Parola di Dio. Proprio per quella loro chiusura di cuore e per aver respinto la Parola del Signore, Paolo e Barnaba iniziarono a rivolgersi ai pagani. Il testo degli Atti degli Apostoli riporta che i pagani, nell'udire la Parola di Dio, si rallegrarono e credettero alla predicazione.A volte c'è il rischio di fare la fine di quei giudei: pur frequentando la Messa tutte le domeniche, abbiamo il cuore chiuso e non vogliamo ascoltare la voce del Signore che ci parla attraverso la voce dei legittimi Pastori. Quei giudei si opposero alla Parola di Paolo e di Barnaba; noi rischiamo di opporci alla parola del Papa, al Magistero della Chiesa. A volte capita che sono proprio i lontani ad ascoltare questa voce, proprio come avvenne per i pagani che accolsero la predicazione dei due Apostoli. Ricordiamolo sempre: in ultima analisi, il segno per vedere se stiamo veramente ascoltando la voce del Signore e non la nostra testa è quello di vedere se accogliamo con docilità l'insegnamento della Chiesa.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6961GLI SPORT FEMMINILI DIVENTANO UN ''PIANO B'' PER ATLETI MASCHI INCAPACI di Manuela AntonacciLa sua storia sta facendo il giro del mondo, forse perché è diventata un po' l'emblema di ciò che sta accadendo nella realtà dello sport femminile da un po' di tempo a questa parte, in cui sempre più spesso gareggiano atleti maschi transgender nelle categorie riservate al gentil sesso, battendo, con una certa frequenza e facilità le loro compagne.Stiamo parlando, nello specifico, della nuotatrice della Transgender University of Pennsylvania, Lia Thomas che ha trascorso 21 anni della sua vita, da uomo e atleta maschio non troppo capace e che, improvvisamente, dopo aver intrapreso un percorso di transizione, si sarebbe trasformato in un portento del nuoto femminile, arrivando a diventare campione nazionale. Ma l'ultima vittoria non sarebbe passata liscia come le altre. Infatti, il governatore della Florida Ron De Santis, dopo l'ultimo successo di Thomas stavolta alle 500 yard stile libero, nella competizione NCAA Division, ha volutamente ignorato questo risultato riconoscendo, invece, Emma Weyant, la nuotatrice arrivata seconda, come legittima vincitrice della gara. La sua decisione è stata motivata in modo chiaro e inequivocabile, prima con un tweet del 22 marzo scorso "Consentendo agli uomini di competere negli sport femminili, la NCAA sta distruggendo le opportunità per le donne, prendendo in giro i loro campionati e perpetuando una frode" e poi dichiarando apertamente "In Florida rifiutiamo queste bugie".Quella di Thomas, infatti, sarebbe stata una carriera fulminea ma non proprio trasparente, che non sarebbe piaciuta nemmeno alle sue compagne di squadra che in una recente lettera aperta su Washington Post, avrebbero ribadito che il suo sesso biologico gli avrebbe dato un vantaggio sproporzionato nelle competizioni femminili di nuoto. Peraltro, molti avrebbero protestato anche durante la competizione NCAA e, in un'immagine che ha fatto il giro del mondo, Weyant e le nuotatrici del terzo e quarto posto si sarebbero fatte volutamente fotografare, sul podio delle premiazioni, lontano da Thomas, allo scopo di trasmettere anche visivamente che la vera squadra femminile sarebbe, in realtà, la loro.Inoltre Thomas avrebbe reagito, alle polemiche rispondendo candidamente "È semplice: non sono un uomo. Sono una donna, quindi appartengo alla squadra femminile. Le persone trans meritano lo stesso rispetto che riceve qualsiasi altro atleta".Ma alla biologia ciò che uno si sente poco importa, se pensiamo che da uno studio pubblicato in Sports Medicine, è emerso che i bloccanti di testosterone assunti dai transgender, in particolare da uomini che si percepiscono donne, non diminuiscono in modo significativo la loro forza muscolare e questo darebbe loro un vantaggio notevole nelle competizioni atletiche contro le avversarie femminili. Infatti gli atleti maschi sarebbero il 10-13% più veloci rispetto alle atlete di sesso femminile e la differenza in sport [...] in cui è richiesta anche una notevole forza muscolare è ancora più grande (tra il 29 e il 52%).La questione degli atleti transgender inseriti in squadre femminile, porrebbe, peraltro e anche seriamente, proprio la questione della "parità di genere" tanto sbandierata proprio negli ambienti LGBT che, evidentemente vale solo per alcuni e non per le donne. Come ha sottolineato sempre De Santis, a proposito della vicenda "le donne hanno combattuto per decenni per avere pari opportunità nello sport ed è sbagliato consentire all'ideologia di erodere queste opportunità come sta accadendo in altri stati", aggiungendo che "la Florida rifiuta gli sforzi della NCAA per distruggere gli sport femminili, disapprova il fatto che la NCAA metta l'ideologia al di sopra della biologia e cerca di rendere gli altri complici della sua menzogna".Gli sport femminili, insomma, non sono un piano b per atleti maschi incapaci.Nota di BastaBugie: Gianfranco Amato nell'articolo seguente dal titolo "Malta, prete omofobo sotto accusa da Stato e Chiesa" parla di padre Davide Muscat che è sotto processo per aver detto che la pratica omosessuale è peggio della possessione diabolica.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 24 gennaio 2022:Per comprendere cosa potrebbe capitare ad alcuni preti nell'ipotesi in cui si introducesse anche in Italia una legge contro la cosiddetta "omofobia" - tipo DDL Zan - basta dare un'occhiata a quello che capita nei dintorni della penisola. Non occorre andare molto lontano. È sufficiente attraversare il mare e arrivare fino all'isola di Malta, dove l'anno scorso è stata approvata la modifica del codice penale secondo lo spirito voluto dal nostro onorevole Zan e i suoi seguaci. Proprio a Malta, in questi giorni, contro il sacerdote cattolico Padre Davide Muscat si è scatenato un triplice attacco da parte di ministri ed eurodeputati del governo socialista di Robert Abela, dell'associazione LGBT "Malta Gay Rights Movement", e dell'Arcivescovo liberal-progressista maltese monsignor Charles Scicluna.La vicenda nasce da un fatto di cronaca nera. Lo scorso 1 gennaio una giovane polacca di 29 anni, identificata con il nome di Paulina Dembska, è stata stuprata ed uccisa in un giardino pubblico nella città di Sliema. Le indagini degli inquirenti hanno portato all'arresto del presunto assassino, un uomo maltese di 20 anni, tale Abner George Aquilina, catturato subito dopo una sua intrusione in una chiesa durante una messa. Infatti, pochi istanti dopo il ritrovamento del corpo senza vita della Dembska, nelle prime ore del mattino, Aquilina ha assalito la chiesa parrocchiale di Balluta, rovesciando banchi ed il leggio, prima di essere cacciato dai fedeli presenti ed arrestato dalla polizia. Dai primi accertamenti, sembra che il presunto assassino avesse avuto una lunga storia di tossicodipendenza, di prostituzione con uomini, e di molestie sessuali su giovani donne. Sull'uomo giravano persino voci e fondati sospetti circa una sua possessione diabolica, avvalorati dal fatto che si fosse fatto tatuare l'immagine del demonio sul petto e il numero 666 sulla gamba, e da alcune sue dichiarazioni rilasciate alla polizia, come quella di essere al servizio e agli ordini delle «frequenze del demonio». Aquilina è stato comunque sottoposto ad una perizia psichiatrica per accertare il suo stato mentale.Lo sdegno per questo assassinio a Malta ha subito suscitato scalpore sui social locali, tanto che anche Padre Davide Muscat, conosciuto per le sue posizioni fedeli al Magistero della Chiesa, è intervenuto sul caso, rispondendo ad un attivista LGBT. In un commento su Facebook, padre Muscat ha parlato della possibilità che il sospetto di omicidio Abner Aquilina fosse gay, bisessuale o posseduto dal diavolo e, dopo aver ribadito la necessità comunque di aiutarlo in modo serio e professionale, lo stesso sacerdote ha affermato che praticare l'omosessualità era peggio che essere posseduti. Un'osservazione, peraltro, teologicamente corretta, in quanto la pratica di atti omosessuali nasce da una decisione frutto del libero arbitrio, mentre la possessione diabolica è una condizione oggettiva del tutto involontaria.Le dichiarazioni di Padre Muscat hanno scatenato la reazione furiosa del governo socialista, del movimento gay e perfino dell' arcivescovo dell'isola mons. Charles Scicluna. Due ministri hanno denunciato il sacerdote per aver diffuso discorsi di odio "omofobico", chiedendone l'arresto. Lo stesso hanno fatto esponenti del movimento LGBT maltese, mentre l'arcivescovo Scicluna ha pubblicamente condannato il prete dicendo che discorsi simili sono del tutto inaccettabili, e ordinandogli di cancellare i commenti dalla propria pagina Facebook. Mons. Scicluna ha perfino minacciato di sospendere Padre Muscat dall'esercizio del suo ministero pubblico. È ben noto, del resto, l'orientamento liberal-progressista dell'arcivescovo maltese, come è altrettanto nota la sua vicinanza ai dirigenti delle organizzazioni omosessuali dell'isola, i quali lo considerano un grande amico.Padre Davide Muscat è stato convocato al commissariato di polizia, dove ha appreso di essere stato formalmente denunciato. Il prossimo 28 gennaio verrà processato. Evidentemente per questi reati la giustizia maltese è celerrima. L'accusa è quella di aver violato l'art. 82A del codice penale, modificato proprio lo scorso anno, il quale sancisce che «chiunque utilizzi parole o assuma comportamenti minacciosi, offensivi o ingiuriosi, o diffonda materiale scritto o stampato dal contenuto minaccioso, offensivo o ingiurioso, o comunque fomenti violenza o odio razziale o religioso contro un'altra persona o gruppo per motivi di genere, identità di genere, orientamento sessuale, razza, colore, lingua, origine etnica, religione o convinzioni personali o opinioni politiche o di altro tipo, o per cui tale violenza o odio razziale o religioso è probabile venga fomentato, tenendo conto di tutte le circostanze, è punito con la reclusione da sei a diciotto mesi». Inoltre, l'accusa di uso improprio di apparecchiature di comunicazione elettronica e potrebbe costargli anche una multa fino a 23mila euro.Nel mondo cattolico qualche voce si è levata in difesa del sacerdote finito nei guai per l'accusa di omofobia, ma l'arcivescovo Scicluna resta inflessibile. O Padre Muscat chiede scusa e cancella i commenti, o sarà sospeso. La diocesi di Malta non può permettersi di avere un prete "omofobo" tra le sue fila. Noi, invece, sosteniamo pubblicamente con convinzione Padre David Muscat contro il vergognoso attacco di cui è rimasto vittima. E, da credenti, continuiamo a pregare per lui.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6840SAI DIRE DI PRECISO COSA SIA L'ERESIA?La parola 'eresia' viene dal verbo greco haireisthai che significa 'scegliere' o 'prendere per sé stessi' e consiste nello scegliere o prendere per sé stessi, ciò che si vuole credere, piuttosto che accettare tutto ciò che Dio rivela tramite la Chiesa.Questa scelta si distingue per la sua falsità: è una scelta falsa, un esercizio falso del libero arbitrio, in quanto è una scelta della falsità piuttosto che della verità: ossia della verità che è l'oggetto della Fede. Questa scelta (nel caso di un'Eresia formale, vide infra) si distingue inoltre per la sua superbia, perché è un rifiuto di sottomettersi all'autorità di Dio e della Chiesa e di umiliare l'intelletto davanti alla Fede.Nell'epoca contemporanea l'eresia si insinua nella Chiesa tipicamente in modo implicito: tramite l'Oscurantismo. Questo oscurantismo fa parte del fenomeno che si chiama 'il Modernismo'.Cos'è esattamente l'eresia? Il codice di Diritto Canonico constata: 'Vien detta Eresia l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per Fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa'.Ora, il termine tecnico per la verità di cui si tratta qui è 'dogma'. Il dogma è una verità divinamente rivelata, che viene proposta dal magistero della Chiesa da credere come tale. Ricordiamo che il Concilio Vaticano I dichiara: 'Si deve credere per Fede divina e cattolica tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio, scritta o tramandata, e che dalla Chiesa viene proposto da credere come divinamente rivelata, sia con un giudizio solenne sia nel magistero ordinario e universale'.Questo giudizio solenne può essere dato o dal Papa o da un Concilio ecumenico e costituisce la definizione del dogma. Il magistero ordinario e universale, invece, consiste nell'insegnamento costante della Chiesa, ad esempio nei catechismi promulgati dall'episcopato (prima del fenomeno del Modernismo).LA NEGAZIONE DI UNA VERITÀ RIVELATA DELLA FEDEIl criterio per sapere se una determinata dottrina appartenga al Magistero ordinario e universale della Chiesa (come alla Tradizione orale in genere,) è che la dottrina sia trasmessa 'ovunque, in ogni tempo, e da tutti', secondo la formula di san Vicenzo Lerino.Bisogna precisare che l'eresia, anche riferita ad una verità sola della Fede, comporta con sé la perdita totale della Fede, perché rigettare o dubitare in modo ostinato di una sola verità, è rigettare l'autorità di Dio su cui si basa la Fede intera.L'Eresia si distingue in eresia formale ed eresia materiale.L'Eresia formale viene definita nel Codice con il termine 'ostinato' ('pertinax' in latino): negazione ostinata, dubbio ostinato. L'eresia materiale, invece, è la negazione o dubbio non ostinato di una verità di Fede. In altre parole un'Eresia formale comprende non solo un errore dell'intelletto, ma anche un atto deliberato della volontà, mentre un'Eresia materiale comprende solo un errore dell'intelletto.Un esempio di un'eresia formale è negare che la santa Messa sia un sacrificio, come ha fatto Martin Lutero; un esempio di eresia materiale è la negazione del primato del Papa da parte di un protestante cresciuto nell'ignoranza, pronto a correggere questo errore se ne fosse adeguatamente istruito.L'eresia è la negazione di una verità rivelata della Fede, di un dogma. Tipicamente la Chiesa condannava l'eresia con l'anathema dichiarando, per esempio: 'Se qualcuno dicesse che i Sacramenti della nuova legge siano più o meno di sette, anathema sit' (Concilio di Trento s.7, can.1). L'infallibilità della Chiesa si estende sia ai dogmi che agli 'anatemi', dichiarando la Fede nel primo caso in modo positivo e nel secondo caso in modo negativo.L'ERETICO È ESCLUSO DALLA CHIESA CATTOLICAOra 'Anathema sit' significa 'sia escluso' e dichiara che un eretico formale è escluso dalla Chiesa cattolica: che non appartiene ad essa. Se muore nell'eresia senza esserne pentito, viene condannato all'Inferno.Oggigiorno l'eresia e l'anathema vengono considerate come fantasie crudeli e vuote della Chiesa cattolica o, nelle parole di Dietrich von Hildebrandt in La vigna devastata, come 'fanatismi medioevali'. Il Concilio Vaticano II ha evitato l'anathema e ha proposto di 'usare la medicina della misericordia, invece di imbracciare le armi del rigore' e la Gerarchia e il Clero hanno mantenuto questo atteggiamento negli anni successivi.Bisogna dire a questo punto, però, che quel genere di misericordia non è autentico, bensì costituisce un tipo di amore falso caratteristico del Modernismo e più particolarmente dell'Ecumenismo. Bisogna ricordare che le prime tre opere di misericordia (spirituali) sono: consigliare i dubbiosi; insegnare agli ignoranti; ed ammonire i peccatori; e come scrive Romano Amerio in Iota Unum: 'nella mente della Chiesa la condanna stessa dell'errore è opera di misericordia'. Questo è chiaro, perché la verità, la verità della Fede, è la luce che ci conduce al cielo. Se qualcuno spegne questa luce, non vede più la strada che deve seguire e dunque si perde.E' un'opera di misericordia da parte della Chiesa; anzi un dovere grave dire a questa persona che sta nell'errore e punirla, affinché lei si penta e torni alla vera strada. Questo ammonimento e questa punizione devono essere pubblici, affinché altri ne sappiano la gravità e non vengano anche loro contaminati dallo stesso errore. 'Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo taglialo e gettalo via da te: è meglio per te entrare nella Vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno' (Mt.18,1-20). Questa parola del Signore si applica bene all'esclusione di un eretico dal corpo sano della Chiesa.In breve, chi non ha capito il significato dell'eresia e dell'anatema non ha capito il significato della Fede.'Bisogna assalire il Cielo con la preghiera', scrive Dietrich von Hildebrandt, '...che la grande parola 'Anathema sit' risuoni di nuovo contro tutti gli eretici e soprattutto contro coloro che formano la quinta colonna della Chiesa', perché le dichiarazioni dell'eresia e dell'anatema sono opere di misericordia e di amore, che mirano al bene eterno dei fedeli: dichiarazioni che separano la luce dalle tenebre, il vero dal falso e ci mostrano la strada stretta che sola conduce al Cielo: che con la Grazia di Dio, l'aiuto della Santissima Madre Sua e con una buona vita, raggiungeremo sicuramente alla Gloria del Suo Santo Nome.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6808SARA' SANTO DON TONINO BELLO, IL VESCOVO CHE DISSACRAVA LA FEDE? di Cristina SiccardiLo scorso 25 novembre, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto riguardante le virtù eroiche di monsignor Antonio Bello (1935-1993), per tutti Tonino, il discusso vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, divenuto per il magistero bergogliano un modello di pastore. È sufficiente leggere alcuni stralci di sue considerazioni per capire che stiamo parlando di un sacerdote di una religione diversa da quella cattolica. La «Chiesa del futuro», disse a Loreto nel 1985, «deve essere "debole", deve condividere il travaglio della perplessità, dev'essere compagna del mondo, deve servire il mondo senza pretendere che il mondo creda in Dio o che vada a Messa la domenica o che viva maggiormente in linea col Vangelo...».Il 27 febbraio 2013 avevamo dedicato un articolo su Corrispondenza Romana (n. 1282) dal titolo Don Tonino Bello sarà beato? È utile ritornare sul tema perché risulta indispensabile non rassegnarsi agli insegnamenti lesivi della Chiesa tutta, resistere a questi errori è un dovere di ogni buon cattolico. Padre Paolo Maria Siano, nel 2012, aveva dedicato un approfondito e perfetto studio sulla rivista teologica Fides Catholica dal titolo Alcune note sul "Magistero" episcopale del Servo di Dio Mons. Antonio ("Don Tonino") Bello (1935-1993). Un contributo critico, che continua ad essere molto istruttivo per comprendere chi sia stato veramente questo prete della strada, ma non delle chiese. Il valore che egli dava alla politica, all'idolatria per l'uomo, alla banalizzazione della Messa e delle sacre cose, alle idee secolarizzatrici e progressiste ha dato luogo da parte sua ad un modo di vivere completamente slegato alla Chiesa di sempre e all'identità sacerdotale: «Più che attaccare singoli Dogmi, don Tonino manifesta una mentalità "nuova" per una chiesa "nuova" dove i Dogmi sono praticamente superflui... Il suo linguaggio "moderno" [...] affossa il Mistero e il Soprannaturale nell'umano e nel mondano...» (cfr T. Bello, Servi inutili a tempo pieno, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, pp. 99-100).PUNTI DI RIFERIMENTOI suoi punti di riferimento sono stati Helder Câmara, Karl Rahner, Bruno Forte, Teilhard de Chardin, Giacomo Lercaro, Luigi Bettazzi, Michele Pellegrino, Ernesto Balducci, Carlo Maria Martini, David Maria Turoldo, con tali maestri non poteva che sorgere un discepolo rivoluzionario della stoffa di monsignor Bello, amante della Chiesa "in uscita" e in autodistruzione, con chiese ogni giorno più deserte. È stato l'uomo della rivoluzione sessantottina in seno alla Chiesa, un grande iperconciliarista: «Sono stati gli anni in cui, ad uno ad uno, abbiamo appreso a demolire certi idoli che già il Concilio ci aveva fortemente invitati ad abbattere: la fierezza della carne e del sangue, il prestigio delle apparenze, la sicurezza del linguaggio, il fascino rassicurante del passato, l'estraneità alle tribolazioni della ricerca umana...», parole molto appetibili ai radical chic e al pauperismo. è...]La parrocchia, a parer suo, «deve essere luogo pericoloso dove si fa "memoria eversiva" della Parola di Dio» (ibidem, p. 10) e il missionario è chiamato ad adattare il proprio linguaggio catechetico «al vocabolario del mondo» per attuare «la fedeltà all'uomo» (T. Bello, Stola e grembiule. Il diritto e il rovescio dell'unico panno di servizio sacerdotale, Ed. Insieme, Terlizzi-Bari 2008, p. 15). Non digeriva la teologia classica e prorompeva con le sue espressioni "profetiche" che esprimevano la sua voglia di ribellione contro la Chiesa di sempre, simpatizzando invece con il relativismo del mondo contemporaneo, lontano da Dio e dalla ragione.Superficiale e a volte banale, egli cadeva anche nella blasfemia e nell'errore conclamato, come quando sosteneva: «Dio è dappertutto: è nei luoghi sacri e positivi (santuari, monasteri, Caritas...) ma è anche nei luoghi dove si praticano "le orge della dissolutezza", i loschi affari finanziari, gli spettacoli osceni, la "stregoneria", le "bestemmie", la "violenza"...» (cfr. T. Bello, Articoli, corrispondenze, lettere, notificazioni, vol. V, pp. 138-139). Don Tonino, come sostiene padre Siano, offre una «sorta di "panteismo" sui generis, affine a certe credenze esoteriche che predicano l'unione di tutti gli opposti».UN PASTORE PROTESTANTEEra originale e amante dell'innovazione, ponendo al centro di tutto l'uomo egli ha dimenticato che cos'è la Verità portata da Gesù Cristo. Desiderava rimodellare in termini umani tutte le preghiere: gli atti di fede, di dolore, di speranza, di carità e quindi traslarli in atti di fede, di amore, di speranza nell'uomo. Lui era per la «santità laica», «urbana», «democratizzata», assolutamente priva dei connotati soprannaturali, avrebbe tranquillamente potuto essere un pastore protestante piuttosto che stare in Santa Romana Chiesa. D'altra parte era indignato contro la stessa Chiesa, responsabile delle «ecatombe delle culture», violentando «le grandi tradizioni religiose degli Incas o degli Aztechi o dei Maya». Secondo questo suo surreale e farneticante pensiero gli Apostoli e i loro successori, dunque, avrebbero commesso un tragico svarione: non si dovevano affatto evangelizzare le genti su mandato di Cristo... è stato il Cristianesimo, infatti, a porre termine ai riti dei sacrifici umani perpetrati in Sud America.Si permetteva poi licenze indecenti e dissacranti nel descrivere Maria Santissima, donna feriale. La tratteggiava declassandola e snobilitandola della sua totale Immacolatezza, insinuando sui suoi atteggiamenti e favoleggiando una mariologia sensualista, riferendo di possibili sguardi lanciati a san Giuseppe, della felicità provata nell'indossare un abito nuovo, di essere protagonista dell'ebrezza nella danza. Arrivava ad invocarla in questi termini: «Aiutaci perché in quegli attimi veloci di innamoramento con l'universo possiamo intuire che le salmodie delle claustrali e i balletti delle danzatrici del Bolscioi hanno la medesima sorgente di carità. E che la fonte ispiratrice della melodia che al mattino risuona in una cattedrale è la stessa che si sente giungere la sera... da una rotonda sul mare: "Parlami d'amore, Mariù» (Cfr. T. Bello, Maria donna dei nostri giorni, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1993, pp. 11-13).Intollerante della santità tradizionalmente conosciuta e della devozione ai santi alla stregua del protestantesimo, il profeta socialista e laicista del Salento, il «prete del grembiule» al servizio solo dei poveri (non di spirito, ma economici), era un grande propugnatore della liturgia secolare e della santità laicale, non certo dell'onore degli altari dove lo innalza oggi la Santa Sede. Tuttavia, come ottimamente scrive padre Paolo Maria Siano: «È nostra opinione che Beatificare o Canonizzare mons. Antonio Bello equivale, praticamente [...] a "canonizzare" un modello assai discutibile, labile ed eterodosso di Pastore e di pastorale» ed anche una dottrina politica e sociologica da cui esso discende direttamente, distante anni luce dal Vangelo.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6710OMELIA SOLENNITA' CRISTO RE - ANNO B (Gv 18,33-37)Oggi, ultima domenica del Tempo ordinario, è la solennità di Cristo Re. Il Vangelo ci propone la scena dell'incontro di Cristo con Pilato. Il Re dell'universo sta davanti al rappresentante di una potenza terrena destinata a cadere. Egli, l'uomo che proclama la libertà dei figli di Dio, è prigioniero: Egli, la Santità stessa, è punito come un malfattore. È proprio in questo violento contrasto che appare in tutta la sua grandezza la Missione reale di Cristo Salvatore.Gesù, interrogato da Pilato, afferma chiaramente di non aspirare ad un potere politico: «Il mio regno non è di questo mondo» (Gv 18,36), ma non nega di avere un regno di natura ben diversa. Gesù non rifiuta il titolo di re, ma ne precisa il significato profondo. Mentre il Signore si era sempre sottratto alle folle che nei momenti di entusiasmo volevano proclamarlo re, ora che sta per essere condannato a morte e si sta avviando alla Croce, confessa chiaramente la sua regalità. E, alla domanda di Pilato: «Dunque tu sei re?» (Gv 18,37), risponde: «Tu lo dici: io sono re» (ivi).Gesù è il Re dell'universo perché è il Figlio di Dio, perché, insieme al Padre e allo Spirito Santo è il Creatore di ogni essere visibile e invisibile. Inoltre, è il Re dell'universo perché, con la sua Incarnazione, Morte e Risurrezione, Egli è il Redentore, ovvero Colui che salva il mondo intero dal naufragio del peccato. Noi tutti siamo di Gesù, apparteniamo a Lui, per creazione e per redenzione: Egli è il nostro Re.Su questa terra, tutte le potenze umane sono destinate a cadere. La storia insegna che ad un impero ne succede un altro e che tutto ciò che è umano poggia su delle fondamenta vacillanti. Solo il Regno di Gesù Cristo durerà per sempre e la prima lettura di oggi dice chiaramente: «Il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai» (Dn 7,14). Lungo i secoli in molti hanno cercato di cancellare il Cristianesimo dalla faccia della terra, ma nessuno di essi vi è riuscito. Uno dei più fieri persecutori della Chiesa fu Napoleone, il quale finì la sua vita relegato all'isola di Sant'Elena chiedendo perdono a Dio dei suoi peccati e confessandosi con vero pentimento da un sacerdote mandato appositamente dal Papa.La regalità di Cristo consiste nell'annunciare la Verità, nel condurre gli uomini alla Verità suprema, liberandoli da ogni tenebra di errore e di peccato: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità» (Gv 18,37). Se pertanto vogliamo che Gesù regni su di noi, in nessun modo devono regnare in noi il peccato e la menzogna. Dobbiamo dunque professare la retta Fede, la Fede trasmessa dagli Apostoli che si custodisce nella Chiesa, e vivere in conformità al Vangelo, secondo la morale insegnata infallibilmente dal Magistero. Non accettare la Fede e la morale della Chiesa significa rifiutare la Verità e allontanarci da Cristo Re.Per questa Fede, molti cristiani hanno affrontato la morte, preferendo la regalità di Cristo piuttosto che la schiavitù del peccato. Uno di questi martiri è stato il beato Michele Pro che rese la suprema testimonianza di fedeltà a Cristo e alla Chiesa durante la violenta persecuzione che scoppiò nel Messico nella prima metà del secolo ventesimo. Egli era un sacerdote gesuita e, durante la persecuzione fino al giorno della sua cattura, esercitò di nascosto il suo ministero sacerdotale in mezzo a pericoli di ogni genere. Venne purtroppo il giorno della sua cattura e, infine, fu condannato alla fucilazione. Morì gridando: «Viva Cristo Re!», entrando così nel Regno eterno preparato per tutti coloro che servono fedelmente su questa terra Gesù, il Re eterno.Nota di BastaBugie: dopo aver chiesto a Gesù che cos'è la verità, nel film la Passione di Mel Gibson, Pilato si confronta sull'argomento con la moglie Claudia. Lei sostiene di sentire la verità e allora il marito le chiede come si faccia a sentirla. Claudia gli risponde: "Se non vuoi ascoltare la verità, nessuno te la può dire". Infatti, come dice Gesù a Pilato, nel Vangelo di questa domenica, chi vuole sentire la verità ascolta la Sua voce. Ne deriva che chi non vuole ascoltare la verità, non ascolta Gesù... ma solo se stesso e le proprie voglie.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6764LA CONVERSIONE CHE DIMOSTRA LA FINE DELL'ANGLICANESIMO di Lorenzo BertocchiLa notizia della conversione al cattolicesimo di un eminente vescovo anglicano, Michael Nazir-Ali, 72 anni, doppia cittadinanza britannica e pakistana, è di qualche giorno fa e ora, un altro convertito dall'anglicanesimo al cattolicesimo, Gavin Ashenden, ne sottolinea la portata.«Si tratta, senza dubbio», dichiara Ashenden, ex cappellano anglicano della regina Elisabetta, divenuto cattolico nel dicembre 2019, «di uno dei cambiamenti di appartenenza più significativi dal punto di vista politico e teologico nel mondo cristiano da lungo tempo». Michael Nazir-Ali, infatti, è stato un esponente di spicco nell'episcopato anglicano guidando per 15 anni la loro diocesi di Rochester e assumendo ruolo di guida teologica su temi spinosissimi come il rapporto con l'Islam e la tenuta contro la deriva secolarizzante. Nel 2008, un anno prima di lasciare Rochester, ha ricevuto minacce di morte per aver detto a un giornale che gli estremisti islamici stavano creando "zone vietate" per i non musulmani in Gran Bretagna.UNA CONVERSIONE CHE DIMOSTRA LA FINE DELL'ANGLICANESIMO«Ha costituito il centro di un nucleo di resistenza evangelica allo scivolamento nella progressiva secolarizzazione della chiesa anglicana», ha scritto Ashendon in un articolo su cristhiantoday.com. «È stato particolarmente esplicito sulle gravi conseguenze dell'ignorare le implicazioni di crescita dell'Islam e sull'importanza di limitare la definizione cristiana del matrimonio a quella di un uomo e una donna che intendono avere figli».Le precedenti conversioni episcopali di alto profilo, sottolinea ancora Ashendon, erano quasi scontate. «Ce le si aspettava in un certo senso. (...) Ma Nazir-Ali è diverso». Lui era il centro del movimento di resistenza all'interno dell'anglicanesimo, «la sua voce teologica articolata e ben informata ha agito da collante per tenere insieme disparate azioni ortodosse in tutto il mondo anglicano (...) contro la rivoluzione progressista guidata dalla Chiesa episcopale americana e seguita dall'arcivescovo Justin Welby di Lambeth Palace».La sua conversione al cattolicesimo secondo Ashenden segna due punti importanti:1) «Nazir-Ali ha giudicato, come altri che si sono recentemente convertiti al cattolicesimo, che lo scisma nella Chiesa causato dalla Riforma è esaurito. La Chiesa non è più realisticamente divisa dagli argomenti usati dai Riformatori cinquecento anni fa. Questi conflitti sono stati sostituiti da un nuovo ma non meno significativo riassetto culturale e filosofico»;2) «secondo Nazir-Ali, l'anglicanesimo è stato così compromesso dalle forze del secolarismo progressista che non può più essere salvato».COSA MANCA AGLI ANGLICANIInoltre, «ciò che questa crisi ha rivelato è che all'anglicanesimo mancava uno strumento essenziale per la lotta al relativismo, il Magistero». Perché, secondo l'ex cappellano di Sua Maestà, «Michael Nazir-Ali ha scoperto che i suoi tentativi di tenere insieme l'alleanza di compromesso conservatrice sono falliti senza questo meccanismo cattolico essenziale per definire la verità e l'autorità».Nella sua e-mail inviata ad un amico in cui spiegava la sua decisione, Nazir-Ali ha scritto: «Credo che il desiderio anglicano di aderire agli insegnamenti apostolici, patristici e conciliari possa essere mantenuto al meglio nell'Ordinariato (cattolico)».Accolto nella Chiesa cattolica lo scorso 29 settembre, secondo quanto riporta il National catholic register, Nazir-Ali sarà ordinato diacono nell'Ordinariato Personale di Nostra Signora di Walsingham il 28 ottobre e ordinato sacerdote dal cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, il 30 ottobre nella chiesa principale dell'Ordinariato di Nostra Signora dell'Assunzione e San Gregorio a Londra.Nota di BastaBugie: nel seguente articolo dal titolo "Da Canterbury a Roma: l'ex cappellano della regina è diventato cattolico" viene intervistato Gavin Ashenden, divenuto cattolico nel dicembre 2019.Ecco l'intervista completa pubblicata sul Sito del Timone il 12 marzo 2020:Poco prima di Natale 2019, si è diffusa la notizia che l'ex cappellano anglicano della regina Elisabetta, Gavin Ashenden, si era convertito al cattolicesimo.Per nove anni, dal 2008 al 2017, Ashenden è stato uno dei cappellani anglicani assegnati alla regina. Il 22 dicembre 2019, la quarta domenica di Avvento, nella cattedrale di Shrewsbury, il vescovo Mark Davies ha accolto Ashenden nella Chiesa cattolica.Come ha deciso di diventare cattolico?«Lentamente, ma con sicurezza. Negli ultimi 10 anni è diventato più chiaro, sia nella mia mente che nelle mie preghiere, che ciò che la Chiesa cattolica ha insegnato, in particolare riguardo alla Messa, non solo era vero, ma lo era sempre stato, dai Padri Apostolici in poi. Ho iniziato anche a esplorare il ruolo che la Madonna ha avuto nella Chiesa, in particolare attraverso la ricca e diversificata storia delle apparizioni, mentre la Chiesa le discerneva. E insieme a Lei cresceva anche la mia percezione dell'importanza della Comunione dei Santi. È diventato sempre più importante per me appartenere alla stessa Chiesa dei santi ai quali mi ero avvicinato in preghiera».Dopo tanti anni, non solo come parte della Chiesa d'Inghilterra, ma come qualcuno nel cuore dell'establishment anglicano, come ha capito che quello era il momento di cambiare, di lasciare definitivamente Canterbury per Roma?«Avevo iniziato a rendermi conto, con crescente urgenza, che avevo una responsabilità personale nel curare lo scisma nel corpo di Cristo che i miei antenati spirituali avevano creato. E questo poteva essere veramente fatto solo ritornando, in tutta umiltà, alla Chiesa Madre, in penitenza per lo scisma e ricevendo penitenzialmente la piena Comunione».Quali pensa siano le prospettive per la Chiesa anglicana?«Ogni chiesa che si addentra in uno scisma con la sola, santa, cattolica e apostolica Chiesa deve avere una buona ragione, sia per averlo fatto in primo luogo, sia per continuare lo scisma. Il problema che la Chiesa anglicana deve affrontare è che le sue origini erano tanto - forse anche più - politiche di quanto fossero teologiche. L'anglicanesimo è, come il mio ex vescovo diocesano anglicano ha spiegato con tristezza più di un decennio fa, "un esperimento ecumenico di 500 anni che è appena fallito".Ora che ha ceduto il suo pensiero teologico alle mode e alle correnti del secolarismo e, in particolare, al femminismo, e si è resa accettabile dalla cultura progressista per cercare di evitare la critica popolare, ha perso le sue credenziali come chiesa. E presto scoprirà che non è riuscita a comprare il favore di una cultura popolare sempre più secolare...».Quali le sfide future per il cristianesimo in Inghilterra?«Di fronte a una cultura più determinata e aggressivamente progressista da una parte, e un futuro demografico che vedrà oltre la metà della popolazione seguire l'Islam entro il 2050, voglio fortemente suggerire alla mia ex comunità che solo la Chiesa cattolica ha la chiarezza della comprensione di sé, della storia e delle risorse spirituali, per affrontare entrambe queste enormi sfide per le anime.L'Inghilterra e l'Europa hanno urgente bisogno di riconversione, e solo la Chiesa cattolica può farlo e portare le persone nella pienezza della fede cristiana e nelle profondità della santità ha il potenziale da offrire».Dopo tutto ciò che le è successo nell'ultimo periodo, cosa pensa le riservi il futuro?«Solo Dio lo sa. Ma sono molto grato che la Chiesa abbia accettato di guardare il mio viaggio e di discernere se io abbia o meno una vocazione come sacerdote cattolico, per consentirmi di sostenere il più pienamente possibile il mio vescovo e la sua diocesi nella missione di costruire qui la Chiesa; e così facendo reclamiamo l'Inghilterra per la Chiesa che ha portato il Vangelo su quest'isola in primo luogo».
VIDEO: Quando arriva il Green Pass - Al ristorante (Parodia Un giorno di ordinaria follia) ➜ https://www.youtube.com/watch?v=a9CNkxJxJIU&list=PLolpIV2TSebVSarVSJS-Gy5hJo3_40bhITESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6702MACCHE' COVID! IL VERO VIRUS E' IL PECCATO! di Tommaso ScandroglioSe gli uomini, in questo periodo di pandemia, si fossero preoccupati della propria salute spirituale tanto quanto si sono preoccupati della propria salute fisica, saremmo già tutti santi. Come c'è il virus del Covid che, in alcuni casi, è letale, così c'è il virus del peccato che, nella sua variante più grave, conduce a morte certa dell'anima.Nel primo caso abbiamo fatto di tutto per evitare il contagio: distanziamento sociale, mascherine, coprifuoco, lockdown, vaccini, terapie, igiene delle mani, rilevamento della temperatura, investimenti miliardari dei governi e molto altro ancora. Nel secondo caso la maggior parte delle persone spesso non si cura di non contrarre il virus del peccato, anzi il più delle volte cerca volontariamente il contagio.Eppure, a differenza del Coronavirus, avremmo strumenti efficacissimi sia di cura che di prevenzione. Le terapie antivirali possono trovare un corrispettivo nel sacramento del battesimo e della confessione che cancellano il virus del peccato: il primo nella forma originale, il secondo nelle sue varianti, anche quelle meno minacciose chiamate peccati veniali. I vaccini hanno un loro omologo nei sacramenti - eucarestia e nuovamente la confessione - nella preghiera e nei digiuni: strumenti che aiutano nella immunità al male e nell'evitare che altri si contagino.Come continuamente da più di un anno ci informiamo su tutto ciò che riguarda il virus, così dovremmo fare per la salute della nostra anima: leggendo la Bibbia, studiando la dottrina, etc. Come con il coronavirus pendiamo dalle labbra degli esperti, così dovremmo pendere dalle labbra degli esperti della salvezza, ossia i Padri e i Dottori della Chiesa e il Magistero di sempre. Come guardiamo con profondo interesse gli esempi virtuosi di quei paesi che stanno meglio di noi nella lotta al virus, così dovremmo imparare dai santi per capire come lottare contro il peccato. Come alla prima avvisaglia di malessere prendiamo il termometro, chiamiamo il medico ed eseguiamo un tampone, così al primo sospetto di aver peccato dovremmo fare un serio esame di coscienza e chiamare un sacerdote se i sintomi sono gravi.Come un rischio remotissimo di contrarre il virus ci spinge ad essere cauti sino al parossismo, anche quando si tratta di persone giovani e sane, tanto che evitiamo di stringere le mani e gli assembramenti, così dovremmo comportarci quando si tratta del peccato: un rischio bassissimo di compiere anche un solo peccato veniale ci dovrebbe portare ad evitare le occasioni prossime e remote di peccato, evitando di stringere le mani a chi ci vuole portare lontano da Dio e chiudendo occhi e orecchie alla tentazione con la mascherina della preghiera, così come facciamo con il Covid chiudendo naso e bocca al virus con la mascherina chirurgica.Come il timore di contagiare qualcuno, soprattutto qualcuno di caro e le persone fragili, ci ha portato addirittura a non vederlo per mesi, così la paura di contagiare con il nostro cattivo esempio gli altri, soprattutto chi amiamo e chi è fragile nella fede, ci dovrebbe stimolare a comportarci santamente di fronte a loro.Siamo sinceri. Non abbiamo usato un centesimo delle energie spese contro il Covid per combattere il peccato. Questo per un semplice motivo: non abbiamo fede. Non crediamo nel giudizio finale, nell'Inferno e nel fatto che la nostra anima sia continuamente in pericolo. Anzi non crediamo addirittura all'esistenza stessa del peccato: siamo negazionisti, tanto quanto quelli che negano l'esistenza del Coronavirus. Siamo da sempre investiti da infinite ondate di questa pandemia letale e il mondo non fa nulla perché non ci crede. E così non possiamo che tenere di più alla salute del corpo che a quella spirituale. Eppure Gesù è stato chiarissimo: «non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima».
In questi tempi di grande ignoranza, eresia e confusione, diventa ogni giorno un compito più urgente presentare un breve profilo della nostra più gloriosa fede cattolica. Le verità espresse nei seguenti articoli appartengono tutte al Magistero costante di Santa Madre Chiesa: sia ai suoi dogmi definiti, sia ai suoi "dogmi materiali": cioè al Magistero Ordinario e Universale . In quanto tali sono immutabili. Nessun Concilio né membro della Gerarchia ha l'autorità di cambiarli, ed i fedeli possono fare affida su di loro con certezza.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6581CHI NEGA L'ELEZIONE DI PAPA FRANCESCO NON E' PIU' CATTOLICO: PAROLA DEL CARDINAL RATZINGER di Robert Siscoe e John SalzaNel 1998, il cardinale Ratzinger (futuro Papa Benedetto XVI), in qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblicò una Nota Illustrativa alla Professio fidei (Professione di fede) del 1989. In questo commento, proprio l'uomo che secondo fra'Bugnolo [e Cionci, NdT] è ancora il vero Papa spiega che la legittimità di un'elezione papale (che la Chiesa accetta come legittima, come nel caso di Papa Francesco), deve essere ritenuta de fide, sulla base del infallibilità del Magistero della Chiesa. L'argomentazione teologica di Ratzinger è coerente, ovviamente, con quella del Berry, del Tanquery, del Van Noort, di Giovanni di San Tommaso e di ogni altro teologo che ha affrontato l'argomento.La Professio fidei del 1989 comprende tre categorie di verità:a) dogmi;b) dottrine insegnate definitivamente dalla Chiesa (ma non definite come formalmente rivelate);c) dottrine insegnate in modo autorevole, ma non definitivo, dal Magistero.Nella Nota, il cardinale Ratzinger spiega la natura dell'assenso dovuto alle verità contenute in ciascuna delle rispettive categorie, e descrive le conseguenze del non prestarvi l'assenso richiesto. La legittimità di un'elezione papale rientra nella seconda categoria, come fatto dogmatico. Ecco come il cardinale Ratzinger descrive la seconda categoria di verità:"La seconda proposizione della Professio fidei afferma: . L'oggetto che viene insegnato con questa formula comprende tutte quelle dottrine attinenti al campo dogmatico o morale, che sono necessarie per custodire ed esporre fedelmente il deposito della fede, sebbene non siano state proposte dal magistero della Chiesa come formalmente rivelate. Tali dottrine possono essere definite in forma solenne dal Romano Pontefice quando parla «ex cathedra» o dal Collegio dei Vescovi radunato in concilio, oppure possono essere infallibilmente insegnate dal magistero ordinario e universale della Chiesa come "sententia definitive tenenda". Ogni credente, pertanto, è tenuto a prestare a queste verità il suo assenso fermo e definitivo, fondato sulla fede nell'assistenza dello Spirito Santo al magistero della Chiesa, e sulla dottrina cattolica dell'infallibilità del magistero in queste materie".LA LEGITTIMITÀ DELL'ELEZIONE DEL SOMMO PONTEFICELa nota prosegue spiegando precisamente quali verità sono contenute nella seconda categoria e, avete indovinato, vi include la legittimità dell'elezione di un Papa: "Le verità relative a questo secondo comma possono essere di natura diversa e rivestono quindi un carattere differente per il loro rapportarsi alla rivelazione. Esistono, infatti, verità che sono necessariamente connesse con la rivelazione in forza di un rapporto storico [c.d. "fatti dogmatici"] [...] Con riferimento alle verità connesse con la rivelazione per necessità storica, che sono da tenersi in modo definitivo, ma che non potranno essere dichiarate come divinamente rivelate, si possono indicare come esempi la legittimità dell'elezione del Sommo Pontefice [...]".E qual è la conseguenza del negare una verità di questa seconda categoria? Spiega il cardinale Ratzinger:"Chi le negasse, assumerebbe una posizione di rifiuto di verità della dottrina cattolica e pertanto non sarebbe più in piena comunione con la Chiesa cattolica".Quindi, secondo il commento ufficiale alla Professione di Fede del 1989, emesso dal Cardinale Ratzinger come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, chi rifiuta di dare un assenso definitivo alla legittimità dell'elezione del Sommo Pontefice è colpevole della negazione di una dottrina cattolica, e quindi non è più "in piena comunione con la Chiesa cattolica" o, detto diversamente, si è da sé tagliato fuori dalla Chiesa.Inutile dire che non viene fatta eccezione alcuna per coloro che rifiutano un'elezione che la Chiesa ha accettato come legittima sulla base delle loro speculazioni personali circa dimissioni forzate, conclavi irregolari, interpretazioni private del diritto canonico e simili. Questo perché l'accettazione da parte della Chiesa della legittimità di un'elezione è un atto infallibile. Se il Magistero accetta l'elezione come legittima, questa deve essere definitivamente ritenuta legittima sulla base dell'infallibilità della Chiesa.INTERPRETAZIONI STRAMPALATECosì, la teoria sponsorizzata da fra' Bugnolo secondo cui l'abdicazione di Benedetto non è stata accettata da Cristo perché ha usato una parola sbagliata ("ministerium" invece di "munus"), e il suo conseguente rifiuto della legittimità dell'elezione di Francesco, è un rifiuto di quanto la Chiesa ha definitivamente proposto come materia di fede, e che è necessario "per custodire ed esporre fedelmente il deposito della fede".Fra' Bugnolo sembra non capire che così come Cristo è la causa efficiente che rende un uomo il Papa, unendo la forma (Papa) alla materia (uomo), così pure è Lui la causa efficiente che rende il Papa non più tale, se questi abdica, separando la forma (Papa) dalla materia (uomo). Cristo non è vincolato da leggi ecclesiastiche umane. Nessun tecnicismo legale può impedire a Cristo di separare un uomo dal papato, specialmente se il Papa ha convinto l'intero mondo cattolico delle sue dimissioni, e poi se ne è stato a guardare in tutta tranquillità la convocazione di un nuovo conclave e l'elezione di un nuovo papa. Tutti gli argomenti canonistici del Bugnolo presuppongono che Cristo sia vincolato dalla legge ecclesiastica umana, e ognuno di essi, teso a provare che l'abdicazione di Benedetto non fu accettata da Cristo, sono smentiti dal "fatto" (fatto dogmatico) che l'elezione di Francesco è stata accettata dall'intera Chiesa, nei giorni, settimane e mesi successivi.Francesco è il Papa che la Chiesa si meritava ed è il Papa di cui la Chiesa aveva bisogno per svegliare i fedeli addormentati. E ora sono svegli. Basta guardare alla reazione al recente e vile scandalo della Pachamama e confrontarla con la sostanziale "non-reazione" all'incontro di preghiera di Assisi del 1986 promosso da Giovanni Paolo II (incontro nel quale, tra le altre cose, una statua di Budda fu posta su un altare Cattolico) che fu uno scandalo e un sacrilegio ancora più grave.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6478OMELIA III DOM. DI PASQUA - ANNO B (Lc 24, 35-48)Il Vangelo di questa terza domenica di Pasqua prosegue il racconto dei discepoli di Emmaus. Questi due discepoli raccontarono agli Undici e a tutti quelli che erano con loro «ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane» (Lc 24,35). Mentre stavano narrando la loro straordinaria esperienza, ecco che Gesù comparve loro e disse: «Pace a voi» (Lc 24,36). Il Signore diede prova della sua Risurrezione mostrando loro le mani e i piedi: era proprio Lui, e i segni gloriosi delle ferite lo testimoniavano in modo molto chiaro. Poi domandò loro qualcosa da mangiare, ed essi gli diedero una porzione di pesce arrostito: non si trattava certamente di un fantasma. Alla fine, Gesù spiegò agli Apostoli il senso delle Scritture, le quali parlavano della sua Morte e Risurrezione, e del compito che Gesù affidava loro: il compito di predicare a tutti i popoli «la conversione e il perdono dei peccati» (Lc 24,47).Gli Apostoli presero alla lettera queste parole e, dopo la Pentecoste, si misero a predicare la Buona Novella. Così, nella prima lettura di oggi, abbiamo ascoltato il discorso che san Pietro rivolse al popolo. Al termine di questo discorso, Pietro disse: «Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati» (At 3,19).Se veramente vogliamo vivere anche noi da risorti, dobbiamo cambiare vita ed eliminare energicamente il peccato. Con questo testimonieremo di amare davvero il Signore. San Giovanni lo afferma chiaramente nella seconda lettura di oggi: «Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: lo conosco, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c'è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto» (1Gv 2,3-5).L'amore di Dio consiste nell'osservare i suoi Comandamenti, non può essere diversamente. Quando si ama Dio, allora sarà una gioia per noi metter in pratica ciò che Egli insegna, ed evitare risolutamente il peccato. Quando si ama, si fa volentieri la volontà della persona amata. Se io so che Gesù non vuole una cosa, farò di tutto per non farla, costi quel che costi.Tante volte non si pensa che il peccato è la più grande disgrazia che possa colpirci. I Santi avrebbero preferito mille e mille volte la morte piuttosto che commettere un solo peccato. Pensiamo a tanti Martiri, ai quali i persecutori, per non torturarli e metterli a morte, avevano ingiunto di rinnegare la fede in Cristo e di bestemmiare. Ma loro rimasero fedeli a Dio e andarono incontro lieti alle più grandi sofferenze e alla morte.Abbiamo un criterio infallibile per sapere se una cosa è bene o male, si può fare o è peccato: questo criterio è l'obbedienza al Papa e al suo Magistero. Se il cristiano sa, ad esempio, e lo sa con certezza perché ce lo insegna la Chiesa, che non si può rubare, che non si può imbrogliare il prossimo, che non si possono commettere atti impuri, che il Matrimonio non può essere profanato dall'infedeltà o dall'uso di anticoncezionali, ecc., egli deve evitare tutto questo, anche se ciò comporta sacrificio, confidando nell'aiuto onnipotente di Dio e nella preghiera.Se il cristiano sa che Dio vuole che si santifichino le feste, che si preghi ogni giorno, che si facciano le opere di bene, egli deve fare tutto questo con gioia. In questo modo, egli testimonierà il suo amore a Dio non a parole, ma con i fatti.All'inizio della sua conversione, san Francesco chiese con fiducia che Dio gli indicasse il cammino da seguire. Egli comprese benissimo che la nostra gioia non consiste nel fare la nostra volontà, ma la Volontà del nostro Creatore. Per essere sicuro di stare nella Volontà di Dio, egli non si fidò di quanto sentiva in cuore, ma volle andare dal Papa: solo da lui poteva avere la certezza di essere sul retto sentiero.Impariamo da san Francesco questa docilità all'insegnamento del Papa. Ai giorni d'oggi molti si sentono illuminati; ma, a conti fatti, dimostrano di mancare della cosa più importante: di questa docilità al Magistero della Chiesa. Se anche noi obbediremo a questo insegnamento, saremo certi di fare la Volontà di Dio e godremo di una grande pace nel cuore.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6503DIO ESISTE: NON SERVE LA FEDE PER SAPERLO, BASTA LA RAGIONEÈ un dogma di fede, dichiarato dal Concilio Vaticano I, quindi chi dice il contrario è scomunicato (VIDEO: L'esistenza di Dio secondo ragione)di Padre Angelo BellonBuongiorno Padre Angelo,mi scusi se la disturbo avrei bisogno di sapere una cosa.Cosa dice la Chiesa a coloro che negano che con la sola ragione si possa conoscere l'esistenza di Dio?È possibile dire che Dio esiste senza scomodare la fede?Possiamo dire che l'esistenza di Dio a prescindere dalla fede può essere dimostrato razionalmente? Per "razionalmente" intendo dire che è chiaro perché è ovvio.Che c'è un progetto nella creazione lo si vede chiaramente dal movimento di tutte le cose. Noi chiamiamo Dio la causa di questo progetto.Grazie Padre Angelo mi scusi per la banalità ma a scuola e anche un teologo fuori dalla scuola mi dicono che non si può dire che esiste Dio se non con la fede. Secondo loro al massimo lo puoi intuire però allora non ho capito cosa vuol dire "intuire".Buona giornata. La saluto affettuosamente.RISPOSTA DEL SACERDOTECarissimo,la conoscenza dell'esistenza di Dio con le sole risorse della ragione è fondamentale per chi crede.Per aderire alla Divina Rivelazione è necessario essere certi dell'esistenza di Dio perché diversamente tale Rivelazione rimarrebbe sempre campata per aria, senza fondamento sicuro. Come qualcuno ha detto sarebbe un salto nel buio o nel vuoto.Inoltre anche da un punto di vista sociale come potrebbe uno stato dare legittimità a richieste che non hanno fondamento reale se non nel sentimento di alcuni?Tanti filosofi non cristiani, e di primo calibro come Platone e Aristotele, sono giunti alla certezza razionale dell'esistenza di Dio.Come non rimanere stupiti dinanzi alla grande affermazione di Aristotele che definiva Dio come Motore immobile, che muove ma senza muoversi, senza passare dalla potenza all'atto?E che Dio è atto puro, senza potenzialità alcuna perché è pienezza di essere?Per i cristiani poi Dio stesso nella sua Rivelazione divina e soprannaturale ha garantito che l'uomo con le sole risorse della sua ragione può conoscere la sua esistenza.Questo già nell'Antico Testamento quando nel libro della Sapienza vien detto: "Davvero stolti per natura tutti gli uomini che vivevano nell'ignoranza di Dio, e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né, esaminandone le opere, riconobbero l'artefice. Ma o il fuoco o il vento o l'aria veloce, la volta stellata o l'acqua impetuosa o le luci del cielo essi considerarono come dèi, reggitori del mondo. Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi, pensino quanto è superiore il loro sovrano, perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza. Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore" (Sap 13,1-5).Pertanto Dio stesso ha detto che per analogia dalla grandezza e bellezza delle creature si contempla il loro autore.Ugualmente un'altra grande affermazione si trova nel Nuovo Testamento quando nella lettera ai Romani si legge: "Infatti l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa" (Rm 1,18-20).Per questo il Concilio Vaticano I ha dichiarato: "La Santa Madre Chiesa ritiene e insegna che Dio, principio e fine di ogni cosa, può essere conosciuto con certezza mediante la luce naturale della ragione umana a partire dalle cose create; «infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute» (Rm 1,20)" (DS 3004).E poi sentenzia: "Se qualcuno dice che il Dio unico e vero, nostro Creatore e Signore, non può essere conosciuto con certezza, grazie al lume naturale dell'umana ragione, attraverso le cose create: sia anatema" (DS 3026), e cioè scomunicato.L'energia con cui si pronuncia il Magistero della Chiesa è dovuta al fatto che questa dottrina è contenuta esplicitamente nella Divina Rivelazione.Prosegue il Concilio Vaticano I: "La Chiesa Cattolica ha sempre unanimemente creduto e ancora crede che esistono due ordini di conoscenza, distinti non solo per il loro principio, ma anche per il loro oggetto: per il loro principio, perché nell'uno conosciamo con la ragione naturale, nell'altro con la fede divina; per l'oggetto, perché oltre la verità che la ragione naturale può capire, ci è proposto di vedere i misteri nascosti in Dio, che non possono essere conosciuti se non sono rivelati dall'alto. È questo il motivo per cui l'apostolo, che pure testimonia che Dio è stato conosciuto dai pagani «attraverso le cose create» (Rm 1,20), quando parla della grazia e della verità venuteci da Cristo (cf. Gv 1,17), dichiara: «Parliamo di una sapienza divina misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio» (l Cor 2,7s.10). E lo stesso Unigenito benedice il Padre perché ha nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le ha rivelate ai piccoli (cf. Mt 11,25)" (DS 3015).Va detto anche che il Concilio Vaticano I afferma che con certezza che con la sola ragione si può giungere alla conclusione dell'esistenza di Dio. Si astiene però dal dire attraverso quali vie. Qui lascia campo libero ai teologi. Tuttavia ricorda che San Paolo dice che dalle creature si risale al Creatore.Mi chiedi infine che cosa intenda quel teologo quando dice che di Dio ne possiamo avere l'intuizione. Forse vuol riferirsi al sentimento religioso che esiste naturalmente nel cuore degli uomini secondo cui Dio non si conosce, ma si sente.A questo concludono erroneamente alcuni protestanti, partendo dal presupposto che dopo il peccato originale l'uomo si è totalmente corrotto e avrebbe perso anche la capacità di conoscere la verità. Per cui solo per fede si conoscerebbe l'esistenza di Dio.Tuttavia va detto che l'uomo col peccato originale ha perso i doni soprannaturali della grazia, ma non ha perso l'uso della ragione, come dimostra ampiamente lo sviluppo tecnico e scientifico.Ti ringrazio per la fiducia, ti ricordo al Signore e ti benedico.Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 53 minuti) dal titolo "L'esistenza di Dio secondo ragione" Don Stefano Bimbi, parroco a Staggia Senese, leggendo il Catechismo della Chiesa Cattolica, spiega come non sia necessaria la fede per arrivare alla certezza dell'esistenza di Dio. Il video è tratto dal corso "Il Credo parola per parola" con decine di interessanti lezioni.https://www.youtube.com/watch?v=GF0OkxpEMVMPer vedere il video di Don Stefano Bimbi vai sul canale YouTube di BastaBugie. Titolo originale: È dogma di fede che l'uomo possa conoscere l'esistenza di Dio con le sole risorse della ragioneFonte: Amici Domenicani, 27 luglio 2020Pubblicato su BastaBugie n. 707
La divina Maternità della Madonna è il primo dogma mariano da considerare, in quanto, costituendo il fondamento della sua dignità sublime e della sua pienezza di Grazia, costituisce il fondamento di tutti gli altri suoi privilegi sovrannaturali.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6362DA EX SENATORE VORREI DIRE COSA PENSO DEI GAY PRIMA CHE LA LEGGE ZAN MI CHIUDA LA BOCCALa posizione della Chiesa Cattolica circa le unioni omosessuali diventerà illegale se sarà approvata la legge Zan sull'omotransfobia e quindi i cattolici...di Riccardo PedrizziFin dalle sue origini, la Chiesa non si è limitata a condannare l'omosessualità o a prescrivere penitenze spirituali per chi la praticasse; essa ha anche usato tutta la sua influenza affinché le autorità civili adoperassero tutti i mezzi legali per evitare il diffondersi di tale peccato contro natura.Solo pochi decenni fa, mentre si andava diffondendo una cultura della tolleranza dell'omosessualità, il Magistero della Chiesa, ne ha sempre rinnovato la condanna.La Congregazione per la Dottrina della Fede ha, infatti, pubblicato due documenti - la Dichiarazione "Persona Humana" del 29 dicembre 1975 e la lettera pastorale del 1 ottobre 1986 - nei quali ha ribadito che è impossibile legittimare in qualsiasi modo una forma di relazione che è totalmente in contrasto col disegno divino e quindi anche con la dignità umana.E, ancora, la condanna delle unioni omosessuali è stata ribadita nel Catechismo della Chiesa Cattolica, promulgato da S.S. Giovanni Paolo II, in data 15 agosto 1997: "Basandosi sulla sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono infatti contrari alla legge naturale, precludendo all'atto sessuale il dono della vita, e non sono frutto di una vera complementarietà affettiva e sessuale. Non possono essere approvati in nessun caso (n.2357)".Successivamente nel 2000, il Pontificio consiglio per la famiglia nel documento "Famiglia, matrimonio e unioni di fatto" al n.16 affermava: "Per quanto riguarda le recenti proposte legislative di equiparare le unioni di fatto, incluso quelle omosessuali alla famiglia (occorre tener presente che il loro riconoscimento giuridico è il primo passo verso la loro equiparazione), è opportuno ricordare ai parlamentari che essi hanno una seria responsabilità di opporvisi". Ed al n.23 "Le unioni di fatto tra omosessuali costituiscono una deplorevole distorsione di ciò che dovrebbe essere una comunione di amore e di vita tra un uomo e una donna, in una donazione reciproca aperta alla vita" (Dal discorso del 16/06/1994 di San Giovanni Paolo II).Infine la Congregazione per la Dottrina della Fede nel documento "Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali" (2003) firmato dal Card. Joseph Ratzingher ed approvato da San Giovanni Paolo II, affermava al n.4 "Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale". Ed al n.5 inoltre è scritto: "In presenza del riconoscimento legale delle unioni omosessuali, oppure dell'equiparazione legale delle medesime al matrimonio con accesso ai diritti che sono propri di quest'ultimo, è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva. Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all'applicazione di leggi cosi gravemente ingiuste nonché, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo. In questa materia ognuno può rivendicare il diritto all'obiezione di coscienza".Dunque per la Chiesa "La legalizzazione delle unioni omosessuali sarebbe destinata perciò a causare l'oscuramento della percezione di alcuni valori morali fondamentali e la svalutazione dell'istituzione matrimoniale".La Chiesa, però, oltre che Maestra di vita è anche Madre e, per questo, guarda con carità e comprensione anche chi intendendo vivere la propria sessualità in difformità agli insegnamenti del Magistero, lo fa in maniera discreta, senza creare scandalo nell'opinione pubblica e soprattutto nei giovani.Ora se io scrivessi o pronunciassi queste verità inconfutabili non solo per il magistero di sempre della Chiesa, ma per quel diritto naturale che è scolpito nel cuore di ciascuno di noi, a Disegno di Legge Zan approvato (il nr. 569, "in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere") mi sarei assicurato le patrie galere... sicuramente. Titolo originale: Senatore e unioni omosessualiFonte: Blog di Sabino Paciolla, 29 novembre 2020Pubblicato su BastaBugie n. 693
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6348NON ESISTE FRATELLANZA AL DI FUORI DI CRISTO da Radio Roma LiberaMolti sanno che san Pio X è l'autore della Pascendi, l'enciclica dell'8 settembre 1907 che condanna il modernismo, ma non tutti sanno che il grande Pio X è autore di un documento, che non è un'enciclica, ma è una Lettera apostolica, che per importanza si affianca alla Pascendi, di cui costituisce, potremmo dire, un complemento, perché del modernismo affronta non l'aspetto teologico e filosofico, ma quello politico e sociale.La Lettera a cui mi riferisco è appunto la Notre charge apostolique che condanna il movimento del Sillon («Solco»), fondato in Francia nel 1902 da Marc Sangnier (1873-1950), un movimento di cattolici-democratici, precursore di quelli che oggi sono definiti i movimenti "popolari" o "sociali".Notre Charge apostolique, il titolo della Lettera di san Pio X, significa "la nostra carica apostolica", potremmo anche dire la nostra missione apostolica, il nostro dovere apostolico: il dovere del Supremo Pastore di guidare e illuminare il suo gregge. Questa Lettera, diretta ai vescovi francesi, fu pubblicata il 25 agosto 1910, dunque centodieci anni fa e merita di essere ricordata per la sua stringente attualità. Io invito tutti a leggerla con attenzione. Da parte mia vi propongo la lettura di un passo che mi sembra illuminante, dedicato appunto al concetto di "fraternità".Dopo aver criticato i concetti di giustizia e di uguaglianza propugnati dal Sillon, papa san Pio X afferma: "Lo stesso accade per la nozione di fraternità, di cui stabiliscono la base nell'amore degli interessi comuni, oppure, al di la di tutte le filosofie e di tutte le religioni, nella semplice nozione di umanità, comprendendo così nello stesso amore e in un'eguale tolleranza tutti gli uomini con tutte le loro miserie, tanto intellettuali e morali quanto fisiche e temporali.Orbene, la dottrina cattolica ci insegna che il primo dovere della carità non consiste nella tolleranza delle convinzioni erronee, per quanto sincere esse siano, né nella indifferenza teorica o pratica per l'errore o per il vizio in cui vediamo immersi i nostri fratelli, ma nello zelo per il loro miglioramento intellettuale e morale, non meno che per il loro benessere materiale.Questa stessa dottrina cattolica ci insegna pure che la sorgente dell'amore per il prossimo si trova nell'amore di Dio, padre comune e comune fine di tutta l'umana famiglia, e nell'amore di Gesù Cristo, di cui siamo le membra al punto che consolare un infelice equivale a far bene a Gesù Cristo stesso. Ogni altro amore è illusione o sentimento sterile e passeggero.Certamente, l'esperienza umana sta a provare, nelle società pagane o laiche di tutti i tempi, che in certi momenti la considerazione dei comuni interessi o della naturale somiglianza è di scarsissimo peso di fronte alle passioni e agli affetti disordinati del cuore.No, Venerabili Fratelli, non vi è vera fraternità al di fuori della carità cristiana, che per amore di Dio e del suo Figlio Gesù Cristo, nostro Salvatore, abbraccia tutti gli uomini per confortarli tutti e tutti condurre alla stessa fede e alla stessa felicità celeste. Separando la fraternità dalla carità cristiana intesa in tal modo, la Democrazia, lungi dall'essere un progresso, costituirebbe un disastroso regresso per la civiltà. Infatti, se si vuol arrivare, e noi lo desideriamo con tutta l'anima nostra, alla maggior quantità di benessere possibile per la società e per ciascuno dei suoi membri, per mezzo della fraternità, oppure, come ancora si dice, per mezzo della solidarietà universale, sono necessarie l'unione degli spiriti nella verità, l'unione delle volontà nella morale, l'unione dei cuori nell'amore di Dio e di suo Figlio, Gesù Cristo. Orbene, questa unione è realizzabile soltanto per mezzo della carità cattolica, la quale solamente, di conseguenza, può condurre i popoli sul cammino del progresso, verso l'ideale della civiltà."In tempi di Covid, ricordiamo ancora queste parole della Lettera che san Pio X sembra profeticamente indirizzare ai cattolici disorientati del nostro tempo: Gesù Cristo "non ha annunciato per la società futura il regno di una felicità ideale, da cui sarebbe bandita la sofferenza; ma, con le sue lezioni e i suoi esempi, ha tracciato il cammino della felicità possibile sulla terra e della felicità perfetta in Cielo: la via regale della Croce. Sono insegnamenti che si avrebbe torto ad applicare soltanto alla vita individuale in vista della salvezza eterna; sono insegnamenti eminentemente sociali e ci mostrano in Nostro Signore Gesù Cristo una realtà ben diversa da un umanitarismo senza consistenza e senz'autorità."La via della Croce: non qualsiasi Croce, ma quella di Cristo, seconda persona della Santissima Trinità, Verbo Incarnato, fondatore della Chiesa cattolica, l'unica che, grazie ai suoi Sacramenti e al suo immutabile Magistero, trasmesso dai Romani pontefici, ci permette di raggiungere la salvezza eterna, che è l'obiettivo di ogni uomo che voglia dare senso e significato alla sua vita. Titolo originale: La fraternità di papa Francesco e quella di san Pio XFonte: Radio Roma Libera, 27 ottobre 2020Pubblicato su BastaBugie n. 690
In questi giorni, è riaffiorato il controverso tema delle cosiddette “unioni civili”, sia in ambito cattolico sia ambito laicista: numerose sono state le strumentalizzazioni di un ambito sul quale, in realtà, la Dottrina, fondata su Scritture, Tradizione e Magistero. Evidentemente, le coscienze sono in alcuni casi assuefatte dall'ideologia, in altri confuse quanto ai retti contenuti e necessitano di essere aiutate.
In questi giorni, è riaffiorato il controverso tema delle cosiddette “unioni civili”, sia in ambito cattolico sia ambito laicista: numerose sono state le strumentalizzazioni di un ambito sul quale, in realtà, la Dottrina, fondata su Scritture, Tradizione e Magistero. Evidentemente, le coscienze sono in alcuni casi assuefatte dall’ideologia, in altri confuse quanto ai retti contenuti e necessitano di essere aiutate.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6169OMELIA XXI DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 16,13-20)Sul brano del Vangelo di oggi si fonda la dottrina del "Primato dell'Apostolo Pietro". Pietro è stato scelto da Gesù come capo visibile della Chiesa, come suo fondamento, e tale primato viene trasmesso a tutti i suoi successori, che sono i Papi, fino ad arrivare all'attuale Pontefice. Gesù usa delle parole molto chiare per esprimere questa verità.Prima di tutto Egli dice: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). Subito dopo aggiunge: «e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa» (ivi). Soltanto dove c'è questo saldo fondamento, questa solida roccia di Pietro, le forze del male non potranno trionfare. Dove non c'è Pietro la verità si mescolerà con l'errore e la menzogna, e la purezza del dogma lascerà il posto al veleno dell'eresia. Dove non c'è Pietro la stessa cristianità è messa a repentaglio, e la storia insegna che dove non si è riconosciuto il Papa come fondamento della Chiesa, il Cristianesimo ha ceduto il passo ad altre religioni o, come ai giorni d'oggi, ad un neo-paganesimo. Questo pericolo non lo corrono solo quelli che non riconoscono il Papa, ma anche tutti quelli che, praticamente, rifiutano il suo Magistero.Alla domanda di Gesù, «ma voi chi dite che io sia?» (Mt 16,15), Pietro rispose a nome di tutti: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Nel dare questa risposta, Pietro fu illuminato dall'Alto, secondo le parole dette da Cristo stesso: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli» (Mt 16,17). Oggi come allora, è sempre Pietro, ovvero il Papa, ad essere illuminato sulle verità di fede e ad istruirci. Ascoltando lui, non possiamo sbagliare e rimaniamo nella verità insegnata da Gesù Cristo.Tra le tante opinioni dei vari interlocutori, solo la parola di Pietro risultò secondo la verità. Così, ai giorni d'oggi, tra le tante voci discordi che tendono a prevalere sulle altre, il cristiano deve ascoltare con tutta sicurezza l'insegnamento del Papa: solo lui non può errare quando insegna in materia di fede e di morale.Inoltre, Gesù dice a Pietro: «A te darò le chiavi del regno dei cieli» (Mt 16,19). Possedere le chiavi di una casa, soprattutto un tempo, significava avere autorità su quella casa. Gesù dà a Pietro le chiavi del Regno dei cieli; ciò significa conferire a Pietro un potere e una autorità particolari, superiori a quelli dati agli altri Apostoli.Infine, Gesù dice: «tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (ivi). Queste parole, nel linguaggio dei rabbini, significavano proibire o permettere, dichiarare lecito o illecito, e quindi si riferiscono al compito del Papa di insegnare in materia di morale, ovvero di istruire i cristiani su come devono comportarsi e su cosa devono evitare.Qualcuno potrebbe obiettare che tali prerogative appartenevano solamente a Pietro e non ai suoi successori. Tale obiezione si risolve molto facilmente: se la Chiesa, secondo le parole di Gesù: «io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20), non verrà mai meno, è chiaro che le potenze degli inferi non prevarranno mai, e sino alla fine dei tempi la Chiesa con a capo il Papa sarà difesa contro tutti gli attacchi del maligno, e le prerogative di Pietro saranno estese a tutti i suoi successori. La Chiesa è quella casa fondata sulla roccia di cui parla il Vangelo. Anche se infuria la tempesta della persecuzione, se questa casa è fondata sulla salda roccia di Pietro non potrà vacillare.Il Vangelo di oggi è un invito a ripensare all'insostituibile e provvidenziale funzione del Magistero ecclesiastico, il quale trasmette fedelmente gli insegnamenti di Gesù Cristo, il suo pensiero e la sua volontà. Onorando il Magistero della Chiesa, onoriamo Cristo Maestro. Solo grazie a tale insegnamento noi possiamo arrivare alla certezza della verità rivelata e all'unità della medesima fede. Tutto quello che noi conosciamo di Gesù e degli altri misteri di fede noi lo conosciamo grazie all'insegnamento della Chiesa. Uno non potrebbe nemmeno appellarsi all'autorità suprema della Sacra Scrittura, dal momento che, in fin dei conti, noi sappiamo quelli che sono i libri ispirati che compongono la Bibbia solo grazie alla Chiesa e al suo costante insegnamento. Tra tanti libri scritti che narravano la vita di Gesù e gli atti degli Apostoli, la Chiesa ne ha scelto solo alcuni indicandoli a tutti come ispirati da Dio. Inoltre, nel comprendere questi libri ispirati che compongono la Sacra Scrittura, noi ci rifacciamo all'interpretazione accolta dalla Chiesa. Se ci manca questa "chiave di lettura" non riusciremo a intenderne il senso voluto da Dio.Da tutto ciò deriva il dovere di rimanere uniti al Papa, successore di Pietro, nella fede, nell'amore, nell'obbedienza, per costruire insieme il Regno di Dio sulla terra. Fonte: Il settimanale di Padre PioPubblicato su BastaBugie n. 678
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6132LA STORIA DI DON MINUTELLA, IL SACERDOTE SCOMUNICATO NEL 2018 PER SCISMA ED ERESIA di Simone OrtolaniIl «piccolo resto cattolico» guidato da don Alessandro Maria Minutella è realmente cattolico o è semplicemente diventato, in breve tempo, una delle tante sette di ispirazione cristiana? Cosa sta accedendo al movimento di fedelissimi del prete siciliano, che assicura i suoi oltre 43 mila follower della pagina Facebook Radio Domina Nostra di essere spronato da battagliere locuzioni interiori nell'opporsi alla «falsa Chiesa bergogliana», giudicata «eretica ed apostata»?Il protagonista della vicenda è nato a Palermo il 13 settembre 1973 ed è entrato nel seminario del capoluogo dell'isola nell'ottobre del 1992. Dopo essere stato ordinato sacerdote il 27 dicembre 1999 dal cardinale Salvatore De Giorgi, è stato nominato parroco di San Giovanni Bosco nella zona di Romagnolo nella stessa città. Si è laureato in Teologia sistematica presso la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia con una tesi sulla mistica del Purgatorio in Santa Caterina da Genova nel 2002 e ha conseguito il dottorato in Storia del dogma cristiano presso la Pontificia Università Gregoriana nel 2007 con una tesi sull'Escatologia cristologico-trinitaria di Hans Urs von Balthasar, diventata un corposo volume presentato a Roma e a Palermo nel marzo 2014. Oratore brillante e facondo, autore di alcune pubblicazioni - fra cui una su San Gregorio Magno -, uomo di forte temperamento, appassionato ed ironico, don Minutella afferma di avere avuto come guide spirituali don Pino Puglisi e don Gabriele Amorth. Grazie ai social network assurge ad ampia notorietà con infuocate catechesi trasmesse online: parla con trasporto di spiritualità, devozioni e mariofanie sia riconosciute sia non riconosciute; si presenta come paladino della sana Dottrina cristiana, si richiama incessantemente al Catechismo e, facendo leva sulle sue qualifiche accademiche, combatte eresie e polemizza con i «modernisti».I Sinodi sulla Famiglia del 2014-2015 e, nel 2016, la promulgazione dell'esortazione apostolica Amoris Laetitia sono lo spartiacque nei rapporti fra don Minutella e la gerarchia: papa Francesco è accusato pubblicamente ed esplicitamente da lui di avere autorizzato la Comunione ai divorziati risposati, di avere profanato sia il sacramento del Matrimonio che quello dell'Eucaristia e di avere tradito il Magistero. Nel 2017, il sacerdote inizia un tour per l'Italia per la presentazione del libro I tempi di Maria. [...]Pur avendo celebrato l'Eucaristia per alcuni anni in comunione con papa Francesco seguendo le rubriche del Messale di Paolo VI, don Minutella arriva gradualmente a sostenere che il pontefice «venuto dalla fine del mondo» non è mai stato nemmeno legittimamente eletto, a causa del complotto della «mafia di San Gallo» e della rinuncia di Benedetto XVI, pretesa come del tutto invalida. In seguito, opta per l'uso esclusivo della liturgia ante-conciliare trasmettendo da Radio Domina Nostra le funzioni da lui stesso officiate secondo il Rito romano antico.PRESUNTO MEDIUM PER CONTO DELLA SANTA VERGINEL'esibizione costante delle pretese comunicazioni celesti lo aiuta ad accreditarsi presso piccole fasce di sacerdoti e gruppi di laici maggiormente propensi a lasciarsi suggestionare dal racconto di apparizioni, rivelazioni private e profezie.«Eravamo in parte delusi e scandalizzati da una certa deriva modernista e il passo successivo è stato quello di vedere in don Minutella un profeta dei nostri giorni. Ci diceva di essere stato scelto dalla Madonna come Suo inviato dal Cielo e di riceverne locuzioni», spiega un ex attivista del «piccolo resto». «Molti di noi eravamo realmente ispirati dal desiderio di servire il Vangelo, ma altri erano soltanto anticlericali guidati dall'odio verso la gerarchia, pontefice compreso, e vedevano in don Minutella un "liberatore dai cattivi", il capo di una rivoluzione per liberare Roma dagli apostati».Il parroco assicura di ricevere queste locuzioni interiori da parte del Cielo e ne fa uno dei suoi principali argomenti di persuasione. In un'occasione, documentata, egli cerca grottescamente, di fronte ad alcuni fedelissimi, di imitare la voce di Padre Pio - che ne starebbe possedendo il corpo - intimando agli stessi la più stretta fedeltà alla sua persona. In un'altra, egli parla in falsetto, cercando di presentare se stesso come medium per conto della «Santa Vergine».Era stato proprio il ricorso al presunto elemento soprannaturale che aveva contribuito a turbare i rapporti fra questo vivace quanto indocile curato, in precedenza stimato come brillante studioso, e l'arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo. Il porporato, ricevendolo nel settembre del 2015 in episcopio gli aveva ordinato il silenzio sulle propagandate rivelazioni a causa del turbamento dei fedeli. Questo precetto era coerente con le disposizioni dell'arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, nell'ambito della cui giurisdizione territoriale, a Carini, sorge, su un terreno di proprietà privata, il centro Piccola Nazareth, gestito da don Minutella: «Le locuzioni sono ingannevoli». Commentando anche la distribuzione a Piccola Nazareth di acqua nemmeno potabile ma spacciata come «prodigiosa», il presule protestava che era «quanto meno strumentale l'invenzione dell'acqua miracolosa, che avrebbe poteri soprannaturali e terapeutici, perché gioca con la sacra sensibilità dei semplici che vivono seri momenti di prova. Corre l'obbligo di avvertire tutti i fedeli che tali pratiche oltre ad essere contrarie al volere della Chiesa, sono fortemente sospette di manipolazione delle coscienze». L'arcivescovo di Monreale si diceva certo della «sicura falsità delle sue affermazioni quando si dichiara "profeta" di messaggi soprannaturali, la cui diffusione mette seriamente a rischio la genuina devozione popolare verso la Madonna, gli Angeli e i Santi».SACRE DEVOZIONI E PROFANO MARKETING ONLINEQuesto esibizionismo che mescola con disinvoltura sacre devozioni e profano marketing online irrita alcuni fra i simpatizzanti della prima ora. Per i meno ingenui, sono le stesse catechesi di don Minutella ad apparire ambigue e confuse: egli inizia a citare, senza un vero e proprio criterio, come maestri di ortodossia autori del tutto diversi fra di loro, da Hans Urs von Balthasar a monsignor Marcel Lefebvre, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI, fino ad esprimere apprezzamento per i sedevacantisti di varie correnti, ricercando recentemente contatti con i loro rappresentanti, forse per ottenere una certa legittimazione dal confronto pubblico con i sacerdoti di questo ambiente. Ed è proprio dalle pubblicazioni dell'Istituto Mater Boni Consilii di Verrua Savoia, appartenente a questa costellazione, che don Minutella ricava l'espressione «Una cum», tanto da farne una propria bandiera. L'espressione latina è parte del Canone della Messa in cui è commemorato il nome del Papa regnante: «Una cum famulo tuo Papa nostro Francisco», cioè, «Insieme col Tuo servo nostro Papa Francesco». Per i sedevacantisti non è lecito celebrare i sacramenti in comunione con gli occupanti della Sede apostolica dai tempi di Giovanni XXIII; don Minutella sceglie invece di celebrare «una cum Papa Benedicto».«Don Minutella ha iniziato a celebrare in comunione con papa Benedetto XVI dichiarando che fosse ancora lui in carica. Ci disse che fu la Madonna a rivelargli che Francesco non fosse il vero papa e che non bisognava assolutamente menzionarlo perché, partecipando alle celebrazioni eucaristiche in unione con Francesco, si rischiava la dannazione eterna delle nostre anime, di tradire Gesù Cristo, di contaminarsi con le eresie», sostiene un gregario ormai deluso. Ma nemmeno la fiducia nei confronti di Joseph Ratzinger è piena. Quando il vescovo bavarese sceso dalla Cattedra di San Pietro ribadisce «ancora una volta», nel contesto dell'intervista contenuta nel libro di Peter Seewald Benedetto XVI. Una vita, la sua «amicizia» con il suo successore, don Minutella appare smarrito ed esclama incredulo che «è in gioco la fede stessa», come in occasione nella catechesi trasmessa da Radio Domina Nostra la sera del 5 maggio 2020. «Dov'è Pietro, chi è Pietro, che fine ha fatto Pietro?», si chiede in diretta su Facebook. Ormai è innegabile una «crepa profonda nei confronti del Romano Pontefice che rimane Benedetto XVI ma che però ci disorienta, ci smarrisce e ci mette alla dura prova. Quest'uomo - denuncia don Minutella - che ha continuato a vestirsi di bianco dopo aver detto che non sarebbe più intervenuto, lì, a 93 anni, scrive questi libri dove dice e non dice, parla e non parla, rendendoci ancora più confusi di quanto fa Bergoglio».SCOMUNICA PER ERESIA E SCISMAIl preteso campione della «Resistenza cattolica» - affermano alcuni testimoni - «avalla le sue dottrine con autori come San Tommaso d'Aquino stravolgendone i contenuti. Ha esortato tutti a non confessarsi più con altri sacerdoti che non appartengano al suo "piccolo resto". Ha chiesto di non ricevere la santa Eucaristia da costoro, che se celebrata in comunione con papa Francesco non sarebbe il Corpo del Signore, ma quello di satana; ha ordinato di non far battezzare i propri bambini da costoro, a non farsi nemmeno benedire dai pastori della Chiesa "ufficiale" per non riceverne maledizioni».Sono diverse le registrazioni audio e video che confermano queste parole, diffuse fra i seguaci su WhatsApp e su Telegram.«Ha detto in modo imperativo di non entrare nemmeno nei Santuari. Molte persone, credendo alle sue tesi, hanno iniziato a nutrire dubbi sulla validità dei propri matrimoni, dei battesimi, delle comunioni ricevute, precipitando nella desolazione più nera.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5984OMELIA V DOMENICA DI PASQUA - ANNO A (Gv 14,1-12)San Francesco, quando era alla ricerca della via da percorrere, quando voleva sapere cosa Dio voleva da lui, entrò nella chiesetta di San Damiano e pregò intensamente davanti ad un Crocifisso. Con tutto il suo cuore voleva sapere quella che era la volontà di Dio su di lui e, miracolosamente, Gesù parlò e disse: «Francesco, va', ripara la mia Casa, che, come vedi, va tutta in rovina» (FF 1334). San Francesco pensò che si trattasse della rovina materiale delle mura di quella chiesetta e, con tanta buona volontà, si mise a restaurarle. Poi si mise a restaurare altre due chiese, quella della Porziuncola e quella di San Pietro, nei pressi di Assisi. In seguito, san Francesco comprese che la missione a lui affidata da Dio era diversa, più profonda: era quella di restaurare la Chiesa di cui i cristiani sono le pietre vive. Allora egli non andò più in cerca di pietre materiali, ma si mise a predicare per città e villaggi, alternando periodi di ritiro negli eremi a periodi di intensa attività apostolica. In questo modo, san Francesco ricondusse molti a Cristo, risvegliando in altri il fervore che si era ormai spento. In poche parole, egli ridiede un volto cristiano a una società che si era allontanata dalla retta via.Questo tema è messo in luce dalla seconda lettura di oggi. San Pietro lo afferma chiaramente: «Quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale» (1Pt 2,5). Gesù è la «pietra d'angolo» (1Pt 2,7), ovvero la pietra fondamentale per dare stabilità all'intera costruzione. Questa pietra era stata scartata dai costruttori ed ora è divenuta «sasso d'inciampo, pietra di scandalo» (1Pt 2,8) per tutti quelli che rifiutano il Vangelo. Per essere utilizzati nella costruzione di questo edificio, le pietre devono essere lavorate e ben squadrate. Questo lavoro è iniziato con il Battesimo, per mezzo di esso siamo divenuti pietre vive, e deve continuare durante tutta la nostra vita. Ogni giorno dobbiamo uniformarci a Gesù Cristo, dobbiamo assomigliargli sempre di più. Ogni pietra che non risponde a questi requisiti viene scartata: abbiamo tempo fino al termine della nostra vita.Accogliendo la Parola di Dio e mettendola in pratica, noi siamo sempre più perfezionati e resi idonei ad essere utilizzati in questa costruzione. È necessaria la predicazione; per questo motivo, nella Chiesa primitiva, furono istituiti di Diaconi, i quali si impegnavano nel servizio della carità, dando così la possibilità agli Apostoli di dedicarsi interamente al servizio della Parola, ovvero alla predicazione, e alla preghiera. Furono scelti sette Diaconi. Gli Apostoli, vista la gran mole di lavoro che gravava sulle loro sole spalle, così dissero alla Comunità: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola» (At 6,1-7). Non è giusto che nella Chiesa vengano sacrificati gli aspetti della preghiera e della predicazione, che sono i più importanti, per una attività che rischia di diventare un "vuoto attivismo". Le parole che abbiamo ascoltate sono particolarmente valide ai nostri giorni, nei quali il valore della vita interiore non è molto compreso e, molto spesso, si apprezza solo l'attività sociale. Senza la preghiera, l'attività caritativa si trasforma in una promozione umana.Nella Chiesa, la predicazione deve avere un obiettivo principale: quello di indicare al mondo Cristo che è l'unica via che conduce al Padre, è l'unica verità a cui aderire, ed è l'unica vita delle anime nostre. Gesù lo afferma chiaramente, dicendo ai suoi Apostoli: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Seguendo i suoi esempi non possiamo sbagliare strada, giungeremo al posto che Egli, il nostro Salvatore, è andato a prepararci, secondo quanto ci dice nel Vangelo: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,3). La morale cristiana consiste nel seguire le orme di Gesù, nell'imitarlo, nel comportarci come Lui si è comportato. Osservando la morale cristiana, insegnata infallibilmente dalla Chiesa, noi siamo certi di arrivare alla Vita eterna. Il Signore verrà a prenderci, secondo la sua promessa, e ci condurrà dove è la nostra dimora eterna.Gesù, inoltre, è l'unica verità a cui credere. Non ci sono diverse verità, come se ciò fosse solo una cosa soggettiva. Gesù dice a ciascuno di noi e a tutti gli uomini del mondo: «credete in me: io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,11). Per essere cristiani non basta comportarsi bene, bisogna pure credere a tutto quello che la Chiesa ci insegna nel suo Magistero.In questo modo, osservando la morale evangelica e credendo ai dogmi di fede, noi realizzeremo le parole che Gesù disse agli Apostoli: «chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre» (Gv 14,12). Sembra incredibile, ma Gesù dice chiaramente che faremo opere più grandi di quelle da Lui compiute su questa terra. Ciò si spiega per il fatto che Gesù è andato al Padre, ovvero è stato glorificato, e agisce per mezzo dei cristiani con la potenza della sua divinità. Questo significa che, con l'Ascensione al cielo, Gesù non ha diminuito il potere di operare su questa terra, ma lo ha di molto aumentato.Prima dell'Ascensione, quando era su questa terra, la sua azione era circoscritta ad un solo popolo, quello Ebraico; ora, per mezzo della Chiesa, Gesù raggiunge e abbraccia il mondo intero. Egli rende partecipe la Chiesa di quelli che sono i suoi poteri, continua ad operare miracoli e, soprattutto, continua a convertire i cuori, servendosi del servizio dei suoi ministri.Quanto più saremo simili a Gesù, tanto più si realizzeranno le parole che abbiamo udito nel Vangelo: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,9). Gesù è una sola cosa con il Padre, in quanto è il Figlio, della stessa sostanza del Padre, la seconda Persona della Santissima Trinità. Noi, creati ad immagine e somiglianza di Dio, rifletteremo la sua luce nella misura della nostra bontà. Un pellegrino che si era recato ad Ars per conoscere il parroco di quel paese che era san Giovanni Maria Vianney, dopo averlo incontrato, così esclamò: «Ho visto Dio in un uomo». Il Signore vuole che questo si possa dire anche di noi. Se saremo buoni di cuore, non mediocri ma santi cristiani, compiremo l'opera più bella ed importante: mostreremo Dio al mondo.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6119CORONAVIRUS: I CATTOLICI E LA VERA OBBEDIENZA di Aldo Maria ValliSe qui da noi, in Occidente, il blocco delle cerimonie religiose a causa del coronavirus ha provocato sofferenza in molti cattolici, all'Est ha anche riportato alla memoria i tempi delle persecuzioni anticattoliche, quando le chiese e le altre strutture religiose erano vuote perché i regimi comunisti, per motivi ideologici, impedivano il culto pubblico."La visione terrificante delle chiese vuote mostra ciò che sarebbe potuto succedere se l'ostilità anticattolica avesse prevalso", ha detto una conduttrice radiofonica polacca manifestando il pensiero di numerosi suoi connazionali di una certa età, in grado di ricordare che cosa fu la persecuzione antireligiosa.MESSE INTERROTTEAnche nell'Europa dell'Est è successo, come da noi, che le forze dell'ordine siano intervenute per disperdere fedeli che, nonostante i divieti, si erano recati in chiesa per la Messa, e queste immagini hanno a loro volta riproposto ricordi alquanto spiacevoli, tanto più che alcuni sacerdoti sono stati multati per non aver rispettato le regole.In Romania il vescovo greco-cattolico Virgil Bercea, sessantadue anni, che per alcuni anni, prima della rivoluzione del 1989, fu sacerdote clandestino nella Romania comunista, ha dichiarato che il divieto di celebrare le Messe a causa della pandemia ha ovviamente provocato molte domande e suscitato dolorosi ricordi. "Prima della liberazione - ha sottolineato - le nostre case avevano preso il posto delle chiese. E ora che tutto è di nuovo chiuso ci troviamo in una situazione angosciante".In Ucraina, dove sono ancora consentite le funzioni religiose con un massimo di dieci fedeli, il Consiglio ucraino delle chiese e delle organizzazioni religiose, che comprende anche leader cattolici, il 9 aprile ha denunciato violazioni delle regole da parte della polizia, che in alcuni casi, interpretando le norme in modo restrittivo, ha preteso di chiudere completamente le chiese, e anche questi fatti hanno contribuito a riproporre situazioni che si sperava fossero consegnate al passato.In Russia il segretario generale della conferenza episcopale, monsignor Igor Kovalevsky, ha detto che in molti cattolici le norme per il contenimento della pandemia hanno suscitato "paure e associazioni di idee negative" e non è mancato chi ha contestato le regole.Chi ha vissuto sotto il comunismo ricorda bene come andavano le cose quando si poteva pregare solo in casa, senza far rumore, perché c'era sempre il rischio di poter essere denunciati.VESCOVI CORAGGIOSIAll'epoca un grande aiuto venne dalla consapevolezza che c'erano pastori non disposti ad arrendersi, e le parole di quei grandi testimoni della fede possono dire qualcosa anche a noi oggi.È il caso del cardinale Stefan Wyszyński, il primate polacco che nel gennaio del 1953 sfidò il regime comunista, reagendo con una celebre lettera al diktat che revocava alla Chiesa la libertà di culto, e pagando la sua presa di posizione con il carcere.Nei suoi Appunti dalla prigione si legge: "Il peccato più grande per un apostolo è la paura; la paura di un apostolo è la prima alleata dei suoi nemici. La mancanza di coraggio è l'inizio della sconfitta per un vescovo".Nella lettera, firmata da tutto l'episcopato e inviata al governo, a proposito del divieto di culto era scritto: "Affermiamo che il suddetto decreto non può essere da noi riconosciuto come legittimo e vigente, giacché contrario alla Costituzione e alle leggi di Dio e della Chiesa [...]. Se dovessimo trovarci di fronte all'alternativa di sottomettere la giurisdizione ecclesiastica come uno strumento di governo civile oppure accettare un sacrificio personale, non vacilleremo [...]. Non possiamo sacrificare le cose di Dio sull'altare di Cesare! Non possumus!".Il 25 settembre del 1953 il cardinale fu arrestato dalle autorità comuniste e portato in carcere. Uscendo dal palazzo episcopale, disse a una suora che voleva preparargli un bagaglio: "Sorella, non porterò nulla. Sono entrato povero in questa casa e povero vi uscirò". Sarebbe rimasto in carcere per tre anni.Insieme a ricordi inquietanti, l'attuale situazione ci consente di riscoprire figure che possono insegnare davvero molto.È il caso anche dell'eroico cardinale Ján Chryzostom Korec, vescovo di Nitra, in Slovacchia, autore del libro La notte dei barbari.Ebbi la possibilità di conoscere il cardinale Korec e ricordo bene la passione con cui rievocava gli anni della Chiesa clandestina, costretta alle catacombe. Mi fece vedere alcune copie del samizdat che produceva in clandestinità e rievocò il periodo di isolamento in carcere, quando ripeteva ad alta voce interi brani di opere filosofiche e teologiche per non perderne la memoria.Sì, possiamo proprio dire che dall'Est ci arrivano testimonianze che possono esserci di grande aiuto per superare, con fede e dignità, questa fase difficile.Nota di BastaBugie: Benedetta Frigerio nell'articolo seguente dal titolo "A chi obbedire? Il beato Franz contro i vescovi proni allo Stato" parla del film sul beato Franz Jägerstätter (vedi foto), torturato e ucciso dal regime nazista a cui si oppose. Un film che ha da dire molto ai cattolici di oggi e che spiega quale sia la vera obbedienza.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 26 aprile 2020:C'è una storia a cui la quarantena ha incollato diverse persone. Si tratta dell'ultimo capolavoro del regista Terrence Malick, "Hidden Life" ("La vita nascosta"), uscito negli Stati Uniti l'anno scorso e che avrebbe dovuto esordire nelle sale cinematografiche italiane questo mese. Molti hanno avuto la possibilità di vederlo in streaming. E forse non è un caso, perché la storia di questo contadino austriaco, che per fedeltà a Cristo si oppose al regime nazista morendo martire a 36 anni nell'agosto del 1943, ha qualcosa da dire al mondo contemporaneo, cattolico e non.Franz Jägerstätter, beatificato nel 2007 da papa Benedetto XVI, viveva con sua moglie e le tre figlie a Radegund, coltivando i campi e allevando bestie in mezzo allo spettacolo delle Alpi austriache. Bisogna ricordare che la vita di quest'uomo prima del matrimonio fu contraddittoria e libertina (ebbe una figlia a 26 anni con un'altra donna) e che la fedeltà alla verità può farsi eroica in persone da cui magari non ce lo si aspetterebbe.A 29 anni sposò Franziska Schwaninger, che cambiò completamente la sua vita, ordinandola e scandendola fra lavoro, preghiera e lettura della Bibbia. Fu proprio la conoscenza di Cristo a portarlo, tre anni dopo le nozze, a decidere di non assumere incarichi istituzionali nel suo paese, dove fu l'unico a votare contro il plebiscito di annessione alla Germania, motivo per cui cominciò ad essere emarginato dalla sua comunità.Nel 1940 fu arruolato ma conoscendo i programmi eugenetici del Partito nazista si convinse ancora di più che l'obbedienza alla fede e alla verità, illuminata dall'incontro con Gesù, era incompatibile con la sottomissione al governo. Perciò, rifiutandosi di combattere quando fu richiamato nell'esercito nel febbraio del 1943, venne arrestato.Jägerstätter non disobbedì solo alle autorità civili, ma anche a quelle religiose. Sia il parroco della sua chiesa sia il suo vescovo, Josephus Calasanz Fließer, lo spinsero a desistere dall'obiezione di coscienza: secondo loro il Signore non poteva volere che con la sua condotta mettesse a rischio non solo la sua vita, ma anche quella della sua famiglia, che infatti pagò cara la sua scelta, pur sostenendola.Ricordiamo che Radegund era un paese di cattolici praticanti, ma che in nome del "buon senso" e dell'obbedienza ai superiori, a cui pure il Vangelo richiama, appoggiati da alcuni curati e vescovi, chiusero gli occhi sui soprusi del governo. Infatti, il beato scrisse: «Il Cristo ha rimproverato a Pietro di averlo rinnegato per paura e per rispetto umano», mentre disse al suo parroco in una lettera: «Devo annunciarLe che forse perderà uno dei Suoi parrocchiani... Poiché nessuno può ottenere che io venga dispensato dal compiere una cosa che metterebbe in pericolo la mia salvezza eterna».La ribellione del beato alle autorità anche ecclesiastiche la giustificò negando che l'obbedienza richiesta dal Vangelo sia senza eccezioni: «I comandamenti di Dio ci insegnano che dobbiamo prestare obbedienza ai nostri superiori, anche se non sono cristiani, ma solo finché non ci ordinano qualcosa di sbagliato, poiché dobbiamo obbedire più a Dio che agli uomini».A dire, con il santo cardinale Newman, che prima del Papa c'è la coscienza. Il che non è un invito a vivere da "cattolici adulti" (ossia secondo le proprie opinioni e voglie), ma a seguire la verità rivelata da duemila anni di Magistero a cui il Papa stesso si deve sottomettere. Verità che, come tutti, anche i prelati possono tradire al pari di Pietro.«L'uomo ha in realtà una Legge scritta da Dio dentro al cuore... e secondo questa egli sarà giudicato», dice la Costituzione pastorale Gaudium et spes. Questa verità, continua l'enciclica di san Giovanni Paolo II Veritatis splendor, «è indicata dalla "Legge divina"», norma universale e oggettiva della moralità», il cui nucleo sta nei Dieci Comandamenti: «Non avrai altro Dio fuori di me... Ricordati di santificare le feste... Non uccidere»; e che si riassume nel comandamento di Gesù di amare Dio e il prossimo.I mesi di carcere e quelli dopo la morte (fu ghigliottinato) di Jägerstätter, dovuta proprio alla sequela dei Comandamenti, furono uno strazio per la moglie appena trentenne con tre figlie piccole da crescere: la gente smise di aiutarla nei campi, le bimbe venivano schernite e isolate, il partito le tolse ogni sussidio economico. Ma prima di morire, a sua moglie e a sua madre (che invece cercò di opporsi alla sua scelta), il beato scrisse:«Avrei tanto voluto risparmiarvi questa sofferenza che dovete sopportare per causa mia.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5983OMELIA IV DOMENICA PASQUA - ANNO A (Gv 10,1-10)Nelle ultime domeniche abbiamo meditato sulla bontà di Gesù, sulla sua immensa misericordia che ci ha dimostrato donandoci la salvezza. Oggi la Chiesa ci presenta la figura del Buon Pastore. Questa immagine ci fa comprendere bene la cura e la sollecitudine che Gesù prodiga per il suo gregge che siamo noi. Dove c'è il pastore, il gregge pascola al sicuro e vi regna sicurezza e abbondanza. Il Salmo di oggi diceva: «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l'anima mia» (Sal 22,1-3). Il Signore ci conduce ai pascoli della Vita eterna, ci «guida per il giusto cammino» (v. 3) e ci difende da ogni pericolo. Spetta a noi ascoltare la sua voce e seguirlo docilmente.Gesù è il Pastore e la Chiesa è l'ovile dove le pecore sono al sicuro. Nella Terra Santa, ai tempi di Gesù, l'ovile era uno spazio a cielo aperto, cinto da muri di pietre, con un'unica porta che di notte veniva chiusa. Alla sera, i pastori conducevano le pecore all'ovile che era custodito da un guardiano. Quando si faceva giorno, i pastori tornavano, entravano nell'ovile, e chiamavano le pecore ad alta voce. Le pecore, riconoscendo la voce del loro pastore, si riunivano attorno a lui e, quando il gregge era al completo, il pastore, al suono del flauto, conduceva le pecore al pascolo.I pericoli non mancavano. Vi erano animali feroci che tentavano di assalire il gregge, vi erano anche ladri che cercavano di rubare le pecore. Non sempre il pastore riusciva a salvare il suo gregge e, spesso, per mettere al sicuro la sua incolumità fuggiva di fronte ai briganti. Al contrario, Gesù, il Buon Pastore, non ha esitato a dare la sua vita per noi, morendo sul legno della croce. Nel Salmo di oggi abbiamo ascoltato: «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza» (Sal 22,4). Finché siamo con Gesù non avremo nulla da temere.Per i pastori della Terra Santa la sorveglianza doveva essere continua. A volte capitava che i ladri entravano di notte nell'ovile, scavalcando il muro. Ecco Gesù che dice allora: «Chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce» (Gv 10,1-3). Solo il legittimo pastore entra per la porta, e solo la sua voce è riconosciuta dalle pecore. Gli altri sono solo dei briganti.Nel Vangelo di oggi, Gesù dice chiaramente: «Io sono la porta delle pecore [...] se uno entra attraverso me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,7.9). Con questa similitudine, Gesù ci vuole far comprendere che solo in Lui noi possiamo trovare la salvezza. Gesù è il Pastore e Gesù è anche la porta dell'ovile. Nessuno entra nell'ovile di Cristo, che è la Chiesa, senza credere in Lui e senza ricevere il Battesimo che ci schiude questa porta della vita.Per questo motivo, san Pietro, nella prima lettura, disse a tutti quelli che gli domandavano cosa dovessero fare per ottenere la salvezza: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei peccati» (At 2,38). Quel giorno, era il giorno della Pentecoste, furono battezzate circa tremila persone (cf v. 41). Inoltre, nella seconda lettura, san Pietro aggiunge che prima di ottenere la salvezza noi eravamo come pecore erranti, ma ora siamo stati ricondotti al pastore e custode delle nostre anime (cf 1Pt 2,25).Gesù è il Pastore che non solo ci salva dal nemico, ma che anche ci dona la sua vita. Egli dice: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Gesù ci dona la sua vita in abbondanza. Ce la dona in modo particolare con l'Eucaristia che è il suo Corpo e il suo Sangue. Nutriamoci spesso di questo celeste alimento, il più spesso possibile. Gesù vuole donarci questo Cibo ogni giorno, non perdiamo per pigrizia un dono così grande, e badiamo bene che il non potere non sia il non volere.Ascendendo al Cielo, Gesù ha affidato agli Apostoli il compito e la responsabilità di pascere il gregge dei fedeli. A loro volta, gli Apostoli hanno scelto i loro collaboratori e successori, fino ad arrivare ad oggi e fino ad arrivare alla fine dei tempi. I Vescovi sono i successori degli Apostoli e il Papa è il successore di Pietro, il primo degli Apostoli. Gesù vuole che noi ascoltiamo docilmente la voce dei Pastori della Chiesa, consapevoli che chi ascolta loro, ascolta Lui. Sono loro, il Papa e i Vescovi in comunione con il Papa, ad essere i maestri della fede.Nel corso della storia della Chiesa falsi pastori hanno sempre cercato di penetrare all'interno della Chiesa con i loro insegnamenti sbagliati. Sotto la veste di pastori non mancano neppure ai giorni d'oggi dei predoni che turbano la Chiesa con le loro false teorie. Abbiamo un criterio infallibile per riconoscerli e per rifiutarli: se ciò che insegnano va contro il Magistero della Chiesa non dobbiamo ascoltarli! Ascoltiamo invece la voce del Papa. Egli è l'unico Pastore infallibile per tutto quello che riguarda la fede e la morale.Infine, non dobbiamo mai dimenticare la preghiera per le vocazioni. Vogliamo elevare anche la nostra supplica, affinché il Signore, il Buon Pastore, non privi mai la sua Chiesa del dono di vocazioni sacerdotali e religiose. I sacerdoti ci donano Gesù, con la celebrazione della Messa, e i religiosi, con la loro preghiera e testimonianza, sono un segno luminoso della vita futura che ci attende. L'esperienza insegna che dove mancano vocazioni, la vita cristiana illanguidisce. Preghiamo con fervore che il Signore, oggi stesso, faccia sentire la sua voce a tanti giovani generosi e faccia loro comprendere la bellezza di una vita tutta spesa per la gloria di Dio e per il bene dei fratelli.
La libertà religiosa nel Magistero della Chiesa
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6027CARLO ACUTIS PRESTO SARA' PROCLAMATO BEATO di Paolo RissoIl 3 maggio 1991, a Londra, dove i suoi illustri genitori, Andrea e Antonia, si trovano in quel momento per motivi di lavoro, nasce Carlo Acutis. Nel settembre dello stesso anno, rientrano tutti e tre a Milano, la loro città.Molto presto, Carlo si rivela un bambino di straordinaria intelligenza, quindi di una geniale capacità di utilizzare i computer e i programmi informatici. È affettuoso, vuole molto bene ai suoi genitori, trascorre del tempo con i nonni. Frequenta le scuole elementari e medie presso le Suore Marcelline di Milano, poi passa al Liceo Classico Leone XIII retto dai Padri Gesuiti. Ama il mare, i viaggi, le conversazioni, fa amicizia con i domestici di casa, è aperto a tutti e a tutti rivolge saluto e parola. Ha un temperamento solare, senza alcuna difficoltà a parlare con i nobili o con i mendicanti che incontra per strada. Nessuno è mai escluso dal suo cuore davvero buono.TUTTO PER GESÙMa che cosa distingue Carlo da tanti suoi coetanei? Nel corso della sua esistenza, molto presto ha scoperto una Persona singolare: Gesù Cristo, e di Lui, crescendo, si innamora perdutamente. Fin, da piccolo, l'incontro con Gesù sconvolge la sua vita. Carlo trova in Lui l'Amico, il Maestro, il Salvatore, la Ragione stessa della sua esistenza. Senza Gesù nel suo vivere quotidiano, non si comprende nulla della sua vita, in tutto simile a quella dei suoi amici, ma che custodisce in sé questo invincibile Segreto.Cresce in un ambiente profondamente cristiano, in cui la fede è vissuta e testimoniata con le opere, ma è lui che sceglie liberamente di seguire Gesù con grande entusiasmo. In un mondo basato sull'effimero e sulla volgarità, testimonia Gesù e il suo Vangelo, che i più hanno smarrito o dimenticato, che molti combattono. Non ha paura di presentarsi come un'eccezione al mondo (ebbene, lo sia!) e di andare contro-corrente, contro la mentalità imperante oggi.Sa che per seguire Gesù, occorrono una grande umiltà e un gran sacrificio. I suoi modelli sono i Pastorelli di Fatima, Giacinta e Francesco Marto, S. Domenico Savio e S. Luigi Gonzaga, e poi S. Tarcisio martire per l'Eucaristia. Carlo, con continua coerenza e non in modo passeggero, si inserisce in questo stuolo di piccoli che con la loro esistenza narrano la gloria di Gesù. Si impegna fino al sacrificio per vivere continuamente nell'amicizia e nella grazia con Gesù. Trova, assai presto per la sua vita, due colonne fondamentali: l'Eucaristia e la Madonna.L'OSTIA LO TRASFORMALa sua vita è interamente eucaristica: non solo ama e adora profondamente il Corpo e il Sangue di Gesù, ma ne accoglie in sé l'aspetto oblativo e sacrificale. Già innanzi la sua 1a Comunione, ricevuta a soli 7 anni nel monastero delle Romite di S. Ambrogio ad Nemus, di Perego, poi sempre di più, alimenta una grande devozione al SS. Sacramento dell'altare, in cui sa e crede che Gesù è realmente presente accanto alle sue creature, come Dio e l'Amico più grande che esista. Partecipa alla Messa e alla Comunione – incredibile, ma vero anche per un ragazzo d'oggi – tutti i giorni. Dedica molto tempo alla preghiera silenziosa di adorazione davanti al Tabernacolo, dove sembra rapito dall'amore. Proprio così: dal Mistero eucaristico, impara a comprendere l'infinito amore di Gesù per ogni uomo.Tutto questo è una continua "scuola" di dedizione così che non gli basta essere onesto e buono, ma sente che deve donarsi a Dio e servire i fratelli: tendere alla santità, essere santo! Nasce di lì, il suo zelo per la salvezza delle anime. Non si limita a pregare, ciò che è già grande cosa, ma parla spesso di Gesù, della Madonna, dei Novissimi (=le ultime cose: morte, giudizio di Dio, inferno, paradiso) e del rischio di potersi perdere con il peccato mortale nella dannazione eterna.Carlo cerca di aiutare soprattutto coloro che vivono lontani da Gesù immersi nell'indifferenza per Lui e nel peccato. Spesso si offre, prega e ripara i peccati e le offese compiute contro l'Amore divino, contro il Cuore di Gesù, che sente vivo e palpitante nell'Ostia consacrata. Come S. Margherita Maria Alacoque, anche lui alimenta dentro di sé il desiderio di condurre le anime al Cuore di Gesù, nel quale confida e si abbandona ogni giorno. In particolare, si comunica tutti i primi venerdì del mese per riparare i peccati e meritarsi il Paradiso, secondo la "grande promessa" di Gesù, nel 1675, a S. Margherita Maria. Tra i suoi scritti, le sue "note d'anima", forse l'affermazione più bella è proprio questa: "L'Eucaristia? È la mia autostrada per il Cielo!".Questa sua assidua e quotidiana abitudine di accostarsi all'Eucaristia, vivifica e rinnova il suo ardore verso Gesù e fa di lui un suo intimo amico, come confermano i sacerdoti che lo hanno conosciuto da vicino e anche i suoi compagni. Gesù gli fa bruciare le tappe nel suo cammino di ascesa.Ora ne conosciamo il perché: la sua esistenza sarebbe stata breve e la via della perfezione doveva essere percorsa da lui in poco tempo. Carlo non si sottrae e non si tira indietro e, pur sapendo di essere così diverso dalla società che lo circonda, sa anche che la santità è in realtà la norma della vita: si lascia condurre per mano, sicuro che Gesù ha scelto per lui "la parte migliore", che non gli verrà tolta. Prova dentro di sé la certezza di essere amato da Dio e tanto gli basta per essere a sua volta apostolo della Verità e dell'amore, che è Gesù stesso.ANNUNCIATORE DI GESÙÈ apprezzato e stimato dai suoi compagni di scuola, che lui aiuta sempre, anche se talvolta viene canzonato per la sua fede vivissima. Non è mai un alieno, ma è solo consapevole di aver incontrato Gesù e, per essergli fedele, è pronto anche a sfidare la maggioranza, "che ha solo ragione quando è nella Verità, mai perché è maggioranza". Quindi non teme le critiche e le derisioni, ma sa che sono ineluttabili per conquistare alla causa di Gesù compagni e amici. Sì, Carlo intende conquistare anime e ci sono dei non-cristiani, uomini di altre religioni, che per averlo conosciuto e parlato con lui, hanno chiesto il Battesimo nella Chiesa Cattolica.È un genio del computer, nonostante e suoi versi anni, e un campione dello spirito, per la sua fede salda e operosa. I suoi compagni lo cercano per farsi insegnare a usare al meglio il computer, e Carlo, mentre spiega programmi e comandi, dirige il discorso verso le Verità eterne, verso Dio. Mobilitato e posseduto da Gesù Eucaristico, non perde occasione per evangelizzare e catechizzare. Il suo esempio trascina, la sua parola suadente spiega i Misteri della salvezza. Emana un fascino singolare, ha un ascendente straordinario, diremmo, un'autorevolezza che non è della sua età anagrafica. I suoi compagni sono ora concordi nel dire che Carlo è stato un vero testimone di Gesù e annunciatore del suo Vangelo.Ha capito che è indispensabile un grande sforzo missionario per annunciare il Vangelo a tutti. Apprezza l'intuizione del Beato Giacomo Alberione (1884-+1971) a usare i mass-media a servizio del Vangelo. Il suo obiettivo è quello dei missionari più veri: giungere a quante più persone possibili per far loro conoscere la bellezza e la gioia dell'amicizia con Gesù.In questa visione della realtà, prende come modello S. Paolo, l'apostolo delle genti, che impegna tutto se stesso per portare il Vangelo a ogni creatura, fino al sacrificio della vita.È un vero figlio della Chiesa, Carlo Acutis: per la Chiesa, prega e offre sacrifici. Il suo pensiero continuo è rivolto al Papa, nel quale, Giovanni Paolo II o Benedetto XVI che sia, crede e vede il Vicario di Cristo: per il Papa offre penitenze e preghiere. Si appassiona a ascoltare il Magistero del Papa e a seguirlo. Matura così una conoscenza della Fede, fuori dal comune, tanto più se si considera la sua età: comprende e illustra concetti di fede con parole semplici e comprensibili, che neppure un teologo potrebbe utilizzare meglio.Meraviglia e incanta sia il suo parroco sia i religiosi e le persone che incontra e lo ascoltano. Chi lo avvicina, se ne va con una certezza di fondo: che Gesù è davvero l'unico Salvatore atteso dall'umanità anche oggi e il solo che sa riempire a pieno il cuore dell'uomo.CONSACRATO ALLA MADONNAL'altra colonna fondamentale su cui costruisce la sua vita è la Madonna: a Lei consacra più volte tutta la sua vita; a Lei ricorre nei momenti della necessità, certo che Maria SS.ma nulla rifiuta. È impossibile parlare di Carlo, senza considerare la sua forte devozione alla Madonna. È affascinato dalle sue apparizioni a Lourdes e a Fatima e ne vive il messaggio di conversione, penitenza e preghiera. Da Fatima, impara a amare il Cuore Immacolato di Maria, a pregare e a offrire sacrifici per riparare le offese che molti le arrecano.Maria SS.ma è la sua Avvocata, la sua Mamma: è fedele, per amor suo, alla recita quotidiana del Rosario, diffonde la devozione mariana tra i conoscenti, visita i suoi santuari, Lourdes e Fatima compresi. Tra i "suoi" santi, predilige S. Bernardette Sobirous e i Beati Pastorelli di Fatima e parla di loro assai volentieri, per invitare molti a vivere i messaggi della Madonna. È impressionato dal racconto della visione dell'inferno, come riferito da suor Lucia di Fatima, e pertanto decide di aiutare più persone che può a salvarsi l'anima. Sembra impossibile per un ragazzo, eppure Carlo legge il Trattato del Purgatorio di S. Caterina Fieschi da Genova (1447-1510), in cui la santa descrive le pene delle anime in Puragatorio. Carlo offre preghiere, penitenze e Comunioni in loro suffragio.In un mondo chiuso alla grande Verità della fede, Carlo scuote le coscienze e invita a guardare spesso all'"Aldilà", che non tramonta. In famiglia, nella scuola, in mezzo alla società, diventa testimone dell'Eternità.
Pubblicato nel 1985, “Iota unum” è l’opera più complessa e profonda del grande studioso cattolico Romano Amerio, una riflessione serrata e sistematica sul Magistero della Chiesa novecentesca (in particolare conciliare) e, insieme, un’aggiornata summa metafisica cattolica (e il senso ultimo di questa summa, il suo apax, si trova tutto in “Stat Veritas”).
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5765MASSONERIA ALL'ATTACCO: I VESCOVI RISPONDONO PER LE RIME di Mauro FaverzaniAccade nel 2019 in Camerun: qui politica ed affari sono gestiti dalla massoneria. In modo occulto. È questo quanto denunciato in un pubblico appello, firmato dalla locale Conferenza episcopale ed, in primis, dal suo presidente, mons. Abraham Kome Bouallo. Appello, in cui si chiede espressamente di fermare grembiulini, Rosacroce e stregoni: «In questo momento, in alcune parrocchie della nostra Diocesi, nei loro consigli parrocchiali e persino in alcuni organismi diocesani, siedono sempre più - e con incarichi di crescente responsabilità - persone appartenenti alla massoneria, ai Rosacroce o dedite alla stregoneria. Una simile situazione esige un chiarimento», scrivono i Vescovi in questa loro lettera pastorale, in cui spiegano di voler non solo «richiamare le linee fondamentali del Magistero» in merito a tali gruppi più o meno occulti, bensì anche di voler «dare precise direttive pastorali, al fine di chiarire e sostenere la fede in Gesù Cristo morto e risorto».IL CORAGGIO DEI VESCOVI DEL CAMERUNSi noti come solo lo scorso 5 luglio, con tanto di lettera su carta intestata, la Gran Loggia Unita del Camerun avesse inviato al primo ministro la proposta di piazzare un proprio affiliato, Désiré Mama Ndjikam, al posto di coordinatore dell'Unità Operativa di Gestione dell'importante progetto «Lago Monoun». Al proprio attivo, oggi, Ndjikam vanta già rilevanti incarichi come capo dei progetti presso il Conaroute-Consiglio Nazionale della Strada e come coordinatore del Segretariato tecnico dei punti focali di tale organismo. Si evincono da qui con chiarezza le ragioni della preoccupazione espressa dai Vescovi circa le mire sempre più pretenziose della Loggia camerunense.A fronte di tutto questo, i Vescovi camerunensi ricordano come «la religione cristiana non sia una nostra invenzione, bensì una religione rivelata da Dio stesso a Mosè e portata a pieno compimento da Gesù Cristo. La nostra fede riposa su un insieme di verità rivelate dal Signore. Queste verità vengono chiamate dogmi. Nessun cattolico le può contestare, senza rinnegare la propria fede: si tratta dei dogmi della Santissima Trinità, dell'Incarnazione, della Resurrezione, dell'Ascensione, dell'Immacolata Concezione e dell'Assunzione della Vergine Maria».I prelati ricordano anche come l'adesione dei cattolici ai Rosacroce e ad altri gruppi, la cui Dottrina sia contraria alle verità evangeliche su cui poggia il Magistero universale della Chiesa, sia severamente vietata. E ciò in quanto, spiegano i Vescovi, i Rosacrociani non considerano Dio come Persona, bensì come una sorta di energia spirituale, fonte ultima di tutte le vibrazioni materiali e non, scivolando così in una sorta di panteismo dichiarato. La lettera pastorale raccomanda, pertanto, di intensificare l'insegnamento solido e privo d'ambiguità della Dottrina cattolica, in quanto l'ignoranza resta uno dei fattori determinanti circa l'adesione alle sette ed ai raggruppamenti gnostici. Da qui il richiamo, rivolto ai fedeli cattolici, a riaffermare perennemente ed incessantemente la propria fede in Gesù Cristo morto e risorto. Un richiamo chiaro, senza cedimenti, senza compromessi, purtroppo però anche con pochi eguali nell'episcopato europeo, da troppo tempo silente su questi importantissimi temi, benché la cronaca suggerisca ben altra condotta.LA MASSONERIA VUOLE LA CATTEDRALE DI NOTRE-DAME DI PARIGIRecente, dello scorso 17 giugno, è, ad esempio, l'intervista rilasciata al quotidiano L'Opinion da Jean-Philippe Hubsch, Gran Maestro del Grand'Oriente di Francia, la principale obbedienza massonica d'Oltralpe, intervista in cui si propone - niente meno! - di trasformare la cattedrale di Notre-Dame di Parigi da luogo di culto in luogo pubblico di cultura. È per questo che i grembiulini francesi si sono precipitati a raccogliere fondi, finalizzati alla ricostruzione dell'edificio in una sorta - come han dichiarato - di «gesto di solidarietà repubblicano» tutt'altro che disinteressato. La proposta è già stata respinta al mittente dall'Ufficio Comunicazioni diocesano e persino l'Arcivescovo di Parigi, mons. Michel Aupetit, è intervenuto più volte per ribadire la finalità precipua di culto intrinseca a Notre-Dame.Lo scorso 15 giugno, nel corso dell'omelia per la prima Messa celebrata nella cattedrale dopo il rogo, il prelato ha dichiarato: «Separare cultura e culto può essere frutto di ignoranza o di ideologia. Lo dico con forza: una cultura senza culto diviene un'incultura. È lì da vedere l'abissale ignoranza religiosa dei nostri contemporanei a causa dell'esclusione della nozione divina e del Nome stesso di Dio dalla sfera pubblica, invocando una laicità, che esclude qualsiasi dimensione spirituale visibile. Come tutti gli edifici, la Cattedrale comprende una pietra angolare, che sostiene l'insieme della costruzione. Questa pietra angolare è Cristo». Eppure tutto ciò non basta ad indebolire le pressioni dei grembiulini, numerose ed influenti.Qualcuno ha saputo qualcosa di tali avvenimenti sui grandi media? Qualcuno si è espresso pubblicamente a sostegno della Chiesa in Francia ed in Camerun? Qualcuno ha diffuso la notizia delle mire della massoneria su Notre-Dame? Ecco, non è necessario aggiungere altro...
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5732I DISASTRI DEL PECCATO ORIGINALE'Ora il serpente era astuto più di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: 'Davvero Dio vi ha detto di non mangiare di alcun albero di questo giardino?' Rispose la donna al serpente: 'Noi possiamo mangiare i frutti degli alberi che stanno in questo giardino, ma in quanto al frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ci ha detto - Non mangiatene, anzi neppure toccatelo, altrimenti morirete'. Allora il serpente disse alla donna: 'No, voi non morirete, anzi Dio sa che il giorno in cui voi mangerete, vi si apriranno li occhi e sarete come Dio, conoscitori del bene e del male': La donna vide che l'albero era buono a mangiarsi, piacevole agli occhi e desiderabile per avere la conoscenza. Colse perciò del suo frutto e ne diede all'uomo, che era con lei, il quale pure ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di ambedue e conobbero di essere nudi, intrecciarono delle foglie di fico e ne fecero delle cinture' (Genesi 3,1-7).LA DOTTRINA DEL PECCATO ORIGINALEL'avvenimento sopra descritto, quello del Peccato Originale, è oggetto del Magistero ordinario ed universale della Santa Madre Chiesa. In quanto tale, ed in quanto fondamento dei dogmi sulle conseguenze di questo peccato per il genere umano, come il battesimo, la Redenzione, l'Immacolata Concezione, la dottrina del Peccato Originale è da intendersi altrettanto come dogma, cioè de Fide.Il Peccato Originale di fatti è stato sempre inteso ed insegnato dalla Santa Madre Chiesa come avvenimento reale da parte della prima coppia di uomini, Adamo e Eva. Fu un peccato di superbia e di disobbedienza a Dio, cagionato dalla seduzione del demonio in forma di serpente: un'azione che li ha esclusi dallo stato di Innocenza, e che, in quanto compiuta dai rappresentanti dell'umanità intera, ha recato danni non solo a loro ma anche a tutti gli uomini.Il Peccato Originale viene anche chiamato 'La Caduta'. Paragonandola con la Caduta degli angeli osserviamo i seguenti tratti comuni:a) La prova;b) Il fallimento tramite il peccato di superbia;c) Il cambiamento susseguente di natura (da angeli in demòni, oppure da natura elevata a natura lapsa);d) La cacciata dal Paradiso (celeste oppure terrestre);e) La sofferenza.LO STATO DI INNOCENZAPer capire il cambiamento della natura umana in particolare, bisogna innanzitutto considerare i doni che Dio aveva elargiti su Adamo ed Eva nello stato di Innocenza, che erano al di sopra delle capacità della loro semplice natura umana.Prima c'era il dono sovrannaturale della Grazia; poi i doni preternaturali della scienza infusa, dell'impassibilità (la possibilità di non soffrire), dell'immortalità (la possibilità di non morire), e dell'integrità (il dominio perfetto della Ragione sulle facoltà inferiori dell'anima).Tutti questi doni sarebbero stati trasmessi assieme alla natura umana a tutti i discendenti di Adamo ed Eva, se loro non avessero peccato. L'effetto del Peccato Originale era, invece, che i doni furono persi per loro, e poi per il genere umano intero. Ci sono, però, tre eccezioni: La scienza infusa che fu persa solo per i nostri primi parenti, il dono della Grazia ed il dono dell'integrità, che furono persi per tutti gli uomini tranne la Madonna ed il suo Figlio Divino, nostro Signore Gesù Cristo.Ciò che ci interessa nella nostra ricerca presente sui nemici spirituali dell'uomo, è proprio la perdita del dono dell'integrità.Come fu perso? Il Peccato Originale costituì una ribellione delle facoltà inferiori dell'anima (le facoltà sensitive) nei confronti delle facoltà superiori (l'intelletto e la volontà). Fu un atto così violento che scosse la natura umana fino ai suoi fondamenti: indebolì l'intelletto e la volontà, e distolse al loro dominio le facoltà inferiori dell'anima, dando ad esse una certa indipendenza ed autonomia nella ricerca della propria soddisfazione.L'indebolimento dell'intelletto ha condotto l'uomo ad assorbirsi nelle cose create invece di elevarsi al loro Creatore che è Dio: questo è la concupiscenza degli occhi.L'indebolimento della volontà l'ha condotto a sottrarsi da Dio e dai suoi rappresentanti sulla terra: questa è la concupiscenza spirituale, o superbia.La ricerca dei sensi della propria soddisfazione, invece, è la concupiscenza della carne.
L’avvenimento del Peccato Originale, è oggetto del Magistero ordinario ed universale della Santa Madre Chiesa. In quanto tale è da intendersi altrettanto come dogma, cioè de Fide.
Attraverso l’accurato lavoro del noto filosofo e teologo mons. Antonio Livi, disponiamo oggi di una preziosa scelta di Lettere che mons. Mario Oliveri, vescovo di Albenga-Imperia dal 1990 al 2015, inviò alla Santa Sede per denunciare le criticità della teologia cattolica più diffusa e ufficiale, avendo come metro di giudizio non i suoi legittimi gusti personali, bensì il Magistero e la Tradizione, quali fonti sempre vive di orientamento pastorale.
San Pio X viene considerato un Papa “religioso” e non “politico”. Di origini modeste, digiuno di lingue straniere, privo di titoli accademici, sembrava inadatto alla diplomazia. Invece seppe stupire. Ed il suo Magistero estese la sua benefica influenza in tutto il mondo.
Attraverso l’accurato lavoro del noto filosofo e teologo mons. Antonio Livi, disponiamo oggi di una preziosa scelta di Lettere, che mons. Mario Oliveri inviò alla Santa Sede per denunciare le criticità della teologia cattolica più diffusa e ufficiale, avendo come metro di giudizio il Magistero e la Tradizione, quali fonti sempre vive di orientamento pastorale.
Ora Santa. Seconda lettera di san Pietro. I cristiani aspettano cieli nuovi e terra nuova e nel frattempo tendono alla santità e curano la vita di pietà, rimanendo sempre nella Chiesa, sentendo con la Chiesa, in obbedienza ai pastori e al Magistero della Chiesa (2Pt 3,11-18). Ora santa di Giovedì 1 Marzo 2018
Più si consolida il Modernismo nel Magistero, ribadendo le nuove dottrine del Concilio Vaticano II in encicliche ed altri documenti successivi, più sarà difficile criticare.
Gesù risorto è presente per eccellenza e per antonomasia anzitutto nel Santissimo Sacramento dell'Eucaristia. Ma anche nella Chiesa e nei suoi ministri, in cui continua la sua predicazione attraverso il Magistero, la sua azione salvifica attraverso l'amministrazione dei sacramenti e il suo governo attraverso la loro autorità. Ora Santa di Giovedì 27 Aprile 2017
RIVELAZIONI PRIVATE – Renato Baron e le sue 3 visioni del purgatorio sono ortodosse? – Qualche riflessioni secondo il Magistero perenne, la Sacra Scrittura e il Catechismo - A cura di don Stefano FSSPX - RadioVobiscum.Org - 13.10.2016 ((†))) - Radio Vobiscum - [Podcast] || AUDIO MP3 - 01:01:58 - 59.49 MB | Buon ascolto a tutti ! || « Una voce cattolica nella tua vita » || RadioVobiscum.Org || « A mani giunte ! Preghiamo l’Immacolata » || @RadioVobiscum || radiovobiscum(chiocciola)bluewin.ch || « Tradidi quod et accepi »
RIVELAZIONI PRIVATE – Renato Baron e le sue 3 visioni del purgatorio sono ortodosse? – Qualche riflessioni secondo il Magistero perenne, la Sacra Scrittura e il Catechismo - A cura di don Stefano FSSPX - RadioVobiscum.Org - 13.10.2016 ((†))) - Radio Vobiscum - [Podcast] || AUDIO MP3 - 01:01:58 - 59.49 MB | Buon ascolto a tutti ! || « Una voce cattolica nella tua vita » || RadioVobiscum.Org || « A mani giunte ! Preghiamo l’Immacolata » || @RadioVobiscum || radiovobiscum(chiocciola)bluewin.ch || « Tradidi quod et accepi »
INTERVISTA (2a Parte) - Prof. Roberto de Mattei [CorrispondenzaRomana.it] - La crisi del matrimonio cattolico nel post-concilio Vaticano II fino al Sinodo dei Vescovi del 2014 - Dall’errore conciliare fondante questa crisi fino alle “aperture”, o meglio ai cedimenti, del Sinodo per la famiglia - A cura di don Stefano FSSPX - 03/03/2015. RIASSUNTO (2a Parte): 13.- Ecumenismo “sposa” Cristo non più alla sola Chiesa Cattolica, ma a più Chiese. Kasper al Sinodo segue questo schema per introdurre la poligamia nella famiglia. Errore previsto da Maria SS.ma nelle apparizioni a Lucia negli anni ‘40. 14.- “Veritatis splendor” di Giovanni Paolo II condanna il relativismo morale, ma non quello religioso. 15.- Il Matrimonio tra Cristo e La Chiesa fonda ontologicamente il matrimonio cristiano. 16.- I Cardinali del Sinodo hanno capito questo nesso tra errori del Sinodo e errori del Concilio? Necessità del ritorno ad una visione d’insieme della società e dell’universo o si rischia la frammentazione. “reductio ad unum” 17.- Concilio da riformare o da buttare? 18.- Un ritorno alla Tradizione della Chiesa può scatenare persecuzioni esplicite contro i cristiani? 19.- Persecuzione dei Francescani dell’Immacolata! La fecondità della Tradizione minaccia la sterilità modernista. 20.- Progetti futuri: Leone XIII e il Ralliement! Errori di politica ecclesiastica pur in presenza di un Magistero tradizionale: primo esempio di separazione tra Fede e prassi? “Il ralliement di Leone XIII”, Ed Le Lettere, Firenze. 21.- Ripubblicazione di San Pier Damiani, “Liber Gomorrianus”, Ed. Fiducia [vedi CorrispondenzaRomana.it] richiesta di intervento contro il fenomeno della omosessualità, della Simonia e della violazione del celibato del Clero dell’ XI secolo. Successiva riforma di San Gregorio VII. Analogie con la crisi presente. La riforma autentica consiste nella restaurazione della dottrina e della disciplina e non al contrario nell’adattare la pastorale alle “convinzioni vissute” dei cattolici del tempo!!! 22.- Ringraziamento e saluti. Buon ascolto a tutti ! « A mani giunte ! Preghiamo l’Immacolata » (((†))) - Radio Vobiscum - [Podcast] « Una voce cattolica nella tua vita » RadioVobiscum.Org @RadioVobiscum radiovobiscum(chiocciola)bluewin.ch « Tradidi quod et accepi »
INTERVISTA (2a Parte) - Prof. Roberto de Mattei [CorrispondenzaRomana.it] - La crisi del matrimonio cattolico nel post-concilio Vaticano II fino al Sinodo dei Vescovi del 2014 - Dall’errore conciliare fondante questa crisi fino alle “aperture”, o meglio ai cedimenti, del Sinodo per la famiglia - A cura di don Stefano FSSPX - 03/03/2015. RIASSUNTO (2a Parte): 13.- Ecumenismo “sposa” Cristo non più alla sola Chiesa Cattolica, ma a più Chiese. Kasper al Sinodo segue questo schema per introdurre la poligamia nella famiglia. Errore previsto da Maria SS.ma nelle apparizioni a Lucia negli anni ‘40. 14.- “Veritatis splendor” di Giovanni Paolo II condanna il relativismo morale, ma non quello religioso. 15.- Il Matrimonio tra Cristo e La Chiesa fonda ontologicamente il matrimonio cristiano. 16.- I Cardinali del Sinodo hanno capito questo nesso tra errori del Sinodo e errori del Concilio? Necessità del ritorno ad una visione d’insieme della società e dell’universo o si rischia la frammentazione. “reductio ad unum” 17.- Concilio da riformare o da buttare? 18.- Un ritorno alla Tradizione della Chiesa può scatenare persecuzioni esplicite contro i cristiani? 19.- Persecuzione dei Francescani dell’Immacolata! La fecondità della Tradizione minaccia la sterilità modernista. 20.- Progetti futuri: Leone XIII e il Ralliement! Errori di politica ecclesiastica pur in presenza di un Magistero tradizionale: primo esempio di separazione tra Fede e prassi? “Il ralliement di Leone XIII”, Ed Le Lettere, Firenze. 21.- Ripubblicazione di San Pier Damiani, “Liber Gomorrianus”, Ed. Fiducia [vedi CorrispondenzaRomana.it] richiesta di intervento contro il fenomeno della omosessualità, della Simonia e della violazione del celibato del Clero dell’ XI secolo. Successiva riforma di San Gregorio VII. Analogie con la crisi presente. La riforma autentica consiste nella restaurazione della dottrina e della disciplina e non al contrario nell’adattare la pastorale alle “convinzioni vissute” dei cattolici del tempo!!! 22.- Ringraziamento e saluti. Buon ascolto a tutti ! « A mani giunte ! Preghiamo l’Immacolata » (((†))) - Radio Vobiscum - [Podcast] « Una voce cattolica nella tua vita » RadioVobiscum.Org @RadioVobiscum radiovobiscum(chiocciola)bluewin.ch « Tradidi quod et accepi »
ATTI DEL MAGISTERO (3a Parte) - Felicité de Lamennais (1782-1854): Il Capostipite del Liberalismo cattolico e della democrazia cristiana - A cura di don Stefano FSSPX - 23.12.2014
ATTI DEL MAGISTERO (3a Parte) - Felicité de Lamennais (1782-1854): Il Capostipite del Liberalismo cattolico e della democrazia cristiana - A cura di don Stefano FSSPX - 23.12.2014
ATTI DEL MAGISTERO (3a Parte) - Felicité de Lamennais (1782-1854): Il Capostipite del Liberalismo cattolico e della democrazia cristiana - A cura di don Stefano FSSPX - 23.12.2014
ATTI DEL MAGISTERO (2 Parte) LIBERALISMO - Felicité de Lamennais - A cura di don Stefano FSSPX - Radio Vobiscum - 23.12.2014
ATTI DEL MAGISTERO (2 Parte) LIBERALISMO - Felicité de Lamennais - A cura di don Stefano FSSPX - Radio Vobiscum - 23.12.2014
ATTI DEL MAGISTERO (1a Parte) - Felicité de Lamennais (1782-1854): Il Capostipite del Liberalismo cattolico e della democrazia cristiana - A cura di don Stefano FSSPX - 23.12.2014. RIASSUNTO (1a Parte): 1) Notizie bibliografiche-infanzia a La Chesnaie e influenza di Jean Jacques Rousseau; - 2) Riassunto delle 2 tesi principali di Rousseau: il mito del buon selvaggio completamente libero e buono e il successivo trasferimento della sua libertà alla società con il contratto sociale. Negazione cioè del peccato originale e della società come necessità della natura umana. Rousseau padre al contempo dell’anarchia assoluta e della tirannia assoluta dello stato. - 3) Quel che resta di Rousseau in Fichte e Kant. Buon ascolto a tutti ! « A mani giunte ! Preghiamo l’Immacolata.» (((†))) - Radio Vobiscum - [Podcast] « Una voce cattolica nella tua vita » radiovobiscum(chiocciola)gmx.de « Tradidi quod et accepi »
ATTI DEL MAGISTERO (1a Parte) - Felicité de Lamennais (1782-1854): Il Capostipite del Liberalismo cattolico e della democrazia cristiana - A cura di don Stefano FSSPX - 23.12.2014. RIASSUNTO (1a Parte): 1) Notizie bibliografiche-infanzia a La Chesnaie e influenza di Jean Jacques Rousseau; - 2) Riassunto delle 2 tesi principali di Rousseau: il mito del buon selvaggio completamente libero e buono e il successivo trasferimento della sua libertà alla società con il contratto sociale. Negazione cioè del peccato originale e della società come necessità della natura umana. Rousseau padre al contempo dell’anarchia assoluta e della tirannia assoluta dello stato. - 3) Quel che resta di Rousseau in Fichte e Kant. Buon ascolto a tutti ! « A mani giunte ! Preghiamo l’Immacolata.» (((†))) - Radio Vobiscum - [Podcast] « Una voce cattolica nella tua vita » radiovobiscum(chiocciola)gmx.de « Tradidi quod et accepi »
ATTI DEL MAGISTERO (1a Parte) - Felicité de Lamennais (1782-1854): Il Capostipite del Liberalismo cattolico e della democrazia cristiana - A cura di don Stefano FSSPX - 23.12.2014. RIASSUNTO (1a Parte): 1) Notizie bibliografiche-infanzia a La Chesnaie e influenza di Jean Jacques Rousseau; - 2) Riassunto delle 2 tesi principali di Rousseau: il mito del buon selvaggio completamente libero e buono e il successivo trasferimento della sua libertà alla società con il contratto sociale. Negazione cioè del peccato originale e della società come necessità della natura umana. Rousseau padre al contempo dell'anarchia assoluta e della tirannia assoluta dello stato. - 3) Quel che resta di Rousseau in Fichte e Kant. Buon ascolto a tutti ! « A mani giunte ! Preghiamo l'Immacolata.» (((†))) - Radio Vobiscum - [Podcast] « Una voce cattolica nella tua vita » radiovobiscum(chiocciola)gmx.de « Tradidi quod et accepi »
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3420L'INDIA DELUDE LE LOBBY GAY E MANTIENE LA CONDANNA PENALE PER IL REATO DI OMOSESSUALITA' di Vittorio MessoriNon si ripeterà mai abbastanza che Dio non ha bisogno delle nostre bugie o delle nostre manipolazioni della storia, magari per adeguarci allo spirito del tempo, nella speranza di suscitare simpatie nei nostri contemporanei.L'INDIA HA DELUSO LE LOBBY GAYPer stare a un fatto recente: la Corte Costituzionale dell'India ha deluso le lobby gay, confermando la condanna prevista dal Codice penale per il "reato di omosessualità". Tra coloro che hanno protestato per il mantenimento di quel reato c'è stato anche, a nome della Conferenza Episcopale dell'India, che presiede, il cardinal Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, ora Mumbai. Ha affermato il porporato: «La Chiesa cattolica non è mai stata contraria alla depenalizzazione dell'omosessualità, perché mai ha considerato come criminali coloro che la praticano. In quanto cristiani esprimiamo loro il nostro pieno rispetto verso questi fratelli. La Chiesa cattolica si oppone alla legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma insegna che gli omosessuali hanno la stessa dignità di ogni essere umano».SCRITTURA E TRADIZIONEPreciso subito: non intendo prendere posizione, qui, su una questione così arroventata e ancora ben lungi dal trovare unanimità di consensi. Nella Chiesa e fuori. Già ne ho parlato altrove. Ciò che ora interessa osservare è che, pur dando per scontate le buone intenzioni, le parole del presule indiano non rispecchiano né la Scrittura né la Tradizione. Quanto alla Bibbia, lasciamo pur da parte la pena di morte prevista, senza eccezioni, per i "sodomiti" nell'Antico Testamento. Quanto al Nuovo, accenniamo solo al san Paolo che, sin dal primo capitolo della lettera ai Romani, parla di «passioni infami», «atti ignominiosi», «intelligenza depravata» e altro, sino a concludere che «gli autori di tali cose meritano la morte».SANT'AGOSTINO, GREGORIO XIII, CONCILIO LATERANENSE IIIPer venire alla Tradizione cattolica, sorprende davvero che il cardinale indiano affermi che «la Chiesa non ha mai considerato criminali coloro che praticano l'omosessualità». Per ricordare soltanto alcune prese di posizione del Magistero: un papa proclamato santo, Pio V, pubblicò una Costituzione apostolica significativa sin dalle due prime parole: Horrendum illud. Nel documento si giudica «il supplizio capitale opportuna punizione per l'orrendo crimine del peccato contro natura». Lo stesso pontefice in un'altra Costituzione, Cum primum, ammonisce i magistrati civili che «se saranno negligenti nel punire questi crimini, ne saranno colpevoli al cospetto del giudizio divino». Ma già sant'Agostino affermava che gli atti di sodomia «devono essere condannati e puniti dalla Chiesa ovunque e sempre». E quel Santo sapeva quel che diceva, visto che nelle sue Confessioni sembra far capire che, prima della conversione, egli pure non disdegnò il costume del Basso Impero Romano, per il quale era pratica normale, anche per i non omosessuali, la pederastia con i giovani schiavi. Per tornare ai papi, Gregorio XIII, promulgando gli Statuta Urbis Romae, confermò che anche, anzi soprattutto, nell'Urbe i sodomiti dovevano essere condotti al rogo. Sul piano più alto, quello del Diritto Canonico, la condanna più severa è stabilita nel Decretum di Graziano e nel Concilio Lateranense III fu approvato un canone che ribadiva la pena di morte per i sodomiti, pena preceduta dalla solenne scomunica.LA CONDANNA DI TUTTE LE RELIGIONI E CULTURE (ECCETTO L'OCCIDENTE LIBERAL)Si potrebbe continuare, ma ce ne è abbastanza per mostrare che la tolleranza cattolica nei riguardi dell'omosessualità non è mai esistita: al contrario, il termine "crimine" (checché se ne dica a Bombay) è ribadito nei termini più espliciti. Oggi si può, anzi si deve, approfondire un tema che sembra diventato addirittura centrale nel dibattito anche politico. Ci sarà lavoro, nella Chiesa, per teologi e moralisti per stabilire se e come sia stato giustificato tanto rigore verso una minoranza spesso incolpevole e che, enigmaticamente, si rinnova in ogni popolo a ogni generazione. Occorrerà però confrontarsi con quanto Scrittura e Tradizione, unanimi, hanno sempre insegnato, non rimuovendo un costante insegnamento sia biblico che canonico. Non è né lecito né utile ad alcuno cambiare la carte in tavola per cercare la benevolenza del pensiero egemone attuale. Non dimenticando, peraltro, che la condanna cristiana non è certo isolata ma rispecchia quella di ogni altra religione e società. Oggi ancora, con la sola eccezione dell'Occidente liberal.
Catechesi, conferenze e meditazioni di don Leonardo Maria Pompei
Approfondimento sul modello delle prime comunità degli Atti degli Apostoli e il modello di evangelizzazione odierno con spunti del Magistero di Benedetto XVI e Papa Francesco.
Approfondimento sul modello delle prime comunità degli Atti degli Apostoli e il modello di evangelizzazione odierno con spunti del Magistero di Benedetto XVI e Papa Francesco.
Approfondimento sull’importanza della “Comunione”. L’unità non é uniformità, ma il camminare insieme valorizzando talenti e carismi di ciascuno; non é appiattimento bensì unità nella diversità! Seguendo le indicazioni del Magistero e della Parola di Dio si approfondisce come vivere a livello persone e comunitario l’unità e la comunione per la nuova evangelizzazione.
Approfondimento sull’importanza della “Comunione”. L’unità non é uniformità, ma il camminare insieme valorizzando talenti e carismi di ciascuno; non é appiattimento bensì unità nella diversità! Seguendo le indicazioni del Magistero e della Parola di Dio si approfondisce come vivere a livello persone e comunitario l’unità e la comunione per la nuova evangelizzazione.
Nel secondo incontro Chiara Amirante – partendo dal Magistero di Benedetto XVI – approfondisce i due punti base della formazione: “riprendere lo stesso slancio apostolico delle prima comunità cristiane” e “adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere Chiesa, specialmente nel nostro mondo in continuo cambiamento”. Cosa sono i Centri di evangelizzazione? Come configurarli? Quali sono gli obiettivi? Attualizzazioni pratiche.
Nel secondo incontro Chiara Amirante – partendo dal Magistero di Benedetto XVI – approfondisce i due punti base della formazione: “riprendere lo stesso slancio apostolico delle prima comunità cristiane” e “adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere Chiesa, specialmente nel nostro mondo in continuo cambiamento”. Cosa sono i Centri di evangelizzazione? Come configurarli? Quali sono gli obiettivi? Attualizzazioni pratiche.
Sintesi dei documenti principali del Magistero e Catechesi su come evangelizzare due a due in strada.
Sintesi dei documenti principali del Magistero e Catechesi su come evangelizzare due a due in strada.
Intervista esclusiva del Centro Studi ASIA al prof. Vincenzo Vitiello, professore ordinario di Filosofia teoretica presso il Magistero dell'Ateneo salernitano