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A due anni dall'ultima importante fiammata del conflitto, sono tornate a parlare le armi. Gli azeri, dopo un blocco durato mesi, con una guerra lampo hanno praticamente recuperato l'enclave armena creatasi al dissolversi dell'Unione Sovietica e ora c'è preoccupazione per quello che sarà il futuro degli abitanti della regione. Un conflitto durato dal 1992 al 1994 che aveva visto il governo di Baku perdere il controllo sul Nagorno Karabakh, abitato in prevalenza da armeni, e su altre regioni limitrofe a maggioranza azera. E se negli anni l'Azerbaijan si rafforzava e recuperava territori, l'Armenia puntava tutto sul sostengo di Mosca, che sul posto dispone di un contingente militare definito una forza di pace. Contingente che non è però intervenuto per difendere lo status quo. Una situazione quella nel Nagorno Karabakh che va al di la dello scontro locale. Le implicazioni si fanno sentire su tutto il Caucaso, dove si incrociano fra gli altri gli interessi di Russia, Turchia e Iran mentre pure gli Stati Uniti e l'Unione Europea – Francia in testa – sono alla ricerca di un proprio ruolo. Russia che, impegnata nel conflitto in Ucraina, è coinvolta in Georgia e Moldavia in altre situazioni simili che potrebbero sfuggirle di mano. A Modem ne discutono: Marilisa Lorusso, collaboratrice dell'Osservatorio Balcani Caucaso TranseuropaYurii Colombo, giornalista basato a MoscaLuca Steinmann, giornalista rientrato da poco dall'Armenia
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In vista dell'inevitabile pausa estiva di Agosto concludiamo la stagione con uno speciale di South Stream articolato in tre puntate in cui affronteremo finalmente la guerra tra Russia e Ucraina (sorpresa: non avevamo deciso di fare una trasmissione che parlava di politica internazionale e ignorare completamente il tema dominante dell'ultimo anno e mezzo). In questa prima puntata proviamo a capire qual è il percorso che ha portato la Russia a diventare un nemico dell'occidente nonostante la caduta del muro di Berlino e l'adozione di un sistema economico perfettamente inserito nel gioco capitalistico. Parleremo della dissoluzione dell'Unione Sovietica, del tentato colpo di stato del 1991 (vi ricorda qualcosa?), di Eltsin e dell'ascesa di Putin e inizieremo a parlare dell'Ucraina e delle tensioni con la Russia che hanno portato nel corso degli anni fino all'escalation del 2022. In questa storia complessa e articolata trovano spazio la grande Urss calcistica di Yashin, la Russia di Arshavin, Zhrikov e Pavlyuchenko, il più grande giocatore della storia Ucraina, il pallone d'oro Andriy Shevchenko, e un vecchio allenatore dello Zenith di San Pietroburgo che dalle nostre parti conosciamo piuttosto bene. Con Dylan Di Chiara e Paco Amendola
Imperialismo e anticapitalismo: i due vecchi ingredienti dell'Unione Sovietica sono oggi ingredienti della politica di Putin e della elite russa
Dal 2014 al 2021 il numero di scienziati è diminuito del 10,5%, ovvero 76mila persone. E dire che, al momento della dissoluzione dell'Unione Sovietica, la Russia aveva 992mila ricercatori: il numero di lavoratori scientifici più alto al mondo
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7398PER MATTARELLA L'ITALIA E' FIGLIA DELL'ANTIFASCISMO E DELLA RESISTENZA di Roberto De MatteiNegli ultimi giorni, in Italia, si è discusso molto di antifascismo e di resistenza. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, parlando a Cuneo, ha affermato che il 25 aprile è la festa della identità italiana, ritrovata e rifondata dopo il fascismo. L'Italia è figlia dell'antifascismo e della resistenza, ha aggiunto, e le parole del giurista Piero Calamandrei "Ora e sempre resistenza", costituiscono un programma ideale.Osserviamo che il ventesimo secolo è stato il secolo dei totalitarismi e delle dittature: comunismo, nazionalsocialismo, fascismo. Tra il 1939 e il 1945 si è combattuta una guerra mondiale in cui le democrazie occidentali, alleate al comunismo sovietico, hanno vinto il nazismo e il fascismo. Nella seconda metà del Novecento, scomparsi dalla scena nazismo e fascismo, sono rimaste, l'una di fronte all'altra, divise dalla Cortina di Ferro, le democrazie liberali e la Russia comunista, con i suoi paesi satelliti. Il crollo del muro di Berlino, nel 1989, e l'autodissoluzione dell'Unione Sovietica, nel 1991, hanno segnato la fine dell'anticomunismo, ma non quella del comunismo. Lo prova il fatto che oggi mentre tutti si dicono antifascisti, in assenza di fascismo, nessuno si dice anticomunista, in presenza di regimi politici che si richiamano esplicitamente al comunismo, come la Cina, di Xjnping, ma anche la Russia di Putin, che ancora inneggia a Stalin, come ad un eroe nazionale. La storiografia condanna in blocco come male assoluto il fascismo, ma per quanto riguarda il comunismo scompone il blocco tra l'ideale comunista e la sua realizzazione pratica e tra i diversi comunismi che si sono realizzati.IL FANTASMA DELL'ANTIFASCISMOIl filosofo Augusto Del Noce, scomparso nel 1989, ci offriva oltre cinquant'anni fa, una chiave di interpretazione di questa concezione della storia. Ciò che allora accadeva, e che ancora oggi accade, è che i comunisti utilizzavano il fantasma dell'antifascismo e della resistenza, per combattere non il fascismo, ma una concezione della società che con il fascismo non ha niente a che fare, ma al comunismo direttamente si oppone: quella visione tradizionale del mondo, fondata sul trinomio "Dio, patria e famiglia", che il comunismo vuole estirpare nel suo progetto di secolarizzazione della società Per compiere quest'operazione culturale, gli intellettuali progressisti elevano la resistenza da fatto storico quale essa fu a mito ideale, assumendola come spartiacque tra due ere della storia, l'oscura, legata ai valori tradizionali e la progressiva, fondata sull'abbandono di questi valori e sulla mitologia di un uomo nuovo, emancipato da ogni legge naturale e divina.La resistenza, affermava Augusto Del Noce fu un momento della seconda guerra mondiale, ed è in rapporto a essa che, sul piano internazionale, dev'essere intesa. Essa svolse un ruolo storico, ma in Italia si pose in continuità e non in discontinuità con il fascismo, di cui accolse proprio il concetto di "fascio", cioè di coalizione ideale tra forze divergenti per un progetto comune. Il "fascio" di Mussolini in seguito alla sconfitta nella seconda guerra mondiale si frantumò nelle varie forme che unificava e nacque un nuovo "fascio" antifascista, per cui i fascisti di tendenza liberale raggiunsero i liberali antifascisti, i fascisti cattolici si unirono ai cattolici antifascisti, i fascisti di sinistra io socialisti, agli azionisti ai comunisti; e così via. Al momento della caduta di un regime in cui monarchia e fascismo erano unificati, divampò una guerra civile, in cui, sotto l'aspetto ideologico, spesso le due parti, che erano formate da fascisti, antifascisti ed ex-fascisti, si confondevano; e come accade nelle guerre, ogni parte ebbe i suoi eroi e i suoi vili, i suoi ingenui e i suoi furbi, i suoi onesti e i suoi profittatori.TUTTI I BUONI DA UNA PARTE, TUTTI I CATTIVI DALL'ALTRAPer gli intellettuali progressisti, però, tutti i buoni stavano da una parte, tutti i cattivi dall'altra. Da qui la mitizzazione della resistenza, considerata come "unità ideale" delle forze del progresso contro il "male radicale", individuato non tanto nel fascismo, quanto in ogni visione della storia fondata sui valori tradizionali. La resistenza invece di essere un elemento da situare nella storia, divenne il metro stesso della valutazione della storia, l'antifascismo una categoria ideale contro un nemico che non è più il fascismo storico, ma è la visione del mondo di chi resiste alla dissoluzione dei valori e delle istituzioni tradizionali.Dunque le parole "ora e sempre resistenza" non hanno senso se sono applicate a un fascismo inesistente. E' vero che la vita è lotta e dobbiamo resistere contro i nemici che ci aggrediscono. Ma quali sono i veri nemici che ogni giorno ci troviamo a combattere? Innanzitutto il male morale, che ha le sue radici nel peccato originale e che si esprime nella concupiscenza che portiamo dentro di noi. A questo nemico interno si aggiungono il mondo e il demonio. Dobbiamo resistere al mondo, che san Giovanni dice immerso tutto nel male (1 Gv, 5, 19 e dobbiamo resistere al demonio, che è un essere personale e reale, che san Pietro paragona a un leone ruggente che cerca di divorarci (1, Pt, 5, 8). Ma dobbiamo resistere anche ai nemici della Chiesa e della nostra civiltà, che sono quotidianamente all'opera. Questi nemici sono tanti, e tra questi non c'è più il fascismo, ma c'è ancora il comunismo, che definisce fascisti i suoi avversari. Ed è innanzitutto contro il comunismo, in tutte le sue versioni, che proclamiamo "ora e sempre resistenza" il 25 aprile, festa di una ritrovata libertà che rischiamo nuovamente di perdere.Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Il vero male del fascismo: il culto dello Stato" spiega che la dottrina fascista è una teoria statalista che anche oggi è incontrastata. Per cui l'antifascismo, da questo punto di vista, è identico al fascismo.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 aprile 2023:"Fascismo" è la parola più abusata nel dibattito politico di questo mese, che si concluderà, passato il 25 aprile, solo con le celebrazioni del 1° maggio. Si tratta, tuttavia, di un insulto ormai scollegato dalla realtà storica. Si dà del "fascista" al prepotente che non ti lascia parlare, all'estremista che ricorre facilmente alle mani, al politico che vuole imporre legge-e-ordine.Al tempo stesso, il "fascismo" è inteso come periodo storico, una pagina negativa della storia di cui si chiede continuamente una ferma condanna. Gianfranco Fini, autore della svolta che mutò il Movimento Sociale Italiano in Alleanza Nazionale, il 25 aprile ha chiesto pubblicamente a Giorgia Meloni di abiurare il fascismo. La premier ha scritto una lettera aperta al Corriere della Sera, condannando tutti i totalitarismi, in generale, e i suoi critici l'hanno accusata di non aver avuto il coraggio di condannare il fascismo, in particolare. La Russa, dopo una serie di uscite che non lo hanno aiutato certamente a superare la sua etichetta di fascista nostalgico, ha rifiutato di rispondere alle insistenti domande di un cronista de La Stampa che gli chiedeva se si "sentisse antifascista".Ma non sappiamo realmente da cosa si debba prendere le distanze. A rendere complicata la memoria su cosa fu il fascismo, furono i fascisti stessi che aveva idee tutt'altro che chiare. Nel suo manifesto Origini e dottrina del fascismo, del 1932, Mussolini ammette: "Il fascismo non fu tenuto a balia da una dottrina elaborata in precedenza, a tavolino: nacque da un bisogno di azione e fu azione; non fu partito, ma, nei primi due anni, antipartito e movimento".Il fascismo elaborò una sua dottrina solo stando al governo. Ma ciò non vuol dire che non vi fosse un pensiero. Vi è una chiara continuità fra le leggi e le politiche perseguite dal regime almeno dall'inizio della dittatura (1925) alla sua sconfitta militare finale nel 1945.La definizione di "totalitarismo" non è un'invenzione di Hannah Arendt o di qualche politologo del secondo dopoguerra, ma è un'aspirazione del regime fascista. Scriveva Mussolini: "Si può pensare che questo sia il secolo dell'autorità, un secolo di «destra», un secolo fascista; se il XIX fu il secolo dell'individuo (liberalismo significa individualismo), si può pensare che questo sia il secolo «collettivo» e quindi il secolo dello Stato". E più esplicitamente: "Caposaldo della dottrina fascista è la concezione dello Stato, della sua essenza, dei suoi compiti, delle sue finalità. Per il fascismo lo Stato è un assoluto, davanti al quale individui e gruppi sono il relativo. Individui e gruppi sono «pensabili» in quanto siano nello Stato". Il filosofo Giovanni Gentile autore delle Idee fondamentali nella dottrina fascista, nega che la nazione nasca dalla tradizione o dal consenso, ma ritiene che sia lo Stato a plasmarla: "Questa personalità superiore è bensì nazione in quanto è Stato. Non è la nazione a generare lo Stato, secon
Micol Flammini"La cortina di vetro"Mondadori Editorehttps://mondadori.itMentre l'Occidente si è illuso che il crollo dell'Unione Sovietica avrebbe segnato anche la dissoluzione della cortina di ferro che a lungo ha sfregiato l'Europa e diviso il blocco occidentale e il blocco comunista, non è stato così per i paesi che all'ombra di quella lunga cicatrice vivevano. Ucraina, Bielorussia, Polonia, i paesi baltici e i Balcani non hanno mai smesso di stare con il fiato sospeso: al confine tra due mondi, in bilico tra due sistemi, la democrazia da una parte, l'autocrazia dall'altra. Se alcuni di questi paesi sono rimasti ancorati alla Russia, altri hanno invece abbracciato il mondo occidentale perché se ne sono sempre ritenuti parte, altri ancora hanno intrapreso una corsa forsennata per entrare nella NATO e nell'Unione europea considerandole l'unica assicurazione contro l'aggressività russa. Poi c'è il paese per il quale stare di qua o di là è diventato questione di vita o di morte: l'Ucraina. Sono nazioni che portano tuttora il peso di una storia incompiuta, sempre in cerca di una resa dei conti.Flammini sceglie «di raccontare questo mondo mai tramontato, rimasto per trent'anni in sottofondo» lungo una cortina che nel tempo ha perso la sua impenetrabilità e che «i rapporti economici, gli scambi culturali e i viaggi hanno reso di vetro». L'autrice tesse insieme racconti, incontri e viaggi, mostrando come l'invasione dell'Ucraina del 24 febbraio 2022 e il ritorno della guerra in Europa non possano essere letti semplicemente «come il gesto folle di un presidente in cerca del suo impero». Perché «a quel giorno Vladimir Putin ci è arrivato compiendo un percorso ben preciso, che i paesi che vivono attorno alla Russia tenevano sotto osservazione sin dall'implosione dell'URSS». Per capire il mondo di domani, occorre partire da qui.Micol Flammini è giornalista del «Foglio». Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia, ora vive a Roma. È coautrice di due podcast, Diventare Zelensky e EuPorn, nato come un romanzo a puntate sull'Unione europea e pubblicato ogni settimana sul «Foglio».IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.itQuesto show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/1487855/advertisement
37 anni fa accadeva uno degli eventi più disastrosi nella storia industria di produzione elettrica da fonte radioattiva. Sono le ore 1:23 della notte quando la centrale nucleare di Chernobyl è scossa da un'esplosione. Il sito si trova a 18 chilometri dalla città di Chernobyl, a 3 chilometri da Pripyat, nell'area settentrionale di un'Ucraina ancora parte dell'Unione Sovietica. È il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare. In questo episodio non vogliamo soffermarci sulla catena degli aventi, che ha portato al disastro, ma ben si a quello che sta dietro questo incidente, focalizzandoci su i segreti e le bugie che il partito comunista sovietico ha tenuto classificati come top secret. In oltre questo è anche il primo episodio che ha una sua appendice video, perché al di là dei segreti, sono circolate anche delle ipotesi, che lo stesso disastro non sia stato un “banale incidente” ma un atto voluto. Sul canale youtube di lennycast trovate il video documentario, in lingua italiana che espone questa tesi, lo trovate qui https://youtu.be/a4z_xmtMlJM Chi volesse leggersi tutti i documenti relativi (in inglese) può contattarci attraverso la nostra pagina FaceBook https://www.facebook.com/lennypodcast Buon ascolto
Massimo Spinelli"Il serpente russo"La minaccia che non abbiamo vistoAntonio Mandese Editorehttps://mandese.itSpinelli è stato dirigente della filiale di Mosca di un'importante banca italiana, una posizione privilegiata che gli ha permesso di tracciare con grande lucidità e coraggio un dettagliato ritratto della Russia di oggi da un punto di vista politico e sociale. L'urgenza della scrittura nasce dal protrarsi della guerra in Ucraina e dal bisogno di prender coscienza di cosa sia diventata la Russia dopo le inevitabili trasformazioni seguite al crollo dell'Unione Sovietica, ricercando nella storia recente del Paese le ragioni profonde della politica estera aggressiva e militarista degli ultimi vent'anni.Il titolo del libro fa riferimento al famoso film di Ingmar Bergman, L'uovo del Serpente. Come dice uno dei personaggi chiave del film, “chiunque compia il minimo sforzo, può vedere cosa ci riserva il futuro; è come l'uovo di un serpente: attraverso la fine membrana si riesce a discernere il rettile pienamente formato”. Spinelli guarda in controluce l'uovo del “russismo” e ce ne mostra, con dovizia di dati, quello che non abbiamo visto, nonostante sia da anni sotto i nostri occhi.Dopo il crollo del muro di Berlino e la caduta dell'impero sovietico, euforia ed entusiasmo, forse anche ingenuità, hanno spinto l'Europa a cercare relazioni autentiche con la nuova Russia. Ma la verità è che la Russia non ha mai saldato i conti con il proprio passato e aver considerato la dittatura comunista diversa, in termini di orrore, da quella fascista ha giocato a favore dei Russi e di Vladimir Putin, che hanno potuto costruire sulle ceneri di quella dittatura il sistema attuale. Un percorso durato vent'anni, in cui i Russi hanno ceduto spazio e il regime lo ha conquistato. Europa e Russia non condividono lo stesso prisma di valori, ci siamo ingannati quando abbiamo voluto credere il contrario. Mentre noi cercavamo relazioni e ci mostravamo vicini, la Russia era già in guerra con l'Europa, per dividerla.Massimo Spinelli, manager di un'importante banca italiana con operatività internazionale, ha vissuto in Lettonia, Slovacchia, Ucraina, Romania e Russia. Già responsabile degli uffici di rappresentanza in Slovacchia e Romania, negli ultimi dieci anni ha vissuto a Mosca, dove ha diretto la sede russa della stessa banca. Ha scritto di Est Europa, Russia, Ucraina e Paesi dell'ex blocco sovietico per l'International Business Times e per la rivista L'Indro. Aver vissuto a lungo in Russia, gli ha consentito di osservarne i cambiamenti da una posizione privilegiata: la trasformazione del sistema sovietico, passato dal socialismo reale al capitalismo iper-consumista e il consolidamento del patto sociale tra regime, oligarchia e popolazione.IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.itQuesto show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/1487855/advertisement
Il culto della personalità di Lenin è stato un processo mastodontico che ha investito la vita politica e culturale dell'Unione Sovietica su tutti i livelli. È stata una strategia vincente che ha tenuto insieme il paese in un momento delicatissimo: la morte prematura del primo leader rivoluzionario comunista al mondo. Finita la guerra civile, serviva un elemento unificante positivo mentre i bolscevichi si scannavano per il potere dietro le quinte. La morte di Lenin era l'occasione perfetta. In questo episodio parliamo di cosa succede dopo la morte di Lenin con il Professor Gian Piero Piretto, autore di Quando c'era l'URSS. Siamo Angelo Zinna & Eleonora Sacco, gli autori di Cemento Podcast. Siamo tornati per raccontarvi essenzialmente una storia di idee. Idee dopo le quali la vita di miliardi di persone non sarebbe mai più stata la stessa. Questa storia inizia con un ragazzo tedesco che va a Londra a vedere le fabbriche di suo padre, e finisce con centinaia di statue di Lenin che cadono giù, una dopo l'altra, in diversi paesi del mondo. È l'onda lunga della storia, che fa il suo corso. L'onda sommerge e lava, ma qualcosa resiste. Qualche roccia ben ancorata a terra, che l'onda bagna soltanto, senza trascinarla via. Una di quelle rocce si trova in un paesino sperduto della bassa padana, in provincia di Reggio Emilia. Dove l'aria che si respira arriva da lontano, e non sa di provincia. Se ti è piaciuto Kult, puoi ascoltare anche il nostro primo podcast, Cemento. Per contattarci puoi scrivere a posta@cementopodcast.it.
Tutto è cambiato. Con il crollo dell'Unione Sovietica, il mondo uscito dal bipolarismo nucleare Usa-Urss ha inseguito per alcuni anni il sogno d'una non proliferazione armata. Sogno schiantatosi – di netto – a seguito dell'invasione russa dell'Ucraina
Nei decenni fra le due guerre mondiali, il tango godette in Polonia di una particolare popolarità, e se si può addirittura ritenere che Varsavia sia stata all'epoca la capitale europea del tango, di certo è stata la capitale mondiale del tango in yiddish: degli oltre tremila brani di tango creati in quel periodo da compositori e parolieri polacchi, molti infatti erano di autori ebrei. Allestito in Canada, prodotto da Dan Rosenberg (che nel 2018 aveva curato Yiddish Glory, su canzoni inedite scritte durante la seconda guerra mondiale da ebrei dell'Unione Sovietica, molti dei quali soldati dell'Armata rossa), e pubblicato dall'etichetta Six Degrees con il patrocinio di istituzioni canadesi, Silent Tears non si limita alla rievocazione - con le belle interpretazioni delle vocalist e degli strumentisti del Payadora Tango Ensemble - di un fenomeno musicale e culturale: i testi dei brani sono originali, e basati su scritti di donne sopravvissute alla Shoa e arrivate in Canada dopo la fine della guerra. Le musiche sono in parte originali, ma concepite nello stile dei tanghi polacchi degli anni trenta, e in parte di autori dell'epoca: in particolare di Artur Gold, morto nel '43 nel campo di Treblinka.
Una lettera partita dalla piccola cittadina di Cavriago, in provincia di Reggio Emilia, raggiunge miracolosamente la scrivania di Vladimir Lenin a Mosca. E quindi noi, Angelo e Eleonora, ci troviamo a fare i conti con l'uomo dietro il simbolo. In questo quinto episodio di Kult parliamo della formazione di Lenin e degli eventi che hanno formato l'iniziatore dell'Unione Sovietica. Ad aiutarci in questa missione ci sarà Guido Carpi, professore di letteratura russa all'Università Orientale di Napoli e autore dei volumi "Lenin - La formazione di un rivoluzionario (1870 - 1904)" e "Lenin - Verso la Rivoluzione d'Ottobre (1905 - 1917)", editi da Stilo Editore. Siamo Angelo Zinna & Eleonora Sacco, gli autori di Cemento Podcast. Siamo tornati per raccontarvi essenzialmente una storia di idee. Idee dopo le quali la vita di miliardi di persone non sarebbe mai più stata la stessa. Questa storia inizia con un ragazzo tedesco che va a Londra a vedere le fabbriche di suo padre, e finisce con centinaia di statue di Lenin che cadono giù, una dopo l'altra, in diversi paesi del mondo. È l'onda lunga della storia, che fa il suo corso. L'onda sommerge e lava, ma qualcosa resiste. Qualche roccia ben ancorata a terra, che l'onda bagna soltanto, senza trascinarla via. Una di quelle rocce si trova in un paesino sperduto della bassa padana, in provincia di Reggio Emilia. Dove l'aria che si respira arriva da lontano, e non sa di provincia. Se ti è piaciuto Kult, puoi ascoltare anche il nostro primo podcast, Cemento. Per contattarci puoi scrivere a posta@cementopodcast.it.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7303DANIEL ORTEGA, IL ''VOLTO UMANO'' DEL COMUNISMO IN NICARAGUA di Mauro FaverzaniA chi ancora credesse al volto umano dell'ideologia comunista - qua e là nel mondo tradottasi o nella dittatura del partito unico o nella tragedia di un immorale radicalismo di massa -, varrebbe la pena di dedicare, quale esempio, la situazione odierna del Nicaragua di Daniel Ortega, tornato al potere nel 2007 col partito sandinista, partito di estrema sinistra impregnato di marxismo, socialismo, antimperialismo e teologia della liberazione.Come noto, questo Paese dell'America centrale è formalmente una repubblica presidenziale, col ritorno di Daniel Ortega però subito trasformata in un regime e dei più oscuri. Per citare solo l'ultimo periodo di una lunga e contrastante carriera politica, lo scorso 16 dicembre il vescovo di Rockford, mons. David Malloy, ha chiesto agli Stati Uniti ed alla comunità internazionale di esercitare pressioni per ottenere il rilascio del vescovo di Matagalpa, amministratore della diocesi di Estelí e segretario per i media della Conferenza episcopale, mons. Rolando Álvarez, prelevato dalla Polizia nazionale dal suo palazzo nelle prime ore dello scorso 19 agosto e poi posto dal governo prima e dai giudici poi agli arresti domiciliari con le incredibili accuse di «cospirazione per attentare all'integrità nazionale e propagazione di notizie false attraverso le tecnologie dell'informazione e della comunicazione a danno dello Stato e della società nicaraguense», semplicemente per aver rivolto comprensibili critiche ad un esecutivo, distintosi per la politica di aggressione e intimidazione fisica scatenata contro la Chiesa cattolica, da oltre un anno perseguitata per un presunto sostegno dato ad oppositori e dissidenti.L'anno scorso il governo sandinista ha espulso dal Paese il nunzio apostolico Waldemar Stanislaw Sommertag e 18 suore Missionarie della Carità, ha imprigionato 7 sacerdoti e 2 collaboratori laici, chiuso 9 stazioni-radio cattoliche, ritirato 3 canali cattolici dalla programmazione televisiva in abbonamento, impedito processioni e pellegrinaggi. Profanazioni del Santissimo Sacramento e di immagini sacre, arresti ingiusti ed ingiustificati, violenze, divieto di rientro in Patria imposto ai sacerdoti all'estero sono solo alcune delle più evidenti prevaricazioni poste in essere da un regime rivoluzionario, pronto a calpestare libertà religiosa e diritti umani (quelli veri...), impedendo l'avvio di un processo di ripristino dello stato di diritto nel Paese, come evidenziato dal vescovo Malloy, che ha anche lanciato un drammatico allarme: «L'aspetto fisico deteriorato di Álvarez testimonia le condizioni particolarmente difficili degli arresti domiciliari».La risposta non si è fatta attendere. Lo scorso 20 dicembre Daniel Ortega, durante la cerimonia di consegna dei diplomi ai cadetti dell'Accademia di Polizia, si è scagliato a muso duro contro la Chiesa cattolica, incolpando i vescovi del bagno di sangue avvenuto nel 2018, quando migliaia di nicaraguensi scesero in piazza per protestare contro il regime sandinista. 300 dissidenti furono massacrati solo per aver chiesto un cambio di governo. Senza vergogna, Ortega ha accusato di tutto questo sacerdoti e vescovi, bollati come «farisei» e «sepolcri imbiancati», concludendo il discorso con un giudizio senza appello: «Non ho mai avuto rispetto per i vescovi».La data del processo al vescovo Álvarez non è stata ancora fissata. Ma le stesse accuse di «diffusione di notizie false» e «cospirazione» si sono già tradotte anche nell'arresto di altri 3 sacerdoti, 2 seminaristi, un diacono ed un laico, un fotografo cattolico per la precisione. Tra questi figura anche Padre Ramiro Reynaldo Tijerino Chávez, rettore dell'Università «Giovanni Paolo II». Tutti proclamano la propria innocenza. Probabilmente la loro "colpa" è quella d'esser considerati collaboratori del vescovo Álvarez. Le medesime accuse comunque sono state rivolte anche a don Uriel Antonio Vallejos, parroco della chiesa di Gesù della Divina Misericordia, a Sébaco, salvo solo perché in esilio. Su di lui pende un mandato d'arresto sempre pronto, sempre valido.Ecco, non fosse bastata l'esperienza dell'Unione Sovietica (i cui metodi sembran piacere ancora a tanti, troppi suoi nostalgici "nipotini") e non fosse sufficiente quel che oggi avviene in qualsiasi Paese a trazione comunista (Cina, Corea del Nord, Cuba e via elencando), il Nicaragua oggi, in questi stessi giorni mostra quale sia il vero volto del marxismo. In ogni epoca ed a qualsiasi latitudine.
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Zanne di Metallo, al secolo Nikolaj Dzhurmongaliev, è accusato di una serie incredibile di omicidi, che gli hanno valso il soprannome di Orco. Purtroppo le informazioni arrivate a noi sono poche e frammentarie, complice il regime dell'Unione Sovietica e la costruzione delle leggende sui fatti di cronaca nera misteriosi, con dei buchi narrativi che devono essere riempiti dalla fantasia di chi li ha portati alla ribalta. --------- Patreon: https://www.patreon.com/crimeandcomedy Youtube: Tutti i Podcast: https://link.chtbl.com/CrimeandComedy Instagram: https://www.instagram.com/crimeandcomedy.podcast/ Telegram: https://t.me/crimeandcomedy Sito: https://www.crimeandcomedy.it Facebook: https://www.facebook.com/crimeandcomedy/ Youtube: https://www.youtube.com/c/CrimeComedy Instagram: Clara Campi: https://www.instagram.com/claracampicomedy/ Marco Champier: https://www.instagram.com/mrchreddy/ Caricature - Giorgio Brambilla: https://www.instagram.com/giorgio_brambilla_bookscomedy/ Capitoli: (00:00:00) | Intro (00:01:48) | Sigla (00:02:02) | Nikolaj Dzhurmongaliev, Zanne di Metallo, una storia bizzarra di cui si sa troppo poco (00:05:57) | Nikolaj Dzhurmongaliev diventa Zanne di Metallo (00:11:49) | Zanne di Metallo comincia a uccidere (00:19:08) | Zanne di Metallo viene arrestato pe rla prima volta, ma questo non lo ferma (00:26:48) | Zanne di Metallo non viene condannato a morte, nonostante tutti gli omicidi che ha commesso (00:36:59) | Zanne di Metallo Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
La paura fa (anni) Novanta. Quello dei ‘90 è stato un decennio «in bilico», schiacciato tra la fine degli spensierati anni '80 e l'incertezza di un nuovo millennio pieno di incognite. Le speranze nate dalla caduta del Muro di Berlino si tramutarono presto in illusioni e il crollo dell'Unione Sovietica alterò pesantemente la bilancia dei poteri internazionali, dando vita a un'epoca di transizione inquieta e imprevedibile. L'Europa si scoprì piena di nuovi «muri», fatti di rinnovata conflittualità, di inquietudini sociali e di discrasie economiche e culturali tra l'Est e l'Ovest. E anche l'autotrasporto italiano risentì di questo clima di cambiamento, schiacciato da una polverizzazione dell'offerta sempre più marcata e da una serie di riforme che fecero più danni di quanto si potesse immaginare.
[PRIMA PARTE]1981Una giovane coppia, sposata da qualche giorno, è di ritorno dalla luna di miele passata nell'estremo est dell'Unione Sovietica. Nonostante l'ampio ritardo dovuto alle condizioni atmosferiche, nulla fa presagire quello che sta per accadere.E nessuno può immaginare che la storia della protagonista di questa vicenda diventerà uno dei segreti meglio custoditi dal KGB...
Iosif Brodskij, premio Nobel per la letteratura nel 1987, «ebreo, poeta russo, saggista inglese e cittadino americano», come lui stesso si descrisse, ha proclamato per tutta la vita il diritto del poeta di interessarsi esclusivamente della propria arte, infischiandosi della politica, dell'impegno, del messaggio. Eppure la sua poesia è un commento spietato al declino dell'Unione Sovietica e alla mancanza d'anima dell'Occidente, e a distanza di decenni ha da dire qualcosa di premonitore perfino sulla tragedia della guerra in Ucraina.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7128TUTTI I FALLIMENTI DI GORBACIOV di Stefano MagniGli articoli e gli editoriali sulla morte di Gorbaciov, in questi due giorni dopo la sua morte, sono tutti più o meno celebrativi. L'ultimo presidente sovietico fu l'uomo che pose fine alla guerra fredda, dunque viene ricordato soprattutto per il suo ruolo di pace. Ma non si comprende come mai in patria, sia in Russia che nelle altre repubbliche ex sovietiche, sia ricordato con estrema ostilità. Benché rispettato dal nuovo regime, Putin stesso gli ha reso omaggio, non ha ottenuto funerali di Stato. È una figura, ormai storica, divisiva e impopolare. Perché?Si fa presto ad affermare che Gorbaciov sia odiato dai nostalgici dell'Urss, che con Putin sono tornati in auge. Certamente, questa fu l'opposizione più visibile ed anche più violenta. Nel periodo dal 1985 al 1989, il Kgb era ben consapevole dei limiti economici, militari e strutturali dell'Unione Sovietica. Fu il Kgb a incoraggiare la promozione di Gorbaciov a Segretario Generale, dopo la morte di Chernenko, approvata poi dal Comitato Centrale con voto unanime. Gorbaciov era già uomo di fiducia di Andropov, storico direttore del Kgb e poi segretario generale dell'Urss dal 1982 al 1984. Gorbaciov venne selezionato perché relativamente "giovane" (54 anni nel 1985) e aperto di mente, ma fedele al sistema comunista. Il Kgb stesso promosse e in un certo senso incoraggiò l'abbandono dei regimi dell'Est europeo, con quella che venne informalmente chiamata la "dottrina Sinatra": ciascuno per la sua strada. Tuttavia, l'atmosfera cambiò repentinamente quando nei regimi ex comunisti le elezioni vennero vinte da partiti non comunisti, a partire dalla Polonia.Esercito e Kgb si coalizzarono per impedire che la disgregazione del blocco orientale divenisse disgregazione anche della stessa Urss. E pretesero che Gorbaciov imponesse l'ordine alle repubbliche secessioniste, anche proclamando lo stato d'emergenza. Il segretario generale usò la forza (contro Kazakistan, Georgia, Azerbaigian, Lituania e Lettonia), ma rifiutò il cambio di passo preteso da militari e servizi. Fu questo rifiuto che portò al tentativo di golpe contro di lui, nell'agosto del 1991. Il resto è noto: il golpe fallì, Gorbaciov ottenne una vittoria apparente, ma di fatto aveva già perso il potere. Eltsin, il presidente della Repubblica Socialista Federativa Russa, si oppose in prima persona ai militari e divenne lui il leader politico carismatico della nuova stagione russa che portò alla disgregazione dell'Urss. Dopo il collasso sovietico, esercito, ex servizi segreti, burocrazia statale, non perdonarono mai a Gorbaciov di aver causato il "crollo" dell'impero, di essersi lasciato sfuggire di mano il processo di riforme e decentramento che loro stessi avevano avviato.LE REPRESSIONI FINITE NEL SANGUENelle repubbliche ex sovietiche, al contrario, non perdonano a Gorbaciov quelle ultime repressioni della stagione di sangue del 1986-91, volte a tenere assieme un'Urss in piena frammentazione. In Kazakistan ricordano gli oltre 200 morti civili del massacro di Alma Ata del dicembre 1986. Quando Gorbaciov sostituì il segretario generale locale Dinmukhamed Kunaev con il russo Gennadij Kolbin, i kazaki inscenarono proteste che vennero schiacciate con la forza delle armi. Gli armeni non perdonano a Gorbaciov di aver permesso (o non ostacolato abbastanza) i primi massacri compiuti dagli azeri nel Nagorno Karabakh nel 1988 e 1989. Gli azeri, al contrario, non dimenticheranno mai il massacro di Baku, il "gennaio nero" del 1990, quando le forze regolare e le truppe speciali del KGB entrarono nella capitale azera per stroncare sul nascere il locale Fronte Popolare (indipendentista e anti-armeno), uccidendo da 130 a 170 persone, in gran parte civili, fra il 19 e il 20 gennaio. I lituani non dimenticano la "domenica di sangue", culmine di tre giorni di intervento militare sovietico (11-13 gennaio 1991) contro la repubblica baltica, dopo la sua proclamazione di indipendenza. Mentre il mondo era distratto dalla Guerra del Golfo, che sta appena iniziando, i sovietici nella notte fra il sabato 12 e la domenica 13 gennaio 1991, tentarono di occupare la capitale lituana, a partire dalla conquista della sede della televisione. La folla inerme oppose resistenza, vi furono meno morti rispetto ai precedenti massacri (14 le vittime), ma fu comunque traumatico, il tutto ripreso quasi in diretta dai media locali e internazionali. Contemporaneamente, e per lo stesso motivo, i carri sovietici entravano anche a Riga, ma dopo dieci giorni di confronto fra manifestanti (protetti da numerose barricate in cemento) ed esercito, l'Armata si ritirò. Non prima di aver fatto altri 6 morti, fra cui due poliziotti lettoni.I DISSIDENTI RUSSISe nelle repubbliche ex sovietiche vedono in Gorbaciov l'ultimo dei dittatori occupanti, non meno repressivo dei suoi predecessori, anche i dissidenti russi tendono a considerarlo come uno storico bluff. Significativa la reazione di Kasparov, campione di scacchi e poi dissidente: al momento della morte dell'ultimo leader sovietico ha twittato "Come giovane campione del mondo sovietico e beneficiario della perestrojka e della glasnost, ho spinto ogni muro della repressione per testare i limiti improvvisamente mutevoli. Era un periodo di confusione e di opportunità. Il tentativo di Gorbaciov di creare un 'socialismo dal volto umano' fallì, e grazie a Dio". Le pagine più drammatiche di denuncia, le scrisse un altro dissidente, Vladimir Bukovskij, nel suo Gli Archivi Segreti di Mosca: "Per quanto ci affannassimo a spiegare che il sistema sovietico non era una monarchia e che il segretario generale non era uno zar, chi in quel momento non avrebbe comunque augurato il successo al nuovo zar-riformatore? Delle centinaia di migliaia di politici, giornalisti e accademici, solo un minuscolo gruppetto conservò una sufficiente lucidità per non cedere alla seduzione, e un gruppo ancor più sparuto di esprimere apertamente i suoi dubbi".La repressione del dissenso interno non finì affatto con l'ascesa al potere di Gorbaciov. Come documenta Bukovskij, dai files presi negli archivi del Cremlino, ancora nel 1987, il KGB organizzava campagne per arrestare i dissidenti, far fallire le iniziative a favore dei diritti umani, impedire l'ingresso di intellettuali e attivisti stranieri. Il tutto era ordinato da Chebrikov, direttore dei servizi segreti, con il pieno appoggio di Gorbaciov. Nella sua monumentale opera Gulag, la storica Anne Applebaum, ci ricorda come gli ultimi campi di concentramento vennero chiusi nel 1992, l'anno dopo la fine dell'Urss. "Tipica di quel periodo è la vicenda di Bohdan Klimchak - scrive la Applebaum - un tecnico ucraino arrestato per aver tentato di lasciare l'Unione Sovietica. Nel 1978, temendo di essere arrestato con l'accusa di nazionalismo ucraino, aveva varcato la frontiera sovietica con l'Iran e chiesto asilo politico, ma gli iraniani lo avevano rimandato indietro. Nell'aprile 1990 era ancora detenuto nella prigione di Perm. Un gruppo di congressisti americani riuscì a fargli visita e scoprì che, in pratica, a Perm la situazione rimaneva immutata. I prigionieri si lamentavano ancora per il freddo che dovevano patire e venivano rinchiusi nelle celle di rigore per 'reati' come il rifiuto di allacciare l'ultimo bottone dell'uniforme".LE MALDESTRE RIFORME ECONOMICHETuttavia fu un altro prigioniero politico ucraino, Anatolij Marchenko, che determinò un primo grande cambiamento nel sistema concentrazionario sovietico. Per protesta contro le orribili condizioni degli internati nei campi, intraprese lo sciopero della fame e fu lasciato morire l'8 dicembre 1986. La vicenda fece scalpore anche all'estero e Gorbaciov si decise ad approvare un'amnistia generale. Non fu, appunto, la fine del sistema dei campi in quanto tale (che come abbiamo visto chiuse solo nel 1992), ma la fine del Gulag come metodo statale repressivo. Il Kgb accettò, sia secondo la Applebaum, che secondo voci dissidenti come quella di Bukovskij, perché l'amnistia ormai "costava" poco al regime. Non si doveva fare alcuna retromarcia ideologica: i prigionieri, graziati, dovevano comunque firmare delle dichiarazioni di pentimento. E giunti alla fine degli anni Ottanta, la dissidenza, ridotta allo stremo, non era considerata più un pericolo per il regime, come si legge dai documenti di allora.I dissidenti sono, appunto, una minoranza. La maggioranza dei russi ha pessimi ricordi di Gorbaciov per le sue maldestre riforme economiche. "Mi trovai ben presto - ricorda l'allora ambasciatore Sergio Romano al Corriere - ad osservare criticamente gli avvenimenti. Rimproveravo a Mikhail Sergeevic (Gorbaciov, ndr) di non avere un vero programma economico. Va bene concedere più libertà: tutti erano giustamente contenti. Ma cosa fare del sistema di produzione collettivo? Lui parlò della creazione di una 'industria sociale': ma non spiegò mai in cosa consistesse".Gli anni di Gorbaciov furono anni di ristrettezze. E anche di proibizionismo dell'alcool, che aggiunse ulteriore disperazione ad uno scenario lugubre di suo, con code per il pane e razionamenti. Particolarmente catastrofica fu la "riforma monetaria" del 22 gennaio 1991. A sorpresa, nottetempo, per stroncare i proventi del lavoro nero e del contrabbando, vennero confiscate tutte le banconote da 50 e 100 rubli. La procedura di sequestro permise di ritirare dalla circolazione 14 miliardi di rubli in contanti, ma bruciò i risparmi di decine di milioni di sovietici, soprattutto quelli più benestanti.
Oggi in Afghanistan i talebani festeggiano il ritiro delle truppe americane, mentre Amnesty accusa Iran e Turchia di respingere i migranti afgani illegali. Arabia Saudita: condannata a 45 anni per un post sui social. Psichiatra cambogiano che aiuta i sopravvissuti al genocidio vince il Premio Nobel dell'Asia. Muore Gorbaciov, l'ultimo leader dell'Unione Sovietica. Iraq: il presidente chiede elezioni anticipate Questo e molto altro nel notiziario di Radio Bullets, a cura di Barbara Schiavulli Se vuoi sostenere l'informazione indipendente www.radiobullets.com/sostienici
Oggi in Afghanistan i talebani festeggiano il ritiro delle truppe americane, mentre Amnesty accusa Iran e Turchia di respingere i migranti afgani illegali. Arabia Saudita: condannata a 45 anni per un post sui social. Psichiatra cambogiano che aiuta i sopravvissuti al genocidio vince il Premio Nobel dell'Asia. Muore Gorbaciov, l'ultimo leader dell'Unione Sovietica. Iraq: il presidente chiede elezioni anticipate Questo e molto altro nel notiziario di Radio Bullets, a cura di Barbara Schiavulli Se vuoi sostenere l'informazione indipendente www.radiobullets.com/sostienici
Anche al Cremlino come nella Commedia dell'Arte domina la recita a soggetto. La minaccia di guerra nucleare è una classica sceneggiata sin dai tempi dell'Unione Sovietica, vedasi la crisi di Suez e la guerra con la Cina per la frontiera sull'Ussuri.I giornali e le televisioni adorano questo teatro da guitti di terz'ordine perché suscita le paure irrazionali che fanno vendere copie e pompano l'Auditel.Ma quanto è realistica tale minaccia? Con Marco d'Ucria analizziano i dettagli, le procedure, gli effetti, le tecnologie, i razzi ballistici e tutto il resto per fornire una valutazione precisa sulle probabilità di un evento catastrofico.Al contrario di quello che fanno credere i media, non esiste alcun bottone rosso e alcuna valigetta per far partire i missili dell'Armageddon. Però la canea pacifista aizzata dal Cremlino vorrebbe convincerci del contrario.
Il 22 febbraio del 1980, a Lake Placid, va in scena una partita dal finale apparentemente già scritto. Gli Stati Uniti sono arrivati all'ultimo atto del torneo olimpico di hockey su ghiaccio, ma la corsa all'oro pare sbarrata. Dall'altra parte c'è la corazzata dell'Unione Sovietica, che l'allenatore statunitense, Herb Brooks, deve affrontare con un gruppo di dilettanti e giocatori universitari. Dave Anderson, sulle pagine del New York Times, non lascia scampo a Team Usa: «A meno che il ghiaccio non si sciolga, o a meno che la squadra americana non compia un miracolo, i russi vinceranno l'oro per la sesta volta nelle ultime sette Olimpiadi». La partita scivola via equilibrata, ma quando i sovietici trovano il 3-2 con Malcev sembra finita. Arrivano invece le firme di Mark Johnson e Mike Eruzione: Stati Uniti 4, Unione Sovietica 3. Restano dieci minuti da giocare e il fortino statunitense, non si sa come, regge. Si entra negli undici secondi finali e Al Michael, telecronista della ABC, consegna ai posteri del racconto sportivo una frase leggendaria: «Do you believe in miracles? Yes!». È questa la frase dalla quale dobbiamo partire.
Lo storico Svizzero Dr. Daniele Ganser spiega in questa conferenza, tenuta a Bologna il 12 febbraio 2019, che l'Italia è un protettorato degli Stati Uniti con circa 60 basi americane e circa 12000 militari americani. Secondo il generale Italiano Giandelio Maletti, ex capo del controspionaggio italiano nel servizio segreto italiano SID, la CIA ha fatto terrorismo in Italia insieme con gruppi di destra come «Ordine Nuovo» per controllare il protettorato italiano. Lo storico Daniele Ganser spiega inoltre che la strage di Piazza Fontana nel 1969 e quella di Peteano nel 1972 furono parte di una strategia anticomunista che nasceva non da organizzazioni deviate rispetto alle istituzioni di governo, ma dallo Stato stesso, la CIA e la NATO per controllare il protettorato italiano. Lo storico spiega che è importante studiare il terrorismo non solo in Italia, ma anche negli Stati Uniti. Spiega che durante l'attentato del 11 settembre 2001 a New York le torri abbattute furono tre e non due. La terza torre, l'edificio 7 (WTC7), crollò alle ore 17:20 senza essere stato colpito da nessun aereo. Perché? Esistono due possibilità: 1. La causa del crollo era una demolizione controllata, intenzionale e pianificata. 2. La causa del crollo fu un incendio. Nella conferenza di Jalta in febbraio 1945 Gli Stati Uniti, il Regno Unito e l'Unione Sovietica decisero che l'Italia dovesse diventare un protettorato degli Stati Uniti e la Cecoslovacchia un protettorato dell'Unione Sovietica. Il primo compito della CIA, avviato nel 1947, fu quello di manipolare le prime elezioni politiche nazionali in Italia dopo la guerra, il 18 aprile 1948. La CIA dette 10 milioni di dollari alla Democrazia Cristiana (DC) mentre allo stesso tempo diffamava i candidati del Partito Comunista (PCI) e del Partito Socialista (PSI). L'Unione Sovietica invece invase la Cecoslovacchia durante la Primavera di Praga il 20 agosto 1968 per controllare il suo protettorato.Daniele Ganser hat neu eine Community! Er sagt: "Ich würde mich sehr freuen, Dich dort zu begrüssen! Mein Ziel ist, in diesen bewegten Zeiten den inneren und äusseren Frieden zu stärken!" Hier erfährst Du mehr zu diesem spannenden neuen Projekt: https://community.danieleganser.online/Daniele Ganser:https://www.danieleganser.chhttps://twitter.com/danieleganserhttps://www.facebook.com/DanieleGanserhttps://www.instagram.com/daniele.ganser/https://t.me/s/DanieleGanser See acast.com/privacy for privacy and opt-out information.
Era atteso il discorso di Vladimir Putin sulla Piazza Rossa, nel giorno in cui la Russia celebra la vittoria dell'Unione Sovietica contro i Nazisti nella Seconda Guerra Mondiale.Il presidente russo ha ovviamente parlato della guerra in Ucraina, senza lasciare spazio ai dubbi: “l'operazione speciale produrrà risultati”.
La situazione sui vari fronti Update di ISW (6 Maggio) https://bit.ly/3kUljTn Mariupol - Le forze russe hanno continuato gli assalti all'impianto di Azovstal senza progressi confermati. L'ufficio presidenziale ucraino ha annunciato l'apertura di un nuovo corridoio umanitario il 6 maggio, ma pare che le forze russe abbiano violato un cessate il fuoco locale e lanciato missili anticarro contro veicoli civili in fuga da Azovstal. Donetsk e Luhansk - Le forze russe sembrano essersi assicurate piccole conquiste alla periferia di Severodonetsk. Le truppe ucraine hanno respinto i continui assalti russi intorno a Popasna e le forze russe non hanno lanciato alcun attacco contro Avdiivka o Lyman. Kahrkiv - Le forze ucraine hanno continuato a respingere gli attacchi russi sull'asse Izyum. Fonti ucraine riferiscono che le forze ucraine hanno inflitto pesanti perdite alle forze russe alla periferia di Barinkove. I russi intorno a Izyum rimangono in stallo ed è improbabile che ulteriori rinforzi sparsi permettano rinnovati progressi. La controffensiva ucraina a nord e ad est di Kharkiv ha compiuto progressi sostanziali con la riconquista di numerose città. Kherson - Le forze russe hanno continuato a bombardare le posizioni ucraine lungo l'intero asse meridionale senza alcun progresso sostanziale. Fonti ucraine riportano di aver colpito con missili anti-nave Nettuno la fregata russa ammiraglio Makarov, nel Mar Nero nei pressi di Snake Island il 6 maggio. https://bbc.in/3P3XRkM Il Pentagono riporta che per il momento non hanno conferma dell'attacco https://bit.ly/389866s Ucraina Qualsiasi accordo di pace con la Russia dipende dal ritorno delle forze russe alle loro posizioni pre-invasione, afferma Zelensky https://bbc.in/39KIduj Quasi 25 milioni di tonnellate di grano sono bloccate in Ucraina e non possono lasciare il paese, a causa delle difficoltà infrastrutturali e dei porti bloccati del Mar Nero https://www.igc.int/en/default.aspx# ; https://bit.ly/3KV04LU (new delle 13.27) Rapporto Amnesty International sulle violazioni dei diritti umani compiute dalla Russia in Ucraina https://bit.ly/3MMH8jU "7 Paesi tra cui l'Italia garanti della futura sicurezza in Ucraina. Se vogliono anche Cina ed India", capo dell'ufficio presidenziale ucraino, Andriy Yermak https://bit.ly/3KY466s In collegamento con Chatham House, think tank britannico con sede a Londra, Zelensky apre ad accordo di pace senza la restituzione della Crimea https://www.youtube.com/watch?v=aEJOe-fCUY4 Russia Riassunto degli incendi “anomali” in Russia https://bit.ly/3OXFUnX 3,8 milioni di persone hanno lasciato la Russia nel 1° trimestre dell'anno, secondo le statistiche ufficiali. https://bit.ly/3LTnXVk Funzionario del parlamento in visita a Kherson : “La Russia per sempre sarà nel sud dell'Ucraina” https://bit.ly/38SeFKN (new 16.30) Vladimir Putin invierà un avvertimento del "giorno del giudizio" all'Occidente quando guiderà le celebrazioni il 9 maggio, in occasione del 77° anniversario della vittoria dell'Unione Sovietica sulla Germania nazista nella seconda guerra mondiale, riferisce Reuters. https://reut.rs/3KS6Dir
La situazione sui vari fronti Update di ISW (6 Maggio) https://bit.ly/3kUljTn Mariupol - Le forze russe hanno continuato gli assalti all'impianto di Azovstal senza progressi confermati. L'ufficio presidenziale ucraino ha annunciato l'apertura di un nuovo corridoio umanitario il 6 maggio, ma pare che le forze russe abbiano violato un cessate il fuoco locale e lanciato missili anticarro contro veicoli civili in fuga da Azovstal. Donetsk e Luhansk - Le forze russe sembrano essersi assicurate piccole conquiste alla periferia di Severodonetsk. Le truppe ucraine hanno respinto i continui assalti russi intorno a Popasna e le forze russe non hanno lanciato alcun attacco contro Avdiivka o Lyman. Kahrkiv - Le forze ucraine hanno continuato a respingere gli attacchi russi sull'asse Izyum. Fonti ucraine riferiscono che le forze ucraine hanno inflitto pesanti perdite alle forze russe alla periferia di Barinkove. I russi intorno a Izyum rimangono in stallo ed è improbabile che ulteriori rinforzi sparsi permettano rinnovati progressi. La controffensiva ucraina a nord e ad est di Kharkiv ha compiuto progressi sostanziali con la riconquista di numerose città. Kherson - Le forze russe hanno continuato a bombardare le posizioni ucraine lungo l'intero asse meridionale senza alcun progresso sostanziale. Fonti ucraine riportano di aver colpito con missili anti-nave Nettuno la fregata russa ammiraglio Makarov, nel Mar Nero nei pressi di Snake Island il 6 maggio. https://bbc.in/3P3XRkM Il Pentagono riporta che per il momento non hanno conferma dell'attacco https://bit.ly/389866s Ucraina Qualsiasi accordo di pace con la Russia dipende dal ritorno delle forze russe alle loro posizioni pre-invasione, afferma Zelensky https://bbc.in/39KIduj Quasi 25 milioni di tonnellate di grano sono bloccate in Ucraina e non possono lasciare il paese, a causa delle difficoltà infrastrutturali e dei porti bloccati del Mar Nero https://www.igc.int/en/default.aspx# ; https://bit.ly/3KV04LU (new delle 13.27) Rapporto Amnesty International sulle violazioni dei diritti umani compiute dalla Russia in Ucraina https://bit.ly/3MMH8jU "7 Paesi tra cui l'Italia garanti della futura sicurezza in Ucraina. Se vogliono anche Cina ed India", capo dell'ufficio presidenziale ucraino, Andriy Yermak https://bit.ly/3KY466s In collegamento con Chatham House, think tank britannico con sede a Londra, Zelensky apre ad accordo di pace senza la restituzione della Crimea https://www.youtube.com/watch?v=aEJOe-fCUY4 Russia Riassunto degli incendi “anomali” in Russia https://bit.ly/3OXFUnX 3,8 milioni di persone hanno lasciato la Russia nel 1° trimestre dell'anno, secondo le statistiche ufficiali. https://bit.ly/3LTnXVk Funzionario del parlamento in visita a Kherson : “La Russia per sempre sarà nel sud dell'Ucraina” https://bit.ly/38SeFKN (new 16.30) Vladimir Putin invierà un avvertimento del "giorno del giudizio" all'Occidente quando guiderà le celebrazioni il 9 maggio, in occasione del 77° anniversario della vittoria dell'Unione Sovietica sulla Germania nazista nella seconda guerra mondiale, riferisce Reuters. https://reut.rs/3KS6Dir Occidente Propagandista filo russo, e traditore secondo il governo ucraino, arrestato in Spagna https://politi.co/3P0pyux Intervista al Generale Petraeus (in pensione) sulla qualità della formazione dei soldati russi: https://bit.ly/3si8pD0 La Germania invierà sette obici semoventi in Ucraina, ha affermato il ministro della Difesa tedesco, Christine Lambrecht. https://bit.ly/3FpsM6l Cina La Corea del Sud diventa la prima nazione asiatica a unirsi al gruppo di difesa informatica della Nato. L'ex direttore del Global Times, ora corrispondente: “Se la Corea del Sud prenderà una strada per diventare ostile nei confronti dei suoi vicini, la fine di questa strada potrebbe essere l'Ucraina.” https://bit.ly/3MUL95N
Tutti almeno una volta nella vita abbiamo acceso la televisione e visto sullo schermo le immagini di Carol Wojtyla: accanto ai leader più influenti del pianeta, circondato da milioni di giovani, con la battuta pronta affacciato su Piazza San Pietro e poi negli ultimi anni, massacrato dalla malattia, con la voce ridotta a un sibilo.Ma in pochi conoscono i lati più nascosti del Papa che ha traghettato la Chiesa tra crollo dell'Unione Sovietica e globalizzazione, tra Giornate della Gioventù e internet, a cavallo del Muro di Berlino e tra due millenni. Questa puntata di Ti Mando la Posizione parte dalla Polonia, per raccontare la storia di Giovanni Paolo II.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6972PUTIN DICE CHE LA NATO NON HA MANTENUTO LE PROMESSE, MA NON E' VERO di Stefano MagniE ci risiamo, un'altra volta. Dopo lo "scoop" di Italia Oggi (che cita Der Spiegel) e l'intervista a Giulio Sapelli a Formiche.net, anche Panorama, con un servizio a firma di Elisabetta Burba, corredato di documenti originali e di un'intervista all'ambasciatore Umberto Vattani, ci spiega che siamo stati noi a tradire la Russia e a provocarne la reazione dura. Come? Violando gli ormai celeberrimi e stra-citati patti del 1990 con cui avevamo promesso di non allargare a Est la Nato. Invece la Nato si è espansa fino ai confini della Russia e allora si può capire perché a Mosca ci odino.Peccato che: è tutto falso. O meglio: talmente fuori contesto, da risultare falso. I documenti sono autentici, sono lì da vedere. I documenti declassificati riportano gli impegni verbali fra i leader dei due blocchi che discutevano sulla riunificazione della Germania: Urss, Germania Ovest, Francia, Regno Unito e Usa. "Non intendiamo far avanzare l'Alleanza Atlantica oltre l'Oder. E pertanto non possiamo concedere alla Polonia o ad altre nazioni dell'Europa centrale e orientale la possibilità di aderirvi", si trova scritto nel verbale. James Baker auspicava anche future "garanzie di ferro che la giurisdizione o le forze della Nato non si spostino verso Est". Helmut Kohl, futuro cancelliere della Germania riunificata diceva a Michail Gorbachev: "Crediamo che la Nato non debba espandere il suo raggio d'azione". Allora, la Nato ha mentito? Non ha rispettato i patti? La Russia ha ragione ad odiarci?QUESTIONE DI DATENeanche per idea: guardate la data. Queste conversazioni sono avvenute fra il 12 settembre del 1990, alla vigilia della riunificazione tedesca, e il 6 marzo 1991, all'indomani della stessa. Prendiamo l'ultima data: 6 marzo 1991. C'era il Patto di Varsavia, c'era l'Urss, le tre repubbliche baltiche erano ancora parte integrante del territorio sovietico, c'erano ancora le basi dell'armata rossa nei Paesi dell'Europa centrale e orientale di cui si parlava. Un ritiro era appena iniziato, ma non erano neppure nella mente di Dio gli eventi che si sarebbero susseguiti di lì alla fine dell'anno. Successe, poi, che il Patto di Varsavia, già in disarmo, si sciolse il 1° luglio 1991. In Unione Sovietica, militari e servizi segreti provarono a prendere il potere, con un colpo di Stato, un mese dopo. Non riuscendovi, accelerarono il processo di decadenza e dissoluzione dell'Unione Sovietica. Il 25 dicembre 1991 veniva ammainata la bandiera rossa, per l'ultima volta, dal pennone più alto del Cremlino. Da quel giorno nascevano altre repubbliche indipendenti e sovrane, fra cui la Russia, guidata da Boris Eltsin, avversario politico di Gorbachev e della sua linea tardo-sovietica.La Russia non è l'Unione Sovietica. Ha ereditato il suo seggio all'Onu e, dal 1994, ha mantenuto il monopolio sull'arsenale nucleare dell'ex impero rosso. Ma non ha ereditato né i debiti con l'estero, né gli accordi con altre potenze. Con la Nato, la Russia ha firmato gli accordi della Partnership for Peace nel 1994, ma soprattutto il Nato-Russia Founding Act del 27 maggio 1997. Quest'ultimo fissava i criteri dei rapporti di partnership fra l'Alleanza Atlantica e la nuova Federazione Russa.Non è l'Urss neppure la Comunità degli Stati Indipendenti (Csi), nata dall'accordo di Minsk del 1991, per creare un'area di libero scambio e cooperazione militare fra repubbliche ex sovietiche. Contrariamente all'Urss non è una federazione, né una confederazione ed è su base volontaria. Estonia, Lettonia e Lituania, pur essendo repubbliche ex sovietiche, non ne hanno mai fatto parte. La Georgia si è ritirata dalla Csi nel 2009, dopo essere stata aggredita dalla Russia.GLI ARSENALI NUCLEARIL'Ucraina si è ritirata nel 2018, dopo che la Russia le aveva occupato e annesso la Crimea. Originariamente, nella Csi c'erano quattro arsenali nucleari: in Russia, Bielorussia, Kazakistan e Ucraina. L'Ucraina, al momento della sua indipendenza, era la terza potenza atomica del mondo, subito dietro a Usa e Russia. La sua eredità del vasto arsenale sovietico causò due crisi molto serie, una nel maggio 1992, quando gli ufficiali al comando della forza strategica aerea e missilistica si divisero, fra chi rimase fedele a Mosca e chi giurò lealtà a Kiev. E poi nel settembre-ottobre 1993 quando, a causa del fallito golpe nazional-comunista contro Eltsin, le forze strategiche russe furono poste in stato di allerta e gli ucraini temevano di subire un attacco preventivo. Alla fine la tensione scemò solo grazie alla mediazione degli Usa che convinsero l'Ucraina a cedere tutto il suo arsenale alla Russia, come Bielorussia e Kazakistan avevano già accettato di fare.In cambio di questa cessione, che ridiede alla Russia lo status di superpotenza nucleare, l'Ucraina chiese garanzie per la sua indipendenza. Vennero stabilite a Budapest, con un memorandum sottoscritto il 5 dicembre 1994 da Russia, Ucraina, Usa e Regno Unito: la Russia, in cambio del disarmo nucleare di Kiev, si impegnava a non invadere l'Ucraina e a rispettarne i confini (per i distratti: Crimea inclusa) e l'integrità territoriale. Fu così risolta, allora, la "crisi dei missili ucraini", immagine retorica che la Russia sta usando in questi mesi, tracciando il parallelo con la crisi dei missili di Cuba, fuori tempo massimo e ormai senza motivo, per giustificare la sua invasione dell'Ucraina. Gli accordi vennero violati una prima volta nel 2014, con l'annessione russa della Crimea. E sono stati violati definitivamente il 24 febbraio scorso, con l'invasione dell'Ucraina. Una violazione palese, di cui si parla incredibilmente poco.Putin, nelle sue richieste ultimative a Bruxelles e Washington (17 dicembre 2021) chiede comunque di rivedere il Nato-Russia Founding Act. Val la pena dunque di rileggere più in dettaglio cosa prevedeva quell'accordo.NATO-RUSSIA FOUNDING ACT"Coerentemente con i lavori dell'Osce su un modello di sicurezza comune e globale per l'Europa per il Ventunesimo secolo, e tenendo conto delle decisioni del Vertice di Lisbona in merito a una Carta sulla sicurezza europea, la Nato e la Russia cercheranno la più ampia cooperazione possibile tra gli Stati partecipanti dell'Osce con l'obiettivo di creare in Europa uno spazio comune di sicurezza e stabilità, senza linee divisorie o sfere di influenza che limitino la sovranità di alcuno Stato".Se lo ricordino quelli che, oggi, parlano e straparlano di "rispettare la sfera di influenza russa". Perché la Russia stessa ha sottoscritto un impegno a non crearne di nuove in Europa.Ricordiamoci cosa era l'Europa del 1997: la Guerra Fredda finita da meno di un decennio, le democrazie dell'Europa centrale desiderose di liberarsi del passato comunista e di entrare in un futuro liberale, accedendo all'Ue e alla Nato, una Russia perennemente in bilico fra occidentalisti che guardavano all'Europa e orientalisti nostalgici dell'Urss (o dell'impero), i primi dominanti al Cremlino, i secondi nella Duma. I Paesi dell'ex Patto di Varsavia osservavano con timore la crescita delle tendenze revansciste della politica russa, nei partiti nazionalisti (Zhirinovskij), comunisti (Zjuganov), in un governo guidato da un ex agente del Kgb (Primakov) e nell'esercito, che non era mai cambiato dalla fine dell'Urss e si esercitava ancora per combattere contro la Nato in Europa. Guardavano con apprensione alle guerre nella ex Jugoslavia, temendo che qualcuno, in Russia, potesse fare come Milosevic: riprendersi pezzi di Serbia, dopo la fine della federazione jugoslava, anche ricorrendo alla pulizia etnica. I russi erano intervenuti a gamba tesa in Moldavia e in Georgia, fra il 1992 e il 1994, in modo non troppo dissimile. E mantenevano un'exclave-fortezza a Kaliningrad, incombente su Polonia e Lituania.Lo scopo della Nato, e dell'amministrazione Clinton, era duplice: proteggere i Paesi ex comunisti dall'eventuale ritorno di fiamma di Mosca, da un possibile scenario "jugoslavo nucleare". E al tempo stesso creare un rapporto di partnership con la Russia, che pur non volendo entrare nella Nato (per l'opposizione della Duma, del governo e dell'esercito), poteva almeno cooperare, su un piano di parità, per la stabilità in Europa.PUTIN VUOLE RISCRIVERE QUESTI PATTILe due parti si impegnavano a cooperare, "astenendosi dalla minaccia o dall'uso della forza l'uno contro l'altro e contro qualsiasi altro Stato, la sua sovranità, integrità territoriale o indipendenza politica in qualsiasi modo in contrasto con la Carta delle Nazioni Unite e con la Dichiarazione di principi che guidano le relazioni tra gli Stati partecipanti contenuta nell'Atto finale di Helsinki" e al "rispetto della sovranità, dell'indipendenza e dell'integrità territoriale di tutti gli Stati e del loro diritto intrinseco di scegliere i mezzi per garantire la propria sicurezza, l'inviolabilità dei confini e il diritto all'autodeterminazione dei popoli sancito dall'Atto finale di Helsinki e da altri documenti dell'Osce".Infine, va ricordato anche: "Le disposizioni di questo atto non conferiscono alla Nato o alla Russia, in alcun modo, un diritto di veto sulle azioni dell'altra né violano o limitano i diritti della Nato o della Russia a un processo decisionale e di azione indipendente. Non possono essere usati come mezzo per svantaggiare gli interessi di altri Stati".Putin vuole riscrivere questi patti, sottoscritti dal suo Paese nel 1997, quando era Eltsin il presidente della Russia. Vuole ritornare a creare la sua sfera di influenza, vuole tornare ad avere potere di veto sulle scelte di altri Stati. Permettergli di riscrivere le regole è una scelta politica, francamente autolesionista da un punto di vista occidentale.
Holodomor: la carestia sovietica in Ucraina Con Andrea Graziosi affrontiamo il tema dell'Holodomor, la disastrosa carestia sovietica in Ucraina del 1932-1933. Analizziamo le origini politiche e ideologiche di una tragedia che portò alla morte per fame di circa 4 milioni di ucraini nel tentativo di Stalin di piegare una nazione affamandone la popolazione ed eliminandone l'elite politica ed intellettuale. TESTI CONSIGLIATI . L'URSS di Lenin e Stalin. Storia dell'Unione Sovietica 1917-1945 di Andrea Graziosi https://amzn.to/36Q0y8b . L'URSS dal trionfo al degrado. Storia dell'Unione Sovietica. 1945-1991 di Andrea Graziosi https://amzn.to/3J8vxtm . The Harvest of Sorrow di Robert Conquest https://amzn.to/38bLUIy . La Guardia Bianca di Mikhail Bulgakov https://amzn.to/3DvmRMp . Lettere da Kharkiv di Andrea Graziosi https://amzn.to/3iVnFAq Andrea Graziosi è professore di Storia Contemporanea all'Università di Napoli Federico II. È uno specialista di storia dell'Unione Sovietica e dell'Ucraina e uno dei massimi esperti di Holodomor e delle carestie sovietiche. #storia #ucraina #russia #holodomor Sostieni Liberi Oltre le Illusioni diventando socio: vai su www.liberioltreleillusioni.it nella sezione "ASSOCIATI" e diventa socio. Ti aspettiamo ----------------------------
È un Don Pasquale divertente e frizzante quello in scena al Teatro Verdi di Trieste che strappa sorrisi e risate pur mantenendone elevata l'interpretazione lirica. Il regista Gianni Marras, con un attenta rilettura, ha scelto un registro ironico, a tratti caricaturale, per questo bell'allestimento del Teatro Comunale di Bologna (2008) dell'opera buffa di Gaetano Doninzetti. Marras rende omaggio all'aspetto innovativo del compositore bergamasco e, forte anche della sua formazione nei musical, tinge l'opera di colori vivaci e di ammiccamenti continui ai ruggenti Anni ‘50-60, sostenuto dagli allegri costumi di Davide Amadei. Si respira cosi un'atmosfera da Cinecittà in questa lettura registica piena di inventiva, leggera ma non superficiale. L'opera calca perfettamente e con equilibrio l'impronta della commedia all'italiana: propone citazioni che ricordano il clima e i film di quegli anni - grazie anche alle scene allusive, vere e proprie citazioni, ideate ancora assieme ad Amadei e ispirate ai fumetti americani- sullo sfondo di una Roma monumentale- ricca di simboli del boom economico del dopoguerra come la Vespa, o la lussuosa auto americana, la mitica Ford Thunderbird, e pure il casco da parrucchiere per la bella Norina, interpretata dall'albanese Nina Muho (ancora in scena il 3,5,7 aprile), che ammicca alla Marisa Allasio di Poveri ma belli (1957) o alla Audrey Hepburn di Vacanza romane (1953). Perfettamente calati nella parte anche gli altri protagonisti: e così, con il ciuffo e le movenze alla Elvis Presley, Antonino Siracusa dà vita ad un gustoso Ernesto perfettamente a suo agio nel registro ironico (splendida la gag in tuta spaziale con il simbolo dell'Unione Sovietica a ricordare l' astronauta Yuri Gagarin o quella in cui novello Bobby Solo canta l'aria più celebre dell'opera). Questa modernizzazione funziona anche con tutti gli altri personaggi dallo spagnolo Pablo Ruiz ( per la prima volta a Trieste), che porta in scena un più che convincente Don Pasquale, al brillante Vincenzo Nizzardo nei panni del dottor Malatesta, quasi dei papabili Totò e Peppino Ottima la sintonia tra palcoscenico e orchestra grazie anche alla conduzione d'orchestra del maestro Roberto Gianolla, di ritorno sul podio del Verdi, che assieme al direttore artistico Paolo Rodda ha lavorato sapientemente sulla qualità del suono nonostante l'orchestra non sia ancora collocata nella buca per l'emergenza sanitaria. Ne risulta un emissione orchestrale soffusa e presente che valorizza la linea melodica senza coprirla. Applausi anche per il bravo mimo Daniele Palumbo, che pur non cantando, con il suo trasformismo alla Fregoli si pone protagonista della serata svolgendo funzione di collante tra le varie scene. Funziona dunque questa rilettura del capolavoro di Donizetti che, senza alterare la storia, trasforma i personaggi negli antesignani di quelli che col tempo sarebbero diventati i comici e le soubrette dell'operetta e poi dell'avanspettacolo e rende omaggio ad un periodo felice dello spettacolo italiano. Nel cast anche César Cortés (2, 5, 9/IV), Elisa Verzier (2, 9 /IV), Michele Govi (2, 9 /IV)e Bruno Taddia (2, 9 /IV). Qui un approfondimento con il regista Gianni Marras ai microfoni di Monica Ferri per Teatralmente:
In questo episodio affronteremo la risposta dell'Unione Europea al conflitto russo-ucraino. Dopo più di 70 anni di pace, gli avvenimenti delle ultime settimane hanno dato vita ad uno scenario che sembrava irrealizzabile sul continente europeo dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Nonostante invasioni, guerre e crimini simili si verifichino tuttora in diverse parti del mondo, la guerra in Ucraina colpisce in modo particolare con centinaia di morti tra militari e civili, quasi un migliaio di feriti accertati e circa un milione di profughi fuggiti da quello che è il loro paese d'origine, e tiene con il fiato sospeso tutti i cittadini europei. Per questo motivo affronteremo la tematica con l'Onorevole Brando Benifei, eurodeputato dal 2014 e dal 2019 capogruppo della delegazione del Partito Democratico al Parlamento Europeo. Speakers: Elisabetta Gregorutti & Carlotta Paladino Sound engineer: Noemi Monaco
Per Storiainpodcast lo storico contemporaneo, Simone Attilio Bellezza, illustra il percorso storico che dal 1991, anno dello scioglimento dell'Unione Sovietica, ha progressivamente portato alla costruzione delle due identità nazionali che da più di un mese si stanno scontrando, dopo l'attacco portato dalla Russia.Il Prof. Simone Attilio Bellezza insegna Storia contemporanea all'Università Federico II di Napoli. Ha scritto il destino dell'Ucraina. Il futuro dell'Europa, pubblicato da Scholè nella collana Orso bluA cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale Guerre e conflitti------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura
Che cosa lascia una guerra dentro coloro chiamati, loro malgrado, a esserne testimoni? Partendo dalle storie personali di Vladyslav e Tina, giovani poco più che ventenni che hanno scelto di restare nell'Ucraina invasa dall'esercito russo, abbiamo raccontato due prospettive diverse ma entrambe direttamente esposte alle molteplici dimensioni di un conflitto che, fin dall'inizio, alle operazioni militari ha affiancato un martellante flusso di informazioni in cui c'è bisogno di imparare a muoversi.Abbiamo poi provato a intercettare l'incrinarsi dei rapporti già difficili tra questi ucraini e russi. Una relazione che contava anche sulle generazioni nate dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica per guardare avanti, ma che ora sembra compromessa dal riavvolgersi improvviso della Storia. di Matteo Suanno.
Entrare nella NATO valeva il rischio di una guerra per l'Ucraina?Sulla caduta dell'Unione Sovietica: https://www.europagrandtour.com/2021/12/26/russia-unione-sovietica-urss-caduta/Per offrirmi un caffè virtuale e sostenere il podcast: https://ko-fi.com/europagrandtourTrovi la trascrizione della puntata e oltre alle fonti, foto e eventuali approfondimenti su: https://www.europagrandtour.comDella stessa autrice: il podcast Storia D'Europa, https://www.storiadeuropa.com e il blog di cucina con audio-ricette https://www.cucinaeuropea.com
Oggi parliamo della (forse) nuova Unione Sovietica, tra prodotti autarchici e l'abbandono delle aziende internazionali.Sulla caduta dell'Unione Sovietica: https://www.europagrandtour.com/2021/12/26/russia-unione-sovietica-urss-caduta/Per offrirmi un caffè virtuale e sostenere il podcast: https://ko-fi.com/europagrandtourTrovi la trascrizione della puntata e oltre alle fonti, foto e eventuali approfondimenti su: https://www.europagrandtour.comDella stessa autrice: il podcast Storia D'Europa, https://www.storiadeuropa.com e il blog di cucina con audio-ricette https://www.cucinaeuropea.com
“Le idee contro”, un articolo di Antonio Polito su Il Corriere della Sera. La guerra della Russia all'Ucraina sta assumendo i caratteri di uno «scontro di civiltà». Nata con giustificazioni geopolitiche (l'espansione della Nato) o etnico-nazionali (la sorte della minoranza russofona), la guerra all'Ucraina sta assumendo i caratteri di uno «scontro di civiltà». Sembra di essere tornati alla profezia del 1996 di Samuel Huntington: in un libro sostenne che la Guerra Fredda sarebbe stata sostituita da nuovi conflitti fondati sulle identità religiose e culturali. Lo scontro tra l'Islam radicale e l'Occidente ne fu una clamorosa conferma. Lo sarà anche quello in corso tra Occidente e Russia? […] Su La Reppublica leggiamo l'articolo di Maurizio Ferraris - “La Russia torna al Medio Evo”. Le conseguenze dell'invasione. La storia tende a ripetersi perché la geografia rimane la stessa. Ma nelle sue ripetizioni la storia fa emergere un passato di cui ci eravamo dimenticati. Quando Putin ha attaccato, passando irrimediabilmente dalla parte del torto, i commentatori avevano in mente la proiezione europea dell'Unione Sovietica durante la Seconda guerra mondiale, ma Putin non disponeva né delle condizioni politiche (l'alleanza con l'Occidente) né delle condizioni demografiche e militari che resero possibile quella proiezione.[…] ____________________________________ Ascolta “Punti di Vista” - Editoriali dei principali quotidiani nazionali a confronto, a cura di Lapo De Carlo. “Punti di Vista” offre una panoramica delle prospettive delle testate italiane più influenti, soffermandosi sulle parole e sulle riflessioni che emergono dagli editoriali nazionali sui fatti di attualità e sulle notizie della settimana. Per i notiziari sempre aggiornati ascoltaci sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornaleradio.tv/?hl=it Twitter: https://twitter.com/giornaleradiofm
Accademia Rebelde. Formazione politica, conoscenza storica, controffensiva culturale.
>con Danilo Ruggieri< Secondo incontro del ciclo "Il futuro ha un cuore antico. A 100 anni dalla fondazione dell'Unione Sovietica". Il periodo che tratteremo nel secondo appuntamento sul ciclo dedicato alla storia dell'URSS, nel centenario della sua fondazione, è particolarmente importante per i comunisti e tutti coloro che onorano la storia del movimento comunista e dei paesi socialisti per due essenziali ragioni. La prima contrastare la ricorrente e ossessiva campagna antisovietica e anticomunista che dal 1989 in poi permea la vita sociale e culturale nel nostro paese come in tutto l'occidente capitalista. La narrazione tossica dell'imperialismo ci racconta sistematicamente che l'URSS fu uno sbaglio, una tragedia per i popoli russi e non che vissero e morirono per la costruzione del socialismo. Le grandi conquiste dell'URSS vengono sistematicamente negate, nascoste, la storia viene violentata al fine di sottolineare e far entrare nel senso comune l'idea che l'unico mondo possibile e giusto è quello delle “democrazie” delle élite occidentali. Il fatto che nell'URSS già negli anni venti esistesse la legislazione sociale e sul lavoro più avanzata del mondo, che le donne godessero dei pieni diritti politici e sociali, che fosse l'istruzione universale considerata un obiettivo primario per tutti sono considerate inezie o vanno semplicemente nascoste sotto tonnellate di fango. L'URSS non è stato solo un sistema politico antagonista al capitalismo, ma è stata una civiltà che si è opposta in ogni campo all'imperialismo nelle sue varie forme. La concezione politica e sociale che guidava ed educava un sesto dell'umanità aveva come valori e pratiche fondamentali: la lotta per l'eguaglianza sociale, l'internazionalismo proletario, il progresso e avanzamento sociale per uomini e donne senza alcuna distinzione di razza, lingua e nazionalità. Per lungo tempo questa è sempre stata la bussola che ha orientato anche nei momenti più duri, difficili e contraddittori la storia dell'URSS. La lotta per il socialismo e per la sua edificazione è stata durissima, in condizioni per lungo tempo di totale accerchiamento, e con un'arretratezza di fondo enorme, ma è stata portata avanti senza mai perdere di vista la difesa della società socialista e senza mai venire meno al contributo internazionalista. Questo è avvenuto fra mille problemi, errori e anche degenerazioni. Qui veniamo al secondo punto dell'importanza di questo appuntamento. A noi spetta non soltanto la difesa della storia dell'URSS ma anche un bilancio critico di quest'esperienza, nei limiti dati dalla nostra coscienza, consapevolezza e capacità politica del tempo presente. Si tratterà di indagare le vie percorse del periodo più discusso, difficile e rivoluzionario di questa storia, la costruzione concreta, effettiva del socialismo in URSS e la grande prova dei popoli sovietici contro l'occupazione nazista nella Seconda guerra mondiale. Con questo spirito ci apprestiamo a condurre questo appuntamento senza nessuna presunzione e certezze granitiche ma sapendo che L'URSS continua ad essere una miniera di insegnamenti per i comunisti e i progressisti di tutto il mondo.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6914L'INVASIONE DELL'UCRAINA DIMOSTRA IL FALLIMENTO DI USA ED EUROPA di Eugenio CapozziCon l'invasione dell'Ucraina la Russia di Putin ha valicato un confine che la conduce verso la rottura totale con l'Occidente, e la costringe ad essere fatalmente risucchiata in un asse euroasiatico con la Cina dalla quale ha alla lunga tutto da perdere, in quanto in esso non può che svolgere un ruolo di vassalla. È la fine di una lunga stagione in cui il paese, dopo l'assestamento seguito alla fine dell'Urss, ha tentato di trovare un equilibrio tra l'inserimento nell'economia globalizzata e il mantenimento di un suo status di potenza imperiale, per quanto su scala ridotta rispetto al passato.Ma questa frattura politica, militare ed economica sempre più radicale rappresenta un danno enorme anche per l'Occidente e per le ragioni delle democrazie liberali. Ed è il risultato di un clamoroso fallimento della politica statunitense, ma anche europea, nei confronti della Russia negli ultimi trent'anni. Un fallimento che si fonda sull'incapacità, mostrata dalle classi politiche occidentali, di comprendere le sfide di un mondo in cui l'Occidente non è più, e forse non potrà mai più essere, il protagonista incontrastato.Cosa fare con la Russia? Questa la questione che gli statunitensi e i loro alleati non hanno mai affrontato organicamente ed esaustivamente dopo la fine della guerra fredda e la dissoluzione dell'Unione Sovietica.Negli anni Novanta, contrassegnati dalla convinzione generalizzata che il mondo fosse divenuto unipolare e si andasse ineluttabilmente occidentalizzando, le loro classi dirigenti hanno considerato la Russia di Eltsin come un paese in turbolenta transizione verso l'economia di mercato, non più pericoloso né potenziale antagonista sul piano militare e strategico, nonostante rimanesse la seconda potenza nucleare e il secondo esercito del mondo.L'AVVENTO DI VLADIMIR PUTINIn tale contesto, l'allargamento della Nato con l'adesione di molti paesi ex "satelliti" o membri dell'Urss - spinta proprio dall'esperienza che quei paesi avevano fatto in passato dell'imperialismo russo e sovietico, e dalla loro volontà di proteggersi in futuro contro di esso - apparve come un fatto naturale, non suscettibile di creare problemi nelle relazioni con Mosca. Che intanto veniva ammessa nel sistema della governance globale con l'allargamento del G7 in G8 e con le trattative per l'ingresso nel Wto, e veniva attratta nell'area della Nato con il suo coinvolgimento nel Partenariato per la pace dell'alleanza (1994) e con la fondazione del Consiglio Nato-Russia nel 2002.Ma intanto qualcosa era cambiato con l'avvento al potere di Vladimir Putin, e gli occidentali non colsero il significato di quel cambiamento. Dopo una fase di disordine ma anche di disgregazione, la Russia cominciava un processo di ricompattamento del potere e di accentramento statalista, e cercava di ritrovare un ruolo di potenza mondiale nel solco della sua secolare tradizione imperiale. Il consolidamento di relazioni politiche ed economiche con essa avrebbe dovuto implicare, per gli Stati Uniti e i suoi alleati, la capacità di ripensare tutto il sistema della sicurezza e delle alleanze euro-occidentali, abbandonando l'idea di un necessario globalismo "occidentecentrico" e tenendo invece nel dovuto conto tanto le leggi della geopolitica quanto il pluralismo inevitabile tra le civiltà che qualche anno prima Samuel Huntingon aveva eloquentemente illustrato.Davanti alle sfide diverse portate dall'integralismo islamico e dal modello politico ed economico cinese l'interesse occidentale sarebbe stato quello di superare la vecchia impostazione della Nato in favore di una "costellazione" di alleanze con soggetti plurimi, dalla Russia all'area indo-pacifica. Ciò significava, per quanto riguarda l'Europa dell'Est, garantire sia la sicurezza degli Stati ex satelliti che lo status di Mosca come potenza euroasiatica, ridefinendo aree di influenza, convergenze e obiettivi comuni.Ma gli Stati Uniti - con le amministrazioni Clinton, Bush jr. e Obama - andarono in una direzione opposta. Da un lato spalancarono le porte all'ascesa di Pechino con l'ammissione della Cina nel Wto nel 2000 e la creazione di un contesto globale ad essa estremamente favorevole. Dall'altro non tennero in conto le preoccupazioni geopolitiche russe, considerandole anzi come degli atti ostili in quanto tali. In Medio Oriente l'interventismo statunitense successivo all'11 settembre 2001, soprattutto a partire dal conflitto iracheno, portava la superpotenza americana a collidere in molti casi con le posizioni di Mosca.TRUMP L'AVEVA CAPITOIntanto, nello scacchiere est-europeo come in quello caucasico il processo di ampliamento della Nato o il rapido avvicinamento di Stati ex sovietici all'Occidente alimentavano nei russi un risveglio della sindrome da accerchiamento, che provocava loro reazioni sempre più decise. I conflitti innescati dalla Russia in Georgia (Ossezia del Sud, Abkazia) e in Ucraina - in una lunga sequenza che va dal 2004 agli ultimi sviluppi - sono stati i casi più eclatanti della reazione imperialista di Mosca, rispetto alla quale l'atteggiamento statunitense e occidentale è stato il crescente isolamento imposto a quest'ultima, e il suo declassamento da potenziale alleato a quasi-nemico: culminato con le sanzioni ad essa imposte a partire dalla sua annessione della Crimea nel 2014.L'unico leader occidentale che nell'ultimo ventennio ha percepito i pericoli di questa progressiva degenerazione della fiducia e delle relazioni tra Occidente e Russia è stato Donald Trump, che ha sempre sostenuto, nella sua visione realista e bilateralista della politica estera statunitense, la necessità di un riavvicinamento tra le due parti in funzione anti-cinese, e in virtù di un più alto grado di possibile compatibilità. Ma nel suo mandato presidenziale gli è stato impossibile portare avanti questa strategia per l'opposizione di quasi tutta la classe dirigente del suo paese, così come degli apparati statuali e militari. La sua mancata rielezione, e il ritorno al potere dei democratici con Biden, ha alimentato la nuova escalation di tensione con Mosca culminata ora nell'invasione russa dell'Ucraina, così come il riavvicinamento sempre più stretto tra Mosca e Pechino.In questo momento ogni possibilità di riannodare i fili del dialogo sembra pregiudicata, e l'Europa diventa il teatro di uno showdown che inevitabilmente rimetterà in discussione l'assetto del continente, con risvolti imprevedibili. Ma se in Occidente sopravvive un minimo di razionalità politica questa dovrebbe essere impiegata per uscire subito da una logica di contrapposizione frontale, che richiama a divisioni ideologiche oggi tramontate, per riaprire realisticamente e con prudenza, senza abdicare ai suoi princìpi di libertà e democrazia, spazi di mediazione fondati sulle garanzie minime della reciproca sicurezza tra le parti.
La dissoluzione dell'Unione Sovietica fu il processo di disgregazione che, a 74 anni dalla Rivoluzione d'Ottobre, coinvolse il sistema politico, economico e sociale dell'Unione Sovietica. Tra il 19 gennaio 1990 e il 26 dicembre 1991, il fallimento delle iniziative di perestrojka e glasnost avviate da Michail Sergeevič Gorbačëv – in aggiunta agli eventi libertari polacchi che contagiarono i Paesi del Patto di Varsavia – portarono all'implosione dell'URSS. Lo storico Andrea Romano, oggi impegnato nella vita politica, racconta per Storiainpodcast uno dei più grandi eventi della storia contemporanea. Andrea Romano è Professore associato di Storia contemporanea presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. E' deputato della Repubblica Italiana, iscritto al Gruppo Parlamentare del Partito Democratico. Ha scritto tra l'altro “Contadini in uniforme. L'Armata Rossa e la collettivizzazione delle campagne nell'URSS”, Firenze, Leo S. Olschki, 1999; “Russia in the Age of Wars 1914-1945” (con Silvio Pons), Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Annali XXXIV, Milano, Feltrinelli, 2000; e “Lo Stalinismo. Un'interpretazione storica”, Bruno Mondadori Editore, 2002. - La dissoluzione pacifica dell'Unione Sovietica. Michail Gorbacev e la perestroika (Prima parte). - Le resistenze alle riforme di Gorbacev e la disgregazione dell'edificio sovietico (Seconda parte).A cura di Deborah Natale. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale La Storia della storia------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura
La dissoluzione dell'Unione Sovietica fu il processo di disgregazione che, a 74 anni dalla Rivoluzione d'Ottobre, coinvolse il sistema politico, economico e sociale dell'Unione Sovietica. Tra il 19 gennaio 1990 e il 26 dicembre 1991, il fallimento delle iniziative di perestrojka e glasnost avviate da Michail Sergeevič Gorbačëv – in aggiunta agli eventi libertari polacchi che contagiarono i Paesi del Patto di Varsavia – portarono all'implosione dell'URSS. Lo storico Andrea Romano, oggi impegnato nella vita politica, racconta per Storiainpodcast uno dei più grandi eventi della storia contemporanea. Andrea Romano è Professore associato di Storia contemporanea presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. E' deputato della Repubblica Italiana, iscritto al Gruppo Parlamentare del Partito Democratico. Ha scritto tra l'altro “Contadini in uniforme. L'Armata Rossa e la collettivizzazione delle campagne nell'URSS”, Firenze, Leo S. Olschki, 1999; “Russia in the Age of Wars 1914-1945” (con Silvio Pons), Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Annali XXXIV, Milano, Feltrinelli, 2000; e “Lo Stalinismo. Un'interpretazione storica”, Bruno Mondadori Editore, 2002. - La dissoluzione pacifica dell'Unione Sovietica. Michail Gorbacev e la perestroika (Prima parte). - Le resistenze alle riforme di Gorbacev e la disgregazione dell'edificio sovietico (Seconda parte).A cura di Deborah Natale. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale La Storia della storia------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura
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>con Massimiliano Piccolo< Primo incontro del ciclo "Il futuro ha un cuore antico. A 100 anni dalla fondazione dell'Unione Sovietica". La rivoluzione aveva già dimostrato la possibilità dell'inversione storica, l'Ottobre aveva infatti spazzato via un passato feudale e premoderno, ponendo le basi del primo stato socialista della storia e – contemporaneamente – di una teoria della storia e di una pratica rivoluzionaria non ingenuamente storiciste. Pochi mesi dopo, dalle colonne della Pravda, Lenin sostenne la superiorità del principio democratico di una repubblica fondata sui soviet rispetto al modello liberale. Scongiurato così il rischio che l'Assemblea Costituente, dopo la vittoria elettorale (soprattutto nelle campagne) dei socialrivoluzionari, potesse revocare i decreti dei soviet, i bolscevichi poterono firmare la pace col trattato di Brest-Litovsk. Ma il processo rivoluzionario non si esaurisce con la presa del Palazzo d'Inverno così come le forze controrivoluzionarie non erano annichilite d'un tratto: nell'estate del 1918, la cosiddetta ‘Armata bianca', guidata dagli ex generali di Nicola II con il sostegno di numerose potenze straniere, si adoperò per tentare di riportare il Paese alla monarchia. Contro il contagio delle idee rivoluzionarie, governi e classi dominanti appoggiarono così apertamente le armate reazionarie. Sconfitto pure il tentativo di far fallire la rivoluzione attraverso la guerra civile, la nuova costruzione politica, statale e istituzionale può essere avviata con tutte le difficoltà ma anche la ricchezza di un grande sforzo nel comprendere e nel praticare la svolta rappresentata da una fase di transizione così epocale, come aveva colto bene J. Reed nei 10 giorni che fecero tremare il mondo. In questo modo, il marxismo, grazie a Lenin e agli altri dirigenti rivoluzionari, può mostrare a generazioni intere l'importanza di un approccio dialettico e non dogmatico che trova le soluzioni adatte nel confronto con la singolarità di un caso specifico, con l'irruzione di un evento irripetibile per definizione. Il comunismo di guerra prima e la NEP dopo ne sono una dimostrazione.
Racconto di FEDERICO BETTUZZIDal 23 Ottobre al 4 Novembre 1956, il sogno dell'Ungheria di affrancarsi dal pesante giogo dell'Unione Sovietica venne spezzato tragicamente, i carri armati dell'Armata Rossa entrano a Budapest e sopprimono con la forza i moti popolari per il ritorno alla democrazia ed alla liberta' dei cittadini ungheresi.Guarda Il Video Su Youtube: https://youtu.be/onrB5Y8opdYIl Blog di Federico Bettuzzi: https://raccontidistoria.blogspot.com/Sostieni Noir Italiano su Patreon: https://www.patreon.com/noiritalianoDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/racconti-di-storia-podcast--5561307/support.
Che cosa accadde in Europa alla fine della Seconda guerra mondiale? In questa prima parte, ecco come cambiarono gli equilibri tra i vari Paesi. E come iniziarono a soffiare i primi venti della Guerra fredda: il mondo si divise in due blocchi, quello degli Stati Uniti e dell'Europa Occidentale e quello dell'Unione Sovietica. ---Per secondo dopoguerra si definisce il periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, alle problematiche causate dal conflitto e alle conseguenze politiche e geografiche determinate. In molti paesi si pone il dramma umano di intere masse di persone costrette a lasciare la propria terra oppure internate in campi di prigionieri.Per Storiainpodcast, il Professore Fabio Ferrarini analizza il percorso politico, economico e culturale europeo che oltre a sancire la fine del nazi-fascismo, porterà all'indebolimento di alcune nazioni.I cambiamenti avvenuti in Italia, Francia, Spagna, la divisione della Germania in Repubblica Federale e Repubblica Democratica Tedesca, la divisione del mondo in due sfere d'influenza, quella americana e quella comunista capeggiata dall'URSS, sono i temi del podcast.Fabio Ferrarini è Professore a contratto di Storia Contemporanea presso l'Università degli Studi di Milano La Statale. E' autore di diverse opere, tra cui “L'asse spezzato. Fascismo, nazismo e diplomazia culturale nei paesi nordici.1922-1945)”. - L'Europa alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il Piano Marshall e l'URSS (Prima parte). - La divisione della Germania e la cultura politica europea (Seconda parte).A cura di Deborah Natale. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale La storia della Storia------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura
A cura di Ferruccio Bovio Elon Musk, l'eccentrico imprenditore di origine sudafricana, ci è noto soprattutto per aver fondato la Tesla, anche se il settore delle auto elettriche non è certamente il solo ad appassionarlo. Tra i suoi grandiosi progetti figura, infatti, anche quello di dare vita ad una costellazione composta da 12.000 satelliti, in grado di garantire un servizio internet ad altissima velocità in tutti gli angoli del mondo. E per questo motivo, continua a lanciare sempre più nuovi oggetti nello spazio, anche a costo di creare pericoli per gli altri veicoli che si trovino in orbita. Attualmente Space X, l'azienda aerospaziale che Musk ha fondato per realizzare il suo sogno di colonizzazione cosmica, dispone già di 1.600 satelliti che rappresentano i primi passi del progetto denominato "Starlink". Peccato però, che due di essi abbiano recentemente rischiato di schiantarsi contro il "Palazzo Celeste", vale a dire la stazione spaziale che costituisce il vanto della tecnologia cinese. Secondo un documento inviato all'inizio di dicembre da Pechino all'Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari dello Spazio Esterno, il Palazzo Celeste ha, infatti, dovuto eseguire manovre evasive in due occasioni (sia a luglio, che a ottobre), per evitare un urto rovinoso con i satelliti di Space X. L'Agenzia spaziale cinese si è detta, pertanto, pronta a reagire al fine di garantire la sopravvivenza dei suoi astronauti. I Cinesi avvertono che più aumenteranno i lanci effettuati dalla Società di Elon Musk e più saliranno, ovviamente, le possibilità di collisione con altri oggetti presenti nello spazio. Ma l'episodio, al di là della tensione che ha alimentato con quella che, in fondo, è un'azienda privata, ha finito soprattutto per fornire al governo di Pechino un'ottima occasione per inviare un monito agli Stati Uniti, ricordando loro il dovere di osservare il Trattato sullo Spazio Extra-Atmosferico, che disciplina i lanci satellitari, con tutte le loro implicazioni strategiche. Dalla fine dell'Unione Sovietica, gli Americani si sono potuti adagiare su circa vent'anni di controllo assoluto dello spazio. Hanno collaborato con i Russi, coi Giapponesi e con gli Europei in tanti ambiti (compresa l'ideazione del super telescopio James Webb, messo in orbita la mattina di Natale), ma lo hanno sempre fatto escludendo i Cinesi, temendone lo spionaggio. Ciò nonostante, Pechino ha proseguito autonomamente sulla sua strada, ottenendo anche importantissimi risultati come l'invio di un rover su Marte, avvenuto nel maggio scorso. La Cina mostra, quindi, di disporre di un sofisticato know how che non può che preoccupare gli esperti del Pentagono, i quali paventano addirittura un sorpasso da parte del Colosso Asiatico entro il 2030. La Cina, vista da Washington, appare come un interlocutore misterioso ed impenetrabile, che sfugge dinanzi a qualsiasi tentativo di coinvolgimento in una visione multilaterale del Pianeta. E la Casa Bianca che avverte ormai pesantemente sul proprio collo il bruciore del fuoco emesso dal drago cinese, percepisce, in modo netto, il pericolo di perdere quella leadership globale che aveva iniziato ad assaporare dalla fine della Guerra Fredda. È chiaro, quindi, che, in uno scenario in cui anche i più consolidati equilibri strategici rischiano di essere messi in discussione, la corsa al controllo dello spazio è destinata ad assumere un aspetto di sempre maggior vitale importanza. ________________________________________ Ascolta "Il Corsivo": Ferruccio Bovio in Redazione e Roberto Frangipane in Studio, ogni giorno su www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra app
A cura di Ferruccio Bovio Elon Musk, l'eccentrico imprenditore di origine sudafricana, ci è noto soprattutto per aver fondato la Tesla, anche se il settore delle auto elettriche non è certamente il solo ad appassionarlo. Tra i suoi grandiosi progetti figura, infatti, anche quello di dare vita ad una costellazione composta da 12.000 satelliti, in grado di garantire un servizio internet ad altissima velocità in tutti gli angoli del mondo. E per questo motivo, continua a lanciare sempre più nuovi oggetti nello spazio, anche a costo di creare pericoli per gli altri veicoli che si trovino in orbita. Attualmente Space X, l'azienda aerospaziale che Musk ha fondato per realizzare il suo sogno di colonizzazione cosmica, dispone già di 1.600 satelliti che rappresentano i primi passi del progetto denominato "Starlink". Peccato però, che due di essi abbiano recentemente rischiato di schiantarsi contro il "Palazzo Celeste", vale a dire la stazione spaziale che costituisce il vanto della tecnologia cinese. Secondo un documento inviato all'inizio di dicembre da Pechino all'Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari dello Spazio Esterno, il Palazzo Celeste ha, infatti, dovuto eseguire manovre evasive in due occasioni (sia a luglio, che a ottobre), per evitare un urto rovinoso con i satelliti di Space X. L'Agenzia spaziale cinese si è detta, pertanto, pronta a reagire al fine di garantire la sopravvivenza dei suoi astronauti. I Cinesi avvertono che più aumenteranno i lanci effettuati dalla Società di Elon Musk e più saliranno, ovviamente, le possibilità di collisione con altri oggetti presenti nello spazio. Ma l'episodio, al di là della tensione che ha alimentato con quella che, in fondo, è un'azienda privata, ha finito soprattutto per fornire al governo di Pechino un'ottima occasione per inviare un monito agli Stati Uniti, ricordando loro il dovere di osservare il Trattato sullo Spazio Extra-Atmosferico, che disciplina i lanci satellitari, con tutte le loro implicazioni strategiche. Dalla fine dell'Unione Sovietica, gli Americani si sono potuti adagiare su circa vent'anni di controllo assoluto dello spazio. Hanno collaborato con i Russi, coi Giapponesi e con gli Europei in tanti ambiti (compresa l'ideazione del super telescopio James Webb, messo in orbita la mattina di Natale), ma lo hanno sempre fatto escludendo i Cinesi, temendone lo spionaggio. Ciò nonostante, Pechino ha proseguito autonomamente sulla sua strada, ottenendo anche importantissimi risultati come l'invio di un rover su Marte, avvenuto nel maggio scorso. La Cina mostra, quindi, di disporre di un sofisticato know how che non può che preoccupare gli esperti del Pentagono, i quali paventano addirittura un sorpasso da parte del Colosso Asiatico entro il 2030. La Cina, vista da Washington, appare come un interlocutore misterioso ed impenetrabile, che sfugge dinanzi a qualsiasi tentativo di coinvolgimento in una visione multilaterale del Pianeta. E la Casa Bianca che avverte ormai pesantemente sul proprio collo il bruciore del fuoco emesso dal drago cinese, percepisce, in modo netto, il pericolo di perdere quella leadership globale che aveva iniziato ad assaporare dalla fine della Guerra Fredda. È chiaro, quindi, che, in uno scenario in cui anche i più consolidati equilibri strategici rischiano di essere messi in discussione, la corsa al controllo dello spazio è destinata ad assumere un aspetto di sempre maggior vitale importanza. ________________________________________ Ascolta "Il Corsivo": Ferruccio Bovio in Redazione e Roberto Frangipane in Studio, ogni giorno su www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra app
Il 26 dicembre del 2021 ricorre un anniversario importante: i 30 anni dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica. Per offrirmi un caffè virtuale e sostenere il podcast: https://ko-fi.com/europagrandtourTrovi la trascrizione della puntata e oltre alle fonti, foto e eventuali approfondimenti su: https://www.europagrandtour.comDella stessa autrice: il podcast Storia D'Europa, https://www.storiadeuropa.com e il blog di cucina con audio-ricette https://www.cucinaeuropea.com
La Rivoluzione russa nel 1917 portò al rovesciamento dell'Impero russo e alla formazione inizialmente della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa e nel 1922, in seguito alla guerra civile, dell'Unione Sovietica. Nell'ambito degli sconvolgimenti politici e sociali provocati dalla Grande Guerra, la Rivoluzione Russa fu il più violento, il più traumatico e anche il più imprevisto. Il 1917, con le due rivoluzioni (di febbraio la prima, di ottobre la seconda), provocò la caduta dello zarismo e la presa di potere da parte dei bolscevichi. In questo podcast il racconto degli storici eventi che portarono la Russia, il più arretrato tra i grandi paesi d'Europa, a divenire il primo Stato socialista della storia, considerato dai suoi sostenitori come la patria dei lavoratori di tutto il mondo e dai suoi nemici come la prima espressione di società totalitaria.Antonella Salomoni è professore ordinario di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università della Calabria, dove è titolare dei corsi di Storia dei diritti umani e culture della pace e Storia dei servizi sociali. Insegna Storia della shoah e dei genocidi presso il Dipartimento di Storia, Culture e Civiltà, Università di Bologna. E' inoltre autrice di diverse opere, tra cui “L'unione Sovietica e la Shoah. Genocidio, resistenza, rimozione” e “Lenin e la Rivoluzione Russa”. - La Rivoluzione del 1905 (Prima parte). - La Rivoluzione del febbraio 1917 (Seconda parte). - La Rivoluzione d'Ottobre (Terza parte). - La Guerra Civile, il Comunismo di guerra e la dissoluzione dell'Assemblea Costituente (Quarta parte).A cura di Deborah Natale. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale La storia della Storia------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura
La Rivoluzione russa nel 1917 portò al rovesciamento dell'Impero russo e alla formazione inizialmente della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa e nel 1922, in seguito alla guerra civile, dell'Unione Sovietica. Nell'ambito degli sconvolgimenti politici e sociali provocati dalla Grande Guerra, la Rivoluzione Russa fu il più violento, il più traumatico e anche il più imprevisto. Il 1917, con le due rivoluzioni (di febbraio la prima, di ottobre la seconda), provocò la caduta dello zarismo e la presa di potere da parte dei bolscevichi. In questo podcast il racconto degli storici eventi che portarono la Russia, il più arretrato tra i grandi paesi d'Europa, a divenire il primo Stato socialista della storia, considerato dai suoi sostenitori come la patria dei lavoratori di tutto il mondo e dai suoi nemici come la prima espressione di società totalitaria.Antonella Salomoni è professore ordinario di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università della Calabria, dove è titolare dei corsi di Storia dei diritti umani e culture della pace e Storia dei servizi sociali. Insegna Storia della shoah e dei genocidi presso il Dipartimento di Storia, Culture e Civiltà, Università di Bologna. E' inoltre autrice di diverse opere, tra cui “L'unione Sovietica e la Shoah. Genocidio, resistenza, rimozione” e “Lenin e la Rivoluzione Russa”. - La Rivoluzione del 1905 (Prima parte). - La Rivoluzione del febbraio 1917 (Seconda parte). - La Rivoluzione d'Ottobre (Terza parte). - La Guerra Civile, il Comunismo di guerra e la dissoluzione dell'Assemblea Costituente (Quarta parte).A cura di Deborah Natale. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale La storia della Storia------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura
La Rivoluzione russa nel 1917 portò al rovesciamento dell'Impero russo e alla formazione inizialmente della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa e nel 1922, in seguito alla guerra civile, dell'Unione Sovietica. Nell'ambito degli sconvolgimenti politici e sociali provocati dalla Grande Guerra, la Rivoluzione Russa fu il più violento, il più traumatico e anche il più imprevisto. Il 1917, con le due rivoluzioni (di febbraio la prima, di ottobre la seconda), provocò la caduta dello zarismo e la presa di potere da parte dei bolscevichi. In questo podcast il racconto degli storici eventi che portarono la Russia, il più arretrato tra i grandi paesi d'Europa, a divenire il primo Stato socialista della storia, considerato dai suoi sostenitori come la patria dei lavoratori di tutto il mondo e dai suoi nemici come la prima espressione di società totalitaria.Antonella Salomoni è professore ordinario di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università della Calabria, dove è titolare dei corsi di Storia dei diritti umani e culture della pace e Storia dei servizi sociali. Insegna Storia della shoah e dei genocidi presso il Dipartimento di Storia, Culture e Civiltà, Università di Bologna. E' inoltre autrice di diverse opere, tra cui “L'unione Sovietica e la Shoah. Genocidio, resistenza, rimozione” e “Lenin e la Rivoluzione Russa”. - La Rivoluzione del 1905 (Prima parte). - La Rivoluzione del febbraio 1917 (Seconda parte). - La Rivoluzione d'Ottobre (Terza parte). - La Guerra Civile, il Comunismo di guerra e la dissoluzione dell'Assemblea Costituente (Quarta parte).A cura di Deborah Natale. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale La storia della Storia------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura
La Rivoluzione russa nel 1917 portò al rovesciamento dell'Impero russo e alla formazione inizialmente della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa e nel 1922, in seguito alla guerra civile, dell'Unione Sovietica. Nell'ambito degli sconvolgimenti politici e sociali provocati dalla Grande Guerra, la Rivoluzione Russa fu il più violento, il più traumatico e anche il più imprevisto. Il 1917, con le due rivoluzioni (di febbraio la prima, di ottobre la seconda), provocò la caduta dello zarismo e la presa di potere da parte dei bolscevichi. In questo podcast il racconto degli storici eventi che portarono la Russia, il più arretrato tra i grandi paesi d'Europa, a divenire il primo Stato socialista della storia, considerato dai suoi sostenitori come la patria dei lavoratori di tutto il mondo e dai suoi nemici come la prima espressione di società totalitaria.Antonella Salomoni è professore ordinario di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università della Calabria, dove è titolare dei corsi di Storia dei diritti umani e culture della pace e Storia dei servizi sociali. Insegna Storia della shoah e dei genocidi presso il Dipartimento di Storia, Culture e Civiltà, Università di Bologna. E' inoltre autrice di diverse opere, tra cui “L'unione Sovietica e la Shoah. Genocidio, resistenza, rimozione” e “Lenin e la Rivoluzione Russa”. - La Rivoluzione del 1905 (Prima parte). - La Rivoluzione del febbraio 1917 (Seconda parte). - La Rivoluzione d'Ottobre (Terza parte). - La Guerra Civile, il Comunismo di guerra e la dissoluzione dell'Assemblea Costituente (Quarta parte).A cura di Deborah Natale. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale La storia della Storia------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6843QUANDO I COMUNISTI SOVIETICI ABOLIRONO IL NATALE di Giuliano GuzzoLa polemica di alcuni giorni fa sulle linee guida della comunicazione «inclusiva» dell'Unione europea - poi ritirate - che sconsigliavano l'uso di nomi e festività cristiane, ha portato alcuni a gridare al falso allarme. L'Europa, hanno infatti voluto precisare alcuni fact-checker, ossia i «cacciatori di bufale» sempre pronti a mettere i punti sulle i, non ha mai inteso «abolire il Natale». Ed è vero. Ciò però non toglie come quelle linee guida fossero imbarazzanti, tanto che poi sono state revocate, e non toglie neppure come l'abolizione del Natale non sia affatto uno scenario impossibile. Per un motivo semplice: nella storia, è già stata decretata.Neppure i più zelanti «cacciatori di bufale», categoria che spesso orbita nell'area politica progressista, potranno difatti negare il precedente - clamoroso eppure non molto conosciuto - dell'Unione Sovietica. In breve, accadde questo.L'ABOLIZIONE DEL NATALENell'aprile 1929, il Partito comunista - che aveva già preso a chiudere le chiese e a perseguitare i religiosi - fece un pesante passo avanti abolendo in toto il periodo delle festività natalizie e, con esso, l'albero, «usanza dei preti» accusato d'essere strumento con cui la Chiesa adescava i più piccoli, perché, si pensava allora, «la religiosità dei bambini inizia con l'albero di Natale», perciò occorreva evitare che si intossicassero col «veleno religioso».Qualche anno dopo, nel 1935, in Unione Sovietica si decise di introdurre poi una festa sostitutiva, quella del Capodanno. Sì procedette in tal senso sulla scorta di quanto apertamente suggerito sulle colonne della Pravda, l'organo ufficiale del Partito, dall'influente uomo politico Pavel Postyshev (1887-1939), il quale proponeva di restituire ai bambini sovietici «l'atmosfera di fiaba e magia» da alcuni anni rimossa. Le festività di fine dicembre furono insomma ripristinate. Ad una condizione, però: nessun riferimento, neppure remoto, alla religione.In effetti, già nel 1929 i sovietici furono a dir poco inflessibili nel loro intento di sradicare il Natale di Cristo dal loro immenso territorio. Basti qui ricordare che, nell'inverno di quell'anno, pattuglie di volontari si misero all'opera perlustrando palmo a palmo le città così come i villaggi. L'ordine era chiaro: garantire l'abolizione del Natale, osservando - con un'obbedienza al regime degna della penna di George Orwell - fin dentro le finestre delle case, al fine di assicurare compiuta esecuzione al decreto governativo. Ecco che allora il Natale si fece evento clandestino e, con esso, l'albero.VIETATO L'ALBERO DI NATALESignificativa, in proposito, la prima pagina della rivista L'ateo alla macchina da lavoro uscita nel 1931. Vi era ritratto un uomo che fissava un abete sui cui rami si trovava un cartello molto esplicito: «Divieto di tagliare l'albero di Natale». Ciò nonostante, come si diceva, l'usanza dell'albero tornò nel 1935. Ci fu però chi ritenne che la pur laicissima operazione presentasse dei rischi. Così ecco che apparvero sull'albero soldati, atleti, pionieri, esploratori e piloti. Per non lasciare nulla al caso, pure l'antica stella Cometa venne sostituita dalla stella rossa a cinque punte. La messa al bando delle festività natalizie, insomma, continuò all'insegna del massimo rigore.Ciò però, come sappiamo, non ha impedito all'Urss, dopo decenni di feroci persecuzioni anticristiane, di crollare. E di crollare, tra l'altro, in tempi e modo tutt'altro che casuali. La fine dell'impero sovietico fu infatti stabilita l'8 dicembre 1991, festa dell'Immacolata Concezione, mentre la firma delle carte e la bandiera rossa ammainata dalla piazza rossa datano il 25 dicembre 1991. Precisamente il giorno di Natale. Fu Dio stesso, insomma, a voler metter la firma sulla fine dell'ateismo di Stato e della feroce utopia irreligiosa. Pur immobile nella sua mangiatoia, Gesù Bambino ha così battuto, in un solo colpo, Marx, Lenin e Stalin. Ma di tutta questa incredibile vicenda storica, chissà come mai, ancora oggi si fatica a parlare.
Il titolo della dodicesima puntata della quarta stagione di J-TACTICS, trae spunto da "Le vite degli altri", ( Das Leben der Anderen) che è un film del 2006 opera prima del regista F.H. Von Donnersmarck.Siamo nella Berlino Est del 1984, il muro ancora divide la Germania, la DDR (Repubblica Democratica Tedesca) continua ad essere sotto l'influenza dell'Unione Sovietica e la Stasi, controlla ossessivamente le attività dei propri concittadini, in modo da poter impedire ogni forma di dissenso.Geog Dreyman scrittore teatrale e la sua compagna Christa-Maria Sieland, famosa attrice di teatro, sono considerati dalla DDR tra i più importanti intellettuali del regime comunista e sono tenuti in grande considerazione, malgrado in cuor loro, non siano sempre in linea con le idee del partito di unità socialista di cui fanno parte.Un giorno, il nuovo ministro della cultura Bruno Hempf, durante uno spettacolo posa gli occhi sulla bella attrice e vieta ad Albert Jerska, amico di Dreyman e regista delle sue opere, di continuare con il suo lavoro a causa delle divergenti idee politiche.La sera stessa parla con il tenente colonnello Grubitz, il quale chiede a Gerd Wiesler, professore universitario e valoroso agente della Stasi, di mettere sotto controllo Dreyman.Viene organizzata così una squadra che, dovrà installare a casa della coppia, l'apparecchiatura necessaria per sorvegliare Dreyman: microfoni, ricetrasmittenti e telecamere.Allestita una postazione d'ascolto, ogni loro discorso, situazione e spostamento verrà trascritto 24 ore su 24.Intanto il ministro Hempf costringe la bella Christa a concedersi ai suoi capricci in cambio di una luminosa carriera teatrale.Dreyman viene sconvolto dal suicidio dell'amico regista e dissidente politico Jerska e come se non bastasse, scopre il tradimento-violenza della moglie.Decide così di iniziare un'anonima campagna di denuncia al regime scrivendo un articolo sull'alta e anomala percentuale di suicidi nella DDR.Con l'aiuto di un amico ed un giornalista, l'articolo verrà pubblicato su una rivista importante della Germania Ovest.Lo scrittore non sospetta di essere in realtà ascoltato giorno e notte. Wiesler è una persona sola e ligia al dovere, che rimane affascinata dallo spirito libero e dalle relazioni sentimentali, d'amore e d'amicizia della coppia di artisti e pian piano si sottrae all'incarico di trovare materiale compromettente, e anzi non fa nulla per ostacolare Dreyman dai suoi intenti.Wiesler infatti lo proteggerà indirettamente, cercando di insabbiare l'intrigo il più a lungo possibile.Anche nelle persone più ossequiose e dedite al lavoro può germogliare un risveglio della coscienza, e gli eventi possono prendere strade imprevedibili.Facendo la nostra solita trasposizione dalla cinematografia al mondo del calcio, ed in modo particolare alle vicende juventine, potremo utilizzare il titolo e le vicende narrate nella pellicola per analizzare l'ipotesi di reato di falso in bilancio, dichiarazioni false in Borsa e fatture fittizie a carico di Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Fabio Paratici e altri dirigenti.La cd. Inchiesta "Prisma" della Procura di Torino contro la Juventus.Così come nella pellicola da cui trae spunto l'odierna puntata di J-TACTICS, il mezzo usato in maniera non proprio ortodossa e corretta o forse oseremo dire spregiudicata, è l'intercettazione.Come i coniugi protagonisti del film di Von Donnersmarck, anche due alti dirigenti bianconeri risultano essere oggetto di una sorta di voyeurismo a senso unico, non in questo caso della celeberrima STASI, bensì di una procura, quella di Torino che da anni pare avere un feticcio, la Juventus ed i suoi dirigenti.Ecco che allora, a far scattare l'interesse dei PM di Torino è stata proprio l'intercettazione fra Gabasio e Cherubini in cui l'avvocato risponde così al ds il 23 settembre 2021, intercettato dalla guardia di Finanza: "Ti dico solo questo: ho fatto un discorso col pres (verosimilmente Agnelli). Gli ho detto che io non arriverei a fare la causa contro di loro. Fede, ti spiego solo perché noi abbiamo quella carta lì che tecnicamente non deve esistere. Se salta fuori ci saltano tutti alla gola sui bilanci…i revisori e tutti…poi magari dobbiamo fare una transazione finta…"Non poteva allora mancare l'iscrizione nel registro degli indagati per l'avvocato Cesare Gabasio che è il protagonista di una delle intercettazioni più importanti secondo gli zelanti inquirenti, quella che rigurada la celeberrima "carta privata" sottoscritta pare dalla Juve e Cristiano Ronaldo.Appurato dalle ineffabili "volpi" dellaprocura sabauda che il filone "plusvalenze" sarebbe, visti i precedenti giurisprudenziali di Inter e Milan nel 2008, naufragato con un nulla di fatto, l'attenzione degli ineffabili inquirenti negli ultimi giorni sembra essersi spostata appunto sulla ricerca della "Carta Ronaldo".Documento privato di cui però nessuno sa esattamente di cosa si tratta, in primis paradossalmente gli inquirenti.Una domanda sorge quindi spontanea, e se alla fine dei giochi la "carta Ronaldo" non si trovasse?Premettendo che nessuno è a conoscenza del suo contenuto, e che quindi solo nel teorema costruito dagli inquirenti e dai soliti "giornalai", essa consentirebbe di dimostrare un reato o qualche artificio contabile dei dirigenti della Juventus.Nel caso in cui la carta non salti fuori nelle prossime settimane, allora così come accaduto negli ultimi 20 anni, ultimo esempio il famoso "caso Suarez", l'enorme castello di carte e fantasioso quadro accusatorio che vede, sulle prime pagine dei giornali la Juventus già colpevole e spacciata, si ridurrebbe (tanto per cambiare) al solito chiacchiericcio da bar dove si sbatte il presunto mostro in prima pagina.E tanto per cambiare il mostro è la squadra Bianconera.Elevando un po' più il tenore del discorso (si fa per dire) e spostandoci su quello prettamente giuridico, dopo cinque anni dall'approvazione della direttiva europea a tutela della non colpevolezza degli indagati, il bel paese decide di adottare finalmente una legge dal nome altisonante: "sulla presunzione di innocenza".Così come però spesso accade nel nostro paese gli intenti non sono quasi mai seguiti dai fatti.Non deve stupire quindi se i principali quotidiani e mezzi d'informazione unanimemente hanno sparato in prima pagina la notizia della perquisizione della sede della Juventus e dell'esistenza di un'indagine condotta dalla procura del capoluogo piemontese che vede indagati gli alti dirigenti juventini ivi compreso il presidente Agnelli, ed ovviamente la stessa società per i reati di falso in bilancio e false fatturazioni.A poche ore dall'avvio ufficiale dell'indagine alcuni giornali hanno riportato come per "magia", pezzi di intercettazioni addirittura indicando il contenuto di specifici documenti che la procura ricerca e che riguarderebbero l'ex bianconero Ronaldo reo insieme alla Juve di aver siglato un accordo che avrebbe fatto sparire dai bilanci una determinata somma.Tale comportamento dei mezzi d'informazione è illegale, come lo è al di là delle considerazioni morali, la gogna mediatica che fa macelleria messicana della reputazione e dignità delle persone su cui si sta indagando.Se l'intera vicenda, come auspichiamo, dovesse concludersi ancora una volta con un nulla di fatto, sarebbe ora che la Juventus nella figura della sua proprietà intervenisse per far cessare, con doverose richieste di risarcimento, la gogna alla quale da troppo tempo è impunemente sottoposta insieme ai suoi milioni di tifosi.Concludiamo ricordando ai più smemorati che fu proprio il silenzio, il colpevole ed assordante silenzio della società che nel 2006 ci portò dritti in serie B da innocenti permettendo l'aborto giuridico-sportivo denominato "calciopoli".Sarà nostra gradita ospite l'amica Marialaura Scatena, collaboratrice di “L Football Magazine”, web magazine dedicato al calcio femminile, che quest'anno sarà presenza quasi costante nel podcast.Diteci la vostra, interagiremo con voi in chat live! Ecco i link dei nostri social:CANALE TELEGRAM:https://t.me/joinchat/AAAAAE2Dp-yj5b1N4SNcMQINSTAGRAM:https://instagram.com/jtactics_?igshid=1fg7nrkzhl2mtFACEBOOK:http://m.facebook.com/jtacticsmdn/
Racconto di FEDERICO BETTUZZINikita Krusciov, il successore di Stalin alla guida dell'Unione Sovietica, profondamente diverso dal successore, eroe di guerra, di origine umile e semplice. Passato alla storia per un gesto tanto spontaneo quanto inusuale, durante una sessione alle Nazioni Unite si tolse una scarpa per sbatterla violentemente sul tavolo. Krusciov si trovo' a guidare l'allora Unione Sovietica durante gli anni 50, l'inizio della guerra fredda, la crisi dei missili cubani, i tentativi di dialogo con gli Stati Uniti, fino alle dimissioni imposte dal Partito Comunista che gli preferi' Breznev.Guarda Il Video Su Youtube: https://youtu.be/MwjbjoPLdz8Il Blog di Federico Bettuzzi: https://raccontidistoria.blogspot.com/Sostieni Noir Italiano su Patreon: https://www.patreon.com/noiritalianoDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/racconti-di-storia-podcast--5561307/support.
sattamente nel trentennale (dicembre 1991) della nascita della Russia generata dal dissolvimento dell'Unione Sovietica la situazione in Ucraina è diventata particolarmente calda e rischiosa. Un aggiornamento sulle vicende in corso e l'analisi ad ampio spettro dell'ex Confederazione e della Russia di oggi grazie al prezioso contributo di due profondi conoscitori della materia. Ospiti quest'oggi il politologo editore SANDRO TETI e lo storico scrittore PAOLO BORGOGNONE.Conduce l'intervista CARLO SAVEGNAGO
Racconto di FEDERICO BETTUZZIL'organizzazione Gladio era un'organizzazione paramilitare appartenente alla rete internazionale Stay-behind («restare indietro»), che in Italia prende il nome di Gladio. Promossa dalla Central Intelligence Agency nell'ambito dell'operazione Gladio, organizzata per contrastare una possibile invasione nell'Europa occidentale da parte dell'Unione Sovietica e dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia, ma in particolare della non-allineata Jugoslavia titina, attraverso atti di sabotaggio, guerra psicologica e guerriglia dietro le linee nemiche, con la collaborazione dei servizi segreti e di altre strutture.L'esistenza di Gladio, sospettata fin dalle rivelazioni rese nel 1984 dall'ex membro del gruppo neofascista Ordine Nuovo Vincenzo Vinciguerra durante il suo processo, fu riconosciuta dal Presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti il 24 ottobre 1990, che parlò di una «struttura di informazione, risposta e salvaguardia»Guarda Il Video Su Youtube: https://youtu.be/kZLRBkQcvnQIl Blog di Federico Bettuzzi: https://raccontidistoria.blogspot.com/Sostieni Noir Italiano su Patreon: https://www.patreon.com/noiritaliano--- This episode is sponsored by · Anchor: The easiest way to make a podcast. https://anchor.fm/appDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/racconti-di-storia-podcast--5561307/support.
Il podcast di Alessandro Barbero: Lezioni e Conferenze di Storia
Il prof. Barbero racconta la storia di Richard Sorge, conosciutissimo giornalista tedesco che tra il 1933 e il 1941 spiò Giappone e Germania per conto dell'Unione Sovietica, influenzando notevolmente l'andamento della Seconda Guerra Mondiale.Festival della Mente: https://festivaldellamente.itCommunity: https://barberopodcast.it/communityTwitter: https://twitter.com/barberopodcastFacebook: https://facebook.com/barberopodcastInstagram: https://instagram.com/barberopodcastGeorge Street Shuffle by Kevin MacLeodLink: https://incompetech.filmmusic.io/song/3800-george-street-shuffleLicense: http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/
Alessandro Barbero al Festival della Mente: Lezioni e Conferenze di Storia
Il prof. Barbero racconta la storia di Richard Sorge, conosciutissimo giornalista tedesco che tra il 1933 e il 1941 spiò Giappone e Germania per conto dell'Unione Sovietica, influenzando notevolmente l'andamento della Seconda Guerra Mondiale.Festival della Mente: https://festivaldellamente.itCommunity: https://barberopodcast.it/communityTwitter: https://twitter.com/barberopodcastFacebook: https://facebook.com/barberopodcastInstagram: https://instagram.com/barberopodcastGeorge Street Shuffle by Kevin MacLeodLink: https://incompetech.filmmusic.io/song/3800-george-street-shuffleLicense: http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/
Mosca chiude i rubinetti e i prezzi della bolletta del gas in Europa vallo alle stelle. Cosa sta succedendo? Ad #AriaPulita ne parliamo con il Prof. Stefano Bianchini, docente di storia dell'Unione Sovietica e politica estera russa all'Università di Bologna.
Approfitta dell'offerta estiva di NordVPN qui: https://nordvpn.com/NovaGeoApplica il coupon NOVAGEO per ottenere il 73% di sconto con 4 mesi aggiuntivi gratuiti. La promozione è a tempo limitato ed è senza rischi o vincoli grazie ai 30 giorni di prova soddisfatti o rimborsati.--Monografia sulla vita di Iosif Stalin. Questo episodio è il primo di una futura serie sulle storie dei "grandi" dittatori del Novecento. Fonti: Un ringraziamento speciale all'aiuto di Paolo Arigotti, laureato in Storia Contemporanea, per l'ottimizzazione delle fonti, lo script e il fact checking. Per altre info su Paolo: Facebook.com/paoloarigottiIstagram paolo_arigotti_writerYoutube https://bit.ly/3adusljPro e contro Stalin, Dossier Mondadori, 1971T. Judt, Postar, LaterzaAA.VV., Il libro nero del comunismo, MondadoriE. Hobsbawm, Il secolo breve, Rizzolihttps://www.raiplay.it/video/2017/10/Passato-e-Presente---Stalin-leta-del-terrore-89e53891-d026-4c39-8faa-35ba928f0dd3.htmlhttps://www.raiplay.it/video/2011/08/Alla-corte-di-Stalin---La-Grande-Storia-6d7c7501-5f1f-4e8b-bfbc-5943dad06a2e.htmlhttps://www.limesonline.com/protagonisti/josif-stalinhttps://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Ucraina-scoperte-fosse-comuni-con-vittime-delle-purghe-di-Stalin-3e9214dc-37bf-4a7b-b4be-b27fd77e5ef6.htmlhttps://www.jstor.org/stable/43613000https://www.huffingtonpost.it/entry/i-gulag-le-purghe-staliniane-e-le-colpe-di-togliatti_it_5e789c68c5b62f90bc4dfce1https://www.ilsole24ore.com/art/ottanta-anni-fa-patto-innaturale-ACOAzbf-----Un grazie a Sebastiano Benatti in arte Jouzu Music, per la realizzazione della colonna sonora della sigla: Instagram: https://www.instagram.com/jouzumusic/ email: jouzumusic@gmail.comUn grazie a Luca Orlando, in arte Shudew, per la realizzazione dello speakeraggio della sigla: Spotify: bit.ly/SpotyShudewInstagram: bit.ly/InstaShudew
Archeologia Informatica lascia i confini dell'Unione Sovietica pur restando all'interno della famigerata Cortina di Ferro, ossia quella parte del blocco dell'est che rappresentava la contro alleanza alla futura NATO. Quì le cose si diversificano molto da stato a stato ma tutte storie affascinanti. Come nella puntata scorsa ospite speciale della puntata Stefano Guida.
storiainpodcast.focus.it - Canale PersonaggiMichail Sergeevič Gorbačëv, spesso traslitterato anche come Mikhail Gorbachev o Gorbaciov (Privol'noe, 2 marzo 1931) è un politico sovietico, russo dal 1991. Ultimo segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica dal 1985 al 1991, fu propugnatore dei processi di riforma legati alla perestrojka e alla glasnost', e protagonista nella catena di eventi che portarono alla dissoluzione dell'URSS e alla riunificazione della Germania. Artefice, con la sua politica, della fine della guerra fredda, fu insignito nel 1989 della Medaglia Otto Hahn per la Pace e, nel 1990, del Nobel per la pace. È l'unico ex-segretario del PCUS ancora vivente. Tra il 15 e il 17 maggio 1985 Michail Gorbačëv, allora nuovo Segretario generale del Partito Comunista, si recò a Leningrado, dove incontrò il comitato cittadino di partito. In quell'occasione affermò: «È evidente, compagni, che tutti noi dobbiamo ricostruirci. Tutti», utilizzando il verbo “perestrajvat'sja” (ricostruirsi) come una metafora che fu poi diffusa dai media e divenne lo slogan di una nuova fase nella storia dell'Unione Sovietica: la Perestrojka.Storiainpodcast lo racconta con l'ambasciatore Sergio Romano, storico, analista diplomatico ed editorialista del “Corriere della Sera”, che è stato anche ambasciatore d'Italia presso la Nato e in Unione Sovietica.A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.------------Storia in podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify (http://bit.ly/VoceDellaStoria) ed Apple Podcasts (https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427).Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6512LA VERA STORIA DEL PARTITO COMUNISTA ITALIANOLa fondazione 100 anni fa a Livorno, poi il compromesso storico con la DC, poi il finto scioglimento per cambiare il nome più volte, fino all'attuale presenza al governodi Roberto de MatteiIl Partito Comunista d'Italia nacque a Livorno il 21 gennaio 1921 da una scissione del Partito Socialista. I suoi principali fondatori furono Antonio Gramsci (1891-1937), Palmiro Togliatti (1893-1964) e Amedeo Bordiga (1889-1970), poi espulso e sottoposto a damnatio memoriae, secondo la dialettica interna tipica di ogni partito comunista.Nel 1917 il partito bolscevico aveva conquistato il potere in Russia, sotto la guida di Vladimir Lenin e Lev Trotzski. Il PCI fu la sezione italiana del Komintern, l'organizzazione internazionale fondata a Mosca nel 1919, con lo scopo di diffondere la rivoluzione comunista nel mondo. Nella storia del comunismo, la Rivoluzione russa è un evento più importante della pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista con cui Karl Marx e Friederich Engels, nel febbraio del 1848, lanciarono un appello ai proletari di tutto il mondo per abbattere la borghesia e realizzare la «società senza classi».Nella «undicesima tesi» del suo commento alla filosofia di Feuerbach, Marx sostiene che il compito dei filosofi non è di interpretare il mondo, ma di «trasformarlo». Questa affermazione sembrò realizzarsi nel 1917 a Mosca, dove, per la prima volta nella storia, il comunismo prese il potere e iniziò a diffondersi nel mondo. A Lenin, morto nel 1924, successe Stalin, eliminando la dissidenza di Trotzski, che lo accusava di "tradire" la Rivoluzione. In Italia, mentre Gramsci, imprigionato dal fascismo, elaborava, nei Quaderni dal carcere, la sua «filosofia della prassi», Palmiro Togliatti, il più fedele tra gli stalinisti, guidò il Partito Comunista nella clandestinità e poi nel dopoguerra. Con l'aiuto, anche finanziario, dell'Unione Sovietica, il Partito Comunista divenne il secondo partito italiano dopo la Democrazia Cristiana.OSTPOLITIKIl 7 marzo 1963 Giovanni XXIII ricevette in Vaticano Alexis Adjubei, genero di Krusciov e direttore dell'agenzia Izvestija. Pochi giorni dopo Togliatti, in piena campagna elettorale, propose ufficialmente una collaborazione tra cattolici e comunisti (Rinascita, 30 marzo 1963). Nelle elezioni del 29 aprile, il PCI aumentò di un milione di voti, provenienti soprattutto da ambienti cattolici. Togliatti morì a Yalta nel 1964, mentre la Democrazia Cristiana, con la benedizione del nuovo Pontefice, Paolo VI, formava i primi governi di "centro-sinistra". Il Concilio Vaticano II si chiuse l'8 dicembre 1965 senza aver pronunciato una sola parola sul comunismo, sebbene quasi 500 Padri conciliari ne avessero chiesto un'ufficiale condanna.Nel 1973, dopo l'ascesa e la caduta del governo socialcomunista di Salvador Allende, in Cile, il nuovo segretario del PCI Enrico Berlinguer (1922-1984) pubblicò sulla rivista del partito Rinascita, una serie di Riflessioni sull'Italia dopo i fatti del Cile, in cui avanzava la proposta di un «compromesso storico», che portasse i comunisti al governo in maniera indolore, con l'appoggio della Democrazia Cristiana. L'interlocutore privilegiato di Berlinguer era Aldo Moro, che godeva della piena fiducia di Paolo VI e che iniziò a tessere la trama di un governo con i comunisti.IL COMPROMESSO STORICOGli anni fra il 1974 ed il 1976 furono quelli del maggior successo elettorale del PCI, che nelle elezioni del 21 giugno 1976 raggiunse il 34,4% dei voti espressi. Nel 1978, tuttavia, la morte tragica di Aldo Moro, a cui seguì, pochi mesi dopo, quella di Paolo VI, rallentò la realizzazione del "compromesso storico", mentre in Unione Sovietica, colpita da una colossale crisi economica, nasceva la perestrojika di Mikail Gorbaciov. Nel 1989 crollò il Muro di Berlino e l'Unione Sovietica iniziò la sua auto-dissoluzione. «La decomposizione dell'Unione Sovietica e di conseguenza del suo impero per il modo in cui è avvenuta resta misteriosa», scrive François Furet nel suo studio su Il passato di un'illusione (Mondadori, Milano 1995, p. 354). Senza spargimenti di sangue, tra il 1989 e il 1991, la nomenklatura sovietica sciolse la vecchia azienda e si mise alla testa della nuova. Il comunismo si liberò del suo apparato burocratico, in Russia e nel mondo, lasciando che l'idea comunista potesse esprimersi in nuove forme e modalità di azione.Il 3 febbraio 1991 anche il Partito Comunista Italiano deliberò il proprio scioglimento, promuovendo la costituzione del Partito Democratico della Sinistra (PDS). Il 14 febbraio 1998 il PDS, al termine degli Stati Generali della Sinistra, cambiò ulteriormente nome in Democratici di Sinistra (DS), una compagine che fu a sua volta soggetto fondatore dell'Ulivo, sorto per iniziativa di Romano Prodi, che finalmente, nel 1996 portò i comunisti al governo in Italia. L'Ulivo confluì poi nel Partito Democratico (PD), fondato nel 2007 e oggi al governo.Nota di BastaBugie: in Italia c'è stato il più grosso Partito Comunista d'occidente, ma sembra che in Italia nessuno sia stato comunista. Si può approfondire il tema leggendo il seguente articolo.IL PCI COMPIE CENTO ANNI ED E' AL POTERE IN ITALIA (SOTTO ALTRO NOME)I dirigenti del Partito Comunista si sono autoassolti senza chiedere scusa, hanno accantonato la bandiera marxista, ma non l'arroganza ideologica, la pretesa superiorità morale e la demonizzazione degli avversaridi Antonio Soccihttp://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6322 Titolo originale: La genealogia del PCIFonte: Radici Cristiane, 12 Marzo 2021Pubblicato su BastaBugie n. 708
1985: Michail Gorbačëv diventa leader dell'Unione Sovietica - 1921: Nasce Astor Piazzolla
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6430CENTO ANNI DI COMUNISMO NEL MONDO (1921-2021)Con la scusa dell'emergenza Covid le autorità di Pechino hanno chiuso i 155 luoghi religiosi della città (eppure nessun contagio è stato trasmesso in chiesa)di Mauro FaverzaniLa notizia potrebbe esser considerata sin ridicola, se in realtà non fosse estremamente tragica: col pretesto dell'«emergenza Covid», le autorità di Pechino hanno chiuso a chiunque tutti e 155 i luoghi religiosi della capitale, sospeso le «attività religiose collettive» e deciso un'ulteriore stretta sulle «attività illegali» delle comunità sotterranee. Ciò, nonostante la pandemia sia esplosa in un laboratorio e non certo in un edificio sacro. L'annuncio ufficiale è giunto nel corso di un'apposita conferenza-stampa, promossa lo scorso 8 gennaio dall'Ufficio di informazione del governo della città, lo stesso che curiosamente ha dichiarato quanto segue: «Finora non si sono verificate nuove infezioni di polmonite e nessun caso sospetto fra gli 840 religiosi in 155 sedi religiose della nostra città e l'obiettivo "zero contagio" è stato raggiunto». E allora, verrebbe da dire?Il lockdown ha sbarrato i luoghi di culto sin dal gennaio dell'anno scorso con una breve riapertura a luglio, sia pure a condizioni rigorosissime: ingressi contingentati, rilevazione della temperatura, distanziamento, riti brevi e via elencando. Nessun'altra concessione.Già a Natale i continui controlli condotti dalla Polizia e le restrizioni strettissime imposte spinsero già molti sacerdoti a gettare la spugna ed a chiudere le proprie chiese, affidandosi alle celebrazioni online. Ora, assurdamente, ci si son messi pure i messaggi anonimi sui social, che accusano i cattolici ed i missionari stranieri d'essere i nuovi "untori" e di diffondere il virus nell'Hebei, guarda caso la provincia con la maggiore percentuale di cattolici. Persino l'Associazione patriottica ha precisato come tali affermazioni siano assolutamente infondate, essendovi finora un solo cattolico di Shijiazhuang, la capitale provinciale, risultato positivo al Covid-19.Ma niente da fare. Le chiese resteranno chiuse ed, anzi, le autorità hanno assicurato di «condurre indagini speciali sulle attività religiose illegali nelle aree rurali, frenarle risolutamente e prevenire il rischio di diffusione dell'epidemia». E precisano come «il virus trovato a Shijiazhuang ed a Xingtai sia importato dall'Europa». Ovvero la Cina accusa l'Europa d'aver diffuso il Coronavirus. Anche questa sarebbe forse un'affermazione esilarante, se la faccenda non fosse drammaticamente seria. Tant'è vero che tra i fedeli circola la convinzione che, in realtà, il virus abbia rappresentato per Pechino l'occasione per azzerare le comunità sotterranee. [...]Poche settimane fa, il Partito comunista di Wenzhou, nella provincia dello Zhejiang, ha imposto a tutti gli insegnanti di impegnarsi per iscritto a non professare alcuna religione ed a proporre in merito anzi l'opinione marxista, a promuovere attivamente l'ateismo tra gli studenti e la «nuova civiltà socialista», riservandosi ispezioni ed azioni disciplinari tra docenti ed alunni, qualora qualcuno si dichiarasse credente. Va qui ricordato come già il regime abbia vietato a tutti i minori di 18 anni la partecipazione alla S. Messa. [...] Più o meno nello stesso periodo, la Sara ovvero l'Amministrazione statale cinese per gli Affari religiosi ha introdotto nuove norme circa le attività religiose straniere nella Repubblica popolare, sospettando che in esse possano intrufolarsi operazioni di "spionaggio". Per questo è stato imposto loro una piena e totale sottomissione a leggi e regolamenti cinesi, devono registrarsi, accettare controlli sui propri membri (devono essere tutti, rigorosamente stranieri) e sul materiale in essi utilizzato, inoltre tali comunità devono restare del tutto isolate e non aver contatti con quelle analoghe cinesi. All'esterno delle attività religiose straniere non devono esservi simboli religiosi evidenti, non possono fondare scuole, fare "proselitismo" o accettare donazioni da cinesi. L'elenco potrebbe tristemente continuare. [...]Qualcuno potrebbe ritenere che, in ogni caso, non vi sia granché di cui preoccuparsi, poiché queste situazioni riguardano la sola Cina comunista. Certo, se proprio qualche giorno fa in Scozia il governo non avesse deciso di chiudere indiscriminatamente e completamente tutti i luoghi di culto, per contrastare l'«emergenza Covid», consentendo solo cerimonie online, tra lo sconcerto della Conferenza episcopale scozzese, secondo la quale non sussistono prove scientifiche, che possano «giustificare l'inclusione dei luoghi di culto tra i focolai di contagio», il che fa ritenere «arbitrarie ed ingiuste» le restrizioni imposte solo ai cattolici e non, ad esempio, al settore edile, né agli sport d'élite. Anche altri Stati europei si starebbero preparando per fare altrettanto. Discriminazioni, queste, di cui non è responsabile certo il Coronavirus. Il virus, in questi casi, è un altro, è ideologico, ma non è meno pericoloso e sta già circolando ovunque...Nota di BastaBugie: Roberto de Mattei nell'articolo seguente dal titolo "1921-2021: il comunismo sempre al potere" parla dei cento anni di comunismo al potere nel mondo: Corea del Nord, Cina e anche Italia.Ecco l'articolo completo pubblicato su Radio Roma Libera l'11 Gennaio 2021:Il 7 gennaio, il leader nordcoreano Kim Jong-un è stato eletto segretario generale del Partito dei lavoratori, in occasione dell'ottavo congresso del Partito, il primo negli ultimi cinque anni.Il ruolo di Kim come dittatore comunista della Corea è stato dunque ufficialmente riconfermato.Il Partito dei Lavoratori è infatti l'erede diretto del Partito Comunista Coreano fondato nel maggio del 1921, tre mesi dopo la fondazione del Partito Comunista Italiano, di cui sarà celebrato tra qualche giorno il centenario della fondazione, avvenuta a Livorno il 21 gennaio 1921.Nel 2021 ricorre anche il trentennio della auto-dissoluzione dell'Unione Sovietica. Dopo la caduta del muro di Berlino abbiamo assistito alla liquefazione dell'apparato burocratico comunista in Russia. Però, la fine del regime sovietico non segnò la fine del comunismo, ma la fine dell'anticomunismo, che si illuse che, dopo la caduta del muro di Berlino e dell'Unione Sovietica, il comunismo sarebbe scomparso dalla storia.Non è stato così. Il comunismo ha subito una metamorfosi, ma il suo nucleo dottrinale, il materialismo dialettico, continua a dominare in tutto il mondo. L'Occidente oggi è immerso in una filosofia di vita materialista e relativista. Come negarlo? E come negare che l'Occidente sia ancora guidato da una classe dirigente e intellettuale di origine comunista?In Oriente, la Corea di Kim Jong-un è la longa manus della Repubblica popolare cinese, governata da un dittatore, XI Jinping, che rivendica continuamente la dottrina e la prassi del comunismo. In Cina c'è l'obbligo di studiare Marx, Lenin, Mao e lo stesso pensiero di Xi Jinping, se non si vuole perdere il posto e scomparire nei campi di concentramento, più che mai affollati da schiavi che, con il loro lavoro, permettono la sussistenza dell'economia cinese.Xi Jinping ha detto che la religione è incompatibile con la "fede" marxista e ha presentato se stesso e il Partito Comunista Cinese come «atei marxisti inflessibili». Nel 2020 è stato pubblicato un importante libro della sinologa francese Alice Ekman, dal titolo Rouge vif, che smentisce abbondantemente le teorie di chi pensa che la Cina non sia più comunista.La Cina è comunista e si avvia ad essere la prima superpotenza mondiale. La Corea del Nord è una proiezione politica della Cina. Il suo capo, Kim Jong ha ribadito nell'ultimo congresso del Partito Comunista che il nemico più grande della Corea sono gli Stati Uniti e ha ordinato di sviluppare missili nucleari terrestri e subacquei, perché il suo paese, deve rafforzare la sua capacità militare contro gli Stati Uniti. Lo stesso pensa e fa la Cina di Xi Jinping, che alle armi nucleare, aggiunge quelle informatiche e biologiche, su cui si lavora senza sosta nei suoi laboratori. Titolo originale: In Cina chiese chiuse per Covid. Ma anche in Scozia...Fonte: Corrispondenza Romana, 13 Gennaio 2021Pubblicato su BastaBugie n. 699
Una chiacchierata tra Elia e Simone, moderata da Lorenzo, dove si è parlato della politica estera russa-sovietica nel corso del Novecento.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=308LO STERMINIO PER FAME IN UCRAINA ORDINATO DA STALIN di Stefano MagniIeri è stata una giornata importante per la Chiesa cattolica ucraina. [...] Si ricordano gli 85 anni dall'Holodomor, letteralmente: sterminio per fame, voluto da Stalin, che ha colpito soprattutto il popolo ucraino nel 1932 e 1933.Provocando un numero ancora sconosciuto di vittime, fra i 4,5 e i 7 milioni nella sola Ucraina, fu uno dei più grandi crimini del comunismo e nonostante questo (o forse proprio per questo) è ancora considerato un argomento "controverso", poco studiato, mai commemorato al di fuori della repubblica ex sovietica. Ancora pochi Stati al mondo, fra cui il Vaticano, lo riconoscono come un atto di genocidio. Non l'Italia, benché per anni associazioni cattoliche fra cui soprattutto la Fondazione Don Sturzo, ne abbiano chiesto il riconoscimento ufficiale al Parlamento italiano. La Russia non nega l'esistenza storica dello sterminio per fame, ma non lo considera come un genocidio deliberato del popolo ucraino, bensì come un crimine di Stalin contro tutti i popoli sovietici. Anche milioni di russi nel Don e nel Kuban vi perirono, in effetti. Ma su un numero di vittime che va complessivamente dai 7 ai 10 milioni di cittadini sovietici, la stragrande maggioranza (dai 4,5 ai 7 milioni, appunto) sono ucraini. E lo sterminio per fame venne condotto dal regime di Stalin anche e soprattutto per stroncare l'orgoglio nazionale dell'Ucraina e piegarla alla "sovietizzazione", alla rinuncia della nazionalità nel nome di una unità nel comunismo. Dunque non è arbitrario parlare di genocidio, cioè di un tentativo di eliminare del tutto o in parte un popolo dalla faccia della terra.Come avvenne e perché, l'Holodomor? Perché la prima mossa politica di Stalin per concentrare tutto il potere nelle mani dello Stato sovietico fu l'abolizione della proprietà privata sulla terra. Con la Nuova Politica Economica varata da Lenin nella metà degli anni '20, la collettivizzazione della terra venne resa volontaria e solo un'esigua minoranza di contadini, circa l'1% in Ucraina, accettò di vivere e lavorare in fattorie collettive. Stalin decise di accelerare il processo e procedere con la collettivizzazione forzata. Negli anni delle ultime riforme zariste e anche in quelli della Nuova Politica Economica, si era però formata una classe sociale di contadini relativamente agiati, possessori dei loro appezzamenti di terreno ed erano i più produttivi di tutti. Li chiamavano i "kulaki" (da "kulak", pugno). Non erano certo dei grandi proprietari terrieri. Per rientrare in quella classe sociale bastavano "l'utilizzo di un operaio agricolo per una parte dell'anno, il possesso di macchine agricole un po' più perfezionate del semplice aratro, di due cavalli e quattro mucche", come sintetizza lo storico Nicolas Werth. Stalin decise di annientare quella classe. Prima i kulaki vennero tassati oltre ogni loro capacità economica. Al tempo stesso, dal 1927, iniziarono ad essere vessati anche fisicamente dalle organizzazioni giovanili comuniste, che aizzavano loro contro i contadini più poveri. Infine incominciarono gli arresti e le requisizioni di prodotti agricoli e bestiame. E poi vennero tutti deportati, anche nelle regioni più remote e impervie dell'Unione Sovietica. Tutte le terre di loro proprietà vennero collettivizzate. E la realtà presentò subito il conto: la perdita degli unici contadini che sapevano mettere a frutto la terra e la mancanza di incentivi nel lavoro delle fattorie collettive provocò un drastico abbattimento della produzione. Il regime staliniano, che non ammetteva errori, diede la colpa ai contadini ucraini, ai cosacchi e ai russi del Don e del Kuban, li accusò di pigrizia, inefficienza ed egoismo, ipotizzando che nascondessero il raccolto e il bestiame per sé.Da qui nacque la decisione, portata a termine con zelo e metodicità, della punizione finale: la morte per fame di intere regioni agricole. Fu un atto deliberato, perché la polizia politica, le organizzazioni comuniste e l'esercito sovietico requisirono sistematicamente i raccolti fino all'ultimo chicco e il bestiame fino all'ultimo vitello. Ai contadini non lasciarono nulla, sia per rispettare assurde quote di produzione, sia con l'intento di punirli per il loro "egoismo". Non solo: le zone così depredate vennero anche chiuse, con l'introduzione di un regime rigido di passaporti interni. I prigionieri delle aree depredate impararono a sopravvivere in tutti i modi possibili, spesso regredendo fino allo stato ferino e abbandonandosi all'antropofagia. La leggenda nera secondo cui "i comunisti mangiano i bambini" deriva anche dalla carestia del 1932-33. E non è corretta, perché semmai furono i disperati a mangiare i bambini, anche i loro figli, a causa della repressione comunista. Chi provò a ribellarsi incontrò la morte istantanea dei plotoni d'esecuzione, o quella lenta della deportazione nei gulag.Il numero di vittime di questo immane crimine è ancora del tutto impreciso. Lo storico Gabriele De Rosa, presidente della fondazione Sturzo, lo spiegava così in una sua intervista al Corriere della Sera rilasciata in occasione del 70mo anniversario dell'Holodomor: "Uomini e donne vennero processati, deportati, fucilati o mandati a morire di freddo e di stenti nei gulag artici più lontani, agli estremi confini orientali della Siberia. A milioni furono completamente cancellati, senza che né nomi né tombe fossero rimasti a testimoniare il loro passaggio sulla terra". [...] Stefano MagniFonte: La nuova Bussola Quotidiana, 19 novembre 2018
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6268TAIWAN E LA BATTAGLIA PER LA LIBERTA' CONTRO LA CINA COMUNISTAdi Rino CammilleriFormosa (nome dato dagli spagnoli) è un'isola meglio nota col nome autoctono di Taiwan. I più anziani tra noi la ricorderanno soprattutto per quel «Made in Taiwan» scritto sul retro di giocattoli o di altri oggetti in plastica importati. Fu la primissima di quelle «tigri asiatiche» che dagli anni Sessanta conobbero uno sviluppo economico e finanziario travolgente, oggi surclassato dalla Cina. Già, la Cina, cui Taiwan è troppo vicina.Taiwan, venticinque milioni di abitanti, nel 1948 accolse i nazionalisti di Chang Kaishek che, dopo una lunga guerra contro il Giappone, avevano dovuto soccombere ai comunisti di Mao Zedong. Chang Kaishek fu tra i promotori della fondazione delle Nazioni Unite e alleato di ferro, col Giappone, degli Stati Uniti durante la Guerra Fredda. Dotata di un sistema politico democratico e presidenziale, Taiwan fu grande esportatrice soprattutto di componentistica e in gara col Giappone riguardo ai tumultuosi ritmi di crescita.Ma con gli anni Settanta la Cina rossa si affacciò alla ribalta mondiale, dopo il lunghissimo e immane massacro interno dovuto alla politica del «Grande Timoniere». I «libretti rossi» coi pensierini di Mao invasero l'Occidente e sedussero parecchi giovani. Il maoismo degli eskimo e degli opuscoli tradotti in italiano nell'Albania rossa fece non pochi proseliti e, addirittura, la Cina divenne di moda, anche al cinema. Così, la Cina venne accolta nell'Onu e, per giunta, ebbe un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza.Gli occidentali speravano che la sua presenza bilanciasse quella dell'Unione Sovietica, con la quale non era in buoni rapporti, ma in pratica si ottenne solo di paralizzare l'Onu nelle circostanze cruciali. Per giunta, si dovette dare alla Cina il contentino di escludere Taiwan dall'Onu, mossa vergognosa e vigliacca che ancora pesa sulla coscienza onusiana.La Cina comunista pretendeva (e pretende) che Taiwan facesse parte del suo territorio, così come pretendeva (e ottenne) la restituzione di Hong Kong da parte degli inglesi. Per fortuna gli americani erano, sì, disposti a far trattare Taiwan come un'appestata in sede internazionale, ma non a rinunciare ad essa in caso di invasione cinese. Così, i cinesi rimasero a mordere il freno per anni, in attesa del momento buono. Che arrivò con la politica mista (e schizofrenica) del «comunismo di mercato».Tutto l'Occidente fu invaso da prodotti cinesi, tutti volevano assicurarsi quell'immenso mercato, tutti si affannavano per offrire alla Cina su un piatto d'argento tutto quel che voleva. Anche la Santa Sede, per evitare ai cattolici cinesi guai peggiori, dovette dirsi disponibile a rinunciare alle relazioni con Taiwan. Prontamente, nel 2005 la Cina si dotò di una legge che le consentiva di invadere Taiwan in qualunque momento, per «difendere l'integrità dello stato».Nel 1989, dopo la sanguinosa repressione studentesca di Tien-An-Men, la Ue aveva decretato un embargo sulla fornitura di armi alla Cina, embargo ribadito a maggior ragione dopo le minacce di invasione a Taiwan. Il viaggio dell'allora presidente italiano Ciampi e dell'allora ministro degli esteri Fini a Pechino fu caratterizzato dalla mancata visita alla cattedrale cattolica nella capitale cinese e da dichiarazioni favorevoli alla revoca dell'embargo sulle armi.Almeno, però, su Taiwan i due stettero zitti. Non così Prodi nel 2006. Infatti, si espresse pubblicamente per una sola Cina. Oggi al comando italiano abbiamo i soliti dem (ennesimo nuovo nome dei comunisti) e i pentastellati, la cui simpatia «cinese» preoccupa gli Usa. Eh, la storia insegna che la storia non insegna nulla. Infatti, questa con la Cina si chiama sindrome di Monaco. Per ora la parte di Churchill tocca a Trump, ma anche Biden, nella sua nomination alla Convention democratica, sul tema non si è allargato più di tanto. Infatti, il deep state americano è per la tenzone, chiunque vinca le elezioni. Noi cattolici non abbiamo motivo per amarlo, questo deep state. Ma ricordiamo che furono le cannoniere americane a interrompere la persecuzione dei cristiani giapponesi. Titolo originale: Coi Dem al potere per Taiwan è sempre più duraFonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27/08/2020Pubblicato su BastaBugie n. 680
La quarta puntata di Odissea è Moldova. Nell'episodio racconteremo di come, dopo il crollo dell'Unione Sovietica e della cortina di ferro, quell'Occidente che per anni era sembrato una terra promessa, ricca di migliori opportunità e prospettive, sia diventato il principale polo di attrazione degli abitanti delle ex-Repubbliche popolari. Ricostruiremo le cause e le dinamiche dell'intensissimo fenomeno immigratorio proveniente dai Paesi dell'Europa centro-orientale, cercando di comprendere le ragioni economiche e soprattutto sociali che hanno spinto così tanti individui ad abbandonare la propria nazione. Rivolgeremo poi uno sguardo particolare all'Italia: quale è stato l'impatto degli immigrati dell'Est Europa sul tessuto economico e sociale? Quali cambiamenti, anche culturali, hanno innescato? E perché ormai, negli anni più recenti, la tendenza si è invertita, causando un ritorno di massa nei Paesi di origine? Buon ascolto!
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=277THE LOST CITY (2005)*CHE GUEVARA, IL SANGUINARIO ''EROE'' DELLA SINISTRA"Martire", "combattente", "poeta". Nel 50mo anniversario della morte di Che Guevara, ieri, se n'è sentite di tutte, in ogni servizio televisivo e giornalistico, sulle Tv nazionali. Al massimo si aggiunge "chiaroscuro" per definire il suo curriculum. Tutt'al più: "controverso", giusto per apparire imparziali. Ma Che Guevara, a mezzo secolo dalla sua uccisione, pare essere stato un misto fra Garibaldi (per chi ama il genere) e Madre Teresa («Credo in una sola Chiesa, che va da Che Guevara a Madre Teresa» cantava Jovanotti). Eppure del Che si sa tutto, ormai. I suoi crimini sono noti. La lista è lunga. Perché il mito continua?L'ODIO COME FATTORE DI LOTTALa prima citazione che viene in mente di Che Guevara è tutt'altro che una frase da bigliettino nei cioccolatini. Esaltò l'odio, letteralmente, nella Conferenza Tricontinentale: «L'odio come fattore di lotta, l'odio intransigente verso il nemico, che spinge oltre i limiti naturali dell'essere umano e lo trasforma in una reale, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere». Non certo le stesse cose che diceva Madre Teresa. Il Che visse come un trauma il suo celeberrimo viaggio in motocicletta nell'America Latina. Vide la miseria e la malattia. Ma evidentemente non ne trasse alcun messaggio d'amore, bensì un odio apocalittico. Una voglia di distruzione del vecchio mondo e costruzione di un mondo e di un uomo nuovo che è testimoniata dalla sua posizione estrema nella crisi dei missili sovietici a Cuba, che nel 1962 portò il mondo sull'orlo del baratro della guerra nucleare. «Se i missili fossero rimasti - disse in seguito il Che - noi li avremmo utilizzati contro il cuore degli Stati Uniti, tra cui New York. Non dobbiamo mai stabilire una convivenza pacifica». Non temeva (anzi pareva auspicare) l'Olocausto nucleare: «Quello che affermiamo è che dobbiamo proseguire sulla via della liberazione, anche se questo costa milioni di vittime atomiche». Aveva idee chiare anche su come amministrare la giustizia: «Non abbiamo bisogno di una prova per l'esecuzione di un uomo. Abbiamo solo bisogno della prova che è necessario giustiziarlo». E come controllare il dissenso: «Dobbiamo eliminare tutti i giornali. Non siamo in grado di fare una rivoluzione con una stampa libera».SISTEMA DI GOVERNO STALINIANODalle parole, durissime («ma senza perdere la tenerezza», come disse lui stesso e come amano ricordare i suoi estimatori), il Che passò subito ai fatti sin dal giorno in cui la rivoluzione di Castro trionfò a Cuba. Nel 1959, Guevara divenne procuratore. Nel carcere della Cabanha, sotto sua diretta responsabilità, si eseguivano fucilazioni tutti i giorni. In sei mesi vennero "liquidati" dalla sua Commissione per la Purificazione 180 prigionieri politici. Nel 1960 mette in piedi il primo gulag cubano nella penisola di Guanaha. Funzionava come i gulag dell'Unione Sovietica: lavori forzati, torture, esecuzioni sommarie, disumanizzazione dei prigionieri. Definito un «partigiano dell'autoritarismo fino al midollo» dal suo ex compagno di lotta Regis Debray, fu Guevara, ancor più di Castro, a importare a Cuba un sistema di governo e repressione puramente staliniano.Probabilmente la sua fama fu dovuta unicamente alla scelta di esportare la rivoluzione all'estero, fra Africa e Sud America. Morì da combattente, catturato sul campo dalle forze anti-insurrezionali della Bolivia e giustiziato il 9 ottobre 1967. Il suo corpo, esposto al pubblico e fotografato, è spesso paragonato a una Deposizione atea. Il suo volto, nel ritratto più celebre del fotografo Alberto Korda, ha lo sguardo ispirato di un messia. Per il pubblico più colto, è proprio nel suo messianesimo marxista che risiede il suo fascino. Ma è un culto della morte, anche se ben mascherato da speranza. Il giornalista Dario Fertilio, nel suo Il Virus Totalitario, la descrive come una «filosofia della tabula rasa, al piacere di ripartire da zero cancellando il già tentato e realizzato, senza pietà per coloro che vengono scartati dal programma, trucioli del vecchio mondo destinati all'inceneritore della distruzione creatrice». E' il "paradiso" in terra sognato dai marxisti. Inevitabilmente ha garantito la nascita di inferni terrestri, ovunque sia stato sperimentato. Ma il Che è sopravvissuto alla disillusione perché non ha mai assistito al suo fallimento. Non invecchiò, non divenne un gerarca, non attraversò la fase di "burocratizzazione" della dittatura più longeva del mondo.Per il pubblico meno colto, il volto del Che stampato su magliette e cover dei cellulari, spille e tatuaggi, è solo un logo del perfetto «giovane che vuol cambiare il mondo». Ed è la nemesi perfetta per un uomo che dedicò la vita (e la perse) nella lotta contro il capitalismo: diventare un diffuso brand di successo.Stefano MagniLa nuova Bussola Quotidiana, 10 ottobre 2017IL VERO VOLTO DEL CHEChe Guevara era crudele, fanatico, dogmatico, freddo, intolleranteIl mitico Che Guevara fu un ammiratore dello sterminatore Stalin, prima di divenire un seguace entusiasta del più grande massacratore di tutti i tempi, il dittatore cinese Mao Tse Tung. Il Che fu il primo filocomunista e il primo filosovietico, ben prima di Castro, tra i ribelli cubani, e riempì l'isola di manuali e di tecnici russi; fu l'uomo che durante la crisi dei missili di Cuba del 1962 sperò ardentemente che potesse scoppiare la guerra mondiale tra Usa e URSS, ritenendo che essa avrebbe sconfitto il nemico americano e portato automaticamente la pace e la giustizia sociale ai popoli.Un uomo che ebbe due mogli e cinque figli, ma secondo la testimonianza di uno di questi, Camilo Guevara, non dedicò loro un solo attimo del suo tempo, intento com'era a cambiare il mondo con le armi. Che Guevara fu un feroce sanguinario. "Era disumano, un uomo senza sentimenti che in realtà voleva fare solo ciò che aveva occupato tutto il suo tempo: la guerra di guerriglia": così, dopo aver ricordato le fucilazioni indiscriminate ordinate dal Che a la Cabaña, Juanita Castro, la sorella di Fidel, che fu rivoluzionaria al suo fianco per alcuni anni (Juanita Castro, I miei fratelli Fidel e Raùl, Roma, 2010)."La sua arroganza e il disprezzo verso gli altri, che considerava inferiori e trattava con i piedi - aggiungeva Carlos Franqui, che fu direttore di radio Rebelde e del quotidiano Revolucion, voci ufficiali della rivoluzione castrista -, erano proverbiali". E ancora: "Esiste il mito di Guevara, nonostante tutti i suoi insuccessi economici e politici, che contribuirono fortemente alla distruzione dell'economia e della società cubane" (Carlos Franqui, Cuba, la rivoluzione: mito o realtà, Milano, 2007).Il Che era un uomo crudele, fanatico, un "dogmatico, freddo, intollerante che non ha nulla da spartire con la natura calorosa e aperta dei cubani", scriveva Regis Debray, un intellettuale francese marxista, che fu amico intimo di Castro e di Guevara, e che venne arrestato insieme a lui in Bolivia, prima di divenire consigliere del presidente socialista Mitterand (Révolution dans la révolution?, Paris, 1967 e Loués soient nos seigneurs, Paris, 1996).Secondo Alvaro Vargas Llosa (figlio del celebre Mario, che fu sostenitore della rivoluzione cubana), il Che fu il responsabile di centinaia di esecuzioni nel carcere della Cabaña nelle prime settimane di potere; contribuì a consegnare la rivoluzione anti-Batista nelle mani del comunismo, allacciando le relazioni con il regime sovietico, e organizzò i primi campi di concentramento per i prigionieri politici, i credenti e gli "asociali" (tra cui gli omosessuali), creando nello stesso tempo un sistema economico autoritario che andò ben presto in bancarotta. (Il mito Che Guevara e il futuro della libertà, Torino 2007; Enrico Oliari, Pride, 9/2004).Del resto è stato Guevara stesso a scrivere, in quello che è considerato il suo testamento: "Agirà il grande insegnamento dell'invincibilità della guerriglia... L'odio come fattore di lotta; l'odio intransigente contro il nemico, che permette all'uomo di superare le sue limitazioni naturali e lo converte in una efficace, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere. I nostri soldati devono essere così" (E. Che Guevara, Scritti, discorsi e diari di guerriglia (1959-1967), Torino, 1969). Così come era lui, capace di condannare a morte su due piedi avversari e talora persino compagni di lotta, e di dichiarare: "Prendete un fucile e sparate alla testa di ogni imperialista che abbia più di quindici anni". (Massimo Caprara, già segretario di Palmiro Togliatti, Il Timone, luglio-agosto 2002)".Il già citato Antonio Moscato, suo grande estimatore, ricorda che il Che fu un devoto ammiratore di Stalin, poi di Mao, poi del comunismo ceco: "Guevara era stato il più entusiasta sostenitore della collaborazione con i paesi del socialismo reale... aveva manifestato la sua commozione per le accoglienze trionfali ricevute in URSS e in altri paesi socialisti..."; "Era stato il primo filocomunista nel '58, durante la guerra, e il primo filosovietico nel '59, '60, '61...".Fu lui a inviare studenti, operai e tecnici cubani ad addestrarsi in diversi paesi socialisti, Urss, Cecoslovacchia e Germania comunista e ad invitare a Cuba tecnici sovietici, distruggendo l'economia cubana, nonostante promesse altisonanti.Francesco AgnoliLibertà e Persona, 9 ottobre 2017
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=52IL CRIMINE MAI RACCONTATO DELLA RUSSIA DI STALIN Lo sterminio (censurato) di 22.000 ufficiali polacchi da parte dei sovietici: ''venne così annientata la futura classe dirigente della Polonia'' Giampaolo Pansa«Perdonateci, se potete»: fu con queste parole che nel 1992 il presidente russo Boris Eltsin consegnò alla Polonia i documenti che attestavano la piena responsabilità dell'Unione Sovietica nel massacro di Katyn, cioè nello sterminio di oltre 20 mila prigionieri polacchi avvenuto nel 1940. Si chiudeva così una lunghissima vicenda, intessuta di falsificazioni e opposte verità, che viene ora ricostruita da Victor Zaslavsky in un libro che presenta molti motivi di interesse. Anzitutto, se l'eccidio di Katyn non fu che uno dei tanti crimini del regime sovietico, è anche vero - come giustamente osserva Zaslavsky - che esso riflette un carattere della dittatura staliniana che è stato a lungo imbarazzante riconoscere, per i vertici dell'Urss ma anche per una parte della cultura occidentale: vale a dire certe affinità che collegavano il regime stesso all'altro grande totalitarismo dell'epoca, quello nazista. Il massacro, infatti, doveva servire ad eliminare una parte cospicua dell'élite polacca (nella vita civile quegli ufficiali erano professionisti, giornalisti, professori universitari) nel quadro di una spartizione della Polonia tra Germania e Urss già prevista dal patto Ribbentrop-Molotov dell'agosto 1939.Un patto che Stalin considerava non solo un trattato di non aggressione, ma una vera e propria alleanza: nel 1940 il dittatore sovietico giunse a chiedere a Hitler di poter aderire al Patto tripartito che legava Germania, Italia, e Giappone. È appunto una tale complicità con il nazionalsocialismo, precedente il repentino mutamento di fronte provocato dall'attacco tedesco del giugno 1941, che viene richiamata dal massacro di Katyn. Di particolare interesse è la lunga disputa sulle responsabilità della strage, iniziata fin da quando le truppe germaniche, nell'aprile 1943, informarono il mondo del ritrovamento nella zona di Katyn dei corpi di migliaia di ufficiali polacchi che risultavano fucilati tre anni prima, ciò che incolpava necessariamente i sovietici. Da allora l'Urss si impegnò per accreditare a costo di qualunque manipolazione la versione opposta. Rioccupata che ebbero la zona, i sovietici costituirono una commissione compiacente che spostò in avanti la data di morte delle migliaia di cadaveri, così da collocarla nel periodo dell'occupazione tedesca. Terminata la guerra, l'Urss cercò, anche se senza successo, di far accreditare la strage come nazista dal tribunale di Norimberga, non arrestandosi di fronte a nulla, neppure all'assassinio di uno dei giudici russi, che appariva restio ad avallare la falsificazione. Tentò anche di intimidire i medici che avevano fatto parte della commissione internazionale costituita nel 1943 dalla Germania e avevano accertato la responsabilità dell'Urss. In Italia, nel 1948, fu il Pci che organizzò su incarico dei sovietici una pesante contestazione di un membro di quella commissione, il professor Vincenzo Palmieri, che venne accusato d'essere stato un «servo dei nazisti».Tutt'altro che irrilevante fu la disponibilità di Stati Uniti e Gran Bretagna ad accettare la versione sovietica. Finché il conflitto era in corso, appariva inevitabile che gli angloamericani accantonassero la questione di Katyn, «di nessuna importanza pratica» come con cinico realismo dichiarò Winston Churchill. Ciò che appare sorprendente, semmai, è che gli inglesi abbiano continuato a fingere di non conoscere la verità addirittura fino al 1989. Gli Stati Uniti invece, terminata la guerra, accolsero le conclusioni di una commissione del Congresso di Washington che aveva verificato l'esistenza di prove «definitive e inequivocabili» della responsabilità sovietica nel massacro di Katyn. Gran parte dell'opinione pubblica europea seguì per decenni più la posizione ufficiale inglese che quella americana, sostenendo dunque che la questione della responsabilità rimaneva controversa.Proprio la disponibilità dell'opinione pubblica occidentale ad accogliere una versione palesemente infondata, scrive Zaslavsky, è stata una delle cause della pervicace ostinazione con cui l'Urss ha continuato anno dopo anno a sostenere il falso. Fino, ed è la parte più incredibile di tutta la vicenda, all'inventore stesso della glasnost (che in russo vuol dire «trasparenza»), Mikhail Gorbaciov. Se non ci trovassimo di fronte all'occultamento di un crimine, verrebbe da dire che in epoca gorbacioviana la lunga storia delle omissioni e falsificazioni attorno a Katyn assunse perfino aspetti farseschi.Nel 1987 Gorbaciov accettò la costituzione di una commissione storica polacco-sovietica, continuando però a dichiarare che i documenti originali riguardanti Katyn non si riusciva a trovarli. A quell'epoca il leader sovietico era invece una delle tre persone che ne conoscevano l'esistenza. Nell'ottobre 1990 porse le scuse ufficiali del suo Paese ai polacchi, continuando però a sostenere che i documenti cruciali - il testo del patto tra Stalin e Hitler e l'ordine del marzo 1940 con il quale il Politburo ordinava che si fucilassero 25 mila polacchi senza neppure avanzare contro di loro un capo di imputazione - non si sapeva dove fossero.Conclusasi ai tempi di Eltsin, la vicenda sembra aver avuto di recente un'appendice che getta una luce non proprio rassicurante sul modo in cui la Russia di oggi guarda al passato, ma dunque anche al proprio ruolo presente e futuro. Apprendiamo infatti dal libro di Zaslavsky che nel 2004 la procura militare della Federazione russa ha deliberato di porre il segreto di Stato su una cospicua parte dei documenti che aveva raccolto sul massacro di Katyn. Una decisione evidentemente surreale, poiché lo Stato che un tale «segreto» dovrebbe proteggere, l'Urss, da tempo non esiste più. Ma anche una decisione che conferma la tendenza dell'attuale presidente della Russia, Vladimir Putin, a collocare il suo Paese lungo una linea di ideale continuità - in chiave di esaltazione della potenza russa - con tutta la storia precedente, dall'impero zarista all'espansionismo staliniano.
Un viaggio che taglia l'Eurasia senza prendere aerei: nella quinta puntata di Cemento parliamo di itinerari terrestri, confini contesi e frontiere più o meno penetrabili. Dall'Asia Centrale al Caucaso, attraverso storie di nazioni nate dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Cemento è un podcast di viaggi di Angelo Zinna ed Eleonora Sacco. Ci trovi su Instagram e su Facebook, dove esiste un gruppo di discussione in cui possiamo scambiare idee e spunti sul tema della puntata. Iscrivendoti alla newsletter riceverai una notifica ogni volta che esce un nuovo episodio, oltre a un file con fonti e articoli di approfondimento nel caso volessi scavare più a fondo.
Audio di Lamberto Giannini, per più video andate sul suo canale: https://www.youtube.com/channel/UCsjsoyoxpyVboTvIgV2bg1Q/featured La rivoluzione russa è stato un evento sociopolitico, occorso in Russia nel 1917, che portò al rovesciamento dell'Impero russo e alla formazione inizialmente della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa e, nel 1922, in seguito alla guerra civile russa, dell'Unione Sovietica; fu un tentativo di applicazione delle teorie sociali ed economiche di Karl Marx e Friedrich Engels. All'inizio del 1917 l'Impero russo, che da tre anni combatteva nella prima guerra mondiale come membro della Triplice intesa, era stremato: le perdite ammontavano a più di sei milioni tra morti, feriti e prigionieri e tranne alcune vittorie sul fronte austriaco, ormai vanificate dagli eventi, la Russia aveva subìto una grave serie di sconfitte che avevano comportato la perdita della Polonia, di una parte di Paesi Baltici e dell'Ucraina, portando così il fronte all'interno dei suoi stessi confini, mentre le condizioni del popolo si aggravavano fortemente. --- Support this podcast: https://anchor.fm/claudia-diletta-milioni-guerriero8/support
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5967L'ALLEANZA SEGRETA TRA HITLER E STALIN di Marcello VenezianiIl 23 agosto di ottant'anni fa il mondo stava prendendo un'altra piega che avrebbe cambiato i destini dell'umanità. Stalin e Hitler strinsero un patto che sarebbe diventato un abbraccio fatale per il comunismo, per il nazismo ma anche per il resto del mondo. Era un patto di non-aggressione, firmato al Cremlino dai due ministri degli esteri, Molotov e Ribbentrop, ma era in realtà un patto di aggressione al resto del mondo. Un reciproco via libera all'insegna dell'anticapitalismo, dell'antisemitismo e dell'antioccidentalismo.Stalin brindò col ministro tedesco alla salute del Fuhrer e all'amicizia tra i due regimi. Un mese dopo seguì un ulteriore patto di amicizia. Rimase in piedi per un paio d'anni, quel patto, permise di spartirsi la Polonia, consentì alla Germania di invadere i paesi vicini e dichiarare guerra alle plutocrazie occidentali, ricevendo dall'Urss scorte di petrolio, informazioni segrete e materiali necessari al conflitto. Se il carattere sospettoso e maniacale dei due dittatori non avesse prevalso, oltre le ragioni strategiche, oggi vivremmo in un altro pianeta.Magari a guerra finita ci sarebbe stata una finale resa dei conti tra la Germania indoeuropea e la Russia asiatica; però intanto avrebbero liquidato insieme capitalismo, democrazie liberali, ebrei ed egemonie atlantiche. Fu l'Operazione Barbarossa, due estati dopo, a spezzare l'incantesimo e l'idillio, con l'attacco tedesco all'Urss.L'IMBARAZZANTE GIRAVOLTA DEI COMUNISTI EUROPEI (TOGLIATTI INCLUSO)Di quel patto, la stampa e la cultura occidentale, egemonizzate da una cultura di provenienza marxista e comunista, ha sempre finto di non ricordarsi e continua a dimenticare. Ma quel patto non riguardò solo i due dittatori. Fu un patto che coinvolse i regimi, i partiti, gli apparati, la propaganda. E si estese ben al di là dell'Unione Sovietica a tutta l'Internazionale comunista. Fu imbarazzante, e a tratti ripugnante, la giravolta che i comunisti francesi e italiani, Togliatti incluso, fecero dall'antifascismo militante fino alla guerra di Spagna alle epurazioni dei dissidenti antinazisti, alle circolari che esortavano a chiudere ogni ostilità tra rossi e neri e a guardare con simpatia alla Germania nazista che si apprestava ad aggredire le nazioni capitaliste.Qualcuno, come Angelo Tasca, tra i fondatori del partito comunista d'Italia, prese quel patto assai sul serio, e in Francia dove era esule da comunista dissidente, fu col regime filo-nazista di Vichy, diresse una rivista collaborazionista con la Francia occupata dai nazisti, l'Effort, e fu dipendente del governo di Petain. Altri compagni da noi si barcamenarono, elogiarono il Patto, misero la sordina all'antinazismo. Camilla Ravera e Umberto Terracini osarono criticare il patto con Hitler: furono espulsi dal Pc. Rischiò grosso anche Peppino Di Vittorio; gli altri si allinearono.Al di là dei fatti storici, le giravolte e i retroscena, come giudicare quel patto sul piano delle idee? Ci affidiamo al giudizio di due acute pensatrici ebree, una rivoluzionaria-socialista e l'altra liberal-democratica. Scrivendo Sulla Germania totalitaria, Simone Weil osservava che le parole d'ordine dei nazisti e dei comunisti sono state quasi identiche e notava già prima del patto: "non si può negare l'esistenza tra i comunisti di una certa corrente di simpatia verso gli hitleriani...Si ha spesso l'impressione che operai comunisti e operai nazisti nelle loro discussioni cerchino invano di trovare un punto di disaccordo... In pieno terrore hitleriano si potevano sentire hitleriani e comunisti rimpiangere insieme i momenti in cui lottavano, come dicevano, fianco a fianco, vale a dire il tempo del plebiscito rosso; si poteva sentire un comunista gridare: 'Meglio nazista che socialdemocratico'".LE ORIGINI DEL TOTALITARISMONe Le origini del totalitarismo Hannah Arendt sottolineò le convergenze tra nazismo e comunismo, l'ammirazione di Hitler per "il geniale Stalin" e ricordò che Krusciov aveva rivelato: "Stalin si fidava solo di un uomo, e questo era Hitler". Nazismo e comunismo, notava Pierre Chaunu, sono "gemelli eterozigoti" e Francois Furet sottolineava "la parentela inconfessata" tra i due e la complicità ideologica.Nel Novecento, il Secolo del male, Alain Besancon, nota che Russia comunista e Germania nazista ebbero in comune la parola lager. Quell'uso, come è noto, non fu solo verbale. Comunismo e nazismo condivisero la promessa del bene assoluto in terra. Il nazismo ebbe una passione estetica, magica e naturalistica mentre il comunismo ha una passione etica, storica e materialistica.I nazisti promisero di ridare bellezza al mondo, i comunisti promisero di dare bontà al mondo. Il comunismo uccide a fin di bene, è pedagogico e obbliga le sue vittime a interiorizzare le sue nuove regole morali; per questo, aggiunge Besancon, è più perverso del nazismo. Perverte a tal punto "il principio di realtà e il principio morale da poter sopravvivere a 85 milioni di cadaveri", mentre l'idea nazista soccombe con le sue vittime. Il nazismo, in linea col suo particolarismo, è ferocia circoscritta a un preciso nemico (gli ebrei e altre minoranze mirate); il comunismo, coerente col suo universalismo, è visione punitiva estesa all'umanità.Tutti possono diventare vittime del comunismo, chi difende la famiglia, la patria, la religione o la proprietà o gli stessi comunisti "deviati", anarchici e "socialtraditori". Il nemico del comunismo è generico e indefinito, il nemico del nazismo è specifico e definito. La paura nei regimi comunisti è universale, tutti denunciano tutti.Perciò, nota Besancon, i comunisti "hanno bisogno della chiusura assoluta delle frontiere, per proteggere il segreto delle loro fosse, del loro fallimento". Infatti il comunismo crolla con la globalizzazione. I comunisti controllano l'informazione in modo capillare, fino a "sostituire la realtà con una pseudorealtà". Vi ricorda qualcosa? Viviamo di continui paragoni tra l'oggi e l'avvento del nazismo.Quanti paragoni potremmo fare tra la sinistra d'oggi e la sua matrice comunista?Nota di BastaBugie: l'accordo di Hitler e Stalin permise lo sterminio di 22.000 ufficiali polacchi da parte dei sovietici. Per informazioni e per vedere il trailer del film del 2007 "Katyn" che parla di questa triste vicenda, clicca qui!
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5933LA DRAMMATICA STORIA DEL MURO DI BERLINO di Luciano GaribaldiIl dramma di Berlino ebbe inizio durante il summit di Yalta, nel febbraio 1945, allorché le quattro potenze vincitrici della seconda guerra mondiale (Stati Uniti, Unione Sovietica, Regno Unito e Francia) stabilirono che la capitale del Terzo Reich venisse divisa in quattro settori, ognuno dei quali controllato e amministrato dai vincitori. All'URSS toccò il settore più esteso.Nel frattempo, l'avanzata sovietica proseguì su tutto il territorio tedesco, per arrestarsi, all'atto della resa del Terzo Reich, lungo la linea che verrà definita "Cortina di ferro": ad Occidente, le nazioni libere e indipendenti; ad Oriente, quelle private della libertà e sottomesse alle dittature comuniste, strettamente controllate da Mosca.Berlino venne così a trovarsi in una situazione assolutamente unica al mondo: i berlinesi, che abitavano nella zona sottoposta all'URSS, furono privati di ogni libertà; quelli invece residenti nei tre quartieri controllati da americani, inglesi e francesi, iniziarono ad apprezzare i vantaggi della libertà di azione e di opinione alla quale avevano dovuto rinunciare durante il Terzo Reich.IL "BLOCCO DI BERLINO"Fino al 1948, sia pure con mille condizionamenti, i tre quartieri "liberi" di Berlino avevano potuto comunicare, via terra e via aerea, con la Germania Occidentale. Ma nel 1948 si verificò il cosiddetto "Blocco di Berlino" da parte dell'Unione Sovietica, blocco che spinse gli Alleati ad attuare il «ponte aereo per Berlino», anche solo per rifornire i tre quartieri da essi controllati di viveri e generi di prima necessità.Ben presto, si diffuse la denominazione di Berlino Ovest e Berlino Est, che non era soltanto un'espressione geografica. Di fatto, i tre quartieri sottoposti ad americani, inglesi e francesi diventavano un'enclave della Germania Ovest, enclave completamente circondata dalla Germania Est. Nei primi tempi ai cittadini di Berlino fu consentito di circolare liberamente in tutti i settori. I residenti nel quartiere controllato dai russi potevano tranquillamente recarsi nei quartieri americano-anglo-francesi, fare la spesa dove volevano, mandare i figli a scuola negli istituti preferiti, cercare lavoro ovunque.Tuttavia, divenne sempre più imponente il flusso di cittadini della Germania Est, stufi dell'oppressione comunista, verso i tre quartieri liberi di Berlino, con l'obiettivo di raggiungere, da qui, via aerea, la Germania Ovest, dove li attendevano parenti o amici stretti, pronti ad aiutarli ad intraprendere una nuova esistenza. Le cifre parlano chiaro.Circa 2 milioni e mezzo di tedeschi lasciarono la Germania Est (RDT, Repubblica Democratica Tedesca) e Berlino Est tra il 1949 e il 1961: il flusso di fuggiaschi era costituito per circa la metà da persone giovani, sotto i 25 anni, e poneva la dirigenza della RDT di fronte a difficoltà sempre maggiori. Era di fatto impossibile controllare l'enorme massa di persone (in media, mezzo milione) che ogni giorno passava i confini dei quattro settori di Berlino in tutte e due le direzioni, e che aveva così modo di confrontare le condizioni di vita: un abisso tra chi viveva nel settore sovietizzato e chi aveva avuto la fortuna di nascere, crescere e abitare nei tre settori occidentalizzati. I risultati non poterono mancare. Soltanto nel 1960 circa 200 mila tedeschi dell'Est si trasferirono stabilmente nella Germania Ovest, raggiungendola, via aerea, da Berlino Ovest. La RDT rischiava il collasso sociale ed economico.DAL FILO SPINATO AL MUROCosì, anche per effetto del peggioramento della Guerra Fredda, una serie di proibizioni calò sia sugli abitanti della zona "sovietizzata", sia su coloro che avevano raggiunto Berlino provenendo da altre città o paesi della Germania Est. I loro movimenti subirono limitazioni sempre più pesanti. Il 15 giugno 1961 il presidente del Consiglio di Stato della RDT dichiarò: «Nessuno ha intenzione di costruire un muro». Ma, poche settimane dopo, il 12 agosto, il Consiglio dei ministri emise un'ordinanza nella quale si poteva leggere: «Per impedire le attività ostili delle forze revansciste e militariste della Germania Occidentale e di Berlino Ovest, verrà introdotto ai confini della Repubblica Democratica Tedesca - compresi i confini dei settori occidentali di Berlino - un controllo pari a quello consueto ai confini di ogni Stato sovrano».Ovviamente, queste misure erano volte a limitare la libertà della propria popolazione, non certo quella degli europei occidentali, liberi di recarsi dove volessero. La prima conseguenza fu che nelle prime ore del mattino di domenica 13 agosto 1961 vennero eretti sbarramenti provvisori ai confini tra il settore sovietico e i tre settori "occidentali" e furono tolti tratti di pavimentazione sulle strade di collegamento, di fatto interrompendole. Squadre della Polizia del Popolo e della Polizia dei Trasporti bloccarono la circolazione al confine dei settori.Nelle settimane e nei giorni successivi, gli sbarramenti di filo spinato ai confini con i tre quartieri di Berlino Ovest furono sostituiti da un muro di lastre di cemento e blocchi forati. Vi erano strade i cui marciapiedi appartenevano ad uno dei quartieri di Berlino Ovest mentre la fila di edifici era stata assegnata alla Berlino sovietizzata. Ebbene, senza esitare, il governo della RDT fece murare le entrate delle case e le finestre al piano terra. Gli abitanti potevano accedere alle loro abitazioni solo passando dalla parte dei cortili, che si trovavano a Berlino Est.IL MURO E LA GUERRA FREDDAAttraverso la costruzione del Muro, da un giorno all'altro furono tagliate e separate strade, piazze e case ed i collegamenti del traffico urbano furono interrotti. La sera del 13 agosto il borgomastro Willy Brandt disse, davanti al Parlamento di Berlino: «L'amministrazione di Berlino denuncia davanti a tutto il mondo le misure illegali e inumane di chi divide la Germania, opprime Berlino Est e minaccia Berlino Ovest».«Il Muro di Berlino - scrive Enzo Bettiza nel suo celebre libro 1989. La fine del Novecento - fu concepito a Vienna fra il 3 e il 4 giugno 1961. Lo concepì in quei due giorni l'imprevedibile Nikita Kruscev durante un paio d'incontri, insieme fatali e falliti, con il presidente John Fitzgerald Kennedy. Il vertice viennese fu eccezionale sul piano mediatico e sembrò promettente su quello politico. Definito per quarantott'ore "storico" da famosi commentatori internazionali, accorsi da ogni parte nella capitale austriaca, avrebbe dovuto sminare il terreno sotto le zampate delle due superpotenze atomiche e inaugurare, all'insegna della coesistenza, un'era di distensione e di costruttivo armistizio. Accadde l'esatto contrario. L'evento, anziché preannunciare un'epoca di negoziati e di compromessi planetari, segnò l'inizio della fase più acuta e pericolosa della guerra fredda. Si può ben dire che esso partorì la prima pietra del Muro. Di lì a poco, il 13 agosto, Kruscev, sostenuto dal complice tedesco Walter Ulbricht, avrebbe conficcato una spada di cemento armato nel cuore d'Europa».Nel periodo successivo gli impianti di sbarramento furono ampliati sempre di più, il sistema di controllo fu perfezionato. Il Muro all'interno della città, che divideva Berlino Est da Berlino Ovest, raggiunse una lunghezza di 43,1 chilometri. La parte degli impianti di sbarramento, che isolava ermeticamente il resto della RDT lungo il confine con Berlino Ovest, aveva una lunghezza di 111,9 chilometri. Negli anni successivi, oltre 100 mila cittadini della RDT cercarono di fuggire attraverso il confine tra le due Germanie oppure oltre il Muro di Berlino.In base alla documentazione raccolta dal Centro di Storia Contemporanea di Potsdam, 125 persone persero la vita tra il 1961 e il 1989 nel tentativo di oltrepassare il Muro, ma centinaia (il numero esatto non è stato possibile ricostruire) vennero abbattute dalle guardie di confine comuniste, onde impedire loro di raggiungere la Germania Ovest.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5834VA DETTO CHE IL COMUNISMO E' UN REGIME CRIMINALE... CE LO CHIEDE L'EUROPA! di Stefano MagniIl 19 settembre scorso, nella disattenzione generale dei media, il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione in cui sia il nazismo che il comunismo sono ritenuti ugualmente responsabili per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. E in cui entrambi i regimi totalitari sono condannati come egualmente criminali. Dovrebbe essere una considerazione morale assodata e accettata da tutti e in effetti gli europarlamentari l'hanno votata con una maggioranza trasversale (fra cui anche gran parte degli eurodeputati del Pd, che almeno per metà è costituito dall'ex Pci). Ma, come tutti potevano scommettere, in Italia è scoppiata la polemica a sinistra sulla valutazione del passato recente, sul ruolo del comunismo nella guerra e nella liberazione.Se tuttora in articoli e saggi storici il Patto Ribbentrop-Molotov viene ridimensionato come "accordo tattico", voluto da Stalin e Hitler solo per prendere tempo e prepararsi alla guerra, il testo della risoluzione lo considera per quel che fu: un piano di spartizione "...dividendo l'Europa e i territori di Stati indipendenti tra i due regimi totalitari e raggruppandoli in sfere di interesse, il che ha spianato la strada allo scoppio della Seconda guerra mondiale". Si riconosce, nero su bianco che, solo l'Europa occidentale fu liberata alla conclusione del conflitto, ricostruita e rappacificata, "... mentre per mezzo secolo altri paesi europei sono rimasti assoggettati a dittature, alcuni dei quali direttamente occupati dall'Unione sovietica o soggetti alla sua influenza, e hanno continuato a essere privati della libertà, della sovranità, della dignità, dei diritti umani e dello sviluppo socioeconomico". Su quella occupazione e i suoi crimini non si è mai fatta giustizia. Recita il testo della risoluzione: "Considerando che, sebbene i crimini del regime nazista siano stati giudicati e puniti attraverso i processi di Norimberga, vi è ancora un'urgente necessità di sensibilizzare, effettuare valutazioni morali e condurre indagini giudiziarie in relazione ai crimini dello stalinismo e di altre dittature".LE VITTIME DEI REGIMI TOTALITARILa risoluzione mira a promuovere "la memoria delle vittime dei regimi totalitari, il riconoscimento del retaggio europeo comune dei crimini commessi dalla dittatura comunista, nazista e di altro tipo, nonché la sensibilizzazione a tale riguardo", perché "sono di vitale importanza per l'unità dell'Europa e dei suoi cittadini". Questa memoria dovrebbe essere comunemente condivisa, anche considerando il fatto che il 24 dicembre 1989 fu lo stesso Congresso dei deputati del popolo dell'Urss a condannare la firma del Patto Ribbentrop-Molotov, dopo mezzo secolo di negazionismo. Il testo invita gli Stati membri a un'opera di riscoperta della memoria storica volta a una "valutazione chiara e fondata su principi riguardo ai crimini e agli atti di aggressione perpetrati dai regimi totalitari comunisti e dal regime nazista".Viene istituita la giornata del 23 agosto (anniversario del Ribbentrop-Molotov) come Giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari. Mentre il 25 maggio diverrà Giornata internazionale degli eroi della lotta contro il totalitarismo. Il 25 maggio 1948, infatti, veniva fucilato dal regime comunista polacco Witold Pilecki, intellettuale polacco, ufficiale di cavalleria, che nel 1940 si fece volontariamente internare ad Auschwitz per documentarne gli orrori. Nel 1943 riuscì miracolosamente a evadere. Sopravvissuto alla persecuzione nazista, rimase vittima del totalitarismo successivo, quando provò ad infiltrarsi nella Polonia comunista. E venne fucilato, appunto, dai "liberatori" nel 25 maggio del 1948. La sua incredibile vicenda, che ora sarà festa europea, è narrata in italiano ne Il volontario di Marco Patricelli.UN ATTO DI GIUSTIZIAQuesta risoluzione è principalmente un atto di giustizia per i Paesi dell'Europa centro-orientale, che finora non hanno potuto partecipare, con pari dignità, alla memoria collettiva europea. Considerati "liberati" dal nazismo, al pari di tutti gli altri, nel 1945, le loro sofferenze sotto l'occupazione sovietica sono state finora snobbate.Eppure... la polemica è scoppiata soprattutto in Italia, dove la sinistra vive nel mito della liberazione dell'Europa ad opera del comunismo. Pietro Bartolo, eurodeputato del Pd, più noto come "il medico di Lampedusa" che soccorre gli immigrati, ha votato a favore, poi ha cambiato idea. "Ho deciso di cambiare il mio voto da positivo a contrario alla risoluzione sulla memoria europea", ha scritto senza dare troppe spiegazioni. I primi a reagire erano stati il senatore Francesco Laforgia e il deputato Luca Pastorino, entrambi di LeU, che parlano di: "pericolosa rilettura che finisce per sdoganare ideologie neo-fasciste". Giuliano Pisapia, già sindaco di Milano ed ora eurodeputato del Pd, ha scritto sulla sua pagina Facebook che in quel documento "ci sono frasi sbagliate e altre poco chiare". Massimiliano Smeriglio (Pd): "Non l'ho votato perché è un testo confuso e contraddittorio. Non l'ho votato perché non si costringe la storia dentro uno schema parlamentare al solo scopo di tirarla da tutte le parti per poi finire in uno strano ecumenismo". Pierfrancesco Majorino (Pd): "Dico che sono contro l'equiparazione banale tra comunismo e nazismo che fa piangere sul piano storico innanzitutto. E da ieri mi trovo a dover spiegare che però detesto lo stalinismo, i gulag, la repressione dell'Ungheria e compagnia terrificante. Tempi moderni".L'ITALIA NON È ANCORA STATA LIBERATA DAL COMUNISMOLe reazioni di questi politici della sinistra italiana, vanno ad aggiungersi a note ancor più dure ed editoriali di storici di professione e giornalisti. Così Emanuele Macaluso, ex direttore dell'Unità: "Quella risoluzione è semplicemente una vergogna", "i deputati europei del Pd che hanno votato a favore dovrebbero vergognarsi davvero". "Da David Sassoli mi sarei aspettato delle parole nette su quel tema e non balbettii o frasi accomodanti. Con quella Risoluzione si vuole dare un colpo alla Storia. Cancellarla. Devo ricordarlo io il ruolo che ha avuto l'esercito dell'Urss, l'Armata Rossa, nella liberazione dell'Europa da Hitler?" E infine l'Anpi, Associazione Nazionale Partigiani Italiani che esprime preoccupazione perché: "In un'unica riprovazione si accomunano oppressi ed oppressori, vittime e carnefici, invasori e liberatori, per di più ignorando lo spaventoso tributo di sangue pagato dai popoli dell'Unione Sovietica (più di 22 milioni di morti) e persino il simbolico evento della liberazione di Auschwitz da parte dell'Armata rossa. Davanti al crescente pericolo di nazifascismi, razzismi, nazionalismi, si sceglie una strada di lacerante divisione invece che di responsabile e rigorosa unità".Queste reazioni dimostrano solo che l'Italia non è ancora stata liberata dall'altro totalitarismo, non dalla sua memoria distorcente, non dalla sua mitologia. Non lo sarà finché i 20 milioni di morti uccisi dal regime di Stalin non avranno la stessa dignità e lo stesso diritto di essere ricordati rispetto ai 6 milioni di morti della Shoah provocati dal regime di Hitler. Eppure ora possiamo apertamente affermare che il comunismo fu un regime criminale. Ce lo chiede l'Europa.Nota di BastaBugie: una delle conseguenze del Patto Ribbentrop-Molotov, con cui comunisti e nazisti si spartirono la Polonia, fu lo sterminio degli ufficiali polacchi da parte dei sovietici avvenuto a Katyn. Non ci stancheremo mai di consigliare la visione del film kolossal "Katyn", il capolavoro di Andrzej Wajda.Per approfondimenti sul film Katyn clicca nel seguente linkhttp://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=19Ecco qui sotto il trailer di "Katyn":https://www.youtube.com/watch?v=IjLw9iAPyxkIL PATTO RIBBENTROP-MOLOTOVL'autore del precedente articolo, Stefano Magni, nell'articolo seguente dal titolo "Ribbentrop-Molotov, 80 anni fa i totalitarismi si unirono" spiega che Germania e Unione Sovietica si spartirono tutta l'Europa orientale e baltica. Il Patto è rimasto per molto tempo segreto. Oggi è chiaro a tutti l'intento predatorio, su scala mondiale, dei due totalitarismi: nazionalsocialismo e comunismo.Ecco l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 23 agosto 2019:Esattamente 80 anni fa, il 23 agosto 1939, veniva firmato il Patto Ribbentrop-Molotov. Vero atto di inizio della Seconda Guerra Mondiale, l'accordo era diviso in due parti. La prima, pubblica, impegnava per 10 anni Germania e Unione Sovietica a non dichiararsi guerra. La seconda, segreta ed emersa solo dopo la Perestrojka di Gorbachev, era un piano di spartizione di tutta l'Europa orientale e baltica da parte delle due potenze continentali. A quasi un secolo di distanza, quel Patto fra i due regimi totalitari europei è ancora una lezione molto amara, perché smaschera la vera natura dei regimi totalitari e ci ricorda quanto sia stata distorta, nei decenni successivi, la memoria collettiva sulla guerra mondiale.Il Patto ebbe come prima conseguenza la condanna della Polonia. Invasa a Ovest dalla Germania nazista dal 1 settembre e da Est dall'Urss (17 settembre) non ebbe più modo di difendersi. Le successive tre vittime del Patto furono le repubbliche di Lituania, Lettonia ed Estonia. La prima avrebbe dovuto essere annessa alla Germania, ma dopo l'invasione della Polonia gli accordi segreti vennero rivisti e, in cambio di un finanziamento, venne letteralmente venduta da Hitler all'Urss. Le tre piccole repubbliche del Baltico furono di fatto costrette a firmare trattati di "cooperazione" con l'Urss che vi installò basi militari. Nel giugno del 1940, mentre Hitler invadeva la Francia, quei trattati si trasformarono in un'annessione all'Urss. Poi fu il turno della Finlandia.
di Riccardo GazzanigaNon solo Tommie Smith e John Carlos. Le Olimpiadi messicane sono passate alla storia per le imprese di tanti altri atleti. Su tutti Bob Beamon, l'uomo che il 18 ottobre del 1968 vede il fulmine e nel salto in lungo strabilia il mondo con un volo incredibile. Nel salto in alto, invece, Dick Fosbury non riesce a battere il record mondiale, ma il suo impatto sarà ancora più rivoluzionario, cambiando per sempre quella disciplina. Oltre a Smith e Carlos, c'è qualcun altro che si fa notare non solo per i risultati sportivi, ma anche per un gesto di protesta forse ancor più clamoroso di quello dei velocisti americani. E' la ginnasta ceca Věra Čáslavská, capace di vincere 4 ori, 1 argento, e di esprimere sul podio un clamoroso dissenso nei confronti dell'Unione Sovietica, per il modo in cui ha soffocato nel sangue la Primavera di Praga. Negli ultimi giorni dei giochi, a mettersi in luce è invece un giovane pugile dalla potenza terrificante: George Foreman schianta gli avversari sognando di diventare il nuovo Alì, ignaro che sarà proprio Alì a segnare in maniera indelebile il suo destino. Già, perché la chiusura delle Olimpiadi è solo un passaggio, e non il capitolo finale nella storia di tutti i personaggi di questa storia.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1410LA FAVOLA INVENTATA DELL'8 MARZO di Alessandra NucciLa festa dell'8 marzo, che in Italia si tramanda di anno in anno con l'immutabilità delle leggende, narra della lotta di classe, dello sfruttamento capitalista, del diritto al lavoro e, immancabilmente, dell'iniquità della società americana. Si tratta però di una mitologia indotta, un misto di fatti veri e meno veri ricostruiti con fantasia dal movimento sindacale, in piena Guerra Fredda, per dare corpo all'ideologia marxista e incanalare le donne il più possibile verso rivendicazioni di stampo comunista. La storia vera infatti è molto più articolata della sola iniziativa che si vuole lanciata da Clara Zetkin a Copenhagen nel 1910. L'incendio della Triangle Shirtwaist Factory di New York fu tragedia vera e immane, ma non fu riconducibile né a scioperi né a serrate, fece vittime anche fra gli uomini e oltretutto avvenne nel 1911, un anno dopo il supposto "proclama". Nella minuziosa ricostruzione storica offerta dal libro "8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna" di Tilde Capomazza e Marisa Ombra (ed. Utopia, Roma, 1991), si scopre che la data dell'8 marzo fu stabilita a Mosca nel 1921, durante la "Seconda conferenza delle donne comuniste". Svoltasi all'interno della III Internazionale comunista, la conferenza decise di stabilire quella data come "Giornata internazionale dell'operaia" in onore della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo. La "Festa della donna" fu istituita quindi nel quadro ideologico e politico che vedeva i paesi comunisti di tutto il mondo uniti per la rivoluzione del proletariato, sotto la guida dell'Unione Sovietica. Perché allora questo fatto non viene tramandato ogni 8 marzo? Per capirlo bisogna andare alle radici del femminismo, che non nasce dalle lotte del proletariato ma dalle donne del ceto medio, che già dalla metà dell'800 avevano cominciato a mobilitarsi per il diritto di voto. Quando poi, al volgere del XX secolo, venne fondato il Partito Socialista internazionale, le sue donne si divisero fra quelle disposte ad allearsi con le femministe "borghesi", e quelle che invece ritenevano che, come scrisse nel 1910 «L'Avanti!», "il proletariato femminile non può schierarsi col femminismo delle donne borghesi [...] per ottenere quelle riforme civili e giuridiche che le tolgano alla tutela e alla dipendenza dall'uomo. Questa emancipazione di sesso non scuote e può piuttosto rafforzare i cardini della presente società economica: proprietà privata e sfruttamento di classe". In poche parole le donne di sinistra accusavano le borghesi di "non attaccare a fondo l'istituto familiare, luogo privilegiato di oppressione della donna". Questa divisione può spiegare la ricostruzione dell'8 marzo come iniziativa di protesta per il terribile incendio di New York, il cui taglio anti-americano risultava tanto più efficace quanto più ne rimaneva nascosta la radice sovietica. Questa versione fu riportata infatti per la prima volta in Italia dal settimanale «La lotta», edito dalla sezione bolognese del Partito Comunista Italiano. Era il 1952, e quell'anno l'Unione Donne Italiane, settore femminile della Cgil, distribuì alle sue iscritte una valanga di librettini minuscoli, 4 cm x 6, da attaccare agli abiti insieme a una mimosa. Nel libretto c'era un resoconto dell'incendio di New York. Due anni dopo, il settimanale della Cgil, «Il lavoro», perfezionò il racconto con un fotomontaggio che ritrae un signore arcigno in bombetta dal nome inventato che si fa largo fra masse di donne tenute indietro dalla polizia. Così la data dell'8 marzo si è diffusa a tappe alterne, soprattutto in Europa. In alcuni paesi è salita alla ribalta solo da pochi anni. Negli Stati Uniti, dove le manifestazioni delle donne hanno sempre incluso le più svariate associazioni femminili, le donne socialiste tenevano già una "Festa della donna" nel 1908, che però non è mai diventato un appuntamento diffuso. È da pochissimo che si tenta di far acquistare visibilità in USA all'"International Women's Day". Nonostante infatti la crescente pubblicistica degli studi femminili, presenti in tutti gli atenei, il livello di attenzione del pubblico per l'8 marzo continua ad essere quasi del tutto inesistente.