Podcasts about dell'urss

  • 37PODCASTS
  • 59EPISODES
  • 19mAVG DURATION
  • ?INFREQUENT EPISODES
  • Dec 5, 2023LATEST

POPULARITY

20172018201920202021202220232024


Best podcasts about dell'urss

Latest podcast episodes about dell'urss

BASTA BUGIE - Omosessualità
Aggressione a Pro Vita torna il clima anni Settanta

BASTA BUGIE - Omosessualità

Play Episode Listen Later Dec 5, 2023 6:55


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7621AGGRESSIONE A PRO VITA: TORNA IL CLIMA ANNI '70 di Eugenio CapozziLa violenta aggressione alla sede dell'associazione Pro Vita e Famiglia, perpetrata dal collettivo "transfemminista" Non Una di Meno in margine alla manifestazione nominalmente indetta contro la violenza sulle donne sabato scorso 25 novembre a Roma, e ancor più l'agghiacciante rivendicazione di quell'aggressione con un linguaggio che ricorda i peggiori schemi del terrorismo degli anni Settanta, non rappresentano un esito incidentale, ma il logico coronamento della campagna politica di cui quella manifestazione, come molte altre, è stata parte. Una campagna che con il tema della difesa delle donne dalla violenza ha ben poco a che vedere, ma è invece un chiaro tentativo di assalto ideologico e di destabilizzazione politica e culturale.Occorre riflettere bene su quello che è avvenuto in Italia a partire dal 18 novembre, data del ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin, uccisa in circostanze atroci dal suo ex fidanzato. Approfittando dell'emozione suscitata da quel singolo episodio di cronaca nera, un consistente blocco politico-mediatico ha messo in piedi un'operazione propagandistica clamorosa - già preparata peraltro da mesi e anni di martellante indottrinamento nello stesso senso in ogni sede della cultura e dell'intrattenimento - in cui l'Italia è stata rappresentata come un inferno per le donne, un Paese "patriarcale" popolato da legioni di maschi violenti, oppressori, dominatori, per cui si è intimato addirittura a tutti gli uomini in blocco di fare mea culpa e chiedere scusa (e molti sventurati, per sfare sfoggio di femminismo, si sono addirittura prestati a questa messa in scena degna dell'Urss di Stalin).NARRAZIONE SCOLLEGATA DALLA REALTÀSi tratta di una rappresentazione completamente scollegata dalla realtà quotidiana, dai dati misurabili, dalle statistiche, che convergono al contrario nell'indicare il nostro Paese come uno di quelli in cui in Europa si verificano meno "femminicidi" e stupri. E si tratta di una operazione spudoratamente ipocrita, volutamente strabica, in quanto omette di specificare che una componente statisticamente significativa della violenza sulle donne - in Italia come, ancor più, nei Paesi dell'Europa settentrionale - è legata all'immigrazione da Paesi in cui, al contrario che in quelli europei contemporanei, la condizione femminile si trova in uno stato di soggezione al dominio di una società quella sì "patriarcale" nel senso peggiore e più violento del termine.Non è un caso se gli episodi di violenza ai danni delle donne che conquistano la "prima pagina" dei media, e attirano legioni di articoli di denuncia, sono esclusivamente quelli che vedono come responsabili uomini italiani autoctoni, laddove invece quelli messi in atto da immigrati vengono sistematicamente svalutati e relegati nelle brevi di cronaca, quando non viene addirittura taciuta la nazionalità del colpevole.D'altra parte il corto circuito tra questo inorridito coro "antipatriarcale" e il relativismo culturale altrettanto imperante nel "progressismo" nostrano, con le sue propaggini di immigrazionismo selvaggio, è ben evidenziato dal fatto che alla citata manifestazione "femminista" romana il tema della "violenza strutturale contro le donne e le libere soggettività" è stato accoppiato, non si comprende in base a quale contorta logica, ad attacchi violenti contro Israele, al totale silenzio sulle orrende violenze contro le donne perpetrate da Hamas, all'invocazione di ancor più immigrazione, senza minimamente considerare un problema, tra gli altri, il rapporto tra fondamentalismo islamico e assoggettamento femminile.AL PENSIERO UNICO NON IMPORTA NULLA DELLE VIOLENZE SULLE DONNETale spregiudicata e disonesta ondata di indottrinamento può essere spiegata, a mio avviso, secondo due direttrici fondamentali.La prima è la precisa volontà, da parte dell'opposizione politica saldata al mainstream mediatico e culturale, di colpire con ogni pretesto il governo di Giorgia Meloni, montando e strumentalizzando contro di esso qualsiasi episodio di cronaca: in questo caso, per additare l'attuale esecutivo come responsabile "a prescindere" di ogni sopruso subìto dal genere femminile, in quanto conservatore, di destra, quindi maschilista (benché guidato da una donna, che in tal caso viene persino privata della sua appartenenza di genere, in quanto "traditrice").La seconda è l'utilizzo di ogni occasione, da parte del compatto blocco sopra citato, per importare e imporre a tappe forzate nel nostro Paese tutti gli aspetti dell'ideologia progressista woke attualmente egemone nei Paesi anglosassoni, fondata sul soggettivismo totale e sul rifiuto di ogni struttura naturale di famiglia e società. Un'importazione che, quando appunto sulla spinta di risposte emotive riesce a superare le resistenze di elementare buonsenso tipiche di Paesi di tradizione cattolica più solida, dotati di strutture familiari più coese, in cui la secolarizzazione radicale è arrivata più tardi e in forma più attutita, provoca smottamenti clamorosi, con contrapposizioni di una violenza inusitata (come è accaduto in altre nazioni in ciò analoghe, come Spagna, Portogallo, Irlanda).La fusione tra queste due componenti ci aiuta a contestualizzare l'enorme sproporzione tra la natura dei fatti e la spropositata tensione politica che a partire da essi è stata costruita nelle ultime settimane. E soprattutto ci aiuta a comprendere perché certe esagitate manifestanti "anti-patriarcali" abbiano considerato naturale e giustificabile un'esplosione di violenza altrimenti inspiegabile contro un'associazione cattolica che si batte contro l'aborto, l'eutanasia, l'indottrinamento Lgbt nelle scuole, l'utero in affitto.Ciò avviene, evidentemente, perché a quanti hanno sposato la campagna ideologica di criminalizzazione dell'Italia come Paese "patriarcale" non importa nulla di promuovere una prevenzione fattuale ed efficace delle violenze sulle donne. Essi vogliono soltanto colpire in ogni modo la famiglia naturale, la paternità e la maternità, la fecondità. Il loro nemico sono innanzitutto i cristiani, e tutti coloro che continuano a mantenere in piedi la continuità della nostra civiltà con le sue radici. Il loro obiettivo, in sintonia con i fanatici woke che essi scimmiottano, è quello di ridurre la società a una somma disgregata di individui isolati, anaffettivi, diffidenti gli uni degli altri, incapaci di qualsiasi relazione solida, dediti soltanto ossessivamente alla ricerca di gratificazioni egotistiche ed effimere.

Rimbalzi
Ep.91 - La partita fantasma del Cile di Pinochet

Rimbalzi

Play Episode Listen Later Nov 18, 2023 18:44


Il 21 novembre del 1973 la nazionale cilena deve giocare la partita di spareggio per i Mondiali, contro l'Unione Sovietica. Due mesi prima, però, il presidente Salvador Allende era stato ucciso durante il golpe, e il Palazzo era stato preso dal generale Pinochet. Da Mosca i comunisti fecero sapere che non si sarebbero presentati, non in quello stadio dove secondo il KGB erano stati rinchiusi e torturati i prigionieri politici. A quel punto Pinochet trasformò la rinuncia dell'Urss in un evento di propaganda: portò 15mila persone allo stadio, per una partita fantasma. I contributi audio di questo episodio sono stati tratti dal discorso di Salvador Allende alla nazione trasmesso da Radio Magallanes l'11 settembre 1973; dai discorsi di Augusto Pinochet alla nazione tenuti nei giorni successivi; dal coro dei tifosi del Colo-Colo allo stadio; dalla telecronaca di Cile-Austria del 17 giugno 1982 trasmessa da TVN Chile; dall'intervento di Olga Garrido in favore del NO al referendum del 1988. Quest'ultimo frammento è ospitato dalla pagina facebook “Gli eroi dello sport”, tutti i precedenti sono disponibili su YouTube. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

ARTICOLI di Rino Cammilleri
L'ateo comunista convertito da Fulton Sheen

ARTICOLI di Rino Cammilleri

Play Episode Listen Later Nov 15, 2023 7:45


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7598L'ATEO COMUNISTA CONVERTITO DA FULTON SHEEN di Rino CamilleriIn una della puntate precedenti avevamo raccontato come il venerabile Fulton Sheen avesse convertito una fanatica - e importante - comunista americana. Ma la gente convertita da quell'uomo eccezionale deve essere stata molta di più e si attende che qualcuno metta mano all'elenco, possibilmente con ricchezza di particolari.Oggi intanto replichiamo con un altro comunista di punta, statunitense pure lui, un attivista di spicco che grazie al solito Fulton Sheeen incontrò la Vergine e, ovviamente, cambio da così a così.Si tratta di Louis Francis Budenz (1871-1972), un uomo che, dopo l'incontro casuale (al bar) col vescovo, fu "perseguitato" per nove anni dalla Madonna: lui stesso, nell'autobiografia, confessò di ritrovarsi spesso, in quel periodo, con la mano in tasca a sgranare il rosario quasi senza accorgersene. Dedicò il suo libro all'Immacolata, che Pio XII aveva posto a Patrona delle forza armate degli Stati Uniti. Tra parentesi, il lungimirante pontefice sapeva che i militari di fede cattolica in quel paese dai mille culti correvano seri rischi di contagio ideologico, o almeno di confondersi le idee; da qui il patrocinio della "Nemica di tutte le eresie". E infatti il vescovo Sheen tagliò corto: anziché imbarcarsi in dotte confutazioni andò dritto al sodo dritto al sodo chiamando in causa la Madonna.I GENITORI CATTOLICIMa com'è che il Budenz teneva il rosario in tasca pur essendo stra-comunista? Il fatto è che i genitori erano cattolici, e ogni sera la famiglia diceva il rosario in ginocchio davanti a un'immagine dell'Ecce homo. Lui stesso, nato in Indianapolis, aveva studiato in scuole cattoliche nell'Indiana, a Cincinnati e a Topeka, in Kansas. Nel 1912 si laureò in discipline giuridiche ed economiche alla Indianapolis Law school. Nel 1915 si impiegò presso un'organizzazione cattolica a st. Louis assisteva i lavoratori nelle loro rivendicazioni. Nel 1920 si trasferì nel New Jersey allo scopo di mettere a disposizione degli operai in sciopero le sue competenze giuridiche. Ma accade anche a lui quel che successe ai famosi "preti operai" che negli anni cinquanta e sessanta andarono a lavorare nelle fabbriche: come i pifferi di montagna, si erano fatti operai per convertire i colleghi al Vangelo, ma tornarono convertiti al verbo di Marx. E da preti si trasformarono in agitatori e sindacalisti.Ma il ceto operaio di agitatori e sindacalisti ne aveva già , perciò quei preti diventarono come il famoso sale evangelico che, perso il sapore, non serve più a niente. Diversi scioperi sciopero in diverse parti ebbero successo grazie ai consigli dell'avvocato Budenz, tanto che gli fu chiesto di insegnare in un'apposita scuola proprio le tecniche di sciopero: il Brookwood Labor College, presso New York city, dopo aver pubblicato diversi pamphlet e manuali, nel 1935 il Budenz, correttamente s'iscrisse al partito comunista americano e vi fece rapida carriera, fino a diventare caporedattore del Daily Worker, organo del partito, e addirittura membro del comitato centrale. Nel 1938 aveva già nel curriculum una vetrina di arresti di quando a Chicago dirigeva l'intera rete nazionale dei quotidiani comunisti.UN LUNGO DISCORSO SU MARIAMa ecco l'incontro fortuito col già famoso vescovo di New York, a cui lui, tra un bicchiere e l'altro, cercò di spiegare come il comunismo fosse l'inveramento sociale del vangelo.Vecchia storia, alla quale non pochi preti sudamericani (e non solo) ancora oggi credono.Sheen, però spiazzò l'interlocutore. Anziché rispondere e ribattere, propose di cambiare argomento e di parlare della Madonna. Al trasecolato Budenz il Beato parlò per un'opera di Maria, gettando quel seme che nel 1945 portò Budenz alla più plateale delle conversioni. E quel punto cominciò a scrivere libri che spiegavano veramente il comunismo: "Uomini senza volto: la cospirazione comunista negli Stati Uniti", "Il mondo nascosto", "Le tecniche del comunismo". Divenne docente di economia alla prestigiosa Fordham University, e pubblicò la sua autobiografia, This is my story, in cui chiarì come proprio il cattolicesimo, ritrovato e approfondito, l'avesse portato a rigettare tutto ciò in cui aveva creduto prima. A questo proposito, la Lettera in cui San Pietro raccomanda di essere "sempre pronti a rendere ragione" di ciò in cui si crede, significa in soldoni questo: se sei laureato hai un dovere di approfondire al tuo livello di cultura. Invece, oggi, sono tanti i laureati, e pure gli accademici, che della religione in cui sono stati battezzati sanno solo quel che hanno appreso al Catechismo da bambini, e credono che basti. E pensano che non verrà loro chiesto conto nel Dies Irae. Budenz venne arruolato dall'FBI come consulente e confessò di avere partecipato allo spionaggio comunista a favore dell'URSS fin dai tempi dell'assassino di Trotsky in Messico (la cui opportunità era stata discussa in comitato centrale, lui presente). Precisò che la famosa spia Alger Hiss era già comunista quando lavorava come funzionario del governo.NELLA COMMISSIONE MCCARTHYBudenz fu testimone chiave in tutte le udienze della commissione McCarthy. Com'è noto il "meccartismo" è entrato nel linguaggio comune quale sinonimo di "caccia alle streghe" grazie alla propaganda di sinistra a Hollywood e nel resto dell'impero americano. Il fatto è che le "streghe" c'erano davvero e al "soccorso rosso" non rimase che cercare di confondere almeno le nuove generazioni.Nel 1953, nel suo libro Tecniche del comunismo (Techniques of Communism, mai tradotto), Budenz spiegò che i comunisti ricevevano istruzioni su come negare di essere comunisti in caso di accusa.Il che, ovviamente, complicava l'attività degli inquirenti e trascinava i processi all'indefinito (il summenzionato Kiss ne ebbe infatti due e proprio per negazioni di genere). Gli ex comunisti che testimoniavano come "pentiti" venivano attaccati e denigrati in ogni modo (Whit-taker Chambes, per esempio, era uno di loro e finì querelato da Alges Hiss).Louis Francis Budenz aveva cinque figlie, una (Louise) adottata al tempo del primo matrimonio nel 1916 con Gizella Geiss, compaesana e già divorziata, cosa che costò a Louis il distacco dalla sua famiglia d'origine, che non approvava; lui preferì andarsene da casa. Le altre quattro le ebbe, dopo il divorzio (nel 1938), dalla seconda moglie Margaret Rodgers di Pittsburgh: Julia, Josephine, Justine, Joanna (non chiedetemi perché tutte con la iniziale "J", perché non lo so). Louis Francis Budenz morì a ottant'anni a Newport, Rhode Island, nel 1972.

ARTICOLI di Rino Cammilleri
Appunti per chi tifa per Hamas e contro Israele

ARTICOLI di Rino Cammilleri

Play Episode Listen Later Nov 14, 2023 5:29


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7602APPUNTI PER CHI TIFA PER HAMAS E CONTRO ISRAELE di Rino CamilleriFateci caso: tutti quelli che tifano per la «Palestina» o sono comunisti (riflesso condizionato di quando l'Urss remava contro Israele) o oscillano tra «perfidi giudei» e «Lepanto» non sapendo decidersi, o sono semplicemente nostalgici. Vabbè, io intanto vedo gli invincibili guerrieri di Allah sgozzare a tradimento vecchietti che fanno la spesa e nascondersi sotto i reparti di pediatria. Eh, i fabbricanti di frankenstein non immaginavano che la «dottrina Brzezinski» ci si sarebbe rivoltata contro.Ci spieghiamo. Ai tempi delle guerre di Israele contro i vicini arabi, giacché Israele era alleato degli americani, per forza di cose i sovietici si buttarono dall'altra parte. Gli israeliani riuscirono a spuntare film hollywoodiani come Exodus e canzoni come Inch'Allah di Adamo, ma la propaganda comunista era più rodata, sperimentata e forte della loro. Così i terroristi palestinesi passarono per condivisibili insorgenti e nei cortei per qualsivoglia ragione spuntarono le kefiah alla Arafat. Da allora, la sinistra, anche quella radical-chic, sta contro gli «imperialisti». I Paesi musulmani, i ricchissimi emirati e sceiccati? Di palestinesi non ne vogliono, per non fare la fine del Libano. Ricordate? I profughi palestinesi vennero accolti in Giordania e subito cominciarono gli attentati contro addirittura il re. Espulsi a pedate, si riversarono in Libano e la «Svizzera d'Oriente» piombò in una guerra civile che non è mai finita. La spaventosa esplosione finale al porto di Beirut l'abbiamo vista tutti. Chi è stato? Boh, indovinala grillo.Per chi non sapesse cos'è la «dottrina Brzezinski», ecco qua: ai tempi dell'Urss le teste d'uovo angloamericane pensarono di pugnalare alle spalle l'alleato Scià di Persia prelevando l'ayatollah Khomeini da Parigi, dove era stato tenuto in caldo proprio per questa evenienza, e lo mandarono a scatenare la rivoluzione islamica nell'Iran. Lo scopo era quello di fare dell'islamismo politico il detonatore per tutte le regioni islamiche del Sud dell'Urss, o almeno di tenere in tal modo una pistola puntata alla tempia di quest'ultima. Ma i sovietici non erano fessi e il Grande Gioco fallì. Anzi, si ritorse contro i burattinai, perché l'islamismo politico contagiò non chi doveva ma tornò indietro, e da allora l'Occidente non ha più avuto pace. L'Iran, già florido e modernissimo, ripiombò nel VII secolo, e così i vicini di casa. E perfino la Turchia deve stare attenta all'islam radicale, tanto che la moglie di Erdogan è meglio si presenti in pubblico velata.Come si faccia a tifare per tagliagole sanguinari e senza regole, nemmeno d'onore, che degli occidentali usano solo le armi ma per il resto loro stessi fanno una vita da caprai (niente fumo, niente alcol, niente televisione...), lo sanno solo i plagiati dal marxismo (perché sempre questo è, comunque lo chiamino di volta in volta). A furia di "accoglienza" catto-comunista ce li siamo tirati in casa, e ora voglio vedere come se ne esce.Ultima notazione: comunque la vediate, fatevi prima un giro in Afghanistan e poi uno in Israele. E poi ditemi in quale «regime imperialista» (perché lo sono tutti e due, e l'islamismo è pure totalitario) vorreste abitare. Un'ultima notazione per quelli che riescono a celebrare l'anniversario della vittoria occidentale sugli ottomani a Lepanto e in contemporanea avercela con Israele. Che non è un santo, certo, ma combatte contro lo stesso diavolo. Speriamo solo che il Mossad non riesca a trovare il modo di spedircelo in casa, visto che ci teniamo tanto. Così, anche noi proveremo le gioie della libanizzazione.

Il Mondo
In Nagorno Karabakh si rischia la pulizia etnica. Un'idea razzista e sessista del rock.

Il Mondo

Play Episode Listen Later Sep 22, 2023 23:10


Dopo un conflitto con l'Armenia andato avanti a più riprese dalla caduta dell'Urss in poi, nei giorni scorsi giorni l'Azerbagian ha lanciato un'iniziativa militare per mettere fine all'indipendenza de facto del Nagorno Karabach. Il 16 settembre Jann Wenner, il cofondatore della rivista Rolling Stone, è stato estromesso dal consiglio di amministrazione della Rock and Roll Hall of Fame Foundation in seguito ad alcune dichiarazioni razziste e sessiste.CONGiorgio Comai, ricercatore ad Osservatorio Balcani e Caucaso TranseuropaDaniele Cassandro, editor di cultura di Internazionale LINKVideo Nagorno Karabach https://www.youtube.com/watch?v=jkqLqBsLkmg Video rock: https://www.youtube.com/watch?v=8NDuXc8CiOoSe ascolti questo podcast e ti piace, abbonati a Internazionale. È un modo concreto per sostenerci e per aiutarci a garantire ogni giorno un'informazione di qualità. Vai su internazionale.it/podcastScrivi a podcast@internazionale.it o manda un vocale a +39 3347063050Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.Produzione di Claudio Balboni, con Vincenzo De Simone.Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.Direzione creativa di Jonathan Zenti.

Il ricatto di Putin
La Russia e lo schianto di Luna-25 - Massimiliano Lenzi

Il ricatto di Putin

Play Episode Listen Later Aug 22, 2023 2:15


Con lo schianto di Luna-25, che doveva rappresentare la rinascita delle imprese spaziali russe, falliscono le ambizioni di Putin di tornare alla grandezza spaziale dell'Urss

Storia dei Carabinieri
Episodio 69. La Seconda Guerra Mondiale. I Carabinieri in Russia

Storia dei Carabinieri

Play Episode Listen Later Aug 17, 2023 14:24


Iniziamo subito con il ricordare che il ruolo che i Carabinieri Reali ricoprirono in prima battuta fu quello di polizia militare al seguito dei reparti inviati sul fronte russo.   Dunque, vediamo qual era la situazione in URSS. Giorgio Rochat segnala correttamente che la partecipazione italiana all'operazione Barbarossa (all'invasione dell'URSS) non fu richiesta da Hitler né pensata, ma si iscrive nel solco di quella cosiddetta “guerra subalterna” con l'Italia mussoliniana che correva dietro le iniziative tedesche. In questo senso si consideri sempre che Mussolini fu informato dell'invasione a cose fatte (Rochat) Quale fu il contributo dell'Arma. Andiamo a vedere cosa riserva a questo fronte uno dei testi più noti anche se un pò datato di Storia dell'Arma dei Carabinieri. Il volumone "Carabinieri 1814-1980", ci dice che 45 sezioni Carabinieri furono impiegate in servizio di polizia militare a supporto delle unità del CSIR e poi dell'ARMIR. Inoltre, fu dislocato sul fronte russo anche il XXVI battaglione mobilitato Carabinieri Reali che partecipò alla difesa del fronte tra il 26 dicembre 1942 e il 17 gennaio 1943, nella zona di Belowodsk, procedendo poi al ripiegamento verso Gomel successivamente. Nel frattempo, due considerazioni di carattere generale sul volume "Carabinieri 1814-1980" che riporta in 3 pagine una sintesi estrema della presenza dei Carabinieri sul Fronte Orientale. Bene, iniziamo con il dire che dal punto di vista editoriale il volume presenta solo 4 immagini relative a quel teatro operativo: 3 fotografie che ritraggono i Carabinieri sorvegliare la popolazione locale in occasione di qualche attività nelle retrovie: controllo documenti e assistenza e vigilanza durante la distribuzione di generi alimentari. La quarta immagine è una rappresentazione pittorica di Vittorio Pisani del gesto del Carabiniere Giuseppe Plado Mosca. Il Carabiniere nisseno Insieme ad un soldato teatino, Mario Iacovitti, saltò su di un cavallo il 22 dicembre 1942 ad Arbusow gridando “Savoia, avanti, avanti” e riuscendo così a trascinare gli altri militari presenti nella sacca, i resti della 52a divisione di Fanteria Torino che erano sottoposti alla pressione nemica. Le loro grida, il galoppo dei cavalli, la bandiera tricolore sventolata furono l'innesco per una azione tanto disperata quanto fortunata. Sul loro esempio, i reparti, i soldati, gli uomini che poterono mossero in un assalto all'arma bianca che riuscì a rompere l'accerchiamento. Il Carabiniere Mosca cadde ucciso da una raffica di mitragliatrice mentre il suo cavallo tornò indietro verso i reparti italiani, mentre il soldato Iacovitti rimase in sella sull'altra cavallo senza essere ferito, venendo poi catturato in una fase successiva. Entrambi i militari furono decorati di MOVM ma ciò che è più importante fu il loro esempio che permise ai resti della grande unità di potersi congiungere con l'VIII armata italiana che stava ripiegando. Per quanto riguarda invece il XXVI battaglione mobilitato Carabinieri Reali fu inviato nell'ottobre 1942 in Russia e partecipò, in qualità di unità combattente, a tutte le fasi delle battaglie di arretramento che videro la costante avanzata dei russi. Buon ascolto! Per approfondire: Giorgio Rochat, Le guerre italiane 1935-1943, Torino, Einaudi 2005. I Carabinieri 1814 – 1980, Roma, Ente Editoriale per l'Arma dei Carabinieri, 1980. Russia: i Carabinieri proteggono la ritirata in Notiziario Storico dell'Arma dei Carabinieri, n.2/2017, pp. 30-41. ma anche il blog di Piervittorio Buffa sulle vicende del XXVI Battaglione Carabinieri Reali. Vi chiediamo di valutare il nostro podcast (non il singolo episodio), su Spotify o anche su Apple podcast se siete possessori di un melafonino. A voi costa pochissimo ma per noi che investiamo tanto tempo in questo progetto è molto importante. Se volete aiutarci ancora iscrivetevi alla nostra newsletter. #linkinbio! --- Send in a voice message: https://podcasters.spotify.com/pod/show/storiadeicarabinieri/message

BASTA BUGIE - Storia
L'Italia riconosce l'Holodomor come genocidio

BASTA BUGIE - Storia

Play Episode Listen Later Aug 15, 2023 9:50


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7509L'ITALIA RICONOSCE L'HOLODOMOR COME GENOCIDIO di Stefano MagniA 90 anni di distanza, anche il Parlamento italiano ha votato per il riconoscimento dell'Holodomor quale genocidio degli ucraini, commesso da Stalin dal 1932 al 1933. Il Senato ha approvato la mozione con 130 voti a favore e 4 astenuti (e tutti gli altri assenti). I 4 astenuti sono senatori di Verdi-Sinistra Italiana e Movimento 5 Stelle.Sull'Holodomor (in ucraino: "morte per fame") è stato fatto negazionismo (vero) da parte del regime sovietico e ancora oggi il dibattito è difficile da affrontare. È innegabilmente un crimine di massa figlio dell'ideologia comunista. Nel 1928 Stalin impose le sue riforme economiche radicali, dopo aver introdotto il primo Piano Quinquennale. L'agricoltura, che era la principale risorsa per l'Ucraina, come per la Russia meridionale, venne considerata come un settore ausiliario dell'industria. Nutrire gli operai: questo doveva essere il compito dei contadini. Poi la grandezza dell'Urss sarebbe arrivata grazie al programma di industrializzazione. L'Ucraina, nei primi anni sovietici, dopo la guerra civile (che l'aveva devastata, con una prima carestia) aveva ottenuto una certa autonomia, per lo meno il permesso di usare la propria lingua e di studiare la propria cultura nazionale. Gli anni '20 furono un periodo di "ucrainizzazione". Stalin, con la sua furia centralizzatrice, volle distruggere l'identità ucraina che lui stesso, da ex ministro delle Nazionalità, aveva concesso. L'Ucraina era un nemico nazionale: con la sua identità rischiava di minare l'unità dell'Urss. Era anche un nemico di classe, dove la Nuova Politica Economica aveva fatto fiorire più che altrove una classe di intraprendenti contadini proprietari, i "kulaki" come venivano chiamati spregiativamente.SI AIZZARONO LE LOTTE DI CLASSEL'ira lucida di Stalin si abbatté sui kulaki. Considerati nemici di classe, vennero aizzate contro di loro le masse contadine. Con processi sommari e linciaggi veri e propri, furono poi tutti deportati in Siberia, in Asia centrale e al Circolo polare. La campagna di "de-kulakizzazione" fece sparire quasi 2 milioni di ucraini e fu devastante per l'economia. Arrivati al 1931, le autorità sovietiche accelerarono la collettivizzazione. La resa dei terreni crollò. Le autorità sovietiche, più che "esperti" di agricoltura mandarono brigate di agit prop. Le stazioni dei trattori e delle macchine agricole erano centri di propaganda, più che fornitori di servizi ai contadini. La collettivizzazione fu una grande ubriacatura ideologica e causò la fine di una società agricola, in quello che era sempre stato il "granaio d'Europa".Ma al Cremlino non ammisero mai alcun errore, il modello doveva funzionare. Quindi alla comparsa delle prime statistiche che dimostravano raccolti molto inferiori alle quote prefissate dal piano, Stalin reagì punendo in massa i contadini. Chiunque era sospetto di nascondere il grano. La polizia politica entrava casa per casa, con pertiche di ferro con cui ispezionava (e distruggeva) le misere capanne di legno dei contadini, sequestrando ogni singolo chicco di grano. Ai contadini stessi non veniva lasciato nulla. Nessuno poteva fuggire. Venne reintrodotto un sistema rigidissimo di passaporti interni. Nessuno poteva neppure raggiungere le città. In tempi di carestia naturale, le città fanno la fame, i contadini hanno sempre qualcosa da mangiare. In una carestia artificiale, come quella provocata da Stalin in Ucraina, le campagne morivano, le città ricevevano provviste dalle autorità centrali, a sufficienza da sfamare operai e funzionari. Chi provava a entrare nelle città, alla ricerca di un po' di cibo, veniva cacciato o arrestato, oppure bastonato e lasciato morire. I casi di cannibalismo si moltiplicarono. La fame provocò un impazzimento collettivo. Testimonianze di sopravvissuti ci ricordano di persone trasformate completamente, ridotte all'inedia o ad una condizione di automi famelici, disperati, pronti a tutto. Tutta l'Ucraina si riempì di fosse comuni.Non esiste una contabilità dell'Holodomor. Esistono solo stime demografiche che variano da 3 a 7 milioni di morti. La più probabile è di 4,5 milioni di vittime, in un unico anno. Una mattanza simile, per dimensioni (anche se in proporzione alla popolazione fu molto maggiore) si vedrà, mezzo secolo dopo, solo in Cambogia, altro regime comunista che collettivizzò di colpo le campagne.UN VERO E PROPRIO GENOCIDIONella lettera di contestazione inviata al governo italiano dall'Ambasciata russa, si leggono i classici tre argomenti contro la definizione di "genocidio": la stessa carestia riguardò non solo l'Ucraina, ma anche il Kazakistan e la Russia meridionale. Non fu deliberato, ma il frutto di "errori gestionali da parte delle amministrazioni regionali delle zone agricole dell'Urss". E infine avvenne in "condizioni climatiche sfavorevoli dei primi anni '30". La prima obiezione non nega il carattere genocida dello sterminio per fame in Ucraina. La popolazione ucraina fu deliberatamente colpita e, contemporaneamente alla fame, venne scatenata anche una purga di tutte le personalità della cultura nazionale locale, un processo di violenta "de-ucrainizzazione". Semmai sono il Kazakistan e i russi delle regioni del Kuban e Caucaso settentrionale che avrebbero tutto il diritto di reclamare la memoria del loro genocidio, ma nessuno può negare che gli ucraini lo abbiano subito. La dinamica della carestia dimostra che fu un atto deliberato. Non solo non vennero inviati soccorsi, ma vennero vietati tutti i possibili aiuti e chiuse tutte le vie di fuga. Quindi non furono "errori gestionali". Infine le condizioni climatiche "sfavorevoli" non impedirono raccolti altrove, in Urss e all'estero, colpirono selettivamente solo le zone agricole soggette a collettivizzazione forzata. Troppo per essere una coincidenza.UNA SISTEMATICA CAMPAGNA DI NEGAZIONISMODell'Holodomor non si parla molto, perché, appunto, il regime staliniano condusse una sistematica campagna di negazionismo in tempo reale. Non si limitò a chiudere l'accesso delle aree colpite dalla carestia, arrivò ad organizzare tour di giornalisti selezionati in zone in cui era stata creata una campagna sovietica completamente artificiale: finti villaggi, comparse, un benessere costruito per essere mostrato all'estero. Ci cascarono in tanti, un giornalista in particolare si fece promotore della disinformazione sovietica: il britannico (premio Pulitzer) Walter Duranty. Tuttora non è chiaro quanto non sapesse o quanto fingesse di non sapere. Ad un diplomatico britannico, successivamente alle sue corrispondenze, confessò di sapere che la popolazione ucraina aveva subito fino a 5 milioni di morti a causa della carestia. Chi sapeva era il console italiano a Kharkov (attuale Kharkiv), Sergio Guadenigo, che inviava a Mussolini fedeli e puntuali rapporti di quanto stava accadendo. Tuttavia, anche l'Italia fascista scelse di non protestare, di non reagire, in un periodo in cui i rapporti con l'Urss era distesi. L'unico giornalista indipendente che documentò fedelmente l'orrore dell'Holodomor fu un altro britannico, Gareth Jones. Tuttavia i suoi articoli non ebbero seguito e furono contestati dalla stessa comunità giornalistica del suo Paese. Jones morì appena due anni dopo, nel 1935, in Manciuria. Si portò nella tomba la verità sconvolgente che aveva visto in Ucraina. Il 1933 fu l'anno dell'ascesa di Hitler in Germania. Da allora, per la stampa internazionale, non ci fu argomento più importante. Quel poco di attenzione per quanto accadeva nell'Urss si spense subito.Il voto in Senato può essere considerato un atto tardivo, può essere visto come un atto interessato per motivare la politica estera italiana sulla guerra in Ucraina. Ma intanto afferma una verità troppo a lungo negata.

il posto delle parole
Micol Flammini "La cortina di vetro"

il posto delle parole

Play Episode Listen Later May 1, 2023 20:36


Micol Flammini"La cortina di vetro"Mondadori Editorehttps://mondadori.itMentre l'Occidente si è illuso che il crollo dell'Unione Sovietica avrebbe segnato anche la dissoluzione della cortina di ferro che a lungo ha sfregiato l'Europa e diviso il blocco occidentale e il blocco comunista, non è stato così per i paesi che all'ombra di quella lunga cicatrice vivevano. Ucraina, Bielorussia, Polonia, i paesi baltici e i Balcani non hanno mai smesso di stare con il fiato sospeso: al confine tra due mondi, in bilico tra due sistemi, la democrazia da una parte, l'autocrazia dall'altra. Se alcuni di questi paesi sono rimasti ancorati alla Russia, altri hanno invece abbracciato il mondo occidentale perché se ne sono sempre ritenuti parte, altri ancora hanno intrapreso una corsa forsennata per entrare nella NATO e nell'Unione europea considerandole l'unica assicurazione contro l'aggressività russa. Poi c'è il paese per il quale stare di qua o di là è diventato questione di vita o di morte: l'Ucraina. Sono nazioni che portano tuttora il peso di una storia incompiuta, sempre in cerca di una resa dei conti.Flammini sceglie «di raccontare questo mondo mai tramontato, rimasto per trent'anni in sottofondo» lungo una cortina che nel tempo ha perso la sua impenetrabilità e che «i rapporti economici, gli scambi culturali e i viaggi hanno reso di vetro». L'autrice tesse insieme racconti, incontri e viaggi, mostrando come l'invasione dell'Ucraina del 24 febbraio 2022 e il ritorno della guerra in Europa non possano essere letti semplicemente «come il gesto folle di un presidente in cerca del suo impero». Perché «a quel giorno Vladimir Putin ci è arrivato compiendo un percorso ben preciso, che i paesi che vivono attorno alla Russia tenevano sotto osservazione sin dall'implosione dell'URSS». Per capire il mondo di domani, occorre partire da qui.Micol Flammini è giornalista del «Foglio». Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia, ora vive a Roma. È coautrice di due podcast, Diventare Zelensky e EuPorn, nato come un romanzo a puntate sull'Unione europea e pubblicato ogni settimana sul «Foglio».IL POSTO DELLE PAROLEascoltare fa pensarehttps://ilpostodelleparole.itQuesto show fa parte del network Spreaker Prime. Se sei interessato a fare pubblicità in questo podcast, contattaci su https://www.spreaker.com/show/1487855/advertisement

ARTICOLI di Rino Cammilleri
I veri padrini della sinistra

ARTICOLI di Rino Cammilleri

Play Episode Listen Later Mar 28, 2023 4:27


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7353I VERI PADRINI DELLA SINISTRA di Rino CammilleriLa deriva dell'ex Pci, ora Pd (dopo aver cambiato vari nomi e in attesa del prossimo), dall'obbedienza moscovita a quella dem americana è stata variamente attribuita all'inveterata abitudine di ricevere input da centrali esterne. Così, rimasti orfani del Politburo, si sono rivolti a Obama, Biden, Pelosi, Ocasio Cortes, Harris e compagnia politicamente corretta. E da difensori degli operai, si sono ritrovati ad acclamare la Ue (in cui molti vedono una copia edulcorata dell'Urss), i «mercati» e, di fatto, la grande finanza internazionale, di cui il politicamente corretto è l'aspetto culturale. Da qui il tonfo alle ultime elezioni.Ma è davvero una lettura corretta? I dem nostrani hanno davvero operato una svolta a «u» dopo il crollo dei Muri, o sono sempre stati così? Se lo è chiesto - e si è risposto - lo storico Roberto De Mattei andando a ripescare certe sue analisi degli anni Settanta, epoca in cui i comunisti italiani toccarono percentuali mai più eguagliate e furono a un passo dall'andare al governo. Le ha raccolte in un libro che è realmente istruttivo: I padrini dell'Italia rossa (Solfanelli, pp. 110, €. 10). Nel quale si documenta come l'incontro tra i comunisti e il super capitalismo risale proprio a quegli anni, «per l'instaurazione di un governo mondiale dell'umanità da attuarsi attraverso la centralizzazione politica e organizzativa, la concentrazione monopolistica delle industrie, il controllo dei mezzi di comunicazione, la massificazione forzata, la completa socializzazione della vita umana».Zbigniew Brzezinski, membro di spicco del Council on Foreign Relations («il cuore e il presidio dell'establishment americano») e direttore della Commissione Trilaterale (sorta nel 1973 su iniziativa di David Rockefeller), dopo avere incontrato Sergio Segre, ministro degli esteri del Pci, dichiarò: «Sono disposto a credere che i comunisti italiani siano moderati e revisionisti. Infatti lo sono» («L'Espresso» del 22 dicembre 1974). Nello stesso anno a «Panorama» Giovanni Agnelli si confessava ammirato dal sovranazionalismo, cioè di un governo mondiale illuminato. In fondo, diceva, «le grandi società multinazionali, la Chiesa cattolica e i partiti comunisti dimostrano che il sovranazionalsimo non è un mito, ma è una realtà». E infatti, quei settanta-ottanta potenti che si ritrovavano ogni anno nelle riunioni del famoso Bilderberg Club, che ci andavano a fare? Per i curiosi, nel libro è riportato l'elenco dettagliato dei partecipanti del 1975, anno in cui la riunione, a porte chiuse, si tenne in Turchia. Anche l'esperienza dei governi di centrosinistra italiani ebbe padrini remoti oltreatlantico, mentre gli Agnelli ricercavano «Un dialogo sempre più ristretto con il Pci, la sola forza politica che può disciplinare il sindacato». Di necessità poi si fa virtù e l'appetito vien mangiando.De Mattei esordisce col dire: «Guardando retrospettivamente la storia d'Italia degli ultimi cinquant'anni si resta colpiti dal numero di intrighi ancora avvolti nel mistero e dalla presenza di occulti "padrini" che hanno manovrato dietro le quinte per condizionare gli eventi. Il decennio 1970-80 costituisce uno dei periodi più densi di questa storia intricata». Complottismo? Perché no? In fondo, se all'intera storia umana toglieste i complotti non resterebbe quasi niente. Insomma, c'è chi lavora perché il comando torni ad essere di pochi travestiti da «tutti». Possiamo farci qualcosa? Be', intanto dirlo...

Immanuel Ka...st: Lezioni di Filosofia e Storia in mobilità

Lenin fa disperdere l'assemblea costituente alla prima seduta. La dittatura del proletariato cioè dittature del Partito Comunista. L'attentato di Fanny Kaplan e il Terrore rosso. Dalla guerra civile alla nascita dell'URSS. Brest-Litovsk il 3 marzo 1918. L'assassinio dello zar e della sua famiglia a Ekaterinburg. La terza internazionale denominata Comintern. Comunismo, socialismo e socialdemocrazia. Il comunismo di guerra. La NEP. I Lager a destinazione speciale, i Gulag

Storia in Podcast
70 anni dalla morte di Stalin - Prima parte

Storia in Podcast

Play Episode Listen Later Mar 4, 2023 18:35


Il 5 marzo 1953 moriva Stalin, l'uomo che aveva tenuto in pugno l'Unione Sovietica per quasi trent'anni, vincitore della guerra contro Hitler ma persecutore del proprio popolo. Il giorno dopo l'Unione Sovietica si risvegliò disorientata, scioccata, piena di incognite. Che cosa aveva rappresentato per l'Unione Sovietica quel “Piccolo padre”, come la propaganda chiamava Stalin? E che cosa rappresenta ancora oggi? Ce lo spiega su Storia in Podcast lo storico Andrea Romano, docente di Storia contemporanea all'Università Roma Tor Vergata. Stalin era stato colpito da un ictus verso le 18:30 del 1° marzo 1953, nella sua dacia fuori Mosca. Le guardie se ne accorsero solo verso le 10 di sera. Il dittatore fu trovato a terra in pigiama e maglietta, in mezzo alla propria urina. Furono subito avvisati i vertici dell'Urss, tra i quali il ministro degli Interni Berija e l'astro nascente Nikita Krusciov. Dodici ore dopo il colpo apoplettico erano intorno al leader agonizzante sul divano. Ma solo la mattina seguente decisero di chiamare i medici. Fu un ritardo voluto? Alcuni, in realtà senza prove concrete, sostengono la tesi di un avvelenamento: fu probabilmente il tempo necessario per trovare un accordo sulla gestione del Paese e la futura distribuzione del potere...Andrea Romano, autore del podcast, è Professore associato di Storia contemporanea presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Ha scritto tra l'altro “Contadini in uniforme. L'Armata Rossa e la collettivizzazione delle campagne nell'URSS”, Firenze, Leo S. Olschki, 1999; “Russia in the Age of Wars 1914-1945” (con Silvio Pons), Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Annali XXXIV, Milano, Feltrinelli, 2000; e “Lo Stalinismo. Un'interpretazione storica”, Bruno Mondadori Editore, 2002.A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale Personaggi------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- YouTube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura

Il ricatto di Putin
Russia che vuole essere Urss - Giorgio Provinciali

Il ricatto di Putin

Play Episode Listen Later Jan 21, 2023 4:17


La questione legata ai beni e ai debiti sovietici merita un doveroso approfondimento perché sta alla base delle annose problematiche nelle relazioni russo-ucraine sin dal crollo dell'Urss.

LINEE — Dentro lo Sport
Linee Racconta - Věra Čáslavská, una vita in nome di un ideale

LINEE — Dentro lo Sport

Play Episode Listen Later Jan 12, 2023 15:58


Nuova puntata di Linee Racconta, in cui vi narro le storie degli sportivi che hanno unito alla loro vita agonistica la lotta politica, racconti di vite di donne e di uomini che hanno fatto dello sport qualcosa di superiore, un mezzo per combattere delle battaglie, anche a costo di rinunciare alla propria carriera. In questo episodio la storia di Věra Čáslavská, ancora oggi una delle atlete più vincenti di sempre alle Olimpiadi, eppure la sua vicenda, segnata dal coraggio e da scelte politiche ben precise, non è nota come dovrebbe essere. Città del Messico, Olimpiadi 1968. Vera vince l'oro, ex aequo, con la sovietica Larissa Petrik. Sul podio, quando parte l'inno dell'Urss, lei china il capo in segno di disprezzo. Lo fa perché giusto qualche settimana prima l'Urss aveva invaso il suo paese, la Cecoslovacchia, e quell'inno era il simbolo degli oppressori. Vera pagherà caro questo affronto, venendo punita in modo crudele: non il carcere, ma la cancellazione dal mondo. Diventa irraggiungibile, i Sovietici la fanno sparire nel nulla, costringendola a una vita di sottomissione e sofferenza; nonostante questo, non ha mai rinnegato le sue scelte, difendendo sempre il suo Paese e la libertà. La storia di Věra Čáslavská è un insegnamento per coraggio e forza, tanto da mettere in gioco tutta la propria vita pur di difendere ciò in cui si crede. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

Racconti di Storia Podcast
Lord Of War: Il Mercante Di Morte

Racconti di Storia Podcast

Play Episode Listen Later Dec 12, 2022 20:02


Il nostro canale Youtube: https://www.youtube.com/channel/UC1vziHBEp0gc9gAhR740fCwSostieni DENTRO LA STORIA su Patreon: https://www.patreon.com/dentrolastoriaAbbonati al canale: https://www.youtube.com/channel/UC1vziHBEp0gc9gAhR740fCw/joinNato in Tagikistan, poliglotta, ex spia del KGB, dopo il crollo dell'URSS diventa commerciante. Ma Viktor Bout non è un venditore qualsiasi: il suo catalogo è composto da fucili mitragliatori, granate, pistole, razzi anticarro, elicotteri, carri armati. Tratta di tutto e per conto dei peggiori signori della guerra in circolazione, talebani compresi, diventando il milionario più temuto e ricercato del globo. Specie dopo l'11 settembre 2001 e gli affari condotti con i narcoboss colombiani che lo inseriscono in cima alla lista dei ricercati.Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/racconti-di-storia-podcast--5561307/support.

Corriere Daily
Nella Kherson, libera, felice e preoccupata: il racconto dell'inviato

Corriere Daily

Play Episode Listen Later Nov 15, 2022 12:20


Venerdì si è concluso il ritiro delle truppe russe: 40.000 soldati e circa 5.000 tra blindati, tank e cannoni hanno attraversato in senso contrario il fiume Dnipro, superato di slancio nei primi giorni dell'invasione. Una retromarcia che è una svolta nella guerra, visto che significa l'addio al sogno di arrivare fino a Odessa. Ma la ritirata è stata troppo ordinata per lasciare tranquilli gli ucraini sul futuro, come spiega Andrea Nicastro, che è entrato nella città.Per altri approfondimenti:- Zelensky entra a Kherson: “L'inizio della fine della guerra”. La gioia della piazza: “Liberi” http://bit.ly/3hKxHY0- Antenne, ponti acquedotti: Kherson è ferita. Così i russi in fuga hanno fatto terra bruciata http://bit.ly/3O6koxc- Russia, lo choc per il ritiro da Kherson: “La peggiore sconfitta dal crollo dell'Urss” http://bit.ly/3OcmCLl

BASTA BUGIE - Comunismo
Tutti i fallimenti di Gorbaciov

BASTA BUGIE - Comunismo

Play Episode Listen Later Sep 6, 2022 14:32


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7128TUTTI I FALLIMENTI DI GORBACIOV di Stefano MagniGli articoli e gli editoriali sulla morte di Gorbaciov, in questi due giorni dopo la sua morte, sono tutti più o meno celebrativi. L'ultimo presidente sovietico fu l'uomo che pose fine alla guerra fredda, dunque viene ricordato soprattutto per il suo ruolo di pace. Ma non si comprende come mai in patria, sia in Russia che nelle altre repubbliche ex sovietiche, sia ricordato con estrema ostilità. Benché rispettato dal nuovo regime, Putin stesso gli ha reso omaggio, non ha ottenuto funerali di Stato. È una figura, ormai storica, divisiva e impopolare. Perché?Si fa presto ad affermare che Gorbaciov sia odiato dai nostalgici dell'Urss, che con Putin sono tornati in auge. Certamente, questa fu l'opposizione più visibile ed anche più violenta. Nel periodo dal 1985 al 1989, il Kgb era ben consapevole dei limiti economici, militari e strutturali dell'Unione Sovietica. Fu il Kgb a incoraggiare la promozione di Gorbaciov a Segretario Generale, dopo la morte di Chernenko, approvata poi dal Comitato Centrale con voto unanime. Gorbaciov era già uomo di fiducia di Andropov, storico direttore del Kgb e poi segretario generale dell'Urss dal 1982 al 1984. Gorbaciov venne selezionato perché relativamente "giovane" (54 anni nel 1985) e aperto di mente, ma fedele al sistema comunista. Il Kgb stesso promosse e in un certo senso incoraggiò l'abbandono dei regimi dell'Est europeo, con quella che venne informalmente chiamata la "dottrina Sinatra": ciascuno per la sua strada. Tuttavia, l'atmosfera cambiò repentinamente quando nei regimi ex comunisti le elezioni vennero vinte da partiti non comunisti, a partire dalla Polonia.Esercito e Kgb si coalizzarono per impedire che la disgregazione del blocco orientale divenisse disgregazione anche della stessa Urss. E pretesero che Gorbaciov imponesse l'ordine alle repubbliche secessioniste, anche proclamando lo stato d'emergenza. Il segretario generale usò la forza (contro Kazakistan, Georgia, Azerbaigian, Lituania e Lettonia), ma rifiutò il cambio di passo preteso da militari e servizi. Fu questo rifiuto che portò al tentativo di golpe contro di lui, nell'agosto del 1991. Il resto è noto: il golpe fallì, Gorbaciov ottenne una vittoria apparente, ma di fatto aveva già perso il potere. Eltsin, il presidente della Repubblica Socialista Federativa Russa, si oppose in prima persona ai militari e divenne lui il leader politico carismatico della nuova stagione russa che portò alla disgregazione dell'Urss. Dopo il collasso sovietico, esercito, ex servizi segreti, burocrazia statale, non perdonarono mai a Gorbaciov di aver causato il "crollo" dell'impero, di essersi lasciato sfuggire di mano il processo di riforme e decentramento che loro stessi avevano avviato.LE REPRESSIONI FINITE NEL SANGUENelle repubbliche ex sovietiche, al contrario, non perdonano a Gorbaciov quelle ultime repressioni della stagione di sangue del 1986-91, volte a tenere assieme un'Urss in piena frammentazione. In Kazakistan ricordano gli oltre 200 morti civili del massacro di Alma Ata del dicembre 1986. Quando Gorbaciov sostituì il segretario generale locale Dinmukhamed Kunaev con il russo Gennadij Kolbin, i kazaki inscenarono proteste che vennero schiacciate con la forza delle armi. Gli armeni non perdonano a Gorbaciov di aver permesso (o non ostacolato abbastanza) i primi massacri compiuti dagli azeri nel Nagorno Karabakh nel 1988 e 1989. Gli azeri, al contrario, non dimenticheranno mai il massacro di Baku, il "gennaio nero" del 1990, quando le forze regolare e le truppe speciali del KGB entrarono nella capitale azera per stroncare sul nascere il locale Fronte Popolare (indipendentista e anti-armeno), uccidendo da 130 a 170 persone, in gran parte civili, fra il 19 e il 20 gennaio. I lituani non dimenticano la "domenica di sangue", culmine di tre giorni di intervento militare sovietico (11-13 gennaio 1991) contro la repubblica baltica, dopo la sua proclamazione di indipendenza. Mentre il mondo era distratto dalla Guerra del Golfo, che sta appena iniziando, i sovietici nella notte fra il sabato 12 e la domenica 13 gennaio 1991, tentarono di occupare la capitale lituana, a partire dalla conquista della sede della televisione. La folla inerme oppose resistenza, vi furono meno morti rispetto ai precedenti massacri (14 le vittime), ma fu comunque traumatico, il tutto ripreso quasi in diretta dai media locali e internazionali. Contemporaneamente, e per lo stesso motivo, i carri sovietici entravano anche a Riga, ma dopo dieci giorni di confronto fra manifestanti (protetti da numerose barricate in cemento) ed esercito, l'Armata si ritirò. Non prima di aver fatto altri 6 morti, fra cui due poliziotti lettoni.I DISSIDENTI RUSSISe nelle repubbliche ex sovietiche vedono in Gorbaciov l'ultimo dei dittatori occupanti, non meno repressivo dei suoi predecessori, anche i dissidenti russi tendono a considerarlo come uno storico bluff. Significativa la reazione di Kasparov, campione di scacchi e poi dissidente: al momento della morte dell'ultimo leader sovietico ha twittato "Come giovane campione del mondo sovietico e beneficiario della perestrojka e della glasnost, ho spinto ogni muro della repressione per testare i limiti improvvisamente mutevoli. Era un periodo di confusione e di opportunità. Il tentativo di Gorbaciov di creare un 'socialismo dal volto umano' fallì, e grazie a Dio". Le pagine più drammatiche di denuncia, le scrisse un altro dissidente, Vladimir Bukovskij, nel suo Gli Archivi Segreti di Mosca: "Per quanto ci affannassimo a spiegare che il sistema sovietico non era una monarchia e che il segretario generale non era uno zar, chi in quel momento non avrebbe comunque augurato il successo al nuovo zar-riformatore? Delle centinaia di migliaia di politici, giornalisti e accademici, solo un minuscolo gruppetto conservò una sufficiente lucidità per non cedere alla seduzione, e un gruppo ancor più sparuto di esprimere apertamente i suoi dubbi".La repressione del dissenso interno non finì affatto con l'ascesa al potere di Gorbaciov. Come documenta Bukovskij, dai files presi negli archivi del Cremlino, ancora nel 1987, il KGB organizzava campagne per arrestare i dissidenti, far fallire le iniziative a favore dei diritti umani, impedire l'ingresso di intellettuali e attivisti stranieri. Il tutto era ordinato da Chebrikov, direttore dei servizi segreti, con il pieno appoggio di Gorbaciov. Nella sua monumentale opera Gulag, la storica Anne Applebaum, ci ricorda come gli ultimi campi di concentramento vennero chiusi nel 1992, l'anno dopo la fine dell'Urss. "Tipica di quel periodo è la vicenda di Bohdan Klimchak - scrive la Applebaum - un tecnico ucraino arrestato per aver tentato di lasciare l'Unione Sovietica. Nel 1978, temendo di essere arrestato con l'accusa di nazionalismo ucraino, aveva varcato la frontiera sovietica con l'Iran e chiesto asilo politico, ma gli iraniani lo avevano rimandato indietro. Nell'aprile 1990 era ancora detenuto nella prigione di Perm. Un gruppo di congressisti americani riuscì a fargli visita e scoprì che, in pratica, a Perm la situazione rimaneva immutata. I prigionieri si lamentavano ancora per il freddo che dovevano patire e venivano rinchiusi nelle celle di rigore per 'reati' come il rifiuto di allacciare l'ultimo bottone dell'uniforme".LE MALDESTRE RIFORME ECONOMICHETuttavia fu un altro prigioniero politico ucraino, Anatolij Marchenko, che determinò un primo grande cambiamento nel sistema concentrazionario sovietico. Per protesta contro le orribili condizioni degli internati nei campi, intraprese lo sciopero della fame e fu lasciato morire l'8 dicembre 1986. La vicenda fece scalpore anche all'estero e Gorbaciov si decise ad approvare un'amnistia generale. Non fu, appunto, la fine del sistema dei campi in quanto tale (che come abbiamo visto chiuse solo nel 1992), ma la fine del Gulag come metodo statale repressivo. Il Kgb accettò, sia secondo la Applebaum, che secondo voci dissidenti come quella di Bukovskij, perché l'amnistia ormai "costava" poco al regime. Non si doveva fare alcuna retromarcia ideologica: i prigionieri, graziati, dovevano comunque firmare delle dichiarazioni di pentimento. E giunti alla fine degli anni Ottanta, la dissidenza, ridotta allo stremo, non era considerata più un pericolo per il regime, come si legge dai documenti di allora.I dissidenti sono, appunto, una minoranza. La maggioranza dei russi ha pessimi ricordi di Gorbaciov per le sue maldestre riforme economiche. "Mi trovai ben presto - ricorda l'allora ambasciatore Sergio Romano al Corriere - ad osservare criticamente gli avvenimenti. Rimproveravo a Mikhail Sergeevic (Gorbaciov, ndr) di non avere un vero programma economico. Va bene concedere più libertà: tutti erano giustamente contenti. Ma cosa fare del sistema di produzione collettivo? Lui parlò della creazione di una 'industria sociale': ma non spiegò mai in cosa consistesse".Gli anni di Gorbaciov furono anni di ristrettezze. E anche di proibizionismo dell'alcool, che aggiunse ulteriore disperazione ad uno scenario lugubre di suo, con code per il pane e razionamenti. Particolarmente catastrofica fu la "riforma monetaria" del 22 gennaio 1991. A sorpresa, nottetempo, per stroncare i proventi del lavoro nero e del contrabbando, vennero confiscate tutte le banconote da 50 e 100 rubli. La procedura di sequestro permise di ritirare dalla circolazione 14 miliardi di rubli in contanti, ma bruciò i risparmi di decine di milioni di sovietici, soprattutto quelli più benestanti.

Start - Le notizie del Sole 24 Ore
L'addio a Gorbaciov e i vaccini anti-Omicron

Start - Le notizie del Sole 24 Ore

Play Episode Listen Later Sep 1, 2022 6:42


L'addio della Russia a Gorbaciov, il presidente che ha traghettato Mosca nella dissoluzione dell'Urss. I nuovi round di vaccinazioni anti-Covid in autunno. Gli affitti nella Ue e le mete più gettonate dai giovani.

Ecovicentino.it - AudioNotizie
Morto a 91 anni Mikhail Gorbaciov, l'ultimo leader dell'Urss

Ecovicentino.it - AudioNotizie

Play Episode Listen Later Aug 31, 2022 1:32


L'ultimo leader dell'Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov è morto all'età di 91 anni. Lo ha annunciato il Central Clinical Hospital della Russia, dove era ricoverato da qualche tempo.

Inside
Mikhail Gorbaciov, ultimo leader sovietico

Inside

Play Episode Listen Later Aug 31, 2022 21:12


La morte di Mikhail Gorbaciov – scomparso a 91 anni, martedì 30 agosto – segna l'addio all'ultimo presidente dell'Unione sovietica e segretario del Partito comunista sovietico. In questo podcast, Andrea Romano, deputato del Partito Democratico e docente di Storia contemporanea all'Università Tor Vergata di Roma, approfondisce gli anni di Mikhail Gorbaciov alla guida del Partito comunista sovietico, quelli della riforma prima della dissoluzione dell'Urss.Alla radice degli orientamenti riformatori di Gorbaciov non c'era la democratizzazione dell'Unione sovietica o del PCUS ma semmai il cambiamento – spiega Romano – per prolungare la leadership politica del partito comunista sovietico nel Paese. La perestrojka, la ristrutturazione, e glasnost, trasparenza nelle decisioni, avrebbero dovuto garantire solidità. Così non è stato.

BASTA BUGIE - Politica
Il nuovo libro di Rod Dreher lancia l'allarme del totalitarismo democratico

BASTA BUGIE - Politica

Play Episode Listen Later Aug 30, 2022 21:57


VIDEO: Tecniche di guerra psicologica ➜ https://mazzoninews.com/2021/01/24/tecniche-di-guerra-psicologica-mn-84/TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7122IL NUOVO LIBRO DI ROD DREHER LANCIA L'ALLARME DEL TOTALITARISMO DEMOCRATICO di Andrea IngegneriScriveva il grande dissidente russo Aleksandr Solgenitsin: «Ed è proprio qui che si trova la chiave della nostra liberazione, una chiave che abbiamo trascurato e che pure è tanto semplice e accessibile: il rifiuto di partecipare personalmente alla menzogna. Anche se la menzogna ricopre ogni cosa, anche se domina dappertutto, su un punto siamo inflessibili: che non domini per opera mia!».Negli ultimi decenni intere generazioni si sono illuse di poter limitare il campo di azione del vivere quotidiano a specifiche aree di interesse: la carriera, gli hobby e l'intrattenimento personale. Mantenere vivo l'impegno politico e prodigarsi per la conservazione dei valori fondanti del mondo libero sarebbe stato compito di qualcun altro. Abbiamo assistito ad una progressiva disaffezione dalla cosa pubblica, con l'affermarsi di un modello di società individualista, proteso a privilegiare il soddisfacimento di bisogni materiali per mezzo di un consumo frenetico, e a guardare gli aspetti rimanenti con superficialità quando non addirittura con disprezzo. In realtà i fattori che hanno permesso ciò sono molteplici, ma ci basta constatare che aver dato per scontate le nostre libertà senza tener vive le virtù per mantenerle integre può aver presentato un duro prezzo da pagare, ossia il rischio di perderle senza troppe cerimonie. Non interessarsi di politica comporta che sarà la politica a interessarsi di noi, in modi che potrebbero non piacerci. Appisolarsi, in democrazia, può comportare quindi il risvegliarsi in qualche forma di dittatura, non sempre esplicita come quella vissuta dai nostri nonni, ma non per questo meno insidiosa dei sistemi totalitari del passato. Si è più volte discusso dei rischi della cosiddetta "dittatura del politicamente corretto", una definizione senz'altro significativa ma che tuttavia non coglie pienamente i connotati della minaccia che stiamo vivendo.Un prezioso monito a riguardo ci è stato dato in una celebre intervista nel 1984 da Yuri Alexandrovich Bezmenov, l'ex agente del Kgb disertore in Canada, che ha illustrato come le insidie del totalitarismo avanzino per vie più subdole di quelle costruite ad arte dai film di spionaggio alla 007. Il grosso dell'attività passa invece per un lento ed estenuante logorio teso a fiaccare moralmente una generazione della popolazione da colpire, soprattutto attraverso i canali dell'istruzione, avviando un processo a lungo termine che può protrarsi fino ad alcune decine di anni. Opportunamente de-moralizzate, le vittime perdono irreversibilmente la capacità di intendere ogni dato oggettivo fuori dai termini della propaganda subita, e di agire al di là degli schemi dei manipolatori. A quel punto azioni specifiche di destabilizzazione trovano terreno fertile per avviare, sulla leva su una crisi scatenante, la cosiddetta "normalizzazione", ovvero l'accettazione di fatto del nuovo regime ormai manifesto. O potremmo dire la "nuova normalità", per usare un termine oggi più in voga.Questa constatazione un po' caustica dovrebbe indicare che, rispetto ai continui attacchi che subiscono le libertà e i diritti fondamentali, non c'è niente di nuovo sotto il sole. Gli spunti migliori per comprendere il presente, per quanto tecnologicamente evoluto e globalizzato, possono venire ancora una volta dalla memoria di quel triste passato che, per un abbaglio del progresso, avevamo accantonato pensando che non sarebbe più tornato. Alexandrovich viveva nella paura che sottovalutare le vie traverse della propaganda avrebbe fatto precipitare rapidamente gli Stati Uniti in un regime comunista. Temeva che a quel punto non ci sarebbe stato più alcun Paese al mondo dove andare a disertare. Un timore che fortunatamente non si è concretizzato, almeno per ora, ma che non può lasciarci indifferenti vista l'incalzante compressione di diritti ed il diffondersi di varie forme di censura.LA RESISTENZA DEI CRISTIANI AL TOTALITARISMO MODERATOMantenere alta l'attenzione è certamente utile ma di per sé non è sufficiente. Gli sforzi di opposizione vanno costruiti su una solida impalcatura che aiuti a leggere le mosse della parte avversa alla luce dell'immenso bagaglio culturale dei passati fronti di resistenza, con le relative strategie di contrasto che nel corso della storia hanno mostrato efficacia. A tale riguardo Rod Dreher, con il suo ultimo libro dal titolo "La Resistenza dei Cristiani - manuale per fedeli dissidenti" offre una miniera inesauribile di conoscenze, sapientemente organizzate e fruibili, per comprendere e reagire alla nuova minaccia del totalitarismo moderato, cioè la forma dal volto gentile con cui il regime emergente sta cercando di imporsi senza dare troppo nell'occhio.La versione italiana di quest'opera arriva a circa un anno dalla sua pubblicazione in lingua originale del settembre 2020, momento in cui la crisi sanitaria, ad oggi ancora in essere, non aveva rinnovato il suo impatto devastante con l'imminente arrivo della seconda ondata. Essendo forse percepito come un fenomeno ormai destinato ad esaurirsi, la portata rivoluzionaria dell'emergenza Covid quasi non appare nel testo, che si limita a evidenziare come i governi abbiano manifestato incapacità nel farvi fronte efficacemente. Viene offerto a riguardo un interessante parallelismo con un'imponente carestia nella Russia pre-rivoluzionaria. Qui l'assenza di risposte significative da parte del sistema zarista aveva alimentato un crescente malcontento popolare che sarebbe sfociato in un desiderio generalizzato di rinnovamento politico, di cui il comunismo rivoluzionario avrebbe poi tratto beneficio per imporsi, con gli esiti che ben conosciamo. Sebbene tale confronto si concentri sulla situazione negli Usa, come il resto delle numerose riflessioni presenti nel libro, i contenuti sono facilmente adattabili al contesto allargato del mondo occidentale cosiddetto democratico, inclusa l'Italia.Quali sono gli elementi di novità di questo totalitarismo moderato, ed in che modo può coglierci impreparati? La prima parte dell'opera cerca di rispondere a questa domanda, illustrando che sarà diverso dal totalitarismo dell'Urss. Indosserà una maschera di gentilezza, celando dietro nobili finalità di giustizia sociale il proprio odio verso chi si opporrà alla sua ideologia utopica. Cercherà di sottometterci in tutti gli aspetti della vita umana, distruggendone l'essenza. Incardinandosi nella cultura terapeutica, diffusa ormai ovunque, farà leva sul diritto di ognuno a perseguire la felicità nel modo che ritiene più opportuno per ribaltare valori morali o per sminuire l'inviolabilità di certi diritti. Individuando delle categorie di oppressi da riscattare, si nutrirà del nobile intento per alimentare un «processo di demagogia spirituale e accanimento retorico» in grado di tramutare «l'attenzione nei confronti delle vittime in un controllo totalitario e in un'inquisizione permanente». Va notato che qui l'uso del tempo al futuro è solo un artificio retorico, dato che alcuni di questi elementi sono già rilevabili nell'esperienza di vita quotidiana, ad uno stadio anche avanzato.VIVIAMO OGGI IN UNO STATO PRE - TOTALITARIOPossiamo infatti rinvenire nella società di oggi vari elementi da Stato pre-totalitario, e trarre inquietanti parallelismi con situazioni di declino che nel passato hanno preceduto l'avanzata di feroci regimi. Tra questi citiamo una generale incapacità delle élite di tramandare alle nuove generazioni la fiducia verso le istituzioni, anche religiose; una crescente atomizzazione sociale, mista a solitudine, risultante anche dall'emarginazione degli anziani, abbandonati alla Tv, o dei rapporti virtuali costruiti con Internet che creano l'illusione del contatto umano; un insano desiderio di trasgressione che porta a un interesse eccessivo per la sessualità, accompagnato dalla diffusione della pornografia che procede di pari passo con la disaffezione verso l'istituto naturale della famiglia o dei valori tradizionali. Individui che, liberati di ogni legame con la religione, finiscono con il ritrovarsi privi di un senso condiviso dello scopo, con la conseguente tentazione di compensare questo vuoto cercando risposte e solidarietà nell'adesione ai movimenti totalitari.Nel disseminare questi elementi come semi velenosi, emerge la figura dei Social Justice Warrior. I guerrieri della giustizia sociale che, animati in prima battuta da un «urgente sentimento di compassione», finiscono con l'abbracciare «una politica aggressiva e punitiva di stampo bolscevico». Come i bolscevichi ritengono, infatti, che la giustizia dipenda dall'identità e la fedeltà ad un gruppo di appartenenza; diffondono il loro vangelo per mezzo di agitazioni intellettuali, ad esempio nelle università, così da lasciare il segno in chi si troverà negli anni prossimi a rivestire un ruolo importante. Vivono nella convinzione che la scienza sia dalla loro parte ma, curiosamente, quest'impostazione non li conduce ad assumere una modalità pacata di dialogo. In realtà, i Social Justice Warrior sono membri di una comunità morale motivata dall'ideologia, basata su dichiarazioni assiomatiche che non possono essere confutate. Il loro agire è imperniato sul rigore della dottrina e sull'atteggiamento inquisitorio che impedisce ogni dialogo costruttivo: dialogare significa per loro dimostrare di avere ragione agli avversari che, pentiti, si piegano al credo della giustizia sociale.

Laser
La musica rock e il crollo dell'URSS

Laser

Play Episode Listen Later Aug 23, 2022 29:25


Chiesa Cristiana Evangelica  della Vera Vite
Perle, maiali e feste: le parabole di Gesù - Parte 3: Il Regno di Dio

Chiesa Cristiana Evangelica della Vera Vite

Play Episode Listen Later Jul 10, 2022


Gesù parla spesso di come è il Regno del Padre suo, scoprendo piuttosto quelli che ci saranno, e non quelli che non ci saranno. E, incredibilmente per i molti, il Regno sarà pieno non solo delle persone che compongono la chiesa, ma di quelle persone che non ti aspetti: disonesti, bugiardi, perduti, falliti...---Predicatrice: Jean GuestCLICCA SUL TITOLO PER ASCOLTARE IL MESSAGGIOTempo di lettura: 9 minutiTempo di ascolto audio/visione video: 33 minutiNel corso della nostra vita la mappa dell'Europa continentale è cambiata sensibilmente. Oggi ci sono 37 Paesi indipendenti rispetto ai 22 del 1960, quando molti facevano parte dell'URSS. Nel corso della storia dell'umanità, la questione del confine è stata fonte di guerre e di risoluzioni nei trattati di pace. Lo vediamo oggi con la Russia che rivendica l'appartenenza delle regioni orientali dell'Ucraina, cercando ancora una volta di stabilire il suo vecchio impero. Che si tratti di una vecchia rivendicazione o di una nuova rivendicazione, non è solo l'abitare la terra a segnare una nazione o un regno. Nell'Antico Testamento sono citati sette regni, Ziklag, Edom, Zoboh, Moab, Galaad, Filistia e Ghesur, che gli storici e gli archeologi faticano a localizzare su una mappa, poiché ne abbiamo solo riferimenti fugaci come questo:“Absalom fuggì e andò da Talmai, figlio di Ammiur, re di Ghesur. Davide faceva cordoglio per suo figlio ogni giorno. Absalom rimase tre anni a Ghesur, dove era andato dopo essersi dato alla fuga.” (2 Samuele 13:37-38)I regni vanno e vengono, a volte lasciando il loro segno nel paesaggio, a volte scomparendo nell'oblio. Il Regno di Dio era un'idea molto importante per il popolo di Israele al tempo di Gesù. Come nazione e popolo, da secoli erano stati soggetti alle aggressioni del Vicino Oriente. Erano stati schiavi ed esiliati, i loro templi e le loro città erano stati distrutti, i loro tesori sacri e nazionali rubati, ma ciò a cui si aggrappavano era la promessa che un giorno sarebbero stati i vincitori.“In quel giorno avverrà che io farò di Gerusalemme una pietra pesante per tutti i popoli; tutti quelli che se la caricheranno addosso ne saranno malamente feriti, e tutte le nazioni della terra si aduneranno contro di lei. In quel giorno», dice il Signore, «io colpirò di smarrimento tutti i cavalli, e di delirio quelli che li cavalcano; io aprirò i miei occhi sulla casa di Giuda, ma colpirò di cecità tutti i cavalli dei popoli. I capi di Giuda diranno in cuor loro: “Gli abitanti di Gerusalemme sono la nostra forza nel Signore degli eserciti, loro Dio”. In quel giorno io renderò i capi di Giuda come un braciere ardente in mezzo alla legna, come una torcia accesa in mezzo ai covoni; essi divoreranno a destra e a sinistra tutti i popoli circostanti. Gerusalemme sarà ancora abitata nel suo proprio luogo, a Gerusalemme. Il Signore salverà prima le tende di Giuda, perché la gloria della casa di Davide e la gloria degli abitanti di Gerusalemme non s'innalzi al di sopra di Giuda. In quel giorno il Signore proteggerà gli abitanti di Gerusalemme; colui che fra loro vacilla sarà, in quel giorno, come Davide; la casa di Davide sarà come Dio, come l'angelo del Signore davanti a loro  In quel giorno io avrò cura di distruggere tutte le nazioni che verranno contro Gerusalemme.” (Zaccaria 12:3-9)Un giorno, forse molto presto, stava per arrivare un grande giorno, in cui Israele avrebbe trionfato e il Regno di Dio sarebbe stato stabilito. Immaginate quindi cosa si provava a sentir dire questo dal nuovo rabbino stravagante di cui tutti parlavano:“Il regno dei cieli è anche simile a una rete che, gettata in mare, ha raccolto ogni genere di pesci...”  (Matteo 13:47)Ora, noi siamo dall'altra parte della storia e della risurrezione e sappiamo che il Regno e il Messia si sono rivelati completamente diversi da ciò che si aspettavano, quindi l'impatto scioccante di questa immagine ci sfugge. Ma i suoi ascoltatori devono essere rimasti inorriditi: ogni pesce di ogni specie? No, noi ebrei siamo gli eletti di Dio. Sicuramente avrebbe dovuto dire: "Nel Regno di Dio troverete, ci saranno...". Sospetto che a volte anche noi siamo rimasti a grattarci la testa per la vaghezza di ciò che Gesù ha detto sul Regno. Dato che è qualcosa di così centrale per la fede, sembra che egli parli in modo obliquo e non diretto. Ma questo ci riporta a ciò che ho detto la settimana scorsa a proposito delle parabole e di tutta la Scrittura: dobbiamo essere pronti a confrontarci con essa e a giungere a una comprensione. Quindi che cos'è il Regno di Dio o il Paradiso? Che aspetto ha e che significato ha per noi oggi? Il capitolo 13 del Vangelo di Matteo contiene sette parabole in cui Gesù spiega cosa sia. Non preoccupatevi, non esamineremo tutte le sette parabole: alcune le abbiamo già citate e abbiamo parlato delle loro conseguenze per noi credenti.Cominciamo con questa.“[Di nuovo,] il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo averlo trovato, nasconde; e, per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo.” (Matteo 13:44)Vi è mai venuto in mente che quell'uomo è disonesto? Non è il suo campo, quindi non è il suo tesoro.Seppellire il tesoro sotto terra era il modo in cui molte persone tenevano al sicuro il loro tesoro, se non potevano permettersi casseforti e servi forti per custodirlo. Un esempio è la parabola dei talenti (Matteo 25), dove il terzo servo prese il denaro e lo seppellì sotto terra fino al ritorno del padrone. Il motivo per cui il padrone era così arrabbiato con il servo che aveva seppellito il tesoro era, presumibilmente, perché qualcuno avrebbe potuto trovarlo, come è successo in questa parabola. In altre parole, la persona che trovò il tesoro sepolto in un campo fu disonesta, comprò il campo fingendo di non avervi trovato il tesoro - tanto grande era il suo desiderio  di avere il tesoro.Questo vi sconvolge? Gesù non fa alcun commento sulla disonestà o sul fatto che il Regno non dovrebbe essere per persone come lui. Il Regno di Dio è per i disonesti, i bugiardi, i perduti, gli abbattuti, e la scoperta del Regno porta loro gioia.  Mi piace questo richiamo alla chiesa di  Rachel Held Evans:Gli apostoli ricordavano ciò che molti cristiani moderni tendono a dimenticare: che ciò che rende il Vangelo offensivo non è chi tiene fuori dal Regno, ma chi fa entrare. “Egli propose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli può essere paragonato ad un uomo che aveva seminato buon seme nel suo campo. Ma, mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando l'erba germogliò ed ebbe fatto frutto, allora apparve anche la zizzania.  E i servi del padrone di casa vennero a dirgli: “Signore, non avevi seminato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c'è della zizzania?”  Egli disse loro: “Un nemico ha fatto questo”. I servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a coglierla?”  Ma egli rispose: “No, affinché, cogliendo la zizzania, non sradichiate insieme ad essa anche il grano.  Lasciate che tutti e due crescano insieme fino alla mietitura; e, al tempo della mietitura, dirò ai mietitori: ‘Cogliete prima la zizzania, e legatela in fasci per bruciarla; ma il grano, raccoglietelo nel mio granaio»” (Matteo 13:24-29) Seminare erbacce nel campo del nemico era una tattica standard tra le nazioni in guerra e, in questo caso, tra i vicini: se non possono nutrire il loro popolo, si indeboliscono e forse muoiono di fame. Così il Regno di Dio ha un nemico che, con determinazione e intenzione, semina erbacce tra il buon raccolto. Ma se il Regno di Dio è per i disonesti, i bugiardi, i perduti e i falliti, come facciamo a capire la differenza? Ecco il punto: il Regno di Dio non è la chiesa, la chiesa ne fa parte, ma non è la sua somma. Nel Vangelo di Matteo Gesù menziona due volte la chiesa e 55 volte il Regno di Dio. Naturalmente la chiesa non era ancora stata istituita, ma questa quantità sproporzionata di insegnamenti dovrebbe farci riflettere: noi, la chiesa, non siamo i guardiani del Regno, e nemmeno i suoi custodi, siamo i suoi cittadini.La Bibbia dice che apparteniamo a tre modi: quando seguiamo Gesù siamo discepoli; quando apparteniamo a una chiesa, allora siamo una famiglia; ma viviamo come cittadini del Regno portando i suoi segni di giustizia, misericordia, perdono, accettazione, inclusione e amore. Ci ricorda qualcosa?“O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il Signore, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?” (Michea 6:8)Gesù non può essere più chiaro: nel Regno non sono gli operai a fare le erbacce e a sradicare. Noi siamo ingaggiati come parte del progetto più grande di Dio, degli scopi futuri di Dio, viviamo nella fase “qui, ma non ancora”, del Regno, un giorno l'intera creazione sarà rinnovata, così che (come dissero i profeti) la terra sarà piena della conoscenza e della gloria del Signore, come le acque coprono il mare.E ancora una cosa su cui riflettere come Chiesa. In questa parabola l'agricoltore ha già gettato il seme, il regno è già stato piantato da Dio prima che noi operai arrivassimo sulla scena. Il teologo Rowan Williams ha detto che il lavoro della Chiesa nel promuovere il Regno è "vedere ciò che Dio sta facendo e unirsi a lui".Ma come facciamo? Williams continua così:A coloro che ancora si chiedono dove sia Cristo, rispondo "in tutti". A chi ancora fatica a vedere la missione di Dio, rispondo "è ovunque". Invece di aspettare di vedere dove Dio ci chiama, perché non presumere che Dio ci chiama ovunque. Allora ogni incontro, ogni viaggio, ogni giorno diventa un'opportunità per vedere ciò che Dio sta facendo... e di unirsi a lui. (Rowan William)“Disse loro un'altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta sia tutta lievitata».” (Matteo 13:33)Le persone che si occupano di questo genere di cose hanno stimato che tre misure di farina sono sufficienti per fare il pane per cento persone. Non stava solo preparando il suo pane quotidiano, stava organizzando una festa! Ma la donna e il pane non sono il fulcro di questa parabola, bensì il lievito. Il lievito è così piccolo da essere quasi invisibile, eppure ha un impatto sproporzionato rispetto alle sue dimensioni. Che cosa possiamo dire del Regno di Dio secondo questa parabola? Inizia in piccolo. È sempre in crescita. La sua crescita è segnata dal mistero e anche se oggi comprendiamo la scienza che sta dietro al funzionamento del lievito, questa rimane una verità spirituale.Inoltre, esercita la sua influenza dall'interno, non dall'esterno, proprio come il lievito fa lievitare la pasta dall'interno. Trovare questo regno significa essere dove c'è: sia all'interno della Chiesa che al di fuori di essa, nella cultura circostante. Gesù ha lasciato il suo posto in cielo ed è venuto nel mondo. Dobbiamo rappresentare/(imitare) Gesù e, come lui, fondere il "sacro" e il "secolare" e farci trovare nel mondo". E proprio come la donna, dovremmo organizzare una festa per i nuovi arrivati."Dio vi invita a partecipare alla causa più grande, più vasta, più varia e più significativa della storia: il suo regno". Rick Warren (La vita con uno scopo)Che privilegio! Amen. GUARDA LE DIAPOSITIVE DEL MESSAGGIOGUARDA IL MESSAGGIO IN BASSA RISOLUZIONE SU FACEBOOKGUARDA IL MESSAGGIO IN BASSA RISOLUZIONE SU INSTAGRAM---GUARDA IL VIDEO DEL MESSAGGIO IN HD

ARTICOLI di Rino Cammilleri
Chi ha inventato la guerra di propaganda?

ARTICOLI di Rino Cammilleri

Play Episode Listen Later May 31, 2022 15:34


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7022CHI HA INVENTATO LA GUERRA DI PROPAGANDA? di Rino CammilleriPrima dei giacobini, la guerra era guerra e basta. Il re confinante invadeva un pezzo della tua terra, ci piantava la sua bandiera e tutto finiva lì. Gli occupati dovevano solo pagare le tasse a qualcun altro. Pensate all'Alsazia-Lorena, prese e riperse in un avanti-indietro secolare. Ma coi giacobini tutto cambiò. Non volevano solo le tasse ma anche l'anima. Coccarda tricolore, certificato di civismo, ateismo obbligatorio e alberi della «libertà» che se non ti ci scappellavi davanti finivi sulla ghigliottina.Era cominciata la guerra ideologica e, perciò, anche di propaganda. Uno di quelli che non sopportò la novità, il capo vandeano Charette, così arringava i suoi: «Parlano di Patria, ma noi la nostra l'abbiamo sotto ai piedi, loro nella testa». Sciamati i giacobini anche in Italia, gli italiani, tanto per cambiare, si divisero: gli «illuminati» con l'invasore, gli altri con gli Insorgenti. Poi venne il Risorgimento, e la propaganda esplose. La faccio breve con un esempio. L'Italia, terra natale della musica (per chi non lo sapesse, ancora oggi tutti i termini tecnici della musica internazionale sono in italiano: pianoforte, solo, virtuoso, adagio, bravo, fiasco...), si tiene un inno scritto da uno che manco sapeva leggere uno sparito, laddove le Due Sicilie si erano affidate a Paisiello e i tedeschi ad Haydn, tanto per dire.Il parossismo lo si raggiunse, ovviamente, col fascismo, anche perché la propaganda di regime poteva ora giovarsi della radio e del cinema. Ma la toponomastica, anche dei viottoli, aveva già provveduto a mutare il volto della nostre contrade. Non c'era villaggio sperduto senza una sua via Garibaldi, Cavour, Mazzini, e via nomenclando. Gli antichi nomi delle strade, che servivano a orientarsi? Spazzati a tappeto. Evvabbè, così è. Infine, venne la Liberazione. I comunisti, penalizzati dal vecchio regime, tornarono alla grande. E pure i mafiosi, su navi americane. Facemmo la solita guerra civile (noi italiani l'abbiamo nel dna fin dai tempi di Romolo e Remo) e, assestatasi la Repubblica, per qualche anno potemmo almeno non venire assordati dalla propaganda di stato.Ci inciampai, però, nel 1960. Correva il Centenario della Spedizione dei Mille e io, scolaro decenne siciliano, mi ritrovai a sfilare in piazza vestito da garibaldino. Mio padre alla stessa età aveva dovuto sfilare in camicia nera, ma almeno gliela passò lo Stato gratis. Io invece quella rossa dovetti comprarmela. E mio padre sborsò, perché un bambino di dieci anni non venisse emarginato dalla classe e dai maestri. Poi, gli studi - miei personali, mica quelli scolastici - mi rivelarono che avevo celebrato il centenario dei Liberatori che avevano trasformato noi siciliani in miserabili straccioni costretti all'emigrazione.Dico così perché sono un reazionario? Allora ecco la testimonianza del mio quasi omonimo Andrea Camilleri (con una emme sola), l'autore di Montalbano, lo scrittore che, per sua ammissione, prese la tessera del Pci nel 1943. Camilleri, in una lettera aperta su «Repubblica», mise in puntini sulle «i» con certo risorgimentalismo di maniera e ricordò, tanto per dirne una, che c'erano ottomila telai in Sicilia prima dell'arrivo dei Piemontesi. Due anni dopo non ce n'era più neanche uno. Erano finiti tutti a Biella. Ebbene, i giovani sappiano che ormai la propaganda spiana la strada alle guerre, le cavalca e infine si stende come una cappa sulle nuove generazioni. I giacobini oggi hanno anche la televisione e l'informatica. Ma ogni tanto esagerano, e i loro tormentoni si tramutano in boomerang: per quanto riguarda l'attuale guerra, fate un giro sui social e vedrete. La contromossa loro è dichiarare «fake» tutto quello che contraddice la loro narrazione. Dovesse fallire anche questa, metteranno mano al codice penale. Estote parati.Nota di BastaBugie: Wlodzimierz Redzioch nell'articolo seguente dal titolo "Disinformazione di guerra, vecchio vizio: l'esempio di Katyn" spiega che non da oggi la disinformazione è una delle armi più potenti in tempo di guerra. L'esempio più clamoroso è il massacro di 14.500 ufficiali polacchi nella foresta di Katyn, ad opera dei sovietici. Ma per ben 50 anni i russi hanno continuato a negare la responsabilità addossandola ai tedeschi nazisti.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 14 aprile 2022:La prima vittima della guerra è la verità, lo sappiamo. Si combatte non soltanto sui campi di battaglia ma anche nei media, particolarmente nei nostri tempi nei social. Al punto che diventa sempre complicato accertare cosa avviene e chi ne è responsabile, come la guerra attuale in Ucraina dimostra abbondantemente. Ma la disinformazione non è nata certo oggi; anzi il caso più clamoroso risale alla Seconda guerra mondiale e vede per protagonista quella che anche oggi è una parte in causa: la Russia, che allora era Unione Sovietica. Stiamo parlando del massacro di oltre 14500 ufficiali polacchi nella foresta di Katyn, uno dei più spaventosi crimini dei sovietici durante la Seconda guerra mondiale, negato fino ai tempi recenti: tale crimine fu riconosciuto soltanto dal presidente Boris Eltsin nel 1992. Vale la pena ricordare questa storia, anche nel contesto di tutto quello che succede in Ucraina.Il 1° settembre, con l'attacco alla Polonia, la Germania di Hitler scatenò il secondo conflitto mondiale. Hitler invase la Polonia, dopo aver stretto un patto con l'Unione Sovietica, il famoso patto Ribbentrop-Molotov che gli garantiva la collaborazione dei sovietici. Il 17 settembre 1939 la Polonia fu attaccata a tradimento sul secondo fronte dalla Russia sovietica. Oltre 200.000 polacchi furono fatti prigionieri dai sovietici. Una parte dei semplici cittadini furono rilasciati in un tempo relativamente breve, altri furono mandati nei campi di lavoro. Invece gli ufficiali polacchi furono imprigionati dai sovietici in speciali campi gestiti dall'NKVD (Commissariato del popolo per gli affari interni, cioè servizi di sicurezza sovietici,) a Kozielsk, Starobielsk e Ostashkov.All'epoca il diritto internazionale aveva già convenzioni che regolavano il trattamento dei prigionieri di guerra e della popolazione civile dei belligeranti: la Convenzione dell'Aia. Ma l'Unione Sovietica non era firmataria della Convenzione e quindi non era legalmente obbligata a sottomettersi alle sue regole. Nei campi dell'NKVD si svolgevano attività di propaganda pro-sovietica: gli ufficiali sovietici appositamente delegati ai campi cercarono di reclutare polacchi per collaborare, ma la stragrande maggioranza rifiutava tale collaborazione. All'inizio del 1940, le autorità sovietiche decisero di uccidere i prigionieri di guerra polacchi. Il 2 marzo 1940 il capo dell'NKVD, Beria scrisse a Joseph Stalin una lettera in cui definiva i polacchi "nemici dell'URSS" e suggeriva di giustiziarli. Il piano di Beria fu approvato dal Politburo comunista: il documento fu firmato tra gli altri dallo stesso Stalin e dal ministro degli esteri Molotov.L'eccezionalità del genocidio di Katyn sta nel fatto che i capi di un Paese presero la decisione di eliminare l'intero vertice dell'esercito di un altro stato. L'eliminazione degli ufficiali polacchi s'inseriva nella linea politica generale dell'URSS: la Polonia doveva diventare parte dell"«Unione mondiale delle repubbliche sovietiche», quindi bisognava eliminare quei gruppi socio-professionali percepiti come anticomunisti, persone che erano "leader" della società. Ecco perché è stata presa la decisione di uccidere non solo ufficiali militari, poliziotti, guardie carcerarie, ma anche circa diecimila altri prigionieri, l'élite della società polacca (attivisti politici e sociali, giudici, funzionari statali). I prigionieri venivano fucilati uno ad uno con un colpo alla nuca. Nella foresta di Katyn furono assassinati oltre 14.500 ufficiali polacchi, invece negli altri luoghi furono uccise 7305 persone. I sovietici fecero di tutto per nascondere le tracce del loro crimine.Per i sovietici in realtà i crimini di questo genere non erano una novità: durante la Grande Purga - una vasta repressione avvenuta nell'URSS voluta da Stalin per epurare il Partito comunista da presunti cospiratori – circa 680 mila persone furono fucilate in un solo anno e mezzo (1937-1938). Nello stesso periodo l'NKVD eseguì la cosiddetta "operazione polacca": fu un'operazione di pulizia etnica di massa anti-polacca durante la quale furono uccisi più di 110 mila polacchi residenti nell'Unione Sovietica, cioè il 22% di tutta la popolazione polacca dell'URSS. I polacchi, bollati come "spie" e "nemici", venivano giustiziati con un colpo alla nuca. Anche questo genocidio compiuto dai sovietici rimane sconosciuto all'opinione pubblica mondiale. Il 22 giugno 1941 la Germania nazista, rompendo il famoso "patto Ribbentrop-Molotov", invadeva l'Unione Sovietica. E proprio i tedeschi il 13 aprile 1943 scoprirono le tombe degli ufficiali polacchi a Katyn (odierna Bielorussia). Invitarono i rappresentanti della Croce Rossa Internazionale per partecipare all'esumazione dei corpi sepolti nelle fosse comuni. Secondo esperti indipendenti, non c'era dubbio su chi fosse il responsabile dell'omicidio. La divulgazione da parte dei tedeschi della notizia del genocidio di Katyn divenne un problema internazionale, anche perché riguardava l'intera coalizione antinazista di cui l'Unione Sovietica faceva parte. Per questo motivo Stalin voleva addossare la responsabilità del crimine alla Germania.

ARTICOLI di Rino Cammilleri
E se Putin fosse entrato nella Nato?

ARTICOLI di Rino Cammilleri

Play Episode Listen Later May 17, 2022 11:24


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7008E SE PUTIN FOSSE ENTRATO NELLA NATO? di Rino CammilleriI geni della geopolitica, ovvero: in che mani siamo (finiti). Ora facciamo un piccolo esercizio di immaginazione. Immaginate che mondo sarebbe stato se, ai tempi degli incontri di Pratica di Mare, Putin fosse entrato nel sistema occidentale. Auspice Berlusconi, la Russia fu nel G20 e sarebbe stata disponibile pure a far parte della Nato. I russi, dissolta la cappa sovietica, aspiravano all'Occidente: per i suoi giovani, il rock, i jeans, McDonald's e la Coca-Cola erano simboli di libertà. I cantanti italiani vi spopolavano, e Toto Cutugno poteva esibirsi con dietro il Coro dell'Armata ex Rossa. Mica i cantanti asiatici, no: i russi spasimavano per essere europei e occidentali.Ma la cosa, agli occhi dei padroni dell'Occidente, andava bene finché c'era Eltsin e la Santa Russia era in (s)vendita alla mercé degli squali della City e di Wall Street. Quando Putin risollevò il suo Paese dal baratro economico prodotto anche dalle ruberie di chi, nelle dissoluzione dell'Urss, si era spartito l'erario e l'intero sistema economico, allora i padroni di cui sopra drizzarono le antenne. Berlusconi fu subito fatto fuori nei modi che sappiamo e l'Italia venne commissariata (lo è ancora). Poi partì la manovra a tenaglia e a stantuffo che, lì per lì, spiazzò Putin. Se questi si fosse alleato e fuso con l'Occidente, pensate, la Cina sarebbe stata sola contro il resto del mondo. Anche perché comunista, e i russi l'avrebbero combattuta molto volentieri, considerato anche il fatto che russi e cinesi non si sono mai amati e che, come detto, i russi si sentono occidentali, non asiatici, e fin dai tempi di Pietro il Grande.Invece no, grazie ai soliti americani e ai solitissimi inglesi, che mai hanno sopportato una grande potenza terrestre sul continente. Con calma, uscirono dalla Ue, nella quale stavano, del resto, con un piede dentro e uno fuori, tant'è che continuavano a tenersi la sterlina mentre tutti gli altri, italiani in primis, o barcollavano sotto l'euro o ci giocavano a biliardo. Il resto è cronaca quotidiana e asfissiante.La cosa più patetica e molto italiana («ahi, serva Italia...» è lo stillicidio giornaliero sulla salute di Putin. Ogni giorno gli augurano una malattia nuova, ovviamente mortale. Giornalisti italici: che s'ha da fa' pe' magna'! Zoom sulle mani, sui ginocchi, sulle guance, nella disperata speranza del famoso «cambio di regime». Che per gli angloamericani è il ritorno di un Eltsin qualsiasi al posto di un leader capace e amato dal suo popolo. Avviso ai commentatori: prima di fare gli spiritosi pensate a voi stessi, italiani, e da chi siete comandati. Fatevi i conti in tasca, ricorrete alla memoria: mio padre, poliziotto, ancora negli anni Settanta manteneva tranquillamente col suo stipendio la moglie casalinga, tre figli agli studi e l'affitto di casa. E aveva l'auto, il telefono e il televisore. Poi, partita da Berkeley, Usa, ci raggiunse la Contestazione...Nota di BastaBugie: Paolo Becchi e Giuseppe Palma nell'articolo seguente dal titolo "Il trucco di Draghi per il doppio stato d'emergenza" parlano del perenne stato di emergenza in cui ci fa vivere chi ci governa.Ecco l'articolo completo pubblicato sul Blog di Nicola Porro il 16 maggio 2022:Non c'è due senza tre. Dopo ventisei mesi di stato di emergenza sanitario, peraltro prorogato anche oltre i limiti legislativi preesistenti, ora abbiamo non uno bensì due stati di emergenza riguardanti la crisi internazionale tra Russia e Ucraina. La cosa era sfuggita a molti, anche a noi a dire il vero.Il primo, dichiarato il 25 febbraio 2022, il secondo tre giorni più tardi, il 28 febbraio. Era troppo semplice concentrare tutto in una sola delibera, quindi il governo - per non sbagliarsi - ne ha fatte due. Lo stato di emergenza deliberato il 25 febbraio, in concomitanza con l'approvazione del decreto-legge n. 14/2022 (quello sull'invio di mezzi, equipaggiamenti e armi all'Ucraina), è stato dichiarato per la durata di tre mesi e riguarda l'"intervento all'estero in conseguenza degli accadimenti in atto nel territorio dell'Ucraina". Il secondo, deliberato il 28 febbraio, dura fino al 31 dicembre di quest'anno e riguarda "l'esigenza di assicurare soccorso e assistenza, sul territorio nazionale, alla popolazione ucraina in conseguenza della grave crisi internazionale in atto". Tre giorni fa il Consiglio dei ministri ha prorogato anche il primo fino al 31 dicembre.Ma perché addirittura due deliberazioni quando l'emergenza è la stessa (crisi internazionale Russia-Ucraina)? Il diavolo è nei dettagli. Il soccorso e l'assistenza in Ucraina (in sostanza gli aiuti alla popolazione civile) avviene in territorio ucraino, cioè i nostri aiuti (medici, infermieri, Croce Rossa etc.) devono necessariamente entrare in Ucraina, esattamente come prevede la delibera dello stato di emergenza del 28 febbraio ("assicurare soccorso e assistenza, sul territorio nazionale, alla popolazione ucraina"). Di contro, l'invio di armi, mezzi ed equipaggiamenti militari di cui al decreto-legge n. 14/2022 (convertito in legge n. 28/2022) non può avvenire con l'ingresso dei nostri militari in territorio ucraino altrimenti questo equivarrebbe ad un atto di guerra nei confronti della Russia; pertanto, la delibera dello stato di emergenza emanata il 25 febbraio (ed ora prorogata fino a fine anno) prevede un generico "per intervento all'estero" e non direttamente sul territorio ucraino.Questa proroga sino alla fine di dicembre (per ora) significa che il nostro coinvolgimento militare è destinato a durare nel tempo e quindi che di fatto il governo non lavora per la pace ma per la prosecuzione della guerra. E ovviamente il tutto senza che il parlamento possa dire mezza parola sull'invio di armi e su che tipo di armi, oltretutto per un tempo che in un primo momento era limitato a tre mesi, ora fino a fine anno, poi si vedrà. La legge di conversione del decreto-legge n. 14/2022, all'art. 2, parla di armi non letali (a scopo difensivo), mentre l'art. 2 bis parla di equipaggiamenti, mezzi ed armi la cui portata sia determinata da uno o più decreti del ministro della difesa di concerto con il ministro degli esteri, informando il parlamento con cadenza almeno trimestrale. Ciò ovviamente non autorizza il governo a non rispettare il dettato dell'art. 2 (armi non letali), ma la proroga dello stato di emergenza proprio su questo argomento ci fa pensare che l'esecutivo voglia spingersi verso un conflitto contro la Russia e non verso aiuti all'Ucraina di tipo difensivo e limitati nel tempo. Dopo l'incontro tra Biden e Draghi nei giorni scorsi alla Casa Bianca, premier e maggioranza - sulla base della netta contrarietà dell'opinione pubblica italiana ad un nostro diretto coinvolgimento bellico - hanno parlato della necessità di cercare la via della pace, ma poi, nei fatti, è stato prorogato quello specifico stato di emergenza che riguarda proprio l'invio di armi fino alla fine dell'anno. A parole vogliamo la pace, nei fatti lavoriamo per la guerra, altrimenti perché lo stato di emergenza deliberato il 25 febbraio, previsto inizialmente solo per tre mesi, viene ora prorogato fino al 31 dicembre?Per un certo periodo, dal 28 febbraio al 31 marzo, hanno convissuto addirittura tre stati di emergenza, quello sanitario e i due sulla crisi internazionale. Ora sono due e tutti e due in relazione al conflitto bellico in corso. In attesa di un altro stato di emergenza, in autunno, sulla sesta o settima ondata del virus (Omicron XVI, come i re) e sulla campagna vaccinale della quarta e quinta dose. Il limite legislativo dei 24 mesi che lo stato di emergenza incontra per effetto del D.Lgs. n. 1/2018 è stato ormai raggirato: ne faccio 26 per quello sanitario, poi non lo prorogo, salvo farne un altro in autunno di altri x mesi, in contemporanea a due altri stati di emergenza sulla guerra in Ucraina fino a fine anno ma anche dopo (le guerre si sa quando iniziano ma non quando finiscono). E non ci stupirebbe il fatto che, prima delle elezioni politiche del marzo 2023, qualcuno inizi a parlare esplicitamente di "stato di guerra", così saltano pure le elezioni.Ormai Draghi fa tutto quello che vuole: se per assurdo decidesse di reintrodurre la pena di morte in caso di rivolta popolare, siamo sicuri che troverebbe la maggioranza parlamentare per farlo. Il tutto in nome della nuova emergenza sociale. Ieri quella sanitaria, oggi la crisi internazionale, domani chissà, forse la rivolta sociale, o forse più probabilmente il caos non più generato dal lockdown ma da un blackout totale. Non si governa più nello stato di diritto - che ha le sue garanzie e i suoi limiti costituzionali -, ma nello stato di emergenza permanente, in nome del quale è possibile neutralizzare la Costituzione.Dopo il fallimento della vaccinazione di massa - si continua a morire e a contagiarsi di Covid nonostante il 90% della popolazione over12 sia vaccinata -, Draghi ci sta portando ora verso un nuovo fallimento. E qui a protestare non sono i no-vax, ma la stragrande maggioranza degli italiani (circa il 78% secondo gli ultimi sondaggi) che dopo aver patito per oltre due anni i soprusi più violenti vorrebbe ora solo una cosa: vivere finalmente in Pace. Con la P maiuscola.

ARTICOLI di Antonio Socci
Le metamorfosi della sinistra, dall'Urss alla Nato

ARTICOLI di Antonio Socci

Play Episode Listen Later May 10, 2022 8:54


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7000LA METAMORFOSI DELLA SINISTRA ITALIANA: DALL'UNIONE SOVIETICA... ALLA NATO di Antonio SocciLe Metamorfosi di Ovidio? Nulla rispetto alle metamorfosi dei comunisti italici, comprese le più recenti con le quali sono diventati "pasdaran" dell'ortodossia atlantica, severi censori del pacifismo e predicatori umanitari.E questo senza mai riconoscere l'errore di essere stati comunisti al tempo dell'Urss di Breznev e Andropov. Anzi ritengono di avere tutti i titoli per dare lezioni oggi di atlantismo e umanitarismo.Prendiamo l'editoriale (sul "Corriere della sera" di venerdì) di Walter Veltroni, il quale è una persona gentile, intelligente e piacevole, ma in quel pezzo ha cucinato un confuso minestrone in cui riesce a cantare le lodi del Nord Vietnam comunista che combatteva contro "l'invasione straniera" degli Usa e - al tempo stesso - le lodi dei soldati Usa che sbarcarono in Italia e in Normandia per combattere contro il nazifascismo (non furono due "invasioni" per la libertà?).Un inno combattente in cui Veltroni rinfaccia (senza nominarli) a Santoro e compagni il passato, ma dimenticando il suo. E il suo non è il passato di uno qualsiasi: Veltroni - iscrittosi alla Fgci nel 1970 - è stato poi uno dei dirigenti nazionali del Partito Comunista Italiano quando ancora c'era l'Urss e il blocco comunista (la vicenda degli euromissili e di Comiso è degli anni '80 e Veltroni c'era).Il Pci era un "partito fratello" di quel Pcus da cui vengono Putin e la classe dirigente russa di oggi. Quel Pcus a cui obbediva il Pci togliattiano, a lungo finanziato da Mosca (per capire quando finirono i finanziamenti bisogna leggere "Oro da Mosca" di Valerio Riva e non solo "L'oro di Mosca" di Gianni Cervetti).Da chi è stato parte della storia comunista ci si aspetta una riflessione vera sulla classe dirigente post-comunista che oggi governa a Mosca e sulle macerie lasciate dal comunismo.IL PCI E GLI ORRORI DELL'URSSPrima di tuonare per tutto un editoriale contro la presunta "indifferenza" che Veltroni imputa a chi non condivide le sue attuali idee "atlantiste" sull'Ucraina, dovrebbe spiegarci quanto fu "indifferente" il suo Pci nei confronti degli orrori dell'Urss e regimi compagni.Negli anni Settanta, quando lui era un militante comunista, già sapevamo tutto, già era uscito "Arcipelago Gulag" e sull'Unità e poi su Rinascita, nel febbraio ‘74, Giorgio Napolitano, a nome del Pci, scriveva che l'espulsione del dissidente Solzenicyn era "la soluzione migliore "perché lo scrittore aveva "finito per assumere un atteggiamento di ‘sfida' allo Stato sovietico e alle sue leggi" e "non c'è dubbio che questo atteggiamento - al di là delle stesse tesi ideologiche e dei già aberranti giudizi politici di Solzenicyn - avesse suscitato larghissima riprovazione nell'URSS".Napolitano, che allora si scagliava contro "l'antisovietismo", è il simbolo autorevole del passaggio dal Pci filosovietico (lui fu dirigente del Pci al tempo di Togliatti) all'atlantismo più zelante.Ma senza mai fare autocritiche. Nella sua "autobiografia politica" del 2005 intitolata "Dal Pci al socialismo europeo" neanche cita mai Solzenicyn.Carlo Ripa di Meana, nel 2008, alla morte dello scrittore russo, su "Critica sociale", in un articolo intitolato "Solzenicyn e il silenzio del Quirinale", scriveva:"Avevo sommessamente suggerito, qualche mese fa, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che nel 1974, allora responsabile della cultura del PCI, su l'Unità, aveva rumorosamente applaudito all'esilio comminato a Solzenicyn che, va ricordato, aveva già passato otto anni nel Gulag nell'immediato dopoguerra, che in una prossima occasione, o in forma privata o nel corso di una visita di Stato, chiedesse un incontro a Solzenicyn, ormai molto in là con gli anni e malato, per chiudere una pagina nera. Così non è stato. In questi ultimi giorni, mentre in tutto il mondo si sono ascoltate voci di statisti, di rimpianto e di riconoscenza per la grandezza di quest'uomo e della sua vita, da Roma-Quirinale è venuto un silenzio arido, privo di umanità".WALTER VELTRONIVeltroni nel 2008 era il segretario del Pd: si espresse mai sulla vicenda? È sicuro che la storia dei post-comunisti - di cui è parte - oggi legittimi i suoi moniti umanitari sulla presunta "indifferenza" altrui?Oltretutto è un'accusa inaccettabile perché chi si oppone all'invio di armi, come i cattolici, lo fa perché vuole la pace per gli ucraini e lo fa dando loro ogni possibile aiuto umanitario (del resto bisogna anche non essere indifferenti ai costi pesantissimi che i bellicisti vorrebbero imporre agli italiani).Quando si ha un tale passato comunista certamente si può evolvere e cambiare, ma bisognerebbe almeno evitare di andare a fare prediche agli altri sull'indifferenza, l'Occidente e la libertà.Il "Corriere della sera", che oggi è guidato da giornalisti che vengono dall'"Unità", a cominciare dal direttore, si distingue per fanatismo occidentalista. Talleyrand - che di cambi di casacca era esperto - consigliava: "Surtout pas trop de zèle".Anche perché si rischia il cortocircuito. Un intellettuale progressista francese, Robert Redeker, di recente ha osservato:"La simpatia degli europei è legittimamente attratta dall'Ucraina e dalla sua resistenza all'invasione, mentre questa resistenza esprime tutto ciò che gli europei hanno rifiutato negli ultimi decenni, quella cultura alla moda ridicolizzata e che l'istruzione scolastica ha cercato di distruggere: il sentimento della nazione, l'amore per la patria, della terra, il senso del sacrificio militare, la difesa dei confini, la sovranità e la libertà".È questa anche la contraddizione dei post-comunisti italici. Sono passati dall'apologia del cosmopolitismo apolide all'esaltazione del nazionalismo ucraino. Ma il nazionalismo non è lo spirito nazionale, come la polmonite non è il polmone. Il nazionalista impone la sua patria sulle altre. Il patriota ama tutte le patrie.È legittimo e nobile che gli ucraini si difendano dall'invasore. Ma non si può esaltare quel nazionalismo ucraino che dal 2014 ha combattuto le regioni russofone. Somiglia al nazionalismo russo che oggi nega l'Ucraina. Patrie, non nazionalismi.

Liberi Oltre & Michele Boldrin
Vittorio Emanuele Parsi - Le posizioni e l'evoluzione della sinistra italiana e il 25 Aprile.

Liberi Oltre & Michele Boldrin

Play Episode Listen Later May 3, 2022 59:54


Estratto live 25 Aprile. Vittorio Emanuele Parsi continua, assieme a Michele Boldrin e Francesco Forti, il dibattito iniziato precedentemente con Adriano Palma, https://youtu.be/AJP8trYembY, riguardo l'evoluzione della sinistra italiana post '45 e post caduta dell'URSS. Segue poi una riflessione sul significato del 25 Aprile oggi e su cosa ha rappresentato la resistenza italiana. Live integrale youtu.be/BCEin0mdlYE Sostieni Liberi Oltre le Illusioni diventando socio: vai su www.liberioltreleillusioni.it nella sezione "ASSOCIATI" e diventa socio. Ti aspettiamo ----------------------------

Radio Bullets
Ep. 63 - La Russia dall'economia pianificata sovietica agli oligarchi

Radio Bullets

Play Episode Listen Later Apr 26, 2022 18:47


Dopo la dissoluzione dell'Urss in Russia emerge una nuova classe sociale, quella degli oligarchi, che porteranno al potere Putin. L'analisi di Pasquale Angius per il podcast Economicando su Radio Bullets

Radio Bullets
Ep. 63 - La Russia dall'economia pianificata sovietica agli oligarchi

Radio Bullets

Play Episode Listen Later Apr 26, 2022 18:47


Dopo la dissoluzione dell'Urss in Russia emerge una nuova classe sociale, quella degli oligarchi, che porteranno al potere Putin. L'analisi di Pasquale Angius per il podcast Economicando su Radio Bullets

Economiaitalia
Il Comunismo è una soluzione? Economia dell'URSS

Economiaitalia

Play Episode Listen Later Apr 24, 2022 14:31


Il comunismo è una soluzione per alcuni, per altri una ideologia. Con pragmatismo cerchiamo di smontare alcuni luoghi comuni relativi all'Economia dell'URSS. #comunismo #gosplan #marx Fonti: Cipolla Storia economica https://amzn.to/3t4Xb2v Amaldi https://amzn.to/3emuhqF Fonte grafici https://carleton.ca/vpopov/wp-content/uploads/Econ-historystat.pdf Per info: http://urly.it/3gs02

Il ricatto di Putin
Contro l'ordine mondiale - Marco Di Liddo

Il ricatto di Putin

Play Episode Listen Later Apr 13, 2022 4:12


Il capo della diplomazia russa ha affermato che lo scopo della guerra in Ucraina è sancire la nascita di un nuovo ordine internazionale e di accompagnare al tramonto il vecchio sistema americano-centrico sorto dopo lo scioglimento dell'Urss nel 1991.

BASTA BUGIE - Politica
Putin dice che la Nato non ha mantenuto le promesse, ma non è vero

BASTA BUGIE - Politica

Play Episode Listen Later Apr 12, 2022 13:54


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6972PUTIN DICE CHE LA NATO NON HA MANTENUTO LE PROMESSE, MA NON E' VERO di Stefano MagniE ci risiamo, un'altra volta. Dopo lo "scoop" di Italia Oggi (che cita Der Spiegel) e l'intervista a Giulio Sapelli a Formiche.net, anche Panorama, con un servizio a firma di Elisabetta Burba, corredato di documenti originali e di un'intervista all'ambasciatore Umberto Vattani, ci spiega che siamo stati noi a tradire la Russia e a provocarne la reazione dura. Come? Violando gli ormai celeberrimi e stra-citati patti del 1990 con cui avevamo promesso di non allargare a Est la Nato. Invece la Nato si è espansa fino ai confini della Russia e allora si può capire perché a Mosca ci odino.Peccato che: è tutto falso. O meglio: talmente fuori contesto, da risultare falso. I documenti sono autentici, sono lì da vedere. I documenti declassificati riportano gli impegni verbali fra i leader dei due blocchi che discutevano sulla riunificazione della Germania: Urss, Germania Ovest, Francia, Regno Unito e Usa. "Non intendiamo far avanzare l'Alleanza Atlantica oltre l'Oder. E pertanto non possiamo concedere alla Polonia o ad altre nazioni dell'Europa centrale e orientale la possibilità di aderirvi", si trova scritto nel verbale. James Baker auspicava anche future "garanzie di ferro che la giurisdizione o le forze della Nato non si spostino verso Est". Helmut Kohl, futuro cancelliere della Germania riunificata diceva a Michail Gorbachev: "Crediamo che la Nato non debba espandere il suo raggio d'azione". Allora, la Nato ha mentito? Non ha rispettato i patti? La Russia ha ragione ad odiarci?QUESTIONE DI DATENeanche per idea: guardate la data. Queste conversazioni sono avvenute fra il 12 settembre del 1990, alla vigilia della riunificazione tedesca, e il 6 marzo 1991, all'indomani della stessa. Prendiamo l'ultima data: 6 marzo 1991. C'era il Patto di Varsavia, c'era l'Urss, le tre repubbliche baltiche erano ancora parte integrante del territorio sovietico, c'erano ancora le basi dell'armata rossa nei Paesi dell'Europa centrale e orientale di cui si parlava. Un ritiro era appena iniziato, ma non erano neppure nella mente di Dio gli eventi che si sarebbero susseguiti di lì alla fine dell'anno. Successe, poi, che il Patto di Varsavia, già in disarmo, si sciolse il 1° luglio 1991. In Unione Sovietica, militari e servizi segreti provarono a prendere il potere, con un colpo di Stato, un mese dopo. Non riuscendovi, accelerarono il processo di decadenza e dissoluzione dell'Unione Sovietica. Il 25 dicembre 1991 veniva ammainata la bandiera rossa, per l'ultima volta, dal pennone più alto del Cremlino. Da quel giorno nascevano altre repubbliche indipendenti e sovrane, fra cui la Russia, guidata da Boris Eltsin, avversario politico di Gorbachev e della sua linea tardo-sovietica.La Russia non è l'Unione Sovietica. Ha ereditato il suo seggio all'Onu e, dal 1994, ha mantenuto il monopolio sull'arsenale nucleare dell'ex impero rosso. Ma non ha ereditato né i debiti con l'estero, né gli accordi con altre potenze. Con la Nato, la Russia ha firmato gli accordi della Partnership for Peace nel 1994, ma soprattutto il Nato-Russia Founding Act del 27 maggio 1997. Quest'ultimo fissava i criteri dei rapporti di partnership fra l'Alleanza Atlantica e la nuova Federazione Russa.Non è l'Urss neppure la Comunità degli Stati Indipendenti (Csi), nata dall'accordo di Minsk del 1991, per creare un'area di libero scambio e cooperazione militare fra repubbliche ex sovietiche. Contrariamente all'Urss non è una federazione, né una confederazione ed è su base volontaria. Estonia, Lettonia e Lituania, pur essendo repubbliche ex sovietiche, non ne hanno mai fatto parte. La Georgia si è ritirata dalla Csi nel 2009, dopo essere stata aggredita dalla Russia.GLI ARSENALI NUCLEARIL'Ucraina si è ritirata nel 2018, dopo che la Russia le aveva occupato e annesso la Crimea. Originariamente, nella Csi c'erano quattro arsenali nucleari: in Russia, Bielorussia, Kazakistan e Ucraina. L'Ucraina, al momento della sua indipendenza, era la terza potenza atomica del mondo, subito dietro a Usa e Russia. La sua eredità del vasto arsenale sovietico causò due crisi molto serie, una nel maggio 1992, quando gli ufficiali al comando della forza strategica aerea e missilistica si divisero, fra chi rimase fedele a Mosca e chi giurò lealtà a Kiev. E poi nel settembre-ottobre 1993 quando, a causa del fallito golpe nazional-comunista contro Eltsin, le forze strategiche russe furono poste in stato di allerta e gli ucraini temevano di subire un attacco preventivo. Alla fine la tensione scemò solo grazie alla mediazione degli Usa che convinsero l'Ucraina a cedere tutto il suo arsenale alla Russia, come Bielorussia e Kazakistan avevano già accettato di fare.In cambio di questa cessione, che ridiede alla Russia lo status di superpotenza nucleare, l'Ucraina chiese garanzie per la sua indipendenza. Vennero stabilite a Budapest, con un memorandum sottoscritto il 5 dicembre 1994 da Russia, Ucraina, Usa e Regno Unito: la Russia, in cambio del disarmo nucleare di Kiev, si impegnava a non invadere l'Ucraina e a rispettarne i confini (per i distratti: Crimea inclusa) e l'integrità territoriale. Fu così risolta, allora, la "crisi dei missili ucraini", immagine retorica che la Russia sta usando in questi mesi, tracciando il parallelo con la crisi dei missili di Cuba, fuori tempo massimo e ormai senza motivo, per giustificare la sua invasione dell'Ucraina. Gli accordi vennero violati una prima volta nel 2014, con l'annessione russa della Crimea. E sono stati violati definitivamente il 24 febbraio scorso, con l'invasione dell'Ucraina. Una violazione palese, di cui si parla incredibilmente poco.Putin, nelle sue richieste ultimative a Bruxelles e Washington (17 dicembre 2021) chiede comunque di rivedere il Nato-Russia Founding Act. Val la pena dunque di rileggere più in dettaglio cosa prevedeva quell'accordo.NATO-RUSSIA FOUNDING ACT"Coerentemente con i lavori dell'Osce su un modello di sicurezza comune e globale per l'Europa per il Ventunesimo secolo, e tenendo conto delle decisioni del Vertice di Lisbona in merito a una Carta sulla sicurezza europea, la Nato e la Russia cercheranno la più ampia cooperazione possibile tra gli Stati partecipanti dell'Osce con l'obiettivo di creare in Europa uno spazio comune di sicurezza e stabilità, senza linee divisorie o sfere di influenza che limitino la sovranità di alcuno Stato".Se lo ricordino quelli che, oggi, parlano e straparlano di "rispettare la sfera di influenza russa". Perché la Russia stessa ha sottoscritto un impegno a non crearne di nuove in Europa.Ricordiamoci cosa era l'Europa del 1997: la Guerra Fredda finita da meno di un decennio, le democrazie dell'Europa centrale desiderose di liberarsi del passato comunista e di entrare in un futuro liberale, accedendo all'Ue e alla Nato, una Russia perennemente in bilico fra occidentalisti che guardavano all'Europa e orientalisti nostalgici dell'Urss (o dell'impero), i primi dominanti al Cremlino, i secondi nella Duma. I Paesi dell'ex Patto di Varsavia osservavano con timore la crescita delle tendenze revansciste della politica russa, nei partiti nazionalisti (Zhirinovskij), comunisti (Zjuganov), in un governo guidato da un ex agente del Kgb (Primakov) e nell'esercito, che non era mai cambiato dalla fine dell'Urss e si esercitava ancora per combattere contro la Nato in Europa. Guardavano con apprensione alle guerre nella ex Jugoslavia, temendo che qualcuno, in Russia, potesse fare come Milosevic: riprendersi pezzi di Serbia, dopo la fine della federazione jugoslava, anche ricorrendo alla pulizia etnica. I russi erano intervenuti a gamba tesa in Moldavia e in Georgia, fra il 1992 e il 1994, in modo non troppo dissimile. E mantenevano un'exclave-fortezza a Kaliningrad, incombente su Polonia e Lituania.Lo scopo della Nato, e dell'amministrazione Clinton, era duplice: proteggere i Paesi ex comunisti dall'eventuale ritorno di fiamma di Mosca, da un possibile scenario "jugoslavo nucleare". E al tempo stesso creare un rapporto di partnership con la Russia, che pur non volendo entrare nella Nato (per l'opposizione della Duma, del governo e dell'esercito), poteva almeno cooperare, su un piano di parità, per la stabilità in Europa.PUTIN VUOLE RISCRIVERE QUESTI PATTILe due parti si impegnavano a cooperare, "astenendosi dalla minaccia o dall'uso della forza l'uno contro l'altro e contro qualsiasi altro Stato, la sua sovranità, integrità territoriale o indipendenza politica in qualsiasi modo in contrasto con la Carta delle Nazioni Unite e con la Dichiarazione di principi che guidano le relazioni tra gli Stati partecipanti contenuta nell'Atto finale di Helsinki" e al "rispetto della sovranità, dell'indipendenza e dell'integrità territoriale di tutti gli Stati e del loro diritto intrinseco di scegliere i mezzi per garantire la propria sicurezza, l'inviolabilità dei confini e il diritto all'autodeterminazione dei popoli sancito dall'Atto finale di Helsinki e da altri documenti dell'Osce".Infine, va ricordato anche: "Le disposizioni di questo atto non conferiscono alla Nato o alla Russia, in alcun modo, un diritto di veto sulle azioni dell'altra né violano o limitano i diritti della Nato o della Russia a un processo decisionale e di azione indipendente. Non possono essere usati come mezzo per svantaggiare gli interessi di altri Stati".Putin vuole riscrivere questi patti, sottoscritti dal suo Paese nel 1997, quando era Eltsin il presidente della Russia. Vuole ritornare a creare la sua sfera di influenza, vuole tornare ad avere potere di veto sulle scelte di altri Stati. Permettergli di riscrivere le regole è una scelta politica, francamente autolesionista da un punto di vista occidentale.

Storia in Podcast
Vi racconto Vladimir Putin

Storia in Podcast

Play Episode Listen Later Apr 6, 2022 18:39


Vladimir Vladimirovič Putin, nato a Leningrado (oggi San Pietroburgo) il 7 ottobre del 1952 è il Presidente della Federazione russa. Formatosi nei servizi segreti sovietici, come primo ministro (1999) e presidente della Repubblica (2000, rieletto per il quarto mandato consecutivo nel 2018) è oggi all'attenzione della comunità internazionale per aver scatenato un aggressione contro l'Ucraina, paese libero e democratico. Per Storiainpodcast, la giornalista Anna Zafesova, racconta la sua vita. La giovinezza, la formazione, il comunismo, l'esperienza da Vice sindaco di San Pietroburgo, la nomina a Primo ministro, la successione a Eltzin nella Presidenza della Repubblica, l'economia, la Cecenia e l'ultima guerra contro l'Ucraina: queste le parti del racconto.Anna Zafesova Giornalista e massima esperta in Italia di Russia e Putin, dopo esperienze con diversi giornali sovietici e italiani, dal 1992 scrive per La Stampa ed è analista politica per Il Foglio e Linkiesta. Fino al 2004 è stata corrispondente del quotidiano torinese a Mosca, dal 2005 vive e lavora in Italia. A lei si devono importanti libri tradotti dal russo, come I cinocefali e ha firmato la postfazione de Nel primo cerchio di Aleksandr Solzenicyn (Voland, 2018). Ha scritto recentemente Navalny contro Putin, il primo saggio sull'oppositore russo e sulla fine del putinismo, edito da Paesi Edizioni. In questo saggio, Putin e Navalny sono i due protagonisti di uno scontro politico – ma anche una battaglia culturale e un conflitto generazionale – che trent'anni dopo la fine dell'Urss potrebbe rappresentare tanto una svolta storica quanto un disastro epocale per la Federazione Russa e il suo leader, sempre più isolato nel suo bunker mentre altri poteri interni cercano di sostituirsi a lui.A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale Personaggi------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura

Racconti di Storia Podcast
Perche' PUTIN vede l'UCRAINA come parte della RUSSIA?

Racconti di Storia Podcast

Play Episode Listen Later Mar 25, 2022 23:12


Racconto di FEDERICO BETTUZZI e GIOVANNI ZORZIIn questa live affrontiamo un argomento che parte dalle dichiarazioni di PUTIN, che ha dato il via all'invasione dell'Ucraina: "L'Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia, dalla Russia bolscevica e comunista, Questo processo è iniziato dopo la rivoluzione del 1917 Lenin e i suoi compagni lo hanno portato avanti in modo approssimato rispetto alla Russia, togliendole pezzi del suo territorio storico." Cercheremo di spiegare e capire, partendo dall'analisi storica, come e' nato lo stato Ucraino, dal periodo Zarista passando per il periodo Sovietico, fino ad arrivare alla dissoluzione dell'Urss ed alla indipendenza dell'Ucraina. Non tralasciando la questione della Crimea e del Donbass.Guarda Il Video Su Youtube: https://youtu.be/673piXTb-KEIl Blog di Federico Bettuzzi: https://raccontidistoria.blogspot.com/Sostieni Noir Italiano su Patreon: https://www.patreon.com/noiritalianoDiventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/racconti-di-storia-podcast--5561307/support.

Cross Words
Il conflitto Russia-Ucraina: quali implicazioni economiche?

Cross Words

Play Episode Listen Later Mar 19, 2022 88:23


Il conflitto in Ucraina e le sanzioni del mondo occidentale verso la Russia, avranno un impatto sull'economia globale, strettamente interconnessa. Per capire come siamo arrivati a questo punto, Thomas e Gianluca analizzano il contesto con Donato De Rosa* Lead Economist e Program Leader di World Bank, che si è occupato per anni di questa area geografica.La sintesi storico-economica commentata - a partire dai cambiamenti dell'economia russa, organizzata prima attraverso le pianificazioni dell'URSS, poi con la Glasnost e Perestrojka di Gorbacev, fino alla situazione odierna in Russia e in Ucraina - aiuta a chiarire le criticità attuali.Quale impatto avranno le sanzioni occidentali a medio-lungo termine? Chi sono gli oligarchi e ha senso bloccare i loro patrimoni? Quale ruolo si ritaglierà la Cina - data la sua economia e i suoi programmi di crescita? Come cambierà il mercato oil&gas? Quale consenso reale ha Putin nel paese? Cosa succederà all'economia ucraina? Quanto potrà durare questa guerra totale economica? Una prima disamina indipendente dell'attualità, con la speranza che la situazione si risolva al più presto. *Donato De Rosa è Lead Economist and Program Leader- Colombia and Venezuela - in World Bank - Equitable Growth, Finance and Institutions. In passato è stato co-autore del World Bank Flagship Report "Diversified Development: Making the Most of Natural Resources in Eurasia" qui maggiori informazioni WorldBank https://blogs.worldbank.org/team/donato-de-rosahttps://www.researchgate.net/profile/Donato-De-Rosa-2

Nella mente di Putin
Ep1: La spia in Germania est

Nella mente di Putin

Play Episode Listen Later Mar 7, 2022 6:08


La notte in cui cade il muro di Berlino, un 37enne tenente-colonnello del Kgb è in servizio a Dresda, terza più grande città della Germania Orientale comunista. Mentre a Berlino viene tirato giù il muro, a Dresda un gruppo di manifestanti prova ad assaltare il consolato dell'Urss. Il tenente-colonnello chiede rinforzi, ma i rinforzi non arrivano. Anni dopo dirà, a proposito di quella notte: “Ebbi l'impressione che il mio Paese non ci fosse più”. Quel tenente-colonnello era Vladimir Putin.

RadioLuiss Podcast
Approfondiamo le origini e i possibili scenari futuri del conflitto tra Russia e Ucraina / Intervista alla Prof.ssa Carolina De Stefano

RadioLuiss Podcast

Play Episode Listen Later Mar 7, 2022 20:54


Quando, e come, nascono le tensioni fra Russia e Ucraina? Qual è la postura del Cremlino nel conflitto, e quali risultati intende ottenere? Quali le “exit strategies”, le strategie utili al temperamento della crisi?  Di questo e molto altro ha parlato Samuele Vasapollo con la dott.ssa Carolina De Stefano, Professoressa del corso “Russia in the international order” presso il nostro Ateneo, Associate presso il CERCER di Parigi e autrice in corso d'opera di un libro sul crollo dell'URSS e sulla gestione dei conflitti interetnici nell'Unione Sovietica degli anni '80.

Accademia Rebelde. Formazione politica, conoscenza storica, controffensiva culturale.
Dal Socialismo in un solo paese alla vittoria contro il nazifascismo

Accademia Rebelde. Formazione politica, conoscenza storica, controffensiva culturale.

Play Episode Listen Later Mar 4, 2022 88:48


>con Danilo Ruggieri< Secondo incontro del ciclo "Il futuro ha un cuore antico. A 100 anni dalla fondazione dell'Unione Sovietica". Il periodo che tratteremo nel secondo appuntamento sul ciclo dedicato alla storia dell'URSS, nel centenario della sua fondazione, è particolarmente importante per i comunisti e tutti coloro che onorano la storia del movimento comunista e dei paesi socialisti per due essenziali ragioni. La prima contrastare la ricorrente e ossessiva campagna antisovietica e anticomunista che dal 1989 in poi permea la vita sociale e culturale nel nostro paese come in tutto l'occidente capitalista. La narrazione tossica dell'imperialismo ci racconta sistematicamente che l'URSS fu uno sbaglio, una tragedia per i popoli russi e non che vissero e morirono per la costruzione del socialismo. Le grandi conquiste dell'URSS vengono sistematicamente negate, nascoste, la storia viene violentata al fine di sottolineare e far entrare nel senso comune l'idea che l'unico mondo possibile e giusto è quello delle “democrazie” delle élite occidentali. Il fatto che nell'URSS già negli anni venti esistesse la legislazione sociale e sul lavoro più avanzata del mondo, che le donne godessero dei pieni diritti politici e sociali, che fosse l'istruzione universale considerata un obiettivo primario per tutti sono considerate inezie o vanno semplicemente nascoste sotto tonnellate di fango. L'URSS non è stato solo un sistema politico antagonista al capitalismo, ma è stata una civiltà che si è opposta in ogni campo all'imperialismo nelle sue varie forme. La concezione politica e sociale che guidava ed educava un sesto dell'umanità aveva come valori e pratiche fondamentali: la lotta per l'eguaglianza sociale, l'internazionalismo proletario, il progresso e avanzamento sociale per uomini e donne senza alcuna distinzione di razza, lingua e nazionalità. Per lungo tempo questa è sempre stata la bussola che ha orientato anche nei momenti più duri, difficili e contraddittori la storia dell'URSS. La lotta per il socialismo e per la sua edificazione è stata durissima, in condizioni per lungo tempo di totale accerchiamento, e con un'arretratezza di fondo enorme, ma è stata portata avanti senza mai perdere di vista la difesa della società socialista e senza mai venire meno al contributo internazionalista. Questo è avvenuto fra mille problemi, errori e anche degenerazioni. Qui veniamo al secondo punto dell'importanza di questo appuntamento. A noi spetta non soltanto la difesa della storia dell'URSS ma anche un bilancio critico di quest'esperienza, nei limiti dati dalla nostra coscienza, consapevolezza e capacità politica del tempo presente. Si tratterà di indagare le vie percorse del periodo più discusso, difficile e rivoluzionario di questa storia, la costruzione concreta, effettiva del socialismo in URSS e la grande prova dei popoli sovietici contro l'occupazione nazista nella Seconda guerra mondiale. Con questo spirito ci apprestiamo a condurre questo appuntamento senza nessuna presunzione e certezze granitiche ma sapendo che L'URSS continua ad essere una miniera di insegnamenti per i comunisti e i progressisti di tutto il mondo.

solo questo secondo seconda contro paese urss socialismo dell'urss nazifascismo dell'unione sovietica
BASTA BUGIE - Politica
L'Ucraina nella narrazione degli stregoni della notizia

BASTA BUGIE - Politica

Play Episode Listen Later Mar 1, 2022 10:00


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6913L'UCRAINA NELLA NARRAZIONE DEGLI STREGONI DELLA NOTIZIA di Giovanni LazzarettiQuando c'è un evento di grande portata, che coinvolge grandi movimenti di potere e di denaro, che ha fonti di notizie fisicamente lontane (e quindi gestite solo da rilanci di agenzia) oppure inaccessibili per il popolo normale (e quindi gestite solo dagli "esperti"), i grandi media cartacei e televisivi (ora autodefinitisi "editori responsabili") hanno qualche giorno di assestamento e poi confezionano il "frame", la cornice dalla quale nessuno può sfuggire.Tutto ciò che dicono e scrivono gli "editori responsabili" sta in queste cornici. Il dissidente in TV viene progressivamente espulso: ne conservano solo alcuni, per rappresentanza.Il destino dei dissidenti in TV è quello di essere sovrastati (proporzione 5 a 1 in trasmissione) oppure sbeffeggiati (libertà di ironia e di insulto da parte degli altri partecipanti).In questo modo gli "editori responsabili" cessano di essere informazione, ma sono semplicemente il filtro per espellere le idee e per confezionare una versione precotta, fatta normalmente di slogan. LA CORNICE UCRAINALa cornice ucraina è semplicissima: «Ogni Stato può aderire all'alleanza che vuole // noi democratici siamo buoni // Putin l'autoritario è cattivo // il discorso di Putin per l'inizio della guerra è "delirante" // l'integrità territoriale è sacra».- Mattarella ha ricominciato l'uso della parola "inaccettabile".- È iniziato il teatrino televisivo del "tutti unanimi, tranne uno al massimo per ogni trasmissione".- È iniziata l'esposizione del "dolore ucraino occidentale", dimenticando che da 8 anni c'è un "dolore ucraino orientale".- Draghi era da tempo preparato alla guerra (nuovo "stato di emergenza" per 3 mesi, così ci raccordiamo direttamente col covid). ROMPERE LA CORNICE, PRIMA CHE SIA TROPPO TARDINoi, mammolette occidentali, ci crediamo amanti della pace.1999: la NATO bombarda Belgrado per favorire il distacco del Kosovo dalla Serbia; abbiamo creato uno stato mussulmano in Europa.2001: USA, Gran Bretagna, Canada, Australia, invadono l'Afghanistan, col pretesto delle Torri Gemelle, dalle quali i Talebani si sono sempre chiamati fuori. 20 anni di guerra. Persa.2003: Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia e Polonia invadono l'Iraq, avendo come motivazione la bugia delle "armi di distruzione di massa" (mai trovate, essendo inesistenti). Da 733.000 a 1.446.000 morti. Finita la fase dell'invasione nel 2011, inizia la fase dell'ISIS.2011: La NATO realizza la "no-fly-zone" a modo suo, distruggendo la Libia. Il paese più prospero dell'Africa, con un Indice di Sviluppo Umano (ISU) superiore a 10 stati europei, diventa sede di destabilizzazione e di guerra permanente fino a oggi.2011: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna supportano i cosiddetti "ribelli moderati" in Siria. La Siria è distrutta, ma ancora il presidente Assad regge. Nel 2013 Obama era pronto a fare della Siria ciò che fecero della Libia. Fermato dalla giornata di preghiera e digiuno indetta da Papa Francesco? Chissà.Siamo i maggiori produttori di cadaveri in giro per il mondo (uso il plurale perché non mi chiamo fuori, non è colpa mia ciò che FA l'occidente, è colpa mia ciò che NON FACCIO come cattolico: preghiera e digiuno costante per la pace).La cornice si può quindi rompere con questi passaggi.«Ogni Stato può aderire all'alleanza che vuole». Vero, chi può impedirlo? Ma se l'alleanza a cui aderisci ha mostrato in passato un'indole aggressiva e violenta, l'aderirvi "contro" qualcuno è un atto di ostilità e di pre-guerra.«Noi democratici siamo buoni // Putin l'autoritario è cattivo». A parte l'azzeramento della democrazia attuato durante il covid in Italia, noi democratici NON siamo i buoni. Per maggiori informazioni chiedere in Siria sotto embargo da 11 anni. Chiedere in Libia. Chiedere in Afghanistan. Chiedere in Iraq.«Il discorso di Putin per l'inizio della guerra è "delirante"». Il titolo "delirante" lo trovate in 206.000 siti. Altri 183.000 hanno la variante "raggelante". La realtà è che nessuno lo ha letto, mentre è un buon discorso di geopolitica, che descrive tra l'altro cosa l'Occidente avrebbe dovuto fare dopo la calma fine dell'URSS.«L'integrità territoriale è sacra». Sì, come no. A Siria, Libia, Afghanistan, Iraq, aggiungere anche la Serbia per ulteriori informazioni.TORNANO LE "BANDIERE DELLA PACE"Tornano le "bandiere della pace" arcobaleno. Esplosero nel 2003, quando l'attaccante era Bush. Tacquero nella radiosa era Obama, Nobel per la pace, quando la Libia veniva distrutta. Tornano quando l'attaccante è Putin."Pace senza se e senza ma" era lo slogan 2003. Smentito lo slogan con la guerra di Libia, della cui distruzione nessuno si interessò, oggi quelle bandiere ritornano, ma sono poco più che stracci.Si svegliano anche i sonnolenti sindacati: «Non vogliamo più bandiere neonaziste» Sono comparse due giorni fa nella manifestazione che era organizzata dai sindacati: «Ora bisogna vigilare». Non si sono ancora resi conto a Reggio Emilia che Pravyj Sektor e le sue bandiere sono parte in causa nella guerra del Donbass da 8 anni? SPEZZATA LA CORNICE, È TEMPO DI STUDIARESpezzare la cornice è la precondizione necessaria. Altrimenti saremo lì a guardare la TV credendo per l'ennesima volta che ci stia dicendo la verità. Dopo due anni di bugie sul covid, è possibile crederci ancora?Se anche le cose che ci fanno vedere fossero vere, sono ugualmente false perché non fanno mai vedere la controparte. Se vedo il dolore di una donna ucraina occidentale sul TG1, mentre per vedere il dolore di una donna ucraina orientale devo andare su "ArezzoNotizie", capite che la disparità di trattamento è violenta.Cosa vuol dire studiare? All'inizio significa raccogliere la cornice vera, ossia l'insieme di nomi, luoghi, date, avvenimenti. Parametri, senza alcun giudizio. Per questa prima cernita Wikipedia è utilissima. Quindi ho scaricato:- Elezioni parlamentari ucraine dal 1994 al 2019- Elezioni presidenziali ucraine dal 1991 al 2019- Rivoluzione arancione 2004, rivoluzioni colorate varie- Euromaidan 2014, strage di Odessa- Guerra del Donbass 2014-2022- Accordi di Minsk, gruppo di contatto Trilaterale sull'Ucraina- Gasdotto Nord Stream 2, Morawiecki (il "banchiere" che guida la Polonia) [...]Ne avrò per un po'.Chi non vuole studiare ha sempre un'alternativa. Va su Youtube, fa partire il video con la canzone di Edoardo Bennato "In Fila Per Tre" poi, al minuto 1 e 38" si alza in piedi e si mette a cantare: «e sempre in fila per tre // marciate tutti con me // e ricordatevi i libri di storia // noi siamo i buoni e perciò // abbiamo sempre ragione // andiamo dritti verso la gloria».Così la questione è chiusa in un attimo. Poi si accende la TV. Dentro la cornice, sempre.

BASTA BUGIE - Politica
L'invasione dell'Ucraina dimostra il fallimento di Usa ed Europa

BASTA BUGIE - Politica

Play Episode Listen Later Mar 1, 2022 9:56


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6914L'INVASIONE DELL'UCRAINA DIMOSTRA IL FALLIMENTO DI USA ED EUROPA di Eugenio CapozziCon l'invasione dell'Ucraina la Russia di Putin ha valicato un confine che la conduce verso la rottura totale con l'Occidente, e la costringe ad essere fatalmente risucchiata in un asse euroasiatico con la Cina dalla quale ha alla lunga tutto da perdere, in quanto in esso non può che svolgere un ruolo di vassalla. È la fine di una lunga stagione in cui il paese, dopo l'assestamento seguito alla fine dell'Urss, ha tentato di trovare un equilibrio tra l'inserimento nell'economia globalizzata e il mantenimento di un suo status di potenza imperiale, per quanto su scala ridotta rispetto al passato.Ma questa frattura politica, militare ed economica sempre più radicale rappresenta un danno enorme anche per l'Occidente e per le ragioni delle democrazie liberali. Ed è il risultato di un clamoroso fallimento della politica statunitense, ma anche europea, nei confronti della Russia negli ultimi trent'anni. Un fallimento che si fonda sull'incapacità, mostrata dalle classi politiche occidentali, di comprendere le sfide di un mondo in cui l'Occidente non è più, e forse non potrà mai più essere, il protagonista incontrastato.Cosa fare con la Russia? Questa la questione che gli statunitensi e i loro alleati non hanno mai affrontato organicamente ed esaustivamente dopo la fine della guerra fredda e la dissoluzione dell'Unione Sovietica.Negli anni Novanta, contrassegnati dalla convinzione generalizzata che il mondo fosse divenuto unipolare e si andasse ineluttabilmente occidentalizzando, le loro classi dirigenti hanno considerato la Russia di Eltsin come un paese in turbolenta transizione verso l'economia di mercato, non più pericoloso né potenziale antagonista sul piano militare e strategico, nonostante rimanesse la seconda potenza nucleare e il secondo esercito del mondo.L'AVVENTO DI VLADIMIR PUTINIn tale contesto, l'allargamento della Nato con l'adesione di molti paesi ex "satelliti" o membri dell'Urss - spinta proprio dall'esperienza che quei paesi avevano fatto in passato dell'imperialismo russo e sovietico, e dalla loro volontà di proteggersi in futuro contro di esso - apparve come un fatto naturale, non suscettibile di creare problemi nelle relazioni con Mosca. Che intanto veniva ammessa nel sistema della governance globale con l'allargamento del G7 in G8 e con le trattative per l'ingresso nel Wto, e veniva attratta nell'area della Nato con il suo coinvolgimento nel Partenariato per la pace dell'alleanza (1994) e con la fondazione del Consiglio Nato-Russia nel 2002.Ma intanto qualcosa era cambiato con l'avvento al potere di Vladimir Putin, e gli occidentali non colsero il significato di quel cambiamento. Dopo una fase di disordine ma anche di disgregazione, la Russia cominciava un processo di ricompattamento del potere e di accentramento statalista, e cercava di ritrovare un ruolo di potenza mondiale nel solco della sua secolare tradizione imperiale. Il consolidamento di relazioni politiche ed economiche con essa avrebbe dovuto implicare, per gli Stati Uniti e i suoi alleati, la capacità di ripensare tutto il sistema della sicurezza e delle alleanze euro-occidentali, abbandonando l'idea di un necessario globalismo "occidentecentrico" e tenendo invece nel dovuto conto tanto le leggi della geopolitica quanto il pluralismo inevitabile tra le civiltà che qualche anno prima Samuel Huntingon aveva eloquentemente illustrato.Davanti alle sfide diverse portate dall'integralismo islamico e dal modello politico ed economico cinese l'interesse occidentale sarebbe stato quello di superare la vecchia impostazione della Nato in favore di una "costellazione" di alleanze con soggetti plurimi, dalla Russia all'area indo-pacifica. Ciò significava, per quanto riguarda l'Europa dell'Est, garantire sia la sicurezza degli Stati ex satelliti che lo status di Mosca come potenza euroasiatica, ridefinendo aree di influenza, convergenze e obiettivi comuni.Ma gli Stati Uniti - con le amministrazioni Clinton, Bush jr. e Obama - andarono in una direzione opposta. Da un lato spalancarono le porte all'ascesa di Pechino con l'ammissione della Cina nel Wto nel 2000 e la creazione di un contesto globale ad essa estremamente favorevole. Dall'altro non tennero in conto le preoccupazioni geopolitiche russe, considerandole anzi come degli atti ostili in quanto tali. In Medio Oriente l'interventismo statunitense successivo all'11 settembre 2001, soprattutto a partire dal conflitto iracheno, portava la superpotenza americana a collidere in molti casi con le posizioni di Mosca.TRUMP L'AVEVA CAPITOIntanto, nello scacchiere est-europeo come in quello caucasico il processo di ampliamento della Nato o il rapido avvicinamento di Stati ex sovietici all'Occidente alimentavano nei russi un risveglio della sindrome da accerchiamento, che provocava loro reazioni sempre più decise. I conflitti innescati dalla Russia in Georgia (Ossezia del Sud, Abkazia) e in Ucraina - in una lunga sequenza che va dal 2004 agli ultimi sviluppi - sono stati i casi più eclatanti della reazione imperialista di Mosca, rispetto alla quale l'atteggiamento statunitense e occidentale è stato il crescente isolamento imposto a quest'ultima, e il suo declassamento da potenziale alleato a quasi-nemico: culminato con le sanzioni ad essa imposte a partire dalla sua annessione della Crimea nel 2014.L'unico leader occidentale che nell'ultimo ventennio ha percepito i pericoli di questa progressiva degenerazione della fiducia e delle relazioni tra Occidente e Russia è stato Donald Trump, che ha sempre sostenuto, nella sua visione realista e bilateralista della politica estera statunitense, la necessità di un riavvicinamento tra le due parti in funzione anti-cinese, e in virtù di un più alto grado di possibile compatibilità. Ma nel suo mandato presidenziale gli è stato impossibile portare avanti questa strategia per l'opposizione di quasi tutta la classe dirigente del suo paese, così come degli apparati statuali e militari. La sua mancata rielezione, e il ritorno al potere dei democratici con Biden, ha alimentato la nuova escalation di tensione con Mosca culminata ora nell'invasione russa dell'Ucraina, così come il riavvicinamento sempre più stretto tra Mosca e Pechino.In questo momento ogni possibilità di riannodare i fili del dialogo sembra pregiudicata, e l'Europa diventa il teatro di uno showdown che inevitabilmente rimetterà in discussione l'assetto del continente, con risvolti imprevedibili. Ma se in Occidente sopravvive un minimo di razionalità politica questa dovrebbe essere impiegata per uscire subito da una logica di contrapposizione frontale, che richiama a divisioni ideologiche oggi tramontate, per riaprire realisticamente e con prudenza, senza abdicare ai suoi princìpi di libertà e democrazia, spazi di mediazione fondati sulle garanzie minime della reciproca sicurezza tra le parti.

Europa Grand Tour - il Podcast
Ep132 – Russia, Ucraina e politica estera europea

Europa Grand Tour - il Podcast

Play Episode Listen Later Feb 22, 2022 10:23


.. è la terza guerra mondiale?Ep sulla Transnistria: https://www.europagrandtour.com/2021/02/05/transnistria-moldavia/Ep su Lugansk e Donetsk: https://www.europagrandtour.com/2021/10/23/stati-riconoscimento-limitato/Ep sulla fine dell'URSS: https://www.europagrandtour.com/2021/12/26/russia-unione-sovietica-urss-caduta/Per offrirmi un caffè virtuale e sostenere il podcast: https://ko-fi.com/europagrandtourTrovi la trascrizione della puntata e oltre alle fonti, foto e eventuali approfondimenti su: https://www.europagrandtour.comDella stessa autrice: il podcast Storia D'Europa, https://www.storiadeuropa.com e il blog di cucina con audio-ricette https://www.cucinaeuropea.com

Storia in Podcast
La dissoluzione dell'URSS - Seconda parte

Storia in Podcast

Play Episode Listen Later Feb 8, 2022 19:52


La dissoluzione dell'Unione Sovietica fu il processo di disgregazione che, a 74 anni dalla Rivoluzione d'Ottobre, coinvolse il sistema politico, economico e sociale dell'Unione Sovietica. Tra il 19 gennaio 1990 e il 26 dicembre 1991, il fallimento delle iniziative di perestrojka e glasnost avviate da Michail Sergeevič Gorbačëv – in aggiunta agli eventi libertari polacchi che contagiarono i Paesi del Patto di Varsavia – portarono all'implosione dell'URSS. Lo storico Andrea Romano, oggi impegnato nella vita politica, racconta per Storiainpodcast uno dei più grandi eventi della storia contemporanea. Andrea Romano è Professore associato di Storia contemporanea presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. E' deputato della Repubblica Italiana, iscritto al Gruppo Parlamentare del Partito Democratico. Ha scritto tra l'altro “Contadini in uniforme. L'Armata Rossa e la collettivizzazione delle campagne nell'URSS”, Firenze, Leo S. Olschki, 1999; “Russia in the Age of Wars 1914-1945” (con Silvio Pons), Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Annali XXXIV, Milano, Feltrinelli, 2000; e “Lo Stalinismo. Un'interpretazione storica”, Bruno Mondadori Editore, 2002. - La dissoluzione pacifica dell'Unione Sovietica. Michail Gorbacev e la perestroika (Prima parte). - Le resistenze alle riforme di Gorbacev e la disgregazione dell'edificio sovietico (Seconda parte).A cura di Deborah Natale. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale La Storia della storia------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura

Storia in Podcast
La dissoluzione dell'URSS - Prima parte

Storia in Podcast

Play Episode Listen Later Feb 8, 2022 12:04


La dissoluzione dell'Unione Sovietica fu il processo di disgregazione che, a 74 anni dalla Rivoluzione d'Ottobre, coinvolse il sistema politico, economico e sociale dell'Unione Sovietica. Tra il 19 gennaio 1990 e il 26 dicembre 1991, il fallimento delle iniziative di perestrojka e glasnost avviate da Michail Sergeevič Gorbačëv – in aggiunta agli eventi libertari polacchi che contagiarono i Paesi del Patto di Varsavia – portarono all'implosione dell'URSS. Lo storico Andrea Romano, oggi impegnato nella vita politica, racconta per Storiainpodcast uno dei più grandi eventi della storia contemporanea. Andrea Romano è Professore associato di Storia contemporanea presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. E' deputato della Repubblica Italiana, iscritto al Gruppo Parlamentare del Partito Democratico. Ha scritto tra l'altro “Contadini in uniforme. L'Armata Rossa e la collettivizzazione delle campagne nell'URSS”, Firenze, Leo S. Olschki, 1999; “Russia in the Age of Wars 1914-1945” (con Silvio Pons), Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Annali XXXIV, Milano, Feltrinelli, 2000; e “Lo Stalinismo. Un'interpretazione storica”, Bruno Mondadori Editore, 2002. - La dissoluzione pacifica dell'Unione Sovietica. Michail Gorbacev e la perestroika (Prima parte). - Le resistenze alle riforme di Gorbacev e la disgregazione dell'edificio sovietico (Seconda parte).A cura di Deborah Natale. Montaggio di Silvio Farina.https://storiainpodcast.focus.it - Canale La Storia della storia------------Storia in Podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify http://bit.ly/VoceDellaStoria ed Apple Podcasts https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427.Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura

5 minuti di Storia - Terza Media
S2 E41 La creazione dell'URSS

5 minuti di Storia - Terza Media

Play Episode Listen Later Jan 22, 2022 10:18


La creazione dell'URSS. La morte di Stalin e l'ascesa di Stalin. --- This episode is sponsored by · Anchor: The easiest way to make a podcast. https://anchor.fm/app

Rassegna di geopolitica
Rassegna di geopolitica - Effetti colaterali della fine dell'URSS: presentazione ultimo numero di Limes - Puntata del 22/12/2021

Rassegna di geopolitica

Play Episode Listen Later Dec 22, 2021 10:46


Esteri
Esteri di martedì 16/11/2021

Esteri

Play Episode Listen Later Nov 16, 2021 27:29


1- Calcio e diritti umani. Nonostante le promesse del Qatar migliaia di lavoratori stranieri sono ancora intrappolati e sfruttati. la denuncia di Amnesty a un anno dai Mondiali. ( Martina Stefanoni) ..2-Stati Uniti – Cina. Il primo incontro Biden – Xi Jinping all'insegna della cortesia ma nessun progresso sulla questione di Taiwan. ( Roberto Festa) ..3- Vaccino anti covid. Pfizer e Moderna guadagnano mille dollari al secondo grazie ai contratti firmati esclusivamente con i paesi ricchi. Nel resto del mondo invece solo il 2% della popolazione ha completato la vaccinazione. ( Guglielmo Vespignani) ..4-Sanità privata e miseria. In India arrestato il più grande trafficante di organi. La Storia di Esteri ..( Sandro Gilioli) ..5-Libia, la stabilità politica rischia di rimanere un miraggio. Dopo il figlio di Gheddafi anche il Generale Haftar si candida alle presidenziali di dicembre. ..( Emanuele Valenti) ..6-Il libro del martedì. Il suicidio dell'Urss di Sergio Romano. ( Vincenzo Mantovani) ..7-Dalla Cop 26. L'impatto dei fertilizzanti di sintesi sulla produzione dei gas serra. ( Marta Gatti)

taiwan qatar pfizer moderna nel dopo amnesty calcio sanit la storia in india nonostante libia mondiali vaccino marted esteri gheddafi dell'urss sergio romano roberto festa emanuele valenti vincenzo mantovani martina stefanoni marta gatti
Esteri
Esteri di mar 16/11/21

Esteri

Play Episode Listen Later Nov 15, 2021 27:29


1- Calcio e diritti umani. Nonostante le promesse del Qatar migliaia di lavoratori stranieri sono ancora intrappolati e sfruttati. la denuncia di Amnesty a un anno dai Mondiali. ( Martina Stefanoni) ..2-Stati Uniti – Cina. Il primo incontro Biden – Xi Jinping all'insegna della cortesia ma nessun progresso sulla questione di Taiwan. ( Roberto Festa) ..3- Vaccino anti covid. Pfizer e Moderna guadagnano mille dollari al secondo grazie ai contratti firmati esclusivamente con i paesi ricchi. Nel resto del mondo invece solo il 2% della popolazione ha completato la vaccinazione. ( Guglielmo Vespignani) ..4-Sanità privata e miseria. In India arrestato il più grande trafficante di organi. La Storia di Esteri ..( Sandro Gilioli) ..5-Libia, la stabilità politica rischia di rimanere un miraggio. Dopo il figlio di Gheddafi anche il Generale Haftar si candida alle presidenziali di dicembre. ..( Emanuele Valenti) ..6-Il libro del martedì. Il suicidio dell'Urss di Sergio Romano. ( Vincenzo Mantovani) ..7-Dalla Cop 26. L'impatto dei fertilizzanti di sintesi sulla produzione dei gas serra. ( Marta Gatti)

joe biden taiwan qatar pfizer moderna xi jinping nel dopo amnesty calcio sanit la storia urss in india nonostante libia mondiali vaccino esteri haftar organi gheddafi dell'urss sergio romano roberto festa emanuele valenti martina stefanoni vincenzo mantovani marta gatti
ARTICOLI di Rino Cammilleri
Perchè per gli Usa la Russia è sempre il nemico?

ARTICOLI di Rino Cammilleri

Play Episode Listen Later Oct 19, 2021 8:16


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6763PERCHE' PER GLI USA LA RUSSIA E' SEMPRE IL NEMICO? di Rino CammilleriI media di regime, mentre scrivo, stanno facendo di tutto per insinuare che le elezioni in Russia sono truccate da Putin. Su input americano, che ha praticamente intimato alla Ue di boicottare la Russia in tutti i modi. Non sappiamo a quale prezzo la Merkel sia riuscita a strappare il sì al gasdotto NorthStream2, ma la domanda è un'altra: perché per gli Usa la Russia deve continuare ad essere il Nemico? Bisogna prenderla alla larga.Terminato il gaudio per l'implosione dell'Urss con Gorbaciov, ricevuti da quest'ultimo tutti i premi e le copertine possibili in Occidente, con Eltsin la nuova Russia toccò il suo punto minimo, storico, politico ed economico, e giù grandi pacche sulle spalle: ricordate le risate irrefrenabili in diretta Eltsin-Clinton? E ricordate che il primo Putin, paraninfo Berlusconi, in un incontro a Pratica a Mare quasi quasi entrava nella Nato? A quel punto però non si rise più: Berlusconi sappiamo la fine che fece e Putin diventò lo «zar». Sua unica colpa, quella di aver rimesso in piedi la Russia e cercato di riportarla al ruolo di grande potenza. E questo non va bene agli americani, i quali hanno ereditato la geopolitica del fu Impero Britannico. Aveva voglia papa Wojtyla di parlare di Europa che respira «a due polmoni», e Putin di auspicare un'Europa «dall'Atlantico agli Urali». No, perché dai tempi di Pietro il Grande quel che le «potenze di mare» temono è proprio una Russia europea, testa in Europa e il resto in Asia. Sì, ne adotti pure lo stile nel vestire e anche il calendario. Ma l'economia, cioè i soldi, sono un'altra cosa. Lo studio della storia, oggi come oggi, interessa ormai solo quelli che abbattono i monumenti e fanno gli «antifa» al solo scopo di saccheggiare i negozi (e farsi la barba d'oro con le donazioni dei radical-chic).LE BASI NATOMa c'è anche un'altra categoria di cultori di storia: i Paesi che dalla Russia hanno sempre avuto guai, anche prima che diventasse comunista. Infatti, si sono affrettati a chiedere di entrare nella Nato, e la Nato (cioè, gli Usa), si è affrettata a precipitarvisi. Così che oggi la capitale russa ha basi Nato a soli cento chilometri di distanza e la Russia europea ne è letteralmente circondata. Si pensi che nemmeno la Cina è in queste condizioni. E solo un disinformato (per non dire peggio) può realmente ritenere che, per l'Occidente, la Russia sia più pericolosa della Cina. Infatti, Trump era ingenuamente disinformato quando dichiarò che da Putin non riteneva di avere niente da temere e che ci si poteva andar d'accordo. Immediatamente la minaccia di empeachment lo fece rientrare nei ranghi: gli «hacker russi» avrebbero favorito la sua elezione a presidente, così che ogni sua dichiarazione di simpatia a Putin finiva col confermare il sospetto. Come se gli americani, che l'informatica l'hanno inventata, fossero degli sprovveduti al riguardo. Il cosiddetto Deep State, in larga parte in mano ai democratici così come il complesso militar-industriale, ha fatto schioccare la frusta e tutto è tornato nella norma: il Grande Gioco deve continuare.Il riferimento a Kipling non è casuale. Il nemico globale dell'Impero Britannico era la Russia, e non solo in Afghanistan. Quando lo zar cercò di affacciarsi nel Mediterraneo si videro due potenze cristiane alleate dei musulmani contro un altro cristiano. E fu la Guerra di Crimea, in cui l'Inghilterra trascinò la Francia e ammise il piccolo Piemonte perché le serviva per restare padrona anche del Mediterraneo, oltre che degli altri mari. Britannia rules all the waves, cantavano le giubbe rosse di Sua Maestà. E pure mezzo secolo prima qual era il maggior pericolo per l'Inghilterra? Un blocco continentale. Ci provò anche Napoleone e allora l'Inghilterra si scatenò.IL TIMORE DI UNA POTENZA IMBATTIBILEVenendo ai soldi (sono essi a far muovere il mondo), più precisamente il timore geopolitico riguarda la Germania e la Russia: una loro fusione economica creerebbe una potenza anche politica imbattibile. Detto in parole semplici, cervelli tedeschi e risorse naturali (quasi illimitate) russe. Ai tempi degli zar anche i professori di liceo in Russia erano tedeschi. E tedesca era l'ultima zarina (nonché Caterina la Grande). La contiguità territoriale in geopolitica rimane importante. Da qui i reiterati tentativi di entrambi, russi e tedeschi, per spartirsi quanto stava di mezzo. Si dimentica che la Germania sconfitta e schiacciata nella Grande Guerra smontò le sue industrie pesanti e, in sordina, le rimontò in Russia: tutto il suo veloce riarmo avvenne dietro la cortina degli Urali. Il Patto Molotov-Ribbentrop seguì a ruota. Alleanza di due totalitarismi? Macché: prosieguo di una politica di antica data. E, in tutte e due le guerre mondiali, l'Inghilterra scese in campo per scongiurarla. Infatti, in due si erano spartiti la Polonia, ma Londra dichiarò guerra solo a Berlino, da cui le veniva il vero pericolo.Gli Usa nascono come propaggine dell'Inghilterra e da essa si sono scissi per meri motivi economici. Ma per gli stessi motivi devono continuarne la politica. Non a caso i due sono alleati di ferro sempre e comunque. Perché il grande strepito contro il gasdotto russo-tedesco? Perché la difesa a tutto spiano dell'«indipendenza» ucraina? Perché le vesti stracciate per i «diritti umani» di Navalny? Perché l'Italia ci sta rimettendo la camicia a furia di «sanzioni» contro la Russia? Neanche Draghi ha osato sollevare il problema con Biden in Cornovaglia: sa che sarebbe stato fiato sprecato. Be', almeno non si dica che non abbiamo capito.

Cemento
03.01 - Oppio dei Popoli

Cemento

Play Episode Listen Later May 30, 2021 36:27


Il decennio della dissoluzione dell'URSS ha incluso due colpi di stato falliti nel 1991 e nel 1993, un passaggio per niente semplice all'economia di mercato e la privatizzazione di massa di industrie e infrastrutture. L'impatto di questi cambiamenti è stato immenso. Sotto il governo Yeltsin, il primo presidente della Federazione russa, l'aspettativa di vita in Russia è scesa, con circa cinque milioni di morti in eccesso tra il 1991 e il 2001 rispetto al decennio precedente, diminuzione delle nascite, la svalutazione della moneta, un aumento del traffico di esseri umani (e di donne in particolare). In più, c'è stato l'emergere di una classe di oligarchi che ha aumentato drasticamente la differenza tra ricchi e poveri. È in questa epoca di incertezza che in Russia è avvenuto un ritorno di massa alla religione. Settant'anni di repressione religiosa sembravano aver avuto poco potere nel cancellare la fede come avrebbe voluto Marx. Cemento è un podcast di Angelo Zinna e Eleonora Sacco. La sigla è di MAV. Se non lo hai ancora fatto iscriviti alla nostra newsletter per ricevere fonti, aggiornamenti e consigli di lettura sui temi di ogni puntata. Vuoi parlare con noi dell'argomento che abbiamo trattato in questa puntata? Entra nel gruppo Facebook di Cemento, siamo contenti di proseguire la discussione! Saremmo felici di sentire il tuo feedback, se i social non fanno per te puoi contattarci rispondendo a questa mail. Ci trovi, ovviamente, anche su Instagram.

BASTA BUGIE - Storia
Storia dell'infinita guerra arabo-israeliana

BASTA BUGIE - Storia

Play Episode Listen Later May 25, 2021 17:21


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6587STORIA DELLA INFINITA GUERRA ARABO-ISRAELIANA di Luca Della Torre Uno dei rischi più gravi che minano le relazioni internazionali politiche di questo avvio di millennio è l'opera di dis-informazione e mistificazione dei fatti della Storia che, come nella Fattoria degli animali di George Orwell, mira ad instaurare un sistema di pensiero unico totalitario in nome di un'ipocrita distorsione dei concetti di libertà e di democrazia.La guerra arabo-israeliana ce ne offre un esempio ed è necessario ripristinare i recinti di una verità storica e di una interpretazione storiografica che non si lasci appannare la mente dai tentacoli ideologici che i mass-media propinano al lettore con doloso opportunismo.I violenti scontri armati che divampano in tutto Israele e nelle Striscia di Gaza sono nati per il minacciato sfratto di famiglie palestinesi da parte dei proprietari ebraici di abitazioni nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme est, il cui suolo fu acquistato già nel lontano 1870 da sudditi ebrei dell'Impero ottomano. La propaganda ideologico-religiosa di tutto il mondo arabo ed islamico - perennemente litigioso ed in conflitto nel proprio seno tra fedi sunnita e sciita, arabi ed iraniani, organizzazioni terroristiche istituzionalizzate come Hamas e Hezbollah, monarchie assolute e populismi totalitari della Fratellanza Musulmana - si è immediatamente ricompattata in un refrain che a livello di cancellerie internazionali, UE ed ONU, è tristemente noto: Israele è uno Stato che si macchia di crimini contro l'umanità e deve essere sottoposto alla macchina della giustizia penale internazionale.Dalla striscia di Gaza, sotto il governo del movimento terroristico di Hamas (si consideri che la stessa mitissima Unione europea ha da anni riconosciuto come terrorista l'organizzazione politica palestinese che amministra Gaza) piovono migliaia di razzi - più di millecinquecento ad oggi - sul territorio di Israele; il leader turco Erdogan, autentica palla al piede della diplomazia NATO in quanto promotore della aggressiva strategia politica neo-ottomana pan-turanista e pan-islamica, definisce pubblicamente gli Ebrei «terroristi senza pietà»; la Guida Suprema del regime teocratico sciita iraniano Khamenei dichiara che Israele non è un Paese, ma un rifiuto della storia, e come tale va eliminato dalla faccia della terra. In sostanza, l'intera Jihad islamica - quel filone di pensiero politico religioso da cui sono sorte tutte le cellule terroristiche che hanno seminato il sangue in Europa in questi anni - si è ricompattata e mobilitata contro il diritto di Israele ad essere riconosciuto e tutelato nella sua esistenza ed integrità territoriale come previsto dai pilastri giuridici del diritto internazionale, artt.2, 42, 51, 55 dello Statuto dell'ONU.ALCUNI PUNTI FERMIAlla luce di questo quadro drammatico, è bene che alcuni punti fermi - sotto il profilo storico-giuridico del diritto e delle relazioni internazionali - siano rammentati e puntualizzati.Nel 1948, dopo che l'Onu stabilisce concordemente con la Risoluzione 181 la partizione della Palestina - per secoli parte del territorio dell'Impero ottomano - in due Stati sovrani (con l'assenso unanime sia degli USA che dell'URSS, sia dei Paesi occidentali che di quelli della Cortina di Ferro, dell'Africa e del Sud America, con la sola eccezione dei membri della Lega Araba), gli Stati arabi violano il patto internazionale ONU, e attaccano le forze ebraiche, che nonostante l'inferiorità numerica salvano i territori assegnati al popolo ebraico e costituiscono lo Stato di Israele. Nel corso di quel primo conflitto gli Arabi si resero responsabili di crimini perseguibili dal Diritto Internazionale umanitario e dei conflitti armati: gli storici ben conoscono le vicende della deportazione dei cittadini ebrei dai quartieri di Gerusalemme, e l'espropriazione delle loro case dal quartiere di Sheihk Jarrah in particolare; la totale distruzione dei cimiteri ebraici della Valle di Cedron ad opera dei carri armati della Giordania, che per sfregio con i cingoli schiacciarono tutte le lapidi funerarie; la loro utilizzazione come manto stradale lungo il Monte degli Ulivi a Gerusalemme.Nel 1967 le forze armate corazzate dei Paesi della Lega Araba si ammassano ai confini del territorio israeliano, circondando dalla Siria al Libano, dall'Egitto all'Arabia Saudita Israele: una condotta che secondo la Risoluzione 3314 dell'ONU rientra nelle fattispecie di aggressione ai danni di uno Stato e autorizza quindi il ricorso alla legittima difesa ex art.51 della Carta ONU: ne scaturirà la guerra dei Sei Giorni, come verrà ricordata, in cui l'esercito israeliano guidato dal generale Moshe Dayan, sbaragliò i Paesi arabi, riunificò Gerusalemme conquistando la Città Vecchia con il Muro del Pianto, ed entrò in possesso - al fine di garantire un "cuscino di difesa" dei territori israeliani di fronte alle ripetute aggressioni arabo islamiche - anche della Cisgiordania, parte della Giordania fra il 1948 e il ‘67, della striscia di Gaza, parte dell'Egitto, oltre che delle alture del Golan in territorio siriano.UNA PERENNE AZIONE TERRORISTICA ALIMENTATA DAI PAESI ARABINel 1973 ancora una volta - con un atto di guerra in violazione dell'art. 2 dello Statuto ONU - gli Stati arabi islamici attaccano Israele di sorpresa durante la festività "dello Yom Kippur": il generale Ariel Sharon rovescia le sorti del conflitto con un'audace offensiva e conquista l'intera penisola egiziana del Sinai.Nel 1982, dopo i ripetuti attacchi dal sud del Libano da parte dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) capeggiata da Yasser Arafat, che ha fatto di Beirut la sua base, destabilizzando totalmente il Paese grazie all'uso politico dei campi profughi palestinesi, Israele invade il Paese dei cedri. Fino al 2000 Israele manterrà la sua presenza in quei territori, a causa della perenne azione terroristica filopalestinese alimentata dai Paesi arabi.Siamo agli anni delle cosiddette "Intifade", guerriglie molto invasive sotto il profilo militare, short acts of war in diritto internazionale, in cui l'odio delle popolazioni arabe islamiche verso l'esistenza di Israele come Stato sovrano è alimentato da una propaganda ideologica sempre più giustificata dal valore religioso della Jihad, della guerra santa islamica.È questo l'acme della inaffidabilità diplomatica e della inadeguatezza politico culturale del mondo arabo e palestinese in particolare, nel gestire pacificamente le relazioni internazionali: Ehud Barak, il generale più decorato al valore nella storia di Israele, diventato primo ministro in quota al Partito Laburista, dunque un progressista moderato, propone ufficialmente al leader palestinese Arafat la creazione uno Stato di Palestina con Gerusalemme Est come capitale: sciaguratamente Arafat, succube delle aspirazioni geopolitiche panislamiste e della demagogia del radicalismo della Fratellanza Musulmani nei Paesi arabi sunniti, rifiuta la proposta.E veniamo al conflitto di questi giorni, combattuto con migliaia di razzi da Gaza, scontri nelle strade di Gerusalemme, stato di emergenza nella città arabo-israeliane ai confini con Gaza. I movimenti terroristi di Hamas e della Jihad palestinese hanno a disposizione missili di diversa gittata, con un raggio di azione che va dagli 8 chilometri ai 180, un arsenale che è fornito dall'Iran e dalla Cina, secondo le fonti dell'International Institute for Strategic Studies e dell'IDF, le forze armate israeliane. E' ancora valida la distinzione giuridica tra un'aggressione militare ingiustificata e la liceità della legittima difesa?Nota di BastaBugie: Gianandrea Gaiani nell'articolo seguente dal titolo "Disarmare Hamas a Gaza è solo un miraggio" spiega la situazione dopo il recente breve conflitto di Gaza.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 25 maggio 2021:Mentre il cessate il fuoco mediato da Egitto e Qatar sembra reggere all'indomani della fine delle e ostilità a Gaza è tempo di bilanci e anche se tutti si dichiarano a loro modo vincitori al termine di dieci giorni di scontri non mancano gli elementi su cui riflettere.Dall'inizio dell'operazione israeliana "Guardiano delle mura" le Brigate Ezzedin al-Qassam (braccio armato di Hamas) e il Movimento della Jihad Islamica hanno lanciato contro Israele 4.340 razzi, 640 dei quali abortiti al momento del lancio o caduti all'interno della Striscia mentre il sistema di difesa anti missile Iron Dome ha abbattuto circa 3600 razzi, pari al 90% di quelli sparati contro Israele; i missili non intercettati hanno invece colpito le città di Nevit Haasara, Sderot, Ashkelot, Ashdod e Lod, le periferie di Gerusalemme, Nazareth, Beersheba, Holon e la stessa Tel Aviv. Tredici le vittime in Israele tra cui un militare con 117 i feriti gravi (114 civili e tre militari) mentre la risposta militare israeliana ha causato la morte di almeno 248 persone, più della metà delle quali appartenenti alle milizie e oltre 1900 feriti. I bombardamenti israeliani avrebbero distrutto o danneggiato 2mila edifici e 500 rampe di lancio dei razzi oltre a depositi di armi e oltre 100 chilometri di tunnel che collegano la Striscia di Gaza con il territorio del Sinai egiziano.

Artribune
Antonio Selvatici e Silvia Evangelisti - Contemporaneamente a cura di Mariantonietta Firmani

Artribune

Play Episode Listen Later May 15, 2021 66:48


In questo audio il prezioso incontro con Antonio Selvatici, giornalista esperto di intelligence economica e Silvia Evangelisti storica dell'arte docente università di bologna e curatrice.Con Selvatici ed Evangelisti parliamo di passione come luogo di ricerca ed approfondimento. Anche da bastian contrario e contro corrente, in politica come nell'arte, ogni epoca ha una sua bellezza e noi abbiamo il dovere di comprenderla e divulgarla. L'intervista è nel progetto Contemporaneamente a cura di Mariantonietta Firmani. Il podcast pensato per Artribune. Incontri tematici con autorevoli interpreti del contemporaneo tra arte e scienza, letteratura, storia, filosofia, architettura, cinema e molto altro. Per approfondire questioni auliche ma anche cogenti e futuribili. Dialoghi straniati per accedere a nuove letture e possibili consapevolezze dei meccanismi correnti: tra locale e globale, tra individuo e società, tra pensiero maschile e pensiero femminile, per costruire una visione ampia, profonda ed oggettiva della realtà. Silvia Evangelisti docente è titolare della cattedra di Storia e metodologia della critica d'arte e di Storia dell'arte contemporanea all'Accademia di Belle Arti di Bologna dal 1986 al 2015 (dal 2000 al 2005 è Consigliere del CNAM Consiglio Nazionale per l'Alta Formazione Artistica e Musicale, organo consultivo del Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica) dal 2012 insegna Avanguardie e Neoavanguardie alla Laurea Magistrale in Arti Visive alla Scuola di Lettere e Beni Culturali dell'Università di Bologna. Invitata a tenere cicli di lezioni presso la Facoltà di Belle Arti dell'Università di Bilbao e alla Brown University di Provicence, Rhode Island. Promotrice di grandi eventi Nel 1988 comincia la collaborazione con Arte Fiera di Bologna, prima in qualità di consulente e poi, dal 2003 al 2012, come Direttore Artistico, mentre dal 2005 al 2009 è membro della Commissione Unicredit per l'Arte. Curatrice di mostre per istituzioni private e pubbliche: le più recenti "Costruire il Novecento" a Palazzo Fava di Bologna nella primavera 2016, "Universo Futurista" Fondazione Cirulli nel 2018, "U-mano" Opificio Golinelli 2019 Bologna, "Luciano De Vita Antologica" Pinacoteca Nazionale Bologna 2020. Instancabile divulgatrice tiene lezioni e conferenze sui temi dell'arte moderna e contemporanea presso istituzioni pubbliche e private, come la Fondazione Roberto Longhi di Firenze, il FAI, il MamBo di Bologna, Università della Romagna, l'Università Bocconi di Milano. docente in diversi Master, tra cui: Sole 24 Ore, Università di Tor Vergata e Link University di Roma, Unidee Fondazione Città dell'Arte di Biella. Antonio Selvatici, giornalista, docente in Master d'Intelligence Economica, presso le Università di Firenze, Tor Vergata-Roma e della Calabria. Docente al Corso di perfezionamento post laurea in “Intelligence e Sicurezza Nazionale” dell'Università di Firenze. Autore di saggi scientifici e testi. Consulente della Commissione Parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale. Giornalista d'inchiesta dal 1994 laureato in Scienze Politiche, tesi in Economia e Politica Industriale, si occupa di intelligence economica e mercati internazionali. In particolare si occupa di geopolitica e Cina, per alcuni quotidiani tra cui: il Sole24Ore, Il Tempo, e altre autorevoli testate. Si ricordano gli ultimi testi pubblicati: “Coronavirus Made in China. Colpe, insabbiamenti e la propaganda di Pechino”, “L'invasione cinese”, Rubbettino, 2020. Inoltre è autore di ricerche scientifiche, divulgative, di saggistica. Come: "Alle origini del distretto meccanico bolognese", "Appunti per una storia dell'imprenditoria", "Guazzaloca, società civile contro partitocrazia", "La Stasi, il terribile "orecchio" del regime", "Più uguali degli altri. Indagine su un'amministrazione al di sopra di ogni sospetto", "PCI Spa, partito mobile ed immobile”, "Ora da Mosca. I finanziamenti sovietici al Pci dalla rivoluzione d'ottobre al crollo dell'Urss", "Prodeide. Biografia non autorizzata di Romano Prodi", "Chi spiava i terroristi. Kgb, Stasi - I documenti negli archivi segreti sull'Europa comunista", “Il libro nero della contraffazione”, Pendragon (più edizioni).

Storia in Podcast
Gorbaciov. Di Sergio Romano

Storia in Podcast

Play Episode Listen Later Mar 31, 2021 10:55


storiainpodcast.focus.it - Canale PersonaggiMichail Sergeevič Gorbačëv, spesso traslitterato anche come Mikhail Gorbachev o Gorbaciov (Privol'noe, 2 marzo 1931) è un politico sovietico, russo dal 1991. Ultimo segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica dal 1985 al 1991, fu propugnatore dei processi di riforma legati alla perestrojka e alla glasnost', e protagonista nella catena di eventi che portarono alla dissoluzione dell'URSS e alla riunificazione della Germania. Artefice, con la sua politica, della fine della guerra fredda, fu insignito nel 1989 della Medaglia Otto Hahn per la Pace e, nel 1990, del Nobel per la pace. È l'unico ex-segretario del PCUS ancora vivente. Tra il 15 e il 17 maggio 1985 Michail Gorbačëv, allora nuovo Segretario generale del Partito Comunista, si recò a Leningrado, dove incontrò il comitato cittadino di partito. In quell'occasione affermò: «È evidente, compagni, che tutti noi dobbiamo ricostruirci. Tutti», utilizzando il verbo “perestrajvat'sja” (ricostruirsi) come una metafora che fu poi diffusa dai media e divenne lo slogan di una nuova fase nella storia dell'Unione Sovietica: la Perestrojka.Storiainpodcast lo racconta con l'ambasciatore Sergio Romano, storico, analista diplomatico ed editorialista del “Corriere della Sera”, che è stato anche ambasciatore d'Italia presso la Nato e in Unione Sovietica.A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.------------Storia in podcast di Focus si può ascoltare anche su Spotify (http://bit.ly/VoceDellaStoria) ed Apple Podcasts (https://podcasts.apple.com/it/podcast/la-voce-della-storia/id1511551427).Siamo in tutte le edicole... ma anche qui:- Facebook: https://www.facebook.com/FocusStoria/- Gruppo Facebook Focus Storia Wars: https://www.facebook.com/groups/FocuStoriaWars/ (per appassionati di storia militare)- Youtube: https://www.youtube.com/user/focusitvideo- Twitter: https://twitter.com/focusstoria- Sito: https://www.focus.it/cultura

Memos
Memos di venerdì 22/01/2021

Memos

Play Episode Listen Later Jan 22, 2021 27:57


Conversazione sul Pci (seconda puntata, ieri la prima). Cent'anni fa nasceva il Partito Comunista d'Italia e trent'anni fa il Pci decideva di sciogliersi. Una storia lunga che ha riguardato milioni e milioni di persone in Italia. Una storia che è un pezzo fondamentale della biografia civile e politica di questo paese nel corso di settant'anni. I suoi leader, tutti uomini, sono stati Bordiga e Gramsci, Togliatti e Longo, Berlinguer e Natta fino all'ultimo segretario Occhetto. Il Pci, il partito dell'antifascismo, della Costituzione repubblicana e poi della via italiana al socialismo. Il partito che ha vacillato di fronte ai fatti di Ungheria e Praga. Il partito del compromesso storico e delle lotte per i diritti, il partito della questione morale. Il conflitto con i movimenti e gli intellettuali. Fino al crollo del Muro di Berlino, la Bolognina, la Cosa, lo scioglimento nel congresso del febbraio 1991, a pochi mesi dalla dissoluzione dell'Urss. Una lunga storia che Memos ha cercato di ripercorrere in buona parte con lo storico Angelo D'Orsi, allievo di Norberto Bobbio e biografo di Antonio Gramsci.

Memos
Memos di giovedì 21/01/2021

Memos

Play Episode Listen Later Jan 21, 2021 27:33


Conversazione sul Pci. Cent'anni fa nasceva il Partito Comunista d'Italia e trent'anni fa il Pci decideva di sciogliersi. Una storia lunga che ha riguardato milioni e milioni di persone in Italia. Una storia che è un pezzo fondamentale della biografia civile e politica di questo paese nel corso di settant'anni. I suoi leader, tutti uomini, sono stati Bordiga e Gramsci, Togliatti e Longo, Berlinguer e Natta fino all'ultimo segretario Occhetto. Il Pci, il partito dell'antifascismo, della Costituzione repubblicana e poi della via italiana al socialismo. Il partito che ha vacillato di fronte ai fatti di Ungheria e Praga. Il partito del compromesso storico e delle lotte per i diritti, il partito della questione morale. Il conflitto con i movimenti e gli intellettuali. Fino al crollo del Muro di Berlino, la Bolognina, la Cosa, lo scioglimento nel congresso del febbraio 1991, a pochi mesi dalla dissoluzione dell'Urss. Una lunga storia che Memos ha cercato di ripercorrere in buona parte con lo storico Angelo D'Orsi, allievo di Norberto Bobbio e biografo di Antonio Gramsci. Quella di oggi è la prima di due puntate. La seconda, domani.

BASTA BUGIE - Cinema
FILM GARANTITI The Soviet Story - Origine e caratteristiche comuni di Nazismo e Comunismo (2008) ***

BASTA BUGIE - Cinema

Play Episode Listen Later Oct 20, 2020 9:48


TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=172ORIGINI E CARATTERISTICHE COMUNI DI NAZISMO E COMUNISMOEntrambe provenienti dal ceppo socialista, sono ideologie gemelle: questo film-documentario ne svela la vera storiaIn Italia - e non solo - si utilizza la scorciatoia mentale di identificare come "di destra" i totalitarismi fascista e nazionalsocialista e come "di sinistra" quello comunista; in questo modo i due tipi di regime (quelli sconfitti dalla Seconda Guerra Mondiale e quello vincitore) sembrano essere in contrapposizione, fino a indurre molti a pensare che il comunismo, alleato con Stati Uniti ed Inghilterra, abbia liberato l'Europa dal totalitarismo. Tutte le colpe sono addossate al totalitarismo "di destra" e a tutte le "destre" precedenti (anche se nulla avevano a che fare con la "destra" fascista e nazionalsocialista), mentre quello "di sinistra" assume (con tutte le "sinistre", anche quelle successive) una connotazione positiva, ed il merito particolare di aver affrontato e sconfitto il totalitarismo europeo. Si è scritto parecchie volte che "chi vince scrive la storia", e va bene; ma ribaltarla è una faccenda completamente diversa. Accettare che Mussolini ed Hitler siano "di destra" significa accettare l'autoattribuzione di un patentino di superiorità morale ed ontologica da parte delle sinistre. Ci si dimentica spesso, infatti, che Mussolini era stato socialista, direttore dell'Avanti, e che anche il fascismo si caratterizzò per una ipertrofia dello Stato in ogni campo della vita dei cittadini ("dalla culla alla bara"); che il termine "nazismo" è semplicemente la (fuorviante) centrazione del termine "nazional-socialismo", e che Hitler fu il fondatore del Partito Socialista Nazionale dei Lavoratori Tedeschi, ossia il partito socialista tedesco. Sia il fascismo italiano che il nazionalsocialismo tedesco avevano fatto propria la dottrina secondo la quale lo Stato ha il compito di guidare la nazione verso un futuro radioso, anche attraverso il controllo dell'economia. Uno storico come Renzo De Felice (1929-1996) ha magistralmente spiegato come il fascismo sia stato un fenomeno rivoluzionario di sinistra: la tesi gli è costata l'odio e la persecuzione anche violenta nell'ultimo quarto del secolo scorso, ma ha aperto una strada storiografica importante, seguita da numerosi altri studiosi, che ha finalmente collocato il fascismo fra le ideologie rivoluzionarie del "secolo breve" (1914-1989).La differenza tra il socialismo nazionalista e quello marxista sta nel fatto che l'ostacolo (da eliminare fisicamente) alla nascita dell'«uomo nuovo» era individuato dal primo nelle nazioni inferiori (polacchi, ebrei, zingari...), dal secondo nelle classi economiche inferiori (borghesi, intellettuali, contadini...). Ma le similitudini tra i due tipi di socialismo non riguardano solo l'ideologia propugnata.IL FILM-DOCUMENTARIO IN DVDNel 2008 lo studioso di storia politica lettone Edvins Snore ha scritto e diretto un documentario intitolato "The Soviet Story" e finanziato dal gruppo UEN (Unione per l'Europa delle Nazioni) del Parlamento Europeo. Nel filmato compaiono, oltre a numerosi testimoni, lo storico Norman Davies e il dissidente Vladimir Bukovski. Il documentario, trasmesso e proiettato in diversi paesi, è inedito in Italia, sebbene sia disponibile una versione nella nostra lingua. E, soprattutto, mette in evidenza una serie impressionante di collegamenti tra il nazionalsocialismo e il socialismo sovietico.Viene mostrato, ad esempio, un articolo di giornale del New York Times nel quale si da il resoconto della fondazione del Partito Socialista Nazionale in Germania; in esso sono riportate le parole di Joseph Goebbels che afferma: «Lenin è stato l'uomo più grande, secondo solo ad Hitler; e le differenze tra il comunismo e le idee di Hitler sono molto sottili». Viene ricordato il patto Ribbentrop-Molotov, dal nome dei due ministri degli esteri della Germania nazionalsocialista e dell'Urss che nel 1939, a Mosca, firmarono un patto di non aggressione fra le due potenze; viene ricordato come la Luftwaffe sia stata guidata, nei bombardamenti sulle città polacche, dalla radiotrasmittente sovietica a Minsk; si documenta come - mentre il popolo russo moriva letteralmente di fame - Stalin inviasse grano, ferro e materiale da costruzione all'esercito tedesco, sostenendolo nelle sue campagne; e come lo stesso Stalin avesse dichiarato che combattere l'ideologia nazista fosse da considerare alla stregua di un crimine, e avesse invitato i partiti comunisti europei a boicottare la resistenza antinazista. Nel documentario si afferma che i nazionalsocialisti inviarono in Russia delle commissioni allo scopo di studiare il modello dei campi di sterminio sovietici per applicarlo ai lager; e che i lager nazisti liberati dai sovietici non vennero smantellati, ma divennero parte dell'«arcipelago Gulag» descritto da Solgenitsin. All'inizio della persecuzione hitleriana contro gli ebrei, molti di loro fuggirono in Russia; Stalin li riconsegnò al Fuhrer in segno di amicizia. Secondo gli autori intervistati da Snore, la strategia di Stalin era quella di aiutare Hitler a devastare la società europea e a eliminare tutti gli oppositori al totalitarismo; in un secondo tempo avrebbe attaccato il Reich indebolito dalla guerra e, sconfittolo, avrebbe diffuso il socialismo sovietico a tutto il continente ormai ripulito da Hitler da ogni possibile resistenza, presentandosi all'opinione pubblica mondiale come il liberatore del mondo dal nazionalsocialismo. Il documentario mostra anche una parata comune delle forze sovietiche e nazionalsocialiste nel paese di Brzesc, il luogo dove le due armate si incontrarono dopo aver occupato l'intero territorio polacco.CONCLUSIONE: COMUNISMO E NAZISMO VOGLIONO CAMBIARE LA NATURA UMANACome afferma la storica Francoise Thom, docente di storia moderna alla Sorbona, intervistata nel documentario, «entrambe le ideologie hanno l'ambizione di creare l'uomo nuovo. I due sistemi non sono d'accordo con la natura umana per come essa è veramente. Sono in guerra con la natura e con la natura umana, e questo è la base del totalitarismo». Nazionalsocialismo e socialismo sovietico sono in tal modo le due facce della stessa medaglia fin dalla loro origine, ossia la ribellione dell'orgoglio umano contro la natura umana. Entrambe queste ideologie sono state sconfitte, ma la tracotanza umana tenta ancora di creare l'uomo nuovo.

ARTICOLI di Antonio Socci
Il PCI compie cento anni ed è al potere in Italia (sotto altro nome)

ARTICOLI di Antonio Socci

Play Episode Listen Later Oct 13, 2020 11:47


TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6322IL PCI COMPIE CENTO ANNI ED E' AL POTERE IN ITALIA (SOTTO ALTRO NOME) di Antonio SocciCent'anni fa, fra l'estate 1920 e il gennaio 1921, nasceva il Partito Comunista Italiano. Non è storia passata. Perché proprio dopo il crollo del Muro di Berlino (1989) e il cambio del nome del partito (1991), la sua classe dirigente è arrivata al potere in Italia e ci resta da anni sebbene minoranza nel Paese e sconfitta alle elezioni.Al centenario del Pci hanno dedicato un libro Mario Pendinelli e Marcello Sorgi, "Quando c'erano i comunisti" (Marsilio). Stenio Solinas, sul "Giornale", si è chiesto "come è possibile che, tranne qualche frangia lunatica e qualche intellettuale freak, nessun politico oggi ex o post comunista parli più del come e del perché lo fu convintamente fino a ieri, uno ieri che arriva sino al 1989".L'ARROGANZA IDEOLOGICAÈ stato il più grosso Pc d'occidente, ma sembra che in Italia nessuno sia stato comunista. Non è stata fatta nessuna seria revisione autocritica. Quella classe dirigente non si è ritirata e non ha mai riconosciuto il marxismo-leninismo come un'ideologia malefica, né ha ammesso la vergogna di aver appoggiato totalitarismi orribili. Nessuno ha chiesto scusa.A tutto quel popolo semplice che li aveva seguiti, che si era abbeverato all'Unità, ai milioni di compagni che avevano davvero creduto nei "paradisi" comunisti, nessuno ha dato spiegazioni serie. Nessuno ha detto loro: noi sapevamo, ma non vi abbiamo detto la verità. Nessuno ha riconosciuto, davanti a milioni di lavoratori, che era tutto una menzogna, che il comunismo è stato dovunque un orrore. Nessuno ha chiesto scusa alla propria gente a cui, un tempo, avevano fatto inneggiare perfino a Stalin. Nessuno ha riconosciuto che avevano ragione "gli altri", gli anticomunisti. Perché?Di fatto la classe dirigente del Pci si è velocemente autoassolta, ha accantonato la bandiera comunista e l'ideologia marxista, ma non:1) l'arroganza ideologica,2) la pretesa superiorità morale,3) la propensione alla demonizzazione degli avversari.Con il 1989 i comunisti cambiarono nome e in breve passarono dall'allineamento a Mosca all'allineamento a Bruxelles/Berlino e ai Dem americani (Clinton, Obama eccetera). Dal mito del Socialismo a quello del Mercato. Come se fosse ovvio e naturale.Così - anche per far dimenticare il passato comunista - sono diventati i più affidabili per Bruxelles e Berlino e anche per la Casa Bianca dei Dem. Dunque i (post) comunisti in Italia sono arrivati ai vertici del governo - già con D'Alema nel 1998 - e pure ai vertici dello Stato con Napolitano nel 2006. Ma i conti con la storia non si sono fatti nemmeno dopo il 2000.SOLZENICYN E IL SILENZIO DEL QUIRINALECarlo Ripa di Meana (il coraggioso promotore della craxiana Biennale del dissenso del 1977) alla morte di Aleksandr Solzenicyn, nel 2008, su "Critica sociale", firmò un articolo intitolato "Solzenicyn e il silenzio del Quirinale", dove scriveva: "Avevo sommessamente suggerito, qualche mese fa, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che nel 1974, allora responsabile della cultura del PCI, su Rinascita prima e poi sull'Unità, aveva rumorosamente applaudito all'esilio comminato a Solzenicyn che, va ricordato, aveva già passato otto anni nel Gulag nell'immediato dopoguerra, che in una prossima occasione, o in forma privata o nel corso di una visita di Stato, chiedesse un incontro a Solzenicyn, ormai molto in là con gli anni e malato, per chiudere una pagina nera. Così non è stato. In questi ultimi giorni, mentre in tutto il mondo si sono ascoltate voci di statisti, di rimpianto e di riconoscenza per la grandezza di quest'uomo e della sua vita, da Roma-Quirinale è venuto un silenzio arido, privo di umanità. Fausto Carioti di Libero lo ha giustamente segnalato il 5 agosto sul suo giornale".Del resto nell' "autobiografia politica" di Napolitano, intitolata "Dal Pci al socialismo europeo", uscita nel 2005, non veniva neanche menzionato quel Solzenicyn che Raymond Aron aveva giudicato "l'homme du siècle".E gli altri? Da parte sua Nicola Zingaretti ha iniziato la sua segreteria nel Pd con il libro "Piazza grande" dove sostiene che l'esistenza dell'Urss "aveva costituito un oggettivo deterrente a costruire un mondo unidimensionale e senza difese rispetto alle forme più estreme di sfruttamento".E "probabilmente nel dopoguerra, non ci fosse stata l'Unione Sovietica (...) non sarebbero state possibili le lotte dei partiti di sinistra e democratici né il compromesso sociale che oggi in Europa è un esempio per tutto il mondo civilizzato".Espressioni che fecero insorgere pure Claudio Petruccioli: "Zingaretti riporta l'orologio al 1945".D'altra parte D'Alema, nel libro uscito quest'anno, "Grande è la confusione sotto il cielo", elogia il sistema cinese (e asiatico in generale) che "ha saputo fronteggiare questa prova (il Covid) in modo più efficace rispetto a noi". In quanto "ha fatto la differenza un grado minore di individualismo, una maggior coesione sociale e l'esistenza di reti comunitarie". E in una recente conferenza ha messo in guardia dal "partito anti-cinese" che "è all'opera anche in Europa, in un clima di nuova guerra fredda".I partiti di Zingaretti e D'Alema sono oggi al governo in Italia e non sembra davvero che il Pci sia morto.Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Stasi di Speranza" svela le quattro verità sui comunisti oggi al potere.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 12 ottobre 2020:L'agghiacciante intervista di Fabio Fazio al ministro della Salute Speranza ("stop alle feste nelle case, confidiamo nelle segnalazioni e interverremo con le forze dell'ordine") svela quattro verità. 1) COMUNISTILa prima è che non importa se ti chiami Speranza o Roberto o come vuoi e nemmeno se fai parte di un partito di fantasmi chiamato Liberi e uguali che oggi è già sparito dal radar politico anche se occupa ancora degli scranni in parlamento. Se vuoi controllare i cittadini fin nella camera da letto sei un comunista. E comunista della peggior specie. E se sei un comunista sei un pericolo. Almeno un pericolo per me. Puoi anche essere fascista per quanto mi riguarda, ma se ti ispiri ai colori di bandiera dell'internazionale sei un comunista.2) ODIOLa seconda è che introdurre la delazione tipica dei regimi sovietici non farà altro che mettere i cittadini gli uni contro gli altri attraverso il meccanismo dell'homo homini lupus. La guerra di stato alle feste ci proietterà nei "due minuti d'odio" di 1984. Vi parteciperemo e dovremo stare attenti a urlare bene i nostri strali per essere convincenti perché ci sarà sempre qualcuno che userà il termometro del nostro odio. 3) STATO ETICOLa terza è che, stando alle parole di Speranza, sarà competenza del ministro pro tempore, quindi dello Stato, decidere che cosa sia "fondamentale" e che cosa non sia fondamentale per i cittadini. La scuola è fondamentale - dice lui - le feste di compleanno, di prima Comunione, di Battesimo, di anniversari di matrimonio, di addio al celibato, di laurea non sono fondamentali. Lo stato etico è già qui, non serve essere complottisti, basta mettere in fila gli eventi e conservarsi liberi da interessi, paure e convenienze. 4) SERVILa quarta e ultima è che lo Stato etico affida ai genitori il compito di vigilare sulla loro stessa osservanza, senza un criterio oggettivo, ma invitando con paternalistica compiacenza i cittadini a essere responsabili (ci aveva già provato Conte l'altro giorno nel consigliare la mascherina in casa). Così le famiglie perdono definitivamente la loro libertà educativa per diventare servitù di uno stato totalitario che li userà come automi gendarmi. In caso contrario "manderemo" i carabinieri (ha detto così) a casa. In 1984 erano i figli a fare le spie contro i genitori.Di fronte a questo popo di minacce, nessuno si indigna, nessuno alza un grido. Abbiamo già tutti la pancia così piena da non capire che nella nostra opulenta comodità si sta consumando un liberticidio? Titolo originale: Il Pci compie cento anni ed è al potere in Italia (sotto altro nome). Ecco come è stato possibile...Fonte: Libero, 12 ottobre 2020Pubblicato su BastaBugie n. 686

BASTA BUGIE - Cinema
FILM GARANTITI: Katyn (2007) *****

BASTA BUGIE - Cinema

Play Episode Listen Later May 12, 2020 9:02


TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=52IL CRIMINE MAI RACCONTATO DELLA RUSSIA DI STALIN Lo sterminio (censurato) di 22.000 ufficiali polacchi da parte dei sovietici: ''venne così annientata la futura classe dirigente della Polonia'' Giampaolo Pansa«Perdonateci, se potete»: fu con queste parole che nel 1992 il presidente russo Boris Eltsin consegnò alla Polonia i documenti che attestavano la piena responsabilità dell'Unione Sovietica nel massacro di Katyn, cioè nello sterminio di oltre 20 mila prigionieri polacchi avvenuto nel 1940. Si chiudeva così una lunghissima vicenda, intessuta di falsificazioni e opposte verità, che viene ora ricostruita da Victor Zaslavsky in un libro che presenta molti motivi di interesse. Anzitutto, se l'eccidio di Katyn non fu che uno dei tanti crimini del regime sovietico, è anche vero - come giustamente osserva Zaslavsky - che esso riflette un carattere della dittatura staliniana che è stato a lungo imbarazzante riconoscere, per i vertici dell'Urss ma anche per una parte della cultura occidentale: vale a dire certe affinità che collegavano il regime stesso all'altro grande totalitarismo dell'epoca, quello nazista. Il massacro, infatti, doveva servire ad eliminare una parte cospicua dell'élite polacca (nella vita civile quegli ufficiali erano professionisti, giornalisti, professori universitari) nel quadro di una spartizione della Polonia tra Germania e Urss già prevista dal patto Ribbentrop-Molotov dell'agosto 1939.Un patto che Stalin considerava non solo un trattato di non aggressione, ma una vera e propria alleanza: nel 1940 il dittatore sovietico giunse a chiedere a Hitler di poter aderire al Patto tripartito che legava Germania, Italia, e Giappone. È appunto una tale complicità con il nazionalsocialismo, precedente il repentino mutamento di fronte provocato dall'attacco tedesco del giugno 1941, che viene richiamata dal massacro di Katyn. Di particolare interesse è la lunga disputa sulle responsabilità della strage, iniziata fin da quando le truppe germaniche, nell'aprile 1943, informarono il mondo del ritrovamento nella zona di Katyn dei corpi di migliaia di ufficiali polacchi che risultavano fucilati tre anni prima, ciò che incolpava necessariamente i sovietici. Da allora l'Urss si impegnò per accreditare a costo di qualunque manipolazione la versione opposta. Rioccupata che ebbero la zona, i sovietici costituirono una commissione compiacente che spostò in avanti la data di morte delle migliaia di cadaveri, così da collocarla nel periodo dell'occupazione tedesca. Terminata la guerra, l'Urss cercò, anche se senza successo, di far accreditare la strage come nazista dal tribunale di Norimberga, non arrestandosi di fronte a nulla, neppure all'assassinio di uno dei giudici russi, che appariva restio ad avallare la falsificazione. Tentò anche di intimidire i medici che avevano fatto parte della commissione internazionale costituita nel 1943 dalla Germania e avevano accertato la responsabilità dell'Urss. In Italia, nel 1948, fu il Pci che organizzò su incarico dei sovietici una pesante contestazione di un membro di quella commissione, il professor Vincenzo Palmieri, che venne accusato d'essere stato un «servo dei nazisti».Tutt'altro che irrilevante fu la disponibilità di Stati Uniti e Gran Bretagna ad accettare la versione sovietica. Finché il conflitto era in corso, appariva inevitabile che gli angloamericani accantonassero la questione di Katyn, «di nessuna importanza pratica» come con cinico realismo dichiarò Winston Churchill. Ciò che appare sorprendente, semmai, è che gli inglesi abbiano continuato a fingere di non conoscere la verità addirittura fino al 1989. Gli Stati Uniti invece, terminata la guerra, accolsero le conclusioni di una commissione del Congresso di Washington che aveva verificato l'esistenza di prove «definitive e inequivocabili» della responsabilità sovietica nel massacro di Katyn. Gran parte dell'opinione pubblica europea seguì per decenni più la posizione ufficiale inglese che quella americana, sostenendo dunque che la questione della responsabilità rimaneva controversa.Proprio la disponibilità dell'opinione pubblica occidentale ad accogliere una versione palesemente infondata, scrive Zaslavsky, è stata una delle cause della pervicace ostinazione con cui l'Urss ha continuato anno dopo anno a sostenere il falso. Fino, ed è la parte più incredibile di tutta la vicenda, all'inventore stesso della glasnost (che in russo vuol dire «trasparenza»), Mikhail Gorbaciov. Se non ci trovassimo di fronte all'occultamento di un crimine, verrebbe da dire che in epoca gorbacioviana la lunga storia delle omissioni e falsificazioni attorno a Katyn assunse perfino aspetti farseschi.Nel 1987 Gorbaciov accettò la costituzione di una commissione storica polacco-sovietica, continuando però a dichiarare che i documenti originali riguardanti Katyn non si riusciva a trovarli. A quell'epoca il leader sovietico era invece una delle tre persone che ne conoscevano l'esistenza. Nell'ottobre 1990 porse le scuse ufficiali del suo Paese ai polacchi, continuando però a sostenere che i documenti cruciali - il testo del patto tra Stalin e Hitler e l'ordine del marzo 1940 con il quale il Politburo ordinava che si fucilassero 25 mila polacchi senza neppure avanzare contro di loro un capo di imputazione - non si sapeva dove fossero.Conclusasi ai tempi di Eltsin, la vicenda sembra aver avuto di recente un'appendice che getta una luce non proprio rassicurante sul modo in cui la Russia di oggi guarda al passato, ma dunque anche al proprio ruolo presente e futuro. Apprendiamo infatti dal libro di Zaslavsky che nel 2004 la procura militare della Federazione russa ha deliberato di porre il segreto di Stato su una cospicua parte dei documenti che aveva raccolto sul massacro di Katyn. Una decisione evidentemente surreale, poiché lo Stato che un tale «segreto» dovrebbe proteggere, l'Urss, da tempo non esiste più. Ma anche una decisione che conferma la tendenza dell'attuale presidente della Russia, Vladimir Putin, a collocare il suo Paese lungo una linea di ideale continuità - in chiave di esaltazione della potenza russa - con tutta la storia precedente, dall'impero zarista all'espansionismo staliniano.

La Storia - Novecento
1924 - Stalin diventa presidente dell'URSS

La Storia - Novecento

Play Episode Listen Later Jan 18, 2020 4:27


Audio di Lamberto Giannini, per più video andate sul suo canale: https://www.youtube.com/channel/UCsjsoyoxpyVboTvIgV2bg1Q/featured Iosif Vissarionovič Džugašvili (in russo: Ио́сиф Виссарио́нович Джугашви́ли (Ста́лин)? ascolta[?·info]; in georgiano: იოსებ ბესარიონის ძე ჯუღაშვილი?, Ioseb Besarionis Dze Jughašvili; Gori, 18 dicembre 1878[1] – Mosca, 5 marzo 1953) è stato un rivoluzionario, politico e militare sovietico. --- Support this podcast: https://anchor.fm/claudia-diletta-milioni-guerriero8/support

BASTA BUGIE - Comunismo
Va detto che il comunismo è un regime criminale... ce lo chiede l'Europa!

BASTA BUGIE - Comunismo

Play Episode Listen Later Oct 3, 2019 15:25


TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5834VA DETTO CHE IL COMUNISMO E' UN REGIME CRIMINALE... CE LO CHIEDE L'EUROPA! di Stefano MagniIl 19 settembre scorso, nella disattenzione generale dei media, il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione in cui sia il nazismo che il comunismo sono ritenuti ugualmente responsabili per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. E in cui entrambi i regimi totalitari sono condannati come egualmente criminali. Dovrebbe essere una considerazione morale assodata e accettata da tutti e in effetti gli europarlamentari l'hanno votata con una maggioranza trasversale (fra cui anche gran parte degli eurodeputati del Pd, che almeno per metà è costituito dall'ex Pci). Ma, come tutti potevano scommettere, in Italia è scoppiata la polemica a sinistra sulla valutazione del passato recente, sul ruolo del comunismo nella guerra e nella liberazione.Se tuttora in articoli e saggi storici il Patto Ribbentrop-Molotov viene ridimensionato come "accordo tattico", voluto da Stalin e Hitler solo per prendere tempo e prepararsi alla guerra, il testo della risoluzione lo considera per quel che fu: un piano di spartizione "...dividendo l'Europa e i territori di Stati indipendenti tra i due regimi totalitari e raggruppandoli in sfere di interesse, il che ha spianato la strada allo scoppio della Seconda guerra mondiale". Si riconosce, nero su bianco che, solo l'Europa occidentale fu liberata alla conclusione del conflitto, ricostruita e rappacificata, "... mentre per mezzo secolo altri paesi europei sono rimasti assoggettati a dittature, alcuni dei quali direttamente occupati dall'Unione sovietica o soggetti alla sua influenza, e hanno continuato a essere privati della libertà, della sovranità, della dignità, dei diritti umani e dello sviluppo socioeconomico". Su quella occupazione e i suoi crimini non si è mai fatta giustizia. Recita il testo della risoluzione: "Considerando che, sebbene i crimini del regime nazista siano stati giudicati e puniti attraverso i processi di Norimberga, vi è ancora un'urgente necessità di sensibilizzare, effettuare valutazioni morali e condurre indagini giudiziarie in relazione ai crimini dello stalinismo e di altre dittature".LE VITTIME DEI REGIMI TOTALITARILa risoluzione mira a promuovere "la memoria delle vittime dei regimi totalitari, il riconoscimento del retaggio europeo comune dei crimini commessi dalla dittatura comunista, nazista e di altro tipo, nonché la sensibilizzazione a tale riguardo", perché "sono di vitale importanza per l'unità dell'Europa e dei suoi cittadini". Questa memoria dovrebbe essere comunemente condivisa, anche considerando il fatto che il 24 dicembre 1989 fu lo stesso Congresso dei deputati del popolo dell'Urss a condannare la firma del Patto Ribbentrop-Molotov, dopo mezzo secolo di negazionismo. Il testo invita gli Stati membri a un'opera di riscoperta della memoria storica volta a una "valutazione chiara e fondata su principi riguardo ai crimini e agli atti di aggressione perpetrati dai regimi totalitari comunisti e dal regime nazista".Viene istituita la giornata del 23 agosto (anniversario del Ribbentrop-Molotov) come Giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari. Mentre il 25 maggio diverrà Giornata internazionale degli eroi della lotta contro il totalitarismo. Il 25 maggio 1948, infatti, veniva fucilato dal regime comunista polacco Witold Pilecki, intellettuale polacco, ufficiale di cavalleria, che nel 1940 si fece volontariamente internare ad Auschwitz per documentarne gli orrori. Nel 1943 riuscì miracolosamente a evadere. Sopravvissuto alla persecuzione nazista, rimase vittima del totalitarismo successivo, quando provò ad infiltrarsi nella Polonia comunista. E venne fucilato, appunto, dai "liberatori" nel 25 maggio del 1948. La sua incredibile vicenda, che ora sarà festa europea, è narrata in italiano ne Il volontario di Marco Patricelli.UN ATTO DI GIUSTIZIAQuesta risoluzione è principalmente un atto di giustizia per i Paesi dell'Europa centro-orientale, che finora non hanno potuto partecipare, con pari dignità, alla memoria collettiva europea. Considerati "liberati" dal nazismo, al pari di tutti gli altri, nel 1945, le loro sofferenze sotto l'occupazione sovietica sono state finora snobbate.Eppure... la polemica è scoppiata soprattutto in Italia, dove la sinistra vive nel mito della liberazione dell'Europa ad opera del comunismo. Pietro Bartolo, eurodeputato del Pd, più noto come "il medico di Lampedusa" che soccorre gli immigrati, ha votato a favore, poi ha cambiato idea. "Ho deciso di cambiare il mio voto da positivo a contrario alla risoluzione sulla memoria europea", ha scritto senza dare troppe spiegazioni. I primi a reagire erano stati il senatore Francesco Laforgia e il deputato Luca Pastorino, entrambi di LeU, che parlano di: "pericolosa rilettura che finisce per sdoganare ideologie neo-fasciste". Giuliano Pisapia, già sindaco di Milano ed ora eurodeputato del Pd, ha scritto sulla sua pagina Facebook che in quel documento "ci sono frasi sbagliate e altre poco chiare". Massimiliano Smeriglio (Pd): "Non l'ho votato perché è un testo confuso e contraddittorio. Non l'ho votato perché non si costringe la storia dentro uno schema parlamentare al solo scopo di tirarla da tutte le parti per poi finire in uno strano ecumenismo". Pierfrancesco Majorino (Pd): "Dico che sono contro l'equiparazione banale tra comunismo e nazismo che fa piangere sul piano storico innanzitutto. E da ieri mi trovo a dover spiegare che però detesto lo stalinismo, i gulag, la repressione dell'Ungheria e compagnia terrificante. Tempi moderni".L'ITALIA NON È ANCORA STATA LIBERATA DAL COMUNISMOLe reazioni di questi politici della sinistra italiana, vanno ad aggiungersi a note ancor più dure ed editoriali di storici di professione e giornalisti. Così Emanuele Macaluso, ex direttore dell'Unità: "Quella risoluzione è semplicemente una vergogna", "i deputati europei del Pd che hanno votato a favore dovrebbero vergognarsi davvero". "Da David Sassoli mi sarei aspettato delle parole nette su quel tema e non balbettii o frasi accomodanti. Con quella Risoluzione si vuole dare un colpo alla Storia. Cancellarla. Devo ricordarlo io il ruolo che ha avuto l'esercito dell'Urss, l'Armata Rossa, nella liberazione dell'Europa da Hitler?" E infine l'Anpi, Associazione Nazionale Partigiani Italiani che esprime preoccupazione perché: "In un'unica riprovazione si accomunano oppressi ed oppressori, vittime e carnefici, invasori e liberatori, per di più ignorando lo spaventoso tributo di sangue pagato dai popoli dell'Unione Sovietica (più di 22 milioni di morti) e persino il simbolico evento della liberazione di Auschwitz da parte dell'Armata rossa. Davanti al crescente pericolo di nazifascismi, razzismi, nazionalismi, si sceglie una strada di lacerante divisione invece che di responsabile e rigorosa unità".Queste reazioni dimostrano solo che l'Italia non è ancora stata liberata dall'altro totalitarismo, non dalla sua memoria distorcente, non dalla sua mitologia. Non lo sarà finché i 20 milioni di morti uccisi dal regime di Stalin non avranno la stessa dignità e lo stesso diritto di essere ricordati rispetto ai 6 milioni di morti della Shoah provocati dal regime di Hitler. Eppure ora possiamo apertamente affermare che il comunismo fu un regime criminale. Ce lo chiede l'Europa.Nota di BastaBugie: una delle conseguenze del Patto Ribbentrop-Molotov, con cui comunisti e nazisti si spartirono la Polonia, fu lo sterminio degli ufficiali polacchi da parte dei sovietici avvenuto a Katyn. Non ci stancheremo mai di consigliare la visione del film kolossal "Katyn", il capolavoro di Andrzej Wajda.Per approfondimenti sul film Katyn clicca nel seguente linkhttp://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=19Ecco qui sotto il trailer di "Katyn":https://www.youtube.com/watch?v=IjLw9iAPyxkIL PATTO RIBBENTROP-MOLOTOVL'autore del precedente articolo, Stefano Magni, nell'articolo seguente dal titolo "Ribbentrop-Molotov, 80 anni fa i totalitarismi si unirono" spiega che Germania e Unione Sovietica si spartirono tutta l'Europa orientale e baltica. Il Patto è rimasto per molto tempo segreto. Oggi è chiaro a tutti l'intento predatorio, su scala mondiale, dei due totalitarismi: nazionalsocialismo e comunismo.Ecco l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 23 agosto 2019:Esattamente 80 anni fa, il 23 agosto 1939, veniva firmato il Patto Ribbentrop-Molotov. Vero atto di inizio della Seconda Guerra Mondiale, l'accordo era diviso in due parti. La prima, pubblica, impegnava per 10 anni Germania e Unione Sovietica a non dichiararsi guerra. La seconda, segreta ed emersa solo dopo la Perestrojka di Gorbachev, era un piano di spartizione di tutta l'Europa orientale e baltica da parte delle due potenze continentali. A quasi un secolo di distanza, quel Patto fra i due regimi totalitari europei è ancora una lezione molto amara, perché smaschera la vera natura dei regimi totalitari e ci ricorda quanto sia stata distorta, nei decenni successivi, la memoria collettiva sulla guerra mondiale.Il Patto ebbe come prima conseguenza la condanna della Polonia. Invasa a Ovest dalla Germania nazista dal 1 settembre e da Est dall'Urss (17 settembre) non ebbe più modo di difendersi. Le successive tre vittime del Patto furono le repubbliche di Lituania, Lettonia ed Estonia. La prima avrebbe dovuto essere annessa alla Germania, ma dopo l'invasione della Polonia gli accordi segreti vennero rivisti e, in cambio di un finanziamento, venne letteralmente venduta da Hitler all'Urss. Le tre piccole repubbliche del Baltico furono di fatto costrette a firmare trattati di "cooperazione" con l'Urss che vi installò basi militari. Nel giugno del 1940, mentre Hitler invadeva la Francia, quei trattati si trasformarono in un'annessione all'Urss. Poi fu il turno della Finlandia.